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E, dopo Bohemian Rhapsody, ora aspettiamo Rocketman


14 Feb
Taron Egerton as Elton John in Rocketman from Paramount Pictures.

Taron Egerton as Elton John in Rocketman from Paramount Pictures.

Oh, a me comunque è piaciuto Bohemian Rhapsody, dite quello che volete. Ho spiegato tutto nella mia recensione.

Mi ha trascinato indietro con la memoria quando avevo dodici tredici anni e Freddie Mercury tirava parecchio.

Ora Dexter Fletcher, dopo essere stato co-regista, sebbene non accreditato di Bohemian Rhapsody, tornerà presto con un altro mito. Anche lui, come Freddie, omosessuale.

Io non lo sono ma non c’entra niente. Enorme Elton. Sì, secondo me Elton John è un mito! Non si discute.

Questa è una delle canzoni più belle di sempre.

 

E questa, sebbene Il re leone sia un film per bambini, mi commuove ancora.

 

Mitico Elton!

Un genio!

L’Oscar fu meritato. E ripeto anche l’Oscar a Malek, se lo vincerà come credo, lo sarà.

Il Frusciante dice che Malek è stato una macchietta!

Ah sì? Ne è proprio sicuro?

Non è che davanti al Falotico di oggi mi fate ora la faccia di Mike Myers?

Non va bene, eh.

 

di Stefano Falotico

Oscar a Rami Malek assicurato, il Falotico invece ha oramai la statuetta dorata tutta ibernata. Ma è poi vero?


12 Feb

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Sapete che io sono un istrione-battutista. Mie battone.

E dunque sparatevi questo Falotico romantico con capello moscio, il giubbotto vellutato, lo sguardo dolce e sofisticato, l’occhio deniriano o da semplice sfigato, la barbetta incolta da pensatore solitario, più che altro da sciagurato con le sue memorie e il suo patetico diario, la smorfia provocantemente deliziosa, che va a braccetto con la Germanotta, donna indubbiamente passerotta che, in questa foto, veste un po’ da mignotta ma ha una voce che spacca il culo ai brocchi e a chi all’inizio le tirava addosso moralistici pistolotti.

Sì, gigioneggio. E la dovrei finire con queste bischerate. Ma si sa, son un cazzone spesso di qualità. Ah ah.

Video-recensione seria.  Silenzio! Ah ah! Dopo la minchiata, ora esigo serietà. Fratelli, qui riuniti nel nostro cineclub, beccatevi questo!

 

Rami Malek è un grande

Oramai è chiarissimo, salvo colpi di scena dell’ultima ora, l’Oscar lo vincerà Rami Malek. Assodato.

Nessuno avrebbe creduto sino a due mesi fa che Rami Malek potesse davvero farcela.

Ma Bohemian Rhapsody, nonostante le critiche controverse, nonostante in molti l’abbiano definito soltanto una cover ben realizzata con la riproposizione in scala cinematografica del mitico concerto di Wembley e poco più, ha fatto comunque centro.

Questo biopic sui Queen, fortemente voluto da Brian May, come sapete, ha avuto una gestazione infinita.

Era da più di dieci anni infatti che si voleva realizzare una “biografia” su Freddie Mercury. Credo che mancasse lui all’appello. Su tutte le altre grandi rockstar, infatti, a prescindere dagli esiti a mio avviso nefasti (vedi l’inguardabile The Doors su Jim Morrison del pomposo Oliver Stone) o più o meno riusciti, con tante variazioni interessanti sul tema (vedi invece a tal proposito Last Days su Cobain di Van Sant), erano stati realizzati film e via dicendo.

Sul grande Freddie praticamente nessuno, vero e proprio.

La genesi di questo film, come detto, è stata interminabile. Si sono avvicendati registi come Tom Hooper e Stephen Frears, poi scartati, sceneggiatori vari, e doveva essere l’istrionico, folle Sacha Baron Cohen a incarnare Mercury.

Alla fine, si è scelto Bryan Singer. Sostituito, a due settimane dall’inizio delle riprese, da Dexter Fletcher, non accreditato però come co-regista ma solamente citato nei ringraziamenti.

E ovviamente si è andati a parare su Rami Malek. Uno che non gli avresti dato un soldo bucato. Distante anni luce, fisicamente, da Freddie. Che, sì, era omosessuale ma uno di quegli omosessuali non effeminati e checca, bensì un gay da Village People alla Crusing.

Non vorrei che fraintendeste, come vostro solito, le mie parole. La mia non è stata un’offesa sugli omosessuali né tantomeno su Freddie.

È solo per chiarirci. Freddie Mercury, a vederlo così nerboruto, villoso, atleticamente possente, non avresti mai immaginato che fosse appunto omosessuale.

Rami Malek, sì. Ah ah.

Infatti, la sua non è stata una vera e propria immedesimazione carnale, per così dire, se non nelle posture e nei tic copiati alla perfezione. Piuttosto una sua reinterpretazione dell’icona Mercury.

A prescindere che il film sia piaciuto o meno, Malek, a dispetto appunto della sua prova distonica rispetto al reale Mercury, n’è comunque uscito vincitore alla grande.

È stato davvero bravissimo.

Willem Dafoe è stato messo nella cinquina tanto per… Bradley Cooper, che sembrava uno dei favoriti per la vittoria finale, ha subito un tracollo improvviso negli ultimi giorni.

Viggo Mortensen è stato strepitoso in Green Book ma non ha una sola chance realistica di fargliela.

