Questo. È di questo che sto parlando. È questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni. Durante le nostre quattordici ore filate a guardare corpi morti, questo è quello che pensi. L’avete mai fatto? Li guardi negli occhi. Anche in una foto. Non ha importanza se siano vivi o morti, puoi comunque leggerli. E sai cosa capisci?
Che loro l’hanno accolta. Uhm, non subito ma proprio lì, all’ultimo istante. È un sollievo inequivocabile. Certo, erano spaventati e poi hanno visto… hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciare, lasciarsi andare. Hanno visto in quell’ultimo nanosecondo, hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà. E allora puoi lasciarti andare. Alla fine non devi aggrapparti così forte. Per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa. Erano semplicemente un sogno. Un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. E grazie al quale hai pensato di essere una persona.
Puzzolento: variante arcaica di puzzolente. Miei pezzenti.
La demenza della società di massa e la paura inflitta e restituita
Tutto sbagliato dalla A alla Z. Anzi, da teorema del delirio con tanto di Pi greco.
Un tragico sbaglio, una cosmica tragedia. Un momento duraturo di sbadiglio e le porte dell’inferno, nello strazio irrimediabile, irredento di fiamme ardenti, si spalancarono tremende.
No, tutto uno sbaglio. Sin da quando l’anima, dissociatasi dai miei coetanei, frivoli, carnascialeschi, immondamente festaioli, ossessionati da abissali, infime competizioni sessuali, da tribali rivalità malsane a base di giochetti adolescenziali immaturi, si spalmò nella notte, nel lucernario incandescente di un sogno languidamente malinconico.
Al che, con irruenza funesta, con ricatti maldestri, con provocazioni indigeste, ecco che adulti pasciuti, goderecci, insensibili, porci e lerci, con le loro clamorose allusioni, attentarono alla mia immacolata verginità. Stuprandola con imbecille, invereconda ottusità.
Provocando con far bieco e ipocrita. Al fine che smettessi di languire in una zona solitariamente ermetica ai confini dell’immaginazione più favolistica. E, come un bravo soldatino, mi attenessi agli ordini, alle prescrizioni di un mondo che non concede vacanze, eremitaggi, soste impreviste e passeggere sviste. E che t’inciterà, caudino, sempre a immiserirti nel porcile più suino e obbediente supino al lestofante, potente imbroglio. Perché anche tu, adattato e conformato alle istanze, piegandoti alle invettive, accetterai volente o nolente le comuni direttive. E, in questo filisteo patto sociale, non sia più di disturbo a nessuno con le tue sacrosante ire, con le tue inaudite verità considerate cretine.
Strozzato da un asfissiante lavoretto logorante ad attendere il tempo libero per cazzeggiare stolto nel cortile.
Corteggiando belle signorine a cui offrire rose e fiorellini, a tracannar birra in qualche localino, ad ascoltare musichetta in radio e a ridere scherzare, stupido e piccolino, come tutti questi falsi adulti che, invero, son soltanto sciocchi, presuntuosi, cafoni bambini.
No, non ha funzionato. E io sapevo che non avrebbe funzionato. Perché son sempre stato un tipo troppo sofisticato per potermi sbloccare solo con una squallida scopata.
Perché io sapevo che un ambiente carino e tenero non avrei mai incontrato. Bensì un lupesco pasto ingordo della mia carne e della mia anima divorata, smembrata, macellata e poi ancora screziata.
Così, platealmente schernito, non accolsi subito l’affronto, il lurido, cannibalistico, sporco vostro mondo.
E non mi ammutolii ma, scalciando, ribelle osai sfidare temerario l’immane povertà morale di questo triviale, frenetico e superficiale, puzzolento, infame posto sconcio.
E cominciarono altre punizioni. Inferte senza minimamente pensare alle conseguenze.
Una coscienza che si placa, addormenta o meglio s’è acchetata in un placido quanto nervoso dormiveglia candido, che poi si risveglia e urla furiosa non la si può zittire, sedandola con scriteriata superbia idiota. Non si può reprimere uno stupendo, vitale capriccio per ammansirlo nell’adattamento più meschino.
Perché, terminata la sedazione, finita la mostruosa punizione, non vi sarà più un bambino né un adulto.
Neppure un burattino
Ma un’implacabile titanica ira di Dio.
Come Dracula. È notte fonda, è cominciato il coprifuoco.
Se io perirò nella solitudine per colpa di spregevoli trappole ricattatorie e moralistiche, fuggirò ancora, ruggirò ancora, tremerò ancora.
Loro hanno riso e scherzato in maniera oscena quanto potevano ridere e scherzare.
Non si può scappare dalla verità.
Come dice il grande James Woods… ovunque andrai, io ti troverò, ti verrò a cercare…
di Stefano Falotico