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Leo Gullotta doppia Joe Pesci in THE IRISHMAN: ogni volta che vado a Roma, divento Mio cugino Vincenzo


29 Oct

vincenzo pesci tomei

Sì, sarà Leo Gullotta a doppiare Joe Pesci in The Irishman.

Se possedete Netflix, potete già gustarvi il doppiaggio di Gullotta nel trailer. Su YouTube ancora non vi è!

Ora, il doppiatore storico di Joe Pesci è stato Manlio De Angelis. Peccato che Manlio sia morto nel 2017.

Negli ultimi anni, non c’è stato bisogno di doppiare Joe. Dato che s’era semi-ritirato.

Facciamo però chiarezza. Pesci è stato doppiato in Toro scatenato da Piero Tiberi, no, non da Tiberio Timperi. Questo doppia solo Francesca Fialdini. Eccome se fa la doppietta.

Lei invece fa un po’ la tr… tta e allora Tiberio con lei non va più a cenare in trattoria.

Francesco Alò invece, stroncando l’interpretazione di De Niro e il film di Scorsese, ha detto che il personaggio di Robert va avanti nel film come un trattore.

Ma torniamo a Leo. No, non DiCaprio. Sebbene Scorsese e DiCaprio, secondo me, si amano segretamente.

Gullotta doppiò Joe anche in C’era una volta in AmericaMoonwalker e Mio cugino Vincenzo.

Ecco, io ho visto The Irishman al Festival di Roma. Ma non ho voluto saperne d’imbucarmi alle feste.

Sono come Rust Cohle/Matthew McConaughey. Ove sento puzza di bruciato, cioè di porcume e troiai, divento nichilista e m’ottenebro nella malinconia. I carnai, la frivolezza, le carnascialesche dolcezze mi ripugnano, mi repellono e le odio senza malincuore.

Scorsese è sempre stato scisso fra due poli agli antipodi, ovvero i preti e i gangster. Non uso il plurale di gangsters perché voglio italianizzare. Sì, lo stesso Scorsese ha più e più volte ribadito che, se non si fosse realizzato come regista, avrebbe purtroppo optato, giocoforza, per queste due scelte. Lo “auto-biografizza” anche Jack Nicholson nell’incipit di The Departed.

Scorsese, difatti, entrò in seminario e, se non avesse avuto voglia d’incontrare una donna, semmai per inseminarla, oggi probabilmente sarebbe in un monastero alla Silence oppure dietro le sbarre. Poiché i criminali, prima o poi, la pagano.

Roma è piena di zoccole.

Per dirla alla Pesci di Casinò, ce ne sono un fottio. Ah, pensano solo a (s)fottere, tutte incipriate e, per l’appunto, in tiro. Rifatte, strafatte, a volte strafighe, non lo metto in dubbio ma spesso e volentieri sono solo delle sfigate in cerca dei flash dei paparazzi per essere immortalate come imbalsamate per quattro voyeur rimbambiti.

Gente oramai andata, fottuta completamente. Che s’illude di essere felice solo perché ha i soldi in banca. Poveretti. Gente che col Cinema non ha niente a che vedere ed è infatti meglio che ne stia lontana e non lo veda. Persone che non hanno pathos nell’anima, hanno esistenze piatte. Monotematiche, monolitiche. Fatte, per l’appunto, solamente di soldi a palate rifilati per corrompere qualcuna che non sia suora ma a loro su(p)ina di rosolata, elargita patatina.

Come no? Roma è il cul(t)o per eccellenza di questo puttanaio. Starlette perfino con brutte tette che scosciano in passerella quando non sono belle passere ma hanno solamente la tessera d’accreditate poiché l’unico credit da loro esibito è averla registrata come Belén Rodríguez.

Sì, l’unico film di successo della Belena è stato il suo porno casareccio d’impuro sesso.

Per il resto, piattume totale, encefalogramma d’ameba, cosce d’indubbia, ottima fattura ma, stringi stringi, Belena vuole solo la confettura. Eh, diciamocela, porca puttana.

Senza peli sulla lingua. A proposito, nel suo porno non si vede se sia pelosa sull’inguine.

Sì, Belena non mangia le linguine allo scoglio poiché deve mantenersi in linea… coi canoni non della Rai ma di Mediaset.

Natale in Sudafrica! Eh sì, se l’è sudata questa sudamericana a botte di darla in maniera extralarge su body servito all’uomo accalorato-medio italiano che la deve chiedere sempre.

No, non sono un moralista. Sono pieno di porno in casa. Ma almeno sono porno veri. Non sono film con attrici che vogliono prendere da tutte le parti. Sono almeno attrici deliziose nel prenderlo dappertutto senza remissione dei peccati.

In Italia invece molte donne vogliono la vita moralmente rispettabile da Tú sí que vales per fare pure le brave bambine in Don Matteo.

Incredibile! Qui ci vorrebbe il grande Terence Hill dei bei tempi, ovvero de Lo chiamavano trinità. A queste sberle vanno dati solo calci in culo.

