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I prossimi progetti cinematografici di Bobby De Niro, a dispetto del Covid-19 e del Gucci di Ridley Scott da girare in Italia a Marzo (con la mascherina dalle 5 alle 22, salvo controindicazioni e contrordini)


06 Nov

Ebbene, che dite? Questo nome, anzi, questo nome e cognome, cioè Robert De Niro… non m’è nuovo.

Sebbene, in Italia, dopo tutti i rimandi dovuti allo scandalo Weinstein e le quarantene imposteci varie, attendiamo che la Notorious Pictures finalmente distribuisca il tanto atteso Nonno, questa volta è guerra!

Atteso da chi? Considerato, forse a ragion veduta, uno dei peggiori film a cui De Niro abbia preso parte. In originale, intitolato War with Grandpa, da non confondere col quasi omonimo Dirty Grandpa. Ovvero, il da noi divenuto Nonno scatenato. Film, quest’ultimo, massacrato dalla Critica alla pari di Toro scatenato? Mah.

Acclarato che sia War with Grandpa che Dirty Grandpa non passeranno alla storia, certamente, come Raging Bull, sebbene Nonno scatenato, a mio modesto avviso, non sia affatto brutto come si disse, dice e dica in giro, in quanto lo vidi e tuttora vedo come una requisitoria contro il falso perbenismo, forse intrisa di qualche volgarità di troppo, un po’ indigesta sebbene piccante quasi quanto la super sexy Aubrey Plaza, guardiamo avanti e non osserviamo ciò che sta dietro come Vi presento i nostri. Plaza, che didietro, però.

Sì, la carriera di Bobby De Niro, sino a Ti presento i miei, a eccezion fatta forse di un paio di film bruttini, penso che sia stata più figa della Plaza.

Una carriera stupenda, addirittura più bella di Leslie Mann. Co-protagonista, assieme a Bob, dell’inedito The Comedian. Poi, ve ne parlerò. Sarà infatti forse inedito per voi. Ma non per il sottoscritto.

Poiché ne acquistai il Blu-ray americano in quanto fan sfegatato di De Niro e amante delle belle donne. Le quali, nella mia collezione privata e segretissima, sono sempre immancabili.

Piaciuta la battuta alla Jackie Burke di The Comedian?

In effetti, per molto tempo sognai una donna come Leslie Mann ma fui come Steve Carell di Benvenuti a Marwen. E ho detto tutto…

Nei miei periodi, diciamo, più sfigati, feci al che l’amore, cinematograficamente parlando, con De Niro. Amandolo infatti alla follia, ah ah.

Sì, me ne trasfusi, me n’identificai totalmente, m’incorporai in lui e, di simbiosi compenetrante, perfino sulla sua vita privata m’informai dettagliatamente. Tant’ che penso questo… De Niro, oggi invecchiato e forse un tantino smemorato, credo che non si ricordi quanto fosse bella Naomi Campbell ai tempi in cui lui e Naomi stettero assieme.

Io me la ricordo benissimo, invece.

Ebbene, De Niro, dopo aver lavorato con Nancy Meyers per Lo stagista inaspettato, con quest’ultima girò un mediometraggio piuttosto impresentabile, disponibile su YouTube e Netflix USA. Vale a dire l’abominevole Il padre della sposa 3.

Altra roba da cestinare subito.

Film o pseudo tale filmato con la web cam a mo’ di videochiamate streaming live di WhatsApp.

Con Anne Hathaway, sua compagna sul set di The Intern, Covid-19 permettendo, lavorerà ancora assieme per Armageddon Time di James Gray. Andiamo già meglio.

Gray è un grande. Dunque, dopo averci deliziato con la sua performance subtle in The Irishman e dopo il suo ruolo centrale in Joker, De Niro lavorerà ancora con Scorsese e DiCaprio per Killers of the Flower Moon. Film che sarà ambientato in una riserva indiana.

Ovvero, ciò che sta diventano l’umanità che, affetta dal Coronavirus, alla pari della popolazione massacrata dai cowboy, è quasi in via d’estinzione.

