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C’era una volta a… Hollywood di un poeta dall’inferno e dal coraggio sovrumano


20 Sep

hollywoodfalotico

Lasciate stare Rambo, evviva Arthur Rimbaud… Total Eclipse… of the heartuna volta a hollywood

Ecco, già questa storia dei puntini di sospensione m’innervosisce non poco. Dilania le mie viscere. Che senso hanno i puntini? Già odio quelli sulle i, figurarsi quelli nel senso di… ma che cazzo c’azzeccano e ci stanno a di’?

Non poteva essere C’era una volta a Hollywood e basta? A cosa vuole alludere il Quentin con questa sospensione?

Io sospenderei la sua carriera che, ultimamente, s’è gravemente ammalata di auto-referenzialità.

Sì, Paolo Mereghetti scrive onestamente cagate in quantità e obiettò, ancor obietta su C’era una volta in America, da lui reputato un film quasi abietto.

Chiariamoci. Aborrendo la posizione sua molto antipatica nei riguardi del Cinema di Sergio Leone, devo però ammettere che sono concorde con le sue recensioni degli ultimi film di Tarantino.

Non ho ancora visto l’opus numero nove di questo gigione di nome Tarantino e non credo, sinceramente, che mi recherò in sala a sorbirmi le maleducazioni oscene di ragazzini pubescenti in brodo di giuggiole, nel caso dei maschietti, per le forme graziosamente Baywatch della donna plastificata per antonomasia, ovvero Margot Robbie, e di donne quarantenni con gli ormoni in tiro, bavose nei riguardi del sempiterno Pitt e dello scavezzacollo Leonardo DiCaprio.

No, lo guarderò in home video, anzi, in streaming.

Poiché non ho alcuna voglia né mai l’avrò di comprare altri film di Quentin in Blu-ray.

Se, infatti, deve proporci e propinarci questa robaccia, al massimo sufficiente semplicemente perché gli siamo affezionati, è meglio spendere 15 Euro in maniera “feticista” sulle natiche di adultdvdempire.com.

Mereghetti ha ragione. E ha ragione a prescindere… dal fatto che io non abbia ancora visionato quest’ennesima bischerata di Tarantino.

È vero, verissimo più della bellezza finto-angelicata di Silvia Toffanin. Una che, dietro questa parvenza da signora educata, a mio avviso, nasconde perversioni peggiori di Charles Manson e della sua banda scriteriata.

Sì, negli ambienti Mediaset, quando cala la notte… avvengono macellazioni e stragi di vergini che, svendendosi per un programma televisivo in più, si danno al maggior (of)ferente.

Notti assai fosche e poco cristalline di compra-vendite, di mercimoni carnali, di complotti, di lerci insabbiamenti ma soprattutto di squallide inchiappettate di uomini-squalo affamati di brama, potere, sesso laido e lardo, assatanati più di Frank Langella de La nona porta.

Sì, per ripulire tutto questo marcio, questa corruzione e questa schifosa prostituzione, occorrerebbero due uomini, il grande Jean Dujardin di J’accuse e Bob De Niro di Taxi Driver.

Ah ah.

Sì, Tarantino continua a fare i pompini a sé stesso e voi, a vicenda, gli leccate il culo, pendendo dalle sue labbra manco se foste Sofie Fatale/Julie Dreyfus di Kill Bill. Una che, per recitare la parte d’una a cui Uma Thurman mozza quasi tutto, la diede quasi tutta a Quentin. Forse appena un po’ meno di Rose McGowan che, pur di avere la parte della frustrata ragazza senza gambe di Planet Terror, la diede non solo a Tarantino ma anche a Robert Rodriguez e, ovviamente, ad Harvey Weinstein.

Dal troiaio generale, Rose si salvò, sputtanando Weinstein e finendo comunque in mutande, mentre Tarantino sgattaiolò, lavandosene le mani e facendosi produrre C’era una volta a… Hollywood dalla Sony Pictures.

Sì, Mereghetti ieri disse che i deliri pindarici di Quentin assomigliano ai capricci di un bambino viziato che vuole far credere che i suoi giocattoli sono i più belli del mondo.

Sì, un’affermazione pesantissima, forse troppo cattiva.

Ma ci sta.

Tarantino ha veramente rotto il cazzo.

Tarantino, dammi retta. Dovevi davvero girare un noir dai dialoghi secchi, non auto-omaggiarti di meta-cinema in cui vuoi esibire la tua conoscenza dei western all’italiana con Giuliano Gemma e Fabio Testi.

Anche perché io conosco questi film meglio di te. Essendo io italiano e tu uno che li vide doppiati.

Detto ciò…

Ho attualmente in mano una denuncia che potrebbe sollevare un caso più grande de L’ufficiale e la spia.

Un caso molto più raccapricciante e mostruoso di quello dell’omicidio di Sharon Tate.

Andrò avanti.

Perché no?

Gli altri l’hanno fatto con me. Senz’alcuna ragione. Per puro fascismo e mentalità malata di mente.

Non vedo perché dovrei perdonarli.

Signore e signori, il Joker.

Ve lo siete andati a cercare.

 

di Stefano Falotico

76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: ci sarà ROMAN POLANSKI?


21 Jul

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L’indiscreto fascino del peccato non solo del Leone d’oro alla carriera, ma le mie previsioni sull’orlo di una crisi di nervi di colui che incarna Rosemary’s Baby

Sì, scusate. Devo darmi una calmata. La gente mi telefona a ogni ora, l’insonnia oramai s’è radicata in me più del fanatismo religioso per Allah d’un islamico radicalizzato.

La gente è pazza più dei vicini di casa dei coniugi Mia Farrow e John Cassavetese della sopraccitata pellicola monumentale di Roman.

