In questa società, io riconosco le mie colpe, ammetto i miei sbagli e, come dico io, i miei sbadigli. I miei esistenziali assopimenti. Mentre molta gente censura, ricatta, boicotta e, con le intimidazioni, vuole piegarti al loro solipsismo, al loro egoismo, al loro arrivismo. Come vedete, posso fingere di aver accettato le regole ma, al solito, riacquisisco coscienza e mi ribello giustamente. Sono infermabile e vero, cari esseri falsi, bugiardi, mentitori che vi spacciate per influencer e mentori. Siete deboli e patetici. Vi leccate in modo vergognoso, vi appoggiate in modo schifoso.
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JOKER & THE IRISHMAN: quanti problemi che vi fate sull’esegetica, l’ermeneutica, la semantica dei film e della vita, imparate da Woody Allen e da Sharon Stone
Sì, in passato odiai Woody Allen.
Perlomeno, per allietare le mie notti alterate e solitarie da lupo mannaro alla Arthur Fleck, nei miei pomeriggi opachi ubicati nell’asfittica Bologna, prendevo la macchina e mi recavo al videonoleggio Balboni. Pian piano, noleggiai tutti i film di Woody Allen.
E, spaparanzato sul divano, me li sparai uno dopo l’altro, a raffica. Dal primo all’ultimo in ordine rigorosamente cronologico.
Sebbene all’epoca giocassi ancora a Calcio, dunque se mi riflettevo allo specchio, vedevo un ragazzo con dei buoni quadricipiti e col fisico muscolosamente asciutto, debbo ammettere che già accusavo i primi sintomi delle riflessioni suicidarie di Allen in Manhattan.
Similmente alla celeberrima scena in cui Woody, sul divano, elenca le cose per cui valga la pena di vivere, io inserivo al primo posto le cosce di Sharon Stone di Basic Instinct. Sognando di ciucciarmela col mio wurstel alla Wudy sul letto nel quale, in quel momento, ero mezzo distrutto e psicologicamente a pecora.
Cioè cotto più di un salamino? No, di caldo hamburger. Ah, pur di fare all’amore con Sharon di quei tempi, avrei preso il primo aereo per Amburgo. Ma in verità ero solo nel film di Wim Wenders, Il cielo sopra Berlino.
Sì, alla stessa maniera de La rosa purpurea del Cairo, immaginavo la mia Sharon che, alla Videodrome di Cronenberg, mi rendesse James Spader di Crash.
Sì, con Sharon sarei anche un pervertito. Ma forse lo sono… con Sharon di Sliver. Ah ah.
Che volete farmi? Bruciarmi la casa? Posso essere o no William Baldwin di Fuoco assassino?
Sì, credo di averlo preso sempre in quel posto ed è stata dura trovare un posticino.
Grazie alle mie intime conoscenze con una persino più figa di Jennifer Jason Leigh, sono sbattuto da qualche parte. Ah ah.
Ma mi sono salvato comunque grazie a un gesto eroico da Steve McQueen.
Quando tutti non hanno avuto le palle per ribellarsi a questo mondo di bulli, io mi sono immedesimato in Clint Eastwood di Gran Torino. Non sono morto ma mi hanno semi-internato.
Vivo forse in un seminterrato? Oppure ogni rabbia repressa ho dissotterrato? Su tale dubbio amletico, vi lascio riflettere mentre salvo subito in download tutte le scene più hot della Stone da celebritymoviearchive.com.
Sito che anche voi dovreste ficcare tra i preferiti. Poiché, quando passerete la notte in bianco, vi basterà cliccare sul video in VLC e tutto si raddrizzerà.
Ah ah.
I bulli però hanno fatto la figura dei maiali. Ed è quello che più m’importava. È inutile che provino ancora a etichettarmi come si fa col prosciutto. Sono carne cruda e io li ho spellati.
Ah, rimembro quelle Stardust Memories delle mie celate, nient’affatto gelate, fantasie proibite su Sharon dei miei trascorsi Radio Days.
Quando non esisteva Instagram e potevo gustare persino Kundun di Scorsese senza incappare nelle fotografie arrapanti di modelle che, oggigiorno, hanno massacrato ogni mio buon proposito da Dalai Lama.