No, io ogni mattina, prima d’approdare all’Auditorium, andavo alla caffetteria Briò Bistrot, ubicata in Piazza Apollodoro.

Praticamente, ho stazionato più lì che in albergo. Ho scolato cinquemila caffè, osservando stomachevoli coppiette sposate intente a litigare fra un primo e l’altro disgustoso, giovani intraprendenti cinefili impegnati a scambiarsi opinioni da ignoranti, sedicenti intellettuali soltanto sedicenni e critici capaci di esegesi magnifiche ma inetti perfino a ordinare un dessert.

Sì, persone che conoscono a memoria tutti i film di Scorsese ma scambiano il ketchup per la maionese e un cappuccino schiumoso con la crème de la crème delle persone che leccano pur di guadagnare 3 Euro in più, cioè gente che a loro volta fa venire la diarrea più di un quintale di profiterole.

Approfittatori!

Sì, sono di Bologna ove le lasagne vanno forti. Ma volevo assaggiarle a Roma. Superbe, con una besciamella che non abbisogna della profilassi per saziarti.

Come dico io, l’appetito vien mangiando. Chi ha i soldi ne vuole fare di più per farsene di più.

Di mio, non ho molta fame. Ma le lasagne mi piacciono. A te invece, donna bagascia, non piace quella cosa altrettanto bianca e densa che ingoi, ti schifa ma lo fai perché lui possa pagarti la cena.

Ah ah.

Poi, durante un pomeriggio super noioso, mi son incamminato per tutta via Flaminio, fermandomi al Caffè dei Carracci.

Sì, avevo finito le sigarette e questo bar è fra l’altro l’unica tabaccheria in zona.

Proprio mentre stavo per entrare, ho avvistato una faccia che, parafrasando Totò, non m’era nuova.

– Davide?

– Sì, chi sei?

– Sono Stefano.

– Stefano Falotico, certo. Abbiamo pure scritto assieme questo libro, Nel neo(n) delle nostre avventure (per caso c’è l’allusione al neo di De Niro? No…).

– Non mi hai riconosciuto?

– All’inizio, no, sinceramente.

 

Onestamente, nonostante parliamo da anni su Facebook in chat, non ci siamo mai visti dal vivo.

Ah ah. Questa è splendida.

– Davide, che ci fai qui? Siamo lontani dall’Auditorium.

– Sono venuto qui per comprare le sigarette della Marlboro. È l’unica tabaccheria della zona. Tu, invece, come mai qua?

– Sono venuto a comprare le sigarette della Chesterfield.

 

Ah, su Roma avrei da raccontarvene tante.

Tanti anni fa, un tizio, il quale su FilmTv.it si faceva chiamare Ragiontravolta, m’invitò a una festa assieme a una di nome Cristina.

Tale Cristina all’epoca era presa da me. Credeva che fossi un grande talento letterario.

Mi propose un favore sessuale. Sì, se mi fossi accoppiato con lei, mi avrebbe raccomandato per la Guanda.

La mandai a farselo dare nel culo. Preferisco rimanere un panda. Sì, sono un essere in via d’estinzione. Lei mi rispose che dovevo crescere e io le ribadii che non doveva rompere le palle.

Al che, partirono pettegolezzi, notti d’imbrogli e sotterfugi. Lei in combutta col Ragion a farmi scherzetti, a telefonare a una tipa, dicendo che c’eravamo incontrati e che io ero stato a letto con lei.

– Non è vero.

– Le dico che è vero. Come fai a smentirmi? Ho la foto di noi assieme.

– Non dimostra nulla quella foto. A chi la mandi?

– A lei.

– Non ci provare.

– Non sei venuto con me e ora ti rovino la vita.

 

Sta qui era pure in confidenza virtuale con un pazzo purtroppo di mia conoscenza. Che la invogliava a deridermi. Della serie scema e più scemo.

Quello che Alò non ha capito è questo. Afferma che non ci si possa affezionare a Frank Sheeran.

Perché è un uomo inutile… Però la scena in cui ammazza Joe Gallo è terrificante.

Di mio, l’altra sera son stato al Gallo Garage. Ho anche il ciuffo di banana.

di Stefano Falotico

gallo garage

Il Cinema e la Musica italiana ci deludono sempre, platealmente, anche la Settima Arte americana sta andando assai male, per fortuna esiste Scorsese


01 Jun

rambo 5 poster

Italoamericano doc con la sua compianta madre che gigioneggiava sempre di cammei strepitosi, preparando le polpette come il piombo che fanno bum bum in Quei bravi ragazzi e arrabbiandosi dinanzi alle bestemmie di suo marito in Casinò. Donna che sapeva far di conto non solo alla cassa bensì nella sua famiglia. Non quella dei Corleone, però, istruendo Martin alla giustezza. Poiché Martin, come Harvey Keitel di Mean Streets, era combattuto se associarsi alla piccola manovalanza del crimine di Little Italy oppure se farsi fariseo prete. Seguendo la tradizione ipocrita di molti figli d’emigrati che, non trovando una buona sistemazione, finirono col pontificare da quale pulpito…

Donna che educò zio Marty a sacri, inscindibili valori veri e veraci. Martin comprese, come in The Departed, che non possedeva, nel bene e nel male, il fisico e la cattiveria per superare i test attitudinali d’una polizia fascista, ma non aveva neppure i requisiti genealogici e caratteriali per diventare un gangster cinico e cattivissimo. Traviato e debosciato, soltanto in riga irreggimentato.