A questo punto, la finalissima, diciamo, è fra Rami Malek e Christian Bale.

Con tutta la stima per Bale, la cui prova è stata egregia, mi sta più simpatico Rami.

E vincerà.

E forse se lo sarà meritato.

 

Intanto, adesso indosso il mio giubbotto e me la tiro… da duro.

Sono un uomo auto-ironico, cazzuto, un uomo che, senza battere ciglio, se ne fotte. Mah.

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di Stefano Falotico

TOP TEN Nick Nolte


22 Nov
Actor Nick Nolte is 75. The Nebraska native got his start modeling and acting in Minneapolis, through the Eleanor Moore Agency. His credits include the films “Cape Fear,” “48 Hrs” and “Jefferson in Paris” and the TV miniseries “Rich Man, Poor Man.” (Getty Images: Jason Merritt)

Actor Nick Nolte is 75. The Nebraska native got his start modeling and acting in Minneapolis, through the Eleanor Moore Agency. His credits include the films “Cape Fear,” “48 Hrs” and “Jefferson in Paris” and the TV miniseries “Rich Man, Poor Man.” (Getty Images: Jason Merritt)

 

Oggi, amici e (a)nemici, voglio parlarvi di quello che a mio avviso, e io ho sempre ragione, è uno dei più grandi attori di tutti i tempi e anche di tutti i templi. Sì, a costui, dopo la sua morte, eleveranno statue altissime negli anfiteatri perché Nick Nolte è l’incarnazione di una tragedia di Eschilo.

E, nell’Arena di Verona, a tre mesi dalla sua scomparsa, tutta la gente canterà in memoria di questo bestione che da giovane aveva un fisico da Dio greco, per un Festivalbar all’insegna di Nick, uomo del Nebraska come uno dei più bei album di Springsteen. E infatti, tra la folla esultante, apparirà il Boss col suo volto roccioso a spronare le condoglianze con delle ballate dolci e anche amare (sì, tanto poi la gente, finito il cordoglio, fottendosene, andrà al mare, mangiando focacce) come l’ultimo film con Nick protagonista: Head Full of Honey.

Quest’attore titanico, scandalosamente candidato agli Oscar soltanto tre volte, due come protagonista per Il principe delle maree (Anthony Hopkins de Il silenzio degli innocenti lo sbudellò in maniera cannibalistica) e per Affliction. Ma assurdamente fu sconfitto da Roberto Benigni de La vita è bella. E all’annuncio di Roberto come vincitore, Nick ci rimase di sasso e pensò in silenzio: ma guarda un po’ se me lo doveva mettere nel culo uno nato a Castiglion Fiorentino, un tipo da Castiglione delle Stiviere, uno che se non imbroccava la follia sua giusta l’avrebbero internato in manicomio. Ma cose da matti!

Poi come non protagonista per Warrior. Ma Christopher Plummer ancora una volta lasciò Nick a bocca asciutta. E Nick, finita la cerimonia, rilesse il suo autore preferito, Kurt Vonnegut. Pensando stavolta: sì, è tutta una puttanata questa vita. Tutto è capovolto. Che vita di merda.

Ecco, ma quali sono le dieci migliori performance di Nick?

Andiamo a casaccio.

I guerrieri dell’inferno, 48 ore, Addio al re, New York Stories, Cape Fear, Il principe delle maree, Affliction, La sottile linea rossa, Triplo gioco e il cammeo di Run All Night.

Questo è quanto.

Vedete di andare a prendervelo nel culo.

 

di Stefano Falotico

TOP TEN Al Pacino


05 Nov

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Ebbene, oggi parliamo di Alfredo James Pacino, indubbiamente, e sfido chiunque a smentirmi, uno dei più grandi attori della storia del Cinema.

Quali sono a mio avviso le sue dieci più grandi interpretazioni?

Partiamo col dire che è difficile trovare, nella sua filmografia, una brutta interpretazione. Semmai, ovviamente, con l’andare dell’età, di ruoli migliori gliene sono stati offerti sempre meno, quindi negli ultimi vent’anni è incappato in film assai mediocri e abbastanza invedibili. Eccezion fatta per i suoi superbi lavori per la HBO.

Anche se, come sapete, il prossimo anno, quando compirà la bellezza di settantanove anni, uscirà con i due film più attesi in assoluto della stagione, vale a dire The Irishman di Scorsese e Once Upon a Time in Hollywood di Quentin Tarantino.

Mica male per un vecchione, eh eh. Che poche settimane fa si è messo assieme a una che potrebbe essere la sua nipotina. Ci dà, Al, ancora un mandrillone!

Dunque Al, nonostante l’inesorabile trascorrere del tempo e nonostante non sia più quello di una volta, ha ancora il suo ottimo perché.

Ma passiamo alla classifica. Otto nomination all’Oscar ma, scandalosamente, solo una statuetta. E nel suo carnet può dire e vantarsi di essere uno degli attori con più candidature ai Golden Globe di sempre, ben diciassette!

La sua migliore performance, a mio parere, è quella di Cruising. Specie nella seconda fase della sua carriera, Al è stato famoso per i suoi lunghi monologhi, vedi L’avvocato del diavolo e Ogni maledetta domenica. Gigioneggiando a briglia sciolta. In Cruising, invece, parla poco, è molto sulle sue e comunica quasi esclusivamente attraverso lo sguardo.

Come diceva Marlon Brando, un grande attore non ha bisogno di troppe parole. È nella forza del suo sguardo che si vede la potenza recitativa.