Mi sveglio, sconvolto. Mi reco in bagno dopo un sogno di appena mezz’ora nel quale Morfeo m’ha ficcato sulla barchetta di Pippo e il pesce magico, favola della Disney super cult, costringendomi a vivere un’altra Odissea.

Sì, ecco che Morfeo, sotto le mentite spoglie d’un porco, no, di un frocio, no, di un procione, no, di uno dei proci, m’ha donato una parvenza da Spencer Tracy de Il vecchio e il mare, ficcandomi in una storia onirica come il celeberrimo, succitato poema omerico, trasposto sul grande schermo da Mario Camerini e interpretato dal grande Kirk Douglas.

Sì, venni posseduto nella fase REM come Linda Blair de L’esorcista mentre voi, poveri diavoli, nel frattempo vi stavate indiavolando con una più racchia dell’attrice di Paranormal Activity, la quale fu appetibile sessualmente solo nella scena finale quando assunse una sembianza, appunto, diabolica alla Marilyn Manson dei tempi oramai suoi fottutosi in The New Pope di Sorrentino.

Sì, Marilyn ebbe un suo perché… una volta. Quando gigioneggiava sul palco, fingendo di essere Lucifero.

Poi incontrò quella di Planet Terror, Rose McGowan, la prima denunciatrice degli abusi scabrosi di Harvey Weinstein, amica peraltro di Argento Asia.

Asia fu l’’iniziatrice della disfatta, oserei dire dell’artistica débâcle di Manson. Ah, Ingannevole è il cuore più di ogni cosa.

Manson, infatti, da uomo traumatizzato a sangue come J.T. Leroy, dunque un uomo estremamente ammirabile, s’è ora trasformato in Dracula 3D, film indifendibile nonostante tutto il bene del mondo che possiamo volere all’autore di Inferno.

Sì, all’inizio Marilyn Manson fu un angelo mefistofelico più figo di Marilyn Monroe e lucidamente accattivante nella sua trasparente pazzia lodevole, a differenza di Charles Manson, uno che volle fare il musicista ma finì solo per fare dei casini della madonna in piena notte.

Ora, Manson non fu seguace di nessuna setta. Lui fu invero solo il re dei suoi deliri squinternati nel quale si credette Totò Riina. Sì, fu sostanzialmente un capo mafia.

Credo, correggetemi se sbaglio, che lui non si sporcò mai davvero le mani. Cioè, per quanto possa apparire assurdo, lui non uccise proprio nessuno di suo pugno.

Appunto, commissionava le stragi. Forse fu pure il mandante di The Irishman, ovvero Bob De Niro/Frank Sheeran. Anche se questo dettaglio, diciamo, nel libro di Charles Brandt non c’è.

Aspettiamo di vedere la pellicola di Scorsese per appurare se lo zio Marty abbia voluto fare il Tarantino della situazione. Romanzando, parimenti al Quentin di C’era una volta a… Hollywood, il quale ha nefastamente colorito la tragedia della morte di Sharon Tate, come sapete, inserendovi Margot Robbie, la zoccola per eccellenza di The Wolf of Wall Street, per dare un tocco surrealista e pulp alla sua ennesima troiata bislacca.

Sì, dopo Jackie Brown, Tarantino non ha più realizzato un vero capolavoro. Solo divertissement per cinefili che si fanno i pompini a vicenda come profetizzò non Ezechiele 25.17, bensì Mr. Wolf/Harvey Keitel.

Colui che fu per Quentin anche Mr. White ne Le iene.

Sì, Margot Robbie nel film di Scorsese fa tanto la signora dopo che, per arrivare dove sta, l’ha data a tutti.

Il suo personaggio di chiama Naomi Lapaglia ma, sinceramente, anche se si fosse chiamato/a realisticamente Maria Carmela D’Urso avremmo forse avuto un film più “neorealista” come Mean Streets. Ora, Barbara finge di commuoversi dinanzi alle vicende disperate della povera gente ma in verità è più ambigua Harvey Keitel. Sempre lui!

Non quello però di Tarantino, bensì dell’appena menzionato capolavoro scorsesiano.

Sì, la Barbarella nazionale, una che ora fa l’altolocata di classe sul divano di pelle, fu toccata perfino da Vasco Rossi.

Sapete, no, che fu Barbarona la musa ispiratrice della celebre canzone Toffee?

Infatti, Vasco scelse questo nome improponibile, Toffee, appunto, nome proprio (im)puramente inventato che non esiste da nessuna parte, per non rivelare la vera identità della donna a cui questo suo cavallo di battaglia era dedicato.

Ah ah, io ne so una più del diavolo!

Barbara, dopo la tresca con Blasco, divenne e ascese alla quintessenza di Giocala…

Trasliamo infatti il famoso ritornello dell’hit di Vasco:

Ne ha rovinati più di lei del petrolio ma se ne fotte… dell’orgoglio…

Adesso, non paga eppur superbamente vien pagata fior di quattrini, recita da Giuda la parte di colei che piange lacrime amare dinanzi alle tragedie delle persone rovinate… Leggasi i poveri cristi.

Ho detto tutto…

Ah ah.

Sì, i pischelli, le iene-reservoir dogs, al bar di zio Peppino, passano le serate, scervellandosi fra una briscola e la scopa della cameriera. Elucubrando sul significato di Toffee.

Al che prende su la parola uno coi “contro-cazzi”:

– Sì, la canzone è stata dedicata a Barbara, donna come la Ciccone. Like a virgin touched for the very first time, è adesso la regina non delle pop bensì delle poppe con la pummarola ncopp!

