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I registi che non sopporto: Federico Fellini, Nanni Moretti ma soprattutto Gabriele Muccino, parola di un underground allontanatosi dal mondo in maniera irreversibile e radicale


04 Feb

anni belli muccino

 

rocky stallone

Ora, le mie sparate vanno prese col beneficio del dubbio e, come si suo dire, dell’inventario.

Sì, ogni giorno debbo reinventarmi. Inventarmene cioè sempre una per non buttarmi giù… dalla finestra.

No, se siete depressi come me, non provate a suicidarvi. Semmai, andate nel deserto del Sahara e cavalcate un dromedario. Così, surriscaldati dalla rovente temperatura equatoriale di quelle zone lì, dimenticherete che la vostra donna, nel frattempo, la sta inumidendo nella zona erogena a uno che di lei si sta dissetando coi suoi affamati testosteroni nei suoi estrogeni, prosciugandogliela tutta in modo estroso. Ah ah.

Sì, non inariditevi. Le donne amano i fiori e gli uomini i loro fori. Gli uomini sanno innaffiarle con calore ma, di mio, ora vado a leccarmi un gelato nonostante non sia ancora estate.

Adesso, la questione Muccino e il suo Cinema da baci Perugina. Ah, le donne pensano sempre alla Scavolini mentre gli uomini non vogliono farlo solo in cucina ma anche dopo aver limonato di scaloppine.

Muccino è un regista che possiede un’ottima tecnica. Alcuni suoi film sono passabili, altri passatisti e basta. Non gira, insomma, alla cazzo ma fa venire du’ palle grandi come una casa. Intanto, è appena iniziato Sanremo e, in quest’Italia folcloristica, pre-carnevalesca, l’italiano medio si stravaccherà sul divano, piangendo a dirotto nell’ascoltare canzoni melodrammatiche.

Con momenti da cavallo imbizzarrito quando Diletta Leotta, scosciata come non mai, ricorderà lui che è un uomo-scimmia che celebra il romanticismo di facciata ma adora, invero, solo la sua falcata.

Sì, un tempo, nei loro impeti idealistici da Johann Wolfgang Goethe, questi omuncoli si strussero in maniera commovente per ragazze pure dalle rosee gote.

Al primo anno di Conservatorio, però, compresero di non essere l’Amadeus di Milos Forman bensì peggio dell’omonimo, super ipocrita presentatore televisivo.

Sì, a diciott’anni credettero ai valori della Patria come Kim Rossi Stuarti di Poliziotti.

Furono bellissimi, immacolati nell’anima e virginali. Uomini Senza pelle o un po’ senza palle. Uomini però combattivi come Il ragazzo dal kimono d’oro.

Perfino invidiati a morte dalle donne streghe come ne Le chiavi di casa.

Poi arrivò il Cuore cattivo e la purezza da Al di là delle nuvole e da I giardini dell’Eden andarono a farsi fottere poiché, alla pari di Kim di Anche libero va bene, s’innamorarono di una stronza.

Ebbero delle crisi non solo di gelosia ma anche psicotiche. Furono ricoverati e sbattuti a dovere.

Persero dunque, oltre alla stronza (comunque, meglio così), anche il lavoro. Tentarono di rimboccarsi le maniche ma, scarseggiando i soldi, pensarono pure di darsi a un Romanzo criminale. Semmai, rapinando le banche come in Vallanzasca. Ah, un tempo la vita fu per loro una favoletta come Fantaghirò. Ma lei li cornificò con un’altra fiaba nera, no, con uno con la fava di un nero, e furono davvero cazzi amari. Credettero di vivere nel mondo dei balocchi, pieni di baiocchi e belle gnocche come Lucignolo ma adesso si trovano a mentire anche a sé stessi come Pinocchio. Poiché, magnificando la musica e il Cinema, non vogliono dire la verità. La verità purtroppo, è che è una tragedia. Ha ragione Michael Moore, Joker è un capolavoro.

È sostanzialmente la reale storia di un uomo che scrisse perfino mille libri ma alla fine crollò.

Assieme a lui, come Sansone, tutti i filistei.

Molta gente è stupida. Come disse Paolo Villaggio, questa pazza società occidentale s’illuse che il progresso tecnologico combaciasse con felicità interiore, con un maggiore appagamento esistenziale.

Così come molte persone erroneamente pensano, nel 2020, che l’ancestrale male di vivere si possa risolvere con una sana scopata o con un balletto oppure con un b(r)anchetto in compagnia di tarallucci e vino.

Invece, il malessere vero, mica pizzi e fighe, no, miei fichi, aumenterà a dismisura poiché ogni potenziale Joker prenderà coscienza che può anche avere il cassetto pieno di film pornografici ma non può farcela contro una realtà, questa sì, veramente scarnificante l’essenza più profonda, l’unicità della nostra bellezza e della meravigliosa stramberia della nostra umanità sentita lontana dalle corbellerie.

Che non vorrà dalle persone la loro anima, bensì il loro potere d’acquisto e la loro potenza, non solo sessuale, bensì animale.

E non è solo una questione di capitale o di caporali. Di gendarmi armati o del poco o molto (a)mare.

Adesso, passa per radio il vero Arthur Fleck mai cresciuto, ovvero Tommaso Paradiso, l’ex (ancora lo è?) frontman dei Thegiornalisti.

Io sono un profiler, sì, come quei tizi dell’FBI di Mindhunter.

Ora, basterebbe estrarre un pezzo della sua canzone I nostri anni, per addivenire in pochi secondi a come Tommaso (che non è quello di Abel Ferrara, neppure di Kim) si sia (de)formato, anzi, abbia sviluppato precocemente il suo passatismo nostalgico simile a quello di un altro romano per eccellenza, ovvero Antonello Venditti.

E le notti a studiare Kant e matematica

Con le spalle scoperte e la musica di mamma e papà

Roma, il sistema solare

Il cuore chiuso nella pelle

Ex studente del liceo classico, laureatosi dunque in Filosofia per tirarsela un po’ da radicalchic teoretico, Tommaso rappresenta tutto ciò che, visceralmente, ripugno e detesto con furore irrefrenabile.

Peccato che, quando Fausto Brizzi girò Notte prima degli esami, Tommaso forse fu ancora al Ginnasio. No, calcolando che Notte prima degli esami uscì nel 2006, Tommaso fu già all’epoca in piena esaltazione giovanilistica per inseguire il successo da stadio. Simile a Tiziano Ferro, altro idiot savant che vedrei bene sposato a Michael Shannon di Revolutionary Road e di My Son, My Son, What Have Ye Done.

Di mio, sono Michael Shannon di Shelter. Ah ah.

Un Michael che, anziché spararsi, non so quante se ne sparò su Tweed Shannon, vera maiala, compagna di Gene Simmons. (Im)puro Kiss. Altro che L’ultimo bacio.

Inoltre, ieri scrissi che ne La forma dell’acqua v’è una Liz Hurley meno sexy di Kathryn Bigelow. Errata corrige, mi corressi. Il film con Liz è Il mistero dell’acqua. Andate a controllare la mia correzione apportata. La forma dell’acqua è il film di Guillermo del Toro con Michael Shannon nella parte di un adepto della Lega. Ah ah.

Ne vogliamo parlare della mia cugina di secondo grado? Ma sì, sputtaniamola. Un tempo sognò Brad Pitt di Vento di passioni. Poi si diede alle fiction con Gabriella Pession. Ora, a furia di ascoltare Laura Pausini, s’è fatta dare la pensione d’invalidità perché non riesce a trovare neanche un lavoro da Sally Hawkins del film succitato.

Comunque, fantastica ancora sui maschi. Sì, l’altro giorno chiamarono quelli dello spurgo. Lei, a forza di toccarsi, bagnatissima, immaginando un amplesso con uno dall’alito tipo fogne di Calcutta come Diego Abatantuono di Fantozzi contro tutti, allagò tutta la casa. E ho detto tutto.

Sì, meglio I nostri anni degli Stadio, altro che questa generazione di fenomeni.

Che poi, quell’altro rintronato romano di Carlo Verdone girò un film osceno, Compagni di scuola.

Chiamando a raccolta tutta la combriccola di personaggini che avrei visto bene se Jep Gambardella de La grande bellezza avesse inchiappetato, sputando loro acide frasi degne della sua meravigliosa, sacrosanta accidia da menefreghista nato.

Con la natia per antonomasia della Roma borghese, vale a dire Nancy Nicoletta Lina Ortensia BrilliEx, e non è il film sempre di Brizzi da lei interpretato, di Massimo Ghini.

Altro capitolino, natio cioè della metropoli caput mundi.

Sì, sono quasi tutti di quelle parti. Peccato che non siano personaggi da litorale di Ostia come Pasolini.

Per quanto tempo andremo avanti con questo Cinema di nani figli di papà diplomatisi al Tasso ove però forse mai studiarono attentamente la Gerusalemme liberata ma furono troppo impegnati a cantare alle ragazze dei motivetti neanche orecchiabili da ricc(h)ioni per rimorchiarle da troioni e, a dispetto degli ottimi voti, siano però rimasti inclassificabili a livello nobiliare nonostante pure il loro finissimo cacio grattugiato sui maccheroni?

Ma è chiaro che siamo noi

Ma è chiaro che siamo

I biscotti inzuppati nel latte

Sì, impazzano i doppi sensi sessuali di questa gentaglia e persone di merda che, fra bucatini all’amatriciana, film del compianto (da chi?) Carlo Vanzina e mandrakate varie, trascorreranno la loro vita, sino alla morte, in carnascialesche, volgarmente goliardiche svaccate, pagati a peso d’oro per impasticcarsi, pasticciarsi e partecipare a film buttati via, più sciatti dell’insipida Eleonora Giorgi. Un’altra drogata oramai annacquata.

Vedete? Studiate piuttosto le filmografie di Nancy Brilli, della Giorgi, di Christian De Sica e via dicendo, vedrete che tutte/i appartengono alla stessa cricca.

Tant’è che Christian è addirittura sposato con la sorella di Verdone.

Ora, luogo comune tipicamente italico è quello secondo cui chi frequentò il liceo classico, ah ah, abbia sviluppato una forma mentis di notevole valore. Cioè, una mente capace, in base agli umanistici studi svolti, di aver introiettato degli schemi percettivi della realtà superiori. Superiori a chi si sia diplomato a un’altra (non paritaria) scuola superiore che non sia ascrivibile alle letture di Ovidio e semmai sia invece mitteleuropeo come Moni Ovadia? Ovadia fece il classico o si fece una studentessa yiddish, beatificandola con dell’hashish? Mah.

Trascurai Sabrina Ferilli perché con Sabrina sfondiamo e sfonderemmo una t… a aperta.

Lei sfondò, insomma, che culo sfondato. Ah ah.

A Bologna, invece avemmo e ancora abbiamo Enrico Brizzi. Da non confondere col compianto Fabrizio Frizzi e ovviamente con l’Enrico (non Fermi, quello è il Liceo Scientifico che trae il nome dal fisico omonimo), no, Fausto sopra menzionato.

