Posts Tagged ‘Ornella Muti’

Anna Paquin rischia di essere candidata agli Oscar come miglior attrice non protagonista, sebbene in The Irishman reciti una sola frase


30 Nov

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Burlesca disamina delle sordomute anime, invero eloquenti da uomo iconico di tutti gli intro-versi, cioè i poeti che scrivono versetti e, per quanto ricattati, non ne vogliono sapere di adattarsi, non c’è (capo)verso

Sì, sarebbe un caso unico. Più unico che raro, una rarità, come si suol dire.

Perché non hai chiamato Jo?

 

Sì, questa è l’unica frase pronunciata da Anna Paquin in The Irishman.

D’altronde, Marlee Matlin invece vinse l’Oscar come miglior attrice protagonista per Figli di un dio minore.

Donna meno(a)mata di poche minigonne tolte lei dagli uomini, elevati o non, eppur dall’Academy in gloria elevata.

Marlee detiene ancora il record d’essere stata l’attrice più giovane, cioè a solo ventun anni, a vincere l’Academy Award pur recitando la parte di una sorda.

Mentre Adrien Brody de Il pianista, un intellettuale in un mondo violento, nazistico e ricattatorio, è ancora l’attore che detiene il primato d’aver vinto, per il suddetto film menzionatovi, l’Oscar come miglior attore a soli ventinove anni.

Secondo me, anche Alberto Sordi meritava di vincere. E Ornella Muti, no? Ornella possedeva una bellezza che parlava da sé, mozzafiato, senza bisogno di aggiungere altro. Anche se va detto che gli uomini, rimanendo di fronte a lei senza parole, volevano indubbiamente scoparla. Anche a costo di partorire la prole.

Di mio, posso dire di aver attraversato tutte le malattie psicofisiche possibili e immaginarie. Immaginabili!

Dagli altri definite ipocondriache e dunque da costoro, gli impostori, fui visto e vengo tutt’ora visionato, molto superficialmente, come un coglione, solamente semplicisticamente, assai sbrigativamente, fallacemente e scarsamente psicanalizzante la mia anima invero emotivamente elettrizzante.

Fui enfant prodige, quindi m’ammalai di elefantiasi, divenni muto e non spiccicai parola e, ricordate, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.

Sì, io provai a spiegare le mie emozioni ma gli altri non mi stettero ad ascoltare.

Anzi, non vollero assolutamente auscultarmi. Cioè entrare in empatia col mio cardiaco, viscerale, profondo sentire. Preferendomi snobbare e liquidare con fare fanfarone e protervia da costoro reputata insindacabile, veritiera e assolutistica. Sì, non riceverò mai da codesti pusillanimi una benché minima assoluzione poiché sono convinti che io abbia mentito e la mia versione dei fatti sia del tutto inattendibile e figlia, per l’appunto, delle mie distorsioni mentali giudicate insanabili, addirittura pericolose e malsane.

Per forza, non parlavo, ah ah. L’abito fa il monaco, anche il monco. Infatti, per anni volli scopare donne come Renée Simonsen di Sotto il vestito niente ma, per l’appunto, essendomi chiuso nel mutismo poiché, vivendo libero da regole castranti e da dogmatismi genitoriali limitanti il libero, spensierato arbitrio puramente giovanile, fui paradossalmente reso limitato, angariato e psicologicamente minacciato, sessualmente inibito, represso e intimorito, venendo scambiato per uno psicopatico scemo più del film succitato e dei film di Carlo Vanzina.

Gli altri, essendo stupidi come Boldi & De Sica dei cine-panettoni, mi facevano le smorfie, in segno di compassionevole incomprensione ma, soprattutto, anche sotto e basta, si facevano infatti tutte le più smorfiose. Al che, dovetti aprirmi, giocoforza, in quanto umiliato e dunque sottostimato, vagliato e misurato soltanto come cosiddetto cacasotto.

A causa di questa stigmatizzante coercizione immonda, esplosi di pene… in modo furiosamente spasmodico. Tant’è che, a questo punto, dopo essere stato considerato un inetto, infetto, lebbroso e sfigato, fui patentato di un’altra immeritevole etichetta, quella dello psicotico-psicopatico con tracce indelebili caratteriali da perenne, penoso, insalvabile disadattato da cure psichiatriche e necessaria, consequenziale assistenza sociale. Fui però lo stesso scambiato per un maniaco sessuale. Sì, trovatomi che ebbi, dopo essermi perso in selve oscure, nel mezzo del cammin di mia vita che la retta via era smarrita, non essendo molti femminili retti(li) da me fottuti a causa del non poter comunicare loro d’averlo eretto, in quanto mi mostrai assai poco e ovviamente la gente pensò che fossi un mostro, appena mi tirai su, gli uomini e le donne con le palle, come no, credettero che volessi fotterli. Urlandomi: – Vai a prendere per il culo qualchedun altro, mica noi, testa di cazzo! Tu vorresti farci credere che eri muto solo perché reclusoti nell’essere elusivo? Hai finito di fare il taciturno con lo sguardo allusivo, non sei speciale, non sei un ragazzo che ha sul mondo l’esclusiva, sei un escluso. Capitolo chiuso!