Al secondo posto, il mitico, terrificante Michael Corleone della saga de Il padrino.

Al terzo e quarto posto, Scarface e Carlito’s Way.

Quinta posizione per il suo Vincent Hanna di Heat.

Non so se ci avete fatto caso, eccezion fatta per Il padrino, ho citato sino a questo momento tutti film per cui è stato oscenamente ignorato dagli Academy Awards…

Settimo posto per un film del quale non parla più nessuno: Lo spaventapasseri.

Dunque ci mettiamo Sonny di Quel pomeriggio di un giorno da cani.

Passiamo al magnifico Donnie Brasco.

E finiamo con Seduzione pericolosa. Ah ah.

Come? E che fine ha fatto Scent of a Woman? No, secondo me non entra fra le prime dieci posizioni.

Se non vi sta bene, andate a fare in culo. Uahh!

E ora sparatevi pure questo video!

 

di Stefano Falotico

Top Nicolas Cage, le migliori interpretazioni del nostro Coppola


28 Oct

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Osoyoos, Canada - Unit stills for "the Humanity Bureau".; Weller Farm House Fight. Mindseye Pictures Directed by Rob King written by Dave Schultz D.O.P Mark Dobrescu

Osoyoos, Canada – Unit stills for “the Humanity Bureau”.;
Weller Farm House Fight.
Mindseye Pictures
Directed by Rob King
written by Dave Schultz
D.O.P Mark Dobrescu


Ora, sebbene io stesso ne abbia parlato soventemente male, dedicandogli anche un appuntamento speciale da Attore Bollito, perché è indubbio che la sua carriera, a parte l’improvviso exploit di Mandy, sia quasi terminata nella Hollywood importante, e ora Nic arranca in filmacci, girando come un ossesso dieci pellicole pedestri all’anno, roba da video amatoriali della prima comunione, devo sfatare un luogo comune, una brutta diceria sul suo conto.

So che di questo ragazzone nipote del Coppolone, nato a Long Beach, siete assai invidiosi perché probabilmente quell’Oscar, a soli trentatré anni, l’età della morte di Cristo, in Via da Las Vegas non è che fosse, diciamocelo, meritatissimo. Io avrei premiato Hopkins per Nixon.

E onestamente in tantissimi film il nostro Nicolino è davvero un cagnolone. Che recita battutine in overacting tanto per dar spettacolo da guitto e mantenerci di buon umore.

Ma, se vogliamo essere obiettivi, guardate che è un ottimo attore. No, non è una bestemmia. E non per la semplicistica ragione per la quale ha lavorato con registi come Lynch, Scorsese, Alan Parker, Ridley Scott, John Woo e compagnia bella… ché la lista non finirebbe più.

Ovviamente, il nepotismo di Francis Ford ha contribuito in maniera palesissima nel dargli una bella spinta.

Questo mi par fuor di dubbio. Ma la fama bisogna comunque conquistarla sul campo e dimostrare di meritarla. Alzandosi ogni mattina e presentandosi sul set. E in ciò Nic, stacanovista workaholic, è sempre stato impeccabile. Sin troppo lavoratore a cazzo duro che si è fatto il mazzo, sì.

Credo di aver visto quasi tutti i film con Nic Cage e debbo ammettere che sul finire degli anni novanta ha azzeccato delle performance davvero straordinarie. Quasi pacinesche. E mi riferisco a Omicidio in diretta, ove è perfetto nei panni del cafonissimo Santoro, al suo Castor “mi dà gusto mangiare la patata” Troy di Face/Off, perfino a 8mm di Schumacher, film oscenamente reazionario e pessimo ma in cui lui se la cava egregiamente. Anche a The Family Man, scempiaggine buonista di Brett Ratner nella quale, però, Nic è stato ancora una volta lodevole. Un James Stewart folle e ingenuamente imbranatissimo.

Tralasciando i suoi esordi con Coppola (e in Peggy Sue si è sposata comunque Nic recita molto bene e nel finale è davvero commovente), Nic ha una macchia indelebile nella sua carriera, Zandalee, sporcaccione softcore in cui si esibisce in una scena spintissima con Erika Anderson con tanto di capello lungo da Rob Zombie e cappella che s’intravede nell’amplesso focoso.

Dunque, a conti fatti, la mia top ten di Nic Cage è questa: Birdy, Stress da vampiro, Cuore selvaggio, Via da Las Vegas (nonostante tutto, e Oscar esagerato permettendo, è molto bravo, e poi che culo, in questo film ha succhiato le tette di quell’ex strafigona statuaria da infarto di Elisabeth Shue, roba che non capita tutti i giorni, amici), Con Air (filmetto di Simon West con un Cage più muscoloso di Stallone), Face/Off e Omicidio in diretta, appunto, pure Al di là della vita, Il genio della truffa e Joe. Ce ne sarebbero un altro paio ma non mi va di dirveli. Ah ah.

Oggi però Nic gira, come detto, film (sarebbero film?) come 2030 – Fuga per il futuro, un film che non ha nemmeno la pagina italiana di Wikipedia.

Ho detto tutto… E comunque il miglior film di Alex Proyas non è Segnali dal futuro ma Dark City. Altro che Il corvo.

Che c’entra? Non c’entra molto, ma mi andava di fare il Nic Cage imprevedibile di turno.

