Posts Tagged ‘Mickey Rourke’

Il Cinema esiste ancora? Certo, finché esisteranno personaggi come Mickey Rourke e uomini della pioggia


11 Apr

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Sì, potreste definirmi Chesterfied Man. Altro che Marlboro Man. Marlboro era Don Johnson, vero dongiovanni. Rourke era invece Harley Davidson.

Sì, sono arrivato a cinque pacchetti al giorno di sigarette.

Son stato dal cardiologo. Mi ha detto che il cuore va benissimo. Pompa di brutto, come si suol dire. Ma mi ha consigliato una visita dallo pneumologo. O dal pneumologo? Su questo dubbio grammaticale oserei atavico, me ne frego del salutismo e, stasera, mangerò una pizza capricciosa con tanto di olio piccante alla faccia del colesterolo.

State tranquilli. Nonostante la pessima alimentazione e il fumo, non mi piglierà un ictus. Il cervello spinge.

I polmoni molto meno. Ma basta correre e io sono Born To Run…

Le connessioni neuronali sono a posto, malgrado l’ex uso massiccio di psicofarmaci, un bombardamento compressivo di pastiglie della felicità che io ho cestinato. Smaltendo poi i chili di troppo e ripulendomi dall’igiene mentale di questi insozzatori della coscienza.

Che vorrebbero turlupinarti i sentimenti, privandoti della tua personalità e lobotomizzandoti in un falso quieto vivere assurdamente allineato a canoni precettivi figli della Roma più fascista.

Sì, i critici romani, cioè la maggioranza della cosiddetta intellighenzia da bucatini all’amatriciana, dal se famo du’ spaghi e poi applaudiamo l’ultimo film di Nolan, sono insopportabili.

Dei borghesi marci figli di Antonello Venditti. Con le loro recensioni scolastiche come se fossero ancora al Ginnasio. Notte prima degli esami? Macché. Basta.

I loro video ammiccanti in cui, da piacioni quasi cinquantenni, porgono l’occhiolino alla collega con le occhiaie che scrive su Il Messaggero. Perché lei, ammirando il loro eloquio fluido da viveur sinistroidi con la panza piena, potrebbero starci.

Ed ecco che Luisa chiama Marco l telefono e assieme, dopo una cena alla trattoria di “Mario er burino che sa cucinare er burro”, amoreggeranno, rimembrando le loro fanciullezze liceali oramai assoggettate a un sistema editoriale per cui vengono pagati per acclamare tutto il Cinema più becero, loro direbbero “stracult”, elevando in gloria personaggi d’avanspettacolo, soubrette dalle forme giunoniche dalla recitazione che m’invoglia sempre più all’amore platonico.

Sì, in un mondo ove il puttanesimo impera, meglio vagheggiare, vaneggiare. Altro che questi salottieri da divanetti.

E sognare l’amore più puro come Russell “Rusty” James, il grande Matt Dillon di Rumble Fish.

Un altro Travis Bickle. Sì, come De Niro di Taxi Driver con la sua Cybill Shepherd, Matt capisce che Diane Lane è solo una benpensante.

La matta isterica si è arrabbiata soltanto perché in quella festicciola Rusty si è dato alla pazza gioia con un’altra. Andando poi con Cage, anche lui presente all’orgiastica seratina. Ma più furbo perché nipote di Coppola.

Nic ha gli agganci giusti. Può sistemarti e trovarti un lavoretto, Diane.

– Ciao, Diane. Stai con me?

– No, non sei il mio tipo.

– Ah, va bene. Tu sei laureata, no?

– Sì, perché?

– In Scienze delle comunicazioni?

– Sì, perché?

– Stai lavorando, al momento?

– No, mando ogni giorno il mio curriculum vitae ma nessuno mi si… ecco.

– Beì, mi ti… io. Sai conosco quello. Potrebbe darti una scrivania. Così poi diventi ancora più bella di quel che già sei potenzialmente. Sì, scompariranno le preoccupazioni per il futuro con una base economica soda.

E andrai in palestra, cantando da mattina a sera coi Thegiornalisti. Sai quanti followers?

Ok, però solo una botta e via.

– Sì, solo una spintarella…, baby.

Intanto, Tom Waits, il barista saggio e mezzo matto, implora i ragazzi di moderare il linguaggio.

Il disagio sociale aumenta, la crescita demografica diminuisce, i giovani talentuosi si ammazzano o solamente si sviviliscono, disperati. Alcuni vengono tutelati, per modo di dire, da educatori laureati in pedagogia del buonismo ipocrita e provano a raccattare du’ spiccioli su Indeed e Bakeca.it.

Prostituendo i loro cuori pur di sbarcare il lunario.

Tom Waits brinda e sapeva che il maestro Dracula di Bram Stoker sarebbe tornato!

Tom ama Downtownn Train, da non confondere con Downbound Train di Bruce Springsteen, ed è amante della raffinatezza di Mr. Mystery Train, Jim Jarmusch.

Sì, Matt Dillon ma anche Matt Damon de L’uomo della pioggia.

Ove c’è sempre il mitico Rourke.

Matt si affilia all’avvocaticchio “nano” Danny DeVito. Ed entrambi combattono un’ingiustizia mostruosa.

Perché noi, vero, vogliamo che la gente sia come Francis Ford Coppola.

Che per colpa di pazzi come Trump non succedano più orrori da Apocalypse Now.

Nevvero?

Siamo stufi di questa gente che giudica e non combina mai nulla. Sprezzante, cinica, smorfiosa. Vogliamo gente cazzuta che cavalchi la sua moto sulle strade della California.

E siamo proprio stanchi delle umiliazioni di gente che non vediamo neanche.

Quindi, fratelli e sorelle della congrega, qui riuniti nella Dead Poets Society, il maestro ha da darvi una notizia festosa.

A maggio lui e un suo amico gireranno un mediometraggio.

E lo prenderanno tutti ove sapete!damon uomo della pioggia

 

di Stefano Falotico

La bellezza può essere un body horror croneberghiano di un uomo, così com’è successo al grande Mickey Rourke, un man on fire, totalmente bruciato


11 Apr

rourke

Sì, tre anni fa iniziai un libro su Mickey Rourke.

In stile Chuck Palahniuk. Poi lo interruppi perché, dopo essermi soffermato sulle sue migliori interpretazioni, non sapevo più che scrivere. Poiché Rourke, devastato da chirurgie plastiche, da donnette slave che gli son gravitate attorno, di ucraine e polacche, ha perso completamente il cervello e anche…

Ecco, io sono un fan mai visto di Mickey Rourke.

Mickey Rourke è un uomo cronenberghiano, un body horror vivente, un camaleonte della sua ex bellezza incommensurabile travolto da questo mondo odiosamente incentrato sul sesso.