Adesso, ti cuciamo la bocca e t’intimidiremo coi ricatti più mendaci. Vai a lavorare, porco, merdaccia!

 

In compenso, perseverarono senza vergogna a sfottermi, le donne, eh sì, togliendosi la gonna per mettersi a pecorina, in posizione su(p)ina da gogna, dinanzi e (di)dietro a bulli da loro visti come uomini lungimiranti. Delle loro prese per il popò, io me ne fottei, altamente me ne sbattei. Insomma, ricevetti inculate continue. Se fossi stato un omosessuale passivo, adesso sarei ricco. Invece, mi chiusi solo a riccio mentre anche le più brutte ricce mi chiamavano ciccio. Per quanto mi concerne, devo pubblicare il mio prossimo libro. Sì, sono un poeta al cui confronto Javier Bardem di Mare dentro è un principiante. Comunque, a parte gli schizzi, no, gli scherzi, non sono immobilizzato a letto. Sapete perché? Dopo essere stato ingiustamente sorvegliato speciale a vista da gente ignorante che non capì le mie apparenti chiusure e le mie immutabili introversioni da uomo non vanaglorioso e volgarmente appariscente, appena mi ribellai e con furore esternai la mia anima, come Bardem, però di Prima che sia notte, mi diedero solo più botte, anzi, pure della bottana da Uova d’oro. Detenendomi in libertà vigilata in attesa di giudizio. Ah ah.

Sì, sia come Anna Paquin che De Niro stesso di The Irishman, con lo sguardo loquace, senza bisogno di aggiungere troppi monologhi da Al Pacino, diciamo, ho detto tutto…

Marlon Brando, una volta disse a Jack Nicholson, sul set di Missouri, che un grande attore si riconosce dallo sguardo e dalla mimica facciale anche se non pronuncia una sola parola. Esperisce le emozioni della vita e le trasmette con la forza degli occhi. Quindi, posso affermare che, a furia di capire tutto ma dire quasi nulla, possieda io oggi gli occhi più espressivi del mondo e un carisma immane.

Comunque, per farla breve, Anna Paquin vinse a soli undici anni l’Oscar per Lezioni di piano. In questo film di Jane Campion, c’è Harvey Keitel. Ovvero Angelo Bruno di The Irishman. Uno che abusò del suo potere ne Il cattivo tenente e desiderò educare-imboccare Kate Winslet di Holy Smoke. Insomma, un povero coglione. Uno che non sa affrontare la complessa, sofisticata, stratificata realtà. Preferisce continuare nelle sue ottusità, nelle sue accuse relativistiche da figlio di puttana qualunque.

Va subito preso e in manicomio sbattuto.

Tornando invece a Lezioni di piano, che io mi ricordi, me ne sparai molte sul nudo integrale di Holly Hunter.

 

di Stefano Falotico

Il bisbetico indomabile: non reggo più l’alcol, ma continuo a bermi tutto


10 Nov

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Sì, l’altro giorno son stato dal mio psichiatra. Sì, che c’è di male? Tre volte l’anno vado da lui per dargli cento Euro a botta. Lui, nell’ora in cui parliamo dei film con Celentano, può comprarsi coi soldi miei e degli altri clienti una nuova villa nel Chianti. Nel frattempo, mi fa bere le sue rabbie da alcolizzato che dice di curare il mio fegato amaro.

Sì, ogni tre volte l’anno il mio psichiatra controlla che abbia imparato a moderarmi. Sì. è convinto che abbia troppa voglia di scopare e quindi, coi suoi lavaggi del cervello, fa sì che per un po’ il mio bucato sia più pulito.

Come ho letto oggi su lercio.it: uomo fa pace con sé stesso dopo dieci anni e ha ricominciato a masturbarsi.

Sì, il mio psichiatra vuole che mi riappacifichi col mondo e mi accheti in una visione più buddista. A forza di farmaci antidepressivi, mi è venuta una panza, appunto, da Buddha e sublimo ogni trombata che ricevo grazie alla forza compressa delle mie budella spappolate e condensatesi ancor di più in un piagnisteo strozzato molto ombelicale.

