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CHARLIE SHEEN, un uomo, un mito. Come no!


27 Jun

Wall Street Daryl Hannah Charlie SheenClassico video spiritoso, sardonico alla Falotico, dissacrante e anche ero(t)ico, assolutamente non offensivo, anzi, tutt’altro. Omaggiante un gl… de, no, “grande” uomo, amante… non solo (di) Playboy.

Famoso e imbattibile tombeur de femmes sesquipedale, bomber atroce, attore capace di donarci performance straordinarie, sì, di f… a, no, di fama e fame… mondiale. Micidiale! Charlie Sheen, il figlio che noi tutti vorremmo avere. Lui, sì, che seppe e sa cosa volere nella vita! Non giriamo troppo attorno. È un uomo che spinge a tutt’andare, spende e spande, gigioneggia e soprattutto “cazzeggia” senz’alcun timore di sputtanarsi, in ogni senso. Suo padre, in Apocalypse Now, vide l’inferno in terra, Charlie invece ne vede ancora tante, hot like hell.

A meno di trent’anni, 30 anni fa, in molti avrebbero scommesso che, alla pari di Michael Douglas di Wall Street, avrebbe presto vinto l’Oscar. Non lo vinse e giammai vincerà. Però, dovrebbe averne perlomeno già dieci per un altro genere di Cinema. Mi pare un’ingiustizia assoluta non avergliela data, no, dato.

 

di Stefano Falotico

Brett Rossi Charlie Sheen

Charlie Sheen Martin Sheen

Bologna HARD BOILED & L’amore ai tempi del Covid – Il carnato di una città escoriata: scende in campo il più grande attore vivente. De Niro? Daniel-Day-Lewis, Toni Servillo, Gary Oldman? Uhm, non credo


25 Jun

apocalypsenowfilmtvmartinsheenPartiamo con una freddura alla Falotico.

Uno studente del Dams sostiene una potente interrogazione su Apocalypse Now.
Il prof.: – Mi parli di questo capolavoro di Coppola, tratto da Conrad.

– Ebbene, è un grandissimo film. Vi è anche la cavalcata di VAL KILMER.

Sì, faccio ridere le persone. Ho sempre pensato di essere bruttissimo. Mi vergognavo della mia bruttezza, cioè questa.Falotico

Ora, facciamo i seri.

Avete riso? Sì, non sono Val Kilmer dei tempi dorati, neanche Alain Delon. Infatti sono meglio. Comunque, non mi prendo mai sul serio. Ora, facciamo i seri. Prima, lasciavo che tutti mi prendessero per il culo. Sì, mi piaceva. Una donna, che ne so, mi diceva che ero carino e io rispondevo che lei non era bella. Lei rispondeva che ero un coglione e io replicavo di esserlo. Al che lei pensava che fossi Val Kilmer del film A prima vista. Aveva visto giusto. Ero totalmente cieco. Anche lei però, ah ah.
Al che le persone mi domandavano: Ma ci sei o ci fai? Il tuo problema qual è?
E io: – Non vedo una mia vita.
E loro: – In che senso? Cioè, fammi capire. Anche se tu fossi ricco e miliardario, saresti depresso lo stesso?
Io: – Più depresso di prima. Gli uomini e le donne sarebbero miei amici, non solo amici, soltanto nella speranza di fottermi.

Capito questo di me, avete capito tutto.
Breve estratto del mio libro, disponibile sulle maggiori catene librarie online, nei formati cartaceo e digitale. Presto anche su Audible, ovviamente.

Il finale di True Detective è di natura cristologica.

Attenendoci puramente, no, puristicamente alle parole da Rust/McConaughey pronunciate e scandite testualmente secondo il doppiaggio effettuatogli da Adriano Giannini, udimmo quanto segue:

È questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente, l’idea di ciò che c’è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni…

Quello che erano… che ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà.

Le persone sono così deboli che preferirebbero gettare una moneta in un pozzo dei desideri che comprare la cena. Trasferimento di paure e disprezzo di sé verso un tramite autoritario, è catartico. Lui assorbe la loro paura con la sua oratoria e per questo è efficace in proporzione alla quantità di certezza che riesce a proiettare.

