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OCCHI(ali) NERI


17 Feb

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Il programma del Festival di Venezia è troppo “serioso” e fintamente autoriale, meglio un mio short movie in stile Ed Wood-Tommy Wiseau misto al Paul Morrissey underground-noir torbido come i miei baci veri!


29 Jul

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Innanzitutto, qual è film più bello di tutti i tempi?

Il tanto osannato Quarto potere? Il settimo sigillo?

Suvvia, non diciamo stronzate. E non voglio neanche più sentire la balla colossale secondo cui L’esorcista sia un capolavoro. Ma smettetela. È datato più di mia nonna materna. La quale è morta e, malgrado fosse più religiosa fanatica e maniaca di Ellen Burstyn, ha sempre pensato che l’unico diavolo esistente nella storia dell’umanità fosse e sia il sottoscritto. Sì, dall’aldilà, crede che io sia dio ma non ha mai visto Il signore del male, un film diabolicamente paradisiaco. Ah ah.

Sì, Prince of Darkness è forse il film più bello di sempre assieme a Twin Peaks: Il ritorno. Ché non è una serie televisiva.

Ci rendiamo conto cos’ha fatto David Lynch? Inizia con un episodio ove ci viene generosamente mostrato ignudo uno dei lati b più sexy della storia, cioè quello di Madeline Zima. Dopo pochi secondi, appare qualcosa di stranissimo su uno schermo nero che sembra un oblò, il vetro di una lavatrice.

Quindi, come per miracolo, Dougie Jones ritorna a essere l’agente Cooper senza dare spiegazioni a nessuno.

Pronuncia solo l’oramai leggendaria frase: I’m the FBI.

Un capolavoro impressionante capace di riportarti indietro nel tempo, anzi, ai tempi quando alle scuole medie si passava il tempo a immaginare se Elizabeth Berkley di Bayside School si sarebbe, un giorno, mai completamente denudata in un film vero e proprio. Poi uscì Showgirls e Kyle Maclachlan, in piscina con lei, capì in ritardo che Isabella Rossellini di Velluto blu fu solo una frigida.

Sì, premettiamo subito che il programma del Festival di Venezia di quest’anno è veramente penoso. Hanno dimezzato, a causa dell’emergenza sanitaria tuttora fortemente vigente in molti stati, quelli Uniti in primis, i titoli in concorso e Alberto Barbera, ammalatosi di esagerato patriottismo e nazional-popolare più inquietante di una canzone fintamente polemica di J-Ax (personaggio altamente discutibile che, giocando in maniera furbetta sui disagi adolescenziali, canta ai giovani, già andati a puttane, ciò che voglio/ano sentirsi dire per una magnificazione dell’impubere esaltazione fanatica più beceramente figa in vomitevole, “griffato” stile Amici, insomma un fake miliardario), vi ha dato dentro con le pellicole tricolore.

Inaugurando addirittura la kermesse con Lacci di Daniele Luchetti. Grande amico di Moretti Nanni, presente peraltro in Aprile. Non solo.

Storici i suoi cammei, infatti, in BiancaPalombella rossa e La messa è finita.

Invece Nanni, attesissimo con Tre piani, titolo metaforico di un film suo, come sempre segretissimo, incentrato sulle tre istanze principali scoperte da Freud su cui si baserebbe, stando a questo fottuto e bacato padre della psicanalisi, la personalità, sarà assente a Venezia ma, in Caos calmo, con Isabella Ferrari adottò lo stile alla Jung/Michael Fassbender di A Dangerous Methos praticato a Keira Knightley, con tanto di unghiate molto “analizzanti” la Ferrari stessa. Una scena, no, una scema che secondo me, malgrado il successo regalatogli da Gianni Boncompagni, ex famoso filantropo dei cavoli suoi, forse delle cavolate, e “sostenitore” pure di Ambra Angiolini & company, è identica nella sua personalissima vita privata al personaggio da lei stessa interpretato ne La grande bellezza.

Ovvero una frustrata depressa cronica, con tanto di pastiglie Chrono psicofarmacologiche, utilizzate dai brutti quarantenni di Caro diario, che forse è persino più “schizofrenica” di Sabina Spielrein.

Mah, alle donne come Sabina, ho sempre preferito il Ratto delle Sabine. Leggenda dell’antica Roma sicuramente più attraente della vacuità di certi ambienti capitolini ove la cosiddetta alta borghesia concima la sua tristezza esistenziale, aspettando il nuovo spogliarello di Ferilli Sabrina invecchiata marcia, cantando sui trenini con Raffaella Carrà. Insomma, la classica crème de la crème che a me, uomo alla Roddy Piper di Essi vivono, fa sinceramente cagar’.

Da tempo immemorabile, il sottoscritto riceve la patente di fallito ma, a differenza di Jep Gambardella/Toni Servillo, non ha pubblicato solo un libro. Bensì un’infinità di romanzi dei più folli, disparati e strampalati. Però hanno venduto pochissimo, dunque hanno incassato, non essendo io un marchettaro come Christian De Sica, assai meno dei film più impresentabili di Carlo Verdone.

Il quale, essendo sposato alla sorella di Christian, omaggiò suo cognato, dandogli la parte dello stronzo in Compagni di scuolaAn vedi che Amici miei… Parenti serpenti!

No, il suddetto film di Mario Monicelli non mi è mai piaciuto. Emana una scatologica amarezza peggiore de La grande abbuffata. A Marco Ferreri e a Isabella Ferrari, preferisco la Ferrari. Ma a volte non ho neanche i soldi per comprarmi una scatolina di cioccolatini della Ferrero. Che te lo dico a fare?

A Christian De Sica, preferisco Maillet Cristian. Ragazzo tornato a Bologna a lavorare sino ad autunno inoltrato. Mio amico da qualche anno a questa parte e “killer” à la Michele Apicella/Moretti di tale mio short movie decisamente amatoriale, dunque profondamente amabile.

Un cortometraggio dal “fiato corto”, come si suol dire, deboluccio cinematograficamente parlando ma girato con un’onestà intellettuale, un senso della poetica underground così (mal)sana, crepuscolare e radicale, oserei dire semplicemente esistenziale, da far spavento al miglior Andy Warhol con le sue magistrali “boiate”.

Corto quindi cortissimo (comunque, più lungo del tuo…) dalle atmosfere rarefatte, eccentricamente autocentrato sui miei primi piani da Totò felsineo di ascendenza non partenopea, bensì similare di origini meridionali, mescolato al Rust Cohle/Matthew McConaughey di True Detective dei poveri con esplicite allusioni, di natura “sopraccigliare” e fronte aggrottata (a)simmetricamente ammiccante alla mia autoironia da Mel Brooks più genialmente demenziale, ai neo-polar francesi girati co’ du soldi rubati a un clochard che se la tira da artista a Montmartre e non sa neppure cosa sia la Torre Eiffel.

Sì, un barbone italianissimo emigrato in Francia, per l’esattezza a Parigi, apparentato forse a Ninetto Davoli, un pasoliniano con la r moscia non figlia di Gianni Agnelli, bensì derivatagli da un bacio alla francese da lui generosamente dato, diciamo elargito gratuitamente, durante la sua primissima adolescenza da ripetente, a Raffaella, burina lupa della Garbatella che, a causa d’un succhiotto troppo potente, causò al disgraziato in questione un problema mandibolare peggiore di quello di Ronn Moss di Beautiful.

Ah, Ragazzi fuori di Marco Risi. Meglio un buon risotto alla marinara.

Questo succitato, all’epoca sovreccitato, ragazzo oramai pazzo squilibrato, a sua volta, fece sì che la sua mascella non si allineasse a una perfetta dizione della sua Lingua non propriamente raffinatissima. Poiché alle scuole medie, quando studiò la Rivoluzione Francese, nelle sue puberali illusioni da sognatore perso, credette davvero che un giorno sarebbe diventato il Re Sole ma, dopo il primo tradimento cagionatogli da Raffaella con un borgataro poco pulito e bello, ogni utopia perse e, al motto Libertéégalitéfraternité, preferì essere un samurai senza padrone. Lasciandosi andare completamente come Robert De Niro, da Ronin sino a The Irishman e Joker.

Di mio, mi salvai dal diventare Richard Gere de Gli invisibili poiché riguardai The Mothman Prophecies e compresi di non soffrire di alcun tipo allucinazioni né, a differenza dell’italiano medio, della sindrome da leccaculo da colui che, vanaglorioso, si crede poeta, santo e navigatore ma è più arrivista dello stesso Gere ne L’incredibile vita di Norman.