A cui lui, abdicandone ingenuamente, offrendo il suo visino angelicamente diabolico, Angel Heart docet, Francesco della Cavani pure, si è donato in totale, magnanima offerta della sua potenza sensuale a pelle, diciamo.

Nel 2005, circa, un mio amico di Este, dopo avermi conosciuto, mi disse che assomigliavo sia appunto sia a Mickey Rourke che a Sam Rockwell.

E io:

– Io? Mickey Rourke? Cos’avrei di Mickey? Di mio, sono piuttosto sfigato.

– Questo è quello che credi tu. Perché vivi da semi-eremita, sei un mezzo monaco di clausura. Mi spiace confutare la percezione che hai di te stesso. Tu non appari affatto così. Ti sarò sincero. Fai veramente schifo. Sì, metti soggezione, è difficile fissarti per più di cinque secondi di fila. Hai pure gli occhi neri come Matt Dillon. Ma tu di questo non ne sei cosciente? Sei come cieco… non ti accorgi degli sguardi di quel tipo… vero?

Per questo, sei anche come Sam Rockwell. O meglio come alcuni suoi personaggi stralunati ed eccentrici.

– Ah sì? Quindi, ah ah, mi hai dato del pazzoide belloccio.

– Abbastanza, sì. Totalmente inconsapevole di sé stesso. Per questo gli altri di te che non capiscono niente. E neppure tu.

 

Sì, il povero Mickey è stato distrutto, divorato vivo dalla sua grandezza magnetica.

Mickey, figli cari, è un grandissimo attore. Pensate che bestemmi? Non credo proprio.

In Rusty il selvaggio, L’anno del dragone, Angel Heart appunto, anche Homeboy è impressionante la naturalezza carismatica con cui ha girato le scene. Puro istinto da Actor’s Studio a cazzo suo. Un genio.

Soltanto in pochi secondi di Rusty il selvaggio, nella scena in cui lui e Matt Dillon passeggiano, conversando fra loro, per le strade festose, illuminate dalle fluorescenze delle insegne e degli addobbi, oserei dire briosi e accesamente luccicanti come i loro rispettivi sex appeal malinconicamente gioiosi, il signor Mickey Rourke ha “steccato”, ha avuto un piccolo, impercettibile attimo di esitazione spaventosa.

Ma, essendo un piano sequenza molto lungo, Francis Ford Coppola ha lasciato correre. Pensando, fra sé e sé: Mickey, no! Va be’, non possiamo rifarla.

Sì, avete notato? Mickey non sa che fare con le braccia, poi le riporta attorno al petto, come uno ieratico saggio semi-ascetico e un po’ scemo, forse soltanto come un Marlon Brando ancor più bello.

Sì, io ho sempre schivato il sesso. Sempre, puntualmente.

Se fosse stato per me, sarei stato l’uomo con più ragazze della storia.

E dire che ero stato molto attento a non cascarci. Mi ero cautelato, mi ero volontariamente ammalato di metafisica e trascendenza per non frizionarmi negli erotismi, soprattutto di massa, di questa società laida e carnale.

Ma, ahimè, fu tutta colpa dell’ignoranza.

La gente non poteva più accettare un ragazzo di sana e robusta costituzione, vaccinato eppur scalognato che non voleva giocare di limonate e scaloppine.

E m’invogliò oscenamente a quello che avrete inteso.

Da allora, è stato veramente un incubo.

Telefonate in piena notte da parte di donne di ogni età, pedinamenti sotto casa da Glenn Close di Attrazione fatale, foto proibite inviatemi privatamente, denudazioni meschine e sfrontate, impavide e letali, una sciroccata che mi circuì e tentò d’adescarmi. Perché, se avessi accettato di andare a letto con lei, mi avrebbe raccomandato alla casa editrice Guanda.

Da me ebbe solo una portiera della macchina sbattuta in faccia.

Sì, nonostante tutto questo casino, di mio sto con la gamba accavallata sul divano e mi sparo un altro filmino.

Questo potrà farvi incazzare, ma io sono un diverso. Lo sono sempre stato.

E quello che voi avete fatto è stata una vergogna da poveretti maniaci.

Da dementi.

Come il mentecatto bavoso che, dietro il ridicolo nick di Brando, anni fa mi scrisse:

sei un coglione con una madre grassa e brutta e un padre idiota. E non sai che, mentre ti prendo il culo, sono con una bella guagliona a spassarmela. Fottiti!

 

Invero, scrisse ben di peggio.

Questa è stata comunque la frase di un ritardato che se l’andata a cercare.

E quello che gli è successo gli è stato solo giusto.

Un criminale ignobile, un mostro a cui ha buttato malissimo.

Perché a volte si può credere che dall’altra parte ci sia Tim Robbins di Mystic River e invece hai a che fare con uno dei più grandi amici di Rourke, Sean Penn.

Uno che si sdraia su una panca degli addominali alle 6 di mattina e, dopo cinque milioni di flessioni, si alza da essa a mezzogiorno.

E ti distrugge, piece by piece come Denzel Washington di Man on Fire.

 

di Stefano Falotico

Nella vita, qualche volta bisogna essere come il grande Mickey Rourke de L’anno del dragone


10 Apr

rourke dragone

 

Sì, siamo invasi da boss malavitosi. Sono in ogni dove. Persone infide, malevole, annidate in club solitari in cui di cuori malvagi gozzovigliano, drogandosi d’idiozie.

Sono dappertutto. Vestono eleganti, quasi da Armani come John Lone. Anche se in questo capolavoro ciminiano, gli abiti sono firmati dalla nostra conterranea Marietta Ciriello.

Questi Lone non sono mai lonely. No, son perennemente attorniati da ruffiani e da donnette da quattro soldi, più viziose di loro.

Le quali amano viziarsi e vezzeggiarsi coi gioielli regalati loro da questi furbi papponi. L’oro, non Loro di Sorrentino.

Sì, ci vuole una lotta senza esclusione di colpi contro questi farabutti. Un vero bloodsport da Van Damme.

Che apre gli occhi anche se, obnubilato da troppe velenose botte, deve far affidamento soltanto al suo innato talento. Ai suoi allenamenti dopo aver appreso molti saggi insegnamenti. Alla filosofia orientale per starci dentro e darle di brutto. A questi bruti.

Sì, un uomo che spacca di spaccate contro le regole ipocrite di questi dannati.

Un uomo falotico, stravagante e d’annata. Anche d’antan, in passato daltonico in quanto la sua vista era stata distorta per colpa di troppe delusioni, torte in faccia e torti da parte di finti tori, di uomini fingitori e untori, con un cugino che si chiama Antonio e ha il pizzo calabro-lucano di D’Artagnan.

È giunto il momento della resa dei conti.

Sì, Mickey Rourke è il più grande attore della storia.

Diciamocelo. Prima che si rovinasse da solo.

Un uomo dal carisma stratosferico, purezza recitativa meravigliosa e pregiato sex appeal oltremisura.