Alcuni antropologi linguistici pensano che la religione sia un virus del linguaggio che riscrive i percorsi nel cervello. Soffoca il pensiero critico… Almeno, io penso con la mia testa.

Tutti noi incappiamo in quello che io chiamo la trappola della vita. Questa profonda certezza che le cose saranno diverse, che ti trasferirai in un’altra città e conoscerai persone che ti saranno amiche per il resto della tua vita e che t’innamorerai e sarai realizzato. Vaffanculo alla realizzazione… e la risoluzione? No, niente finisce davvero.

Nell’episodio 2, Rust inoltre dissertò, con saggezza ammirabile e finissima dialettica, sull’inequivocabile orrore rappresentato dall’amorale gesto condannabile di mettere al mondo una vita, tante vite, le nostre dissipate esistenze già nate finite. L’errore del voler partorire, con arbitrio degno nemmeno di Dio, tale succitato errore, sì, il bieco errore nato dal perpetuarsi dell’abominazione chiamata orgoglio…

Quando muori, il guaio è che sei cresciuto. Il danno è fatto, è tardi.

Avete figli? Credo che sia da presuntuosi volersi ostinare a sottrarre un’anima alla non esistenza e relegarla nella carne. Trascinare una vita dentro questo tritatutto. E mia figlia, lei mi ha risparmiato dal peccato di essere padre…

Parole, quelle di Rust, da santo o malsane? Chissà. Sciorinate con piglio melanconico da uomo rabbuiatosi per colpa d’un mondo vacuo, futile eppur allo stesso tempo ricolmo di carne umana erosa e corrottasi alla base, macerata e bruciata in questa porca brace atroce.

Maciullati, infatti, siamo noi tutti dentro la putredine bruciante d’una società che dei nostri corpi ha inestinguibile fame. Mangiati e divorati senza pietà saremo dagli uomini e dalle donne miserabili che attenteranno alla nostra incolumità per segregarci nella prigionia d’ogni mentale sanità oramai andata a puttane. Ineluttabilmente scomparsaci e andata via. Chissà dove, chissà quando, chissà in quale nero anfratto. Infranti, affranti, eppur giammai domi, speriamo forse da illusi infanti che migliore sia e sarà il domani, però giammai saremo dormienti in un mondo addormentato e precipitato nell’insipienza, pieno zeppo di fottuti stronzi e pavidi incoscienti.

Un libro cinematografico in cui vengono citati molti film. Fra cui questi. Vi consiglio la parte partente, eh eh, da 3:08:00.
Come disse Jack Burton/Kurt Russell: basta, adesso!
In effetti, sono un minus habens, vero?shiningnicholsonkubrick Ah ah!

Chiudiamo con una nuova super-freddura.
Un professore di Cinema mostra una foto di Francis Ford Coppola a un suo allievo (per modo di dire) e gli domanda:
– Chi è questo?
Risposta: – Un panzone.

Ecco, al che vi aspettereste che il professore abbia bocciato, semmai ingiuriando a sangue, il suo studente.
No, il professore risponde al ragazzo: – Bravo, anche io risposi così quando dovetti sostenere la mia tesi di laurea su Coppola.
Il ragazzo: – Non la bocciarono?
– No, io sono Francis Ford Coppola.
– Cavolo. Mi scusi se le ho dato del panzone. Ora lei è molto dimagrito. Ma, signor Coppola, mi tolga una curiosità. Lei sostenne la tesi di Laurea su sé stesso? (ricordiamo che non si scrive se stesso, anche se è comunemente considerato corretto e invece è reputato, erroneamente, paradossalmente sbagliato. Pregasi le insegnanti di Italiano di correggersi. Sì, nei libri troverete se stesso, quali libri?).
– Sì, negli Stati Uniti non esiste il Dams.

