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Un Falò al TOP(o) & BEST(iale) dice la sua sul MEGLIO e PEGGIO 2021 del Frusciante


12 Jan

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OSCAR 2021 – Le mie previsioni definitive & un cortometraggio, forse medio forse grande in senso (a)lato, mistico e metafisico


24 Apr

Ebbene, domani notte si terranno consuetamente (per modo di dire, essendo stati posticipati a fine Aprile) gli Oscar.
Manifestazione bistrattata dai soliti snob, e oltremodo, di contraltare osannata e venerata esageratamente da chi la sopravvaluta.
Trattasi di un un gioco come la vita. Non è vero che sia politicizzata, segue spesso le annate, le tendenze e le mode, questo sì.
A volte vi prende, a volte no. Insomma, si vince o si perde, dipende dalla fortuna, chiamatelo/a colpo di culo, dalla bravura e da tutta una serie di fattori, appunto, fortunosi o fortuiti.
Ecco, io credo che Nomadland vincerà quasi tutto. Perlomeno, centrando e agguantando appieno almeno 4 statuette su 6 nomination.
Ovvero Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Montaggio e migliore sceneggiatura originale. Quattro Oscar dunque a Chloé Zhao (eh sì, controllate).
E la McDormand? Secondo me ce la farà.
Invece, riuscirà Anthony Hopkins a battere il favoritissimo, postumo e dato per certo assoluto, Chadwick Boseman?
Non meritano in verità entrambi. Hopkins, infatti, diede sfoggio di prove migliori e meno artefatte. Boseman è davvero bravo o sarà premiato solo perché è morto? Ecco, il premio se lo godranno i suoi parenti. Essendo io ateo e cinico, penso che Boseman, al massimo, potrà avere una tomba migliore grazie ai soldi dei parenti che, diventando ancora più ricchi dopo la cospicua eredità incasssata, ricostruiranno la sua cripta in maniera dorata. Sono un grande romantico. Penso infatti che i morti meritino soltanto una decorosa sepoltura. Oramai la loro vita è finita, il resto è solamente retorica e parole, appunto, di circostanza.
Mank vincerà un solo Oscar per la scenografia. E chi trionferà nella fotografia?
A me piace molto questo qua ma perderà. Cioè Gary Oldman.

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Di mio, adoro anche Orson Welles. Venero i piani sequenza, i megalomani malinconici, i personaggi che non temono di sfidare il sistema come il leggendario Orson.

Da lunedì, torneremo in zona gialla. Stasera già assistetti a ragazzetti in cerca di ragazzine, a branchi di dementi illusi che il godimento sia un pochino di carne fresca. Invecchieranno, diverranno tristi, diventeranno dei lavoratori onesti, si fa per dire.
Brutti, grassi, traditori degli amici e delle mogli. Sporchi affaristi corrotti, idioti senza capo né coda, speranzosi nelle loro effimere, orribili ambizioni inappagate e ben diverse  (cioè identiche, ah ah, uomini e donne, ah, stessa razza di furboni, ecco la vera par condicio) da quelle delle loro donne che li lasceranno poiché troveranno chi meglio le (ap)pagherà.
E ho detto tutto.
A volte scherzo su Stanley Kubrick, definendolo goliardicamente un imbecille. Di mio, passeggio con aria disinvolta, spesso disagiata, ah ah. Amoreggio con la mia donna. Lei mi ama per quello che sono e non vuole che cambi. Adora il mio essere il feto galleggiante di 2001: Odissea nello spazio, cioè il superuomo di cui parlò Nietzsche.
So che reputerete il seguente cortometraggio forse mediometraggio, eh già, una triste litania senza senso. Mediocrissimo e insensato?
Perché la vita avrebbe senso? Tutti cercano rispetto, tutti si fanno in quattro per farsene cinque.
Tutti pensano di sapere il fatto loro ma in verità vi dico che non conoscono il Falò mio. Per forza, io sono il Falotico.
Gli altri sono dei poveri umani.
Mi spiace per loro. La mia nascita su questo pianeta deve avere turbato molte persone, soprattutto me stesso. Ah ah. E, su questa freddura, vi lascio.
Anzi no, devo realizzare altre cazzate come quella mostratavi sotto. Mah, voi pensate che sia in fondo una cazzata?
A me pare un bel testo letterario, a me pare una bella testa. A me paiono delle buone riprese.
La vostra ripresa, invece, non avverrà mai. Eh sì, vi vedo sul moscio. Mi raccomando, riprendetevi, sì, su Instagram.
Mi riprenderete per il culo?

di Stefano Falotico

 

In un annus horribilis, funestato dal Covid, ci accingiamo alla prossima notte degli Oscar in religioso silenzio contro le scriteriate opinioni sballate di Mereghetti poco d’annata ed evviva ogni Spielberg di fantascienza rinnovata!


19 Apr

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Che sia dannato o di migliore annata, l’importante è che il Cinema venga totalmente ripristinato ai suoi antichi fasti e ardori. Dunque, sta per ripartire la festa. A lei, signora della notte nera, non parte la Ford Fiesta? Io sono Arthur Fonzarelli, cioè Fonzie dei glory days di Bruce Springsteen. No, di Happy Days. Sono il Boss della canzone I’m on Fire. Le aggiusterò tutta la carrozzeria, smaltandogliela… Che sia il venturo 2022 un annus mirabilis da 2001 kubrickiano. Ah ah. Ah, mie uomini spregevoli e sprovveduti, ammalativi non di COVID-19, bensì della peggiore A.I.

Partiamo col pezzo da David Fincher, no, da David Foster Wallace italiano di falotica, astrusa e cervellotica scemenza cazzuta, spero, geniale o soltanto pedagoga, probabilmente educativa, dunque comparativamente simbiotica o solo sinonima, soltanto psichiatrica per diagnosticare ogni falsa intellighenzia da reparto pediatrico, cioè infantile e adatta a un mondo di deficienti che si credono adulti sapienti. Che tromboni deprimenti!

Eh sì, gran parte dei film candidati quest’anno agli Oscar non sono affatto piaciuti a Paolo Mereghetti, critico da “colonne portanti” della pagina Spettacoli del Corriere della Sera oramai da anni… irrecuperabile, no, volevo dire non ancora, pensa lui, pensionabile. Paolo è, a tutt’oggi, attendibile? Paolo, entrato da dritto o di diritto in tutti gli annuari ciclopici, no, enciclopedici della Critica recensoria dei film, no, nell’immaginario cinefilo collettivo soprattutto as Il Mereghetti, auto-sottotitolato(si) Dizionario dei Film. Che, a scadenze regolari, viene perennemente aggiornato e rivisto a mo’, forse, di Ciak la rivista generalista per eccellenza della nostra povera Italia popolaresca ove tutti si dilettano a essere tuttologi della min… ia, imparando bieche pappardelle a memoria estrapolate dalla terribile Wikipedia iper-qualunquista che è stata portatrice di danni disumani alla coscienza umana stessa non solo dello spirito critico dell’attuale Critica cinematografica, bensì della vita in generale. Parcellizzata, così facendo, da pseudo-caporali neo-laureati col Bignami che tengono molto in auge la falsa intellettuale Daria Bignardi.

La terribile, temibile, statene lontani, Wikipedia! Vade retro, Satana!

“Legalmente” letale per ogni tardo-adolescente e uomo ancora in fase puberale-adolescenziale auto-ingannevolmente persuasosi che basti enumerare ed elencare, un tanto al chilo, informazioni sterilmente nozionistiche assai superficiali per fare colpo su qualche ragazzina speciale che penderà dalle sue labbra fintamente ebbre e fameliche di scibile saccente più indigesto di un tiramisù mangiato assieme alla pancetta non di McDonald’s ma del suddetto panzerotto prematuramente sovrappeso, manco fosse un commendatore dalla panza piena, per l’appunto, della Destra più salviniana, ché s’atteggia da adulto in modo spaventosamente incosciente, sfoderando una classe (ig)nobile da pubescente amante della Scienza più falsamente acclarata sulla base precaria di conoscenze sommarie e assai provvisorie, improvvisate, più che altro da somaro incredibile.

Si crede dio ma non vi crede, contesta perfino Buddha, soffre di manie di onnipotenza da far paura all’anticristo e ragiona per stereotipie imbarazzanti e raccapriccianti, approntando tesi assurde da mettersi le mani nei capelli. Ha un diavolo per capello? Dinanzi a questo qua, un quaquaraquà, urliamo: oh, Signore, salvaci tu da costui, oh Gesù!

Egli cattura info filtrate e recepite unicamente in maniera mnemonica e assai stolta da demente sesquipedale ché crede, essendo un idiot savant impresentabile anche a Forrest Gump, di rappresentare invece l’esatto contrario, vale a dire il fenomeno “paranormale”. Egli s’interroga studiatamente, come no, sui fenomeni scientificamente irrazionali, dunque anormali. È un fenomeno anomalo o sol anonimo che, ahinoi, si sta espandendo a macchia d’olio.