Un bianco qui coi capelli brizzolati di cognome White. Stanley White.

Che soffre come un cane per colpa delle sue scelte sbagliate, per aver abbandonato sua moglie in quella casa che pare un triste scantinato.

Poi, quando le prevaricazioni diventano esagerate, diviene scatenato contro i cani arrabbiati.

Una furia vulcanica che non fermi neppure con le cannonate.

Che filmone. Che figone, Mickey.

Mica un topo come Mickey Mouse, mica un tipo da fantozziana trattoria Gigi il Troione.

Un vero omaccione, miei furbacchioni.

Sì, nella mia vita ho avuto una sfiga colossale. Anche un f… a monumentale.

È successo.

Di mio, comunque, sono un po’ Drugo Big Lebowski e un po’ Rourke che fuma come un turco.

Chissà, forse come John Lennon sposerò una con gli occhi a mandorla.

Una statunitense mezza giapponese di origini olandesi come Ariane Koizumi.

Perché non sono un ariano ma mangio il pane semplice, quello di Lariano. Mi do delle arie. Sì.

E ora, dopo il pezzo scoppiettante, voglio esservi sincero.

Sì, è tutto vero quello che ho scritto. Son stato con una che non era affatto male.

Ma forse, per colpa di troppo miele, ci ricascai. Dove? Ma come dove?

Nei miei stati alienanti, ai confini della notte più sognante.

Perché, a esservi proprio schietti, la realtà non mi piace affatto.

V’è troppa ipocrisia in giro, tanta indifferenza. E, se ti lamenti, arriveranno soltanto altri martellamenti.

Devi farcela da solo. Non vi sono alibi che tengano.

Perché, se sei crollato come Chris Walken de Il cacciatore, puoi star pur tranquillo, amico, che nessuno ti darà una mano. Anzi, ti porgerà la pistola per incitarti al suicidio. Prendendoti per la fondina, no, per i fondelli finché il tuo cervello esploderà e addio cose belle.

Tempo fa, dissi a un medico che doveva fidarsi di me.

È stato l’unico a credere alle mie parole.

E, come nello stupendo Verso il sole, sono oggi un miracol(at)o vivente.

Sono anche però, come tutti vuoi, preoccupato per il futuro che potrà attendermi.

I miei genitori invecchiano, mia madre è sempre più malata. Tanti non stanno bene.

Altri non ci sono più. Qua va tutto a puttane.

È in questo momento che devi tirar fuori la grinta del vincente.

Oltre a Year of the Dragon, l’eye of the tiger…

Rispolverando tutto il grigiore. E non parlo, in tal caso, di questo Mickey Rourke coi suoi cinerini capelli.

Insomma, non fatemi incazzare, sennò genialmente incenerisco ogni altra corbelleria sul fatto che io poltrisca.

 

di Stefano Falotico

Il Cinema, anche comico, è qualcosa di serio, non deve finire nelle teste dell’uomo medio, sennò… non è bello


09 Apr

Robert+De+Niro+National+Action+Network+Keepers+xN6E1wlNUPVlAforisma cult coniato oggi dal sottoscritto:

Molti ragazzi volevano prendermi a modello e modellarsi a me, adesso loro vanno con le modelle e io devo rimodellarmi.

Fratelli della congrega, cinti attorno a questo falò. So che negli scorsi giorni le vostre pelli, abbrustolite dall’erotismo di massa, hanno sofferto intensamente spasmi lancinanti.

Noi, uomini intellettuali, veniamo straziati e strangolati da questo macello ove sono però i maiali a scannarci e a schiacciarci come “malati”.

E siete stati bombardati dalla pubblicità malsana, subdola del Grande Fratello. Spettacolo indegno, oserei dire ignominioso attraverso il quale, però, noi uomini saggi possiamo misurare il livello d’imbecillità sociale, ahinoi, sempre impazzante. Così volgarmente imperante.

Sì, ancora esiste quest’obbrobrio, lo mandano in onda per rincitrullire le coscienze di un’Italia alla deriva ove la gente pensa che per diventare una star basti esibire una parlantina da coatti su capelli stirati dal barbiere alla moda con tanto di pizzo vintage che dà un tocco di sottile cafonaggine in più al già impresentabile pascolatore di pecore mal sbarbato. Un tosatore di pecoroni. E lui stesso s’acconcia in maniera sconcia.

Sì, siete uomini da promontorio dell’Argentario a cui il grande Bob De Niro di Cape Fear, sì, il promontorio della paura, avrebbe rinfacciato in totale franchezza la vostra farisea piacevolezza da quattro soldi, eh già, poco argentea, inveendovi contro come una furia pazzesca.

Sì, siamo invasi da piacioni, da piccioni merdosi, da piccini libidinosi, da bellocci col ciuccio, da ciucce che pensano solo a c… lo con le loro seduzioni morbose. Tristi e noiose. Appiccicose!

Siamo attorniati da bellimbusti che camminano tutti dritti e da palestrati coi viscidi mocassini lustrati lungo le strade degradate della caduta dell’impero occidentale. Tutti impettiti, ritti, sono solo dei rettili.

Uno schifo. Non sono un moralista, sono un oggettivista. Un’analista di questo mondo di fascisti, di statuine tanto belline a prima vista eppur pneumatiche più d’una gomma, peraltro bucata, della Michelin.

Sì, come l’omino della pubblicità di questa celeberrima marca di pneumatici, siete degli esaltati. Esseri gonfiabili, invero già dei palloni gonfiati, però altamente infiammabili. Perché il vostro cervello, da tempo immemorabile, ha perso le rotelle, macerato dall’edonistica tangenziale della vostra vita frivola e oscenamente sessuale nell’accezione sua più bruttamente carnale e triviale.

Insomma, siete degli animali dall’aspetto fisico persino aitante, esseri gioviali quando apparite superficialmente in questi selfie micidiali con tanto di falsissimi sorrisi stupidamente abissali. Da dementi.

Avete perso il buon gusto chissà in quale zona remota della vostra nascita non solo mai esistita bensì partorita da un aborto mal riuscito da cui, sfortunatamente, sopravviste e ahinoi usciste.

No, noi di questa congrega, non siamo matti né frustrati. Vogliamo soltanto, cari incoscienti e beoti, ammonirvi e ricordarvi che, procedendo così, secondo un calcolo di probabilità assai attendibile, farete la fine del Joker/Phoenix.

E anche del signor Philip André Rourke Jr, in arte Mickey.

Un uomo che un tempo era uno spettacolo vivente e ora ti chiede da mendicante:

– Come sto? Sto bene così?

E tu, per non infierire, lo accontenti come si fa coi deficienti e gli rispondi:

– Ti sono amico. Sai, Mickey, io amo essere sincero. Stai così così.

E lui:

– Cioè sono un cesso?

– No, abbastanza sì, però.

