Sì, C’era una volta a Hollywood ha lasciato assai perplessa la nostra Critica mentre negli Stati Uniti, ma anche altrove, quasi tutti sono andati in brodo di giuggiole, lanciandosi in lodi sperticate.
Dove sta la verità e dove pende l’ago della bilancia?
Pare che un maestro dell’intellighenzia nostrana, Anton Giulio Onofri, detto appunto AGO dalle sue iniziali, nella sua recensione su Close-Up, non abbia il benché minimo dubbio che l’opus numero nove del Tarantino sia un capolavoro.
Sul serio, non si può dirvi di più. Se non un’ultima cosa, questa sì: che Once Upon A Time In Hollywood, come pochissimi altri film di ogni epoca (e i primi a venire in mente sono Brigadoon di Vincente Minnelli e La Finestra Sul Cortile di Hitchcock), ‘dice’ una delle cose più belle che siano mai state dette del cinema dal cinema. Basta. Stop. Cut.
D’altronde Onofri crede fermamente che Tarantino non abbia mai sbagliato una sola pellicola. Anzi, lo magnifica, dicendo addirittura che tutte le sue opere sono indiscutibili capidopera di un Cinema sempre profetico e più avanti rispetto a quello di tutti gli altri.
Ci siamo attaccati leggermente su Facebook. Io gli ho detto che il Cinema di Tarantino m’interessa, ora come ora, assai pochino e lui mi ha definito gratuitamente uno scemino.
Riconfermando la dolce offesa con protervia da Gene Hackman de La giuria.
No, non me la sono presa. Ma non mi ha persuaso, no, per niente.
E poi avrò da dirvi in merito alle manipolazioni che, sin dalle mie prime fasi adolescenziali, ho subito da gente che si credeva più cresciuta di me.
Mereghetti giustamente ha scritto questo: «Ne vale la pena? Senza esitazioni rispondo “no”, con buona pace dei tarantiniani pronti ad applaudire comunque, ovunque e semprunque il loro idolo». Secondo Mereghetti, «Tarantino si è concesso il lusso (onanistico?) di rifare intere sequenze dei suoi amati film di serie B» e ha scritto che gran parte di quel che c’è nel film serve solo a costruire «l’auto-monumento di un regista convinto di potersi permettere qualsiasi cosa a cominciare da una cosa che arriva solo nell’ultima mezz’ora, e che cerca una complicità a senso unico: quella dell’adoratore muto e devoto».
La parola SEMPRUNQUE non è male. Mereghetti ha assegnato una misera stelletta e mezzo al film di Tarantino e io invece do un voto di simpatia, stavolta a Paolo. Il quale per una buona volta si è lasciato andare a un’espressione da mangia-spaghetti, non so se western. Visto che non gli piace Sergio Leone.
Pure Natalia Aspesi ha definito il film di Tarantino una boiata. Odiandolo per il suo efferato maschilismo.
Molti anni fa io invece dissi: Natalia Aspesi è donna che va ogni mattina a far la spesa. Poi tira su di pesi e pensa: quanto m’è pesata questa fatica ma i soldi ben spesi rendono la donna meno sospesa.
No, non soppesai molto la presa per il culo.
Di mio, che posso dirvi?
Tarantino si fa oramai le seghe e s’imbroda. Tanto s’è sposato con questa Daniella. Un mezzo cesso. Meglio tirarsela…
Intanto, qualcuno su YouTube cerca ancora di farmi capire come si sta al mondo, cacciandomi pistolotti moralistici degni della peggiore Inquisizione. Gli do ragione, dicendomi che incontrerò una brava ragazza con cui stare abbracciato e poi, cinque minuti dopo, mi guardo un porno.
Sì, non mi lascio più condizionare dai capoccia. E ora prendo la macchina e gigioneggio nel traffico.
Se volete fare le donnette, vi guardo così:
Mi farete il culo ma me ne fotto.
Sì, una volta una era innamorata di me:
– Stronzo di merda, secondo me tu mi hai tradito con quella lì, vero?
– No, non è vero.
– Ah, scusami. Avevo pensato male.
– Infatti, non ti ho tradito con quella. Ti ho tradito con tutte quelle dentro questo locale.
di Stefano Falotico