Enrico Brizzi, autore di cagate, figlie delle sue adolescenziali frequentazioni di quel giro lì, come Jack Frusciante è uscito dal gruppo e, appunto, Gli amici di una vita.

Dunque, arriviamo a Gabriele Muccino, attualmente in sala con Gli anni più belli. E ci risiamo. Già la locandina sembra la stilizzata incarnazione d’una modulazione di frequenza di Pane Burro Marmellata.

Con un po’ di sfondo dolciastro dal retrogusto amarognolo e dal sapore perfino un po’ emiliano-romagnolo da Vitelloni falliti del Fellini e delle Dichiarazioni d’amore di Pupi Avati.

Un film celebrativo un amarcord di tutti i sogni perduti di Nanni Moretti. Io sono un autarchico?

A me parve sempre solamente uno che non poté e non può capire Heat di Michael Mann e il Cinema di Kathryn Bigelow poiché, secondo i miei studi lombrosiani, è innatamente avulso dal disagio esistenziale di Henry.

Troppo occupato, a proposito di allattamenti, a desiderare il seno di Laura Morante nelle notti insonni di Bianca. Dolcificando le sue amarezze nell’immergere il cucchiaino in un barattolo gigantesco di Nutella, sognando di non soffrire più il suo amore eternamente adolescenziale nell’immaginarsi, sublimando il dolore, come un felice, emozionalmente omeostatico pasticcere trozkista.

Nanni, dopo essere diventato l’idolo della Sinistra più borghese come l’ex sindaco di Roma, appunto, Walter Veltroni, si diede anima e core alla psicanalisi. Sognando, infatti, di essere uno psicoterapeuta ne La stanza del figlio. La storia di un adolescente che tragicamente morì dopo aver mangiato delle lasagne bolognesi come Stefano Accorsi.

Sua figlia, interpretata da Jasmine Trinca, represse il dolore del lutto senza pigliare sedative compresse, impazzendo ed elaborando la sua schizofrenia ne La meglio gioventù. Poi, avrebbe incontrato una sorta di Jung di A Dangerous Method, ovvero Sean Penn di The Gunman. Uno che la guardò, notò la sua depressione scaturita a forza di frequentare quel frustrato cronico del Moretti, e le disse:

– Ehi, bella moretta. Incarno in questo film un personaggio che si chiama Terrier. Fai la cagnolina per il mio pelo rizzo? Dai, dai. Forse, con te non posso però fargliela. Scopando una come te, mi ridurrò a diventare un bibliotecario impolverato da Il professore e il pazzo.

Io riempirò i tuoi vuoti da Lupo solitario ma tu, di sera davanti alla tv, mi riempirai i testicoli, no, la testa di cazzate. Ora, vai a smaltarti le unghie, lascia perdere il mio Jung della minchia, vedi di essere graffiante per uomini che ancora pensano che la Ciccone, in arte Madonna, non sia Maddalena de L’ultima tentazione di Cristo.

 

Mamma mia, Gabriele Muccino col suo Cinema fintamente carino e così tanto piccino.

Un catalogo, appunto, di derelitti e reietti da La ricerca della felicità.

Di mio, sono un cane bastonato come Rocky Balboa.

Il mio diventare un underdog, dunque un underground, si sviluppò molti anni or sono. Quando, iscrittomi al Liceo Scientifico Sabin, alla succursale di Via Broccaindosso, nonostante i dieci da me ottenuti, senza leccatine, in quasi tutte le materie, fui colto da una Nausea alla Sartre. E, dopo tre mesi, mollai tutto.

I cosiddetti adulti, già nell’anima adulterati, invero persone che frequentarono cattive compagnie e che lessero soprattutto soltanto libri deprimenti partoriti dalla mente di Giacomo Leopardi, pensarono che fossi un cacasotto e che soffrissi di qualche mentale patologia.

Al che, malgrado in quel periodo privatamente studiassi anche le opere del Petrarca, fui portato a Firenze.

Dallo psichiatra Petracca. Non scherzo, non è una battuta. La compagna di tale Petracca, invece, fu una battona. Non so se lo sia ancora.

Difatti, mentre il Petracca rincoglionì i suoi pazienti, imboccandoli di calmanti da Cura Lodovico di Arancia meccanica, inibendo ogni loro libido con componenti chimici come la fluoxetina, la sua infermiera cretina, finito che il Petracca ebbe di dare lezioni orali ai suoi malati da lui rimbambiti, nel camerino gli fece tanti bei pompini con annesse tutte le ripetizioni. Non so se il Petracca abbia avuto da costei un bambino ma so quante seghe, no, quanto segue.

Melanconicamente, mi persi in notti alla Taxi Driver. Per allentare, di tanto in tanto, la (para)noia, mi affiancai a dei paraculo. Studenti del Minghetti.

Più che altro, dei minchioni. Mentre io poetizzai la vita come Javier Bardem di Mare dentro, loro mi raccontarono delle loro prime volte e delle loro patetiche esperienze. Ah, che ambientini. Di svezzamenti di viziosi ragazzini e capricciosi scemini che ambirono ad essere Kiefer Sutherland di Linea mortale. Sì, affetti da deliri d’onnipotenza, presero per il culo le femminucce che, da questa vita, aspettarono un miracolo come nel film Risvegli. Ragazze, peraltro, più stupide di tali psicopatici. Amanti di Lenny Kravitz quando, in verità, la prima volta che si sverginarono fu con un rasta che si faceva le canne. Lui, dopo averle sfruttate, cantò loro No Woman, No Cry di Bob Marley. Ho detto tutto.

Oggi invece abbiamo una generazione da serie come Il trono di spade.

Allora, povere teste di cazzo, se volete dei fantasy di matrice medioevale e romantica, riguardatevi Excalibur di John Boorman. Pure Stardust di Matthew Vaughn. Tratto dal libro di un vero genio, Neil Gaiman. Mica Tommaso Paradiso, Moretti Nanni, Antonello Venditti, Ferilli e Brilli. Voi dite che Stardust sia un filmetto? No, ha ragione il Mereghetti, miei bimbetti.

È un grande film da tre stellette. Parafrasando però Moretti in Caro diariovoi, come Silvio Muccino e pure Berlusconi, in quei licei di merda ove s’insegnano solo retoriche utopistiche, gridavate cose orrende e violentissime, e voi siete imbruttiti. Voi, coi vostri cattivissimi classismi, coi vostri girotondi(ni), con le vostre leccate da bimbini, con le vostre nazional-popolari zoccoline. Io invece sono rimasto sincero, cioè nichilista come il finale della serie Too Old to Die Young. E me ne vanto poiché, alla prossima porcata, potete farvi il segno della croce.

Ora, ebbe ragione il Pasolini. I diversi esistono. Non sono persone, per fortuna o purtroppo, normali.

No, non dipende dalla cultura, dagli ormoni o dalla genetica. Dipende dall’anima, miei coglioni e cafoni.

E la mia anima non è quella di uno che si pulisce il cazzo nel bidet dopo una scopata con una bidella o con una addirittura molto bella. Vedete, a voi piace coccolarvi, baciarvi, tenervi mano nella mano, spettegolare, ingelosirvi e divertirvi. Soprattutto cornificarvi. A me no. Poi, guardate pure Maurizio Costanzo.

Bene, a casa mia oggi sono arrivati i dvd di Joker e di Miss Tushy con Kendra Lust. Ottimo, la seratina è già pianificata…

Ieri m’eccitai, no, citai pure Renato Zero. Questi sono i migliori “ani” della mia (s)figa.

Ah ah.

di Stefano Falotico

Nanni Moretti uscirà presto con Tre piani, peccato che dalla nascita non sia uscito dal suo Super Io da Henry – Pioggia di sangue, anche di romantiche lacrime


10 Jan

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Basta!

Pensavo si fosse affiliato a Di Maio, il Nanni. Pensavo che avesse preso il reddito di cittadinanza, chiedendo a Salvini di censurare Henry. Credetti, ma sbagliai, che avesse pagato magnanimamente gli zaini della Invicta degli 80 Euro di Matteo Renzi a Jasmine Trinca, da lui scoperta, oddio, ne La stanza del figlio.

Sì, Jasmine è ancora schizofrenica come ne La meglio gioventù, come la ragazza di faccio cose, vedo gente di Ecce Bombo. Dunque, deve tornare a “squola” con la q per divenire un quadro aziendale di tale società che non ama più i pasticceri trozkisti.

Sì, Jasmine va rieducata e riprogrammata come Kate Winslet di Holy Smoke.

Kate Winslet, nell’appena menzionatovi film di Jane Campion, riuscì a depistare il percorso rehab da John Lone de L’ultimo imperatore di Bertolucci, regista che fu amatissimo da Moretti, poiché si spogliò dinanzi a Sport/Harvey Keitel di Taxi Driver. Il re dei papponi. E, come dice Travis Bickle, dei ruffiani, dunque degli ipocriti.

Kate, in una notte calda di cosce e zanzare alla Luciano Ligabue, si mostrò ad Harvey tutta ignuda e Harvey, dinanzi al suo seno, certamente più sodo e grosso di quello piattissimo di Margherita Buy, al buio gustò tutta la Winslet buona, animalizzandosi come un bue.

Insomma, la matta Kate lo fotté in ogni senso, in tutto il suo seno. Harvey perse il senno, qui parafraso Alessandro Bergonzoni, perciò si rivelò solo un grosso porcellone assai presuntuoso, molto unto, bisonte e cafone.

Poiché volle reprimere la giovinezza d’una figlia dei fiori nel (de)moralizzarla da tutor della minchia.

Sì, spesso anche a me succede soventemente d’incontrare, lungo YouTube, persone che vorrebbero bocciarmi, bloccarmi, imboccarmi, intubarmi e trombarmi.

Gente che, gelosa della mia libertà e della mia florida bellezza, mi dà del troll quando invero mi piace giocosamente viaggiare per il mondo con il trolley.

Visitando città a me ancora ignote che vanno da Noto, in Sicilia, sino a Milano, poi arrivano a Mirano, in provincia di Venezia, cittadina natia di Federica Pellegrini, campionessa di nuoto per cui sarei rana, poi principe di stile libero da vero sessuale pellegrino per tuffarmi in lei con salti carpiati da Tania Cagnotto.

Sì, cerco un centro di gravità permanente, eh già, cantò Nanni Moretti, no, scusate, cantò E ti vengo a cercare di Franco Battiato quando fu ancora bellamente autarchico… in Palombella rossa.

Un Nanni politicamente scorretto e controcorrente che a me piacque un sacco bello…

Poiché agguerrito polemista, incazzato anche sano fancazzista schierato apertamente contro un mondo d’ingiustizie. Delirante, sfigato mai visto, uno capace di leccare, insonne, un barattolo intero di Nutella, struggendosi per Laura Morante e sospirando nella sua anima, nel plenilunio alto, Con il nastro rosa di Lucio Battisti.

Comunque, adesso ho un po’ paura, adesso che quest’avventura sta diventando una storia vera, spero soltanto che tu sia sincera…

Di mio, che posso dirvi?

Inseguendo una libellula in un prato, un giorno che avevo rotto col passato quando già credevo di esserci riuscito, son caduto.