Ah ah.

Dunque, Gucci di Ridley Scott con Lady Gaga nei panni di Patrizia Reggiani.

Lady Gaga, all’anagrafe Germanotta. Donna però di chiare ascendenze meridionalotte, in A Star is Born perfino un po’ pienotta, oserei dire tracagnotta.

Insomma, leggermente sovrappeso e chiatta ma comunque sempre sensualissima come Tania Cagnotto.

Nelle prossime settimane, invece, il Bob dovrebbe girare a Puerto Rico, ove pare che il Coronavirus non stia mietendo molte vittime, il film Wash Me in the River.

Film che vedrà, per la prima volta in assoluto, duettare Bob con John Malkovich.

Nel cast, inizialmente doveva esservi anche Machine Gun Kelly. Giustamente rimpiazzato dal ben più valido Taylor Kitsch.

Sì, Machine Gun si vanta di aver avuto una notte di sesso con la pornoattrice Rachel Starr e di fare all’amore con la sua attuale compagna, forse tutte le notti, Megan Fox.

Sì, sono bravi tutti. Quando sei miliardario, le attrici del c… o, come si suol dire, ti fanno la corte. Ne sarebbe capace pure mio nonno, fra l’altro, morto.

Peraltro, Machine Gun è proprio un cretino. Coi soldi che ha, si accontentò solo di Rachel. Chi si accontenta gode? Ah, mi accontenterei di Rachel anch’io.

Sì, basta, non vogliamo vederlo al cinema. In un film con un uomo di altra categoria come De Niro, sarebbe c’entrato come i cavoli a merenda.

Signor Machine, mi dia retta. Continui a bombardarci di pessima musica, tanto io non l’ascolterò, e duramente perseveri a bombare la Fox, lasci stare la celluloide, però. Se proprio la sua Megan dovesse, col passare del tempo, sviluppare un po’ di cellulite, contatti il chirurgo plastico di Rachel Starr e la finisca di darsi alla Settima Arte.

Sì, non capisco perché The Comedian non sia stato mai distribuito in Italia.

È la storia della mia vita.

de niro comeback trailde niro seymour war with grandpa

 

THE COMEDIANthe comedian de niro devito

Ebbene, oggi recensiamo un film assurdamente mai distribuito qui da noi, sciaguratamente snobbato, totalmente ignorato da qualsiasi distributore italiano, introvabile, poiché mai uscito, persino in home video, ovvero il valido, esilarante e al contempo malinconico The Comedian di Taylor Hackford.

Regista, peraltro marito della grande Helen Mirren, che, a sua volta, riteniamo che ingiustamente sia stato sottostimato per molto tempo, malgrado possiamo, a suo modo, certamente considerarlo un autore a tutti gli effetti, pienamente. Sì, molto particolare, mai del tutto affermatosi e riconosciuto come tale. Il quale però, lungo la sua lunghissima carriera, sì, altalenante e comunque discontinua, disomogenea e perciò non facilmente ascrivibile forse a una poetica definita e perfettamente riconoscibile, ha azzeccato più di un film. Questo gli va riconosciuto altamente.

Ottenendo clamoroso successo planetario col celeberrimo Ufficiale e gentiluomo, dirigendo Al Pacino, Charlize Theron e Keanu Reeves nell’interessante anche se indubbiamente un po’ pacchiano e pasticciato, prolisso e confusionario L’avvocato del diavolo, raggiungendo la prima e unica, assai tardiva nomination all’Oscar come best director per il bel biopic Ray con Jamie Foxx, conoscendo la stessa sua sposa e compagna Mirren sul set del suggestivo Il sole a mezzanotte. Firmando Rapimento e riscatto con Russell Crowe e Meg Ryan ed essendo stato l’autore di quello che, a tutt’oggi, possiamo senz’ombra di dubbio ritenere il suo lavoro migliore, vale a dire L’ultima eclissi con una strepitosa Kathy Bates.