Uomini di vera cultura, secondo voi, a quale generazionale fenomenologia possiamo accludere tale ragazzo inutile? Ah, quanta ignoranza abissale! Questo qui è inclassificabile ma tutto vuole catalogare e vivisezionare! Intanto, lei abbocca a tale semi uomo frequentante la rinomata Bocconi degli esaltati e stupida, no, rimane stupita dagli effetti speciali non della più avanguardistica CGI, bensì dell’androide bambolotto robotizzato dalle enciclopedie online scritte e redatte da androidi peggiori di lui. Lei perde cretinamente la testa per tale deep fake vivente in grado soltanto d’imbrodarsi e d’imbambolarla, recitando, a mo’ di Laurence Olivier de no’ a(l)tri, un numero d’informazioni impressionanti da lui diligentemente imparate, per l’appunto a memoria, più che altro appuntate, per fare bella figura dinanzi alla sua immagine allo specchio da Amleto della situazione ben conscio di non essere manco sanamente pazzo come il principe di Danimarca dell’omonimo capolavoro scespiriano. Egli è una tragedia incarnata davvero plateale. Platea, ridete, dai, su!

Sì, non è colto come Kenneth Branagh eppur dice di adorare Orson Welles, semplicemente perché non ha mai invero visto un suo film per intero ma, dinanzi alla sua immagine fessa, no, riflessa… nota che l’unica, incontrovertibile somiglianza immediatamente ravvisabile con Orson, eh già, è la misura extralarge non del cervello, bensì della taglia dei pantaloni da puro coglioncello cresciuto a meme, hotdog, la peggiore PlayStation e tante assortite, affini idiozie videoludiche tanto belle… Sì, egli è Cicciobello. Costui è una capra, un penoso cartone animato, un barboso e barbuto caprone dell’Argentario e confonde Luca Argentero con l’oro colato. Sì, su questo ha ragione, Argentero non è propriamente un attore molto dotato, no, dorato, gliene devo dare atto. Sebbene, debba io ammettere, altresì, che Argentero sia molto adorato. Da chi?

Stavolta, inconsapevolmente, confondendo gli asini dell’Argentario col pastore tedesco, mandriano della recitazione in cerca di pecorine, no, pecorelle smarrite, il ragazzo pecoreccio alla Ezio Greggio che denigra Dario Greggio in modo tristemente televisivo, essendo lui cresciuto con Striscia la notizia, colpì nel segno a mo’ di arciere di The Witcher. Ah, le ancelle amanti del pesce lesso Henry Cavill, il quale è più inespressivo del vero cacciatore di streghe del videogioco omonimo, sono sue fan accanite, dicasi anche frustrate mai viste che vedrei bene nel prossimo film di Robert Eggers, no, di Dario Argento. Nei panni delle donne educande, prede vulnerabili che manco un serial killer vorrebbe trombare, no, sgozzare perché poi Barbara d’Urso lo inviterebbe a qualche trasmissione ereditatale, ereditale se amate la scrittura aulica, ereditaria se credete che il DNA si trasmetta in base alla genetica dell’albero genealogico. Ah ah. Ereditale, non L’eredità, altra boiata bestiale. Ah, il nerd odierno altri non è che il ritratto terrificante del profilo psicologico di un omicida seriale di cazzate co(s)miche che non ebbe le palle, a differenza di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, di confrontarsi almeno con un’appassionata del Cinema di Jonathan Demme. La vera amante di Demme si può riconoscere immantinente con un facilissimo quesito. Le si pone, davanti agli occhi, la scritta stilizzata Philadelphia (qui, corsivizzata). Se, alla domanda, lei cosa vi vede?, vi risponderà Tom Hanks, è apposto. Se invece vi replicherà, a mo’ di replicante bellissima ma tontissima come Sean Young di Blade Runner, vi vedo una sottiletta Kraft, è adattissima per il tizio tozzissimo e “tostissimo” sopra (de)scrittovi. Costui confonde il logo di Batman di Tim Burton con le macchie di Rorschach. A proposito di Orson Welles e Burton, lui è il nuovo Ed Wood. Piaciuto l’ammiccamento cinefilo?

La personalità di questo qui è racchiudibile, se volessimo essere sbrigativi in modo empirico e direttamente proporzionale ai suoi giudizi banali e precipitosi, schematici e insostenibili, a quella d’un ragazzo impubere ed ebete che considera il Batman, con Robert Pattinson, un vero capolavoro. Il film non è ancora uscito ma lui è già addivenuto a tale conclusione apodittica perché è appassionato di Matt Reeves e pensa di essere un genio come Andy Serkis… In verità vi dico che non è Serkis/Cesare e neppure il King Kong di Peter Jackson. È Gollum!

Ma non perdiamoci col bamboccione-bambagione-“bonaccione” nient’affatto bonazzone. Egli non è Bonaccini, il governatore emiliano-romagnolo, neanche Sean Astin, inconfondibile hobbit. Ha degli hobbies?

Lui è Sean di Stranger Things.

Ma ora torniamo a Paolino Paperino, no, a Mereghetti e alle sue fenomenali papere incommensurabili. Il Mereghetti!

Esagerato tomo di matrice archivistica da esegeta della mutua o da recensore d’un vademecum indispensabile, di stellette indicative, per ogni giovane marmotta? No, per ogni ignaro della Settima Arte che a quest’ultima si volesse approcciare ed alfabetizzare a mo’ di Bob De Niro/Max Cady di Cape Fear. Il quale, dopo essersi “acculturato” con Max il leprotto, si laureò senz’attestato in Giurisprudenza da avvocato del suo povero diavolo leninista-stalinista un po’ sciroccatamente comunista e vendicativo-giustizialista contro un ipocrita da cui non fu doverosamente difeso ma malvisto, incarnato da Nick Nolte, un immenso bigotto fascista! Classico uomo piccolo borghese che riterrà le teorie di Mauro Biglino, da quest’ultimo emesse contro ogni cattolica messa e contro la Sacra Bibbia in modo giudicato blasfemo, eh sì, una bestemmia meritevole del suo moralismo anacronistico non aperto al revisionismo più possibilistico. Sì, Nick Nolte reputa Biglino un biblista, no, un ballista. Mereghetti, invece, non ama molto JFK di Oliver Stone, in quanto da lui reputato un film troppo retoricamente complottistico. Allo stesso tempo, però assegna quattro stellette a Una storia vera di David Lynch, ritenendolo una chandleriana poesia dolente della quotidianità più mansuetamente lirica. Mentre, all’identico Nomadland di Chloé Zhao dà un voto mediocre. Sostenendo pazzescamente che la regista, in modo troppo ricercatamente minimalista, pare essere più di Sinistra, no, preoccupata di riprendere un bel tramonto da Sol levante con in sottofondo la musica suggestiva di Ludovico Einaudi, maestro delle colonne sonore intimiste, anziché spiegarci il pietismo-patetismo ingiustificabile di una donna che, in fin dei conti, potrebbe superare il lutto incolmabile della tragica perdito del marito, andando a letto col personaggio interpretato da David Strathairn.  Sì, che riempisse la ferita dell’animo non cicatrizzabile (solo quella?), con una scopata indimenticabile! No, Frances non vuole cornificare suo marito, anche se lui è morto e sta lassù fra le stelle. Per addolcire il fegato amaro, forse mangerà un maritozzo.

E Mereghetti questo non lo capisce. Testardamente! Così come non capisce perché il Serpico di Sidney Lumet, alias Al Pacino, denunci i colleghi corrotti per rovinarsi la vita. Eh già. Aveva pure la biondona e un buono stipendio, suvvia, pirla! Bastava che si prezzolasse e non sarebbe finito “pateticamente” barbone.

Secondo il “metodo scientifico”-ermeneutico alla Umberto Eco, no in stile mereghettiano, perché Paolo, se la pensa in maniera così intransigente, assegna allora tre stellette a Gli invisibili con Richard Gere?

Paolo afferma perennemente che il grande Cinema debba evocare suggestioni suadenti senza la pretesa di voler insegnare alcunché a scopo pretenziosamente didattico, cioè deve raccontare una storia senza necessitare di scolastiche spiegazioni pallose. Mi spiego? Però non si spiega come mai Paolo veneri giustamente La morte corre sul fiume ma abbia ritenuto troppo ermetico Mank di Fincher. A tal proposito, Mereghetti asserisce altresì che non importa se la storia narrata in una pellicola sia romanzata o meno. Però, idolatra Rashomon e non concepisce, allo stesso tempo, perché mai il defunto padre di David Fincher, prima di morire, abbia voluto riscrivere la genesi di Quarto potere.