E non vorrei aver sbagliato la mia spesa o la mia sposa…

Sì, quando m’innamoro, non so più gestire le mie emozioni e divento come Stefano Accorsi, sì, sempre de La stanza del figlio.

La mia Laura Morante mi fa uscire di testa come Stefano/Dino Campana di Un viaggio chiamato amore.

Ma devo ringraziarla… i miei pezzi migliori li scrivo quando sono Innamorato pazzo come Adriano Celentano. V’è una forza, una disperazione, una potenza emotiva da lasciare stordito anche me.

Di cui si può dire tutto tranne che non possegga un Segni particolare, bellissimo.

Quando m’innamoro, divengo, poche volte vengo, un personaggio larger than life come il miglior Cinema di Lars von Trier.

Sono capace di seguire lo stream of consciousness delle mie Onde del destino.

Sì, l’amore rende ciechi e allora ballo con Dancer in the Dark.

Anche Dancing in the Dark alla Bruce Sprinsteen di I’m on Fire.

Molte persone invece s’istupidiscono come in un film e libro di Moccia con Riccardo Scamarcio e non possiederanno mai il carisma malinconico di John Wick 2.

Insomma, si castrano come Stefano Dionisi di Farinelli.

E sbraitano come Carlo Verdone di Maledetto il giorno che t’ho incontrato.

Nanni, comunque, il miglior film sulle tre stanze del figlio, no, istanze della personalità rimane Mulholland Dr.

Mah, di mio, che io mi ricordi, mi dissero a tredici anni che ero un genio.

Non diedi mai retta a una puttanata del genere.

Al che, ieri sera, feci ascoltare l’audiolibro, da me recitato, del mio nuovo romanzo a una platea di amici.

– Vai, spingi play.

 

Alla fine, tutti quanti mi picchiarono a sangue. Perché, purtroppo, lo sono ancora…

Se siete curiosi di ascoltare tutto l’audiolibro, dovete aspettare. Occorreranno giorni e ancora giorni affinché possiate ascoltarlo in forma integrale e ottimale. Se invece, nel frattempo, volete comunque leggerlo, anche in digitale, digitate La prigionia della tua levità su Amazon, IBS.it e sulle maggiori catene librarie online, dunque accattatevelo! Se invece non vi piace leggere, nemmeno le anime delle persone, e pensate che la vita sia un lavoretto e un sabato sera per far bisboccia, onestamente, potete anche andare a prendervelo in culo. Non m’impedirete di fare l’artista, no, non ho bisogno di essere medico, non m’indurrete al suicidio come fece il ragazzo poeta de L’attimo fuggente.

Dunque, nessun (rim)pianto, nessun pilifero impianto, mi sono ricresciuti i capelli. Abito al quarto piano e quella del settimo non ce la fa a prendere l’ascensore con me perché arrossisce e rimane imbarazzata poiché è l’unica super figa del quartiere che non riesce a rendermelo rizzo.

Su questa faloticata, vi lascio e ci sentiamo domani. Tanto, ce n’è sempre una. Ah ah.

Comunque, i tempi sono cambiati. Anche io, come no?

Per anni, fui Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato. Poi, mi accorsi che esistono i pazzi. Sì, nella clinica di Qualcuno volò sul nido del cuculo, incontrai, oltre al d.o.c., ovvero il disturbo ossessivo-compulsivo, anche DOC di Ritorno al futuro. Vale a dire Christopher Lloyd.

Sì, Christopher mi disse che le mie mani non tremano più. Sì, mi curai dal Parkinson come Michael J. Fox.

Al che, chiesi a Chris se potesse spedirmi indietro ai tempi in cui Elisabeth Shue era più giovane e pure io.

Lui mi disse che la macchina del tempo esiste solo nei libri di Marcel Proust, a livello metaforico, e nel succiato film di Bob Zemeckis.

Mi consigliò però di dare lezioni di scrittura creativa a Danny DeVito.

Me la tirai da Billy Crystal di Getta la mamma dal treno.

L’avete mai visto questo gioiellino? Billy interpreta la parte del professore d’italiano che dà lezioni neanche se fosse Alessandro Baricco. Era ricco quasi quanto lui ma la moglie gli portò via tutto. E Billy, distrutto, si chiuse a riccio.

Al che, si trovò a insegnare a degli studenti peggiori di quelli di Paolo Villaggio di Io speriamo che me la cavo e di Michele Placido di Mery per sempre.

Prende su parola un tizio col suo elaborato, sicuramente una disamina degna del Nobel e del Pulitzer, certo…

Il suo romanzo s’intitolò Cento donne che vorrei scoparmi.

Non sto scherzando, guardate il film.

Sì, il mio prossimo romanzo sarà proprio intitolato così. Non siete curiosi di leggerlo?

Già, non sarà solamente una lista della spesa o del vorrei che fosse la mia sposa…

Credo che partirò da Sharon Stone. Dunque, in medias res della sua figa, no, della sua filmografia, ovvero partendo da Basic Instinct, cioè dalla sua, appunto, scrittrice Catherine Tramell, ripercorrerò in anale, no, in psicanalisi, no, in analessi il suo excursus di donna desiderata non soltanto da un maniaco voyeurista come William Baldwin di Sliver, bensì anche da Sam Rothstein/De Niro di Casinò.

Michael Douglas, in Basic Instinct, si chiama Nick Curran. De Niro scopò Milla Jovovich in Stone, appunto, di John Curran.

Poi, chiederò a un altro Michael, Michael Caton-Jones, il regista di Scandal e di Voglia di ricominciare, come mai girò il sequel orribile, Basic Instinct 2 ma pure un film malinconico più di Luigi Tenco, Colpevole d’omicidio, un film su un’ingiustizia, una pellicola dal titolo italiano che non rende giustizia al belllissimo titolo originale, City by the Sea. Ambientato, perlopiù, ad Asbury Park, la patria dei sogni perduti di Bruce Springsteen. Asbury Park, ove i fantasmi luccicano nelle notti più cupe e ove La messa (non) è finita. Poiché Nanni Moretti è bravo, molto bravo ma Tom Morello ancora di più. Cammino per istrada con aria sconsolata e, fra le stelle della luna alata, i vampiri mi chiamano the poet… Perché, che vi piaccia o no, i cani offendono ma i cantori esistono. E non vi è alcuna spiegazione razionale possibile.

 

 

di Stefano Falotico

 

Il signor Nic Pizzolatto si decide a scrivere la quarta stagione di TRUE DETECTIVE o sta mangiando solo la pizzaiola con la pummarola ‘ncoppa?


04 Jan

rust cohle true detective

Sì, io mi sono sempre chiesto quanto segue: gli sceneggiatori di Hollywood, dopo essersi dedicati ad allestire, per filo e per segno, per virgola e doppie punte, no, doppi punti, i loro script, che fanno nel tempo libero?

Per esempio, si sa benissimo che Sean Penn nel tempo libero scopi tutte le donne libere. Non tutte perché è umanamente impossibile ma quasi tutte sì.

Ora, obietterete voi. Sean Penn è un attore, non uno sceneggiatore. No, è regista e le sceneggiature di The Gunman, di Lupo solitario, Tre giorni per la verità e Into the Wild le ha scritte lui.

Infatti, The Gunman lo diresse Pierre Morel e ne venne fuori una schifezza improponibile ove c’è pure Jasmine Trinca, la donna più antipatica di tutti i tempi. Infatti, fu scoperta da Nanni Moretti, il quale la dovrebbe finire di criticare il signor Al Pacino e scoparsi finalmente Laura Morante.

Sì, secondo me, Nanni non scopò mai Bianca. Al massimo, ne La stanza del figlio, ficcò la scena in cui le baciò il seno poiché Laura ama Henry- Pioggia di sangue.

A mio avviso, Nanni è un uomo socialmente pericoloso. A forza di fare il moderato di Sinistra, il troppo Caos Calmo lo indusse a sodomizzare Isabella Ferrari. Isabella fu il sogno erotico di molti italiani, fu l’amante di Gianni Boncompagni e, ne La grande bellezza, si fece ingroppare da Jep Gambardella.

Insomma, Nanni, tu che ami i pasticceri trozkisti, te la sei fatta… con una borghese da Sapore di mare e Sotto il sole di Riccione? Ci mancava solo Tommaso Paradiso che, mentre lei fu terrorizzata dalla tua aggressiva sodomia, cantasse a Isabella… no, non avere paura…

Comunque, Nic Pizzolatto, nel tempo libero credo che guardi a ripetizione Habemus Papam. Sì, Nic studiò tutto il pessimismo cosmico, è un trascendente metafisico, adora la spiritualità creatasi in seguito a conflitti psicologici di natura ermetica. Questa è ermeneutica, poveri cazzoni come Woody Harrelson. Non sto dicendo, stavolta, stronzate. La prima stagione di True Detective è intrisa di dolore, è la via crucis di Rust Cohle. Infatti, nel finale, quando è sul letto d’ospedale, pare Gesù Cristo. Rust è come il Papa, in un certo senso. È un uomo che dice espressamente che non è un tipo da feste.

Poi, non so se abbiate notato. Quando tradisce l’amicizia del suo partner, sodomizzando la sua compagna, urla come se fosse Willem Dafoe di The Last Temptation of Christ. Fu colto dalla tentazione verso la Maddalena/Michelle Monaghan e non riuscì a reprimersi. Animalescamente quasi violentandola e poi, imbestialito, maledicendola come se fosse stata il diavolo. Perché, sostanzialmente, è religioso. Non della fede cristiana, bensì di un personale codice morale che lo obbliga, inconsciamente, a sentirsi in colpa.

Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente, l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni… Questo è quello che pensi. L’avete mai fatto? Li guardi negli occhi, anche in una foto. Non ha importanza se siano vivi o morti. Puoi comunque leggerli. E sai cosa capisci? Che loro l’hanno accolta. Uhm, non subito ma proprio lì, all’ultimo istante. È un sollievo inequivocabile. Certo, erano spaventati e poi hanno visto, hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciare, lasciarsi andare. Hanno visto in quell’ultimo nanosecondo, hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà. E allora puoi lasciarti andare. Alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa. Erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. E grazie al quale hai pensato di essere una persona.