Morale della favola: se uno è un genio, non ha bisogno di pezzi di carta. Bensì soltanto di dimostrarlo.
Quando lo dimostra, è come trovarsi dinanzi a Marlon Brando. Tutti coloro che lo avevano deriso, piangono e piangono, piangono e piangono, piangono e piangono. Parafrasando Rust Cohle: ancora e ancora, ancora e ancora, ancora e ancora.
Per il semplice fatto che derisero un genio. Quindi, compresero di essere degli idioti.
Insomma, sarebbe come dire. Uno prende per i fondelli Orson Welles perché non lo capisce.
Pensava che fosse scemo perché non era come gli altri.
Ebbene, per la signora in prima fila, che non è Rita Hayworth, no, mi sembra sulla racchia forte, un altro giro di vodka, un valzer col cascamorto boomer e poi, domani, tribuna elettorale coi politici matusalemme alla tv.
Il mondo si divide in due categorie: chi è tonto e, in quanto tale, non capirà la vita.
E chi la capisce subito. Perciò piange, ride, soffre, ama, odia, si arrabbia, si dispera, sta bene, crolla, rinasce, balla e poi canta, dunque si ammutolisce, poi non viene capito, lui stesso non capisce sé stesso, si pone delle domande inutili, si arrovella, si scervella, dà di matto, poi si placa, è inquieto, nevrotico, irrequieto, felice e poi tristissimo.
Per forza, non è mica un imbecille. Mi spiace per gli imbecilli. Sono sempre sicuri di sapere tutto degli altri e di sé stessi.
Ne sono sicuri?
Finirei così.
Vado da un mio amico, almeno pensavo lo fosse.
– Che hai?
– Niente. Non avevo capito nulla di te. Mi perdoni?
– Di cosa dovrei perdonarti? Di avermi giudicato troppo presto?
– Sì, di questo. Ho sbagliato. Me ne vergogno dal più profondo del cuore.
– Ma io lo sapevo già. Mi hai chiamato a casa tua solo per scusarti? Scusa, ho fatto dei chilometri soltanto per ascoltare il tuo pulirti la coscienza?
– Scusami.
– Scuse (non) accettate. Tanto, sbaglierai ancora. E ancora e ancora, ancora e ancora.
– Come fai a saperlo?
– Si chiama vita. Altrimenti si chiamerebbe morte. Non lo sapevi?

truedetectivecohlemccoanugheydraculabramstokeroldmancoppola

di Stecitybytheseadenirodzundza5numeroperfettofano Faloticofilonascostodaylewis

Al Pacino e i suoi “No” ad “Apocalypse Now”, “Die Hard”, “Star Wars”


04 Jun

He may be 73 now, and all his best-loved film performances are from the last century, but there’s no denying Al Pacino’s drawing power. He packed out the London Palladium last night for An Evening With Pacino – a curious one-off event in which he was interviewed by Emma Freud as clips from his best-known movies were shown, and genially answered questions from an adoring audience.

Most people left the theatre buzzing, seemingly happy they’d got their money’s worth. Not a negligible achievement, given that tickets ranged from £60 to £250. But for this event, which felt like a fan convention at times, Pacino was halfway home merely by having shown up.

In baggy all-black clothes, he ambled onstage and ran both hands through his hair all night as he talked. Emma Freud lobbed easy questions for Pacino to hit out of the park, and set the tone with her first comment: “Would it be all right if I said I wanted to lick your face?” Friendly grilling, then, rather than Freudian analysis.

Still, Pacino had interesting anecdotes. He’d enjoyed making Scarface (clearly the favourite film of many in the crowd), but found the Godfather trilogy “a long, awful, tiring story.” The studio was apparently poised to dump him from the first one, his first major film, in which he played Michael Corleone, because he seemed to be contributing little. Then director Francis Ford Coppola shuffled the shooting schedule, moving forward a scene in which Michael shoots rival mobsters in a restaurant. The studio suits saw the rushes and concluded Pacino was OK.