In verità vi dico che Mereghetti adora donne da Un uomo tranquillo di John Ford, da lui molto Joe D’amato, no, amato. Paolo si delizia con donne osé, no âgée, calme e sensibili, forse solo senili come Piera Detassis e dunque Paolo non può essere un John Lennon ante litteram con la Yoko Ono di turno. Secondo me, Paolo dovrebbe guardare qualche film con attrici da “Oscar” quali sono le asian girl(s) del Cinema ove si recò Travis Bickle di Taxi Driver, al fine coerentemente, mentalmente masturbatorio di stimolare le “palline vuote” che dà molto alla cazzo di cane, come si suol dire, ai film da lui stroncati e censurati, no, castrati, no, fottuti con disdoro da critico impeccabile pagato a peso d’oro. Scusate, si è fatto tardo e una tardona, no, tardi. Dopo aver rivisto Il processo ai Chicago 7, voglio guardare Borat 2.

Domanda per ogni Mereghetti in erba: Forrest Gump e John Lennon, i quali compaiono assieme in chissà quale film… di Robert Zemeckis, sono entrambi idioti o tutti e due sono dei geni inarrivabili? Geni inteso in senso metaforico e/o lato, non b. Insomma, sono geniali o, in base alla genetica di ciò che nasce dall’accoppiamento dei genitali dei genitori, sono nati male? Sono degli aborti? Imagine… cantò John. E certo… Utopia purissima. Se fosse ancora vivo, Lennon saprebbe spiegarmi come mai una donna stupenda va, per esempio, da un ragazzo down e lo tratta con compassione? Poi, mentre accavalla le gambone, gli porge un sorrisino delizioso e stronzissimo, dicendogli: – Sei un bel ragazzo, ce la farai, dai. In bocca a lupo, bello guaglione.

Quindi lo saluta da volpona, forse da lupona, sposando il ricco rincoglionito Mick Jagger. Tanto privatamente la dà a un toy boy da Madonna-Ciccone. Sì, in effetti John Lennon era un genio. Non aveva capito un cazzo della vita, vero? Sì, era un simpatico idiota. Ovviamente… Mentre il personaggio della McDormand di Nomadland, secondo Mereghetti, è una vecchietta maschilista in menopausa, no, una femmina dai tratti mascolini, altresì machista con Maciste, no, masochista che potrebbe tranquillamente godersela perché è inutile, a suo avviso, penarsi e piangersi addosso, volendolo prendere in culo ingiustificatamente e inconsolabilmente a raffica.

Mereghetti è uguale a John Lennon o a Forrest Gump? Su questa domanda da futuri premi Oscar, no, Pulitzer o Nobel, vi lascio segarvi di elucubrazioni affinché possiate fornirmi una risposta da intelligentoni oppure da coglioni? Comunque, in passato disprezzai Tom Cruise. Penso che Tom sia Jerry, no John Lennon. Disse che gli psicofarmaci non servono a nulla, sono soltanto un palliativo e un alibi artificiale per non ammettere di non farcela in questa vita che è durissima. Sì, il mondo è duro come qualcosa in mezzo alle gambe davanti a Nicole Kidman tutta ignuda. Ecco perché Tom è the man, è Tom Cruise, sì. Perché è un grande attore. E spinge di burro, no, di brutto. A Tom Cruise non interessava essere Stanley Kubrick. Ma, sul set di Eyes Wide Shut, si alzava alle tre del mattino e, se Nicole di bagnava, no, se lui sbavava, no, se sbagliava la scema, no, la scena, la rifaceva altre mille volte sino alla mezzanotte. Perché era ed è il suo lavoro essere Tom Cruise. Non voleva e non vuole essere Albert Einstein o Freud. Infatti, Tom è un genius. Einstein o Freud erano due imbecilli peraltro anche molto esteticamente e fisicamente cessi. Il primo elaborò la teoria della relatività. È per colpa, infatti, di Einstein se ci siamo sorbiti quella puttanata galattica di Interstellar. Nel 2021, la verità è che siamo ancora coi piedi per terra. Altro che odissee nello spazio. La gente vorrebbe andarsene da questo pianeta di morti di fame e baldracche ma non può raggiungere una galassia lontana. Cosicché, prende la vita a culo, osservando il fondoschiena di una donna astrofisica? No, super figa dal cognome Galassi. Mica la compianta Margherita Hack! Allora, si spara i film e, per non spararsi in testa, va a farsi curare, più che altro inc… are da psicologi freudiani. Che li psicanalizzano da porcelli anali, no, rifilando loro parcelle esosissime mentre imboccano l’infermiera di Arancia meccanica. Di mio, mentre i miei coetanei sono invecchiati in quanto “arrivati” chissà dove, grazie alla mia “pazzia” equilibrata, sono ritornato bello come Tom Cruise? No, come Cooper. Cooper, chi? Gary o McConaughey della stronzata spaziale di Nolan succitata? Io sono l’agente Cooper di Twin Peaks. Sapevate che sarei tornato. La vostra scienza come se lo spiega? Mereghetti, invece, darà finalmente, prima o poi, quattro stellette dell’Orsa Maggiore a Figli di un dio minore?

Ora, se vogliamo scherzare, diciamo pure che sono un bambinone. Se vogliamo parlare seriamente, sono di un altro Pianeta e su questo non ci piove. Dunque, attaccatemi e deridetemi ma arriverà La guerra dei mondi. Arriverà il dolore! Evviva la fantasia più limpida e linda, evviva Steven Spielberg e il suo Cinema “infantile!”. Perché solo chi resta Peter Pan può amare alla follia la vita e il Cinema!

hook robin williams

A tutti gli altri, lasciamo il loro cinismo da vecchiacci, da ritardati, da gente che abbisogna di diagnosi e speculazioni deduttive per non rendersi conto di essere il nulla. Essi vivono o essi sono un immane buco nero? Ricordate: il buco va riempito! Ah ah.

Stephen Hawking non poté, io sì.

 

di Stefano Falotico

Nonostante abbia adorato MANK e IL PROCESSO AI CHICAGO 7, agli Oscar io tiferò per NOMADLAND, io sono il ghost di Bob De Niro di ELLIS!


15 Apr

bob wells nomadland

Devo paragonarti a una giornata d’estate?

Tu sei più leggiadra e mite. Impetuosi venti sferzano le soavi gemme di maggio e la durata dell’estate è fin troppo breve. Talvolta troppo ardente splende l’occhio del cielo e sovente il suo aureo sembiante è velato. E ogni bellezza col tempo perde il suo splendore, spoglia dal caso o dal corso mutevole della natura ma la tua eterna estate non potrà svanire né perdere possesso delle tue bellezze. Né… né… né la morte potrà vantarsi di averti nell’ombra sua poiché tu crescerai nel tempo e in versi eterni.

Finché uomini respireranno e occhi vedranno, vivranno questi miei versi e a te daranno vita.

(Chloé Zhao, Nomadland – poesia recitata dalla grande Frances McDormand)

Ora, scusate, vi sarà la mia introduzione al solito goliardica a salire vertiginosamente non nel cielo poiché a differenza del figlio di Bob Wells nel film della Zhao, non mi sono suicidato cinque anni fa ma voglio ancora toccare sponde felici di soavità e pace.

Osservare al crepuscolo la riproduzione esatta di un dinosauro, ascoltare il suono caldo di un pianoforte e respirare nel vento nella mia città metaforica accanto al mare della mia forza.
Ebbene, è uscito finalmente in streaming italiano il capolavoro assoluto di Chloé Zhao, ovvero l’irraggiungibile e incommensurabile Nomadland.

La dimostrazione evidente di come si possa realizzare un film straziante, commovente e magnifico di circa due ore con una trama praticamente inesistente e ridotta all’osso, come si suol dire. Senz’avvalersi d’intrecci arzigogolati e di trame contorte che di toccante non hanno un bel niente.

Be’, Nomadland rappresenta l’esatto contrario del sottoscritto, esemplifica straordinariamente l’anima filmica diametralmente opposta alla mia, totalmente. In quanto, a livello puramente letterario, sono barocco e sovraccarico la mia prosa, spero bella e poetica, di troppa ridondanza. Molti mi accusano perfino di essere tracotante. Evviva la protervia, ah ah. Al massimo, qua e là, i miei stilemi linguistici sono inappuntabilmente, puntualmente impeccabili ed eleganti. Stilisticamente sono perfetto, realmente a livello pratico sono deprimente, ah ah.

Sì, sono sempre stato una presenza ectoplasmatica, malinconica, oserei dire da nosocomio, da egregio encomio e un distinto uomo davvero d’istinto, quasi da manicomio, in mezzo a questa realtà per me perennemente perturbante, volgarmente carnale, strafottente in maniera smodata.