E, come in molti sogni, c’è un mostro che ti attende alla fine…

Tale discorso di Rust/Matthew McConaughey, ribattezzato Filosofia dell’esistenza, è molto bello ma gli americani lo definirebbero predictable, cioè moralistico ed effettistico. Ma la regia di Fukunaga lo rende appassionante così come la sentita recitazione di Matthew. È un discorso, in un certo senso, di natura pasoliniana. Sintetizza anche ciò che dice William Petersen nel finale di Manhunter… Alcuni, nel silenzio degli innocenti, non ce la faranno, purtroppo. In tanti accetteranno di resistere, sì, vivranno nella cosiddetta resilienza, mentendo a sé stessi per sopravvivere. Ma saranno da tempo morti dentro. Altri moriranno del tutto. E torniamo a Moretti e al suo omaggio a Pasolini di Caro diario. Il mostro per loro non sarà Errol Childress, bensì la società lupesca, da Pasolini definita porcile… Alcuni impazziranno come Arthur Fleck/Joker, altri soccomberanno e si adatteranno di malavoglia. Soffrendo enormemente ma nascondendo la tristezza dietro balletti e canzonette. Lo stesso Errol Childress è/era uno di loro. Il quale però, anziché morire nell’anima, optò per il satanismo, trasformando le sue paure nell’ululato del cannibale… Persino Rust è un vinto. Ma non si dà per vinto. Combatte e cerca la luce, malgrado sappia che forse non esiste. Questa sua forza lo contraddistingue. È la stessa forza che mantiene in vita Wayne Hays/Mahershala Ali. Non riuscirà a risolvere l’enigma in quanto addirittura ammalatosi di demenza. Probabilmente, i bambini giammai scomparvero e fu tutta una sua fantasia generatasi dall’essersi perso lui stesso in Vietnam.

Propongo una sfida a Nic Pizzolatto.

Come sentii un mese fa per radio da una criminologa, non esistono, se non pochissimi, film o serie televisive sulle serial killer donne. Secondo questa donna, le assassine seriali non è vero che non esistano. Sarebbero anzi, a suo dire, persino in maggioranza rispetto agli uomini. Ma la cultura maschilista non è interessata alle donne “mostre”. Poiché l’uomo moralmente sano è affascinato comunque dalla sua parte diabolica mentre non gl’importa nulla del suo lato femminile più perverso. Ed è per questo che si diverte a bullizzare gli altri maschi. Poiché, in realtà, chi fa del male lo fa per esorcizzare il suo incubo peggiore. Cioè, non è un uomo, è una donna che ha paura di esserlo.

Ecco, per questo nuovo anno, vorrei chiedere a Nic, se potessi e se lo conoscessi, di scrivere il copione di un ipotetico True Detective 4 con protagonista la reincarnazione di Chris Walken de La zona morta. Però, stavolta non scoprirà lo stupratore uomo, bensì la strega cattiva. Ma, visto che Nic non sa neppure chi io sia, lo scriverò io.

Incipit:

la città era avvolta nel buio e un’insegnante dell’asilo nido, apparentemente integerrima, stava rientrando a casa. In città corse subito voce che fosse una donna perennemente sola, senza un compagno. E che, durante le notti lugubri e tempestose, praticasse magia nera, sacrificando i bambini della sua migliore amica. Era solo una maldicenza. Tale donna non era capace neppure di cucinare un uovo al tegamino, figurarsi se poteva soltanto immaginare una mostruosità del genere. Nei momenti di noia, al massimo guardava Chi l’ha visto? Ah, lei sicuramente credo che non l’abbia mai visto. Che cosa non avrebbe visto? Come che cosa? L’uccello. Cosa se no? Al che, frustrata come non mai, alla mattina faceva la sadica sulle povere creature, inveendo loro contro perché ben conscia che loro, un giorno, l’avrebbero infilato in qualche coscia mentre lei lo prese in culo come un bel vestitino rosa.

Secondo me, come inizio fa schifo al cazzo ma potrebbe svilupparsi. Certamente, non in questa donna, in questa qui non si svilupperebbe neanche se fosse bella come Jodie Foster. La quale è lesbica. E ho detto tutto.

Che cosa avrei detto? Non lo so, chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione canti con Alan Sorrenti la sua intramontabile hit, Figli delle stelle. Basta che a me non scassi ù caz’ e viviamo tutti felici e contenti. Forse lei è un cornuto, lo sa?

 

di Stefano Falotico

I miei primi quarant’anni da Joker-Lebowski con l’immancabile White Russian


14 Sep

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Sì, 13 Settembre 2019. Giornata estremamente felice, gaudente, tendente allo sfavillante.

Nella quale il mio amico Massimiliano di Civitavecchia giunse nella mia città natia, quasi in pellegrinaggio, per onorare la nostra amicizia.

Pernottò all’hotel Conte Luna, ameno albergo incastonato in una viuzza raggiungibile dall’uscita n. 5 della tangenziale bolognese. Albergo molto ospitale con una receptionist niente male. Con la quale prenotarei, subito, una camera matrimoniale.

Al che, lo andai a prendere alla Stazione. La Stazione di Bologna, da qualche anno a questa parte, è diventata labirintica più del dedalo ove Arianna si salvò dal Minotauro grazie al suo celeberrimo filo.

Infatti, la Stazione Centrale di Bologna, al fine di divenire più moderna e avveniristica, diciamo, s’è soltanto tramutata in una sorta di metropolitana da Un lupo mannaro americano a Londra.

Massimiliano, comunque, non incontrò negli scuri, tetrissimi sottopassaggi mal illuminati, angusti e iper-claustrofobici della stazione suddetta, da lui sudata poiché non si raccapezzò, nessun cannibale licantropo. E, anziché approdare a Piccadilly Circus, piuttosto che uscire dall’atrio principale, si ritrovò in via de’ Carracci.

Pranzammo al ristorante-trattoria-pizzeria Il Vaporino. Gustando il cibo fra chiacchiere più fragranti d’una calda pizza Margherita e del mio primo di garganelli con asparagi e funghi porcini.

Ritornando in tale luogo, vicinissimo a casa mia, eppur da tempo immemorabile lontano dai miei ricordi, nel frattempo sepolti dalla cinerea, talvolta funerea, celebre mia amnesia sto(r)ica, rimembrai i tempi in cui, nei campetti calcistici lì limitrofi, sfoderai la mia classe da incontrastabile ala destra fluidificante dal tiro micidiale e ficcante, dal piede magicamente vellutato come quello di Del Piero Alex, essendo io un Pinturicchio ambidestro e soprattutto polivalente non solamente nell’ambito delle polisportive e delle cinematografiche, magnifiche retrospettive.

La nostalgia, per qualche indistinguibile attimo triste eppur suadente, s’impossessò del mio animo cangevole, delicato e decadente. Ah, tempi nei quali, sguinzagliato e coi polmoni ardenti non ancor intossicati dai due pacchetti di sigarette che fumo oggigiorno, fui più veloce di una lepre.

Vi racconto, ivi, un goal straordinario che segnai. Qualcosa di disumano ed extraterrestre, roba che le palombelle di Pelé, la sua sforbiciata carpiata in Fuga per la vittoria e la serpentina di Maradona ai mondiali dell’86 contro l’Inghilterra v’apparirebbero roba da pulcini.

Ebbene, mi fu lanciata la palla a fortissima velocità. Al volo, la stoppai, la rialzai. Mi trovai da solo davanti al portiere.

Ma, si sa, io non amo le cose semplici. Adoro complicarmi il trionfo, correndo non solo nei prati, bensì allungandomi soprattutto nel rischio di rimediare soltanto un tonfo.

Eh sì, sarebbe stato troppo facile a quel punto calciare. Con enorme nonchalance, invece, aspettai l’arrivo del difensore. Al che, giunto a un metro da me, con un repentino scatto del tacco elevai la sfera con un cucchiaio da Francesco Totti.

Con una rapidissima giravolta, scavalcato il terzino che fu grazie alla mia inaspettata mossa spiazzante e devastante, io stessi mi riavvolsi contortamente di semi-giravolta, impattando la palla di pieno collo.

Roba che non vedrete neanche nelle repliche di Holly e Benji e ne La battaglia dei tre regni di John Woo. Sì, secondo Woo, il giuoco del Calcio non fu inventato dagli inglesi, bensì dai cinesi-giapponesi spesso anche coreani e pechinesi.

Che volete farci? Sono un uomo Face/Off.

Non sono un criminale come Nic Cage ma nemmeno un falso come John Travolta. E qui lo dico e giammai lo nego, eh sì, quella Lolita di Dominique Swain andava tatuata come io so sul p… o biondo-nero.

Fallo sta, no, fatto stette che, nella giornata di ieri, scrissi pure la recensione degli episodi finali di Mindhunter 2, recensione che presto sarà online, e assieme a Massimiliano gironzolai, appunto, non come Cesare Cremonini per i colli bolognesi, bensì fra piazza Santo Stefano, ovvero il sottoscritto, eh già, più martire di me neppure lo è il film Martyrs, Piazza Maggiore e Corte Isolani.

Da queste parti, abitava, non so se abiti ancora Mike Patton, (ex) frontman dei Faith No More.

Sì, quando mi guardo allo specchio e prendo coscienza di essere un po’ matto, mi viene in mente Mike Patton e mi tranquillizzo. E non abbisogno di artificiali calmanti.

Mike, in fatto di follia, mi batte infatti alla grande. Di mio, comunque, darei una botta all’attrice Laura Patton.

Da cui il detto, eh sì, patti chiari e amicizia lunga e anche il proverbio falotico da me coniato, vale a dire, patta slacciata e alla donna è tutto più chiaro.

Ah ah.

Infatti, uno dei misteri più irrisolvibili di quelli di Fatima è, a mio avviso, questo. Perché si usa l’espressione passare la notte in bianco?

Guardate che più bianco è più le lenzuola sono poco da Immacolata. Ah ah.

Dunque, cenammo all’ottima, rustica Trattoria del ragno, ubicata in via Murri.

All’inizio, mi sentii leggermente imbarazzato. Tale splendida trattoria è difatti frequentata da tipi in gamba. Tutti molto altolocati e vestiti in maniera molto elegante.

Mi sentii come un pesce fuor d’acqua. Al che, il mio amico mi tranquillizzò, dicendomi:

– Guarda, Stefano, che sono gli altri che dovrebbero sentirsi a disagio al tuo cospetto. Tu ti sottovaluti parecchio. Per esempio, osserva quel trombone che fa il figo con quelle tre damigelle. Cita I miserabili di Victor Hugo e Dostoevskij per fare colpo. Ma io dubito che abbia veramente letto una sola riga anche solo del suo portare sfiga.

 

Finimmo la serata, recandoci al pub Black Bay, vicino alla mia casa. Bevvi un White Russian come il mitico Jeff Bridges, alias Big Lebowski.

Nessun bulletto-pedofilo come Jesus/John Turturro può mettermi in buca. Io sono il Genius-Pop, essere inestimabile che supera anche il concetto di rarità, in quanto esemplare dalle molteplici qualità. Soventemente clown in gran quantità, involontario comico invincibile come Arthur Fleck, Joker di fascino e immane soavità.

Poiché volli una vita spericolata come Steve McQueenc’incontreremo come le star a bere del whisky Roxy Bar, sì, io sono ancora qua.

 

di Stefano Falotico

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Sono uno splendido quarantenne, se Nanni Moretti adorò Jennifer Beals di Flashdance, io vado matto per Kygo & Whitney Houston – Higher Love


12 Sep

Jennifer+Beals+2008+Creative+Arts+Awards+Arrivals+jiM70cKVepnl

Sì, vi ricordate?

Già questa scena citai mille volte. Il Nanni che, in Vespa, gironzolò per le estive strade deserte di Spinaceto.

Un quartiere romano dell’estrema periferia del quale sentì sempre parlare male. Invece, scoprì che non è male, non è affatto male.