 

Parte l’applauso anche dell’avvocato Rossetti, cliente fisso del locale a una certa ora. Dopo che in tribunale difende vari “garçon” alla Tim Roth di Pulp Fiction.

Torniamo a Manson, non perdiamoci con donne che son state pure col cavaliere mascarato.

Anzi, no. Cercate una qualsiasi foto di Barbara su Google.

Non vi sembra la versione partenopea di Michael Corleone? Al Pacino, sì. Di nome Alfredo, di origini siciliane, il protagonista assoluto di The Devil’s Advocate.

Sì, è lei, cazzo.

Soprattutto nella notte di San Silvestro quando brinda con lo champagne perché il suo peccato preferito è la vanità…

Sì, se il napoletano si divide in due categorie, cioè uno alla Diego Armando Maradona, ovvero un drogato clown da circo, e quello giustamente integerrimo che combatte la camorra, il siciliano è di due specie:

o è Luigi Lo Cascio de I cento passi oppure è Charles Manson.

Sì, un ipocrita mai visto. Domenica in chiesa, lunedì all’inferno.

Appunto… Roman commise molte schifezze in vita sua. Sappiamo tutto. Ma è un genio e, come tutti i geni, è cattivissimo, come deve/o essere.

Così come dice Al Pacino di Heat.

A proposito di Pacino e Michael Mann.

Russell Crowe non meritava di vincere per Il gladiatore, siamo sinceri. Avrebbe dovuto vincere Ed Harris per Pollock.

Russell lo avrebbe meritato invece per Insider…

Comunque, a prescindere da ciò, il momento in cui fu proclamato da Hilary Swank, appunto, vincitore dell’Oscar per la sua interpretazione di Massimo Decimo Meridio, cazzo, è ancora a distanza di circa un ventennio, uno dei momenti più emozionanti della Notte delle Stelle.

Lui era dato per favorito ma gli prese quasi un coccolone quando udì pronunciare il suo nome.

Col Joker Phoenix in visibilio.

Storico, epico!

Insomma, io sono imbattibile perché me ne frego delle vostre porcate e dei vostri drammi di peste e corna.

 

 

di Stefano Falotico

pacino avvocato del diavolo

C’era una volta… a Hollywood di Quentin Tarantino, Trailer Reaction: una schifezza


21 May

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Ecco, chiariamoci subito. A me non piace affatto questa moda smodata di esprimere giudizi su YouTube e sui social, denominata appunto trailer reaction.

È una cattiva usanza americana diffusasi a macchia d’olio anche nel nostro Paese, il culto parecchio esterofilo nell’assumere i comportamenti peggiori e più bifolchi degli Stati Uniti.

Cioè farsi il film ancora prima di averlo visto dopo aver visto solo un paio di minuti semmai pure di sfuggita.

Ah, lo so, voi siete specializzati a farvi i film. Ad esempio, al min. 2:12 di questo trailer, ecco che compare con tanto di gamba accavallata una cavallona che certamente vi ha eccitato a morte, ché fa sangue e sesso immediato, Margaret Qualley.

Bene, finitela di farvi delle fantasie tanto la vedrete solo sul grande schermo.

Se vi dico che è così, è così. Perché voi, al massimo, siete uomini così così, mentre questa passerona sconsiderata è la classica topa, no, tipa che appena la vedi, esclami: ah però, capperi!

 

Ecco, vi fermate all’esclamazione, però, appunto! Perché tanto a letto sarà qualcun altro a urlare di gioia con lei. Fidatevi, continuate a dormirvela. Almeno non soffrirete.

Varie volte l’ho fatto pure io. Dire però? No, commentare i trailer e le donne a tiramento…

E sul Joker con Joaquin Phoenix ne ho sparate a iosa solo dopo aver visto, come tutti voi, un piccolo teaser.

Oggigiorno, sì, impazza la tuttologia. Materia non acclarata scientificamente in cui chiunque, dallo scaricatore di porto al plurilaureato di Oxford, vuole dire la sua appunto su tutto, anche proprio sul gentil sesso.

Ah, ma non vi contenete, siete incontenibili e pure incontinenti, oramai azzardate di commenti volgarissimi più violenti di Charles Manson.

Io dirò la mia, anzi, la ribadisco senza battere ciglio. È inutile che Margot Robbie occhieggi da dolce cerbiatta e si atteggi a Sharon Tate. La sua incarnazione mi pare fuori luogo. E la scelta di casting di Tarantino un’emerita stronzata.

Mi pare ovvio che se Sharon Stone, sì, ho scritto Sharon Stone, non è un errore, fosse stata trent’anni più giovane, l’avrebbe interpretata lei.

La Stone è donna quasi identica alla compianta, ahinoi, massacrata Tate.

Donna super sexy di alta scuola seduttiva come la Tate. Maliarda, elegantissima, provocatrice nata.

Ed è per questo che per il suo ruolo di Ginger in Casinò ha ricevuto una nomination all’Oscar sacrosanta.

Dio santo, in questo splendido capolavoro immortale, ogni volta che viene immortalata, è davvero una figa esagerata anche quando, distrutta nel finale, crepa marcia e drogata.

Parliamo però, appunto, di Scorsese. Uno che ha saputo esaltare in Fuori orario anche quella faccia da coniglia di Rosanna Arquette. Altra classe rispetto a questo scornacchiato, semi-cornuto di Quentin.

Un esaltato che ha ficcato in questo film la Robbie. Tale donnetta è solo una coniglietta da Hugh Hefner, suvvia. Nemmeno questo perché Hefner oramai non c’è più. Assumetela alla merceria e, quando venderà le calze alle vecchie, dite lei che è una mezza befana.

