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Una lieve rimembranza della mia Venezia 76 da JOKER, fratello di Batman, eh sì, quanti amici veri lontani da ogni stupida, prosopopeica arroganza


01 Sep

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Eh sì, son rientrato a Bologna dopo il mio breve viaggio in quel di Venezia. Ove, nella calle Sotoportego del Pistor, stazionai in un albergo affitta-stanze. In cui condivisi il cucinotto e il soggiorno con due coppie più anziane d’ordinanza che, allegramente, prepararono pranzetti e cenette mentre io, nella mia stanza, scrissi le recensioni dei film che vidi in laguna in tutta calma riflessiva e poi con frenesia inquieta e abrasiva in perfetta linea col mio stile incendiario, dinamitardo, quasi psicotico, a tratti armonico e atomico, nuovamente fulgido e barocco.

La mia prosa, così come il mio acquatico pensiero profumato d’immacolato lindore e ancora superbo, intangibile, giammai appunto annacquato candore, viene sempre più apprezzata e mi dà gusto premere l’inchiostro delle mie tempie, scandendolo a piacimento di come io stesso riavvolgo furentemente il tempo fra elucubrazioni futile delle mie trascorse sparizioni talmente melanconiche da sposarsi quasi alle pompe funebri. Eh sì, più e più volte durante le mie passate, disarmanti solitudini annali e ancestrali, negli interstizi fugaci delle mie viltà tremende, difatti meditai il suicidio per debellare ogni mal di vivere per cui, in questa vita fra il dire e il fare nella quale mai si nuota felicemente in uno spensierato, solare mare, soventemente s’affoga nella tristizia di pleniluni torbidi in cui irosi alle stelle si ulula.

Ma, sebbene spesso afflitto da profonde nevrosi, incendiato dalle mie inespresse passioni così romantiche d’apparire, agli occhi dei superficiali, soltanto addirittura come stolta ritrosia e paura d’amare ignobile, interpretate cioè come egocentrismo e insopportabile, perfino disgustosa vanità odiosa, malgrado spesso andò a farsi fottere la mia spontanea ilarità pindarica e giocosa, in quanto castigata nella prigionia psicologica dei miei ancestrali timori quasi da lebbroso, ancora sogno poiché immutabilmente resto (in)fermo al mio timone, io sono il capitano coraggioso del mio vascello ed ectoplasmatico pian piano plano non solo sugli oceani delle mie mille perdizioni, dei miei tormentosi e pietistici lamenti, bensì, orsù miei prodi, le montagne più vostre aride valico e navigo nella vastità spaziale di risplendenti, soavi aurore in cui la mia poesia si fa magnifica e aulica.

Or innamorandomi di ogni nuova donna a ogni ora, ripudiando le vostre squallide orge, fulminato dalla folgorazione della mia ritrovata illuminazione sempre intonsa.

Sì, fui enfant prodige. Poi, poco prodigo e nascostomi nel vuoto cosmico, talvolta addirittura tragicomico, m’inabissai assai poco prodigiosamente in un’esistenza davvero remota dall’essere nitidamente splendente e ariosa. Invero fu solamente desertica e tenebrosa. Enigmatica, auto-crocifissa, penosa o soltanto innocentemente pensierosa.

Sì, in passato apparsi come deficiente, lo ammetto e ne sono (s)contento. In quanto non rinnego nessun mio turbamento, fonte battesimale per risorgere a una migliore, riscattata coscienza abissale. Vivendo nell’eterno, magnifico illanguidimento.

Quanti incontri avvennero in questo Lido fuggente, rifulgente nello splendore mi(s)tico del mio imperscrutabile firmamento.

Mi commossi la sera in cui, prima di fare la fila davanti alla Sala Perla per vedere 5 è il numero perfetto, nell’atrio del Palazzo del Casinò, fui salutato come maestro da Fabrizio Ciavoni, da Riccardo Cozzari e da Matteo Arcamone, ragazzi giovanissimi nel cuore ma già enormi signori, capaci di gesti calorosi e sentitamente autentici.

Mi strinsero a sé, come fratelli di sangue m’abbracciarono e ogni mia lacrima amara sparì in uno stupendo istante dolce e graziosamente fragrante.

E che dire di Raffaele Mussini, anche lui scrittore, appassionatissimo cinefilo e mio collega redattore su Daruma View Cinema?