Io abito in zona Pescarola, a Bologna, vicino al Mulino Bruciato. Nei pressi dei laghetti del Rosario ove potrete pescare una trota e lei abboccherà. Sì, una donna chiatta affogata nella bulimia del suo sgranchirsi le gambe con le vene varicose del suo fascino da donna Sconsolata. Sì, Anna Maria Barbera, subito dopo l’angolo… vi aspetta per accogliervi con un piatto di fritt(ur)a mista.

Nanni poi fu ossessionato da Jennifer Beals. Eh be’. Grazie al cazzo.

Ne fu conscio e fra le cosce pure Nicolas Cage di Stress da vampiro. Una volta che Jennifer succhia, eh già, diventi Klaus Kinski di Nosferatu dell’Herzog. Insonne, cammini per casa e divori uno scarafaggio, raccattato vicino ai fornelli. Sì, una volta che a Jennifer lo metti in forno, una volta che fornichi con la Beals, più che Flashdance… diciamocela, se prima fosti Batman, uomo dalla doppia personalità un po’ oscura, diventi nientepopodimeno che Flash Gordon e basta.

Il teenage boy di Roger Dodger lo sa…

Be’, Roma, il litorale di Ostia, Pier Paolo Pasolini e quella burina di Sabrina Ferilli. Adesso abbiamo pure Stefano Calvagna e i suoi ragazzi fuori da Marco Risi. La grande bellezza e Jep Gambardella. Uno che, zitto zitto, s’inchiappetta Isabella Ferrari dopo un’elegante passeggiata da commendatore Berlusconi, già simile a Loro, in Piazza Navona. Con l’incipit di Raffaella Carrà che canta la sua hit per eccellenza. Eh sì, oggi compio quarant’anni ma ne sento venti di meno, forse trenta di più quando vedo un porno con Karka Kush. Posseggo il fascino di Kevin Costner, uomo che Balla coi lupi e sa essere al contempo La guardia del corpo di ogni Whitney Houston che fu.

Kevin, uomo principe dei ladri. Sì, Mary Elizabeth Mastrantonio lo vide nudo di schiena sotto le cascate e pensò…questo è bono, chissà se è anche dotato come Morgan Freeman. Be’, qui ho detto una stronzata da parodia di Mel Brooks, ovvero Robin Hood – Un uomo in calzamaglia. Ma io sono un gigione. Si sa, è conclamato, volteggio non acchiappabile. Tutti vorrebbero inchiappettarmi ma Leonardo DiCaprio di Prova a prendermi mi fa un baffo.

Buon Joker a tutti.

Oh, guardate che mancano pochi giorni alla presentazione ufficiale al New York Film Festival di uno dei film più importanti di tutti i tempi. Qual è? Col passare degli anni, divento sempre più scemo. Voi diventate solo più vecchi. Ah ah. E non basterà la CGI, nemmeno la CGIL, per ringiovanirvi. È insindacabile, siete fottuti.  Datevi alle retrospettive. Sì, non dei film di Scorsese, bensì delle vostre vite senza più scorze, senza forze, senza f… e. Ci siamo capiti. Ah ah. Sì, state sempre a sindacare, siete dei sindacalisti come Jimmy Hoffa, siete un po’ mafiosi. Comunque, se uno vi rompe le palle, mi fate una telefonata e gli sfondiamo il culo subito. In The Irishman, d’altronde, c’è anche Harvey Keitel/Mr. Wolf. L’uomo che risolve i problemi.

Morale: voi gridavate cose orrende e violentissime e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne!

 

di Stefano Falotico

dav

irishmanbeals stress da vampiro

flashdance

Dubbio amletico: nel Cinema e nella vita, secondo voi, malattia fisica e psichica sono sullo stesso piano? Sono comparabili, equiparabili o incomparabili?


07 Aug

hamlet branaghCaro diario…

Copio-incollo da Wikipedia il famoso monologo di Amleto. Sì, ne ho il libro cartaceo, ovviamente, ma mi darei troppa penna, no, pena a scannerizzare la pagina e a fare copia-incolla dalla medesima scansionata.

«Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d’atroce fortuna
o prender armi contro un mare d’affanni
e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, l’ingiuria dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.»

Me lo ricordo pressoché tutto a memoria ma potrei sbagliare in qualche virgola o invertire qualche frase e il refuso, la svista e gli errori, di vita e non, non si addicono al Principe della Danimarca.

Io non sono principe di niente, però.

E, sebbene talvolta gli assomigli, non sono neppure Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, detto appunto il Principe Antonio De Curtis, nazionalmente conosciuto come il Principe della risata, ovvero Totò.

Non sono come quel pornoattore orribile, Prince Yahshua, nonostante me ne tirai tante su Brooks Mischa, minchia, e alcuni mi dicono che, se avessi una brava insegnante di canto personale, potrei potenzialmente essere il Rogers Nelson italiano, ovvero il grande Prince e basta.

Purple Rain!

Non intendevo causarti nessun dolore

Non intendevo causarti nessuna pena

Volevo solo vederti ridere una volta

Volevo solo vederti 

ridere nella pioggia viola

, Purple Rain è una delle canzoni più malinconiche di tutti i tempi. Vedo molti giovani insipienti e incoscienti che, quando la mettono su nei locali da ballo, si scatenano tutti belli, pensando che sia una canzone allegra.

Perché l’italiano medio canta le canzoni senza conoscere una sola parola d’inglese. Storpia non solo i testi ma anche le teste altrui.

Poiché, da analfabeta della musicalità delle anime del prossimo suo, da lui visto con troppa superficialità, combina più danni di un bambino di cinque anni se gli dai in mano una chitarra.

Ché, a chi non s’adatta al ritmo generale, gliene suona di santa ragione.

Anche questa storia della santa ragione e della santissima religione. Chi l’ha detto che esista la ragione assoluta e dogmatica, assolutistica? L’illuminismo è stato giustamente soppiantato dal nuovo misticismo, il misticismo a sua volta è stato fottuto dal moderno oscurantismo e qui, in questo mondo buio e triste, fintamente ridanciano, prevedo lacrime amare come quelle di Rutger Hauer di Blade Runner per le più sensibili anime.

Le anime ingenue e pasoliniane, semplici e pure che, in maniera però proporzionalmente inversa all’androide Rutger/Roy Batty, una volta entrate nell’età adulta, bruceranno al doppio della velocità di una persona considerata, anzi, cosiddetta normale.

Quest’arsione da sociale-sessuale tenzone e “inversione di tendenza” non avverrà dal giorno alla notte ma, state pur certi, che molti crolleranno. Ripeto, non sarà una caduta immediata ma progressiva. Anzi, degenerativa e regressiva sino al finale spegnimento emozionale delle loro anime nelle ali tarpate.

Così come avviene per una tumorale malattia fisica. Che puoi attaccare, combattere, cercare di vincerla ma alla fine impietosamente ti uccide, non lasciandoti scampo.

Ebbe ragione Clint Eastwood di Million Dollar Baby quando, dinanzi alla straziante sofferenza provata dalla povera Hilary Swank, fregandosene della legge dell’uomo e di dio, la ammazzò per risparmiarle un calvario senza fine.

Ebbe anche ragione Jack Kevorkian quando, di fronte a malati in stato terminale, praticò loro illegalmente l’eutanasia.

Tanto i miracoli non esistono, non sono mai esistiti e giammai esisteranno.

Azzardo qualsiasi persona sana di mente a contraddirmi. Se mi dimostrerà che è stata miracolata davvero, sì, le prenoto seduta stante un trattamento sanitario obbligatorio alla psichiatrica clinica più vicina.

Per tamponare e contenere subito la sua follia da sedicente illuminato e folgorato sulla via di Damasco.

Ecco, io consiglierei subito una riabilitazione anche agli amanti di Rossi Vasco, gente che s’illude che il Blasco conosca la via lontana da ogni ipocrisia. Poiché loro l’hanno eletto come messia.

Quasi tutti di costoro appartengono alla piccola borghesia oppure non credono più alla Chiesa e pensano che il Vasco abbia rivelato loro chissà quali profezie.

Io non credo alla Chiesa, credo a qualcuno purché non sia chicchessia. Non è che posso andare in giro e stringere la mano al primo venuto. Però, detto ciò, stringerei la mano a qualsiasi ragazza bella con cui venire. Sì, su questo non ho nessun dubbio amletico.

I miracoli non esistono. Io sono un miracolato ma mi son fatto il culo per esserlo. Mica come questi lagnoni che si crogiolano nel piagnisteo. Se la vostra vita vi fa schifo, basta che andiate a rifare il Battesimo e tanto sarà peggio di prima. Ah ah.

Ah, di gente strana ne vedo tanta. C’è un tizio su YouTube, il quale si fa chiamare Silverblacksky 01 che inserisce tutti i video della sua dea, Susanna Dellavia, milf model che ho pure io fra i contatti su Facebook, sebbene io abbia però la foto-profilo vera e non mi nasconda nei l(u)oghi ambigui col faccione di Kevin Spacey.

Susanna è un figone, almeno su questo non ci piove.

C’è un altro, non mi ricordo però in tal caso il nome, che passa il tempo a filmarsi sotto la doccia, cacciando scoregge a tutt’andare.

Coi soldi ottenuti dalle visualizzazioni, il giorno dopo filma di nuovo le sue aerofagie, il suo meteorismo e le sue incontinenze, viste ma fortunatamente non sentite in ogni continente.

In molti, nello spazio commenti, lo mandano a cagare ma lui, imperterrito, ai suoi hater emette e promette, soprattutto, altri video che, dopo che li avrete visionati, a causa del voltastomaco dovrete andare dal gastroenterologo.

Purtroppo, la malattia psichica esiste. Nel novanta per cento dei casi non è di natura genetica od organica.

Si sviluppa per tutta una serie, appunto, di fattori sfavorevolmente concomitanti.

Per malattia mentale s’intendono una serie di comportamenti ano(r)mali rispetto alla normalità reputata conformisticamente ordinaria, data per assodata, cioè azioni atte a compromettere gli equilibri altrui, soprattutto la mente stessa e il corpo di chi n’è affetto. Cazzo.

Sono stato telegraficamente generalista e superficiale in quest’ultima frase ma la brevità di un post mi obbliga a esserlo. A essere o a non essere?

La tragedia pura è ritornare a essere quello di prima ma il prima non c’è più e il dopo chissà cosa può essere. Ora, amici, vi lascio con uno dei miei video più spontanei. Credo che sia il mio più bello. Il più sentito.

Su Facebook, hanno eliminato l’audio finale. Con la scritta: la UMG ha preso provvedimenti.

Provvedimenti di che? Fra l’altro, l’audio si sente pure prima.

Siete voi che non sentite niente. Ah, su questo vi metto la mano sul fuoco. Sì, tanto è uno che non serve a nulla. Possiamo anche bruciargli non solo la mano. Su quella, invece, brucerei qualcos’altro.

E anche stavolta, dopo essere andato da dio sino alle ultime due frasi, ho mandato tutto in vacca. Ma ci sta o non ci sta questa qua? Chi lo sa? E voi invece siete He-Man o Skeleton?

