Finalmente, è uscito Tenet.
E, a ragion veduta, lo stronco in quanto posso giudicarlo obiettivamente dopo averlo visto in sala?
No, non l’ho ancora visto e penso che lo guarderò in streaming fra un’Insomnia e sicuramente una racchia come Hilary Swank che mi tormenterà come Robin Williams del film suddetto, praticandomi stalking al fine di corteggiarmi? No, di risvegliare la mia migliore rabbia alla Pacino. M’indurrà a una recitazione dal sublime manierismo à la Quel pomeriggio di un giorno da cani.
Cerchiamo d’ironizzare un po’ sulle star ché, con l’avvento di Instagram, siamo passati dal divismo delle celebrità d’oltreoceano di Hollywood all’esaltazione narcisistica di sé stessi esposti a mo’ di macelleria da catalogo Postalmarket. Sì, siamo passati dalle vendite per corrispondenza dei propri corpi edonistici esibiti per un puttanesimo collettivo da Cinema maggiormente morboso di Paul Schrader, ah ah, alla verità dei falli, no, dei fatti. Basta. Un tempo, erano le donne a farsi cagare, eh sì, facendosi anche catalogare come merce, dandosi alla mercé del virile, più che altro pervertito sguardo da voyeur del maschio falso italiano che voleva essere bello come Richard Gere ma avrebbe poi perfino permesso a sua madre di prostituirsi con Woody Harrelson di The Walker, con James Deen di The Canyons o semplicemente del James Deen normale, pur di avere una vita da Hardcore, da uomo però agli antipodi rispetto a George C. Scott del film appena eccitato, no, citatovi, cioè da libertino in zona schiettamente pavoneggiante il suo sfrontato e svergognato Amerigan Gigolo senza fronzoli.
A proposito, che significa la mia frase… James Deen normale? Mi riferisco al James scritto as Dean, ovvero quello de La valle dell’Eden, Gioventù bruciata e Il gigante, oppure a colui che, con le pornoattrici, non solo americane, sempre ce l’aveva e ha duro e dritto?
Ci vuole chiarezza, dobbiamo ritornare a una primigenia nudità e lindissima purezza anche se abbiamo la nostra età e faremmo onestamente ridere i polli se ci vestissimo alla maniera anagraficamente regressiva di bebè da Prénatal. In verità vi dico che anche Ethan Hawke, nel finale di First Reformed, un film enormemente sopravvalutato, risultò più patetico di Richard Chamberlain di Uccelli di rovo.
La società di oggi è divenuta un carnaio ove le persone si scannano come maiali in lotte al massacro, soprattutto fi(si)co, spappolandosi i feti, le feci, no i fegati, da Carnage. Polanski fu esperto di jeu de massacre e sa ancora che tutta questa farsa, no, falsa, svenduta joie de vivre è più mostruosa dello stupro e dell’omicidio compiuto ai danni della sua ex moglie, Sharon Tate, nell’eccidio di Cielo Drive.
Sì, C’era una volta a… Hollywood è un brutto film. Non si può reinventare, in maniera dolcificante e a mo’ di consolatoria elegia nostalgica, una disgrazia irripetibile come quella vissuta, anzi, per fortuna non vista dal vivo eppur per sempre, sino alla morte, penetrata indelebilmente nel tormentato vissuto di un Roman eternamente distrutto. Un uomo che ha dovuto compensare un abominio del genere, reinventando, lui sì, sé stesso e la storia della sua vita e della sua, purtroppo, irreversibilmente magnifica storia d’amore così vigliaccamente e schifosamente trucidata immoralmente. In modo immensamente repellente, mortale. Dunque è giusto fare i pagliacci quando nell’anima si viene ammazzati come (in) Joker. Poiché, essersi attenuti al rispetto del prossimo anche più bastardo, permise a quest’ultimo di prendersi gioco della buona fede di chi forse, un tempo, credette in dio ma, adirato a morte a causa d’idioti adoratori del demonio, cioè dei malati di mente peggiori di Frank Langella de La nona porta, è ora più cattivo di Charles Manson.
Hilary Swank… Lei, un maschiaccio da Boys Don’t Cry che frequentò già uomini vecchi come Clint Eastwood di Million Dollar Baby, cioè gli unici che potessero minimamente incoraggiarla in quanto, sebbene fossero già anzianotti, perciò dando gli ultimi colpi, come si suol dire, con questa bruttona non gliela poterono fare neanche se avessero dissotterrato l’ascia di guerra come in Gran Torino.
Infervorandosi accalorati come lo stesso Pacino di Scent of a Woman dinanzi a un’ingiustizia delle più atroci che madre natura potesse concepire. Una diavoleria agghiacciante come in Rosemary’s Baby.
Ah, la vita è un parto funesto, nefasto oppure da patto faustiano. Bisogna vendere l’anima difatti al diavolo pur non di vendere il culo sui viali.
Insomma, basterebbe che rileggeste le mie ultime dieci righe per capire che, se reputate Tarantino un genio come sceneggiatore, io forse sono il Salvatore… di Nicolas Cage di Al di là della vita.
Ah, che strazio carnale ch’è la vita e L’ultima tentazione di Cristo, eh sì, docet.
Come può essere invece spiazzante il Cinema di Scorsese. Capace di passare dagli script d’un sofferto Schrader da Toro scatenato e Taxi Driver, a un Jay Cocks che allestì, da writer, L’età dell’innocenza, Gangs of New York e Silence.