Nic Cage, signore e signori. Un pezzente, un mezzo-totale puttaniere (è stato pure con Jenna Jameson e la bagascia della figlia di Elvis), un uomo, un mito, uno stempiato tinto che sa indossare la sua giacca di pelle di serpente.

E cammina a testa alta fra una puttanata e l’altra.

 

 

di Stefano Falotico

I film da (non) vedere nei prossimi mesi


28 Oct
Rami Malek as the rock icon Freddie Mercury in the upcoming 20th Century Fox/New Regency film "BOHEMIAN RHAPSODY."

Rami Malek as the rock icon Freddie Mercury in the upcoming 20th Century Fox/New Regency film “BOHEMIAN RHAPSODY.”

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Ora, partiamo col dire che l’iper-pubblicizzato Bohemian Rhapsody non m’interessa granché. A parte il fatto che negli Stati Uniti ha ricevuto critiche assai contrastanti ma i biopic sulle rockstar sono in gran parte fallimentari. Non si può pressoché mai sintetizzare la vita di un cantante-mito in due ore e mezza. Prendete The Doors di Oliver Stone. Un brutto film, forse il peggiore di Stone. Innanzitutto, Jim Morrison era molto magro, diafano ed efebico, mentre Val Kilmer ha degli zigomi che paiono quelli di uno che ha preso tanti pugni sul ring. E ha una corporatura ben più robusta di quella di Jim. E vi parlo di quasi trent’anni fa. Adesso, dopo il Cancro, Val è come una mucca da Vallelata della buonanima di mio nonno Pietro. E poi questa pellicola è una celebrazione del maledettismo più bieco e falso, con tanto di scopata selvaggia fra Jim e la giornalista arrapata. E la scena del pompino, pessima, in ascensore con Nico (Christina Fulton, ex figa di Nicolas Cage). Per finire, c’è Meg Ryan, una che non sopporto.

Voi dite ch’è carina. Mah, a me sembra più carina quella dell’autolavaggio di Trastevere. Una bionda che sa come farti sgommare di smorfie meno pneumatiche dell’inespressiva, riccioluta Meg.

I biopic sono quasi tutti agiografici, romanzati, pateticamente nostalgici.

E Rami Malek è ancora un ragazzino. Per quanto fosse omosessuale, Freddie Mercury ha sempre posseduto una faccia da omaccione alla Cruising. Malek invece sembra appena spuntato dall’oratorio, dopo averle prese dal parroco che non ha gradito che Rami adocchiasse suor Aquilina.

Bryan Singer? Singer uguale cantante…

Roma. Il film di Fellini è una mezza boiata, diciamocelo. Perché mai Alfonso, pur ambientando la storia in Messico, dovrebbe aver fatto meglio? Leone d’oro a Venezia? I Leoni come molti Oscar sono inattendibili. E questo mi pare un pastone girato in bianco e nero per spacciarlo come arty sociologica.

Se la strada potesse parlare di Barry Jenkins? Ti manderebbe a fanculo. Meglio, molto meglio Spike Lee con BlacKkKlansman.

A proposito, il tanto da voi amato Adam Driver con le sue orecchie a sventola perché non è stato assunto da Tim Burton per il suo remake liveaction del suddetto, omonimo film della Disney? Tim avrebbe risparmiato in effetti speciali.

A Star is Born? Non ne avevamo abbastanza delle melensaggini di Muccino? Adesso anche Lady Gaga in versione Laura Chiatti? Mah. La Germanotta è più chiatta.

Il primo uomo. Mah, e dire che pensavo che il miglior attore della storia a interpretare parti da autistico fosse Dustin Hoffman. Invece, negli ultimi anni mi son ricreduto. È Ryan Gosling. L’unico demente capace di scoparsi Eva Mendes.

Boy Erased? Ora mi pare che i gay stiano esagerando. Un altro pistolotto sulla cattiva educazione genitoriale. Il padre è Russell Crowe, il buttafuori di L.A. Confidential e Massimo de Il gladiatore. Sempre più identico a Bud Spencer. Ma Spencer faceva ridere i bambini, Russell, ridotto così, fa piangere.

In una sua canzone, Russell disse che voleva diventare come Marlon Brando. Sì, ci è riuscito. Pesa più lui adesso di Marlon quando ha girato The Score.

Credo che l’unico film che m’interessi, a feel good movie, sia Green Book.

Anche The Mule di Eastwood.

 

 

di Stefano Falotico

 

Attori rinati: Anthony Hopkins, il fascino immarcescibile di un genio camaleontico


08 Sep

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 Come, vi chiederete voi. Anthony Hopkins non è “rinato”, è sempre stato un attore di altissimo livello. Ma io lo piazzo in questa categoria perché, negli ultimi anni, è stato molto discontinuo, sebbene come suo solito assai prolifico, alternando prove egregie ad altre decisamente alimentari od opache, persino trombonesche e insopportabilmente manieristiche.

Sir Anthony Hopkins è nato a Margam, nel Regno Unito, comunità gallese sulla costa meridionale, il 31 Dicembre del 1937. Sì, Anthony Hopkins, nonostante continui a imperversare sui nostri schermi, ha ottantuno primavere. Al di là delle evidenti rughe, non si direbbe che abbia quest’età, vero, vista l’energia e la forza che continua a profondere in ogni sua interpretazione. Dandosi indomitamente a ogni genere di film.

