Se domani vincerà Birdman, non vi è dubbio.
Dubito però che, il prossimo anno, possa rientrare nei giochi Maps to the Stars, non ancora distribuito nelle sale americane e quindi fuori per questo giro di valzer.
Ma io intendo postarvi questa recensione, mostrandovi anche tal video:
francesco priore – febbraio 20, 2015
A differenza della testimonianza precedente non posso dire di “amare” questo scrittore [lo conosco troppo poco], ma a maggior ragione consiglio questo suo ottimo lavoro a tutti coloro che in una lettura non cercano una misera conferma delle proprie idee preconfezionate, o un qualcosa di semplice per far passare il tempo, o il classico libercolo da fan sul tale regista di turno in cui si sbrodolano elogi ovvi e si cerca di infiocchettare il banale con una retorica al di sopra delle proprie capacità… questo libro va bene per chi ama il linguaggio inteso come strumento dinamico, per chi vuole opinioni senza peli sulla lingua e, perché no, per confrontarsi (come nel mio caso) con un genere che solitamente snobbo a priori, ovvero la Poesia, il Lirismo e compagnia bella.
In queste poche pagine ci immergiamo in un flusso (apparentemente) caotico di emozioni, sensazioni, impressioni, ragionamenti, il tutto nascosto dietro ad un uso del linguaggio che fa del pleonasmo volontario e dell’artificio retorico uno strumento per distruggere completamente la struttura canonica del linguaggio; può essere difficile districarsi (oserei azzardare “impossibile” per chi legge un libro ogni 10 anni, un linguaggio simile prevede una preparazione abbastanza elevata), ma (quasi) sempre ne vale la pena.
I suoi scritti andrebbero recitati in un teatro, c’è il rischio che la musicalità ed il ritmo di certe frasi si annacquino per iscritto [dal vivo ciò sarebbe compensato dal tono, dalla postura, dall’enfasi…] a causa del processo logico necessario per poter comprendere appieno i due-tre significati che ogni volta può conferire ad ogni singola proposizione (a volte geniali, da dirlo, altre volte però sembrano più un “vizietto” che potrebbe essere limitato ove inutile); si consiglia quindi sempre una seconda, una terza lettura, e vedrete come anche solo un accento possa cambiare completamente il peso di una frase.
Insomma è difficile parlare di un’opera così insolita (soprattutto ai giorni nostri) senza poterne citare qualche passaggio: va letta, riletta, masticata e digerita [fermiamo qua la metafora digestiva, alla fine questa recensione è positiva e l’ultima “fase” l’avrei citata solo in caso contrario].
di Stefano Falotico