Ma sì, a me la Robbie non piace per niente. Molto meglio Baggio Roberto, detto Roby, uomo con due piedi migliori del feticismo di Tarantino, con due gambe da vero calciatore-cacciatore di taglie, mie quaglie che tanto non quaglierete la Qualley. Che cosce il Roberto, che portamento, che curve di dribbling ficcantissimi.

Sì, la Robbie non mi stimola (per) niente. Appena la vedo, anzi, mi convinco di essere buddista come Roberto.

È una bellezza plastificata. Insipida più del piatto d’insalata di una anoressica frustrata.

Quentin, non me ne volere, sottolineo ancora una volta che tu sei stato il pregevole, stimabilissimo e assai amabile, nonché mirabile autore di tre capolavori, ovvero Le ienePulp Fiction e Jackie Brown.

Qui però siamo al tuo nono film e, fra il dire e il cazzeggiare, questa mi pare proprio la sesta, consecutiva iper-puttanata. Ma quale hype.

Già mi ero espresso sul primo filmato da me reputato inguardabile. La solita triviale spacconata.

Col secondo, da poco rilasciato, siamo andati veramente peggio. Di brutto, bruttissimo. Un orrore mai visto.

Almeno, dopo non averlo inserito nel primo, hai subito inquadrato Al Pacino. Mi pareva il minimo.

Ma da allora in poi è un tripudio di riprese troppo sature, di stivali da cowboy senza fascino, di piante e plantari, di piedini e leccatine, con un DiCaprio svaccato e scoglionato in piscina, con un Manson e un Bruce Lee che assomigliano rispettivamente al folle omicida-sicario e al re del kungfu quanto la signora Fiorini del mio palazzo assomiglia a Margaret Qualley.

Sì, la Fiorini è stata professoressa di Fisica ma, non so perché, solamente a suo marito è scattata verso di lei la chimica. O era invece insegnante di Chimica e il marito non aveva semplicemente il fisico per avere una donna più fica? Mah.

Bravissima donna, comunque. Peraltro, suo figlio è alto un metro e novanta e giocava nella Virtus Bologna, un bel ragazzone, insomma, mentre con sua figlia non prendevo quasi mai l’ascensore perché, stando in sua compagnia, mi andava di premere il pulsante rosso e, così facendo(mela), avrei dovuto far aspettare mezz’ora gli altri condomini.

Poi, spesso non ero munito di Condom e non volevo una suocera come sua madre.

Insomma, sua figlia era la Margaret Qualley del quartiere. Ho detto tutto.

Così come dico che voi a Cannes sicuramente l’acclamerete ma a me pare un’immensa bischerata questo C’era una volta… a Hollywood.

E poi che sono questi puntini di sospensione?

Ce la vogliamo dire? Tarantino, in confronto a me, non vale una pippa.

Ovviamente, il paragone tra me e DiCaprio non esiste neanche. Direi che posso (s)battermela con Brad Pitt. Sì, una bella lotta fra me e Brad. Vincerà comunque lui. Sì, lui guadagna venti milioni di dollari a film. Io venti Euro al giorno.

Ho detto tutto.

 

di Stefano Falotico

 

C’era una volta a… Hollywood: di chi è figlio Tarantino? Lo sanno i Blues Brothers


18 May

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Sì, nelle prossime ore sarà presentato a Cannes il nuovo lavoro, si spera capolavoro, di Quentin Tarantino.

Sinceramente, come già scrissi, non nutro molte aspettative, a differenza di molti di voi, riguardo quest’opus n. 9 del Quentin.

Sebbene, cazzo, riconosca che io e Quentin ci assomigliamo parecchio. Abbiamo vissuto di folli immaginazioni, di voli pindarici assai romantici, introiettandoci nella celluloide, respirandola più di come Lexington Steele ansima con le sue pornoattrici.

Ci siamo svenati per il Cinema, ci siamo resi personaggi da James Woods di Videodrome. E dovrebbe saperne qualcosa Federico Frusciante. Fede tiene molto in auge Quentin. Certo, Quentin praticava la sua stessa professione, quella del proprietario e gestore di una videoteca. Da cui spargeva il suo scibile cinematografico, sperando un giorno di compiere il grande passo verso Hollywood.

Sarebbero arrivate molte sceneggiature potenti come quella di Natural Born Killers e, fra il dire e il fare, forse c’era anche di mezzo il mare d’inverno, tanta rabbia per una vita “sfigata” come nelle canzoni di Bertè Loredana. Una che quando devi scriverle il cognome, non sai mai che tipo di accento usare, cioè se è o é. Un po’ come accade, senza sbirciare su Wikipedia, per Fabrizio De André. O per Gian Maria Volonté. Cantanti e attori irosi, incazzosi, che sputavano e sputtanavano giustamente tutta la verità su questo lurido, sporco mondo.

Non so, ad esempio, se come Loredana, Tarantino, figlio chiaramente d’italiani, conosceva, oltre ad Alvaro Vitali, la musica nostrana di quel tempo. Non so se, tra un film di Fernando Di Leo, non immaginando mai che un giorno avrebbe lavorato con DiCaprio Leonardo, anche perché il bel Leo non aveva ancora girato Titanic ed entrambi non erano nessuno. Forse Tarantino, afflitto dalla solitudine più cupa e polverosa, nella sua video library asfittica, in preda alla malinconia più atroce, ascoltava le musicassette di Loredana, cantando Amici non ne ho a squarciagola!

Oppure, pensando che presto sarebbe affondato come il celeberrimo, succitato transatlantico, crollato cioè psicologicamente a pezzi, stanco di raccontare a tutti true lies per mantenere la sua dignità, pensava che di lì a poco sarebbe appunto colato a picco, schiantandosi contro la quotidiana, dura realtà fottuta.