Una realtà ove tutti vogliono mostrarsi belli ma rimarranno invisibili e pure brutti, più che altro alla maggior parte della gente molto invisi. Ah, visi pallidi! Invidiosi!

Quando voglio e quando ho voglia di sensualità caliente, son un uomo (forse), oltre che galante, adoratore addirittura della modella paraguaiana Claudia Galanti. Ora, Galanti non mi sembra un cognome del Paraguay ma, se dovessi rintracciare il suo fidanzato su Instagram, e dirgli che a Claudia feci delle avance in privato, credo che passerei molti guai. Anche perché mentirei spudoratamente. Giammai infatti feci ciò, quindi peccherei di falsa testimonianza gravissima dinanzi alla mia Corte d’Appello.

Sì, sono il nuovo Michelangelo Buonarroti che affrescò la Cappella… Sistina? Sì, buonanotte…

Sono un uomo alla Roberto Benigni, mi piace provocare. Che cosa? Adesso pure il Leone d’oro alla carriera?

In passato, “corteggiai” la fidanzata di un attore, non so se argenteo, di nome Luca. Che mi crediate o meno, Luca mi contattò personalmente, dicendo di non provarci più con la sua lei. Dicendomi aggressivamente che lui è un attore famoso e poteva dunque farsi la sua donna formosa e farmi il culo in maniera potente… che uomo odioso! Anche permaloso!

Gli risposi che lui è un attore ridicolo se paragonato a Gary Oldman e che la sua lei non è come le ex di un gay, no, di Gary, cioè Uma Thurman e Isabella Rossellini, fra le altre…

Al che, m’apostrofò con far crescentemente veemente: – Lei non sa chi sono io!

Minacciandomi pesantemente…

Gli risposi, per l’appunto, con molta eleganza sanamente insolente: – Guardi, le ripeto. Lei non è Gary Oldman e non mi sta simpatico come Sacha Baron Cohen. Lei non ha senso come uomo e non ha nemmeno senso dell’umorismo. Mi fa senso, pensa di essere più sexy del mitico ex bomber della Virtus Basket, cioè Predrag Danilović. Per noi, virtuosi o semplicemente ex virtussini e non tifosi della Fortitudo, il leggendario Sasha.

Guardi, lasciamo perdere. Mi creda, lei non è un campione di niente, neanche di bellezza come il cantante quasi omonimo a Cohen, vale a dire Sasha dell’epocale If You Believe.

Scusi, ora la devo lasciare. Comunque, per la cronaca non sportiva, io invece sono Bruno e Borat. E la sua donna è molto bona. Diciamo che, rispetto alla moglie di Joel Coen, cioè Frances McDormand, è una spanna sopra in merito a beltà e la distacca con uno spacco, no, stacco paragonabile ai balzi impressionanti di Michael Jordan dei Chicago 7, no, dei Chicago Bulls dei tempi d’oro.

Se però vogliamo essere più obiettivi di un grandangolo della Nike, no, della Nikon, la sua lei sfigura parecchio dinanzi alla grande Frances. Diciamo che, a livello prettamente realistico e attoriale-cinematografico, è meglio che rimanga una donnetta nazional-popolare che, assieme a lei, di domenica guarderà le partite di Calcio e i film con lei come interprete.

Luca: – La smetta! Che ne sa, peraltro, lei di Calcio?

– Guardi, Luca. A Bologna, è nato Carboni Luca e dalla basilica di San Luca si può vedere lo stadio Renato Dall’Ara. Ho militato nella scuola Calcio Bologna Football Club 1909 quando fui pulcino.

Poi, quando “regredii” negli Juniores-Allievi alla polisportiva Lame Ancora, segnai un goal alla Danilovic, no, alla Renato Dall’Ara, da quest’ultimo messo a segno durante la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona di molti anni fa del Milan di Berlusconi!

Cioè questo:

Guardi, la sera prima, un ex centravanti quasi più forte di Marco Van Basten, vale a dire Hendrik Johannes Cruijff, più comunemente noto soltanto come Johan Cruyff, in conferenza stampa, sostenne che il suo Barcellona con Romario avrebbe distrutto il Milan dei miracoli e degli olandesi volanti.

Disse la stessa cosa pronunciata da Lino Banfi ne L’allenatore nel pallone. Il quale affermò che avrebbe sconfitto e stracciato Zico. Ma la sua Longobarda perse 4 o 5 (non ricordo bene, scusate) a zero con quaterna dell’uomo che pianse quando il suo Brasile fu massacrato da Paolo Rossi con una tripletta devastante.

Senta, Luca non faccia con me il crucco. Sennò, diverrò Alex Del Piero e lei piangerà come la bimbetta sugli spalti durante la semifinale dei Mondiali 2006.

Che cosa? Riaprono gli stadi e i cinema invece no? Generazione di fenomeni… cantò Gaetano Curreri.

Di mio, indosso jeans della Carrera, non voglio fare carriera e odio le corriere.

Luca, non mi provochi altrimenti potrei tornare a essere il più grande calciatore di tutti i tempi e dribblarla come Alfredo Di Stéfano.

Luca, mi tolga una curiosità. Lei preferisce Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, Marco Di Vaio, il nudo di Madeline Zima di Twin Peaks: Il ritorno, Ronaldo Luís Nazário de Lima, Pelè che è lo pseudonimo di Edson Arantes do Nascimento, Sylvester Stallone di Fuga per la vittoria o quello che, con buona pace all’anima sua di Diego Armando Maradona, è il più forte di tutti i tempi, cioè Lionel Andrés Messi?

Inoltre, prima di lasciarla, caro Luca da tre premi Oscar dei piccoli, vorrei chiederle questo: chi è il regista di Torna a casa, Lassie!?

Non lo sa, vero? Intanto, legga Hermann Hesse.

Sa, io lessi molto. Lei invece è lesso.

Sono l’incarnazione dell’Enigma di Kaspar Hauser di Werner Herzog. Film che conosco ma in verità vi dico che non ho mai visto interamente poiché basta che mi guardi allo specchio per giudicarlo e recensirlo, ah ah.

Vi fornisco un’anteprima esclusiva del mio prossimo libro. Forse sarà revisionato e corretto:

  1. Sono un nomade, un fantasma del mio tempo giammai dimenticato, oscurato e rinato

 

Navigando in tale vita tempestosa, mi fermo all’improvviso a riflettere pacatamente sull’oceanica vastità del mio immane, trascorso tempo su questa terra maledetta, ricolma di uomini e donne vanagloriosi. Mi siedo e accomodo mestamente su una panchina arrugginita d’un parco immerso nel verde d’un lussureggiante autunno ancora innevato da fiocchi nivei che lucidano di sobria bianchezza armoniosa le guglie delle chiese e delle cattedrali di tale città di fantasmi e morti viventi, di uomini e donne pestilenziali e perniciosi. In una parola, prematuramente nell’animo defunti e dunque osceni e odiosi. Li deploro con rabbia furiosa.

Innervato e appannato fui io, nella mente annebbiato, scomparso dal mondo e di neve, no, di nuovo riplasmatomi a mio insindacabile, entusiasmante e vitalissimo volere stupefacente.

In me non è avvenuto nessun cambiamento interiore. Né son stato miracolato da qualche misteriosa, oscura forza illuminante o prodigiosa.  Non ravviso niente di speciale, eclatante o clamoroso in tale mia rinascenza che ha del fenomenale a dir poco. Poiché, dopo sterminati, imperterriti e lacrimevoli strepitii del mio cuore iroso e non più vigoroso, affievolitosi in effetti nel vigliacco piagnisteo cardiaco di silenti battiti da viandante forse peccaminoso di tale nostra esistenza morbosa, ancora con energia e forza ardimentosa risento magicamente scoccare, echeggiante potentemente dal profondo mio inconscio opprimente e ai miei occhi stessi in passato apparsomi repellente, una raggiante, splendida luce dardeggiante che acceca di bagliori estasianti il mio umore, come dettovi, per tempo immemorabile poco bienaventurado, sì, non beato ma sprofondato nelle agoniche mie notti onestamente più beote,  scarsamente gloriose e di vita golose.

Avete per caso mai visto il cortometraggio di JR, intitolato Ellis ed interpretato da un lugubre ma sempre grande, laconico Bob De Niro fenomenale?

Scritto dal premio Oscar Eric Roth, è la breve ma commovente cronistoria, sostenuta dalla voce narrante cavernosa di un De Niro ectoplasmatico, d’un alive, di uno spettro senz’identità precisa e alcuna, ricomparso miracolosamente, un migrante sopravvissuto alla barbarie del tempo che scalfì e trafisse mortalmente i destini di tanti avi e innocenti giunti in America attraverso grandi navi.