E ho detto tutto.
In Black Dahlia, comunque, la Swank riuscì a essere sexy. Sì, semplicemente perché il genio di De Palma riuscì a farci credere che Hilary fosse, a volte, Scarlett Johansson sdoppiatasi nell’hitchcockiana Kim Novak de La donna che visse due volte su Femme Fatale alla Rebecca Romijn.
Una come la Swank, nella vita, aveva e ha, eh già, Oscar a prescindere, due possibilità per farcela e riuscire soprattutto a farsi qualcuno. Ho scritto qualcuno. Per farsi e basta, bastava che si facesse e faccia un produttore che le desse e dia la sua dose da Marcellus Wallace. Ma per cortesia!
Cioè interpretare, per l’appunto, la parte della dark lady che poteva, grazie alla sessuale virtù tenebrosa del recitare la bella statuina da Academy Award della minchia, tirandosela da pupa probabilmente del gangster Harvey Weinstein, ammantarsi di un vago fascino da Marlene Dietrich dei cog… i.
Sì, sono cinico come Orson Welles de L’Infernale Quinlan. E so che l’Orson de Il terzo uomo non era un orso, bensì avrebbe odiato i film buonisti come The Bear di Annaud.
Quando si suol dire… ah, un Orso(n) d’annata.
Di mio, invero, non amo molto Pattinson. Forse, Robert fu amato però da Kristen Stewart. Donna magnifica da fottere in culo. Seduta stante di standing ovation in “eiaculation” che celebri la sua celebrità in modo però non celere. Sì, bisogna gustarsela senza venire subito al sodo. Cristo della Madonna, Kristen è anche una bravissima performer. Prestazione straordinaria, interpretazione super brillante come un orgasmo con lei, oserei dire, eh sì, spumeggiante!
Sicuramente, amai e amo ancora molto Robert De Niro ma De Niro non sa neppure chi io sia.
Mentre De Niro e Pattinson avrebbero dovuto girare assieme, qualche anno fa, Idol’s Eye. Film mai realizzato di Olivier Assayas. Film nel cui cast doveva esservi anche Rachel Weisz.
Colei che, potremmo dire, rappresenta l’antitesi della Swank. Sì, Rachel è figa, Hilary è più esteticamente improponibile del Pinguino/Colin Farrell di The Batman.
Di mio, invece, sino a un anno fa pensai di essere un cretino. Invece, repetita juvant, forse sono più bravo di Tarantino.
Con la sottilissima differenza che lui è molto meno bello di Pattinson ma più ricco di Roman Polanski.
Dunque, sono troppo stanco per credere alla balla secondo cui, solamente perché Pattinson ha/abbia lavorato con grandi registi, sia il nuovo De Niro.
Sapete, io non ho gusto. Secondo me, il capolavoro dei fratelli Safdie non è Diamanti grezzi, io invece sono assai grezzo e amo maggiormente, quindi, i film “sporchi” come Good Time.
E devo dirvi la verità, il ritornello di Ghali, per l’appunto, voglio stare in good time, non è male né per tamarri.
Io voglio morire in sala, no, in santa pace perché incontrai, lungo il mio cammino da peccatore, molti porcellini ma tiferò sempre per Ezechiele Lupo e per il versetto Ezechiele 25:17 recitato da dio da un Samuel L. Jackson al massimo storico:
«Ezechiele 25,17. Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che, nel nome della carità e della buona volontà, conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.».
Jackson fu, in tal caso, doppiato da Luca Ward.
Uno che deve essere fissato coi personaggi vendicativi. Il gladiatore insegna, miei porci, no, proci. No, miei prodi!
Io, a differenza dei pazzi, perdono e assolvo i pazzi stessi e non credo alla balla rifilatami da una donna, semmai benevolente e in vena di tirarmelo, no, di tirarmi su. La quale, pur di essere consolata dalla sua vita grama, mi dice che assomigli(o) a Robert Pattinson.
E che sia identico a De Niro.
Purtroppo, è vero. Ah ah.
Ma, il 13 Settembre prossimo e alle porte, compirò 41 anni.
Sono troppo intelligente per credere che io non sia, ahimè, Nicolas Cage di Via da Las Vegas.
Molta gente, di questi tempi, mi sta attaccando su tutti i fronti.
Urlandomi che sia diventato un debosciato ad andare in giro a fare il John Belushi di The Blues Brothers.
Non è autocommiserazione né patetismo.
Chi conosce la mia storia, se fosse stato al posto mio, si sarebbe già suicidato.
Mi pare dunque giusto che muoia lentamente da uomo dal cuore di un bambino Arthur Rimbaud che crede, come in Twilight, ancora ai vampiri e agli idoli.
Penso che i bambini di Satana, guidati da Marco Dimitri, fossero dei maniaci e penso che l’Italia sia un Paese di catto-borghesi più falsi di quelli che ora, dopo aver visto Tenet e il trailer di The Batman, gridano che Pattinson sia un grande ma domani, invece, quando io sarà morto, diranno che io stesso fui un grande ma non fecero nulla per evitare che non fossi nessuno.
Questa è la vita? No, questa è una tragedia.
Comunque, me ne fotto. Sono cazzi amari. Sì, sono camaleontico come Robert, Robert De Niro e non ci sono cazzi per nessuno. Per la mia lei, sì, di glande alla grande. Fottetevi, altrimenti v’inculo.
di Stefano Falotico