Malgrado sia stato di nuovo illuminato, non sulla via di Damasco, né abbia del tutto abdicato alle malinconie di Rossi Vasco, nonostante non mi sia adagiato neppure a fare solo passeggiate squallidissime da latin lover del cazzo lungo una via del centro bolognese, gergalmente detta altresì vasca da fighetti figli di puttanissima e busoni, faccio il bagno ogni due giorni, scrivo libri che vengono cagati da quattro “handicappati” come me, gironzolo vicino alla videoteca di Federico Frusciante alle due postmeridiane di un plenilunio più ammaliante e ispiratore dei caldi romanticismi affascinanti della mia attuale lei e, vicino alla scogliera del mio emotivo mare in burrasca, ho dimostrato al mondo intero, soprattutto a me stesso, il fatto inequivocabile che la psichiatria sia una stronzata e che Rocky, ribadiamolo, sia forse il film più bello del mondo assieme a Taxi Driver. E a quelli da me citati sopra.

E questo è quanto.

Robert De Niro rimane ancora il mio attore preferito assieme ad Al Pacino. La scena del diner in Heat, cazzo, docet. È gente cazzuta, questa. Mica come molti di voi, italiani spesso cazzoni.

Vi dichiarate tutti dottori ed espertoni. Vi bardate dietro la rispettabilità più ipocrita e siete invece solo dei gran cafoni davvero ignorantoni.

Mentre Johnny Depp, ora infognatosi con quella vacca di Amber Heard, in Donnie Brasco era da Oscar. Diciamocela!

Soprattutto quando litigò con sua moglie, Anne Heche, e tre secondi dopo se la scopò sulle scale con tanto di ciuffo sbarazzino da attore non laureato, però idolatrato ed adorato da Marlon Brando e istintivamente bellissimo, meravigliosamente carismatico di recitazione strepitosamente naturale.

Quando si dice… a lui viene benissimo… Di mio, sono Il coraggioso. Daniele Luchetti girò Mio fratello è figlio unico (film che vidi al cinema con una tizia amante di Moccia e Scamarcio, la sfanculai subito… mica tanto, dopo due anni), sono sempre più simile a Rino Gaetano e Lefty Ruggiero disse a Depp:

il mio unico figlio è un drogato, come la vedi?

Io non lo sono, però. Anzi, so baciare meglio di Al Pacino in Carlito’s Way. Come no?

Sì, morale della favola. A 40 anni, anzi, quasi 41, ho compreso che nella vita posso fare tutto. Anche perché è troppo tardi per tornare indietro e quindi educarmi a essere un povero idiota come tutti.

Se invece voi pensate che diverrete i nuovi David Lynch, non voglio disilludervi ma debbo dirvi la verità. Al massimo, pot(r)ete farvi dei film, cioè delle stories su Instagram.

Lasciate stare il Cinema. Tanto non sapete amare, non sapete soffrire. Di conseguenza, non saprete mai filmare le emozioni in modo delirante. Come è giusto che sia.

Ce la vogliamo proprio dire? Non sapete nulla, soprattutto di voi stessi, fate pena e, secondo me, parafrasando Bukowski, se non siete impazziti almeno tre/quattro volte nella vostra vita, che cazzo avete campato a fare?

Per tifare per la Juventus?

Sì, sono un pagliaccio come Nic Cage di Via da Las Vegas. Specialmente di Cuore selvaggio.

Che vorreste farmi, ora? Mi brucerete la casa o torneremo tutti assieme a catechismo e canteremo We Are the World?

Ebbe ragione Jon Bon Vovi. Questa è la mia vita e, se a te non sta bene, alla mia lei sta invece benissimo.

Dunque, va ammesso. Il mio cortometraggio è una cagata micidiale dalle suggestioni purissime. Siamo, vale a dire, dalle parti del masterpiece criptico, in totale (inter)zona b, super trash o forse elevatissima.

Poiché sono stanco di applaudire la perfezione. Adoro sempre di più le vite e i film assurdi. Poiché assieme sono bellissimi.

Tu invece ti sei laureato con 110 e lode? Ah sì? Complimenti. Ora peròcome disse Frank Vincent di Quei bravi ragazzi, vai a prendere la cassetta del lustrascarpe.
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di Stefano Falotico

2 Giugno 2020 – Festa della Repubblica: quale? Quella di Don Luchese di Malavita di Luc Besson? A parte gli scherzi, buona vita a Clint Eastwood, un mio racconto letterario, che fantastica storia che è Il Falò delle vanità, ah ah!


02 Jun

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Partiamo subito con una freddura:

Anyone is an enemy for a price. Chiunque è/diventa un nemico che non ha prezzo. Cioè, se lo paghi, ti fotte.

Per un Jonathan Pryce?

Lo scorso 31 Maggio, ovvero domenica scorsa, compì 90 anni il più grande regista vivente. Sì, lo è.
Un tempo, in una landa solitaria delle mie notti lugubri e insonni, il mio regista preferito fu Martin Scorsese. Questo lo sanno anche le pietre. Ma, col tempo, sapete, si guarda la vita da una prospettiva più matura. Scusate, non voglio risultare però paternalista come Al Pacino di Ogni Maledetta domenica quando, per spronare i suoi boys prima del suo discorso nello spogliatoio per donare loro la grinta necessaria per affrontare un incontro decisivo, fa mea culpa dei suoi errori del passato.

Ecco, per quanto adori Al Pacino, già ai tempi di questo film di Oliver Stone, eh già, fu assai più vecchio di me. Non mi pare giunto, nemmeno adesso, il momento di esservi retorico più di Platoon.

Ah ah.

Sì, cavolo. Perché mai Platoon fu premiato come Miglior Film agli Oscar? E La sottile linea rossa, no?

Veramente uno scandalo. Forse peggiore di quello raccontatoci dal gigantesco Roman Polanski nel suo magnifico L’ufficiale e la spia.

Che cosa voglio dire con questo? Quello che ho detto. Ma non mi pare il luogo né la sede opportuna per autocommiserarmi.

E, a dirla tutta, sono stanco dei miei deliri solipsistici fanatici dello schraderiano esistenzialismo da uomo ombroso, auto-reclusosi nella cripta in modo davvero troppo precoce.

Malgrado i miei ultimi anni siano stati orribili, ve lo posso giurare su Cristo, ammesso che costui non vada a sputtanarmi con la Maddalena, così come fece Willem Dafoe in The Last Temptation of Christ, sono ancora belloccio, veloce e portentoso. Molta gente pensa che io sia matto, che debba curare il mio cervello con dei neurolettici e vorrebbe sbattermi in ospizio o, peggio, in casa di cura, così come tentarono i parenti di Walt Kowalski in Gran Torino.

Mi spiace smentire ogni mio hater, vi mostro questa mia foto scattata oggi. Secondo voi, questo qui sarebbe un uomo che dovrebbe curarsi dalla prostata e che necessiterebbe di essere rallentato nei suoi, vivaddio, slanci vitali assai furenti e passionali? Indubbiamente, il mio sguardo è un incrocio fra quello di Malcolm McDowell di Arancia meccanica, quello di Johnny Depp di Chocolat, forse pure da freak de La fabbrica di cioccolato, da mezzo scemo alla Seann William Scott, da Sam Rockwell de Il genio della truffa di Ridley Scott o forse da Sam di Confessioni di una mente pericolosa, ma sì, dai, optiamo per quello di Richard Jewell, da Stephen Dorff di Somewhere, no, più affascinante (eh, ‘na roba…) quello di Cecil B. Demented, genio “incompreso” più di Ed Wood e Tommy Wiseau, da Joaquin Phoenix della periferia bolognese, da De Niro in erba in mezzo a felsinei che di erbette, cioè gli spinelli, vanno forte più di Popeye con gli spinaci, e…

Scusate, mi sono perso un’altra volta.

Ho da poco mandato questo mio racconto a un concorso letterario.

Secondo voi, vincerò?

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Il viaggio onirico di un uomo nero

 

Innanzitutto, non per sottovalutare Sulla strada di Jack Kerouac ma credo che sia importante, soprattutto per il sottoscritto, smentire l’erronea e distorsiva mitologia secondo cui le esistenze di noi tutti siano paragonabili a un viaggio. Metafisico e non.

Soventemente e scioccamente, per esempio, abbiamo udito interminabilmente la classica, onerosa espressione fatta e pallosa… ah, in questo viaggio che è la vita oppure quante innumerevoli, insopportabili volte abbiamo dovuto ascoltare banalità del tipo: cosa rappresentò, sino a ora, questo nostro aver sin qui viaggiato lungo tante vie delle nostre vite che, semmai, non condussero a nessuna svolta?

Ah, coi patetici, autoassolutori c’era una volta e col tedioso rimembrare la nostra vita nell’intenderla come un itinerario a tappe, come un dolce e poi duro, scosceso, lievissimo o difficoltoso peregrinarvi fra saliscendi emozionali di natura esistenziale, ah, finiremo soltanto col paralizzarci nel guardarci indietro. In maniera imbarazzante. Ancorandoci, da passatisti inguaribili, nelle elegie agiografiche delle più stupidamente consolatorie, ipocrite e fottutamente dolciastre.