Per tale The Comedian, dopo che il suo produttore Art Linson (Gli intoccabili, Heat, Fight Club, Into the Wild) prese contatti coi suoi amici Martin Scorsese e Sean Penn al fine di affidare a questi ultimi la regia, dopo numerose vicissitudini e varie, continue revisioni della sua stessa sceneggiatura originale, rimodellata, potremmo dire, riveduta e corretta, limata e “ritmata”, rifinita dal fine Richard LaGravenese (La leggenda del re pescatore, L’uomo che sussurrava ai cavalli), leggermente modificata nei dialoghi al vetriolo, ironicamente trasgressivi e pregni di dark humor taglienti, dal cabarettista Jeffrey Ross (accreditato solo come Jeff) e da Lewis Friedman, decise di optare per Hackford.

Affidando il ruolo principale del protagonista a uno dei suoi attori preferiti, ovvero Robert De Niro.

The Comedian, nonostante i nomi coinvolti nel cast e, come detto, le pregiate penne in sede di sceneggiatura, a dispetto delle ambiziose premesse, non riscontrò i favori unanimi della Critica statunitense. Anzi, detta come va detta, andrò incontro a un sonoro flop, riscuotendo pochissimo in termini d’incasso e lasciando piuttosto freddi i recensori d’oltreoceano.

A torto, aggiungiamo noi. Poiché The Comedian, anche se indubbiamente non riuscito completamente in molte sue parti, disorganiche e forsanche appesantite da pedanti lungaggini superflue, sebbene risulti sfilacciato e non sempre funzionante a livello d’intrattenimento riflessivo e divertente che, allo stesso tempo, vorrebbe palesarsi come una dolceamara commedia leggera e brillante dalle crepuscolari tinte melanconiche à la Woody Allen mescolata a un Saturday Night Live sotto forma di lungometraggio riflettente un character study incentrato su un uomo dai tratti psicologici ed esistenziali con cura sfaccettati, è un’ottima commedia veramente intelligente.

Trama:

il comico Jackie Burke (Robert De Niro), un po’ in là con l’età, il quale per anni ha vissuto unicamente di rendita, basando la sua oramai appannata e residua popolarità su un personaggio spassoso inscenato in una sitcom, è adesso sul viale del tramonto e tira a campare alla bell’è meglio, esibendosi come guitto d’avanspettacolo.

Dopo aver aggredito fisicamente, oltre che verbalmente, lo spettatore di un suo show, viene obbligato a un lavoro socialmente utile. Ma, come si suol dire, non tutto il male viene per nuocere.

Alla mensa dei poveri, ove è stato assegnato come “servitore”, potremmo dire, conosce la sfortunata ma assai bella ed affascinante Harmony Schiltz (Leslie Mann).

Subito se n’innamora, perfettamente ricambiato.

Nonostante la forte differenza anagrafica che divide i due, Jackie ed Harmony diventano sempre più complici oltre che splendidi, sfrontati amanti passionali.

E Harmony, col suo calore e il suo amore, riesce a ridonare a Jackie la fiducia perduta.

The Comedian dura 119 min. e, oltre a De Niro e alla Mann, può vantare le presenze del mitico Danny DeVito, di Edie Falco, di Harvey Keitel e PattiLuPone oltre ai cammei di Billy Crystal e di Charles Grodin.

The Comedian non è un film, come già scritto, esente da difetti. Anzi, ma è una graziosa comedy nient’affatto banale con un De Niro, inoltre, ampiamente da apprezzare.

 

di Stefano Falotico

 

 

Lo stagista inaspettato secondo BadTaste e i recensori Francesco Alò/Gabriele Niola


18 Oct

Chi conosce la tendenza di molto cinema americano a realizzare commedie per la terza età sa già cosa aspettarsi. E sbaglia.
Inaspettato non è certo lo stagista del titolo originale ma l’esito di questo film scritto e diretto da Nancy Meyers, vera specialista in sciape commedie senili (Tutto può succedere, È complicato), e recitato dall’attore che più di tutti in questi anni si è lasciato andare: Robert De Niro.
Invece la storia di un anziano ex dirigente d’azienda ormai in pensione, con una moglie defunta e una grande voglia di fare, che accetta il lavoro da stagista in una società di internet, completamente diversa da quella che fabbricava elenchi del telefono in cui lavorava (paradossalmente nel medesimo edificio) è una miniera di sorprese.