Il mio psichiatra attuale mi ha paragonato a Jerry Lewis. A suo avviso, un genio che fa il cretino per far ridere gli scemi. Quello di prima, uno psicologo rinomato di Modena, mi aveva invece paragonato a Jim Carrey. Compreso quello di Dark Crimes. Annamo bene… sì, in Dark Crimes, Carrey interpreta la parte di un uomo serissimo, meticoloso e composto che ritiene di avere un fiuto infallibile. Tant’è vero che si scopa quella depravata della Gainsbourg. Ma non aveva capito che lei lo coglionava e alla fine l’avrebbe pure avvelenato.

Sì, Carrey in quel film è veramente “sveglio”.

Io ho un rapporto spesso sin troppo normale con le donne. Come no?

Ad esempio, vi dico questa. Negli scorsi tre mesi, ho chattato inesauribilmente con una bella bionda. Sì, una gran donna. Ha solo venticinque anni e ama la De Filippi, ma a me non fregava un cazzo dei suoi discutibili gusti televisivi. Avevo notato, sin dapprincipio, le sue slanciate gambe, la forma tonica e molto soda del suo culo ciclopico e indubbiamente, con far marpione, avevo adocchiato immediatamente la sua propensione per gli sbaciucchiamenti.

Chattavamo soprattutto la sera quando lei, dopo una giornata da commessa alla Coop, amava ascoltare le mie stronzate. Devo confidarvi che platealmente ci provava. E mi riempiva di complimenti.

Al che, trascorsi questi novanta giorni di desiderio immane, io mi son spinto un po’ oltre il lecito.

– Ecco Mariella. Vorrei farti una domanda, arrivati a questo punto.

– Dimmi, caro.

– Si è capito che voglio leccarti la figa?

 

Dunque lei, sconvolta da questa sfacciata avance volgare, ha chiuso tutti i battenti e ha cominciato a ingiuriarmi pesantemente.

– Oramai sapevo tutto di te. Mi hai raccontato ogni tuo cazzo. Di quante volte l’hai preso nel culo in questa vita di merda e tutte le sberle che ti hanno dato. Ma sino a oggi non sapevo una cosa.

– Quale?

– Che sei un pervertito.

– Anche io sapevo tutto di te. Almeno, pensavo di sapere ogni cosa. Mi hai detto che, fra una chat e l’altra col sottoscritto, ti prendevi delle pause di mezz’ora per fare i pompini a quello che del banco dei salumi. Sì, l’ho accettato. Come ho accettato anche quando mi hai detto che uno dei clienti della Coop in cui lavori non paga mai e ti rilascia solo il Bancomat quando gli fai lo sconto nel retrobottega. Ecco, conoscevo queste tue turpitudini, ma non avrei mai pensato che tu fossi una suora.

– Senti, impotente! Non farmi la predica!

 

Ho detto tutto…

 

Sì, oramai da quindici anni a questa parte, bevo al massimo una birra condita di pizza capricciosa. E un gingerino mentre ballo rincoglionito per casa come Fred Astaire, fra un’isterica che vuole bermelo tutto e la tv accesa ove mi voglion dar a bere che Carlo d’Inghilterra è un uomo del popolo.

 

No, sono un essere anomalo. Di solito, alla mia età, sia gli uomini che le donne impazziscono per il vino.

Di mio, intrattengo Jimmy il Fenomeno, schiacciando l’uva nel dar spettacolo.

Non mi pagano per questi show, il piatto piange sempre di più ma tengo allegra la gente.

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di Stefano Falotico

Stasera a casa di Alice… nel paese delle meraviglie


09 Apr

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Sì, credo proprio che sia una società da svecchiare e il grosso problema non siano i giovani ma una generazione di “adulti” cafoni e boriosi, asfissiati dai loro stessi privilegi putrescenti e dunque asfissianti nei confronti di un mondo già cambiato, che si ostinano però a non vedere, opacizzando, elidendo dalla loro vista tutto ciò che in qualche maniera possa infastidirli, turbarli, scompensarli.

Una società che prometteva tanto e ora fa i conti con la sua pochezza.

Ma quando è iniziato tutto questo? Forse con Carlo Verdone. No, non sono impazzito, non sono mai stato lucido come lo sono ora ad affermare ciò.

Indubbiamente, il buon Carlo, raccomandato da Alberto Sordi e col beneplacito di amicizie di “rango”, riuscì a finanziarsi i primi film, assurgendo a nuovo comico macchiettistico, e incarnando il modello del moderno gaglioffo che stigmatizzava i tic dell’italiano medio, e devo ammettere che alcuni suoi “sketch”, alcuni suoi siparietti, soprattutto degli esordi, erano apprezzabili e inducevano alla risata. Quella risata bonaria di chi si riconosceva nei suoi ritratti spietati anche se, ripeto, caricaturisti, delle vignette animate dal suo corpaccione imbranato, la versione più affabile e meno incazzata di Fantozzi.