 

Insomma, amici, fratelli e sorelle, i fatti stanno proprio così. Eh sì.

Sì, dico a voi sorelle.

Da puberali, amaste Pretty Woman e sognaste di essere Julia Roberts di questo film. Ma come mai siete ora in questo convento?

E tu, ragazza che amasti Al di là dei sogni con Robin Williams, come mai ti trovi qui dopo che non sei riuscita a mantenerti neppure con la pensione d’invalidità?

Sì, questo è un grande asilo. Asini.

Solo io posso permettermi di essere Johnny il bello. Ah ah.

Voi no.

Perché sì.

Dunque, come Matt Dillon di Rumble Fish vado da mio fratello maggiore Motorcycle Boy e gli chiedo:

– Ehi, brother, ho ragione io?

 

Come si suol dire, chi tace acconsente.

 

 

di Stefano Falotico

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Rusty il selvaggio: anche le società più primitive hanno un innato rispetto per gli alienati


08 Apr

rusty rourke

Battuta memorabile di un grande Mickey Rourke nel capolavoro Rumble Fish di Francis Ford Coppola.

Sì, in occasione degli ottant’anni del maestro, ieri sera, intimamente ho rivisto questo suo film magnifico.

Esistono film fuori dal tempo, magici. Sensazionali.

Film che ti riportano indietro con la memoria quando come Matt eri un ragazzino un po’ disilluso. Al che tuo fratello maggiore, forse solo il tuo amico migliore, quello che ti capisce al volo senza che tu abbia bisogno di riferirgli per filo e per segno i potenti struggimenti del tuo cuore che tanto ti stanno tormentando, ti dice:

– Dai, cavalca e monta in sella sulla mia moto. Facciamoci un giro.

 

E, con la testa fra le nuvole, vivendo quei pochi istanti pindarici, nell’accelerazione gravitazionale della tua anima, dimentichi le fratturanti trappole dell’amore. Incantandoti nell’ammirare velocemente le insegne luminose, addentrandoti nel buio della notte ove la poesia più alta fa rima con l’immaginazione alata.

Rusty il selvaggio con un Dennis Hopper da Oscar sebbene si veda pochissimo.

Un avvocato disoccupato che vive in un tugurio. Che rincasa, fra opachi riflessi di animali domestici stampigliati nei muri fatiscenti di uno squallido stabile, come ombre cinesi dell’appartamento cangevole delle tue passioni infinite.

Matt, sconsolato, da solo al bar, chiede a Tom Waits come si possa capire se uno è matto.

E Tom, sorridendo dinanzi alla sua giovinezza acerba, gli dice che non sempre si capisce.

Quindi, Dennis chiede ai suoi ragazzi come va. Come in una canzone di Ligabue. Se in questo viaggio chiamato vita ora sono felici.

La sua vita è oramai rovinata ma quelli sono i due imperdibili boys. Il suo bene più caro al mondo. I suoi pupilli, i ragazzi per cui nutriva grandi speranze dickensiane.

La loro madre non è pazza, non vede la vita come gli altri.

Voi come state, amici? Fra poche ore mi aspetta un appuntamento cruciale per il mio destino.

Vi terrò aggiornati.

Ah, da quanto tempo non ci vediamo. Ne ho da raccontarvene. Andiamo a berci una birra e a farci delle pazze risate per le strade?

Io sono colpevole di molti errori. Lo so, me ne vergogno.

Ma il carisma brandiano resta e a maggio si parte con le riprese di un cortometraggio importante con un mio amico.

Abbiamo entrambi enorme fiducia l’uno dell’altro. Anche grande coraggio.

E possiamo garantirvi che ci stiamo impegnando al massimo.

 

di Stefano Falotico

 

Essere uno scrittore significa essere un tennista, essere un regista, uno sceneggiatore o un attore significa giocare a football


09 Mar

rourke wrestler

Sì, so che è una metafora sportiva alquanto banale. Ma è anche veritiera.

Scrivere è bello, piacevole. Può iniziare, come inizia d’altronde per tutti, per una sorta di memoriale diaristico in cui si scrive per far chiarezza dentro sé stessi, cercando di arrivare a verità profonde del proprio animo. Nel tentativo di esternarle al prossimo e cercare di entrare in empatia col vissuto altrui, per condividere delle esperienze emotive, cerebrali, intellettive, metafisiche o persino carnali che possano trovare, nella specularità del confronto con l’eventuale lettore, una qualche ragione di esistere, oppure semplicemente la propria strada. Nel reciproco scambio. Ah, si può anche inciampare. Cazzo, dite al sindaco che qui ci sono delle buche.

Non vorrei apparire retorico nell’affermare quanto ora dirò, e infatti tale apparirò.

Ma chi scrive, a prescindere dal risultato, lo fa, al di là anche dei possibili introiti derivati dalle vendite, per puro piacere personale. Sebbene io attribuisca un significato particolarmente specifico, in tal caso, alla parola piacere.

Si tratta infatti di un piacere, sì, emozionale, viscerale se non filtrato soltanto, appunto, da logiche affaristiche e da furbe strategie promozionali, eppure anche di un piacere che provoca molto dolore.

Perché scrivere, soprattutto con onestà morale, non abdicando ai mendaci ricatti del possibile guadagno, obbliga a trivellarci il cuore, a denudarci, a spiare le profondità arcane, misteriose, perfino imperscrutabili a noi stessi, prima di allora mai avvenute, dei nostri meandrici spazi bui.

Misticamente ancora inesplorati. Ci costringe, insomma, a rivelarci. E non è quasi mai una rivelazione studiata e programmatica. Bensì un’auto-rivelazione stupefacente, a costo pure di essere, appunto, dolorosa, addirittura, oserei dire, esiziale per il nostro cuore. Ché, così facendo, divelliamo, scarnifichiamo, pugnaliamo per sputare il sangue della nostra passione per l’arte ma soprattutto per la vita.

Ma, a lungo andare, per quanto stratificato, complesso, periglioso e minuzioso questo nostro pur lodevole lavoro di scavo possa risultare catartico, diventa stancante, in una parola frustrante.

Come dice il grande Bob De Niro/Capone ne Gli intoccabili:

Guarda, lancia, acchiappa, corre ma è solo parte di una squadra. Battono per sé stessi tutti i grandi campioni che applaudiamo allo stadio. Ma, se la loro squadra non funziona, che cosa sono? Mi seguite? Nessuno! C’è un bel sole, le tribune sono piene di gente. E lui che cosa può dire? Vado là fuori e gioco per nessuno? Mah… Non arriverò a niente se la mia squadra poi non vince!

Be’, a dire il vero, Bob lo dice per un preciso scopo. Per dare poi una micidiale mazzata “in capa” a un suo scagnozzo traditore.

Ma il discorso comunque regge a un livello anche, diciamo, più umano e artistico, toutcourt.