Sì, noi uomini non possiamo stare tranquilli. Accendi Instagram per vedere, sulla pagina ufficiale di Martin Scorsese, le foto della prima di The Irishman e ti capita di scorgere in passerella quella passerona di Juliette Lewis.
Un po’ invecchiata e liftata ma indubbiamente ancora assai bella per noi fringuelli. Ah ah. Va tutta impomatata!
Al che, per non turbarti, non accendi nemmeno più la tivù. Tanto in televisione sono tutte oramai mezze nude.
Peccato che, nel mentre di tale tua resiliente ascesi da John Rambo dei poveri, una tua conoscente ti mandi un’erotica foto mozzafiato di lei in bikini su una spiaggia esotica assieme al suo nuovo fidanzato di colore. Sostanzialmente di calore.
A Bologna è inverno, lì invece, a quanto pare, è estate torrida. E lui con lei è super solare a mezzogiorno.
E dire che ho disdetto il mio abbonamento a tutti i siti porno di sesso interraziale fra un mandingo e le figone bionde.
E dire che mi sono sorbito tutte le vostre disamine e le vostre folli elucubrazioni sui significa(n)ti reconditi, metaforici e non, perfino su un semaforo attorniato da luci al neon, in stile Taxi Driver, di Joker.
Inoltre, pochi giorni fa, al Festival di Roma, mentre ho fatto la fila per vedere The Irishman in sala Petrassi, ho dovuto sentire uno che, dietro di me, ha affermato che Scorsese ha potuto realizzare questo film solo grazie a Netflix.
Poiché Netflix ha avuto il coraggio d’investire tanti soldi su un capolavoro del genere.
Peccato che costui abbia definito The Irishman un capolavoro ancora prima d’averlo visto.
Peccato che costui era affiancato da una bellissima donna, probabilmente la sua, che preferisce i cinecomic, peccato che codesto personaggio forse, qualche ora dopo, avrebbe visto Scorsese in conferenza stampa.
Ma non saprà mai chi è Scorsese. Semplicemente perché Scorsese è Scorsese, Woody Allen è Woody Allen, Stefano Falotico è Stefano Falotico.
Vedo molte persone disperate.
Nella loro vita, non funzionò il cosiddetto piano A, al che si diedero al piano B ma risultò fallimentare pure questo. Hanno scelto l’opzione C, cioè chiedere l’assistenza sociale. Anche condominiale. Ah ah.
Quello che posso dirvi è questo, amici:
di mio, abito al quarto piano.
Basta che funzioni.
Cosa?
L’ascensore?
Eh certo, l’ascensore, no?
Che minchia avevate capito? Ah ah.
Vi lascio con una mia barzelletta alla Woody Allen.
Una donna va dallo psichiatra:
– Dottore, non ho capito un cazzo della vita. Non me la godo proprio.
– Ah, capisco. Dunque lei è una suora?
– No, sono un’insegnante di Educazione Fisica. Perché?
– Niente, per chiedere. Dobbiamo entrare in intimità di transfert.
– Siamo sicuri che lei sia uno psichiatra? Non è invece un pornoattore?
– Signora, sono la stessa cosa.
– Cioè?
– Uno psichiatra crede che ogni conflitto psicologico dei pazienti parta inconsapevolmente da un adulterato rapporto con una sessualità irrisolta a livello inconscio.
Dunque, lo psichiatra stimola le cosce per incassare la porcella. No, mi scusi, volevo dire la parcella.
Non c’era ancora arrivata?
La faccio arrivare io.
Ebbene, adesso vi sarà uno spoiler. In The Irishman, De Niro ammazza Al Pacino/Jimmy Hoffa. Spoiler per modo di dire.
Davanti al prete all’ospizio, prima di aspettare di morire, De Niro fa capire al prete che forse ha un solo rimpianto in vita sua.
Non rimpiange di essere stato un assassino e un criminale, non rimpiange forse neppure di aver tradito la fiducia di sua figlia.
Rimpiange di aver ammazzato il suo unico amico.
Ma è stato costretto. Perché, altrimenti, la mafia avrebbe ucciso lui.
Se non è un capolavoro questo, certamente non lo è nemmeno Io e Annie.
Ecco, la lotta per l’Oscar come miglior attore sarà fra Joaquin Phoenix e De Niro.