Poi, si montò la testa, e volle girare film a metà strada patetica fra la commedia all’italiana, la critica al costume del nostro Paese e la trita, scontata sociologia più superficiale e alla buona, per prendere da tutte le parti, e spacciarsi per “autore”, riempiendo le sue pellicole d’insulse banalizzazioni, commedie moralistiche, tediose, recitate da attori radical chic come lui (tant’è vero che Sorrentino lo piazzò nei suoi salotti de La grande bellezza, non a caso, perché Verdone è il prototipo del borgataro che però si crede anche artista a tutto tondo…,  ça va sans dire, classica espressione da borghesucci con le pezze al culo che usano francesismi per dar un tocco di “classe” al lor parlato invero retrivo).

E vennero fuori film osceni, di cui dovrebbe vergognarsi fin a quando creperà. Roba agghiacciante come Il bambino e il poliziottoMaledetto il giorno che t’ho incontrato e soprattutto Stasera a casa di Alice, apogeo della penuria del Cinema italiano nella sua accezione più negativa quando si vuol prendere troppo sul serio e alza il tiro, scontentando ogni tipo di pubblico. Perché “Cinema” di questo genere è il peggio del peggio. Ornella Muti, attricetta da Celentano, una “bisbetica domata”, ecco che fa la spogliarellista de no’ altri ed entra in scena anche Sergio Castellitto, altro esempio incarnato dell’attore che si è sempre creduto un talento, un intellettuale di spicco, e invece è il modello per “eccellenza” del tipico interprete bravino che però mai lascia il segno, e nemmeno le collaborazioni importanti, come quelle con Ferreri, Amelio o Bellocchio, l’hanno migliorato, l’hanno elevato semplicemente dall’essere solo un irrisorio e mediocrissimo professionista insipido e a mio avviso pure antipatico. Tant’è vero che è sposato con la Mazzantini, una che si crede Grazie Deledda e invece scrive “rotocalchi” in forma di prosa da annoiata frustrata.

 

A casa di Alice… film indigesto, paurosamente volgare perché si affanna tanto a non esserlo e invece nella sua finta “modestia” è così insopportabilmente popolaresco, ruffiano, in una parola borghesemente mostruoso.

 

Ma chi sono questi borghesi? Oh, ne conobbi a bizzeffe. Gente il cui sport nazionale è accanirsi sempre sul prossimo appena non rispetta i suoi parametri, del tutto arbitrari e mendaci, di “giustezza”.

Gente che, se sei un giovane con le tue libere idee, in fase di crescita cerebrale-emozionale, nel pieno del suo sanissimo turbinio inquieto, e dunque un po’ “ribelle” in maniera saviamente innovativa, ti dicono che sei un mezzo criminale, un pericoloso sovvertitore, un malato… e ti mandano la locandina di Cobra, con quella scritta “storica”… TU SEI IL MALE, IO SONO LA CURA. Insomma, degli psicopatici talmente inappagati che la voglion far “pagare” a chi è solo “malato” delle sue creatività. Che sono a volte burrascose in quanto carne viva dell’anima, quella vera, senziente e sanguigna.

E ti subissano delle più pusillanime, irriguardose, depravate offese, trattando te da debosciato perché non sei un fascista che si permetterebbe mai di ledere le libertà inalienabili altrui. Questi invece semmai ti dissero che o ti adattavi al bieco porcile, alla più squallida trivialità piccolina, oppure ti avrebbero tagliato le palle o te le avrebbero fatte “crescere” a botte di altre umiliazioni e “sedazioni”.

Ecco, ho fatto la ristampa del mio bellissimo libro Fantasmi principeschi, e sapete perché? Ora, l’impaginato era perfetto, di una perfezione da lasciar basiti di meraviglia, ma in quarta di copertina, nelle note bibliografiche, una “e” di separazione fra un titolo e l’altro era in corsivo e si poteva confondere coi titoli stessi. Dunque andava “normalizzata”.

Sì, sono un “maniaco”. “Patologia” tipica delle persone che quando fanno una cosa la fanno bene, con classe immensa, con raffinatezza immane.

So solo che certa gente, come Carlo Verdone, andrebbe presa a calci nel culo. Fa danni immondi e bestiali a chi non si adatta alla sua visione grettamente perbenista non solo del Cinema ma della vita.

E allora evviva il Cappellaio Matto!

 

 

di Stefano Falotico

COBRA, 1986. (c) Warner Bros..

COBRA, 1986. (c) Warner Bros..

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