Sì, Quentin non era e non è certamente un tipo cerebroleso come Terminator, no, non è grande e grosso come Schwarzenegger Arnold. Però più grasso, eh eh. A forza di curarsi il mal di pancia e il fegato amaro con i buoni spaghetti cucinati da sua madre. Volete sapere chi sia/è la madre di Quentin?

Ma è facilissimo, è questa. Classica donna siculo-calabrese da Amaro Lucano trapiantata a Los Angeles.


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Di chi è figlio Quentin Tarantino? #danaykroyd #johnbelushi #johnlandis #bluesbrothers

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Certo che è lei! Ah ah!.

A parte gli scherzi, no, Quentin doveva essere emarginato da tutti. Era un Tarantino che non veniva mai invitato a una festa. Neppure a un festino. Certamente, si era proiettato nel proiettore, danzando il valzer d’una reservoir dog.

Una vita fantasiosa, non c’è che dire, molto alla Pulp Fiction, però non ballava neppure la tarantella con qualche passerina bella.

Poi la botta di culo. Ah, che filastrocca, come adesso ti filano le super gnocche. Dopo tanta fame ecco la fama. E che fauna!

E vai di capolavori! Tanto che Quentin, questa sorta di mostro di Frankenstein, questa specie d’uomo che non gli daresti una lira, s’è scopato pure Uma Thurman.

Voi dite di no? Io dico sì.

E adesso che fa? Il gigione, cazzeggia a tutto spiano. Inserendo in Once Upon a Time in Hollywood persino il sosia di Bruce Lee, ficcandoci dentro la sua nemesi, Brad Pitt, lavorando appunto con Leonardo e potendosi permettere lo smodato lusso d’iper-accessoriare il suo film con un pezzo di carrozzeria liscia come l’olio, Margot Robbie.

Una che, secondo me, nella parte di Sharon Tate c’entra comunque come i cavoli a merenda. È una bellezza troppo Baywatch per attizzarmi come diceva il mitico Charlton Heston proprio di True Lies.

No, non sono un moralista, non sono Mosè de I dieci comandamenti eppure, rispetto alle bellezze perfette ma sciapite come quella di Margot, ho sempre preferito donne forse non fisicamente eccezionali ma con quello sguardo da Carrie Fisher che ecciterebbe(ro) pure il cagnaccio Chewbecca.

Cazzo, in The Blues Brothers alla fine compare anche Steven Spielberg. Pappa e ciccia con George Lucas.

Mi spiace molto per Carrie. Ammalatasi di grave depressione e poi morta in maniera ingloriosa.

Ma vedete che i conti tornano? Lo sa bene Clint Eastwood di Per qualche dollaro in più di Sergio Leone, maestro ispiratore di Quentin… o no?

In The Blues Brothers c’è anche il cammeo di Frank Oz. Che poi avrebbe diretto Robert De Niro in The Score. De Niro, come saprete, si drogò assieme al suo geniaccio amico “demenziale” John Belushi nella sua roulotte.

E John morì fatalmente per overdose, a differenza di Chris Walken de Il cacciatore. Quella fu solo una maledetta, russa roulette.

Ecco, credo che per molto tempo io sia stato scambiato per Ray Charles. Cioè per un cieco.

Io vedo la realtà e il Cinema meglio di voi. Anche sulla figa avrei da insegnarvi.

Sono come Aretha Franklin, Freedom!

Quindi tu, povero pidocchio, forse pure finocchio nel senso peggiore del termine, cioè rompipalle, non ci provare mai più.

Perché, cafone ignorantone, questa è la mia vita. Prova a toccarla un’altra volta e te le suono come la banda.

Mi vuoi spedire, per questa mia accesa ribellione, a un istituto correzionale o addirittura in carcere?

E qual è il problema?

Qui si balla!

Ed è epica!

Ecco a voi servito, cazzo, un “demente” vero, reale, in carne e ossa.

Ehi, biondo, lo sai di chi sei figlio tu?

 

di Stefano Falotico

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C’era una volta… a Hollywood? Ah, questo teaser è proprio brutto, al momento vince sempre The Irishman


20 Mar

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Ma che roba è questa qua? Ora, io non sono uno che giudica un film da un trailer, anzi, da un teaser.

E Tarantino è troppo imprevedibile per poter capire che razza di film abbia tirato fuori soltanto assistendo a un minuto e mezzo di filmato.

O forse ero stato io a farmi un’idea ben diversa di questo progetto. Dapprima, se ne parlò come di una sorta di noir molto drammatico incentrato su Charles Manson. Poi capimmo che Manson e la sua setta avrebbero fatto solo da sfondo, alquanto velato per quanto cruciale, alla vicenda narrata. Che invece verte principalmente su un attore e la sua controfigura.

Dunque, ripeto, ero stato io a prefigurarmi un film dalle atmosfere diverse che, almeno a pelle, da questo primissimo assaggio, non ho respirato e non traspaiono.

Pensavo a qualcosa di cupo.

Inoltre, continuo a sostenere che Margot Robbie non assomigli assolutamente a Sharon Tate, appunto, l’ex moglie di Polanski trucidata da quegli psicopatici per mandato di quel tipo manicomiale di Manson.

È lui al minuto 1 e 09? Credo di sì. L’attore Damon Herriman.

E Rafal Zawierucha interpreterà il “cameo” di Roman? Ma smettetela!

La Robbie qui appare molto bella ma, ripeto, come già scrissi, la sua è una bellezza da Baywatch. Con Sharon Tate ha poco a che vedere. Sharon era conturbante, maledetta, insomma una da Polanski. La Robbie, per quanto molto avvenente, ah, niente da obiettare in merito, mi è sempre parsa un po’ di plastica.