There were some decent revelations when he disclosed film roles he had turned down: Richard Gere’s in Pretty Woman (now that would have made it a different movie); Lenny (the role of Lenny Bruce went to Dustin Hoffman); Harrison Ford’s in Star Wars (“it was mine for the taking but I didn’t understand the script,” he quipped); and both Marlon Brando’s and Martin Sheen’s parts in Apocalypse Now.

The clips were exemplary: The Godfather and Scarface, of course, but also the great Dog Day Afternoon and his deliciously over-the-top crescendo of a monologue in Any Given Sunday, with Pacino as a football coach. We also saw a snatch of Scent of a Woman – far from his best movie, but the one that finally won him an Oscar for playing a blind, retired military officer. Asked by an audience member to say his character’s recurring phrase, Pacino obliged: “Whoo-yah.” The crowd went wild.

 

Still, they stayed politely attentive even when Pacino turned precious, discussing the theory of his craft and talking about an actor’s “instrument.” This was a crowd-pleasing evening, yet there was a cerebral edge to it: Pacino aired his grievances about why Americans find Shakespeare hard to get their heads around; he introduced a clip from his latest film, the art-house Wilde Salome, in which he stars with Jessica Chastain; and he concluded the night by reading an ee cummings poem and reciting part of Oscar Wilde’s The Ballad of Reading Gaol.

A few celebrities were sprinkled throughout the crowd: Paul O’Grady; singer Beverly Knight and Linda Henry from EastEnders, both looking smart – and, incongruously, ex-Spurs legend Ossie Ardiles. Also, inevitably, a gaggle of not-quite-recognisable D-listers, there primarily to flaunt themselves before photographers. For someone of Pacino’s stature, the list of invited guests should have been more impressive.

Still, an agreeable if eccentric evening. The thought occurred afterwards that Pacino’s performance was a subtle sleight of hand – giving the impression of sharing long-withheld secrets without revealing anything inadvertently. You can call him Al, but you don’t really know him at all.

“Apocalypse Now” – Recensione


25 Oct

Apocalypse Now

Agli albori “boreali” delle isole perdute

 

Epoca avveniristica, di stramberie folli, ove un “manipolo” di uomini, non assoldati al Sistema, si riuniva e imbastiva “schegge” violente all’anima, nel “nubifragio” irto e inerpicatissimo di lor “meteora” rifrangente delle rabbie, nel grido arso di pelle loro “squamata”, squali verecondi nella pulsione avanguardistica di chi non combatteva in trincea. Semmai sdraiato a letto, già “sradicato” dentro, un Coppola di titanica ambizione, che scoccò famelico in piedi, azzannando il pacato crepuscolo d’anni 70 addolorati dagli sfregi “irrimarginabili” della guerra in Vietnam.

Un anno dopo Il cacciatore, un Cimino universale che, greve e cinereissimo, incendiante e “ossidrico” d’ossidati cuori bruciati, “sdilinquì” laconico nella magniloquenza emozionale d’un capolavoro innervato e spezzato nelle già fragili ossa di romantici sognatori uomini estirpati proprio dall’insanabile stirpe delle belligeranze “ludiche” di un’America scellerata che diede fuoco alla vena lucente delle loro temerarie, limpide e immacolate coscienze. Purezza estinta nella brace dei carnefici a spegnerli e dissanguarli, spellarli e indelebilmente graffiarli nell’amore (in)tagliato del macello armato a cuori per sempre infranti.

La versione della “sporcizia”, secondo un maestoso Coppola, a dilaniar se stesso e noi negli incubi allucinanti, avvinghianti dell’anfratto mostruoso, “a occhi aperti”, a sventrar il ventre della Notte, spruzzandola d’una orrida avventura lisergica e insuperbita nella “benzina” drogata, visceralmente agghiacciante, da brividi a pelle, Francis-“Storaro-saturo” immerso nei neri splendori d’una giungla “incontaminata”, a passo “tenero” e tenebroso fra le min(ier)e del lungimirante, allarmante Conrad grandioso d’esoterico ammonirci, con “irriguardosa” profezia, dalle imminenti, millenaristiche rivelazioni. Dell’animal “uomo” raschiato nei suoi floridi teschi alle incandescenze, ladro del tesoro alla Bellezza e alla primordiale, innocente Natura, incenerita di polvere da sparo, dalle esplosioni irredente e radenti dei pagani sacrifizi carnali, immolato all’inarrestabilità spaventosa della folle onnipotenza. Aberrazione da vasi di Pandora “sparpagliati” di detonazione da Pianeta delle scimmie.
Sulla “riva” dell’orrore già end della distruzione “atomica”.