De Niro, protagonista di Awakenings, che in questo short movie si risveglia dalla tetraggine lapidaria del suo passato emozionalmente cimiteriale. E cammina, con passo felpato e rattristato, struggentemente appassionante e toccante, lungo i corridoi scuri d’un casolare fatiscente e abbandonato dopo aver ormeggiato in un passato mortificante, dopo non aver amoreggiato, forse, per viltà o pavore, con la sua innata, pulita e pura sua intimità essenziale e umana più cristallina, non adulterata dalla sua originaria natura incontaminata.

De Niro che fu protagonista del meraviglioso e crepuscolare City by the Sea per la regia di Michael Caton-Jones. La storia di un coriaceo detective dal cuore d’oro, Vincent LaMarca, il cui padre assassino fu giustiziato e condannato alla sedia elettrica in carcere. Dunque, a sua volta assassinato senza pietà alcuna.

Vincent, il cui figlio, durante una nottata piovigginosa, involontariamente uccise un uomo per legittima difesa ben comprensibile.

La storia di un uomo, Vincent, costretto a confrontarsi giocoforza coi fantasmi del suo passato da lui sublimato e apparentemente rimosso. Un uomo amante della bellezza eburnea d’una donna semplice e dall’aspetto virginale e bella come la madonna, incarnata dalla strepitosa, dolcissima Frances McDormand.

Attrice protagonista del superbo e inarrivabile, malinconico Nomadland di Chloé Zhao. Capolavoro inaudito, illuminato dalla grazia d’una venustà recitativa senza pari della stessa McDormand allo zenit della sua immensa bravura encomiabile e portentosa.

La storia di una vedova donna sessantenne e inconsolabile, affranta e affaticata, che perde il suo lavoro su Amazon e decide di mettersi in viaggio, incontrando, durante il suo stralunato e allucinato, avventuroso peregrinaggio solitario, tante persone dalle vite rovinate o soltanto, paradossalmente, restaurate all’antico, primigenio lindore della loro primordiale, incorrotta limpidezza esistenziale.

Cosicché, a vivo e sentito contatto col dolore e con la sofferenza più sentita, finanche con la purezza delle scheggiate, ferite vite altrui e della sua stessa anima coartata da un incolmabile lutto coniugale non cicatrizzabile, infermabile continua a viaggiare sulla sua strada in modo instancabile, abbagliata nel suo animo da una tenerissima luce salvifica, letiziosa sebbene ancora insanabilmente, atrocemente dolorosa.

Offuscata e allo stesso tempo rischiarata dall’aver scoperto, sebbene malvolentieri, la durezza della vita più incantevole nella sua nuda stranezza ed essenza più nitida e imponderabilmente luminosa.

Lei vivrà, sino al giorno della sua morte, sorretta dalla delicatezza del suo essersi trasfusa nel concetto esemplare di assoluta, sfavillante trasparenza di donna inguaribilmente immalinconitasi a causa della tragica morte di suo marito, eppur al contempo speranzosamente combatterà volitiva, forse in silenzio, l’inarrendevole voler inseguire una flebile ma lucente fiammella chimerica o solo utopica.

Ove io vagherò, invece? Nel mio interiore infinito, infinitamente?

Tanto tempo assopitosi, amici e fratelli della notte, è riemerso nel ricordo e dai neri ricordi di me che fu obliato dal nero più insondabilmente asfittico della dimenticanza che occluse ogni metaforica mia freschezza respiratoria.

Adesso, in me, questo ritrovato tempo insperato sta risorgendo in fiera rimembranza acuta ancora squillante.

Tornerò vivamente alla ribalta?

O sono soltanto ritornato baldo e splendido come la più lieta e dolce alba?

Quindi…

Se qualcuno vorrà fare del male ai miei figli più cari, parafrasando e personalizzando Elias Koteas de La sottile linea rossa, ricordate che io vi attaccherò come John Rambo.

Mi metteranno dentro ma vi cancellerò dalla faccia della Terra.

Perché, alla pari Robert De Niro, così come fu definito detto durante uno spot di tanti anni fa passato su Radio Monte Carlo TV che gli aveva dedicato una monografia, io sono il più grande, il più grande di tutti.

Non provocatemi, sennò piangerete tanto. Interminabilmente.

Questa è la mia vita.

È un bene sacro.

Anche perché non possiamo perdere non il figlio di Bob Wells di Nomadland, bensì un genio mostruoso come Orson Welles.

Quando cambio prospettiva, per voi diventa impresa possibile tenermi fermo e battermi. Lo so, sono un megalomane. Meglio che essere un idiota come il novanta per cento delle persone.

Tornando a Bob De Niro, in Casinò il suo personaggio alla fine disse… E questo è quanto.

Provate a indurmi nuovamente al suicidio e, come disse John Goodman de Il grande Lebowski, finirete in una valle di lacrime, in una valle di lacrime, in una valle di lacrime.

Questo è il tuo compito, Larry? Questo è tuo, Larry? Questo è il tuo compito, Larry?

di Stefano Falotico

LA DONNA ALLA FINESTRA: perché parlate sempre di Tarantino e Paul Thomas Anderson, menzionate e celebrate il grande Joe Wright


21 Mar

donna finestra poster amy adams

Ora, non so se Stallone sia diventato Andrea Roncato a livello fisionomico. Che poi… ci si sbaglia sempre tra la fisionomia e la fisiognomica, cioè il ramo pseudo-scientifico che, in base ai suoi discutibilissimi criteri del tutto opinabili, avrebbe l’ardire di giudicare la personalità e la conseguente psiche o viceversa di una determinata persona. Ma cos’è la “profilazione” psicologica di Mindhunter? Ma per piacere…

La vita vera non è una serie televisiva.

Leggete semmai il mio libro Bologna insanguinata e capirete che io riesco a citare mille volte nel mio libro il grande Andrea Roncato, re del trash goliardico più sboccatamente felsineo, pur conservando una suspense narrativa à la Il silenzio degli innocenti.

In questo mio libro, cito Zodiac ma riferisco anche di essermi eccitato più volte sull’attrice Valeria Cavalli. Presente sia in Zodiaque per la regia di Claude-Michel Rome che in Zodiaco di Eros Puglielli.

Presente sia ne La tenda nera che ne La freccia nera.

Se volete vederla fare sesso, guardate l’inizio del film Il caso Martello. Ci diamo nel martellino, eh?

Se volete vederla ignuda, osservatela in Le Grand Patron.

Chiedo ora pardon se, nelle righe precedenti, mi son lasciato prendere la mano…

Per questa cazzata, vorreste forse operarmi l’amputazione di qualcosa… a mo’ del desiderio mostruosamente proibito di Buffalo Bill? Dai, ca… zo.

Ora, se una persona, sì, codesta dovesse autodeterminarsi in base a questa stronzata quasi peggiore delle teorie del Lombroso, eh sì, diverrebbe subito materia di studio.

Invece, se vedo Can Yaman, non essendo io omosessuale, penserei che trattasi di Schwarzenegger dei poveri su viso alla larga ricordante Kabir Bedi. Il reboot di Sandokan, peraltro, è stato realizzato o no?

Secondo Diletta Leotta, Can, attore cane, è un uomo da sposare. Per forza, le dona tutti i gioielli.

Pulisce i fornelli, la soddisfa pienamente a letto e le regala tutti i cani che vuole per accarezzarne altri oltre al suo. Una vita amabile, insomma, cagna.

Ecco, Bedi è uguale a tutt’oggi all’inquilino del settimo piano del mio palazzo, ovvero il sig. Tringali.

Ultimamente, il Tringali ha avuto varie sfighe. La moglie era ricca come Yaman, da me ribattezzato anche Aquaman semi He-Man. Ma fu Tringali che le donava i gioielli. Infatti, ora Tringali non ha un cazzo. No, il suo, credo che ce l’abbia. Economicamente, è a pecora dopo il divorzio che l’ha messo a novanta.

Sì, per molto tempo vissi da Bob De Niro di Hi, Mom! Variazione folle-psicotica e borderline sul tema del personaggio interpretato da James Stewart ne La finestra sul cortile. Ovviamente, puro Cinema depalmiano ispirato all’Hitchcock migliore. Femme Fatale docet.

Comunque, fra la Kim Novak de La donna che visse due volte, Grace Kelly e Rebecca Romijn, non scelgo nessuna perché le prime due sono morte, io non sono necrofilo e la terza, ex Stamos, deve avere avuto più amanti dell’ex moglie di Tringali.

Sì, non voglio venir affetto da alcuna topa, no, da nessuna malattia venerea. Come tutti gli uomini, però, voglio venire al dunque… Con calma, senza eiac… one precoce.

Quindi, non perdiamoci in masturbazioni… Badiamo al sodo in modo dritto e spedito giustamente godibile.

La mia lei è molto bella, molto più sexy di Diletta Leotta. Sinceramente, Diletta è una mig… ta.

Una come la mia lei, eh sì, miei belli, voi la vedrete col binocolo.