DiCaprio e Pitt sembrano le brutte copie di Robert Redford e Paul Newman e chi è quello lì? Quello sarebbe Bruce Lee? Ma dai. Assomiglia a Bruce Lee più il cinesino da cui ogni mattina vado a prendere il caffettino. Ed è anche più veloce. In tre secondi, prepara un ottimo caffè, cazzo, proprio buono. Con tanto di piroetta sul bancone e spaccata a chi non paga il conto.

Questo Mike Moh non c’assomiglia pe’ niente, parafrasando la celeberrima battuta di Roberto Benigni in Johnny Stecchino.

Fra l’altro, sfatiamo un altro luogo comune. Secondo cui i cinesi sarebbero tutti uguali e con la stessa faccia.

Infine, Pacino? Sì, dov’è finito? In questo trailer, di Al nemmeno l’ombra.

Insomma, Quentin, al momento questo suo film mi pare la sua solita gigionata, spacconata, sostanzialmente una mezza minchiata come The Hateful Eight.

Sa bene, signor Quentin, che io non giudico mai dalle apparenze. Ma mi sa che lei prenderà una bella trombata da Martin Scorsese col suo The Irishman.

Sebbene, lo ammetta, io sia il primo a temere che The Irishman possa deludere enormemente, tragicamente le mie aspettative. Il mio incubo peggiore.

Ma così non sarà e a Hollywood, un giorno, ricorderanno che c’era Scorsese mentre lei, Quentin, stava molto più in basso. A lustrargli le scarpe come Frank Vincent di Quei bravi ragazzi.

Si fidi. Lei è un bravissimo sceneggiatore ma con la classe e la cultura vera di Martin ha poco a che vedere, a parte DiCaprio.

E ho detto tutto.

Sì, al momento gliele suono, caro Quentin. Questo trailer fa veramente schifo e non pochino. Sembra lo spot del Galbusera.

Mio Quentin, mi sa che, se continuerà con queste cazzate, la verrò a trovare a San Quintino. E le offrirò, fra un secondino e l’altro che gliele danno di santa ragione, un farcito panino. Più nutriente di questo suo Cinema macrobiotico e invero un po’ zotico. Di troppa carne al fuoco, senz’anima se non citazionismi a iosa, come al solito. Un Cinema ipertrofico, pieno di cinquemila idee da far gridare tutti al capolavoro, invero sterile, secondo me dimenticabile, iper-frenetico, esagerato con tanto di finto logo della Columbia.

Sì, un buon panino, mio Tarantino. Perché lei spesso fa impunemente il paninaro e ficca troppa “senape” nei suoi dialoghi.

La senape è buona. Se troppa, è stomachevole.

E sa che le dico? Sebbene io sappia che mi linceranno vivo tutti i suoi irriducibili ammiratori, qui lo dico e non lo nego. Lei ha realizzato tre grandissimi film. Che sono Le iene, Pulp Fiction, Jackie Brown.

Poi, sinceramente, ha proprio rotto le p… e. Sì, lei è un pallonaro.

Ripeto, staremo a vedere. Mi auguro per lei, anche per me, in quanto spettatore che ama le grandi robe, che sia davvero un capolavoro.

Ma la prima mia impressione m’induce a un severo giudizio lapidario.

Questo è.

E, se non mi sbaglierò a visione avvenuta, la saluterò una volta per tutte.

Quasi quasi meglio Zeffirelli.

 

di Stefano Falotico

Once Upon a Time in Hollywood, il film più atteso dell’anno? Da voi, forse, da me per niente


25 Jan

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Ecco, lo sapevo. Sono uscite le nuove immagini ufficiali di Once Upon a Time in Hollywood su Vanity Fair.

Ecco, Vanity Fair. Questo la dice lunga. Infatti, il film del Quentin mi sembra patinato, da rivista di moda.

Su Facebook, impazzano le stronzate. C’è chi, non avendolo neanche visto, e come poteva vederlo fra l’altro, grida al capolavoro della storia del Cinema.

Sbavando per Margot Robbie. Definendola la donna più bella del mondo!

Delirio totale, cecità universale, oserei dire spaziale e intergalattica.

Gli rispondo che, a mio avviso, attendo molto di più di andare a mangiarmi una brioche con la marmellata fra cinque minuti, dopo che avrò finito di cagare.

Chiariamoci molto bene, bimbi. Tarantino è andato molto, molto bene sino a Bastardi senza gloria. Ma, dopo Kill BillDjango Unchained e soprattutto The Hateful Eight, credo che trascorreranno molti anni prima che possa amarlo come lo amavo prima. Prima, deve sostenere varie “cure riabilitative”. Dopo di che, dopo che avrà espiato la colpa di aver girato queste bischerate modaiole e dimenticabilissime, se busserà alla mia porta, chiedendomi lo zucchero, potrei farlo sedere. Ma non a capotavola, comunque, bensì vicino alla stufa elettrica per riscaldarlo dalle freddure che ci ha rifilato, alimentandolo di calore artificiale. Perché il mio calore umano, soltanto dopo che avrà girato altri capolavori sentiti e non queste ruffiane seghe sesquipedali, potrò concederglielo di grazia, elargendogli un bacino sulla fronte.

E chiariamo anche questo. Margot Robbie è un mezzo cesso. Sì, il Frusciante mi aggredisce per questa mia lapidaria affermazione, definendola una “potta” bestiale.

Ma de che? Sembra appena uscita dal mondo dei robot, è plastificata, una bagnina da Baywatch che non emana un briciolo di sensualità.