Solitamente in queste commedie il vecchio trionfa sul nuovo, in un’apoteosi di buonismo e implausibilità che coccolano il pubblico coetaneo dei protagonisti, Lo stagista inaspettato non fa eccezione ma in esso il confronto tra presente e passato non è solo nell’età dei personaggi coinvolti, si misura ad un livello più alto. Permea ambienti, luoghi, mode, atteggiamenti e tempistiche. Quella diNancy Meyers è una prospettiva stavolta più ampia della questione. Quei personaggi che altrove sono pretestuosamente inseriti per dare possibilità ai protagonisti di emergere hanno un guizzo in più e le relazioni che stabiliscono non sono scontate. Ciò che accade tra lo stagista fuori tempo massimo (assunto in un impeto hipster di recupero vintage) e il fondatore di una startup di moda interpretato daAnne Hathaway (come sempre impeccabile), non è scontato, prende pieghe originali e nonostante abbia come missione i sentimenti più basilari, arriva al traguardo cogliendo più di quello che era lecito aspettarsi.

Sembra incredibile poterlo scrivere ma proprio questo atterraggio con stile nella terra del miele è merito degli interpreti. E se Anne Hathaway come già scritto è una vera garanzia, attrice giovane con la solidità e l’affidabilità di una veterana (sembra fare film da decenni), la meraviglia è vedere Robert De Niro tornare ad impegnarsi sul serio. Invece che limitarsi a sfruttare con pigrizia il consueto repertorio di smorfiette note, che rievocano nello spettatore ricordi di film migliori e illudono che stia recitando, crea un uomo d’altri tempi con un’aura quasi nobile, uno stile da Sinatra unito ad un’eleganza che pare naturale. Nel creare il fascino del suo personaggio De Niro crea anche il senso di un’operazione di affiancamento di vecchio e nuovo. L’attrazione che il pubblico stesso prova per quello che il Ben di De Niro rappresenta, il suo modo di porsi, fare, pensare e concepire la vita, è il punto di Lo stagista inaspettato. Vintage e imbattibile come la 24 ore di pelle che usa, virile con classe come il fazzoletto di stoffa che ha sempre appresso, Ben non è il solito vecchietto arzillo da commedia senescente ma la personificazione del contrasto contemporaneo tra corsa al progresso e passione retro per tutto ciò che viene da un’altra epoca, il senso della nostalgia e della mancanza di qualcosa che non è mai facile identificare ma che fa rima con una dimensione esotica dei sentimenti.

Nostalgia della Hollywood classica: Lo stagista inaspettato, di Nancy Meyers


16 Oct

Sentieri-andoggi Selvaggi:anne-hathaway-e-robert-de-niro-in-lo-stagista-inaspettato

di

Il rapporto tra Nancy Meyers e il cinema classico è sempre stato così stretto che The Intern non ha nessun bisogno di svelarlo ulteriormente. La regista sta cercando di saldare il suo debito verso il romance e sta provando a farsi testimone di una serie di formule che ormai sono considerate sorpassate. La questione non è solo un fatto di forma narrativa ma è principalmente un problema di ribaltamento delle gerarchie tra uomo e donna. Le tipologie dei rapporti sono evidentemente cambiate ma Nancy Meyers insiste nel sottolineare un sentimento di nostalgia verso la commedia rosa del passato. Il suo cinema tenta continuamente quell’opera di persuasione che riusciva ad Eli Wallach in The Holiday del 2006. Il vecchio sceneggiatore hollywoodiano in pensione convinceva Kate Winslet della necessità intrinseca di quelle storie d’amore che aveva scritto per tutta la vita. La regista si impegna in questa operazione in modo paradigmatico e la chiave per capire la natura del suo lavoro non è soltanto nel bellissimo omaggio a Singin’ In the Rain. La scena in cui un vedovo orgoglioso come Robert De Niro si commuove davanti a Gene Kelly che canta You Were Meant For MeDebbie Reynolds è semmai il punto di riferimento a cui umilmente sa di non poter arrivare. L’uomo ha appena sentito l’ennesimo resoconto diAnne Hathaway sul suo matrimonio complicato e l’ha consigliata sull’opportunità o meno di perdonare il marito dopo un tradimento. Il suo ruolo di secondo padre non gli impedisce di rimpiangere il suo tempo e le sue convenzioni sentimentali. L’epoca lineare in cui si era innamorato di una ragazzina di Brooklyn e avevano deciso di invecchiare insieme: lui aveva trovato lavoro e avevano tirato su famiglia.