Non so com’abbia fatto a innamorarsi di me. Parlammo per molto tempo assai privatamente, cioè su WhatsApp e Messenger.

Io tentai in ogni modo di dissuaderla dallo sbloccarmi dal mio isolamento.

Onestamente, fui io ad approcciarla ma me la feci nelle mutande. Adesso, lei mi fa senza mutande.

Questa è la verità, nuda e cruda. E dire che provai in ogni modo a non incontrarla. Non volevo patire pene… dell’inferno.

Le dissi che, in passato, fui diagnosticato depresso incurabile, social-fobico insanabile, che mi addebitarono pure la patente, erronea ed orrida, di Elephant Man con disturbo paranoico delirante.

Lei invece credette subito che fossi un genio come Gary Oldman. Da quando io e la mia lei stiamo assieme, anzi, dal nostro primo incontro reale, è trascorso quasi un anno. Un anno speciale. Ho detto anno.

Per noi tutti è stato un anno orribile. Ma l’amore m’ha salvato. Se voi state male a causa delle quarantene poiché state troppo tempo in casa e perciò vi sentite depressi e inutili alla società, pensate piuttosto che un genio come Brian De Palma sono anni che non fa un cavolo, al che vi sentirete risollevati.

Altrimenti, guardate un porno e rimanete dei voyeur frustrati. Che vi devo dire? D’altronde, io sono un libertino. No, un liberale. Ognuno, secondo me, può fare quel c… zo che gli pare. Basta che non rompa le palle al prossimo.

Che poi… non è del tutto vero. Lo è, diciamo, a livello approssimativo. Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, eh già, rompeva le palle, eufemisticamente, alle donne.

Cioè, fatemi capire… erano donne soltanto all’apparenza? Cioè, sotto sotto, erano dei bestioni come Can Yaman? Può essere. Appurate voi, uomini (im)puri.

La mia lei abita lontano da me. Dunque, da un bel po’ non possiamo essere realmente, tangibilmente passionali come Gary Oldman e Uma Thurman prima che essi litigassero furiosamente.

Talvolta, io e la mia litighiamo in modo estremamente furioso. Anche Gary litigava sempre, come detto, con la Thurman, anche con la Rossellini, però.

No, credo che io e lei non ci lasceremo. Quando non possiamo amoreggiare davvero, tranne virtualmente, io riguardo Panic Room e rivedo Mank del grande David Fincher.

Jodie Foster mi piace molto ma non ho i soldi di Can Yaman per corteggiarla. Poi, Jodie è lesbica.

Quindi, non ci sono c… zi da fare…

Venero Gary Oldman ma non sono gay.

Ecco, Joe Wright è un gigante. Espiazione è un film magnifico. Se volete sapere cosa sia un piano sequenza magistrale, lasciate stare gli incipit di Omicidio in diretta e de Il falò delle vanità…

Lasciate stare le soggettive di Hitchcock e quella di John Carpenter nella scena d’apertura di Halloween.

Sì, nella mia vita finii in “manicomio” come Michael Myers e i miei coetanei mi considerarono afflitto da agorafobia.

Sono bravo a scrivere come Alessandro Manzoni ma non soffro di alcuna patologia, purtroppo.

Dico purtroppo perché mi sarebbe piaciuto essere un demente come Can Yaman.

Lui pensa di avere tutto nella vita. Invero, non ha niente. Perché, senza una bella mente, puoi arrivare solo con Diletta Leotta e non altrove. Se invece sei Russell Crowe di A Beautiful Mind, sei anche schizofrenico.

Comunque, puoi avere lo stesso Jennifer Connelly…

La Leotta è carina ma deve avere il cervellino di una gallina. Dopo aver fatto sesso, Can e Diletta come passano il tempo assieme? Guardan(d)o Uomini e donne? Che vita di merda.

Invece, io sono “soltanto” trasformista come De Niro e Oldman. Sono isterico, nevrotico, creativo e non un cretino.

Fra l’altro, sono l’unico al mondo che ancora si ricorda che De Niro doveva girare il film Scared Guys per il regista di Galaxy Quest, cioè Dean Parisot.

Insomma, il mondo è popolato perlopiù da tamarri, da scemi e da sceme.

Di mio, mi piace essere spiritoso, essere burlesco, essere teatrale. E, a proposito di Teatro, idolatro il soliloquio di Amleto, eh sì, essere o non essere?

Uscire o non entrare? Con la mia lei esce ed entra regolarmente, senza bisogno di Viagra.

Talvolta, rimango solo amletico se entrarle più in azione o rimanere in folle…

Lasciando che, intanto, sospiri versi non propriamente scespiriani…

Mi spiace aver deluso i matti che volevano farmi credere che abbisognassi di farmaci neurolettici perché sono troppo “aggressivo-passivo”. Loro sono succubi attivi?

Sì, lo sono. In passato me lo diedero metaforicamente in quel posto, adesso si fottano.

Sì, è stato un anno strano, davvero. A un certo punto, incontrai anche un tizio fuori di testa, veramente. Ecco, io do l’impressione di essere una persona in difficoltà.

Al che, alla vigilia del mio compleanno, costui mi mostrò una foto di Julianne Moore in posa molto sensuale.

Poi, dopo che discutemmo di Cinema, “spiritosamente” mi disse a mo’ di chiaro sfottò: ricorda, Stefano, il film più bello del mondo non è Quarto potere, bensì Forrest Gump.

M’invitò più volte a casa sua. E io mi misi a registrargli una prova recitativa, con la mia voce, del Primo Canto della Divina Commedia.

Trovò dunque una scusa bella e buona per allontanarmi. E nei giorni seguenti aggiunse: non scrivermi né cercarmi mai più.

Sì, sono spesso taciturno e la gente pensa che io sia un “ritardato”. Quando inizio a recitare, vedono un “mostro” di bravura e non ci capiscono niente.

Perché il mio discorso non fa una piega. Avendo una vita “normale”, non sono mai stati costretti a portare la mente a un livello a loro ignoto.

Parlano solo di donne che non tromberanno mai, di donne che li hanno respinti e che loro, per rabbia, hanno stalkerizzato. Parlano che domani devono farsi il culo col lavoretto “dignitoso” per pagarsi le bollette e forse le bollite che raccattano sui viali. Tutta gente, insomma, che non vale una minchia. Sì, penso di soffrire anche di disturbo narcisistico di personalità. Riesco a essere sia Gary Oldman di Léon che Jean Reno, pure di Ronin. Se non vi sta/bene, chiamo la Neuro.

di Stefano Falotico

Nomination agli Oscar 2021, evviva la Musica e il vero Cinema: forse sono MANK, fui impoverito come Frances McDormand di NOMADLAND e fuori, si fa per dire, come Anthony Hopkins di THE FATHER, w ROCKY!


16 Mar

rocky 4 stallone

Ho una certa impressione che, col passare del tempo, si sta acuendo e solidificando. I perdenti che non combattono più per i loro sogni cominciano solo a essere cinici. Cioè falliti.

Il quarto capitolo della saga di Rocky è stato spesso ridicolizzato. Soprattutto quando Ivan Drago/Dolph Lundgren pronuncia, nel nostro doppiaggio finto russo, Ti spiezzo in due.

Frusciante, critico (forse) youtuber di Cinema e Musica, almeno ciò è sostenuto da lui, credo che non abbia capito una scena apparentemente esagerata e cretina come questa.

A me Stallone piace, mi spiace se Fruscio non ha lo stesso fisico.

Il mondo è pieno di hater. Io e il mio redattore di Daruma View Cinema abbiamo da poco rimosso, per esempio, un commento offensivo che è stato già segnalato alle autorità.

La gente, dietro un pc, pensa di poter attaccare chiunque. Persone poverette, mi spiace per loro che della vita non hanno capito nulla.

Perseverano in lotte e rivalità patetiche. Dimostrandosi inette quando devono lottare davvero.

Sapete, quando si è belli e io indubbiamente lo sono, sebbene non sia superbo, solamente oggettivo, quando si possiede un talento letterario notevole e una voce magnifica, ci si attira le invidie di chi non può permettersi mai di vincere.

Parlerà solo di Cinema e di Musica in trincea. Ma non combinerà nulla, non saprà neanche amare la madre, figurarsi una donna.

Sono molto triste sapendo che esistono scemi del genere.

Detto questo, ecco le mie considerazioni sugli Oscar e le mie prove atletico-vocali.

Aggiungo inoltre che vincerà Boseman ma Anthony Hopkins è un gigante.

Un gran signore, che classe.

Da brividi (la ripropongo) la sua vittoria agli Oscar.

Jodie Foster (anche lei vincitrice) ebbe un orgasmo, sebbene sia lesbica.