Specialmente, auto-ricattandoci nell’abulico spettro delle nostre lagne inaudite, penosamente morbose, infinite, da moribondi sempre spauriti. Della loro vera vita realmente sparita.

Non osservando invece, ahinoi, ciò che sta davanti a noi, magnificamente sterminato e ancora vivamente possibile.

Vivete solo di vite oramai immaginarie. Invece, immaginate…

Cosicché, ben vi starà se, conservando quest’atteggiamento malato di ritrosia e oscena, oserei dire criminosa malinconia mortifera, cascherete in un fosso, prossimo al vostro successivo passo falso, cari fessi e cari uomini e donne prosciugati sin all’osso che, dinanzi alla realtà, perfino cinica ma oggettivamente ineludibile, della vita, ah ah, ve la faceste, fate e sempre farete sol addosso.

Ah, sono stufo, oltremodo nauseato dalla pedissequa, estenuante e ammorbante definizione, poco esistenzialista, invero, della vita intesa come un lungo, morbido, forsanche impervio cammino ove si può cascare, perdendo la rotta, franando per mai più risorgere ancora intatti e mentalmente lucidi. Mettiamo fine a queste sciocchezze, peraltro mal assortite.

Ah, mi sono proprio rotto di questa scontata scontentezza fintamente buonista, capziosamente ricattatoria e pericolosamente, insidiosamente affetta, inconsciamente, da tanta cretina retorica e melensa tristizia scevra d’ogni slancio romantico dei più suadentemente vitalistici. Deturpati di ogni savia vividezza cristallina!

Dio mio, ne provo ribrezzo.

Di mio, so che molte persone, dopo la prima botta in testa, cioè dopo aver robustamente ricevuto una tostissima batosta, crollarono irreparabilmente e letteralmente a pezzi. Sì, i loro cervelli si spaccarono e, affranti, completamente nell’animo loro infranti, nel cuore fratturati, nell’amor proprio sinceramente destrutturati, giammai riuscirono a ricomporre il puzzle delle loro vite che non sanno più adesso, neppure con la fantasia, sanamente orientarsi al fine di liberamente viaggiare anche solo all’interno d’una spensierata, magica poesia ammantata di sontuosa leggiadria selvaggia e variopinta.

Affogando invece, purtroppo, nelle malinconie più stantie, figlie del loro essere naufragati in un oceano angosciante di rimpianti abissali e, per l’appunto, stagnanti e malsani.

Impantanatisi che sono costoro nelle sabbie mobili delle loro (in)ferme mentalità piattissimamente distorte più tragicamente dedaliche di una metropoli labirintica e confusa ove le vie delle loro anime dissestate s’intersecano, incasinate, in maniera sia orizzontale che verticalmente perpendicolare. Intrecciandosi in neuroni mal accordati ai loro cuori già sinistramente sprofondati nel traffico nauseante e nel caravanserraglio mortale delle più atroci confusioni sesquipedali. Ah, abbiamo pure i pendolari annoiati e quelli che, senza spirito critico alcuno integralmente personale, pendono dalle labbra di chi non sa più ammirare neppure un viale del tramonto in modo roseo e spensierato. Sì, ripetendo invece solamente antichi proverbi più vetusti delle arrugginite rotaie delle loro binarie rotelle oramai avvitatesi ed arresesi ai detti più vecchi di mia nonna purtroppo morta molti anni addietro.

Rosso di sera, bel tempo si spera? Sì, ma domani sarà un altro giorno, sostenne Vivien Leigh/Rossella O’Hara di Via col vento. Vivien che, nella versione originale del sempiterno capolavoro sempreverde di Victor Fleming, si chiama Scarlett. Così come l’attrice protagonista di Lost in Translation.

Sì, cari uomini smarritivi soltanto nell’indecifrabile transizione, mai evoluta in qualitativa, superiormente emotiva transazione arricchente i vostri spenti cuori auto-fottutisi, smettetela di fare i piacioni come Clark Gable, bensì invitate stasera stessa la vostra donna a cena.

Con tanto di abbacinante lume di candela grandiosamente riaccesosi in quanto, in cuor vostro, siete coscienti che di lei siete meravigliosamente innamoratissimi e inevitabilmente presi.

Godetevela finché potete in modo bollente. Poiché domani, invece, potreste morire anche all’alba. In modo terrificante.

Dunque, che cosa state aspettando? Di morire dentro, elevando il patetismo a uno stile di vita più fallimentare delle vostre scelte sbagliate e giammai redentesi nell’attimo di un infinitesimo gaudio straordinariamente estasiante?

Camionisti e viaggiatori delle highway americane e delle vostre Strade perdute da David Lynch più squisitamente delirante delle vostre giammai fantasie realizzate e perennemente irrealizzabili, al massimo, sostate di notte al locale From Dusk Till Dawn, memori giustamente dell’insuperabile Santanico Pandemonium, alias la superba Salma Hayek.

Attenti, però, a non venirne imprigionati, vampirizzati che sarete dalla sua estasiante beltà melliflua e succhiante ogni goccia del vostro residuo eppur scalpitante sangue spumeggiante. Sessuale e non.

Versatele da bere il vostro virile aroma incitante ad un amore caliente. Suvvia, riscaldate tutto l’ambiente, non siate vili, non fate i villici. Se volete conquistare una donna, sia costei anche una sanguisuga, forse non potrete offrirle una villa da George Clooney ma certamente potreste prometterle una gita sulle rive del lago di Como ove George si recò spesso durante le sue italiane vacanze, sperando in un modesto, sì, ma al contempo stupendo, eterno amore come ne I promessi sposi. Capolavoro letterario intriso di vertiginoso romanticismo impareggiabile dei più deliziosi.

Cioè, per farla breve, non piangete sul latte versato e sui globuli rossi dei vostri sanguigni, già trascorsi amori spermatici asciugatisi negli imperituri, più sterili, assai aridi e controproducenti, tormentosi rimpianti da zombi viventi oramai non più cazzuti.

Non magnificate ciò che fu o non fu in un periodo più remoto del tempo immemore, cioè semplicemente dimenticato, ubicato chissà dove nella vostra mente, glacialmente rivivificato nel rammemorarlo quando esso estemporaneamente riaffiora a esaltazione, sì, soltanto penosa, dei vostri glory days oramai, da tempo immemorabile, irrecuperabili e onestamente, attualmente non più avventurosi e focosi. Dimenticate subito questi oramai terminati momenti da ipocondriaci malati terminali, per quanto siano stati e siano ancora, forse, per voi indimenticabili. Esalterete, così facendo, solamente il patetismo delle vostre bruciate gioventù andate a puttane, elevando mestamente in gloria solo le vostre vite che ardimentose non lo sono più, immolandovi al piacere effimero del friggervi nell’illusione di beatificare perfino le passate delusioni più stronze e infime, bigotte e moralisticamente auto-castigatorie.

In poche parole, non crocifiggetevi mai più da conigli invero pieni di rancori. Non piangetevi addosso, basta, per piacere, con l’autocommiserazione a celebrazione d’uno spettrale vostro miserere ossessivamente imperterrito. Non impietritevi, io non m’impietosisco. Ma che siete degli storpi auto-castratori?

Scopate ancora la vita perché, tenetelo ben a mente, non è mica finita…

Sì, lo so, siete sfiniti, stanchissimi. Affaticati come se aveste corso per mille miglia senza bere un solo sorso d’acqua pulita. Oh, ottima e buonissima. Fidatevi, la vostra bile va soltanto depurata con la rinascenza temeraria delle più vivide e adamantine.

Eh già, non siete assolutamente morti. L’acqua effervescente, soprattutto delle vostre anime ancora frizzanti, ve lo giuro, sì, io so che lo sono, non costa molto. La vendono a pochi euro al primo supermercato vicino casa vostra.

Insomma, ancora vi bevete la cazzata secondo cui la vita è un viaggio senza ritorno, di sola andata e privo di possibili inversioni di marcia?

Basta svoltare l’angolo dopo aver pagato la cassiera, acquistando un’intera confezione di acqua naturale e potrete ancora bervela tutta d’un fiato in modo speciale. L’acqua facilita la digestione delle amarezze da alienati, da uomini forse mai nati e troppo presto ammainatisi, asciugando ogni vostra vigliacca, scoraggiante ansia poco amabile. Sì, lo sanno tutti che ve la state facendo soltanto nelle mutande!

Dunque, scolatevela alla grande, di dosso scrollatevi le tossine in eccesso. Tossite, espettorate ogni groppo in gola e maggiormente scioglietevi con più foga. La vita vi sarà ancora figa!

Sganciatevi dai luoghi comuni, dai modi di dire e di fare più abusati.

La vita non è un viaggio, la vita è la vita. L’acqua è la linfa primaria della vita. Infatti, se scarseggia si muore disidratati. Non vorrete mica morire pure di fame chimica? Oppure, peggio ancora, dar di panza di scoregge da merdosi poiché non sapete più amare un fresco mattino con la rugiada più letiziosa?

