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Coronavirus, un virus letale di pandemia mondiale – I migliori film sull’argomento


05 Mar
CILLIAN MURPHY in 28 Days Later Filmstill - Editorial Use Only Ref:FB sales@capitalpictures.com www.capitalpictures.com Supplied by Capital Pictures

CILLIAN MURPHY
in 28 Days Later
Filmstill – Editorial Use Only
Ref:FB
sales@capitalpictures.com
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stefano falotico homeboyRiferendomi a FilmTv.it.

Ebbene, promisi che avrei scritto solamente un post a settimana. Ma, vista la gravità in cui incombe la sanità mondiale, per qualche giorno, non inserirò recensioni, promettendomi d’inserirle prossimamente.

Ora, dico che questo scritto potrebbe essere frainteso. Come dirò, nelle righe seguenti, ora dobbiamo sorbirci soltanto notizie, ahinoi, incresciose e purtroppo gravi.

Citerò qui tre pellicole che, in qualche modo, sebbene assai dissimili nelle tematiche, negli assunti e negli sviluppi narrativi, sono associabili al coronavirus.

Innanzitutto, Virus letale. Il coronavirus, a quanto pare, è molto simile al virus “ignoto” in cui si parla nel film di Petersen. Simile all’ebola ma non diagnosticabile del tutto. Poi… E venne il giorno. Nel film di Shyamalan, non si tratta di un virus vero e proprio, bensì di qualcosa ancora una volta simile però, per certi versi, al coronavirus. Cioè, qualcosa arrivato praticamente dal nulla che contagia le persone a velocità pazzesca e infermabile.  Una sorta di Seme della follia alla Carpenter.

Se avete visto il film di Shyamalan, sapete bene che quello fu un morbo virale, forse di origine sovrannaturale e non scientificamente del tutto spiegabile, che portò la gente alla pazzia. Il coronavirus sta invece portando anche a stati di impazzimento sociale e di panico. Quindi, 28 giorni dopo di Danny Boyle. Un film apocalittico.

Poi, non per sembrare pateticamente autoreferenziale per l’ennesima volta, personalmente vi fu il mio cosiddetto male oscuro. Cioè l’apparentemente insanabile mia depressione annale. Che stette per distruggere ogni mia difesa immunitaria dell’anima. Ma non mi abbattei e combattei per vincerla.

Debbo ammettere che sottovalutai la situazione sin all’altro giorno. Mi parve infatti che, fra le persone, incitate dai soliti eccessivi mass media sensazionalistici, si fosse diffuso un allarmismo esagerato.

Invece, d’estremo malincuore, debbo constatare che purtroppo ciò che all’inizio mi sembrò qualcosa di trascurabile, ahinoi, si sta espandendo a macchia d’olio.

In questi giorni luttuosi e tristi in cui tetramente si stanno avvicendando, a velocità pazzesca, morti su morti inarrestabilmente, non rividi neanche le repliche del programma pomeridiano di attualità dal nome Tagadà.

Poiché quest’anno la faziosa, assai antipatica eppur inoppugnabilmente sexy Panella Tiziana mostrò le sue magnifiche, inarrivabili gambe scosciate soltanto un paio di volte. Rimanendo castigata in abiti talari e repressasi sensualmente in una capigliatura e in un look da sessantenne monaca di clausura.

Per cui, perdendo facilmente interesse per questo programma, peraltro apertamente schierato discutibilmente su una linea politica dichiaratamente di parte e a radicale favore di un opinabile partito non appartenente a quello del compianto Marco Pannella, non potendo unire l’utile al dilettevole, cioè rifarmi gli occhi sull’insuperabile milf Tiziana Panella, ammirandone estasiato i morbidi, suadenti, meravigliosi e selvaggi accavallamenti “gambali”, nel frattempo gustando gli stuzzicanti, stimolanti discussioni fra ospiti spesso culturalmente provoca(n)ti, eh eh, pensai fosse doveroso non informarmi in merito a tale “malattia venerea” che si sta propagando, mefitica, nei nostri corpi più delle sane e consapevoli libidini del maschio eterosessuale sessualmente di robusta e sana costituzione.

Sì, è una tragedia in atto. Pare infermabile questo morbo pandemico sul quale neppure gli scienziati e i medici più in gamba delle superbe gambe di Tiziana non capiscono un cazzo.