Chissà.

Ecco, sia per quanto riguarda la malattia fisica che quella psichica, la medicina ufficiale non ha ancora trovato i farmaci adatti, nella maggior parte dei casi, per allentare il decorso delle malattie stesse.

Ecco, Michael Douglas è riuscito a curarsi dal Cancro. Sì, vero. Ma perché è Michael Douglas e deve aver sperperato miliardi su miliardi per sottoporsi a cure massacranti dalla mattina alla sera. N’è uscito per miracolo, appunto. Ha potuto, cioè, permettersi il fior fiore di tutta un’iper-specializzata equipe tecnica adeguatamente preparata.

Ora, se la malattia gli fosse stata diagnosticata in fase avanzata, sinceramente, poteva chiamare a raccolta e al suo capezzale Catherine Zeta-Jones, numero uno in fatto di capezzoli, no, i più grandi e dispendiosi luminari ma sarebbe morto lo stesso. Gli è andata, diciamo, fatta bene. Ah, più fatta bene di Catherine, c’è solo Santa Caterina da Siena. Con l’unica differenza che quest’ultima Caterina non ha mai indossato la maschera di zorro per essere beatificata in tutto il mondo.

Che voglio dire con questo? Chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione non sarà mai il suo Antonio Banderas. Secondo me è così… poi fate come cazzo vi pare.

Micahel s’è comunque salvato, come si suol dire, per un pelo, per il rotto della cuffia. Quella da lui indossata durante la chemioterapia.

Ma almeno a Michael Douglas è stata offerta la possibilità di curarsi e di poter ricevere le migliori cure mediche possibili e immaginabili.

Perché aveva e ha i soldi. Molti, come detto, li ha spesi. Ma tanto gli sono stati restituiti dalla banca. Il suo capitale gli frutta molti interessi. Inoltre, tutti i suoi colleghi di Hollywood, visto che s’era salvato, per leccargli il culo, gli hanno pure mandato molti assegni.

Alla gente comune ciò non è permesso. Spesso, si trovano medici superficiali che fanno diagnosi alla buona, i cosiddetti medici della mutua. E i farmaci che prescrivono, eh sì, anziché vincere la malattia, ne accelerano addirittura l’implacabile evoluzione.

Bello schifo.

A mio nonno, ad esempio, fu diagnosticato un cancro al pancreas o al fegato, se non vado errato, se non sono erroneo.

Pareva che fosse stato preso in tempo. Tant’è che lo dimisero dall’ospedale. Poi, pochissimi mesi dopo, cominciò ad accusare fortissime fitte allo stomaco. E vomitò sangue.

Mia nonna chiamò immediatamente l’ospedale. E mio nonno salì dal sud al nord, proprio qui a Bologna, ove abito io, perché gli avevano detto che Bologna è una delle città più all’avanguardia in fatto di malattie tumorali.

Ecco, mio nonno, di lì a poco morì. Le metastasi oramai l’avevano flagellato irreversibilmente.

Stesso discorso per le malattie cosiddette psichiche. Vi auguro per voi, figlioli cari, che non finiate mai in un centro di salute mentale dei dipartimenti statali.

No, non voglio mettere in dubbio la buona fede, la preparazione, la disponibilità e la cultura degli psichiatri che praticano qui il loro lavoro al massimo della diligenza. Ma prendono ordini dalla dirigenza…

E vi posso garantire che hanno troppe persone.

Ora, a volte mi reco da uno psichiatra anche se, onestamente, mi serve solo per fare due chiacchiere e confidare segreti intimi che non si rivelano neppure agli amici per la pelle. Perché qualche amico potrebbe pensare male riguardo certi miei pensieri da beat generation. E potrebbe malignamente tradire i patti d’amicizia, farmi lo sgambetto e stigmatizzarmi in modo cattivo agli occhi degli altri vicendevoli amici, trattandomi da degenerato.

Mi troverei sguarnito, senza difese, se non quelle immunitarie della mia forza di volontà atte a contraddirlo e combattere le sue calunnie. Ma una volta, come si suol dire, che si sparge la voce in giro, la gente parla ed è impossibile fermare le stronzate. Quello che Philip Seymour Hoffman ne Il dubbio chiama, appunto, il pettegolezzo.

Bene, sapete che io non ho nulla da nascondere e dunque, in tutta sincerità e a cuore aperto, posso dirvi che lo psichiatra sopra citatovi, bene, è addivenuto a una conclusione piuttosto tragica. Conclusione a cui, peraltro, io ero arrivato da solo già a vent’anni.

– Devo dirti la verità. La diagnosi è sbagliata, dalla a alla z.

– E come mai nessuno dice niente?

– Sai com’è. Ti hanno dimesso ma scoppierebbe uno scandalo se chi t’ha fatto la diagnosi, diciamo, la smentisse. Ne andrebbe della sua reputazione.

– Questo si chiama insabbiamento.

– Anche inculata con “coglionamento”. Purtroppo, sì.

– Però come mai lei è riuscito a capire tutto e gli altri medici no?

– Anche gli altri hanno capito tutto. Ma la legge parla chiaro.

– Si chiama allora ingiustizia.

– Infatti lo è, anche mostruosa, se proprio vogliamo dircela tutta. A questo aggiungiamo, appunto, il fatto che quelli del pubblico, avendo così tante persone, non hanno il tempo e non hanno neppure la voglia di (psic)analizzare caso per caso ogni singolo paziente. Hanno anche loro i cazzi per la testa, soprattutto le psichiatre. S’innamorano degli infermieri. Preferiscono sbrigare le pratiche con diagnosi a buon mercato e qualche medicinale prescritto ai pazienti da farmacisti, più che da umanisti.

– Lei, quindi, è un umanista.

– No, non sono un fascista.

– Io chi sono?

– Non l’hai ancora capito? Mi troveresti un altro “pazzo” che sappia scrivere un pezzo così?

– Ah, ma allora questa è una super tragedia mai vista.

– No, assolutamente. Molto di più.

 

 

di Stefano Falotico

 

Il programma della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è rivelatore del mondo odierno come ha affermato Barbera?


25 Jul

Siamo seri, stavolta, parecchio. Sebbene, come già profeticamente predissi, preventivai e asserii sicurissimo, Joker è stato selezionato addirittura in Concorso.

Se non vado errato, è la prima volta che un cinecomic partecipa a un Festival di risma. Forse, neanche a Cannes, nemmeno nelle sezioni collaterali, vedemmo l’autoriale Thor di Branagh. Sbaglio? No, non credo.

In effetti, quando la senior della Warner Bros italiana, alle Giornate Professionali di Riccione (o Rimini?), disse che Joker è la vera storia del principe del crimine di Gotham City, probabilmente non era informata bene.

Ecco, sono cose che personalmente non sopporto. Sarebbe come dire che un chirurgo non sa cosa sia un bisturi, che un biologo non sappia cosa sia una cellula, che un cardiologo sia amante di Manuale d’amore di Veronesi. Ah ah.

Come dire che Selvaggia Lucarelli pensa davvero di essere una giornalista e non una che invece ha sfondato perché il suo seno è da sbattere in prima pagina.

Sì, il livello d’incompetenza di certa gente, arrivata a certi vertici, è scandalosa.

Io ho giocato a Calcio. Non seguo più molto il campionato di Serie A ma capisco, per esempio, al volo se un giocatore è in gamba o solo uno che fa gli sgambetti, cioè bluffa di dribbling da leccaculo all’allenatore per venire schierato come titolare.

Un brocco lo riconosci subito. Anche questo non è però sempre vero.

Prendiamo il celebre scambio di batture di C’era una volta in America fra Noodles/De Niro e il suo amico ristoratore. Fratello della donna amata da Noodles, vale a dire Deborah:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Io avrei puntato tutto su te.

– E avresti perso.

 

Ecco, se fossi stato nell’amico di De Niro, avrei spaccato la faccia a Noodles, cioè sempre De Niro.

Reinventiamo il dialogo in maniera falotica:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Ma come cazzo ti permetti? Mi dai del fallito? Guarda che per gestire un ristorante ci vogliono du’ palle così, parafrasando il grande amico di Verdone di Un sacco bello, amicissimo peraltro proprio di Leone, il mitico Mario Brega.

. Guarda, non volevo offenderti.

 

Al che arriva Frank Vincent di Quei bravi ragazzi…

– Noodles stava scherzando, cristo. Non ti vedeva da tanto… a te ti va subito il sangue alla testa.

– No, no, no. Io l’ho insultato un po’…  ho sbagliato anche io – si giustifica Noodles alla stessa maniera di James Conway.

– Va bene, amici. Un paio di drink, offre la ditta…

 

Ah ah.

Al che, in tarda notte, entra a sorpresa Joker/Joaquin Phoenix.

 

– Ehi, guarda che non è carnevale, scimunito. Non è neppure la notte di Halloween. Qui siamo tre amici al bar come nella canzone di Gino Paoli. Tornatene nella tua tribù. Vai a trovare quel povero disgraziato di Michael Myers.

– Non sono un matto. Mi sono conciato così perché sono felice. Hai sentito, Bob? Siamo stati selezionati in Concorso!

– In Concorso? A Venezia? Dove io girai con Deborah/Elizabeth McGovern un’iper-romantica dichiarazione d’amore nella spiaggetta dietro l’Hotel Excelsior? Quella appunto di Once Upon a Time in America.

– Sì, cazzo, lurido figlio d’una cagna, grandioso interprete di Taxi Driver e Re per una notte. Barbera c’ha ficcato in lizza per il Leone.

– Che Leone? Sergio o quello d’oro? Va be’! Allora, avvicinati. Unisciti a noi. Festeggeremo sin all’alba.

 

I quattro cenano pure, gozzovigliano e chiamano dieci Escort per movimentare un po’ l’arrosto.

Quindi, consumata ogni carne nell’aprire le loro botteghe, si stravaccano nel retrobottega, ascoltando le parole di Barbera.

Barbera declama che sarà un festival incentrato sulle donne e appoggia perciò il movimento MeToo.

Una delle Escort, di nome Susannina, s’infoia, si scalda dopo essersi caldamente scalmanata coi quattro:

– Sì, basta col maschilismo! Allora perché Barbera ha inserito come film d’apertura una pellicola con Catherine Deneuve? Una che ha sostenuto Alain Delon, dichiarando che è giusto essere uomini anche un po’ stronzi?

 

Parla ora De Niro.

– Ehi, zoccolett’! Con Catherine ho girato in gondola una scena di Cento e una notte. È una grandissima donna.

– Lo sanno tutti che Catherine è una Bella di giorno!

– Perché tu, no?

 

Fa irruzione nel ristorante Ciro Guerra. Regista di Waiting for the Barbarians.

– Cazzo. Alcuni giornalisti sono più scemi dell’ex conduttrice de Le invasion barbariche. Dio barbaro!

Hanno scritto che saranno quattro i registi italiani in Concorso al Festival, ovvero Martone, Maresco, Marcello e il sottoscritto.

Io sono colombiano.

– Sì, ma porti un nome da napoletano.