Come miglior film, Joker appare decisamente sfavorito rispetto a The Irishman e a C’era una volta a… Hollywood.
Comunque, tre film sul mondo.
Un mondo che non c’è più. Nel bene o nel male.
Macellato dal cinismo, dall’arrivismo, dalle solite regole di potere.
di Stefano Falotico
Gli uomini preferiscono le bionde? Sì, ma a me Scarlett Johansson non piace, purtroppo (non) sto mentendo
Sì, non riesco a capacitarmi della vostra unanime venerazione per Scarlett.
Come, d’altronde, non riesco a capire che ci troviate di così irresistibile in Michelle Hunziker.
Sì, parimenti al successo inspiegabile di Laura Pausini, non capirò mai che ci vediate di tanto sensuale in queste due. Siete uomini da misteri di Fatima che, appena vedono Scarlett e Michelle, gridate alla Renato Pozzetto: eh, la Madonna!
La Hunziker ha sempre avuto un fisico mozzafiato ma i suoi modi smancerosi, le sue moine da immigrata raccomandata grazie a Eros Ramazzotti, la sua cosiddetta simpatia programmatica, appunto da varietà e spettacolini televisivi di grana grossa, mi fanno accapponare la pelle. Rabbrividisco.
Capisci che questa un film di Bergman pensa che sia Ezio Greggio vestito da Marty Feldman.
E Martufello secondo lei, a mio avviso, è Woody Allen.
È strano però questo fatto.
Com’è possibile infatti che non mi piaccia Scarlett quando, invero, la mia prima ragazza, una triestina bionda come lei, coi capelli a caschetto come la sua Black Widow, era praticamente identica alla Johansson?
Non mi credete?
Sì, non so come successe. C’incontrammo in chat, in uno di quei siti per cuori solitari da Seduzione pericolosa.
Parlammo per giorni interi. Io avevo inserito un paio di mie foto e lei altrettanto.
Io, sinceramente, non ero molto interessato. Anzi, mi stava soltanto stressando. Tramite mail, mi arrivavano sempre le notifiche per cui su questo sito c’erano, nella mia posta privata, dei messaggi di lei.
Io andavo a sbirciarli e notai un interesse da parte sua sempre più smodatamente crescente. Si era già sbriciolata.
Sì, stava scoppiando di desiderio. E forse, nell’intimità della sua solitudine, guardando le mie foto, screpolata si dannava bollentissima.
Io ero molto titubante, non mi ero trovato mai, prima di allora, a dover dibattere coi miei demoni sessuali, essendo io sempre stato un ascetico convinto eppur onanista incallito.
Ma lei spingeva sempre di più. Chiedendomi perfino d’incontrarla. Scese lei da me. E l’aspettai alla stazione. Presto tutto salì.
Io, totalmente incosciente, la prima cosa che feci fu prenderle la mano.
Lei rimase piacevolmente scioccata. Già scottata, cottissima. Dunque, c’inoltrammo lungo i colli bolognesi, giungendo in prossimità di un parcheggio appartato. E lei si avventò sul mio collo, succhiandomi tutta la lingua.
Era pieno giorno e le chiesi di calmarsi. Lei si calmò anche se dovetti comunque chiamare lo spurgo perché, pur non essendoci ancora stato fra noi alcun rapporto, diciamo, strettamente intimo e da pre-igiene intima, aveva già allagato l’intero abitacolo della macchina in maniera quasi infima.
E mi sembrava che stessimo entrambi nel film The Abyss. Con la macchina immersa nelle profondità della sua eccitazione oceanica. Come il finale di questo filmone di Cameron.
Inoltre, più io, come il Titanic, affondavo di lingua, più lei colava a picco.
Sì, mi sverginai con lei. Ecco, come detto, se già accadde quest’allagamento senza che neppure mi fossi avvicinato al suo Triangolo delle Bermude, immaginate quando le sfilai le mutande e le fui totalmente ignudo.
Fu qualcosa da mostro della laguna.
Altro che La forma dell’acqua.
Purtroppo, non sto scherzando, le cosce andarono così. Volevo dire, scusate, le cose.
Lei abbisognava a ogni ora del mio anfibio e se ne squamava, viscidamente lasciava che esso sibilasse serpentesco come un cobra e sfibrasse frusciante, sempre più ingrossante prima che tutti e due ci spompassimo (s)venenti.