M’aspettò trepidamente dirimpetto al red carpet del Palazzo del Cinema durante la prima mattina di questo mio speciale Festival da accreditato stampa.

M’offrì anche la colazione e assieme vedemmo il film d’apertura, La verità. Atto d’amore viscerale nei confronti di un mito intramontabile del Cinema francese più elegante e mondiale, la strepitosa Catherine Deneuve, donna che, nonostante la non più florida età, rimane invincibilmente affascinante in quanto dotata d’una innata classe inarrivabile perennemente intatta. Per l’occasione affiancata dall’ancora bellissima Juliette Binoche. Gran figa che, diciamocelo, malgrado qualche ruga, io scoperei a novanta.

Anche in tal caso mi commossi quando una delle più grandi dive di tutti i tempi, ovvero la Deneuve, invecchiata, appesantita, stanca e disillusa, camminò immalinconita lungo una strada plumbea ai primi battiti dell’alba assieme al suo cane.

Una scena meravigliosa.

No, La verità, a dire il vero, non è un grande film ma ha due tre momenti davvero belli.

Così come, appunto, 5 è il numero perfetto.

Questa sua Napoli fangosa, acquitrinosa ove, nell’incipit, il grande Toni Servillo sembra la versione partenopea di Sam/De Niro di Ronin, mi ricordò il paese natio dei mie genitori in cui vive tutt’ora molta gente semplice, persino arretrata e sbagliata, forse pure criminosa e acrimoniosa, gente che spende migliaia di Euro per un abito da sposa ma ove le donne poi sono trattate dai violenti mariti non tanto coi petali di rosa.

Un posto però lontano dal tempo, immerso nei miei inestinguibili, inestirpabili ricordi cangevoli, delicatamente sinceri.

Ed ecco che ricordo qui ora di nuovo Ciavoni. Ci sentimmo su Messenger alla sera della vigilia del Festival. Poi, nel pomeriggio successivo, tramite vocali su WhatsApp, lui m’invitò a raggiungerlo allHotel Excelsior:

– Ste, che fai in camera? Siamo all’Excelsior. Vienici a trovare. Oh, dai che ci scattiamo una foto con Johansson Scarlett.

– No, non mi va.

– Offes’ – lui sapidamente rispose.

– Offes’ per cosa sta? Mi dai del fesso perché non vengo o sei offeso?

– Entrambe.

 

E ridemmo platealmente entrambi.

Mi deluse terribilmente invece Ad Astra, la storia di un uomo più pazzo di suo padre che vuole scoprire il mistero della vita ma alla fine diventa Nicolas Cage di The Family Man.

Con Liv Tyler, una non più sexy come un tempo ma a cui una botta darei senza sconti e ripensamenti, ex figlia di Bruce Willis di Armageddon e del suo vero padre, Steven, il cantante degli Aerosmith che, per questa balla spaziale di Michael Bay, compose però un pezzo, diciamocelo, epocale: I Don’t Wanna Miss a Thing.

Sì, Liv Tyler preferì a Io ballo da sola Brad Pitt… grazie a u’ cazz’, come direbbe Carlo Buccirosso di 5 è il numero perfetto.

Ah ah.

Quindi il caso Dreyfus che potremmo ribattezzare il caso Falotico. La storia di un’amicizia straordinaria ove un uomo capì che fu eseguito, per comodità istituzionale, un immane errore giudiziario e venne commessa un’ingiustizia mostruosa di proporzioni spropositate, tesa a difendere le bugie e un mondo orrendamente meritocratico per cui ancora avvengono tristissimi insabbiamenti.

Ed è per questo che Joker è veramente un capolavoro.

Soprattutto quando Arthur Fleck, stanco di pentirsi, di venire mortificato e umiliato, non vuole più fare il bravo bambino, non ha più alcuna voglia di redimersi.

Cosicché, senza falsità, senza inutili, controproducenti, afflittivi piagnistei, vomita tutta la sua potenza, diventando l’angelo diabolico più forte e potente.

Non fu lui a sbagliare, bensì l’arroganza di un mondo di uomini apparentemente probi e perfetti, invero assai cattivi e bugiardi, laidi e maiali.

Al che Arthur diventò il più cattivo, il più cattivo di tutti.

Dunque il più amato poiché tremendamente puro e vero.