Per finire, se uno è più bello e bravo, vince lui. Ciò è inevitabile. Prima perderà totalmente come Rocky. Poi, come Rocky, vincerà di nuovo.hopkins the father

 

di Stefano Falotico

 

Mank di Fincher, che film! Il fascino di Gary Oldman e di Orson Welles e la classe non è acqua, infatti è meglio la Coca-Cola


05 Dec

oldman mank

Insomma, questo Fincher è un bel provocatore. Quasi alla pari di David Cronenberg che nutrì riserve nei riguardi di Shining. Fincher critica Orson… Soffre di blasfemia?

Be’, nella mia vita non ho combinato nulla di buono. Non c’è che dire. Se vossignoria volesse recarsi su Amazon, IBS.it e sulle maggiori catene librarie online, dati alla mano constaterà che stiamo parlando (utilizzo il plurale maiestatico da buffone di corte e scemo del villaggio…) di una persona, cioè il sottoscritto, che nella sua inutile, “improduttiva”, fallimentare (in)esistenza anodina, “anti-emotiva”, asociale e accusata di essere affetta da chissà quali strane, psichiche turbe irrisolvibili da parte di gente “rispettabile” che sa come si st(i)a al mondo, ha scritto pochissimi libri… la cui quantità può rivaleggiare con l’ipertrofica verve letteraria, non so se lessicale, di Stephen King.

In tale mio annotabile excursus bibliografico-autobiografico-esistenziale spaventosamente abissale, non so se da annotare in qualche atto notarile o apprezzato dalla bella società di animali, sciacalli delle emozioni altrui che loro spolpano a mo’ di sanguisughe importanti a livello sociale, rilevanti nella gerarchica scala piramidale da squallida catena alimentare, spuntano libri altamente polemici contro i falsi apparati psichiatrici e para-istituzionali. Dopo la morte insegna…

Un libro “doccia fredda” a mo’ di J’Accuse à la Roman Polanski.

Compaiono altresì saggi monografici, anche tradotti in inglese, su Scorsese, il succitato Cronenberg e John Carpenter. Sono ravvisabili opere noir erotiche che certamente infastidiranno le persone bigotte che rideranno in modo ipocrita sulle modelle da me inserite nelle rispettive cover, dando loro la patente di mign… te.

E risalta un mio libro che ovviamente leggeranno quattro gatti, cioè La leggenda dei lucenti temerari.

Ah, che coraggiosi…

Mentre, in questi giorni, assieme al mio editor personale st(iam)o lavorando a Bologna insanguinata.

Be’, debbo ammettere che, specchiandomi, rividi me stesso (non tanto messo bene o troppo superiore agli altri per potermi rispecchiare nelle loro deficienze bruttissime), denudato di ogni falsa maschera appioppatami. E rinvenni, anzi riesumai il mio viso, ringiovanito di colpo, similmente a Gary Oldman del Dracula di Coppola. Una donna mi vide camminare per strada. Non le succhiai il collo, al massimo le guardai il c… lo, ma lei, quasi (s)venuta dinanzi alla mia beltà da “miserabile”, dirimpetto alla mia rinnovata, ancora molto bella età, volle vampirizzare qualcos’altro…

Oh me, povero tapino, oh, uomo meschino. Che ci fa in questa società infida e cretina?

Costei, non rimanendo fatta da me, bensì solo stupefatta, se la fece nelle mutande? Stupita, stupida o forse da me non cagata? Non lo so. Ah, sono un pis… letto.

Sono un uomo fedele e non posso tradire la mia lei.

Come sapete, la Universal realizzò molti film sui grandi “mostri sacri” non della recitazione come Oldman, vero attore monstre, bensì sulle creature orrifiche più fighe della storia, il cosiddetto Monster Universe.

Di mio, ho un emotivo universo da proteggere. Non c’è verso che qualcuno sappia scrivere meglio di me, maestro di tutti i versi. In passato, onestamente, fui solo… molto introverso. Alla mia lei dedicai e dedico tuttora poesie molto più delicate di quella eccitata, no, citata dall’Oldman di Mank, da lui recitata dinanzi ad Amanda Seyfried. La cui pronuncia esatta è “saifred”. Come per dire, donna, se hai freddo, ti scalderò col mio mantello.

E, giocando di associazioni “linguistiche” e di rime baciate, assai eccitanti e stimolanti, anche con quello… A Marion Cobretti, Brigitte Nielsen offrì la sua bellezza. E Stallone di Cobra seppe bene che le patate potevano affogare nella salsa. Forse anche nella Lambada. O no?

Ah, Stallone, uomo allampanato, assai invecchiato, incartapecorito e un po’, forse, in Rocky… un finto ritardato. Uomo pallido però palestrato, forse solo mentalmente appannato, che andava spronato o forse solo abbronzato al tepore di una lampada caliente. Ah, il calore! Stallone starebbe bene anche ossigenato, uomo proletario giammai patinato. Ma al Cinema spesso appare platinato. Gary Oldman è un attore esagerato.

Dopo aver furiosamente litigato con Uma Thurman e con Isabella Rossellini, pazza conclamata più del suo fu David Lynch, più violenta di alcune scene di The Irishman di un altro suo celeberrimo ex, cioè Scorsese Martin, lasciò Gary per andare con un Paisà. Sì, poteva essere sposata a un attore magnifico ma preferì ritirarsi a vita bucolica, quasi da zotica, bagnando nel latte i Pavesini. Solo quelli, però. Ah ah.

Di mio, sono camaleontico come Oldman. Infatti, sono l’unico uomo che, nei momenti miei più allucinati e duri, riesce a delirare più di Gary di Léon, riuscendo però a mantenere intatto un carisma da Jean Reno. Sì, in quegli attimi orrendi, cado in stato catatonico. Raffrontabile alla recitazione mono-espressiva del co-interprete di Ronin. Comunque, non guido una BMW, neanche una Renault.

Il mio primo libro fu pubblicato quando ebbi venticinque anni. La stessa età in cui Orson Welles uscì col suo epocale Quarto potere. A differenza di Orson, patii un calvario ingiusto identico a quello passato da Tim Robbins de Le ali della libertà. Entrai nella mia Rita Hayworth e, sotto una pioggia liberatoria, compresi che molta gente dovrebbe lasciare perdere le compresse. Se è cascata nel tunnel non di The Shawshank Redemption, bensì della droga, io posso aiutarla.

Infatti, non ho mai fatto uso di stupefacenti. Sono stupefacente dalla nascita. Al massimo, me la tiro, fumo parecchio e adoro Dulcinea del Toboso del Don Chisciotte della Mancia. Insomma, dulcis in fundo, non sono Dracula. Forse Wolfman, detto anche lupus in fabula.

Sì, sono un favolista, un uomo favoloso. Dai tratti spigolosi eppur dolcemente schiumosi. Un uomo cremoso… Uomini, se litigherete con la vostra lei, regalatevi Intesa Pour Homme. Ci siamo intesi?

Che voglio dire? A me il dopobarba lo regala lei. Non sono omosessuale.

Dunque, fatevi i caz… i vostri. Oppure, fatevi una canna. Basta che non mi rompiate più la panna… Comunque, non voglio più appannarmi, nemmeno apparire Narciso… Lo sono.

Gary Oldman ed Orson Welles sono indiscutibili, invece. Beati loro. Di mio, metto sempre in discussione anche i miei libri più belli della sceneggiatura di Citizen Kane.

Sì, sono un critico di Cinema, soprattutto di me stesso. E rifletto sempre prima di riflettermi nelle altrui sceme(nze). Posso dirvi che se pensate di essere più bravi e belli di me, ne possiamo discutere. Sì, vi concederò trenta minuti al giorno in salotto. Siete felici? Nelle restanti ore, devo fare altro…

Debbo anche assistervi, no, asserire che, per un tempo infinito, amai Al Pacino e Bob De Niro alla follia. Non amai altro, neppure me stesso. Intanto, Al amò Diane Keaton e tante altre donne. Mentre De Niro pare che sia stato anche con Moana Pozzi durante le riprese di C’era una volta in America.

Non credo nei buonismi e nei buonisti. D’altronde, Non ci resta che piangere…

Sia Massimo Troisi che Roberto Benigni stettero con Moana. Ecco, se voi pensate che il direttore della RKO Pictures versò lacrime vere assistendo al funerale di un suo “amico” suicidatosi, non avete capito nulla della vita.

Nemmeno di Mank. Neanche dei monchi… che siete.

Comunque, se pensate che essere comunisti significhi il predicare banalità e bontà a buon mercato, accattivandovi le simpatie del popolo con video su YouTube in cui, facendo maieutica critica, v’illudete di essere dei divi, guadagnando soldi con le visualizzazioni, siete Mel Brooks di Che vita da cani! Cioè dei bastardi capitalisti. Se non conoscete invece la differenza fra socialismo e comunismo, ve la spiega Oldman/Mankiewicz nel capolavoro di Fincher. Fincher è uno stronzo e non è vero che Orson Welles fu immaturo. Va altresì però ammesso che Mank è un capolavoro. Non è al contempo Quarto potere.