Divorandovi, per colpa dell’appetito nervoso, anche il vostro spappolato fegato arrugginito? Ah, siete odiosi.

Che siete, per caso, dei cannibali? Degli psichiatri antropofagi delle vostre follie da Hannibal Lecter assassini delle vostre vite da voi stessi mangiate vive in modo troppo precoce?

Siate ruggenti, risplendete lucenti!

La vita non è un viaggio che vive solamente di afflizioni atte a rifuggire, vilmente, un grigio vostro presente irrisolto.

La vita è come il grande Cinema, vale a dire un sogno stupefacente.

Sì, dovete risorgere!

Potrà finire male e potrà addirittura, prima dei titoli di coda, comparire la scritta The End dopo un pre-finale in cui moriste ammazzati.

Sì, ma stiamo parlando oramai della fine. Che vi frega come e quando morirete?

Se vinceranno i buoni oppure se perderanno i cattivi? Che, semmai, altri non sono che voi stessi? Tempo per essere buoni ne avete e avrete ancora. Datemi retta. La retta via non è del tutto perduta. Al massimo, può essere un po’ mal asfaltata per colpa d’un sindaco che non cura molto l’urbanistica.

Dunque, state calmissimi. Calmatevi, smettetela di guardare alla vostra vita da passivi spettatori arresisi alla scemenza e al fintissimo buonismo.

Siate, eccome, nuovamente grintosi, perciò affamati! Calorosi!

Avete finito di farvi i film migliori? Dunque peggiori poiché utopistici da insanabili, incurabili, stolti sognatori patologici?

Non affossatevi! Ora, uscite dal cinema, afferrate con le mani il volante della vostra macchina e in alto ancora volate. Attenti solo a questo: se accelererete troppo durante il viaggio, eh sì, potreste sbandare, schiantarvi oppure essere multati per eccesso di velocità.

Potranno ritirarvi la patente o potrete subire una fortissima, salata contravvenzione. Sono troppo pessimista, cinicamente realista e perfino moralista? Sono sol un uomo nero, dunque trasparentemente bianchissimo. Poiché so che la vita è come un’autostrada con molte carreggiate e piste. Sì, potreste entrare in un tunnel senz’apparente via d’uscita.

Auto-giustificandovi delle erronee vie che, durante il vostro irredimibile percorso, inseguiste e volenterosamente perseguiste, finendo ai piedi d’un bosco nerissimo.

Ma, in tal caso, dovete essere davvero sfortunati…

Personalmente, non mi successe mai di avere pienamente successo. Nemmeno, comunque, di entrare in galleria e rimanervi intrappolato a vita. Sebbene, al cinema, mi divertii molto, guardando Daylight con Sylvester Stallone.

Si sa, sono Over the Top.

E sarà dura farcela.

Basta anche con Amarcord di Federico Fellini e con La dolce vita da illusionisti solo dei ricordi di voi stessi, quindi da disillusi, oramai arenatisi, essiccati cuori delusi.

 

Comunque, non è vero. Non sono un uomo nero, sono noir ma mi sta benissimo anche il bianco.92245643_10216693908402968_4643096870904659968_o

 

di Stefano Falotico

A proposito di cinecomic e supereroine come Scarlett Johansson di Black Widow: io ricordo assai bene la “Catwoman” Anna Falchi di Dellamorte Dellamore e Brandon Routh, Superman impotente, in Dylan Dog


29 Apr

anna falchi dellamorteSì, senza se e senza ma, rimembro in questi giorni miei decadenti, oh, miei perdenti, Anna Falchi. Certamente, senz’ombra di dubbio alcuno, una delle più grandi fighe planetarie, oserei dire cosmiche, madornali e dunque spaziali, celestiali degli anni novanta italiani.

In Palla di neve è comunque, rispetto a lei, più figa Monica Bellucci. Be’, ovviamente.

Ecco che molti mi chiedono quali siano i film con Monica più arrapanti in cui tale donna straripante di Città di Castello potrà imbarcarli di ponte levatoio… si spera per lei alla(r)gante.

Ebbene, ne La riffa già si mostro alquanto ignuda. Donandola peraltro a un attore bruttissimo che ebbe il privilegio di deflorarla nella finzione in modo volgare e irriverente, poco in linea col cortese romanticismo dei romanzi bretoni. Sebbene la sua bellezza, da fotomodella ancora molto in auge, allo zenit del suo splendore muliebre da Ginevra per ogni Re Artù e Lancillotto che l’avrebbe cornificato, potrebbe risultare troppo acerba a maschi della loro “Excalibur” poco erigente, essendo costoro solo dei patetici nerd troppo esigenti che finiranno soli e soltanto con una singolare tenzone da poveri cazzoni.

Cioè, una come Monica non la vedranno nemmeno nelle loro più fantasiose masturbazioni. Forza, tirate fuori… il fazzoletto e vai di detergente… Ah, solitarie eiaculazioni!

Andiamo avanti…

In Irréversible, Monica viene fottutamente sodomizzata ma tale scena potrà eccitare solo dei maniaci sessuali assai pervertiti. Poiché è disgustosa. In poche parole, viene stuprata. Dunque, è un nudo il suo, in tal caso, che sortisce un effetto contrario. Sì, se vi arrapate dinanzi a una donna violentata, siete malati di mente irreversibili.

E subito vi affiderei alle cure del suo ex storico, ovvero Vincent Cassel in versione Dobermann.

Anche in Malèna di Giuseppe Tornatore, eh sì, Monica abbondò di nudi integrali ma, vedasi il caso appena eccitato, no, sopra citato, pure in questo film fu a sangue brutalizzata. Diciamo, eufemisticamente, inchiappettata…

In Under Suspicion, Gene Hackman la protesse col suo potere da avvocato della minchia, come si suol dire. Ma, alla fine del film, tutti i protagonisti, chi più chi meno, furono metaforicamente inculati.

In tale film di Stephen Hopkins, Monica si chiama Chantal.

Chantal, nome che fa già sesso di suo. Con tante gocce di Chanel… Preston, una delle mie pornoattrici preferite di sempre. Chanel Preston, donna da Ali della libertà per ogni Freeman più dotato di Lex Steele, cioè io. L’unico uomo di quarant’anni ad avere, spesso, un viso più giovane di Jordi “El Niño Polla” e qualcosa di più consistente di John Holmes. Però, non ho ancora fatto sesso con Kendra Lust.

Spesso infatti divento scemo come Dougie Jones/Kyle MacLachlan di Twin Peaks: il ritorno.

Ora, già ve lo raccontai ma ve lo narro ancora. La mia prima ragazza fu una biondina come Naomi Watts e io, all’epoca, fui più andato col cervello, per l’appunto, di Dougie Jones.

Lei mi guardò mentre mangiai una tortina e, pregustando tutta la sua torta di mele, mi disse:

Lo sai che sei sexy?

 

In verità, lo sapete, la mia prima volta avvenne a Porretta Terme. Lei mi sverginò ma, alla fine del rapporto sessuale, rimase incantata e beatificata più della Vergine Immacolata.

Andiamo avanti, po… o dio!

Ne, il Patto dei lupi, la Bellucci ebbe un culo superiore alla mia prima ragazza. Sì, la mia prima ragazza ebbe un bel fondoschiena… ad avermi.

Io, amante di ogni Stallone di Nighthawks, considerato erroneamente misogino, invero investigatore di ogni sogno a occhi aperti e di ogni mio incubo da Rupert Everett. Sì, a differenza di Rupert, a cui Tiziano Sclavi s’ispirò per concepire fisicamente il suo Dylan Dog, non sono e giammai fui omosessuale.

Insomma, Anna Falchi ora ha la sua età. E Monica Bellucci è buona solo per Davdi Lynch. Geniale ma io credo poco genitale.

Di mio, scrivo ottimi libri poetici anche sensualmente romantici, torbidi ed erotici da Black Dahlia, a detta di tutti ho una voce che fa venire l’acquolina in bocca, ho degli occhi noir adatti a ogni donna fotogenicamente da boudoir.

Che cazzo volete di più?

Che io vada a consegnare le pizze?

Ecco, ve le offro pure gratis.

Ai maschi, solo in faccia, alla mia donna con tanto di olive piccanti.

Che c’entra Brandon Routh?

È meglio Brandon Lee.

E sapete che vi dico?

Quentin Tarantino mi ha proprio stufato. Che palle quelle sue teorie del cazzo da pre-finale di Kill Bill 2.

Oggi come oggi, gli è superiore Nicolas Winding Refn. L’unico capace di utilizzare una canzone melensa come Mandy, rendendola epica.

L’unico regista a essere un Prince come Aguilera del suo Too Old to Die Young.

Ché, quando il personaggio interpretato da Miles Teller esagera, lo scanna come un porco.