Dei suoi trascorsi giovanili, prima di approdare al Cinema, e in merito ai suoi prestigiosissimi studi, c’è Wikipedia che vi darà una mano nell’informarvi dettagliatamente sulle sue già innate e spiccate propensioni artistiche. Mi limito col dire che, dopo aver frequentato con successo la Royal Academy of Dramatic Art, una delle massime scuole di Teatro al mondo, arriva subito a rimpiazzare l’indisponibile, e forse indisposto, Laurence Olivier in Danza di morte di Strindberg. E quindi, immediatamente dopo, esordisce al Cinema, affiancando Peter O’Toole e Katharine Hepburn in Leone d’inverno, e interpretando Riccardo Cuor di Leone. Niente male come primissimo esordio. Voi che dite? Insomma, il purosangue attoriale, il cavallo di razza, come si suol dire, che è sempre stato, era già sotto gli occhi di tutti.

E Hopkins era già pronto a scalpitare di gran furore recitativo, cavalcando ardimentosamente il successo.

Interpreta, fra gli altri, Magic di Richard Attenborough, l’immenso e commoventissimo The Elephant Man di David Lynch, nei panni del “vero” dottor Frederick Treves, affianca Mel Gibson ne Il Bounty, proprio con Anne Bancroft, la signora Kendal del capolavoro di Lynch, duetta meravigliosamente in 84 Charing Cross Road di David Hugh Jones (Jacknife), e affianca Mickey Rourke in Ore disperate di Michael Cimino.

Ma è soltanto nel 1991, con la sua magistrale interpretazione del mitico cannibale-psichiatra Hannibal Lecter del Silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, che raggiunge la gloria mondiale. E pur comparendo, alla fin fine, soltanto una ventina di minuti scarsi nel film, la sua prova è talmente potente e memorabile, che vince a man bassa l’Oscar come Miglior Attore, battendo niente meno che Robert De Niro di Cape Fear, Nick Nolte de Il principe delle maree, Robin Williams de La leggenda del re pescatore e Warren Beatty di Bugsy. Una prodigiosa cinquina di candidati che non capita tutti i giorni, mica roba da ridere. Ma è appunto lui a trionfare, alzando la statuetta al cielo.

Da allora, Hollywood non lo abbandona un solo istante e Hopkins viene sommerso di proposte a non finire. Girando di tutto e di più, dal Dracula di Bram Stoker alle pregiate collaborazioni con James Ivory, Quel che resta del giorno e Casa Howard su tutte, da Nixon di Oliver Stone ad Amistad di Spielberg, da L’urlo dell’odio di Lee Tamahori alla Maschera di Zorro di Martin Campbell, da Titus di Julie Taymor a Cuori in Atlantide, e s’impossessa ancora del suo Lecter in Hannibal di Ridley Scott e in Red Dragon. Ma non tutte le ciambelle, come si dice, escono col buco. E gira infatti anche film tremendamente sbagliati come Tutti gli uomini del re.

E si perde dunque, come detto, negli ultimi anni in pasticciacci come Conspiracy, film da ricordare soltanto ed esclusivamente perché gli ha permesso di recitare per la prima volta in assoluto con l’altro mostro sacro Al Pacino, oppure il roboante, tremendo Transformers – L’ultimo cavaliere di Michael Bay!

Ma se dovessimo elencare tutti i film, belli o brutti, a cui ha preso parte, non finiremmo mai.

Ecco allora che si riprende e viene molto lodato per la sua performance del Dr. Ford nella serie HBO Westworld.

Prossimamente è molto atteso in King Lear di Richard Eyre con Emma Thompson e in particolar modo in The Pope di Fernando Meirelles ove interpreterà Papa Benedetto/Ratzinger.

Che grinta!

 

di Stefano Falotico

 

Attori rinati: Kevin Costner, l’eleganza di Hollywood


27 Jul

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Ed eccoci qua a parlare del sempre bel Kevin Costner. Il cui nome completo all’anagrafe è Kevin Michael Costner, nato il 18 Gennaio del 1955.

Un uomo figlio di un elettricista e di un’attrice. E dunque il nostro Kevin, attratto dal suo lato materno-artistico, con estrema baldanza si dà al Cinema, che quasi subito si accorge di lui. Ha un faccino pulitissimo, è elegante nei modi senza essere affettato, ostenta un’enorme sicumera. E a passi svelti scala i ripidi gradini di Hollywood, per agguantare già il successo dopo soltanto una manciata di film.

Invero, sin dai primissimi anni ottanta, ottiene dei piccolissimi ruoli in pellicole abbastanza trascurabili, imbroccando poi un film che all’epoca fece abbastanza clamore, Il grande freddo, ma le sue scene vennero eliminate dal montaggio finale. E finalmente nel 1985 azzecca da protagonista due film che lo portano alla ribalta, ovvero Fandando e Silverado. Il primo è firmato da Kevin Reynolds, col quale poi Costner lavorerà ancora nell’altrettanto apprezzato Robin Hood – Principe dei ladri ma anche nel “disastroso” Waterworld, il secondo invece proprio da quel Lawrence Kasdan che l’aveva cancellato dal Grande freddo.

Fandando diventa un piccolo cult, tanto da invogliare anche il nostrano cantante Luciano Ligabue a omaggiarlo a squarciagola in una canzone famosissima pressappoco di quel periodo, e Costner pare infermabile.

 

Nel 1987 è il compassato, intransigente, integerrimo Eliot Ness nel capolavoro The Untouchables – Gli intoccabili di un ispiratissimo e antologico Brian De Palma, che riunisce a sé un cast lussuoso (Sean Connery, Andy Garcia e Robert De Niro versione Al Capone), forgiando di afflato epico un’epopeica storia gangsteristica ai tempi del Proibizionismo.