Detto ciò, a Fincher preferisco David Lynch. E credo che, al posto di Peter Finch di Quinto potere, premiato postumo, avrebbe dovuto vincere De Niro di Taxi Driver.

Ora, se credete che Oldman sia più grande di De Niro solamente perché ha poco meno di vent’anni meno di lui e, a differenza di Bob, non ebbe la stessa fortuna, guardatevi Niente per bocca. Cosa voglio dire? Che avete, sinceramente, poco da giudicare le vite degli altri. E che De Niro rimane più grande di Gary. Sebbene entrambi siano doppiati da Stefano De Sando. Secondo me, se a doppiarli fossi io, tutt’e due sarebbero più grandi di Orson Welles. E ho detto tutto…

Amici, non è che mi farete la fine di Oldman in Air Force One? Più che un comunista arrabbiato e in lotta contro il capitalismo personificato dal Presidente degli Stati Uniti, Gary, in tale film, appare come un idiota che inserisce stories su Instagram in cui, atteggiandosi da mitico Oldman, pensava che sarebbe diventato un dio della recitazione grazie a due mi piace in più di qualche donna più deficiente della Rossellini. Cioè, il Gary identico alle donne e uomini che oggi imperano…

Vi do un consiglio da “coniglio” quale sono: i grandi attori e i grandi uomini, le grandi attrici e le grandi donne non si misurano dal ranking dei social network e dalla loro faccia da culo spiccicata a quella di Brad Pitt. Non so se di Fight Club… Ecco, di mio, se per qualche sfiga dovessi morire prossimamente, forse sui grandi schermi, la mia lei direbbe questo: a suo modo era un grand’uomo…

Comunque, la mia lei è più bella di Marlene Dietrich e io sono molto più magro dell’Infernale Quinlan.

Non riesco a capire per quale motivo sia rimasta affascinata da me. Non lo so. Credo che le piaccia Gary Oldman… E dire che pensavo di essere De Niro. Concludo con un piccolo grande uomo? No, aneddoto. Due mesi fa, un tipo grassottello alla Welles, insomma un ragazzotto pienotto con ambizioni da regista, mi contattò su Messenger:

– Lei è Falotico? Guardi, sono un futuro genio del Cinema. Le devo dire la verità, Falotico. Lei è uno sfigato come Mankiewicz. Ma ho letto alcuni suoi libri e vorrei che scrivesse la sceneggiatura del mio film d’esordio. Accetta l’offerta?

– No, grazie.

– Perché mai?

– Lei non è Orson Welles.

– Che modi sono? Le ho detto che io sarò un titano del Cinema.

– Va bene, lo credo. Al momento però non voglio rimediare altre figure di merda. Sa, non vorrei che venisse rovinato tutto…

– Guardi che lei è già rovinato…

– Non ha capito niente. Caro Orson Welles dei poveri, ho un breve messaggio. Glielo posso riportare? Amico, baciami il cu… il cuore…

Ora, non so se Quarto potere sia il film più bello del mondo. So solo che Non finirà di Enrico Ruggeri è magnifica. Penso che Shining non sia il capolavoro che si dice… questo, in work in progress, sarà più bello.

di Stefano Falotico

 

Il ritorno del grande David Fincher con Mank e il ritorno del Falò al pub number ten


28 Dec

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The Curious Case of Benjamin Buttonpanic roomSì, ieri sera mi recai, dopo molti anni, al rustico pub number ten di Via Emilia Ponente.

Luogo adesso assai ammodernato ove v’andai spesso in una galassia lontana della mia memoria prima che, per tempo altrettanto immemorabile, diciamo pure smemorato, sofferente d’amnesia e mia adombrazione amletica, scomparii alla vista anche di me stesso.

Sì, una delle mie pietanze immancabili e preferite, ordinate in questo locale, fu l’hot burger.

Quel che posso dirvi, amici e fratelli della congrega, è che da allora molte cose cambiarono nella mia vita. Diciamo che, come appunto appena dettovi, trascorsi momenti di gioiosa, mica tanto, immersione nel noir della mia cupezza.

Poiché, nel bel mezzo del cammino di questa mia sfiga, improvvisamente fui assillato da sospetti degni d’una indagine da Mindhunter.

Sì, per via del mio stile di vita considerato piuttosto anomalo, troppo libertino o forse, diciamocela, un po’ esageratamente appartato, intimo e discreto, indegni inquisitori della mia anima, assai meno bravi di Anna Torv della succitata serie televisiva creata e diretta in alcuni episodi da David Fincher in persona, addussero sbrigativamente che soffrissi di disturbo di personalità come Ed Norton di Fight Club.

Credettero, troppo celermente, che fossi addirittura malato d’invidia come Kevin Spacey di Seven.

Sì, nello stesso anno di Seven, Kevin Spacey vinse l’Oscar per I soliti sospetti di Bryan Singer.

Di mio, posso dirvi che subii ingiustamente e ingiustificatamente un linciaggio morale come quello tutt’ora vissuto da Kevin. Il quale, per Natale, si filmò in casa davanti al camino.

Io invece trascorsi il Natale con mio cugino a Prato.

Diciamo che, più che essere John Doe/Spacey, per molti anni non fui un dongiovanni come Brad Pitt.

Anche se la mia prima ragazza, chiamiamola così, assomigliava non poco a Gwyneth Paltrow.

Quando veniva a casa mia, sebbene non sempre venisse nel camino del suo abbrustolirsela nel mio dare fuoco al suo forno a legna, anziché sentire il frastuono provocato da treni come Morgan Freeman sempre di Seven, udì frastornata il passaggio degli aerei.

Sì, l’aeroporto Marconi di Bologna è situato piuttosto lontano da casa mia ma, in linea d’aria, non è lontano tantissimo dalla zona in cui abito.

Sì, gli aerei rompono il cazzo. Per questo, qualche volta, questa ragazza, appena io decollavo sopra di lei, avvertiva lo sturbo.

Per quanto mi concerne, dunque, chiariamoci. Non fui mai sfigato come Sean Penn di The Game né suo fratello nababbo, Michael Douglas. E ho detto tutto…

Nemmanco soffrii di fobia sociale. Ma quale Panic Room!

Ma quale senilità precoce. Anzi, quale anzianità, più passano gli anni, nonostante l’abbia preso spesso nell’ano, non sessualmente parlando, bensì metaforicamente essendo inculato da molti stronzi, più ringiovanisco sia nel fisico che nell’animo.

Il curioso caso di Benjamin Button!

Ma quale misogino! Ma quale/i Uomini che odiano le donne. Il titolo più subdolo della storia.

Ché ha poco a che vedere con la trama…

Per quanto mi riguarda, sia Noomi Rapace che Rooney Mara, eh sì, mi renderebbero molto capace.

Se poi fossero pure, oltre che girl(s) with the dragon tattoo, anche donne emancipate e senz’inibizioni del nuovo Millennium, le sposerei subito come fece Ben Affleck con Rosamund Pike di Gone Girl.

Ah, bella roba, ah ah. Uno un po’ strano come me che sposa una matta per eccellenza.

Ma sì, lasciamola stare. Questa è una pazza che legge ancora l’Oroscopo, che poco scopa ed è buona sola a stare, da mattina a sera, su qualche Social Network.

Ci stesse, io con questa non (ci) sto. Mi metterà le corna con uno Zodiac. Glielo lascio tutto.

Auguri e figli maschi. Da questa coppia, piuttosto mostruosa, nascerà Alien³.

Quell’alieno lì è un maniaco sessuale. Sì, come no?

È proprio bavoso, ah ah.

A parte gli scherzi, David Fincher è un grande. Lo adoro.

E ieri sera trascorsi una bella serata in compagnia di un mio amico, finalmente incontrato dal vivo. Sono circa sette anni che chattiamo e non c’eravamo mai visti di persona.

Ma, per le feste, lui tornò a Bologna.

“Messaggiammo” ed eccoci a parlare di Cinema e non solo.

Ecco, vi darei un consiglio.

La cameriera del number ten è molto, molto bella. Offritele da bere.

Insomma, questa mia vita è stata un mistero anche per me. Maggiore come l’ospedale omonimo vicino al number ten, luogo ove è meglio non finirvi. Soprattutto in certi reparti. O forse sì.

Poiché da ogni apparente trauma, così come insegna Fincher, può nascere un processo d’identificazione stupefacente.

Oh, voi che capite tutto di una persona, guardandola superficialmente, non è che mi farete la fine di Jim Carrey di Dark Crimes?

Non è di Fincher, infatti ne venne fuori una porcata.

Ah ah.

 

 

 

di Stefano Falotico


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