Sì, proprio il nichilismo disilluso del Mito, dell’immane Jim Morrison a “inaugurare” il massacro.

Un piano sequenza lento come lo scalpitio del terrore che c’infiammerà chirurgico, virale nei bagliori di scure nostre iridi fulminate e turbate a librar fetali e letali, micidiali e assassine sul lavico, battesimale “ralenti” dinamitardo del viaggio.
Quindi, le pale afose d’un ventilatore “abbrustolito” nella panoramica ossessiva, ritmicamente distrutt(iv)a d’un Martin Sheen ubriaco, attorcigliato di “liane” veggenti, spasmo ferale dei veleni. Iniettato dalle tenaglie. “Unghie” a roderlo, a spolparlo.
Una semplice “mission”, rintracciare un disertore eremita. Che vive forse ai confini dell’immaginazione.
Un metafisico abisso “interminabile” nelle “virilità” già morse, già morte. Fantasmi e apparizioni cristologiche, il dado tratto della Bestia.

Marlon Brando giganteggia lassù,  non dominabile, oltre il surf, oltre il fiume…
La divina “resurrezione” delle voragini.

(Stefano Falotico)

 

 

 

Walt Kowalski versione “zone morte”


02 Jul

Come Cristo, un Uomo uccise le demoniache streghe, che imploreranno pietà “strangolate” da piedi caprini ad asfissiarle dello stesso Male che perpetrarono con buffonesca “ironia”

Nella vita, sebbene gli psichiatri e la piccola borghesia ciarlatana e chiacchieronissima, li screditeranno, accadono “miracolosamente” eventi assolutamente imprevisti.
A cui l’ottusissima ignoranza di gente becera e barricata nelle sue “religioni” da strapazzo e nelle sue esistenze flaccide di “uccellini” sventolati in tutta “bandiera” di sé, ostinatamente insisterà perseguendo i suoi folli disegni “a ritratto” della “vittima” prescelta.

Così, il “coma” illuminò gli occhi, e il redivivo cominciò a torturare chi se ne prese gioco quando era “abbindolabile” e “bendabile”.

Sì, che esistono i “mostri” in questo Mondo, mostri buonissimi la cui ira non sarà, certo, placata da infamazioni e “sedazioni” alle loro bocche, per zittirne l’implacabile vendetta che si generò, “straziante”, e ora, sempre più metodica, ne “agghiaccerà” i cuori spremendone le anime in conati di vomito sanguinolenti quanto le loro efferatezze.

Stavolta, una famiglia d’irresponsabili matti, patirà pene infernali, una cura medioevale al loro cervello, che non si fermerà neppure un istante, e protrarrà la sacrosanta “architettura” della furentissima sua potenza di fuoco.

Minandone ogni gesto, ogni libertà che saccheggiarono, ogni innocenza che infransero con “perquizioni” aberranti alla sua liceità, al suo arbitrio, alle sue scelte, al diritto inviolabile e sacro secondo il quale, su questa Terra, ognuno può vivere come vuole.

Ma a questa gente, e al suo figllio ebete, non andò giù.
E intrapresero una guerra “flagellatoria” che li martorierà dello stesso “Taglione” con cui infierirono, senza “recedere” un attimo, irremovibili dalle loro “certezze” e dalla loro borghesia “faccendona”.

E stavolta saranno afferrati da un “mago” che li annichilirà e li lascerà agonizzanti, a sputar sino all’ultima goccia della loro merda.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  La zona morta (1983)
  2.  Dracula di Bram Stoker (1992)
  3.  The Score (2001)

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)