Be’, amici, e se non mi siete amici non me ne sbatte un cazzo, siete allora solo degli stronzi, in questi anni ho scritto davvero tanto. Ma davvero tanto.

Ed è stato bellissimo passare molte serate in compagnia del mio valentissimo correttore di bozze. In un affiatamento produttivo estasiante e fortemente creativo. A controllare e ricontrollare parola per parola tutti i singoli testi. A impaginarli, a mettere, come si suol dire, apposto le virgole e i puntini.

Sì, cazzo, anche i puntini di sospensione. In un testo, fatto come dio comanda, devono essere tre e poi bisogna cliccare INVIO per “restringerli”, altrimenti la battitura diventa esteticamente brutta, editorialmente impresentabile.

Cioè, vi faccio un esempio: … vs

UNDERSTAND?

Ma il lavoro dello scrittore è spesso autoreferenziale anche quando in cuor suo non vorrebbe esserlo.

È come, appunto, giocare a tennis. Uno può essere bravissimo, anzi, il più bravo di tutti.

Ma vincerà solo per sé stesso.

Quando si lavora nel Cinema, be’, parafrasando molto alla larga Samuel L. Jackson di Pulp Fiction:

forse il tuo metodo di massaggio è diverso dal mio, ma sai, toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport…

Ecco, scrivere è come farsi una sega e giocar con le proprie palle. Che poi siano anche balle, cioè cose romanzate e frutto di fantasia, è un altro paio di maniche. Anche di mance se chi acquista, ah ah, ti dà un extra di buona manica. Oh, ci mancherebbe. Me la devi dare, donna. E, se non me la dai, sarà una delusione tremenda. Ah ah.

Scusate, i tennisti non sono dei segaioli?

Ecco, fare il regista presuppone discutere scena per scena con lo sceneggiatore, col direttore della fotografia, con gli attori. Eccetera…

Per un fottuto, grandioso gioco di squadra.

Come dice Al Pacino di Ogni maledetta domenica:

io non posso obbligarvi a lottare. Dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che, quando sarà il momento, voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, signori miei.

Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente.

 

Al momento, amici, sto lavorando a un progetto cinematografico di squadra.

Spero che tutto possa andare per il meglio.

Altrimenti, come voi, teste di cazzo, chiederò il reddito di cittadinanza e passerò le giornate a farmi le seghe.

Ma non sono il tipo. Non lo sono mai stato.

Be’, arrivi a un certo punto e capisci che devi inseguire sia te stesso che gli altri. Non sono il tipo che si accontenta di fare una vita grigia e aspetta il sabato sera per sciacquarsi l’uccello nel bidet dopo una scopatella con una che sta più a pecora di te. Oppure, ancora peggio, fare l’avvocato oppure il chirurgo, no, torni a casa esausto, col giramento di coglioni e metti su i Tiromancino.

Piccoli miracoli?

Che cosa? Senti, Zabaione, zampognaro, maionese, Zabaglione, bello guaglione, Zampaglione e dei miei stivali coglione.

I buonismi consolatori andranno bene per le massaie. Io ancora non sto messo così.

No, non sono un wrestler. Anche perché, se lo fossi, tradirei quanto appena scritto sopra, perciò, anzi, la mia vita sarà questa. Ah, però!

A proposito, chi dice che da Nebraska in poi Bruce Springsteen abbia fatto solo robetta, ah ah, andasse a prenderselo nel culo.

E io non voglio essere al posto suo quando lo prenderà.

 

di Stefano Falotico

L’insospettabile Dr. Falotico/Don Shirley à la Mahershala Ali vi scrive lettere d’amore se volete…


12 Feb

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Ecco, avete visto Green Book? Quell’illetterato di Tony Lip/Viggo Mortensen è costretto ad allontanarsi da sua moglie per portare a spasso in tour, appunto, il dottor musicista Don Shirley, interpretato da uno splendido Mahershala Ali.

Al che, sta scrivendo una lettera d’amore alla sua lontana consorte. Comincia a leggerla al dottore e lui gli rinfaccia che è semplicemente dozzinale e patetica. Perché a una donna innamorata, rimasta sola e dunque bisognosa di parole lusinghiere, amorevoli appunto, calde e ispiratrici di torbida malia metafisicamente erotica, sì, al pari di una donna inconsolabile che soffre una sessualità castigata perché fedelmente coniugata a un marito che sta al fronte, non si può scrivere che stai seduto a mangiare le patatine…

Come la donna del private/soldato semplice Ben Chaplin de La sottile linea rossa di Malick, per intenderci, una donna rimasta temporaneamente vedova, va protetta con effluvi epistolari che sappiano coccolarla anche soltanto col pensiero.

Ecco, detto questo, ora inframmezziamo questo mio scritto da Sturm und Drang, da Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani con un episodio che ha avuto alquanto del disdicevole. Io oramai non mi scandalizzo più di nulla, ma…

Un attimo e poi ci arriviamo, abbiate fede e non quella nuziale. Ché poi, se litigate, sono cazzi davvero col divorzio.

Cazzo, be’, dinanzi alla Madeleine Stowe dei tempi d’oro, d’altronde, un uomo non aveva molte scelte, o le diceva infatti sfacciatamente che era una figa mondiale che poteva (s)battersela con Jennifer Connelly, rimediando forse uno schiaffo in faccia o arrivando, fortunatissimo, a una botta di culo pazzesca, in senso lato B e non, oppure romantico lo diventava per forza. Con Madeleine, no, non avevi molte opzioni. Dovevi esserle morbido e duro allo stesso tempo. Certamente, se a lei ti fossi presentato come ingegnere astrofisico, non ti avrebbe cagato. A meno che, essendo ingegnere della NASA, quindi più miliardario di lei, poteva sposarti per poi farsi il viaggio sulla luna con un altro più terra terra. Ah ah.

Ora, l’altro giorno, a tradimento, diciamo, son stato contattato da uno su Facebook. Uno che mi ha detto di essere un produttore musicale. Dalle foto del suo profilo, infatti, tutto lasciava presagire a un uomo dai gusti raffinati, un amante della bellezza universale come Chopin. O forse Sean Penn? Sì, Sean Penn con Scarlett Johansson pare che abbia suonato bellissimamente, anche robustamente, la carica in maniera “grilletto-vivo” con preliminari da Preludio op. 28 n. 15, sterzando poi su Richard Wagner con una Cavalcata delle Valchirie, detta più volgarmente cowgirl.

Sì, questo qui si è presentato a me come un fine conoscitore non solo della musica ma di ogni ars amandi sofisticata.

Tale la conversazione fra noi due, davvero “altolocata”.

– Bene, ho visto che sei anche tu iscritto a un gruppo niente male.

– No, non suono in nessun gruppo.

– Ah, simpatico. No, volevo dire che sei iscritto a Dee VIP.

– Ah sì? Boh. Su Facebook, m’iscrivo un po’ a tutto, a casaccio.