La stessa cosa che fece il grande Ryan Gosling di Drive. Però non solo al malcapitato e decapitato. A tutti in maniera sacrosanta e cazzuta.

Altro che Uma Thurman, Bruce Lee e stronzoni vari.

Ci vuole un Falò di superba annata, cioè tornato maledettamente bello e dannato.

Sì, nella vita ci sono gli erotomani e gli eroinomani. Di eroi veri, sinceramente, a parte il sottoscritto, ne vedo pochi.

Ci sono anche molte porche e speriamo che, dopo il Covid-19, riaprano totalmente Ken Park. Ove, chi non ti aspetteresti mai, eh sì, la lecca in primo piano a Maeve Quinlan.

Cazzo.

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di Stefano Faloticobrandon routh dylan dog

Martin Scorsese, il grande sconfitto della Notte degli Oscar, forse delle sue insonni, tormentate notti


11 Feb

fuori orario

Amici, vi do il benvenuto nel mio nuovo profilo. Che intende mantenere una linea piuttosto coerente con la mia anima noir. Che è una cosa ben diversa da anima nera.

Il noir mi entusiasma. Anni fa, pubblicai anche un libro intitolato Noir Nightmare, raccolta di racconti onirici intrecciati alla mia mente che, d’intersezioni sinaptiche, fra neologismi da me coniati persino fuori tempo massimo, allestì una silloge strana e bizzarra. Accordata alla mia anima romantica. Scrivendo termini come freneticità Che non esiste in italiano, si dice per l’esattezza frenesia. Ma freneticità mi diede il senso di movimentata malinconia mista a ilarità, di visionaria ebefrenia mescolata alla più avveniristica fantasia.

Si può dire invece ferocità al posto di ferocia. E forse nella mia prossima, letteraria copertina, chissà, sarà stampata e vertiginosamente si staglierà, in tutta la sua immensa bellezza statuaria, una donna di nome Elenoire.

Ah, già il nome Elenoire ricorda la dolcissima Lenore di uno dei massimi capolavori di Edgar Allan Poe, ovvero Il corvo. Da non confondere col film di Alex Proyas anche se, a ben vedere, il/la graphic novel da cui fu adattato il cult con Brandon Lee, eh già, non fu solo tratto da James O’Barr, bensì fu anche reminiscente della novella di Poe. La storia di un uomo oramai morto che non vuole più essere rinascente.

Poiché vivere davvero comporta rivivere emozioni che potrebbero, sì, tanto piacere, ma anche tanto dolere. Insomma, amare ancora la vita e non solo quella, potrebbe darti godimento, altresì potrebbe cagionarti altri gravi tormenti. E, ancora una volta deluso a morte, potresti impazzire e diventare un malato di mente. Per resistere al dolore della vita, dunque ai suoi (dis)piaceri.

Lo sa Bob De Niro di Nonno scatenato. Uomo stronzo ma anche molto colto che affascina la giovanissima Aubrey Plaza, eccitandola nel citarle proprio Lenore de Il corvo.

Sì, m’innamorai di De Niro dopo aver visto, in una galassia assai remota del mio aver già perso la luce dei giorni, giammai però sputtanandomi da perdigiorno, per la prima volta Taxi Driver.

Da lì non risorsi, anzi, ancora di più m’immalinconii nelle notti mie più torbide, assumendo nel quotidiano un’espressione accigliata e torva.

Furono notti da After Hours nelle quali, grazie al mio black humor proverbiale e unico, sdrammatizzai ogni mio senso di colpa da Nicolas Cage di Bringing Out the Dead, per l’appunto.

Nic, nel succitato film, si colpevolizzò oltremodo per non essere riuscito a salvare una ragazzina entrata in overdose. Di mio, divenni malato di complesso di colpa, malgrado in vita mia non mi sia mai drogato, tantomeno fui sottopagato. Spesso però da nessuno fui cagato. Cosicché, ingiustamente colpevolizzato, disintregrato e accusato di essere troppo un bravo ragazzo, molte malelingue credettero che mi sarei dato alla malavita, ammanicandomi ai Goodfellas. Che felloni questi qua che non amarono il mio essere falotico e mi considerarono, precocemente, un uomo già finito e fallito.

Godetti invece immensamente dei miei pleniluni ma fui spacciato per un solitario lupo.

A parte gli scherzi e la verità, poiché tale è e mi pare giusto non rinnegarla, bensì mi sembra davvero doveroso, oh sì, confessare ogni mio conflitto psicologico come Harvey Keitel di Mean Streets, mi parve anche abbastanza ovvio che The Irishman non vinse nessun Oscar. Non vi pare ovvio? Oggi, io vi paio un uomo? Non lo so, lo sapete voi.

Scorsese già, difatti, vinse per The Departed e l’Academy è da sempre restia a dare un secondo Oscar a distanza di poco più di un decennio. Infatti, Eastwood vinse la statuetta per Gli spietati e dovette aspettare circa quindici anni per rivincerla con Million Dollar Baby.

De Niro fu escluso dai candidati dei migliori attori protagonisti.

Al Pacino e Joe Pesci già vinsero. Pure lo sceneggiatore Steven Zaillian. Fra l’altro, ossessivamente vi consiglierò il suo splendido The Night Of. Il primo episodio è praticamente un incubo kafkiano alla After Hours unito a una storia simile, di errore giudiziario impressionante, a Richard Jewell.

Rodrigo Prieto, invece, bravissimo direttore della fotografia, può vantare nel suo carnet ben tre nomination agli Oscar ma, prima di vincere lo Zio, non solo Marty, dovrà ancora patire, carnalmente e non, come Andrew Garfield di Silence.

Ora, ribadisco che Scorsese sia attualmente il regista vivente con più candidature agli Oscar. Anche quello più ingiustamente, eccezione fatta per The Departed, come detto, di vittorie rimasto a secco.

Però voglio dirvi anche quanto segue. Sebbene inizialmente scrissi che The Irishman sia un capolavoro, rivedendolo più e più volte, con estrema e sofferente sincerità debbo ammettere che non lo è, assolutamente.

Rimane un gran bel film ma l’ultimo capolavoro di Scorsese resta Al di là della vita.

Mi pare che il mio discorso non faccia una grinza.

Più coerente di così, si muore.

O forse si rinasce.

 

di Stefano Falotico

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Festa del Cinema di Roma: s’inaugura col grande Ed Norton di MOTHERLESS BROOKLYN


16 Oct

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I segreti di una città…

Vai, Eddie.

Eh sì, Ed Norton, laureato a Yale, questo pezzo grosso di Hollywood dal viso spesso corrucciato, arrogantemente presuntuoso, questo bellimbusto alto quasi un metro e novanta che pare non invecchiare mai poiché forse è dotato d’una genetica cromosomica per la quale a cinquant’anni suonati, talvolta, sembra lo stesso ragazzo spaurito e fuori di zucca di Schegge di paura, presenterà a Roma, fra pochissime ore, la sua seconda prova registica dopo Tentazioni d’amore di circa un ventennio or sono.

Edward Norton è sempre stato uno dei miei attori preferiti. Sin dall’inizio o quasi. Credo che il primo film che vidi con lui protagonista fu American History X. Per la cui prova magnetica e magistrale fu giustamente candidato all’Oscar come migliore attore protagonista nell’anno in cui, a prescindere dal nostro tifo campanilistico per il piccolo diavolo nazional-popolare, fu per l’appunto battuto in maniera ingiusta da Roberto Benigni!

Un’ingiustizia. Poiché, con tutta la simpatia e la stima possibili da noi riserbate eternamente a Roberto, menestrello saltimbanco geniale e corrosivo, folle demonio ammantato d’infantile candidezza e innatamente, dannatamente dotato di gran cuore, quell’anno non avrebbe dovuto vincere lui l’Academy Award.

Bensì, Nick Nolte di Affliction. Ah ah. Sì, manco Norton.

Ora che, parafrasando l’incipit de Il nome della rosa di Umberto Eco, Nick Nolte è vegliardo e canuto, forse spesso solo in casa con una bianchissima canottiera macchiata solo da qualche goccia di caffè, bussate a tarda notte alla sua porta.

Nick è celebre per essere un misantropo. Quindi, può sicuramente darsi che, anche se busserete al suo uscio di casa con la stessa dolcezza d’un bambino nella notte di Halloween, lui non lo prenderà come uno scherzetto. E chiamerà la polizia, dopo avervi preso a sprangate ed essersi slacciato la cintura per frustarvi.

Ecco, dicevo… se riuscite a entrare nel suo ricco e lussuoso appartamento poiché, a prescindere dal fatto che Nick ami Kurt Vonnegut, profeta beat dell’antisistema, da tempo immemorabile è benissimo sistemato. Con tanto di pantofole vellutate e un variopinto, liscio foulard da Hugh Hefner.