Quindi interpreta due film minori rispetto a quello di De Palma ma che al botteghino vanno forte, Senza via di scampo con Gene Hackman e Bull Durham.

Nel 1989 è il magico, vellutato protagonista de L’uomo dei sogni di Phil Alden Robinson e nel 1990 esce col bruttissimo Revenge di Tony Scott, pellicola pseudo-bollente con una Madeleine Stowe molto avvenente, ma anche con la sua opera capitale, Balla coi lupi, da lui appunto diretta con inaspettata maestria, gusto sopraffino delle immagini, e interpretata con sofisticatezza “liberal” da uomo bellissimo, selvaggio ma al contempo sobriamente affascinante e impossibile. È il film che vale tutta una carriera e Costner ha “solo” trentacinque anni, incassa sette premi Oscar, sbaragliando l’agguerritissima concorrenza del superbo Quei bravi ragazzi. È un anno nel quale però la cinquina dei film candidati come Best Picture, fra lo Scorsese di Goodfellas e il Coppola de Il padrino – Parte III, annoverava anche l’abominevole Ghost!

Ma gli Oscar grandiosamente vinti son comunque meritatissimi, e potevano essere perfino molti di più.

Impazza allora a livello mondiale la Costner mania. E Costner fa la sua figura anche in un altro filmone, JFK di Oliver Stone, sebbene il suo fin troppo perfettino Jim Garrison sia stato incarnato da lui, sì, Costner, chi se no, con noiosa legnosità e pedante monotonia espressiva.

Nel 1992 interpreta una pura schifezza commerciale, Guardia del corpo, ma la colonna sonora e la voce di Whitney Houston elevano il film in gloria e la pellicola primeggia al box office. Consacrandolo ancora una volta come paladino del sex appeal di classe. Da vero, innegabile handsome.

Ma, all’apice apoteotico del suo splendore e anche del suo perlaceo, attoriale fragore, arrivano i primi passi falsi sonori, e si profila la temuta ombra minacciosa della débâcle più vergognosa. L’uomo del giorno dopo, la sua seconda regia, sebbene oggi sia stato leggermente rivalutato, allora fu stroncato in maniera impietosa, perché giudicato iper-retorico e fastidiosamente lunghissimo e pomposo.

Costner, fra romanticherie zuccherose e donne smancerose, si rifà un po’ la faccia, resa troppo insipida e liquorosa, con l’interessante Gioco d’amore di Sam Raimi, tornando di nuovo al baseball, sua inoppugnabile passione focosa…

Ma ne vogliamo parlare del pasticcio immondo La rapina? Oppure di Dragonfly? Filmacci!

E quando nessuno se l’aspettava, voilà, Costner se ne esce col suo stupendo terzo film da regista, Open Range, e dinanzi a questo suo colpo ci siam tolti il cappello, non solo da cowboy. Applaudendolo a scena aperta.

Eppure Costner arranca alla bell’è meglio o mal si arrangia, tra filmetti senz’arte né parte in qualche modo campa, i cosiddetti film alimentari, e poi in un istante rinasce da rapace, da uomo, checché se ne dica, indiscutibilmente capace.

 

E lo vedremo prestissimo in due serie televisive interessantissime, Yellowstone di Taylor Sheridan (negli USA peraltro già uscito fra controverse critiche) ma soprattutto in Highwaymen di John Lee Hancock.

Posso dirlo? Non sono una donna, ma a me nonostante tutto Costner piace.

E spero davvero che ci possa regalare altre sorprese!

 

di Stefano Faloticoattori-rinati-kevin-costner-02 attori-rinati-kevin-costner-01 attori-rinati-kevin-costner-03 attori-rinati-kevin-costner-04

Attori bolliti: Robert De Niro, aspettando The Irishman


27 Jun

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Eh sì, non sapete quanto mi pianga il cuore a scrivere questo post. Ma la mia morale coerenza cinematografica e ideologica non può astenersi dal redigerlo. Proprio io, inguaribile aficionado di De Niro, imbattibile suo accanito ammiratore che gli ha dedicato un libro nel quale, oltre a magnificarlo giustamente (perché De Niro per me non è stato soltanto uno dei miei attori preferiti in assoluto, bensì addirittura un mentore, un imprescindibile modello di classe recitativa sopraffina), arrivavo a giustificare le sue professionali scelte sbagliate, perdonando i suoi passi falsi.

Ma mi trovo adesso nella condizione, ineludibile, di essere rigidamente obiettivo perché l’altra sera ho rivisto in splendida definizione C’era una volta in America, nella versione con la voce di De Sando. E mi è parsa ancora una volta, ça va sans dire, una delle migliori performance attoriali di tutti i tempi. Una prova superlativa. Un capolavoro nel capolavoro ove De Niro ha recitato con una tale sfumata gamma di espressioni, di piccoli gesti, di movimenti cauti degli occhi, dondolando la testa con superba, magistrale tempistica, perfetta, sobria, inappuntabile mimica impressionante, da lasciarmi senza fiato. E perfino la voce forse troppo “vecchia” di De Sando, al posto di quella storica e originale di Ferruccio Amendola, mi è sembrata impeccabile. Perché, ribadisco, è stato talmente insuperabile che, in fin dei conti, qualsiasi voce gli sarebbe stata appropriata. E poi, paradossalmente, mi son tornati in mente i suoi ruoli recenti. A ben vedere degli ultimi venti/venticinque anni. Eh sì, forse dai tempi di Ronin, De Niro non solo non è mai stato più così convincente ma ha stupito tutti in senso profondamente negativo.