La vera Sharon Tate è morta a 26 anni quando ne dimostrava già quaranta. Il suo viso era antico e allo stesso tempo diabolicamente seducente. La Robbie, e non fatemi citare, per piacere, quell’altra stronzata di The Wolf of Wall Street, il peggior Scorsese di sempre, sembra un manichino ossuto, una smorfiosetta né carne né pesce. Sì, non è carnosa né carnale e il mio pesciolone da me non avrà mai. Preferisco farmi prete piuttosto che sturare questa lavapiatti. Un bel prete, porco dio, sì, che la sera prepara frittura marina alla griglia, accompagnando il tutto con un vinello scacciapensieri per allietare il sonno di una notte in bianco, o forse (r)osé, prima della predica mattutina davanti a delle bacucche che furono come Margot Robbie. Sì, dopo la loro giovinezza da contro-cazzi, da iene in calore, dopo i mille pulp fiction fra amanti gonzi come Tim Roth e neroni alla Samuel L. Jackson, con tanto di voce dura da Luca Ward e del sano, saporito Negroni, curarono il loro amaro, trovando un lavoro da hostess alla Jackie Brown. Conobbero poi un Robert Forster di turno, uomo pacato, a modo, sensibile, dopo tanti puttanieri cinici e lerci, credendo di stare bene. Forse ascoltando Giorgia alla radio…

Volano le libellule

Sopra gli stagni e le pozzanghere in città

Sembra che se ne freghino

Della ricchezza che ora viene e dopo va

Prendimi non mi concedere

Nessuna replica alle tue fatalità

Eccomi son tutto un fremito, ehi

 

Ecco, secondo voi questa è una canzone o una lagna mentre, fra lasagne, tortellini e altri funghi porcini, tali pseudo-donne tagliano le cipolle o solo capiscono quanto furono polle?

Sì, sfogate tutte le frustrazioni dalla psicologa, altra repressa ma almeno più furba che campa sui traumi altrui per avere una cucina migliore, si diedero combattive al femminismo coattissimo come in A prova di morte. E, appunto, desiderarono con tutte le forze vendicarsi dei David Carradine che le sfruttarono…

Al che, interviene il solito radicale del cazzo. Sostiene che Tarantino sia Cinema di serie C. E che gli unici registi degni di essere chiamati tali sarebbero Wenders, Antonioni, Bergman.

Sì, altri molto allegri, aggiungerei io. Vicino al cimitero, li vedrei alla grande. Con tanto di omelia funebre.

Tarantino è carnascialesco e cazzaro ma questi esagerano di contraltare. Diciamocelo. Non vi è più religione!

Il Frusciante insiste nel dire che scrivo puttanate.

E io:

– Piuttosto mi stupisco di te. Hai detto in cinquemila tuoi video che le donne più affascinanti e belle son quelle con dei difetti, anche fisici. E mi cadi sulla “perfezione” della Robbie? Mi sembra una scelta banale.

 

Lo perdono e lo benedico. In men che non si dica!

 

Detto ciò, ognuno si faccia piacere ciò che vuole, io non mi faccio oramai piacere niente. Soprattutto se devo compiacere il prossimo.

 

Quella che chiamate normalità è solo un atteggiamento equidistante, moralista, ricattatorio, perbenista e falso quanto fatuo

Sì, questa putredine buonista di cui il mondo odierno è oggi afflitto, ahinoi, è da ricondurre a tale schiera pusillanime di educatori della psiche, a questi tutor economisti dell’animo umano.

Se dovessi attualmente definirmi, mi appiopperei da solo l’etichetta di coraggioso. No, non incosciente. L’incosciente è colui che agisce senza pensare e non sapendo assolutamente a cosa andrà incontrò se continuerà a perseverare nel suo atteggiamento ostile verso la maggioranza del pensiero comune.

Incapperà nella più aperta e sfacciata derisione, verrà bombardato dagli improperi più abominevoli e facinorosi, sarà furentemente emarginato, schiaffeggiato nell’onore, leso nell’amore proprio, impoverito nella speranza e saccheggiato nel morale.

Perché, giocoforza, lo costringeranno ad abdicare e ad adattarsi al becero qualunquismo, lo obbligheranno a mutilare il suo cuore per dissanguarlo nel volgare torpore, lo intristiranno e spegneranno nella solitudine, schivandolo e coprendolo dei peggiori appellativi infamatori. Lo scherniranno e lo blandiranno, lo eviteranno e probabilmente anche evireranno. Soffocandolo e obliandolo nella loro ipocrisia, nella loro malsana visione abietta e assolutista della vita. Abituandolo, dietro proibizioni, ricatti appunto, reprimende e imperterrite, ottuse umiliazioni ad alienarlo, frenandone gli istinti, placandone le vivaddio salubri ire, gli slanci vitalistici, smorzando la sua temerarietà per improntarlo all’adempimento manicheo di un mondo contraffatto, bugiardissimo che spesso premia gli strafottenti e gli stronzi e lincia i valorosi, lanciando loro contro moniti, vili attacchi sfrontati e prosciugandoli nel vivo ardore.

No, non posso darvi ragione. Anzi, nonostante i patimenti subiti, le ferite da voi inferte che forse mai più rimargineranno, sono come John Travolta nel finale di Face/Off. Quando il medico gli chiede se vuole che gli cancelli la cicatrice e lui invece gli nega la sua asportazione, dicendogli mellifluo e sicuro di sé che quella cicatrice indelebile, così visibile, quell’imperfezione dell’epidermide segnata a vita, non gli è stata donata da nessun dio, bensì dal criminale che lui ha combattuto per tutta la vita, Castor Troy. Colui che vigliaccamente voleva ammazzarlo e, sbagliando la mira, a bruciapelo ha ucciso invece suo figlio.