– Be’, quale è la tua donna dello spettacolo preferita?

– Ne avevo molte. Da parecchio non seguo il jetset televisivo. Ho cose più importanti adesso da fare che stare dietro alle oche della Radio Televisione Italiana e di Mediaset.

– Conosci però Diletta Leotta? Ti piace?

– Chi? La presentatrice, pseudo-conduttrice calcistica?

– Eh già. Non è male, no?

– Sì, in effetti è una donna bellissima.

– Ecco, te ne sei mai sparata una su di lei?

– Ma che domande sono? Come ti permetti?

– Su, dai, mi hai detto che ti piace. Piace molto anche a me.

– E quindi?

– Una di queste sere ci spariamo una sega (lui, anzi, ha detto testualmente ci seghiamo) assieme su di lei?

– Senti, pervertito, ti blocco subito. 1: non ho quindici anni e nemmeno a quell’età mi son mai segato, come dici tu, in compagnia. 2: sei una sega totale. Un nano onanistico.

– Ma sì. Non me la prendo. Era per chiedere. Non si sa mai. Sai… potevi anche starci.

– Ok, ora ti blocco.

– Fai pure, carissimo. Ma, prima di bloccarmi, posso farti un’altra domanda?

– Acconsento. L’ultima e poi sparisci per sempre dai coglioni?

– Il tuo di quant’è? È grosso, è lungo?

– Abbastanza. Trenta centimetri. Alla prossima domanda sconcia te lo sbatto in testa. Una bella mazza(ta).

– Uhm, trenta centimetri. Un ottimo arnese. Sicuro che vuoi bloccarmi? Sai, come si suol dire, una mano lava l’altra…

 

Orbene, nella vita, alla soglia dei quarant’anni, può succedere d’incappare in personaggi del genere. Un sottogenere, per così dire, alquanto “boschivo”.

Terminata la “pratica” mai avvenuta, per fortuna, con questo segaiolo omosessuale-bisex dai vizietti alquanto discutibili, passiamo al resto.

Un mio amico, da tempo, non scopa più con sua moglie. Lui è sempre lontano da lei per lavoro. E lei risponde ai suoi telegrafici ma passionali messaggi WhatsApp con deprimenti pollici su. E basta.

 

– Stefano. Voglio farle capire che per me lei è importante. Vorrei scriverle, come si faceva una volta, ai tempi di Leopardi, sebbene io non sia all’antica, una bella lettera d’amore. E chiederle la mano in maniera superbamente commovente. In modo tale che, dinanzi a una proposta di matrimonio, così magnificamente esposta, lei capirà davvero che io la amo sconfinatamente e mi sposerà.

– Va bene.

– Quanto devo darti?

– Niente. Non si fanno certe cose… per soldi.

– Sei un tesoro.

– Ti sei già portato avanti? Insomma, hai già buttato giù qualche riga?

– No. In verità, sì.

– Posso leggere la prefazione, diciamo?

– Non è un granché.

– Non importa. Fammi per piacere leggere.

 

Ciao Melissa,

son qui stasera, dopo essermi spaccato il culo, triste e solo come un cane. Sto leccando e succhiando… la melassa ma mi mancano i tuoi baci dolci come la più lieve glassa. Finito che avrò di leccare non solo quella ma soprattutto pene… d’amore, berrò anche una buona cioccolata calda.

Tu mi pensi? Ieri sera, so che hanno ridato, su LA7, 9 settimane e ½.

Adori quel film. E io adoro te. Sono dodici settimane e un quarto che non ti vedo, che non ti sento. Che non ti annuso.

Mi mancano, onestamente, le tue gambe profumate, vellutate come la seta. Di te ho fame e sete. Mi struggo nel rimembrare il tuo culo quasi da Kim Basinger.

Ti amo. Ma voglio dirti altro… Io ti darei tutto…

 

– Come inizio, prima poi di dichiararle che voglio convolare a nozze con lei, che te ne pare? È buono?

– No, fa veramente schifo al cazzo. So io a cosa convolerà se le manderai una troiata del genere. Non convolerà a niente, semplicemente volerà altrove e il tuo uccello, detta come va detta, precipiterà come un aeroplanino di carta, molto moscio. E non ti basterà bere mille Red Bull per mettere le ali…

Questo lo sai, no?

– A me pareva un buon incipit.

– Siediti qua. Scrivi.

– Non siamo alle elementari. Che fai il maestrino e io, sotto dettatura, scrivo come un bambino?

– Ah, perché? Cosa sei?

Scrivi!

Ciao Melissa,

è stato il compleanno di Jennifer Aniston. Ha la tua età, sai? Cinquanta, meravigliose primavere. Una donna bellissima. A cinquant’anni schiena tutte quelle di venti. Le sue gambe sono sensazionali, il suo sorriso letizioso è morbidamente allineato alla parola beltà. Sorridente estasi mastodontica snocciolata in un’eleganza sensuale davvero mozzafiato.

Jennifer Aniston mi fa impazzire, Melissa.

Ma devo dirti questo. Voglio esserti schietto.

Melissa, la tua voce par che io sensibilmente la oda da qui. Qui, ove ora dormo solo in queste notti buie e livide. E sterminatamente la tua voce, rocciosa, melodica, soffice e delicata come lo spumeggiante seno di Jennifer Aniston, sì, soave come la sua venustà femminile oltre ogni limite, divampa sublime nella fragile, incostante monotonia di queste mie giornate senza sole in cui m’accorgo di essere un uomo, senza di te, con tanti limiti.

Tu, Melissa, sei la mia forza. La mia luce e la mia potente energia dell’anima. Devi sapere che, se un domani Jennifer Aniston mi chiedesse di uscire con lei, questo non avverrà mai.

Ma non perché lei è un’attrice di Hollywood e io semplicemente un uomo comunissimo e neppure tanto bello e ricco.

Perché io, anche se Jennifer Aniston dovesse impazzire e mi domandasse d’invitarla a cena, preferirei passare la serata, guardando i tuoi occhi, Melissa.

Vuoi sposarmi?

 

– Ci metto P.S.: bacio ai bambini?

– Ma non avete figli tu e Melissa.

– Sì. Ma dopo questa lettera ne avremo molti.

– Su questo puoi starne certo.

– Sei davvero un grande amico. Non so come ringraziarti. Adesso però, scusami, devo andare.

– Dove vai così tanto di fretta?

– C’è una zoccola, a cui avevo chiamato un’ora fa, che sicuramente è già nel mio albergo ad aspettarmi. Ciao!

 

Ho detto tutto.

Ora vado ad ascoltarmi la Settima di Sciostakovic.

Mentre il mio amico suonerà con la bagascia russa, forse di cognome Davidovic, il suo “campanaccio” o solo campagnolo, nella spagnola della sua quarta con tanto di vodka e whisky naturalissimi…

Per farla breve, cioè sveltina…

No, non sono Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani, mi pare ovvio, neppure Mickey Rourke, mi pare altrettanto palese. Potrei essere Cesare Pavese? No, meglio un Pavesino.