Nel 1995, credo che avesse toccato il vertice, lo zenit titanico della sua leggendarietà, uscendo in contemporanea, per quello che è stato un suo indiscutibile, altissimo, insuperabile annus mirabilis, con due capolavori impareggiabili, Heat di Michael Mann e Casinò di Martin Scorsese, cementando una volta in più la sua stupenda nomea, cioè quella di the greatest actor alive. Poi, interpreta film leggermente minori rispetto ai due succitati, ma egualmente di valore, come Cop Land, Jackie Brown, Sesso & potere, diversificandosi anche, come nel film di James Mangold o in quello di Quentin Tarantino, in ruoli marginali ma al solito recitati da Dio.

Quindi Ronin, ultima vera perla del compianto John Frankenheimer. Ed è una delizia vederlo in azione in questo filmone. Malinconico, misurato, adrenalinico, grintoso, spericolato e con un aplomb magico nel suo ineguagliato stile.

Arriva poi l’anno Duemila e, con l’avvento del nuovo millennio, De Niro, incagliatosi nei facili successi della saga di Ti presento i miei, allettato dai milioni di dollari che gli offrono per ogni cazzata, sperpera il suo immane talento, addirittura facendosi coinvolgere da Giovanni Veronesi (!) col suo Manuale d’amore 3, film finanziato da De Laurentiis che deve aver attratto De Niro perché, oltre a essere stato pagato faraonicamente, gli è stata offerta la possibilità di baciare vigorosamente Monica Bellucci… sì, oltre alla mera questione “alimentare”-economica, non so darmi altri spiegazioni in merito alla sua partecipazione se non quella, appunto, che potesse girare perfino una piccola scena di sesso bollente con una delle donne più belle del pianeta.

Poi, De Niro incontra David O. Russell e un po’ la musica cambia. Partecipa a tre pellicole di O. Russell, Il lato positivo, per il quale a distanza di ventun anni da Cape Fear, pensate, riceve una candidatura agli Oscar, sebbene come non protagonista, American Hustle, ove sfodera un cameo da applausi, e Joy.

Non tutto ciò che ha girato negli ultimi anni è da buttare, tutt’altro, alcune sue prestazioni sono abbastanza lodevoli, come quelle in Stone di John Curran, in Being Flynn di Paul Weitz, in Malavita di Luc Besson, come il suo spassoso senatore in Machete di Robert Rodriguez, il suo “nonnetto” à la Up de Lo stagista inaspettato di Nancy Meyers, ma soprattutto il suo potente e spettrale Bernie Madoff di Wizard of Lies di Barry Levinson.

Ma niente di benché, minimamente paragonabile al De Niro mito…

Ora, tutti noi lo aspettiamo con The Irishman di Martin Scorsese.

Saprà dimostrare, come trepidanti ci auguriamo, che a settantacinque anni (li compirà ad Agosto) è ancora Robert De Niro, uno che, come avete visto nel mio post, non ha bisogno di presentazioni ed era perciò inutile che vi stessi a citare, che ne so, Taxi Driver o Toro scatenato al fine che comprendeste di chi stiamo parlando?

di Stefano Falotico

The Mule e The Irishman sono da me i film più attesi della stagione, sì, anche The Mule, e tutti questi altri non m’interessano


23 Jun

Eastwood The Mule

Siamo a fine Giugno ma già si fanno i pronostici sulle pellicole da Oscar o, perlomeno, su quelle di maggior appeal, commerciale, critico e non.

I siti espertoni di previsioni stilano già le loro classifiche, dimenticandosi della regola basilare del Cinema: se un film non è ancora uscito, puoi diagnosticarne il prevedibile successo, ma non l’hai ancora visto, quindi la smettessero con questa bischerata dei capolavori annunciati. Anche perché, a ben vedere, io ravviso poche opere davvero meritevoli della mia attenzione. Mi baso su sensazioni a pelle. Sì, come quando cammini per strada e incroci tante donne, soprattutto in questo periodo, che scosciate ti ammiccano ma tu non le caghi, non cogli i profumi pur delicati che emanano, e persino i loro piedi, esibiti in sandali volgarissimi, ti danno la nausea. Poi, ecco che passa una che solitamente non avresti mai cagato. Un po’ bassa, perfino tarchiatella, ma il suo sguardo è luciferino e ti cattura subito. Al che la segui. Entra in un bar, lasciandosi dietro una scia che profuma di donna schiumosa, una di quelle donne, sì, con cui immergersi nell’idromassaggio per eiaculare con avido “massaggio”. Sì, attizzante, ha un non so che di sfizioso e allora entri anche tu nel bar. E, di sottecchi, la sbirci mentre sorseggia un caffè nel tuo già volerla zuccherare, mescendo il cucchiaino del tuo “losco” esserle peperino. Ah sì, a questa va offerta una peperonata e poi impeparla sul letto con l’inzupparla, innaffiarla, aspergerla e, solleticante, eccitarla.

Scusate, mi sono perso, immaginando una notte “frizzante”.

Andiamo avanti. Ah, le donne sono la mia perdizione. Ma ora tuffiamoci nel Cinema dei mesi a venire in maniera orgasmica ma ponderata, senza farci prendere da facili entusiasmi, appunto, senza “venire” prima del dovuto.