Al che, affidandomi alla mia imbattibile, resuscitata memoria, rimembro… il tempo in cui, piccolo quasi quanto Christina Bale de L’impero del Sole, eh già (Christian è classe ‘74, io del 1979), forse una delle migliori pellicole di Steven Spielberg in assoluto, datata 1987, nel 1986 anche qui in Italia furono tutti spaventati a morte dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl.

Mi ricordo che, a quei tempi, fui in seconda elementare. E, al mattino, sbraitai come un matto peggiore di Christian Bale di American Psycho poiché, deprivato della mia colazione dei campioni, in quanto i miei genitori, terrorizzati che il latte fosse stato, più che parzialmente scremato, totalmente dalle radiazioni infettato, bevvi solamente acqua al mattino. Prima di recarmi alla scuola D. Sassoli ove, con tanto di grembiulino, da bravo bambino fui obbligato a studiare le tabelline poiché, pur essendo io già più enfant prodige di Christian, la Seconda guerra mondiale e il liceo scientifico Enrico Fermi avrebbero potuto aspettare ancora parecchio. Peraltro, m’iscrissi al Sabin. Mollando quasi subito poiché preferii, alle pedanti lezioni di Chimica, le mirabolanti regressioni infantili da Hook.

A proposito di Robin Williams di Jack e del piccolo grande uomo Dustin Hoffman, potremmo accostare il coronavirus al Virus letale di Wolfgang Petersen?

Petersen, regista de La storia infinita.

Le madri sono giustissimamente preoccupate che abbiano chiuso le scuole. I bambini, meno. Potranno volare sulle ali della fantasia in casa, accarezzando le morbide orecchie dei loro animali domestici.

Sì, bambini, finché potrete, non crescete mai.

La vita adulta, infatti, presenta molte problematiche. Se sarete omosessuali, semmai vi licenzieranno come Tom Hanks di Philadelphia, trovandovi una scusa bella e buona. In quanto omofobi.

Se invece siete eterosessuali che amano i Queen e Freddie Mercury, vi diranno che ascoltate musica da checche.

Se amate Bruce Springsteen, invece, vi diranno che siete troppo machi.

Per esempio, non capisco perché andiate matti per Glass e invece disprezzate il film più bello e maturo di M. Night Shyamalan. Ovvero E venne il giorno.

Sì, concordo con Enrico Ghezzi che lo definì un capolavoro. Sebbene molti di voi non l’abbiano capito.

Difatti, su metacritic.com ha una scandalosa media recensoria bassissima.

Sì, che grande film che è 28 giorni dopo.

Anche se, a mio avviso, sebbene buonista, la miglior pellicola di Danny Boyle è The Millionaire. Praticamente, la storia della mia vita.

Ora, la questione è questa. Come Stallone di Over the Top, nessuno credette che avessi una sola possibilità di vincere.

Poiché sbrigativamente, a proposito di pugilato, tutti pensarono che fossi tocco nel cervello come Mickey Rourke di Homeboy.

Peccato che sia un poeta. Carezzevole e melodico come Eric Clapton.

Sì, sono leggermente freak come Mickey Rourke. Meglio, no?

Noi tutti potremmo morire da un momento all’altro.

Lo seppe bene Adriana del secondo Rocky.

Sognate, amici, fratelli della notte. Non ammorbatevi. Vinceremo anche questa.

di Stefano Falotico

tiziana panella coronavirus

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An inexplicable and unstoppable event threatens not only humankind . . . but the most basic human instinct of them all: survival.

An inexplicable and unstoppable event threatens not only humankind . . . but the most basic human instinct of them all: survival.

Mickey Rourke, a legend. A 62 anni ritorna a box(ar)e


03 Dec

Rourke

https://www.youtube.com/watch?v=lBGp16VfHus

Mickey Rourke boxe

 

Ho sempre amato Mickey Rourke, un “(im)pestato”, un pestifero, un pugilatore “violento”, aggressivo, cola il grasso, ferocia incarnata dei mille mutamenti, camaleonte della sua mente e della sua anima potente

Sì, a 62 anni suonati, miei suonatissimi, Mickey ve le sonò e la (ri)carica risona.

Scalpita, Mickey, smagrito a muscoli inferociti, slabbratissimo, rifatto e vi sf(id)a perché a lui la “cruda” carne si confà. È di peso (non) leggero infarcito, odia gli uomini medi ed è della categoria dei “por(c)i” massimi.