Dicevo, se Nick vi farà accomodare, semmai servendovi pure un tè, abbiate il coraggio screanzato di fare il Michael Pitt di turno di Funny Games. Chiedendogli, proprio mentre Nick sta sorseggiando la calda bevanda, leccandosi i baffi e la barba incoltissima da uomo colto, quale sia l’uomo che odia di più sulla faccia del nostro pianeta.

Sì, è Benigni.

Nick, in modo poco benigno, se negli Stati Uniti danno in tv la replica di Daunbailò, urla inacidito e indiavolato come Giuliano Ferrara, augurando a Roberto la galera! Ah ah.

Vuole riempirlo di botte poiché da quella notte delle stelle, cazzo, Nick canta con Eduardo De Crescenzo:

perché io da quella sera non ho fatto più l’amore senza te.

Il te è rivolto all’Oscar rubatogli.

No, non voglio dire che da allora Nick non scopi, ci mancherebbe. Però, quando tromba sua moglie, finito l’atto sessuale, così come accade a molti uomini malinconici con forti rimpianti, estrae una sigaretta dal cassetto del comodino e, nel silenzio del buio profondo, bestemmia.

La stessa cosa che, con ogni probabilità, fa Edward Norton dopo aver amoreggiato caldamente con la sua attuale consorte, ovvero Shauna Robertson. In quanto Ed lo prese tre volte in culo agli Oscar.

Sì, fu candidato per i già succitati Schegge di paura e American History X. Entrambe le volte perse.

E, come dice il detto, non c’è due senza tre. Infatti, venne sconfitto anche per Birdman.

Comunque, non ha molto da lamentarsi il signor Ed. Prima di Shauna, un mezzo cesso, diciamocela, trascorse non solo un Dal tramonto all’alba con Salma Hayek, alias Satanico Pandemonium.

Corre voce anche che sia stato con Cameron Diaz, Drew Barrymore, Courtney Love ed Evan Rachel Bell.

Qui ci sta proprio l’espressione alla faccia dù caz’. Ah ah.

A differenza del suo personaggio in Motherless Brooklyn, non sono affatto affetto dalla sindrome di Tourette.

Sebbene debba ammettere che durante l’adolescenza soffrii di fobia sociale, di disturbo ossessivo compulsivo, di semi-schizofrenia con auto-idolatria e auto-inculata incorporata, soffrii di nevrosi, nevralgia, ipocondria e può anche essere di letargia con un sovrappiù d’afasica bulimia mista a pessima anoressia su stress che può distruggere ogni uomo sano di chiesa e chicchessia.

Qui qualcuno ha fatto lo stronzo.

Io so chi è ma me ne fotto.

Insomma…

 

di Stefano Falotico

Da bambino pensavo che sarei diventato Luke Skywalker, adesso sono indubbiamente Darth Vader


19 Jan

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Sì, non lascio oramai adito a dubbi, come si suol dire. Un uomo nerissimo, anzi noir.

Ecco, sono veramente stupido, no stupito di quello che è successo alla nostra umanità. Decerebrata, oramai andata.

Sì, dev’essere stata colpa dei Corn Flakes. Anche di quel gruppo metal di dementi, i Korn. In questa “colazione dei campioni”, lo so, vostro padre, saggio e moralizzatore, educatore ineccepibile, insomma Alec Guinness, vi diceva, dopo che li bagnavate nel latte e dopo qualche ruttino, dopo i vostri spassionati sorrisetti da ebeti: – Che la forza sia con te, figliolo. Crescerai sano e robusto e sempre tosto nell’arbusto. Sì, farai il mezzobusto, sarai giornalista seguito da milioni di rimbambiti che penderanno dalle fake news pronunciate dalla tua bocca ipocrita, tornerai a casa con un bel gruzzoletto. Accompagnando il dopocena nel far la scarpetta a una mogliettina in pantofole che saprà come rosolare la tua salsiccia dopo che berrai un buon vinello. E lo farete anche sul tinello, alla faccia dei coglioncelli.

Perché tu, ragazzo, giovane e forte, onore di questa nobile famiglia e dei suoi preziosi gioielli, terrai alto il casato e anche qualcos’altro, uscirai di casa sempre incravattato e ottimamente azzimato, da tante donne sarai corteggiato e, fra un gobbo e l’altro, mai t‘incupirai, prenderai per il culo quelli che giustamente mai questa vita capiranno, coi tuoi arditi insulti li offenderai e ingobbirai, altre te n’ingropperai mentre tua moglie, pensandoti in sala riunioni, berrà la grappa e non saprà mai che tu nel frattempo, mentre lei guarda Una giornata particolare, alla tua amante lo stai scolando ma non prenderai lo scolo perché da bravo scolaro hai imparato come tradir la somara con sane precauzioni. Attenzione, stai sempre accorto e allo stesso tempo lungo e dritto…

Sì, avrai una vita di sesso ardente e le amanti te lo ciucceranno come spaghetti al dente, darai fumo negli occhi e piglierai per i fondelli Pinocchio e Lucignolo nel mondo dei balocchi. Ah, mio cocco, tutte le cuccherai e poi, tornato a casa che sarai, una cioccolata calda scucchiaierai, ripetendo queste mie testuali parole a tuo figlio per crescerlo vigoroso e potente. Da uomo della RAI!

Questa è la vita.

No, non lo è.

La vita è vita. E finiamola con questi registi italiani orribili, patetici, con le loro storie risapute e sciapite, (s)fatte di amori lagnosi, di memorabili serate dimenticabilissime, di reumatismi esistenziali, di rimpianti, di giochi al rimpiattino e al pokerino, di amarcord cari diari. Ma che è ’sta roba? Ma quale Nuovo Cinema Paradiso e Splendor! Ma quale Mediterraneo e Nirvana! Salvatores? Meglio Salvatore, pizzaiolo che preferisce il caffè della Nespresso a Marrakech Express, non si cura mai i Denti e rimarrà puro come mamma l’ha fatto, senza corrompersi come Abatantuono di Io non ho paura.

E che ne sa Gabriele dell’Educazione siberiana e di ragazzi invisibili?

Sì, io più che invisibile son stato spesso inviso, soffrii di Amnèsia e così sia. Amen. Basta, non me la menate, me lo meno da solo e, se non la finisci, ancor ti menerò.

Eh, poi abbiamo quell’altro troione da trattorie, Tornatore. Uno che ha sempre sbavato per Monica Bellucci, come tutti d’altronde, ma lei non gliela dava e allora l’ha santificata e allo stesso temp(i)o sputtanata, cornificata e prostituita in Malèna.

Rispeditelo a Baarìa quest’uomo delle stelle. Sì, dalle stelle alle stalle. Ah, non si può? Ma sì che si può, vedrete, è solo una pura formalità. Coi soldi che s’è fatto, troverà un appartamentino nella sua città natia.

Se non troverà casa, buttatelo in mare. Glielo do io La leggenda del pianista sull’oceanoMorirà affogato. I suoi amici e parenti, non sentendolo da mesi, chiameranno a casa sua, chiedendo alla sua badante:

– Stanno tutti bene?

E lei: – Sì, perché usate il plurale? Noi stiamo bene, solo Giuseppe è morto. Fra l’altro, forse è meglio il remake di Kirk Jones con De Niro.

– Cosa?! È morto? Maledetta! Sei stata tu ad ammazzarlo. Lo sapevo. Beppe non doveva assumere una sconosciuta.

– Sì, son stata io ad affogarlo. Un suo nemico, forse Sorrentino o forse Virzì, mi ha pagato bene. È stata la migliore offerta. Adesso, mi scusi, devo vedere il Papa.

– Il mandante dell’assassinio è stato un camorrista?

– No, un camionista.

 

Insomma, basta con questi De Sica, sia Vittorio che Christian, con questi falsi cristiani, Cristo santo!

Basta con Avati Pupi e il pupone, con Fellini e tutti questi felloni. Con questi femminoni e con questi principini, con Visconti e il Conte di Cavour, basta anche con Pasolini con la sua mania per i pisellini, ché poi, avendo questo vizietto, voleva spacciarsi per diverso, facendo l’intellettuale appunto del cazzo, basta con Moretti e tutte queste morette, basta un po’ con tutto.

Tutto, tutto è un tragico lutto.

Vogliamo un Cinema cazzuto, falotico, pornografico, erotico, psicopatico, una bella botta allo stomaco.

Un Cinema mozzafiato da rendere asmatica ogni vostra illusione alla Respiro di Crialese. Quella Golino è matta, il Falotico invece è proprio un’anima nera.

Ma che sono questi psicologi? Ti offrono la caramella e si pigliano le parcelle per poi andar con le porcelle.

Abbiamo bisogno di una storia devastante come un libro di James Ellroy.

Sì, un Cinema di troie, di bagasce e di asce, di femme fatali bastarde piene di lardo, di poliziotti lerci e guerci, di giustizie ribaltate e fottute, di battone spione, d’idioti asserviti al sistema inculati.