1) If Beale Street Could Talk di Barry Jenkins. Moonlight ha vinto l’Oscar perché dopo cento anni e mezzo, nell’anno di Trump, dovevano premiare un film nero. Per par condicio.

Lo cestiniamo subito.

2) Il primo uomo di Damien Chazelle. Apollo 13 è uno dei film più noiosi della storia. Questo è sull’Apollo 11. Insomma, se il tredici, che è peraltro un numero fortunato (eh sì, un tempo si diceva ho fatto Tredici, ah ah) è successivo all’11 ed è tedioso, perché mai dovrebbe interessarmi un numero inferiore? Va be’, sarà superiore a Creed II, film sul figlio di Apollo.

Ma gli astronauti dell’Apollo, durante il lungo viaggio, come facevano a passare il tempo? Cantando Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo e tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo.

Sì, battuta scontata. Ma anche questo film di Chazelle è scontato che sarà candidato agli Oscar. Più i film sono tronfi e stronzi e più vengono candidati. Pensate a John Carpenter, non ha mai ricevuto una candidatura, perché è sempre stato un realista pessimista, non sognava la Luna e non si faceva viaggi pindarici. Ho detto tutto.

3) A Star is Born di Bradley Cooper. Cooper si crede Jeff Bridges da giovane e Lady Gaga si crede una bella figa. La colonna sonora però, mi dicono, che sia da urlo. Sì, quando meditate al suicidio, una canzone di Gaga può farvi vedere le stelle, prima di schiantarvi sul selciato, post-volo dal decimo piano. Sì, nel parcheggio sottostante, un tamarro che adora la signora Stefani Joanne Angelina Germanotta, ma di notte va sempre a mignotte, aveva l’autoradio accesa su Poker Face, hit che lui ascolta quando gioca al pocherino e viene puntualmente spennato come un pollo, tanto che non ha nemmeno dieci Euro per un “pompo”.

4) Widows – Eredità criminale di Steve McQueen. Per me esiste solo il McQueen di Tom Horn.

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5) Beautiful Boy di Felix Van Groeningen. Mi dicono che Steve Carell e Timothée Chalamet siano entrambi papabili di nomination. Sì, è la storia di molte famiglie nel mondo. Il figlio è drogato, il padre un disperato che prova ad aiutarlo ma, anziché salire sul Kodak Theatre, finiscono entrambi al cimitero. Il figlio è morto di overdose, il padre di dolore. Quindi, mi puzza di film ruffiano e falso.bb

6) Boy Erased di Joel Edgerton. Questo è senza dubbio quello che mi sa di stronzata immonda. Russell Crowe e Nicole Kidman (che non abbiamo alla fine mai saputo se hanno scopato nella vita reale) allevano un figlio omosessuale e lo “curano” dalla sua “malattia”, castigandolo e non dandogli la marmellata. Secondo voi è presentabile un film così didascalicamente sfacciato? Piacerà molto ai gay che, appena si sentiranno umiliati, esporranno nelle parate “pride” il Blu-ray.

Nicole Kidman stars as “Nancy” and Russell Crowe stars as “Marshall” in Joel Edgerton’s BOY ERASED, a Focus Features release.

Nicole Kidman stars as “Nancy” and Russell Crowe stars as “Marshall” in Joel Edgerton’s BOY ERASED, a Focus Features release.

7) Backseat di Adam McKay. Christian Bale dimagrì quaranta chili ne L’uomo senza sonno, ma l’Academy non lo cagò. Allora, dopo aver messo su i (non sui) muscoli per Batman, dimagrì un’altra volta per The Fighter. Vinse l’Oscar mentre ad Alessandro Casciutto, tossico emaciato del mio quartiere, danno a stento l’assegno da invalido. Poi Bale ingrassò per American Hustle e De Niro, nel suo cameo, con la faccia beffarda gli fece capire che Toro scatenato è un’altra cosa. Probabilmente, anche quest’anno, Bale perderà, forse battuto da De Niro di The Irishman.

Per la serie… bastasse dimagrire o ingrassare per essere grandi attori. E Bale non lo è. Ha sempre la stessa faccia da culo. Negli ultimi anni, prima dimagrii in maniera anoressica, poi ingrassai trenta chili abbondanti, ma persi in salute e smarrii la silhouette, facendo la bella statuina…

8) Bohemian Rhapsody di Bryan Singer. Nessuno può essere Freddie Mercury.Poster_Ufficiale

9) Welcome to Marwen di Robert Zemeckis. Ancora Steve Carell! E basta, dai! Io ho avuto una storia simile. Sono stato bullizzato e vivo adesso spesso di fantasia. Anch’io vivo la mia guerra personale in trincea e sogno una donna simpatica come Leslie Mann e con le cosce di Diane Kruger.

L’altra sera, mi contatta una su Facebook, tale Sabrina Pascutti:

– Ciao, ho voglia di carne fresca. Mangiami!

– Ciao, stasera mangerò prosciutto di Parma.

 

Bloccata.

 

10) The Favourite di Yorgos Lanthimos. Fra Emma Stone, troppo magra, e Rachel Weisz, che di belo ha solo gli occhi e credo le puzzino i piedi, preferisco Antonella Portobello. Non è male, fidatevi, è la mia preferita al momento. È un po’ scema, ma non più delle altre con la cattedra ad Oxford.

 

Sì, sono un uomo dalle freddure alla Clint.

 

 

di Stefano Falotico

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