Sono dettagli importantissimi in un film. E anche nella vita vera di tutti i giorni. Non dobbiamo mai rinnegare o rimuovere i nostri dolori ma addirittura coccolarli, custodirli nel grembo delle nostre paure, forse oggi esorcizzate, vinte o annientate, sì, ma giammai sopite perché quei dolori ci tengono desti, ci conservano svegli, reattivi. E sappiamo che non dobbiamo, al pari di Travolta, più distrarci. Perché qualcuno, nascosto nel buio o fra le siepi, da dietro la trincea della sua viltà potrebbe ancora volerci colpire. E distruggere.

Io, ad esempio, so benissimo chi qualche giorno fa, uno scuro figuro, commentò su YouTube un mio intervento, testualmente scrivendo ciò: che tristezza, addio.

È ovviamente un profilo falso e il mio non è, come non è mai stato, nessun delirio delirante paranoide.

Follia è semmai l’evidente, continuo imbroglio di un povero matto invidioso da me fortunatamente smascherato da tempo immemorabile che insiste nel voler attaccare da dietro le “maschere”, non avendo, a differenza di me, il coraggio del confronto. E neanche nessun talento se non i suoi ipocriti, pedanti, ripetitivi luoghi comuni patetici e asfissianti.

La musica non cambia.

E dunque persevera nei sotterfugi e nelle offese a distanza, sperando di farmi cadere per poi farmi reagire in maniera scriteriata e insensata, come già avvenne. Per dimostrare di avere avuto ragione sul mio conto. E ridersela sotto i baffi.

Questo, mi spiace, idiota, non te lo permetterò più. Mai più. Fattene una ragione.

E saresti molto gentile se volessi arricchire la tua biblioteca, imbellettata di cazzate e dolciastre sciocchezze, con uno dei miei tanti libri. Ché ti entri molto in pancia, così ti curerai dalla precoce demenza che pare ti attanagli dalla nascita.

Gli fui chiarissimo. Gli dissi che mi stava ampiamente sottovalutando e la trappola che mi aveva teso in cui, ahimè, per debolezza momentanea e inaspettata sua mostruosità, caddi, gli sarebbe ritorta contro di giustizia divina.

Ma non volle darmi ascolto.

E ora, massacrato dal suo abominio, sconsolatamente, orrendamente prega giorno e notte affinché possa io commettere altri errori o malestri per appurare la sua “vittoria” da imbecille.

Non avverrà, mio caro. Mettiti l’anima in pace.

Sì, negli ultimi quindici anni, ho fatto le cose per compiacere i dementi. Gli stolti.

Io rimango me stesso.

Per fortuna. Come Roddy Piper di Essi vivono. Capiti gli inganni, non lo/mi freghi più. Devastante. Qualcosa di non calcolato. Qualcosa di potentissimo.

Balliamo come degli scemi o mi stringi la mano?

Non stringi niente? Non è che mi fai come Berlusconi? Menomale che non mi hanno stretto l’uccello. Suvvia, da un puttanone come te, mi aspetto più “eleganza”, bello mio.

Altrimenti che Presidente del “CONIGLIO” sei.

Fratelli e sorelle, la seduta è tolta. Andate a farvi fottere. Ho ora da leccare un ghiacciolo.

E ricordate: il Genius volteggia, cazzeggia, amoreggia, talvolta scoreggia ed è essenzialmente una bella gatta da pelare.

Abbiate fede. E, se non avete fede, almeno chiedete il divorzio.

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di Stefano Falotico

Bisogna (soprav)vivere per la monumentalità dell’attimo, cari idioti


15 Jul

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Uh uh!

Sempre più deluso da una realtà “bellicosa” che non m’appartiene, osservo disincantato, dunque per troppa malinconia incantato, alla grande bellezza “incatenato”, la massa oscena di gente che“giudico” impietosa-mente. La gente mi disgusta. Si sveglia alla mattina per “inserirsi” e (dis)integrarsi in lavori (dis)onesti, è un tutto un mesto e non modesto (s)correre di urla, clacson che strombazzano, schiamazzi, pettegolezzi nel traffico d’impazzite “fighe”, di racchie squinternate che gridano il loro dolore ai quattro “vel(l)i”, di maniaci sessuali con le orbite strabuzzate d’euforica scemenza adorante il “triangolo”, di amori parlati, chiacchierati, di sogni di gloria e sogni d’oro, di derisioni, boccacce, starnuti, fotocopie, di gente che si crede (s)fortunata, di vecchie rincitrullite che, a settant’anni da suonate, credon di essere dive di Hollywood e allestiscono invece, patetiche, superate, alla loro disperata mediocrità imbattibile, spettacoli teatrali per quattro rincoglioniti come loro che le plaudono perfino, ah, brutta, brutta la vecchia(ia), di giovani che s’illudono, che vanno al cinema a veder il “cinema” di Rob Zombie a base di clown truculenti, di “goliardiche” salse splatter al poveretto di turno, di tir che ti metton sotto, di quelle che preferiscono farlo sopra, di quelli che si preoccupano delle figure di merda e non delle bollette da pagare, di attori bolliti come John Cusack che non si rassegnano, di dimessi e dimissioni, di tragedie terroristiche e di chi se ne frega degli attentati perché van a tentoni, a falliti tentativi, di Gambardella sorrentiniano e di Christopher Nolan con le sue stronz(at)e “megagalattiche”, di leggende di Tarzan e chi ti tratta da scimmia. Insomma, meglio farsi una sega. Serena, liscia, “colta”… nel suo “elevarsi”.

Il genio è questo, è qui, è un Coloss(e)o.

di Stefano Falotico, il Genius

 

 

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