I miei vengono da un paesino. E non sono Don Shirley né una leggenda del pianista sull’oceano.

Al che, torna a farmi visita il mio amico. Gli offro un caffè. Senza zucchero perché quello l’ha già mescolato alla russa.

– Però potresti diventare davvero uno dei più grandi scrittori italiani.

– Non esageriamo.

– Sai, amico. In ogni grande storia d’amore, un uomo quando va giù ha bisogno di una donna che lo tiri… su, e viceversa.

In ogni bella storia d’amicizia, ci vuole qualcuno di fidato che ti regga il monco, no, scusa, quello è mio zio, volevo dire il moccolo. No, scusa, quello non sei tu. È quel finto amico geloso di me ché sto con Melissa.

Hai bisogno cioè di un amico che ti regga il gioco.

Se ti fidi di me, lo diventerai davvero.

– Ma tu non sai scrivere non solo una lettera d’amore ma neppure la letterina di Natale.

– Questo non c’entra.

 

Su quest’ultima frase, peraltro, si riconosce, a seconda di come viene interpretata, la classe di uno.

Se il questo non c’entra maliziosamente viene visto come omosessualità, potete andare subito da uno psichiatra.

Perché soffrite di manie interpretative e non solo sessuali. Proprio di distorcimenti lessicali dovuti alla vostra scarsissima preparazione culturale.

E vedete sesso dappertutto.

Insomma, la maggior parte delle persone. Che ficcano… il sesso in ogni gesto, in ogni espressione, perfino in ogni accentazione del parlare per sembrare più fighe e per fare colpo.

Persone mediocri, squallidissime. Che però si credono appunto sexy.

Se invece in… questo non c’entra ci vedete una semplice lealtà amicale fra due persone che, nonostante le loro diversità, e cazzo non parlo di quel tipo di diversità, hanno finalmente capito i valori della vita, siete a cavallo.

E stavolta cavallo sta anche a significare che di tutte le invidie, le subdole cattiverie e anche di qualcos’altro… ve ne fotterete.

– Stefano, perché prima di questo scritto hai inserito il tuo video su Bohemian Rhapsody? Sottintendeva qualcosa?

Ti piace Freddie Mercury?

– Sì, ho tantissimi idoli musicali e non. Mi è sempre piaciuto.

– Quindi, sei omosessuale?

– Perché mai?

– Beh.

– Vai a dar via il culo, idiota.

 

 

 

di Stefano Falotico

Mister Freddezza: battute erotiche, oserei dire eroiche, di un uomo spesso bucolico, alcolico, più che altro daltonico


04 Feb
Emmanuelle Seigner

Emmanuelle Seigner

THE ICEMAN - DAY 6 - RAW (202).NEF

THE ICEMAN – DAY 6 – RAW (202).NEF

 

Sì, non so se avete visto il film The Iceman, la vera storia di Richard Kuklinski. Uno che non ha mai saputo chi fosse Chaikovski ma è stato incarnato da Michael Shannon su fotografia di Bobby Bukowski, che non è il famoso Charles ma ha diretto le luci e le inquadrature di questa storia incentrata su un uomo alquanto losco.

Kuklinski è stato uno dei serial killer più spietati della Storia. E, per molto tempo, ha sognato d’interpretarlo anche Mickey Rourke. Uomo però troppo “caldo” che va sempre a mignotte e dunque non ha mai potuto dedicarsi seriamente alla freddezza del personaggio.

Sì, m’immagino. Lui sul set, rifanno la scena perché il nostro Mickey, sbagliando tutto, dopo aver trucidato vittime inermi, involontariamente si è toccato le palle.

E il regista: – Ma no! Ma che cazzo! Hai rovinato tutta l’atmosfera!

The Iceman…  lo vidi al Festival di Venezia. Sì, è la vicenda di un povero cristo, buono come il pane che, pur di poter dar alla moglie Winona Ryder e ai figli la pagnotta quotidiana, si dà al crimine più efferato.

Insomma, una sorta di Delitto e castigo spietato.

Mi ha fatto pena e piangere questo film. Ma non è male. Anche se il suo regista, questo Ariel Vromen, dopo quella puttanata con Costner, è meglio che si dia ora al poker.

Detto questo, dopo averlo rivisto, ho pensato che anch’io sono un uomo freddo.

Sì, non esistono uomini più freddi me sulla faccia della Terra. Fidatevi.

L’altra sera, ad esempio, ero al bar e una passerona di un metro e novanta mi ha ammiccato con far abbastanza inequivocabile, al che ho chiesto alla cameriera se poteva raffreddarmi il cappuccino con qualcosa di fresco. Quindi, ho bevuto la schiuma e, su labbra sporche lattiginose, ho mirato la donna suddetta e le ho fatto capire che sono ancora un lattante e non abbisogno dei suoi capezzoli lattei da materna milf.

Sì, costei non era affascinante come Emmanuelle Seigner di Luna di fiele.

Sì, sono sfacciato.

Ad esempio, pochi minuti fa, su Instagram una ha inserito una foto di lei mezza discinta ai limiti del proibito.

Le ho scritto… ottimo, sguardo al limite del consentito, nudo legale che eppur attenta alle maschili incolumità innocenti e pudiche grazie a un’attenta tua immagine studiatamente piccante eppur non così volgarmente strafottente.

Sei una donna di gran classe. Pulitissima. Infatti, a forza di pulire le scale della cantina, ti sei data a un sorriso adesso smerigliato, lucidamente provocante, forse soltanto da zoccola aitante che se la tira da signora elegante. Torna a scopare ora il pavimento, forza.

Dunque, dopo questa mia sortita senza peli sulla lingua, lei mi ha scritto privatamente:

– Ehi, testa di cazzo. Come ti sei permesso? Ora ti faccio il culo!

– Sì, prima però vai a tirare lo sciacquone. Il bagno è ancora sporco. Forza.

Che volete farci?

Mi girano spesso i coglioni. Che sono tutti, tranne ovviamente me.

Io posso permettermi di bere infatti il caffè senza chiedere lo zucchero di troppo.

Non vi è una spiegazione logica a questo mio comportamento senza perché.

Fatto sta che così è.

Sono un uomo senza macchia, bianco come il latte, appunto, oggi Vergine in Capricorno, domani mucca in Toro, fra tre anni forse Sagittario in Saturno.

E statemi bene.

Capisco perché il mondo sia andato a puttane. Credete ancora agli oroscopi e le vedete col telescopio.

Di mio, uso spesso il microscopio. Sì, per osservare i vostri girini da uomo molto avanti che osserva a vita da un’altra Ottica. Infatti, l’Ottica Avanzi fa schifo.

Devo cambiare gli occhiali.