Abbiamo bisogno di una furia scatenata.

Che distrugga tutte le certezze del vostro mondo di frittate.

Trombate questo sesso borghese corroborato di amori da canzonette, di pietismi e compassionevoli sguardi, di competizioni e gare non solo scolastiche ma perfino sciistiche, di slalom e trabocchetti, di ricatti e proibizionismi, di religioni a vostra immagine e somiglianza, di bugie, d’imbrogli e sotterfugi, insomma d’idiozie. Di cretini e di scimuniti.

E ben vi sta!

Come una manna caduta del cielo. Mannaggia, puttana la madonna, evviva il lupo mannaro.

Al che, Skywalker mi sferra contro la spada laser. Se la ficcasse in mezzo ai suoi occhi da tonto. La Regina, peraltro schiattata, ma non quella d’Inghilterra che ha quasi cento anni e continua a grattarsela a Buckingham Palace, lo sognerà, modellando il suo vaso di terracotta, ascoltando melodie imbecilli da Ghost e ricordando i tempi dolci di quella lor ricotta.

Il mondo è sempre stato questo. Una gioia, un dolore, una disgrazia, amori sognati, toccati, spezzati e una musichetta per le mezze calzette.

E non voglio sentire altre falsità.

Ah ah!

 

Sì, siete come Don Rodrigo. Vi è piaciuto fare i signorotti arroganti? Sì, non sopportavate l’idea che quella passerona di Lucia venisse scopata da Renzo. Uno troppo sempliciotto per poter meritarsela e far sì che lei si maritasse con uno stolto del genere. Uno da maritozzi!

Allora, volevate rovinare la vita di Renzo, castrando i suoi sogni romantici o forse tagliandogli l’uccello.

Soltanto quando, in punto di morte, afflitti dal male impietoso e terribile della peste, tremando nel letto, avete meditato su tutte le vostre porcate e, prima di schiattare come maiali, avete fatto il pianto del coccodrillo. Finalmente riconoscendo l’orrore della vostra vita da stronzi mandrilli.

È la stessa cosa che capiterà a Salvini e ai fascisti. Sì, vi è andata fin ad ora molto bene. E allora non tollerate chi propone visioni alternative del mondo. E lo ricattate, dicendogli: – Ah, se sei sfigato è perché te lo sei cercato. E non ti sei mai davvero impegnato. Hai sbagliato. Quindi, arrangiati.

Sì, quando ci si trastulla nei privilegi intoccabili, ogni sofferenza e urlo di rabbia altrui lo spacciate per demenza. E ridete, ridete, ridete di grana grossa.

Poi, un bel giorno, vi capita ’na tragedia. Soltanto allora, dopo che perpetraste abomini e discriminaste chiunque con retoriche ricattatorie, comincerete a osservare la vita da un altro punto di vista.

Sì, immagino… adesso è tutto finito, vero? Tutte le vostre ambizioni, le vostre leziose lezioni da maestrini sono finite nel cesso.

E le vostre giornate trascorreranno nel ricordo malinconico di tutto quello che poteva essere e non sarà mai più.

Sì, vi ricordate quelli che reputavano la depressione una malattia immaginaria, un’ipocondria della gente limitata? Che dicevano: – No, lamentarsi non serve, non esistono sofferenze psichiche ma solo quelle fisiche. Voglio vedere se ti piglia, domani, un Cancro e ti rimane poco da vivere, come ti verrà subito il pepe al culo e voglia di far baldoria. Invece, stai lì, melanconico e mi fai ‘na tristezza immensa, povero idiota.

I tuoi, bello mio, sono solo sofismi. Solo inutile piangersi addosso. La vita ha una sola verità. Cioè quella che non esistono altre possibilità. Se soffri, significa che non sai adattarti, che hai dei limiti e fai dei tuoi limiti un fortilizio alla tua limitatezza. Crogiolandoti nel piagnisteo, nella metafisica idiota, nella spiritualità superflua.

Ora et labora e vedrai come la gente ti vorrà un mucchio di bene.

Invece, continua a dire la verità, ché io so ch’è la verità ma non si può dire, per carità, e ti strapperò le palle.

Avanti.

 

 

 

di Stefano Falotico

Il mio capolavoro letterario, “Noir Nightmare”


26 Dec

 Il “martire” Santo Stefano martella ora gli invidiosi e invita codesti vili a presentarsi l’8 Gennaio in quel di Roma ove rifulgerò

Prefazione “dolcetta” di onomastico a chi masticherà il proprio fegato, un po’ spappolato di stesse “palle” che ho tumefatto

In Questo Giorno castissimo di dolci baci e affetto sincero, ho pensato… perché non recapitare un “presente”, regal adorabile, dorato come il firmamento stellato sotto il qual nacque proprio ieri il Re, al nostro demiurgo, che ringrazio dal più profondo e sentito dell’anima?

Discrepanze dovute all’anagrafe della mia maturità, che non tollerò il pregiudizio ostinato “a pelle” di gente nella sua marcescenza, m’induce a rivolgermi accorato a te, figliol prodigo e illuminato d’egregia signorilità che merita le più altisonanti lodi e l’incenso mirabile della mirra, prostrata (prostata?) d’immane inchino perché genuflesso a cotanto uomo dotto, dispensator acuto di consigli davvero ammirevoli. Il “salvatore” che mai sfuma i contorni e adorna il grigiore d’euforia così “colorata” e “allegra?”.

Dunque, sebbene le lontananze han separato i destini in-crociati (forse delle dita di coloro a cui soverchiai le ottuse regole “castranti”) delle nostre vite, amico intimo e (in)fine d’affinità elettiva come Stanley Kubrick che incontra un “lord(o)” orchetto da parchetti alla Larry Clark, voglio donarti il promemoria che possa risplender di Luce enigmatica in quest’ignote nostre notti, tanto abbagliate da crocevia furfanti dietro “furbe” macchinazioni quanto me rigenerato e suadentemente abbacinato dopo i veleni della letargia che ne “silenziò” la voce, perché taciuta del peggior tacciarla.

Un rintocco ch’albeggia dopo questo fresco Natale, rinnovato nella rugiada nevosa di tal città “ardimentosa” dagli svelti “bombardamenti” cagionati dalla “superba visione oltre” delle deduzioni spicciole come la previsione meteorologica che aveva previsto “serena inquietudine” e fu invece travolta da una valanga a sommergere ogni altro scalfir la roccia indelebile d’un Uomo vertiginoso, al di là del mero e misero materialismo “forte”, Mida del suo “eremitaggio” vaga-Bond-o fra i tonti che invece gusteranno irresponsabili e “incolpevoli” le fette di torta im-bandite di frivolezza e carnale golosità.
Madornali precipitosità, uh che “precipitazione”, quanto l’attesa delusione invece sorprendentemente elusa dai più inaspettati colpi geniali.

Sì, una società, mio caro, che soffre alla radice delle psicosi più schizofreniche, ove ragazzini balordi, che avran sfogliato tre pagine di manualetti mentre “arrotolavano” le “ambizioni e-rette (rettili?) fumanti”, si professan già professori e minano le pacatezze altrui col più arrogante disprezzo semplice semplice che non calcolò altra più sofisticata raffinatezza, e vollero spaccar la sua elevata, spiccata coscienza per il deliro ad a-gogna-r il brado rimpicciolirla a immagine e somiglianza del più indecoroso lor sdegno. Ragazzini che vivono d’apparenze e maschere assai “notevoli” e “notarili”, a cui vien concesso il lusso di (cal)pestar le dignità del prossimo con l’abuso dei soprusi più illeciti.

Tu amico, mi conosci e sai ove costoro han mostruosamente sbagliato. Un errore imperdonabile, partorito dalla demenza “genetica” di genitori “perfetti” e soprattutto estranei, che han la licenza gratuita d’incendiare le libertà giovanili perché “infastiditi” dalle (s)manie.
Ed ecco che vedon maniaci dappertutto, imbrattano, infangano e spesso affondano, abbattendo le riscaturite nascite. Cristologiche o buddhiste.

Ma, talora, il teorema si scontra davvero con un Dio, e il loro pianto è “commovente” come il faraone egizio annichilito e implorante pietà dinanzi a un biblico “spartiacque” Mosè nella sua vendetta appunto divina.

Proprio suo “fratello”. Tanto osteggiato, tanto di “burle” schernito dal “dotato” che lo spodestò con classe mastodontica a ribaltarne la “sovranità”.

Dunque, carissimo mio consanguineo, sarai felice d’esserti estratto anche tu da questi immondi scempi della massa scema e, assieme al sottoscritto, brinderesti a Roma, la Capitale di Michelangelo, il “nightmare” più “bianco?”.

Buon Natale, dolce mio…, augurio in ritardo…, festeggia Stefano e non la befana di tua madre.