Questa è una massima che dovete tener a memoria, arretrati, nessun dietro-front, solo pugni frontali, incisi ad addominali “tumefatti”, putrescenza della “bellezza”, Dio mio che schifo ma io lo (a)doro perché Mickey, a differenza di voi, dormiglioni, mai se la dorme, se “la” suda e se “lo” tira di “brutto”.

Sì, amo questo cazzone, va “leccato”, “innalzato”.

Sì, io e Mickey siamo speculari, identici, nati “(in)etti”, abbrustolenti mentre voi siete dei (po)lentoni da far a polpette.

Finiamola con questi nerd di oggigiorno, gente che “(s)viene” per un Interstellar da scamorze e seghe mentali. Meglio lo “scimpanzé” delle vostre sempre piene panzette. Se vi farà pena, ancora pene.

Il labbro pendulo… gli dona come i cavoli a merenda, egli da nessuno dipende e non elargisce buoni bacetti, il bacino dondola, è un “morto” peso, nato moro e platinato in cintura da imbizzarrito cavallo biondo. D’oro, sempre in poi d’ora vi (t)romba!

Egli è “sporco”, miei orchi, Barfly del Bukowski più stronzo, più fottuto, spacc(i)ato, spappolato, di mandibola in schiacciasassi russo. E vai di vodka e un altro pugno agli storpi. Gli fate sol delle pugnette, dategli una “prugna” e spolperà tutte le (v)u(l)ve. Volponi, lupetti e troioni! Gettate le spugne! Guarda come il suo fisico ha asciutto.

Egli “incassa”, le dà e gliela danno di “grosso”. Non è fine, “sale”. Altro che questi zuccherosi da mele(nse) e merendine, siete Nu(te)lla, egli è nudo.

Spacca-tutto!

Dio della Madonna lurida!

Usatelo come posacenere e v’incenerirà, (s)fumandole…

Truccato, struccatissimo, rimanete di stucco, siete dei tocchi e lui (rin)tocca. Toccalo e vi denuncia, toccati!

E tu, scemotto da cinemino Medica Palace, guarda quest’uomo che ne frega dei palazzinari e, nonostante i soldoni, ti rende pastafrolla su suo portafogli.

Tu, racchia-depressa-repressa, vai ancor più frust(r)ata. Beccati i tuoi figli lattiginosi da s(c)emi di tuo marito(zzzo) e allattali al tuo sen(s)o moscio.

Non fatelo incazzare se no son botte. Rimbrottatelo, brutti, e più bruto vi farà il culetto di rutto.

Erutta! Che pet(t)o!

 

di Stefano Falotico

 

Edito o editato? Refuso è scrivere edito nel senso (di) s-corretto?


31 Jul

Ieri sera, su Facebook, posto ancora una volta uno dei miei libri, scrivendo che è stato edito dal mio correttore di bozze.
Lui mi fa notare che continuo a scrivere edito e invece dovrei scrivere editato.
Ora, ricapitoliamo, i capitoli comunque sono tutti stati correttamente edit(at)i.

Sì, il mio editor, al solito puntiglioso, come è giusto che deve essere, altrimenti non sarebbe il correttore delle mie bozze, eh eh, in privato mi sottolinea che continuo a scrivere “edito” al posto di “editato”. Ecco, la questione è storica oramai. Edito ed editato sono i due participi passati, entrambi corretti, del verbo editare, che significa, come spero tutti sappiano, pubblicare. Quindi, il libro è edito da Youcanprint, ma l’editing è stato effettuato, cioè la revisione del testo, la correzione dai refusi e l’impaginazione per i vari formati, cartaceo, eBook, etc, da Germano. Chi è Germano? Colui che (non) mi corregge i test(i), è uomo di gran testa. Diciamo che la forma “editato” è quella italianizzata-participio passato del present continuous editing, che gli inglesi usano in tal caso come sostantivo per definire appunto la revisione di un manoscritto. Editing quindi come processo per rifinire un testo, da cui il present continuous sostantivizzato, diciamo così. Comunque, edito o editato, il libro è qui. Se volete comprarlo, bene, altrimenti, sono affari vostri. Questo invece si chiama (non) ordine, se preferite, chiamatelo “EDITTO”. Perché io sono erudito!

Non puntatemi le dita, altrimenti quello medio v’alzo. Il dito? Sì, ho detto dito, cazzo.

Genius-Pop

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