– Ciro è molto usato in Colombia. Comunque, voi sapete chi sia questo Marcello Pietro?

– Pietro Marcello, vorresti dire.

– Non lo so. Pietro è il nome e Marcello il cognome o viceversa? Oddio, che macello!

– Sì, è una società andata a puttane. Ci vuole un J’accuse da Polanski.

– Mah, a dire il vero queste Escort sono svedesi. Servirebbe una bella polacca come in Radiofreccia. A proposito, Stefano Accorsi non ci sarà in The New Pope? Eh no, eh. Come mai?

E Louis Garrel si presenterà al Lido assieme a Laetitia Casta?

– A proposito di donne caste – riprende a parlare l’Escort sovreccitata… – Che ha questa Laetitia più di me? Nella vita fa lo stesso mio lavoro ma io non vivo in Francia da riccona.

– Ma chi pensi di essere? Laetitia è Laetitia. Una che manda fuori dalle orbite anche Brad Pitt di Ad Astra. Sei orba? – le risponde acidamente la sua Escort rivale, una molto triviale.

– Dai, su. È rimasto del caviale!

 

La verità che la nostra generazione ha perso. Anzi, la vostra.

Robert De Niro aveva quarant’anni quando girò C’era una volta in America. Anche se uscì nei cinema l’anno dopo.

James Woods ancora meno. Gente cazzuta, questa.

Voi, invece? Ma come vi siete ridotti? Avete quasi cinquant’anni e fate le video-recensioni dei film da quattro soldi nella vostra cameretta, in ciabatte! Dio mio. Mosci, borghesotti, cacasotto.

Sapete perché?

Nanni Moretti di Caro diario docet:

Voi gridavate cose orrende e violentissime e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne!

 

Anzi, io sono un meraviglioso uomo senza tempo.

Guardatevi. Non valete un cazzo, appena ve la vedete brutta, vi celate dietro un pc e v’infervorate nelle peggiori offese disumane. Sapete fare solo questo.

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cento e una notte

 

di Stefano Falotico

È morto Franco Zeffirelli ma io no e ieri sera a Ravenna è stato presentato il mio racconto Disturbo denirante


16 Jun

Anton Giulio Onofri, su Facebook, ha sostenuto che Franco (non) sia stato niente.

Sì, questo regista non era un granché. E chi lo acclamò prese un granchio.

Al suo Romeo e Giulietta, gli ho sempre preferito quello di Baz Luhrmann.

Al suo Gesù di NazarethL’ultima tentazione di Cristo.

Al suo Fratello sole, sorella luna, Massimo Troisi di Ricomincio da tre quando sostiene che la migrazione degli uccelli sia avvenuta per colpa di San Francesco.

Gli uccelli ne avevano le palle piene di questo qui che parlava loro. Le donne invece, a quanto pare, si riempiono quando migro in loro.

Sì, possiedo il fascino di Mickey Rourke nel biopic sul santo d’Assisi di Liliana Cavani.

E, a proposito di Chiara, Helena Bonham Carter è stata Ofelia nell’unico film, a mio avviso, bello di Franco. Perlomeno vagamente passabile. Il suo Amleto con Mel Gibson.

No, non ho gli occhi celesti di Gibson ma adoro viaggiare in tangenziale a tutta velocità neanche se fossi in Interceptor.

Quando sollevo i pesi, acquisisco anche un sex appeal bestiale da Tom Hardy di Mad Max: Fury Road.

La mia vita è stata tragica, una Callas Forever ma, nonostante le sfighe colossali e qualche figa amabile, nel senso che sarebbe stato possibile amarla tutta la vita ma sono troppo capa rossa per sposarmi, diciamocela, la tragedia non solo scespiriana è incarnata/s’incarnò in me.

Me ne incarnai, sono incarnito, ah ah.

Sì, ho i capelli rossicci da Rosso Malpelo, altro che Storia di una capinera, famoso volatile “passeriforme”.

Già, malgrado abbia perso molto in questa mia esistenza, non vado con la prima Traviata che possa capitarmi a tiro…

Ah, le donne vogliono un(a) Verga ma qui ne vedo poche di femmine vere.

Sì, la mia vita ha seguito un percorso introspettivo, formativo, sentimentale-erotico da fare un baffo a Jane Eyre.

Comunque, il mio amico Gennaro, di professione pizzaiolo, sta messo peggio di me.

Molti uomini, dopo la prima volta, si montano oltre a quella con cui l’hanno fatto, eh già, pure la testa. E diventano fascisti. Bevono insomma un Tè con Mussolini ogni giorno.

Di mio, per alcuni anni ho fatto la fine di Ida Dalser/Giovanna Mezzogiorno in Vincere.

Altro che Filippo Timi, soffrii di atimia.

Sostenni che fui rifiutato dai fascisti e fui accusato di soffrire di disturbo delirante.

Sì, fui scambiato per un personaggio manicomiale solo perché asserii che miei ex amici gelosi a morte del sottoscritto, degli Jago insomma, persone che cercarono nel pagliaio l’ago, non vollero che scopassi la mia Desdemona.

La mia donna non era una Ricciarelli, era una ricciolina molto più bona di Cicciolina.

Scusate, sono un bello e impossibile con gli occhi neri dal sapor medio-orientale come Otello o forse un incosciente che non ha fatto i conti con l’oste del sociale hotel, dunque un povero sfigato adatto a una racchia come Gianna Nannini?

Dico!? Si fanno questi scherzacci da bambini?

Sì, io amo Shakespeare, sono Il mercante di Venezia. Film mai girato da Zeffirelli che, in compenso, filmò La bisbetica domata.

E qui ci rifacciamo agli occhi di Mel Gibson. Sì, questa gente mi urlò come Celentano… chi non lavora, non fa l’amore.

Allora, da ragazzo della via Gluck, anche con in gola il glup o forse solo in bocca un chewinggum, non credetti in me stesso e fu tutta una personale svalutation.

Mi depressi e, mentre gli altri mi sfotterono e trombarono… pure le loro Claudia Mori, io rimasi solo un Moro senza morosa. Mi consolai, mangiando una Morositas e cantando… azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te. Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.

Il treno di Giada Desideri nel treno di Luca Ward va!

No, non presi il treno. Il treno, dalla nascita, lo persi. Pigliai la macchina e mi feci un giro in cerca di qualcuna. Ma trovai solo trans che sapete benissimo dove lo prendono. O no?

Mi resero, dunque, un uomo invalido. Quasi muto, nonostante avessi e abbia una bellissima voce.

Mi fecero credere che nessuna Ornella Muti sarebbe venuta con me. Venne eccome. Io sarò pure un bisbetico domato a volte, oltre che misantropo, un po’ stronzo e misogino ma, basta che una donna mi pensi e va’ pensiero sull’ali dorate. E sicuramente lei viene a squarciagola.

Con me le donne divengono delle soprano anche se il mio stile di vita, detta come va detta, non mantiene un gran tenore.

Sono un Nabucco, un Verdi di rabbia come Hulk e appunto un uomo rosso che tutte le arrossa. Arrossiscono, certo. Appena mi vedono, provano imbarazzo. Non ho mai capito se sia perché sono attratte da me o per il fallo, no, fatto che mi prendano per un coglione.

Già, perché sbattersi una comune scema ché poi diventi nuovamente malinconico quando puoi battertela con Carmelina?

Sapete cos’ho scritto, nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness? Che The Ward non è un grande film ma…

Come diceva al solito illuminatamente Carmelo Bene… a sua volta citando Deleuze:

On n’échappe pas de la machinenon si sfugge da-alla macchina.

Chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente, è mera demagogia…

Non si scappa. Uscendo dalla catena di montaggio, la macchina, la catena di montaggio si fa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia… aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della vita. L’oppressione… financo nell’amore, nella rivoluzione ancora di più e, soprattutto, l’oppressione si sente, si risente, nell’entusiasmo…

Dunque, mi pare giusto che il sottoscritto rimanga un Joker amante di Bob De Niro. Se pensate che sposarvi vi renderà persone felici, state freschi. Anzi, state al fresco.

Ogni istituzione serve solo a istituzionalizzarvi. Io credo che l’uomo sia una scimmia dotata della facoltà di credere a Dio. E, dai suoi credo, nasce la civiltà. Per il resto, è un film retorico da Zeffirelli.

Sono stato Re per una notte.

Anche Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Sì, non sto scherzando. Come già scrissi, il mio breve racconto intitolato Disturbo denirante è risultato fra i vincitori del concorso letterario indetto da RuleDesigner e inserito nel primo volume di un pregiato, nobilissimo libro della Historica Edizioni. Attualmente già in vendita. Racconto ch’è stato inserito assieme a quello di altri 19 autori-colleghi.

Negli altri volumi, sono stati inseriti gli altri vincitori.

Ora, la domanda d’uopo che vi sovverrà subito, lo so, è questa.

Stefano Falotico, autore del succitato Disturbo denirante, si è presentato alla manifestazione o ha dato forfait come suo solito e secondo il suo inappuntabile, discutibile stile?

Ça va sans dire, il Falotico incarna la parola schivo, è infatti talmente riservato da assomigliare ai migliori film intimistici di Nanni Moretti e, al momento, è molto simile al suo personaggio di Ecce Bombo. Infatti, a molti, per questo suo ritroso atteggiamento, Falotico risulta fastidioso, addirittura permaloso e a tratti odioso. Insomma, ad alcune persone fa schifo, essendo lui schivo. Ma del giudizio di chi non ci vuole bene non dobbiamo divenire schiavi. O no?

Falotico appare, scompare, vede gente, fa cose, poi si isola, ama la solitudine eppur non tanto non regge, malgrado voglia distinguersi dal gregge, la mancanza troppo protrattasi nei mesi di compagnie, anche di una bella, dolce compagna. Questo lo manda in fasi mentali di scompenso. Al che in lui si alternano momenti di gloria a frangenti oserei dire st(r)ingenti, vi si accavallano crisi depressive, malinconie galoppanti che lui cura coi film di Bergman e con Silence di Scorsese. Ah ah.

Insomma, Falotico ci è o ci fa? Ci è andato o no?

Non vi svelerò l’arcano. Dovete indovinare voi. Secondo voi, quindi, ha preso su il microfono sul palco e, come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, ha dato sfoggio del suo istrionismo, facendo il gigione, imbrodandosi sopra le righe, oppure al pari di Woody Allen, proverbiale (in)giustificato assente agli Oscar, è rimasto in casa a scrivere, semmai, un altro racconto?

Non posso rispondervi e fornirvi delucidazioni in merito.

A volte, non so nemmeno io dove mi trovi. La gente meschina mi calunnia, dicendomi che non esco mai dal mio guscio come Tim Roth de La leggenda del pianista sull’oceano e invece, proprio in quell’attimo in cui la maldicenza viene espulsa da esseri calunniosi, in verità soltanto gelosi, ah, fottute malelingue, sto usando la mia lingua con un’amante di Baricco.

Quello che posso asserirvi con certezza scientifica è che non sono ricco come Baricco, nemmeno come De Niro. Che ora, a quanto pare, deve dare all’ex moglie ben 500 milioni di dollari di risarcimento.