Un bel carosello e un “carrello”. I carri dei falsi vincitori non mi son mai garbati.

Ora, tal cavaliere oscuro, (in)dimenticato, balza qui in piedi, miei detrattori, miei ratti col rastrello e miei adoratori giusti:

Vi rinnovo a venir in massa a Roma in data 8 Gennaio.

Ché do io, adesso a voi, un sereno calcio in culo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

    1.  Dalla Cina con furore (1972)
    2.  Lionheart – Scommessa vincente (1990)
    3. Over the Top (1987)
    4.  Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno (2012)

Marilyn Monroe – 50Th Anniversary


05 Aug

 

Scocca il 5 Agosto, ed è il cinquantesimo anniversario di Marilyn Monroe.

La rear window End User, il nostro gestore, mi contatta privatamente perché diffonda l’esclusiva “certezza”, attestata da People, secondo cui, sarebbe proprio vero, con tanto di prove, che la Monroe si suicidò.

Dobbiamo credere a People?

 

The story made headlines around the globe: Marilyn Monroe, the world’s most celebrated starlet, had apparently committed suicide. 

 

But many who knew her didn’t believe she’d take her own life, and as the 50th anniversary of her death at age 36 approaches, her tragic end remains shrouded in mystery.

 

In the new issue of PEOPLE, guest writer J.I. Baker – author of The Empty Glass, a new murder thriller based on her death – uses his research and fresh reporting to explore the truth.

A Mysterious Death

On August 5, 1962, Monroe was found dead in the bedroom of her Brentwood hacienda.

 

Toxicology reports showed high levels of Nembutal and chloral hydrate in her bloodstream, and her death was ruled a “probable suicide.” But why wasn’t her body turned over to medical examiners for more than five hours after it was discovered?

 

Forensic pathologist Cyril Wecht tells PEOPLE he has “a strong suspicion she might have been injected,” given the lack of pill residue found in her stomach – but by whom?

 

Why did not-yet-tested tissue samples go missing, along with Monroe’s phone records? And were Jack and Bobby Kennedy, with whom she was rumored to have had affairs, involved?

 

For more questions and answers surrounding Monroe’s mysterious death, pick up the latest issue of PEOPLE, on newsstands Friday.

 

Quale occasione migliore per questo “diario?”.

 

Marilyn, mito inossidabile d’immarcescibili “ossigeni” anche metacinematografici.

A imbiondarci, come la platinata sua chioma schiumosa, di fiammeggiante eternità.

Eterea, perché solo e mai più Lei.

 

 

5 Agosto 1962, uno dei giorni più scioccanti per il Mondo, la sua morte.

 

Oramai, ci siamo tutti “wikipediazzati”, e quindi ne estrarremo proprio tal “memoriale”:

 

Le circostanze della sua prematura morte, dovuta a un’overdose di barbiturici, sono state oggetto di numerose congetture, sebbene il suo decesso sia ufficialmente classificato come “probabile suicidio”. La successiva sparizione di tracce e documenti dalla casa dell’attrice, dove sembra fosse stato anche Bob Kennedy la sera della morte, nonché innumerevoli omissioni e varie incongruenze nelle dichiarazioni dei testimoni e nel referto autoptico, hanno dato adito a molteplici dubbi sugli eventi di quella notte. Tra le varie versioni formulate, la più plausibile vede ipotizzata la complicità dei Kennedy, che vedevano in Monroe, dettasi pronta a dichiarare pubblicamente le loro relazioni con lei, una minaccia per la loro carriera politica.

 

“Sfogliacchiando” questo raggelante “reportage“, mi balza alla mente, angosciandomi, la Dalia Nera, fonte d’ispirazione letteraria, in primis James Ellroy col suo capolavoro macabrissimo, e l’omonimo film d’un incompreso Brian De Palma.

 

Come Dalia, forse, una “vergine” santa ma prostituita alla seduzione del Potere, ch’ella stessa seduceva in ammalianti pose ammiccanti d’impudiche esibizioni sensuali di dolcezza.

 

Il suo cadavere, un terrificante mistero che continua ad affascinare, irrisolto, su cui fantasticare e inventarsi più e più storie. Stessa sorte ingrata affiliata a molti eterni, leggendari, immortalati d’icona ancor più maliarda e invincibilissima nella forza evocatrice, appunto, dell’immortalità di chi è asceso nel Paradiso degli dei.

 

Marilyn, forse non so, non una grande attrice, ma perfetta per la società puritana dell’America sull’orlo delle rivoluzioni sessuali, mangiauomini che ossessionava sol sbirciando di occhi pittati, d’uno Sguardo malizioso travestito da ingenuità bambina. Di svolazzanti gonne per un vedo-non vedo ipocrita, accaldato, guardone, “mansueto” e incantato dalla sua pelle di pesco.

 

Culto infinito d’intere generazioni, pietra di paragone, tutt’ora, per qualsiasi Donna che voglia varcar la soglia della reggia splendente ove aleggiano le divinità intoccabili.

Incarnazione femminea d’ogni podio conturbantemente enigmatico. Impercettibile come un fantasma erotico d’abbagliante splendore, di suo sangue bianco e lucente nelle nostre vene.

 

Così, immagino lo scrupoloso, maniacale e perfezionista J. Edgar, in un’apparizione contemporanea del suo fiuto da tartufo, a gironzolar in macchina per Los Angeles, salire su Mulholland Drive, toccare, timido, le scale del desiderio, entrar “di sottecchi” nella proprietà privatissima della limpida villa di Marilyn, e ammirarla, con gli occhi languidi, perdutamente innamorati, mentre “danza” delfina nella sua ultima doccia.

 

Nuda, si avvicina a J. Edgar, lo bacia e gli consegna la “dinamica”-dinamite della sua morte.

 

Edgar annota sul taccuino l’allucinante, inconcepibile retroscena, spaventoso, glacialissimo.

Poi, la saluta, porgendole un occhiolino color benedizione.

Sale sulla sua cabrio, ingrana malinconicamente la marcia, si ferma vicino al “dirupo” della collina dei sogni, brucia una sigaretta amara tra i bagliori ardenti del sottostante panorama liquido di gorgoglii brillantemente artificiali, e “lancia” al vento la verità.

 

Incamminandosi nel noir omertoso di chi troppo ama la Bellezza per sporcarla…

 

E, con una smorfia corrugantemente (ir)ridente, svanisce nel traffico del Mondo, come Lei.

 

 

A 50 anni dalla misteriosa morte, Stefano Falotico “formula”, non solo le ipotesi, ma un suo lynchiano video inquietante “dietro le quinte”.

 

E sbirciamo anche un “Noir Nightmare…”.

 

(Stefano Falotico)

Un capolavoro…, “smemorato”, dimenticato, “demoniaco”


02 May

 

Dopo molte, o alcune, anche in laguna con qualche lacuna, recensioni “stilografiche”, nere, ridicoline, coi numeretti sovraimpressi o le cifrine, ho deciso d’inaugurare una nuova “categoria”, partendo con la recensione luciferina di Angel Heart.

Datata 23 Novembre del 2010
È passato un po’, ma son andato a cercarla.
Chissà com’ero all’epoca. Si cambia e mutan le opinioni, così come l’anima.
Stati d’animo, ipocondria, buongiorno o buonanotte.
Preferibilmente, me stesso.


La tua anima è mia

 

Film capolavoro di Alan Parker, sottovalutato dalla redazione di “FilmTv” che ha preso un enorme abbaglio.

Immerso in una New Orleans anni ’50, è un thriller per antonomasia da anni ’80. Un noir notturno, fra riti voodoo e immagini esoteriche, ventole che girano e “trucidi” omicidi con cadaveri squartati, in un’indagine detection in linea con l’ambientazione, lagrima sangue dalle pareti (tanto che la scena di sesso “sanguigna” fra Rourke e la Bonet viene puntualmente sforbiciata nei passaggi televisivi), per approdare allo “sconvolgente” finale in cui precipitiamo all’Inferno. In qualche modo, Parker anticipa il Cinema a venire, già magmatico nella languida pacatezza d’immagini contorte, già precursore della tendenza onirica che “ossigenerà” molte pellicole posteriori.
Chi è Johnny Favorite e chi è questo misterioso personaggio vestito di nero con la risata melliflua di un De Niro glaciale, sinuoso, pietrificato nella sua smorfia da gatto che coglierà la sua preda?
Un plauso a Mickey Rourke, perfetto per il ruolo, cast di facce giuste come si dice in questi casi, dalla luminosa presenza di quell’astro nascente mai nato di Lisa Bonet alla solita perturbante Donna senza Tempo di nome Charlotte Rampling.
De Niro, apparizione memorabile che rimane impressa nonostante il finale un po’ grottesco con tanto di occhi “iniettati” di “diavoleria”.

Ho svelato troppo? Guardatelo.

(Stefano Falotico)

 

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