Ebbene, miei amici, io sono il padrone del mio destino, l’intrepido, imbattibile condottiero di questo viaggio a prua del mio poetico veliero.

 

di Stefano Falotico

Che Jena Plissken: ieri son stato al mare. Ho visto in spiaggia molte scimmie. Ho telefonato subito allo zoosafari di Fasano affinché le ospitino


30 Jul

stephanie kurtzuba

Da tempo immemorabile, non mi recavo più, appunto, al mare.

Iodio… no, odio tutta questa folla che s’accalca, che sbraccia per ficcare un ombrellone, disprezzo e detesto tutti questi perizomi e topless di uomini e donne ignude che fanno bella mostra di tutte le loro origini darwiniane.

Sì, conoscete la teoria di Darwin? È sbagliata completamente dalla A alla Z.

Secondo Charles, esemplare di gorilla canuto assai borioso, le uniche specie animali e vegetali che sopravvivono, cazzo, sono quelle coi caratteri ereditari più resilienti e forti. Una teoria nazistica, insomma.

Mah, mi pare già una cagata. Basti assistere all’umanità che ci circonda. Sono tutti dei vegetali animaleschi.

Sì, invero l’uomo, nonostante anni di evoluzione, è rimasto tale e quale al capo branco dei primati di 2001: Odissea nello spazio.

Con le uniche differenze che ora va dal parrucchiere per non sembrare Tim Roth di Planet of the Apes e veste firmato anche se è un semi-analfabeta come Vittorio Gassman de I soliti ignoti.

Vi ricordate quando Totò, nel suddetto film, chiede al personaggio interpretato da Vittorio di apporgli una firma?

Giuseppe Balocchi/Gassman impiega dieci minuti per scrivere la sua firma e alla fine consegna a Dante Alighieri, no, a Dante Cruciani/Totò uno scarabocchio.

Ah, uomo di Lettere. Sei stato in Cina?

 

Sì, oggigiorno sono quasi tutti Laureati ma sono più cazzoni di Leonardo Pieraccioni.

Imparano due pappardelle a memoria, recitandole a menadito a professori più scemi dei loro studenti, cosicché possano intascare il cosiddetto titolo della minchia.

Grazie al quale gli uomini accedono alle maggiori cariche pubiche. Sì, non pubbliche. Pubiche. Col pezzo di carta, puoi avere la strada spianata per ricattare tutte quelle che stanno sotto.

Sì, una volta che sfondi… puoi perfino vantarti di essere un eroe così come fa Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street con quella povera disgraziata a cui firma, appunto, l’assegno.

Lei lo ringrazia platealmente e gli grida ti amo! Con tutti gli altri broker di Neanderthal a elevare Jordan Belfort in Gloria di Umberto Tozzi. Ah ah.

Sì, non è l’attrice Stephanie Kurtzuba, bensì Nicole Minetti con la parrucca bionda. Di mio, che posso dirvi?  Ho scritto il libro La leggenda di King Kong. Cercatelo sulle maggiori catene librarie online. Sì, son sempre stato uno della foresta. Amo Jack London e Tarzan. Una delle mie maggiori fantasie sessuali era quella di fare sesso con Sigourney Weaver di Gorillas in the Mist: The Story of Dian Fossey. Rimasi però intrappolato nelle sabbie mobili da cui il celeberrimo ritornello di Franco Battiato di Bandiera bianca:

siete come sabbie mobili tirate giù…

A Bandiera Bianca e a Bandiera gialla del Pettenati, ho sempre preferito Moby Dick. Una balena che, come tale, non ha bisogno di pettinarsi. Spesso, assomiglio anche a Carlo Verdone/Oscar Pettinari.

 

di Stefano Faloticoweaver gorilla nella nebbiavardone oscar pettinari67827630_10214171692389144_1023803955781566464_n

In attesa della seconda stagione di The Punisher, scene ad alto tasso emozionale, capolavoro, e io rileggo il Moby Dick e tutto Dostoevskij


21 Oct

Dostoevskij


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Moby Dick incipit

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    Sì, dieci giorni fa son venuti gli imbianchini a casa mia, mettendo a soqquadro tutto. Al che, la testa di cazzo, il mastro capo, a metà Ottobre, in una giornata abbastanza rigida, così, perché gli tirava il culo, ha spalancato tutte le finestre e acceso il ventilatore. – Scusi, che cazzo sta facendo? Si muore di freddo – l’apostrofai con far irritato. – Ebbe’, sto sudando come un porco. È una faticaccia imbiancare tutte queste pareti. Devo prendere aria. – Sì, ma a me piglierà un malanno. – Non si preoccupi. Non è così freddo. – Potrebbe almeno spegnere, per cortesia, il ventilatore? – No, ho caldo. – Non basta averle aperto tutte le finestre di casa? – No. – Senta, solo mezz’ora però. Questi spifferi maledetti mi stanno uccidendo. – Va bene.  