E su questa stronzata vi lascio.

di Stefano Falotico

Tutto ciò che avreste voluto sapere su di me e io or vi mostro di Mostra di Venezia: la mia ex, Alba Parietti, Moretti Nanni nei miei personali, incredibili video sfrontati


08 Oct

Johnny il bello

Quante cose su di me che non sapete e, coi vostri cervellini fantasiosi e bacati, invece presumete di sapere, creando e allestendo assurdità sul mio conto. Del mio conto non sa neppure Dracula il Conte poiché il sottoscritto è uomo che vampirizza, con carisma immenso, molto più di lui. E tanto succhia quanto lascia che mi succhino…

Eccomi qua. Vi mostro una ragazza, secondo me molto bella, con cui ebbi più e più volte occasione di “desinare” corposamente, nelle sventolio dei nostri ormoni da Y tu mamá también. Sì, era più grande di me ma, nel mescolamento dei nostri sensi, forse ero più cresciuto io, tant’è vero che in piena notte mi richiamava sempre… perché voleva riassaggiare il calore del mio iceman…

Sì, difficile capire se fossi Diego Luna o Gael García Bernal con la sua Maribel Verdú.

Io sono un fanatico delle donne. Adoro le loro gambe, il portamento basculante dei loro culi platealmente grandiosi. Ché mi soffermerei a decantarli per ore inesauste di leopardiano rimembrar come il mio membro in qualche Silvia, no, selva entrò e in altre invece, lontano da godimenti “boscaioli”, da solo eiaculò. Immaginandole ignude nel boato scintillante del mio amarle anche di fai da te.

Dicono che io abbia una bellissima voce e che, alla terza parola che a lor signore sussurro, codeste impazziscano nel turbinio scabroso d’irresistibili fremiti sesquipedali. E devono nascondere l’arrossamento…. Spesso, molte donne, talmente distrutte dal mio fascino, usano meccanismi di difesa. Non possono dire che vorrebbero saltarmi addosso in modo screanzato, al che partono con le offese. Per tirarsela da donne non facili. Nessun problema, rendono il gioco ancor più piluccante… Provocando, la seduzione si fa più divertente.

Insomma, sono il Mickey Rourke italiano. Con classe da Johnny Depp.

Miei maniaci da From Hell, posseggo un fascino maudit da Frederick Abberline.

E poi chi ha detto che questa canzone è melensa?

Insomma, amici, seguite e ascoltate il vostro cuore.

Morale della storia: non siete voi che dovete salvare me, sono io che salvo voi e vi mostro la bellezza.

.

 

 

di Stefano Falotico


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Cosce di albe da festival

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Mi attizza il Joker di Joaquin Phoenix e Mickey Rourke poteva recitare in un film di Dario Argento


17 Sep

Phoenix Joker

 

Qual è l’esatta pronuncia della parola pudico? E qui casca l’asino. Lo so, asinacci, a Bologna dicono lo suocero, al posto del suocero. E a Bologna, spesso e volentieri, sbagliano anche l’accentazione della parola rubrica.

Sono degli uomini sgrammaticati, insipienti e sciatti, gretti, ignoranti e stolti, dei veri clown. Io, tutt’al più, sono un commediante, infatti scrissi un libro omonimo che potrete rinvenire sulle maggiori catene librarie online. Anche se, va ammesso e non rimandato al prossimo anno, dopo la lettura di tal succitato libro, non sarete più rinvenuti, sebbene continuerete a venire, forse pure meglio, nella vagina liscia e morbida della vostra donna. Donna carina, vera peperina, vera volpina, ottima prugnina.

Sì, come il Joker sono uomo armonioso, libero e giocoso, pagliaccesco, oggi malinconico e domani in te, donna, focoso, in quanto giammai uomo deperito e mai perito, come quelli degl’istituti industriali, nella sua passione ardentemente ardimentosa. Che si mantiene ritta, nonostante mi urliate che debba raddrizzarmi.

Uomo freak per eccellenza, fisiognomica incarnazione di ogni tormento esistenziale racchiuso in un’espressione sorridente eppur addolorata, con la pelle del viso emaciata e non raggrinzita, di fronte corrugata ma non rugosa, che si pone all’obiettivo fotografico in maniera obiettiva. E, dinanzi a questa società edonistica, frivola e materialistica, continua a conservare una lucidità bestiale, poiché il Falotico, nonostante i furbi e fuorvianti depistamenti, le devianze a cui potrebbe soccombere, non corrompendosi nell’animo, rimane perfettamente fotogenico. Sano come un pesce, squalo delle tenebre e pinguino come DeVito.

Uomo invidiato e ambito in maniera sesquipedale, sì, uomo di grandezza morale incommensurabile, spropositata. Che rifiuta le gentili offerte delle donne più belle semplicemente perché è un coglione e preferisce riguardare Mulholland Drive.

Egli non è affetto da nessun delirio demenziale, miei uomini affettati che, in maniera affrettata, addivenite a diagnosi troppo radicali e superficiali. Egli volteggia in modo grazioso sulle più belle grazie e, dopo gli amplessi sudati e sinceri, non le ringrazia ma scivola ancora al plenilunio laddove la sua ombra scompare nel tintinnio di un’altra orgasmica emozione. Emozione fa rima con erezione. A tutte ne do lezioni e olio il da farsi con precise lozioni.

Sì, Mickey Royrke, invero, ha già girato un film con Argento. Come lasciai intendere nella mia recensione di Angel Heart. Nella mia chiosa e postilla finale.

Alan Parker, nonostante qualche suo film madornale, è sempre stato un regista impersonale ma Angel Heart non ha nulla da invidiare al miglior Dario. Soprattutto nella scena in cui il Rourke, d’incubo terrificante, sogna e dunque immagina di trovarsi in una sorta di scantinato tetrissimo, con un losco figuro col cappellaccio.

In realtà nella suddetta scena, Mickey voleva chiedere a quel signore vestito di nero, sì, l’uomo nero delle favole per bambini timorosi di Dio, se assieme, in quella cantina scura, potevano bersi due litrozzi di vino. Da canzone dei folli alla Bukowski, infatti Barfly docet.

Eh sì, checché se ne dica, nonostante le maldicenze e gl’iettatori, questo Falotico è proprio un bel personaggio. Altroché.

E, alla domanda se preferisco River o Joaquin, risponderò sempre: prediligo Lauren Phoenix.

Adesso si è ritirata, ma quanto me l’ha tirato… Se dite che Lauren è o fu una troia, sì, lo è, lo fu eccome, ma non venite a dirmi che il suo culo non è/era da Oscar. Smaltato e da smaltare, così i chili di troppo smaltirete.

Ricordate: nella vita, bisogna sapientemente dosare il cervello con quel qualcosa che alle donne pare tanto bello.

Se una donna vi dirà che non è così, è una suora.

Che poi anche le suore…

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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