Il fatto che Nancy Meyers ci creda o meno è relativo perché per lei la cosa fondamentale è che il cinema porti avanti questa situazione come archetipo.
In questo senso il momento veramente didascalico è quello in cui la protagonista rinfaccia ai suoi amici la loro scarsa virilità. Il suo personaggio gestisce un’azienda di successo e si lamenta che adesso le donne sono donne troppo presto mentre gli uomini restano ragazzi troppo a lungo. Non è un caso che davanti a sé abbia un campionario di trentenni che sembra un meltin pot tra la factory di Judd Apatow e una puntata di The Big Bang Theory. La presenza di Robert De Niro non rinuncia ai soliti e fastidiosi tocchi di autoironia che ogni volta gli impongono una rivisitazione del monologo allo specchio di Taxi Driver. L’attore si trova a suo agio con una collega che non ha problemi a declinare nel ventunesimo secolo la personalità di Katharine Hepburn. Il suo bagaglio professionale basta e avanza ad imitare quella di Spencer Tracy e a dare credibilità ad uomo che non dimentica mai di portare un fazzoletto nella giacca. Le donne prima o poi piangono sempre e la cavalleria non dovrebbe mai estinguersi: la domanda è quante siano disposte a dare ancora retta a Nancy Meyers. La risposta potrebbe dire se i suoi film sono anche efficaci oltre che ad essere piacevolmente retro.

 

 

 

Lo stagista inaspettato, pollice su da Comingsoon.it


14 Oct

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Eccola qua.

Il nome della sceneggiatrice Nancy Meyersregista di soli 6 film dal 1998 a oggi, è molto stimato a Hollywood, sia in virtù di titoli di successo come What Women Want Tutto può succedere che dello sguardo attento con cui ha affrontato la commedia sentimentale e di relazione. Anche nel suo nuovo lavoro, Lo stagista inaspettato, tratta questi temi in una narrazione dilatata e intervallata dai consueti panorami di case, quartieri, alberi e foglie della Grande Mela nei vari periodi dell’anno, sottolineati da un’onnipresente colonna sonora. Si tratta di elementi ormai codificati in quello che ormai è diventato un genere cinematografico vero e proprio: la commedia sentimentale newyorkese con i suoi ritmi distesi e l’alternanza di divertimento e commozione, risate e riflessione.

Lo stagista inaspettato inizia con Ben, settantenne vedovo, pensionato e benestante, a cui manca la sfida quotidiana rappresentata da un lavoro da svolgere con passione. È per questo che, dopo 40 anni da dirigente in un’azienda che produceva elenchi telefonici, si presta a fare da cavia per un programma da stagista senior in una giovane startup di ecommerce specializzata in abbigliamento, la About To Fit. Lì viene assegnato alle riluttanti cure della direttrice e fondatrice dell’azienda, una giovane e stressata workaholic. Dopo essersi conquistato col suo savoir faire di altri tempi la simpatia dei giovani impiegati e l’amore di una donna matura, sarà anche fondamentale per salvare le sorti professionali e sentimentali della sua datrice di lavoro.