Ecco, una mezz’ora fatale. Tant’è vero che, da quel giorno, mi son beccato un accidente. E mi è presa una laringite tremenda. Mi è venuta la voce di Linda Blair de L’esorcista da orco deficiente. A metà strada fra il Christian Bale di Batman quando parla in “falsetto” e il grande Jon Bernthal di The Punisher quando s’incazza. E grugnisce, ringhia. E così, in questo fine Ottobre malinconico, ancora una volta prendo in mano il capolavoro letterario di Herman Melville, il magnifico Moby Dick. E lo leggo in questa maniera. Sì, poi vado su IBS.it e scopro che, nella bellissima edizione della Newton Compton, alcuni dei più grandi capolavori di Dostoevskij vengono a solo 2 Euro e 80! No, non è un eBook, ma un libro-tomo stupendo. Lo accatto. Bentornato, Frank!


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Masterpiece

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Bentornato Frank

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Ove cova il corvo è nella spelonca di chi lo spelacchierà


14 Jan

Chi non legge i miei libri, non è un Uomo libero, libra solo di fantasie sessuali distorte, e io gli torco il braccio, sfogliandomelo letteralmente

Frase di lapidar’, anche se stesso/a, ché la vita non è univoca d’esserne imboccati di “produttivo” florilegio del comun luogo, “bravo” a sentenziare quanto poco ad approfondire, in quanto, poco desti, non “avean”, veniali, previsto il “sereno”, capitale, decapitante risveglio del Capitano, di forte nervatura secca con tanto “morigerato” non farsi “scioccare” da tali sciocchi, ma riscoccare.

Oh oh, che rintocchi, e i capelli, dapprima ispidi di fibre crespe, “cotonati” a compagnie che pregaron per sedarti nella sedia elettrica, in vanità, anche fraintesa e di malinteso tuo preso per vaniloquio, ecco che rifagociterà il cattivo bambino, affamato come nessun altro, dall’alto davvero della sua prosopopea e di tanto suo “roso” prepuziello da “zio” ammaestratore forse di verginelle, ma certo non di me, nomea che non si tocca, nominandola di “unzioni” prima che sarà Lui a benedirlo e inondarlo di “campanellino” assai bruciacchiantino nel suo “gran” uccellon’.

Con aria “nobilissima”, egli sfigurava tutti i “loschi figuri”, “affogando” le sue foghe in “fighe” che, di mio contro, poco me “lo” raccontano.
Come plagiava e palpava, di boccuccia “limonava” e tanto scemo da non calcolare il “suo”, slabbrato molto presto e arrestato, se la confessione, con annessa implorazione più perorazioni alla sua ca(u)sa(le) addebitata d’ulteriori bustarelle all’avvocaticchio corrotto, non s’arderà nella più vera verità. Fritto, andrà a vivere su una palafitta, non pagando l’affitto, adducendo che ha delle fette al suo fegato sfilettato? La mutua lo soccorrerà di pomata, e di pensioncina lo “azionerà”.

La rifugge ed, essendo lestofantissimo che diede dell’elefante a un “fantino” campione, fanatico del suo “fallino” e delle sue farfalline, frigge di risata dimen(tic)ata, quasi identica a come, di mani, sarà appeso al muro da quegli “imbianchini” a cui “lui” tanto sputò, sputtanandoli d’intimidazione ché “lodato” da madre cotanto, altrettanto imbrattata.
Ah, s’accaniva sugli imbranati ma non sa che verrà sbranato.
Disprezzava chi non sapeva vendersi ma non è cosciente di come lo venderemo in piazza (pulita), regalandolo in pasto alle bestioncine sue “amichette” tanto feroci.

Si preoccuperà di segnalare da “allarmato” con le sue armi?