Un uomo, il Martino, sempre dubbioso. Anche se bere un Martini o un’Oransoda. Un uomo sodo che forse voleva assurgere a moderno Gesù precipitato nell’inferno di Hell’s Kitchen come il suo paramedico di Al di là della vita. Ma comunque amava troppo le donne per santificarsi e si concesse il lusso dell’Ultima tentazione di Cristo con Rossellini Isabella. Una che all’epoca era bellissima. Più figa di Barbara Hershey.

E divenne appunto un cineasta di risma, non un teppistello da squallide risse né un predicatore dei poveri…

È per questo che adoro, venero, idolatro più di una comare palermitana nei confronti del sacro rosario, il suo Cinema violento, cazzuto, religiosamente arrabbiato e viscerale, corporeo e al contempo intriso di pura metafisica incendiaria come Toro scatenato, il suo romanticismo sfrenato come quello di Sam Ace Rothstein per la sua Ginger/Sharon Stone. Un uomo talmente innamorato, il Sam, da regalare la chiave non solo del suo cuore, bensì quella patrimoniale, alla protagonista di Basic Instinct. Una a cui io darei solo quello… e basta. Capace che poi, come in Casinò, lega nostra figlia a letto mentre lei se la spassa col tuo amico d’infanzia, un povero cazzone, e con un pappone di bieca ordinanza, un James Woods di nome Lester Diamond. Un uomo poco adamantino, un puttaniere incallito, un viscido truffaldino.

Che capolavoro Casinò. Un film peraltro doppiato da Dio, con un Manlio De Angelis al suo massimo storico, un Gigi Proietti migliore di tutti gli Stefano De Sando e i Ferruccio Amendola possibili, e quella figa pazzesca…

Ah, Sharon, già il nome m’accende e volo/a alto. Profuma di stronza di classe, di provocatrice d’alto bordo. Mica come queste popolane attricette che stanno in Italia. Paese che, come giustamente asserì Pier Paolo Pasolini, finge di essere progressista e culturalmente avanzato, invece rimane puntualmente, ciclicamente, ciecamente fermo ai suoi bassi rituali, al suo raccapricciante, scandaloso classismo sociale, alle sue varicose vene e alle sue vane, effimere lotte operaie dinanzi a gente come Berlusconi e suo figlio. No, non Pier Paolo, Pier Silvio. Uno che sa come accontentare il popolino, riempiendo le tasche di quell’ipocrita di J-Ax. Il quale a sua volta, con gli anelloni al dito e i miliardi che gli escono pure dalle orecchie, continua ad ammorbarci coi suoi tormentoni, adesso con Tormento.

Canzone furbissima ascoltata da una generazione disperata di ragazzi, ahinoi sprovveduti e troppo ingenui, che non sanno come scaricare le loro benedette ire se non scaricando la musica di uno che, dietro la facciata dell’underground da centri sociali, invero solamente /vili prende per il culo. Assolutamente.

Così come fa il Cinema italiano. Nanni Moretti lo definiva e definisce tuttora Cinema ricattatorio e ruffiano.

Cioè quel Cinema che pare ammantarsi di un’aura impegnata e pedagogicamente inappuntabile, in realtà compiace soltanto i malumori della gente frustrata, consolandola con quello che la gente vuole sentirsi dire. Suonandosela e cantandosela, appunto.

Uguale alle canzoni di Vasco Rossi. Uno che ancora riempie gli stadi perché l’uomo medio, rappresentante della maggioranza, s’identifica in questo asino che raglia e che parla, declama la libertà con più soldi di Bono Vox degli U2. E fu lanciato perfino dagli Stadio…

Sono stanco perfino di Marco Bellocchio e Gianni Amelio. Un tempo erano forti, Così ridevano, schierati davvero contro un sistema corrotto. M’hanno anche loro rotto.

Col loro Cinema a metà strada tra una fiction con Giorgio Tirabassi di Pietro Valsecchi e un programma elettorale, un Cinema falsamente politico che va perennemente, noiosamente a parare sui capi dei capi, su Cosa Nostra, sulla malavita organizzata, su Tangentopoli e gli intrallazzi perfino dell’ex papa Ratzinger, dei paparazzi e gli strafalcioni lessicali di Antonio Razzi.

Anche The Irishman sarà un film di mafia, come si suol dire.

Ma qui viaggeremo su alti livelli, a grandi velocità come in Ford v Ferrari del grande James Mangold.

Ecco, siamo stanchi di questo vecchiume italico, di questi bellocci e di questi sterili, deprimenti balletti.

Di questi vecchietti a vent’anni e di questi tromboni in verità solo emeriti coglioni.

È arrivato Rambo.

Anche se il trailer del quinto è una bella porcata…

rambo-last-blood

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