Ma risarcimento di che? Questa donna, Grace Hightower, non era nessuno prima di sposare De Niro. Ma che vuole?

Anche io non ero nessuno prima d’incontrare Bob.

Da quando sono coniugato, di affinità elettive, ai suoi migliori personaggi, posso affermare orgogliosamente di essere migliorato molto come persona.

Sì, prima di adorarlo e venerarlo, idolatrarlo in Taxi Driver, ero davvero solo come Travis Bickle.

E passavo il tempo a credermi Sylvester Stallone di Rambo. Ridendo coi film con Christian De Sica.

Anche ora non ho tantissimi amici, a esservi proprio sinceri. Ma è colpa mia. Sono molto introverso anche quando me la tiro… da duro come Max Cady di Cape Fear.

Comunque, Disturbo denirante, a mio avviso, altrimenti non l’avrei scritto, è un ottimo racconto.

Dato che ne detengo appieno i diritti d’autori, posso pubblicarlo quasi integralmente anche qui.

Se vi va, leggetelo. Se vi va di sapere come va questa storia, compratelo.

Disturbo denirante

Ecco, ho necessariamente l’impellenza d’alleggerirmi la coscienza e sgravarmi dal gravame stesso di assidue preoccupazioni che, da tempo immemorabile, mi stanno affliggendo infinitamente, inducendomi in un imperterrito circolo vizioso di resilienze emotive assai dannose.

Sì, da tempo infinito, son assillato da perenni, turbolente, assillanti incognite che, strisciando e aleggiando angosciose nella mia anima, disossandola e scarnificando il mio cuore, ininterrottamente mi tormentano. E m’han lasciato spossato, svilito, svuotato. Essiccato come se fossi completamente arso e denudato, totalmente inerme dirimpetto al crescente, strozzante lor martellarmi dentro irrefrenabile, morboso, ferente. Come se, non potendo io contrastare questo lor salirmi nel cuore in maniera ardentemente focosa e crudamente nodosa, mi stessi dissanguando e sciogliendo vivo, strangolato da lancinanti, infermabili dolori interiori.

Come se all’improvviso, questa mia vita, rimanifestatasi in tutta la sua slanciata e poderosa, dinamica irruenza portentosa, ancor la temessi e, impaurito dal troppo esperirla d’emozioni tanto violentemente gioiose quanto avidamente conturbanti, col suo carico di spine inevitabilmente taglienti e maliziose, pregna di delusioni sempre latenti e tremende, non la sapessi vivere nuovamente.

Come se, per sopperire a quest’ansia ciclopica, per rifuggirla codardamente, perennemente mi trascinassi in un malinconico delirio sognante dentro cui, immaginando una realtà più serena e soave, poi danzassi nel suo immaginifico ventre, lasciandomene felicemente trasportare, irradiato di fulgida, illuminante estasi che, da tanta straziante angoscia e quotidiana vita livorosa e feroce, mi consola.

Un delirio piacevole, certo, sebbene illusorio.

Anzi, a essere più precisi un De Niro.

Sì, avete letto bene. Non è un lapsus. Ho scritto De Niro. Robert De Niro.

Io credo di essere suo ammiratore sconfinato e impareggiabile da tempo insuperabile.

Sì, divenni suo fan e strenuo seguace moltissimi anni fa.

Quando, al tintinnare dei primi, ferali fremiti adolescenziali, allo scoccare nevralgico dei primissimi turbamenti ansiosi, egualmente acuminati ed efferatamente selvaggi, per caso guardai Taxi Driver alla televisione.

Il suo protagonista, come sapete, è Travis Bickle, un uomo del sottosuolo, interminabilmente insonne e pensieroso. Una sorta di straniero iper-nervoso. Schizofrenicamente forse pericoloso.

Un ectoplasma martoriato dal suo esistenzialistico, doloroso ed esiziale navigar nelle fluorescenti luci della più cupa notte di New York, una specie di Caronte macilento, un teschio vivente, uno zombi magrissimo ed emotivamente assai instabile e poi furiosamente incandescente, forse solo un diavolo innocente a traghettare anime dannate lungo la dedalica capitale mondiale dei disagi metropolitani per eccellenza.

Un angelo infernale, un tassista cherubino che, nella sua anima, distrutta e flagellata da mille demoni, sta indubbiamente male.

Ecco, all’epoca, subito in lui m’identificai. Perché, parimenti a Travis, in quel periodo così emozionalmente complicato che è l’adolescenza col suo ineludibile, frenetico accavallarsi di purezza rabbiosa, mi sentii tanto similmente speculare alla sua anima spettrale.

 

Detto e fattovi leggere ciò, amici, nemici e anche emotivamente anemici, andiamo tutti quanti al cinema a vedere The Irishman appena uscirà di casa? No, scusate, volevo dire se non lo proietteranno, in versione da pochi pollici, solo per visioni casalinghe da Netflix ma lo distribuiranno in grandi sale per un super pollice SU?

Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

bisbetico domato celentano

onofri zeffirelliscespirelli

 

 

 

concorso ruledesignergibson close amleto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

stefanoandrini de niro taxi driver gif

 

 

Il Cinema e la Musica italiana ci deludono sempre, platealmente, anche la Settima Arte americana sta andando assai male, per fortuna esiste Scorsese


01 Jun

rambo 5 poster

Italoamericano doc con la sua compianta madre che gigioneggiava sempre di cammei strepitosi, preparando le polpette come il piombo che fanno bum bum in Quei bravi ragazzi e arrabbiandosi dinanzi alle bestemmie di suo marito in Casinò. Donna che sapeva far di conto non solo alla cassa bensì nella sua famiglia. Non quella dei Corleone, però, istruendo Martin alla giustezza. Poiché Martin, come Harvey Keitel di Mean Streets, era combattuto se associarsi alla piccola manovalanza del crimine di Little Italy oppure se farsi fariseo prete. Seguendo la tradizione ipocrita di molti figli d’emigrati che, non trovando una buona sistemazione, finirono col pontificare da quale pulpito…

Donna che educò zio Marty a sacri, inscindibili valori veri e veraci. Martin comprese, come in The Departed, che non possedeva, nel bene e nel male, il fisico e la cattiveria per superare i test attitudinali d’una polizia fascista, ma non aveva neppure i requisiti genealogici e caratteriali per diventare un gangster cinico e cattivissimo. Traviato e debosciato, soltanto in riga irreggimentato.

Un uomo, il Martino, sempre dubbioso. Anche se bere un Martini o un’Oransoda. Un uomo sodo che forse voleva assurgere a moderno Gesù precipitato nell’inferno di Hell’s Kitchen come il suo paramedico di Al di là della vita. Ma comunque amava troppo le donne per santificarsi e si concesse il lusso dell’Ultima tentazione di Cristo con Rossellini Isabella. Una che all’epoca era bellissima. Più figa di Barbara Hershey.

E divenne appunto un cineasta di risma, non un teppistello da squallide risse né un predicatore dei poveri…

È per questo che adoro, venero, idolatro più di una comare palermitana nei confronti del sacro rosario, il suo Cinema violento, cazzuto, religiosamente arrabbiato e viscerale, corporeo e al contempo intriso di pura metafisica incendiaria come Toro scatenato, il suo romanticismo sfrenato come quello di Sam Ace Rothstein per la sua Ginger/Sharon Stone. Un uomo talmente innamorato, il Sam, da regalare la chiave non solo del suo cuore, bensì quella patrimoniale, alla protagonista di Basic Instinct. Una a cui io darei solo quello… e basta. Capace che poi, come in Casinò, lega nostra figlia a letto mentre lei se la spassa col tuo amico d’infanzia, un povero cazzone, e con un pappone di bieca ordinanza, un James Woods di nome Lester Diamond. Un uomo poco adamantino, un puttaniere incallito, un viscido truffaldino.

Che capolavoro Casinò. Un film peraltro doppiato da Dio, con un Manlio De Angelis al suo massimo storico, un Gigi Proietti migliore di tutti gli Stefano De Sando e i Ferruccio Amendola possibili, e quella figa pazzesca…

Ah, Sharon, già il nome m’accende e volo/a alto. Profuma di stronza di classe, di provocatrice d’alto bordo. Mica come queste popolane attricette che stanno in Italia. Paese che, come giustamente asserì Pier Paolo Pasolini, finge di essere progressista e culturalmente avanzato, invece rimane puntualmente, ciclicamente, ciecamente fermo ai suoi bassi rituali, al suo raccapricciante, scandaloso classismo sociale, alle sue varicose vene e alle sue vane, effimere lotte operaie dinanzi a gente come Berlusconi e suo figlio. No, non Pier Paolo, Pier Silvio. Uno che sa come accontentare il popolino, riempiendo le tasche di quell’ipocrita di J-Ax. Il quale a sua volta, con gli anelloni al dito e i miliardi che gli escono pure dalle orecchie, continua ad ammorbarci coi suoi tormentoni, adesso con Tormento.

Canzone furbissima ascoltata da una generazione disperata di ragazzi, ahinoi sprovveduti e troppo ingenui, che non sanno come scaricare le loro benedette ire se non scaricando la musica di uno che, dietro la facciata dell’underground da centri sociali, invero solamente /vili prende per il culo. Assolutamente.

Così come fa il Cinema italiano. Nanni Moretti lo definiva e definisce tuttora Cinema ricattatorio e ruffiano.

Cioè quel Cinema che pare ammantarsi di un’aura impegnata e pedagogicamente inappuntabile, in realtà compiace soltanto i malumori della gente frustrata, consolandola con quello che la gente vuole sentirsi dire. Suonandosela e cantandosela, appunto.

Uguale alle canzoni di Vasco Rossi. Uno che ancora riempie gli stadi perché l’uomo medio, rappresentante della maggioranza, s’identifica in questo asino che raglia e che parla, declama la libertà con più soldi di Bono Vox degli U2. E fu lanciato perfino dagli Stadio…

Sono stanco perfino di Marco Bellocchio e Gianni Amelio. Un tempo erano forti, Così ridevano, schierati davvero contro un sistema corrotto. M’hanno anche loro rotto.

Col loro Cinema a metà strada tra una fiction con Giorgio Tirabassi di Pietro Valsecchi e un programma elettorale, un Cinema falsamente politico che va perennemente, noiosamente a parare sui capi dei capi, su Cosa Nostra, sulla malavita organizzata, su Tangentopoli e gli intrallazzi perfino dell’ex papa Ratzinger, dei paparazzi e gli strafalcioni lessicali di Antonio Razzi.

Anche The Irishman sarà un film di mafia, come si suol dire.

Ma qui viaggeremo su alti livelli, a grandi velocità come in Ford v Ferrari del grande James Mangold.

Ecco, siamo stanchi di questo vecchiume italico, di questi bellocci e di questi sterili, deprimenti balletti.

Di questi vecchietti a vent’anni e di questi tromboni in verità solo emeriti coglioni.

È arrivato Rambo.

Anche se il trailer del quinto è una bella porcata…

rambo-last-blood

woods stone casinodi Stefano Faloticode niro stone casino

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