Segnalasse, l’altra parte non aspetta altro per inchiodarlo di recidivo insistere con “pressione” a quel che mai, genio, avrebbe dovuto sognare, d’ingegno “acuto”, col mordere con tanto “focoso” farselo “generoso”. Io sono il mordente e non andrò morbido.

Questa è bontà.
Questa è la tua mentale sanità. Mio demente, corri, rifugiati, e denuncia.

L’Annunciazione è vicina e stai lì, terrorizzato, prevenendo meglio di “curare”.

Per quanto mi riguarda, mi pari guardingo ma di culo nelle mutandine.
Stavolta non delle “gentili signorine” che vizian il tuo vizietto, ma d’uno che, dietro, ti sevizierà di “servizietto”.

Eh sì, gli insetti, tanto di sete satanelli sulle “santarelle”, ora son delle pecorine nel greggello.

Ahia. Amen. Meno… uno.

Questo significa non rispettare le scelte di colui che Io sono, e che non cambierà/ò mai, impuntatissimo in mezzo ai puttanieri, e ostinato.

Denunciassero e li sventoleremo in tribunale. Loro e tutti i filistei del porcile.
A cui tal famigliola ben s’agganciò di ganci per “sganciarmi” dalla cosiddetta “ipocondria”.

Sì, l’inabisseremo come degli ippopotami.
Detergendoli nell’acqua del Giordano, ove d’abluzione al capo saran sciroccati ad “abuso” del mio pretendere di stenderli.

Silenzio.

Parlo Io, parlò Dio.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Master & Commander. Sfida ai confini del mare (2003)
  2. Moby Dick. La balena bianca (1956)
  3. Ronin (1998)

“Pittiamoci” nell’Incipit: “Moby Dick”


12 Apr

Achab, invidioso del mio “torso” bianco, quasi “algido”, mi trucidò e m'”anestetizzai” nel “candeggio”, ma rinacqui riaffiorando “a fior di loto”, forse con le Nike nella “sgnacchera”, …
…, la classica “sberlona” (im)morale ma innamorato

La Balena balla nelle “altalene”

Il Profeta Isaia, fratello d’un dimenticato mendicante di Porta Pia, molti secoli prima di Cristo, cioè me, vergò tali parole rinvenute in una pergamena “gerogli-fica” di dubbia origine “roman(t)ica”, euclidea nel “greco”, forse “arabo” per chi non è matematico o non “la” conosce nelle regole dei giochi “geometrici” adulti:

Ama una Donna nel teorema di Pitagora, e sii area equipollente, bollentissima Lei “lo” è sempre nel buco, da “riempire” di un quadrato sull’ipotenusa parimenti “gonfio” come quello dei cateti, altro che “catetere” e cancro alla prostata, altro che Vergine, quale Zodiac, sarà tua “pecora” dell’alfabeto cinese nel tuo Toro “al Pesce”. Quasi “ortofrutticola” al mercato…

È al “ferro”, non a quelli da “stiro” del Ferradini e della canzoni per le calzette a cui dovete “donarlo” in “bocca”… agli allocchi.

Mandale rose e poesie, dalle anche spremute di cuore. “Falla” sempre sentire importante…

Senza l’amore un uomo che cos’è?
Su questo sarai d’accordo con me.
Senza l’amore un uomo che cos’è?
È questa l’unica legge che c’è

Senza una “bagascia” l’Uomo più si “sganascia”, su questo sarai “Concorde” con l’hostess. In tutto volo libero, senza mogli a braccetto, ma nella brace delle “fornaci” spensierate per “schizzar” nel paradisiaco.

Dopo questa parentesi (inn)alzata a “Lui”, voglio rammentarvi che sono ancora Moby Dick.

Esistono varie traduzioni del capolavoro di Melville.
La più famosa, fors’anche “pallosa”, è quella di Cesare Pavese, edita soprattutto dall’Adelphi, casa editrice dei “delfini”.
Eccone, l’Incipit musicale:

Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto.

Bellissimo, non c’è niente da dire. Un figo!

Ma, Stefano Falotico, l’ha letto in tutte le versioni italiane disponibili, e ve lo propone così:

Sentite il Falotico, e “apprendetene tutti“, questa voce che scandisce, “piccantona” che tocca le corde del Cuore.

Applauso!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Moby Dick, la balena bianca (1956)
  2. Moby Dick (2010)
  3. Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno (2012)

 

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