Ci sono film che hanno un target ben preciso e affezionato. Lo stagista inaspettato è rivolto essenzialmente a una fascia di pubblico prevalentemente femminile, forse più vicina all’età del protagonista che a quella dei suoi giovani comprimari. Sotto la forma della commedia il film ambisce ad essere sia favola che lezione di vita, con una morale espressa chiaramente sotto la cornice lieve e spiritosa: la storia mira ad infondere nuova fiducia nel futuro agli anziani e a convincere i giovani disorientati dai ritmi della vita moderna e dall’eccessivo ricorso alla tecnologia ad ascoltare chi ha vissuto in tempi più lenti e meditativi, dove più della velocità di reazione agli input informatici e al mondo virtuale contavano l’osservazione dal vivo e l’ascolto degli altri.

Non a caso Meyers ha scelto di ambientare il film in un sito e-commerce, che ha sede nello splendido loft dove prima si trovava l’azienda di Ben, che permetteva alle persone di comunicare pubblicando i loro numeri di telefono in giganteschi volumi. Il nuovo ha preso letteralmente il posto del vecchio, ma – ci chiede la regista – siamo sicuri che fosse tutto da buttare?

Il personaggio di Ben è una specie di jolly, il contenitore di tutte le doti dei bei tempi andati, che è pero straordinariamente in sintonia col mondo e coi giovani di oggi. Ci sembra però che quello di Nancy Meyers sia più che altro un wishful thinking: forse questo può essere vero e tutto può ancora accadere se parliamo di uomini benestanti, ricchi e in salute che hanno a disposizione i mezzi per imporsi e farsi ascoltare, senza farsi lasciare indietro da un mondo che corre. Ma in un paese come il nostro, dove all’età del personaggio di Robert De Niro è più probabile che una persona debba lavorare ancora dieci anni per avere la remota speranza di ottenere una pensione minima, che di essersi ritirata da 8 anni dalla cosiddetta vita attiva, l’assunto del film è più favolistico/fantascientifico che realistico. È ovvio che stiamo parlando di una commedia e di una storia di fantasia, ma gli elementi concreti immessi dall’autrice sono tanti e tali da indurci a fare dei paragoni del genere.

Al posto di Robert De Niro ci è venuto spontaneo immaginare Robin Williams, perché quello di Ben potrebbe essere uno dei suoi personaggi magici ed amabilmente eccentrici, capaci di diventare il centro di convergenza ed equilibrio di un mondo caotico e incapace di ascoltare. Al di là delle inevitabili nostalgie va comunque detto che De Niro è qui misurato e perfetto sia nella commedia fisica che nelle espressioni buffe o commosse richieste di volta in volta dal ruolo di un distinto signore di altri tempi che non alza mai la voce, porta il fazzoletto in tasca per offrirlo alle signore che prima o poi hanno bisogno di usarlo e si adatta con curiosità ed entusiasmo a situazioni che farebbero scappar la pazienza alla maggior parte di noi.

A seconda delle esigenze fattorino, consigliere, autista, ladro, babysitter e figura paterna, Ben è l’essere fatato che tutti sogneremmo di incontrare una volta nella vita, pur di essere abbastanza fortunati da riconoscerlo. C’è una buona sintonia tra De Niro ed Anne Hathaway, esagitata ma insicura donna in carriera, un po’ sprecata Rene Russo nel ruolo della “fidanzata”, e buono il cast di attori poco noti che li affiancano in una commedia che nonostante le tematiche attuali è davvero d’altri tempi, nostalgica di un mondo in cui Gene Kelly in Singin’ in the Rain intonava per Debbie Reynolds la dolcissima “You Were Meant For me” e le coppie restavano sposate per sempre, nonostante crisi e tradimenti.

The Intern TV Spot from Warner Bros


07 Sep

Invero la Warner, pubblicizzando molto questo film, ne sta sparando parecchi. Di filmati pubblicitari.
Ne metterò solo uno, quello più fresco, di poche ore fa.

the intern de niro

Lo stagista inaspettato (The Intern), fotogallery con De Niro & Hathaway


24 Jul

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)