Io colavo solo dopo un’ora, lei dopo trenta secondi era già barcollante.
Sì, impazziva per me, si dimenava, mi abbrancava, poi mi abbracciava, di nuovo baciava e ancora di gattona covava.
Sì, questo è uno dei miei più grossi segreti che solamente ora vi ho confidato.
No, non scherzo. Questa è proprio vera.
E lei era realmente spiccicata a Scarlett.
Chi mi conosce, lo sa. Si chiama Roberta.
E allora come mai non mi piace Scarlett?
Perché forse, sì, mi piace moltissimo ma sono come Bill Murray di Lost in Translation.
Fra me e Roberta finì. Lei era più grande di me, soltanto però all’anagrafe.
Io, come Murray, le sussurrai qualcosa all’orecchio.
Volete sapere cosa?
Le dissi che io sono una persona troppo malinconica e, al di là del piacere intenso di quei giorni nostri estremamente passionali, lei aveva ancora bisogno di divertirsi ed essere ingenua.
Lei mi disse altrettanto. Cioè che lei era la mia prima ragazza e non poteva essere l’unica della mia vita. E che io, dunque, non potevo stare con lei sino alla morte.
Io, col passare del tempo, l’avrei peraltro resa involontariamente infelice. A causa dei miei umori balzani, dei miei repentini sbalzi emozionali, delle mie depressioni e nevrosi.
Amici, pensate che io menta?
Be’, mi conoscete. Ne sparo tante. Ma in questo caso son stato molto sincero.
E persino commovente.
È tutto vero.
Ma è stata una bellissima storia d’amore durata come un soffio di vento.
Sì, io e Bill Murray ci assomigliamo tanto. Siamo entrambi consapevoli che la vita sia dolce ma è anche amara.
E perciò porgiamo a tutti il nostro sorriso beffardamente triste e al contempo magnificamente contagioso.
Chi non ci vuole credere, è solo un idiota.
di Stefano Falotico
Credo, in fin dei conti, di essere davvero il peggior attore della storia, tranne quando recito davvero
Sì, nella vita di tutti i giorni, sono l’attore peggiore che si sia mai visto nella storia.
A volte, anzi spesso, le circostanze esistenziali ci obbligano a recitare una parte. A fingere spudoratamente. Perché, se dicessimo la verità, chi ci vuole bene entrerebbe in apprensione e io non voglio allarmare nessuno. Dunque, mento e mento ancora mentre la mia mente sta vivendo, può essere, degli stati di demenza o soltanto, probabilmente, di profonda acquiescenza. E il mio sguardo si perde nel vuoto più abissale e insondabile anche se davanti a me compare una figa colossale.
Sì, in certi momenti, voglio starmene per i cazzi miei. E oscuro dalla mia vista perfino le cose e le cosce piacevoli. Sterilizzando le mie iridi a espressione acquosa di un apparente io deficiente e armonioso. Invero, nelle intimità inaudite della mia anima sgualcita, ribollono pensieri cupissimi. Quasi suicidari. Pensieri di uno che pare abbia avuto una vita secolare e invece è ancora uno scolaro.
Sì, io ho molto d’apprendere. Non si finisce mai d’imparare anche quando credi di aver capito tutto e non sai prepararti neanche un panino. Ah sì, miei panini, farcitevi da soli, non ho tempo da sprecare nell’affettare il prosciutto, oggi voglio essere affettato e non posso perder attimi preziosi ché desidero affrettarmi per mangiar una buona patatina. Succosa, con tanto di salsa, ah, senti come si sgranocchia questa gnocca fra i miei denti e, sulla sua lingua abbrustolente, ausculta nel cuor succhiato le profumate sue papille gustative, poi si posa con letizia tutta la sporcizia… sì, un rimestamento schifosissimo di salivazioni puzzolentissime, nonostante il dentifricio, questa sua bocca carnosa quasi quasi mi rende un vegetariano e non voglio più mescere la purezza del mio alito nella gola del suo fetido smalto.
Che cazzo significa? Significa.
A parte la tal parentesi agra, agreste, silvestre e di orgasmi poco celesti, sì, sono un attore pessimo.
Un libro aperto. Posso simulare uno sguardo da monaco tibetano ma si vede lontano un miglio che la mia anima è funestata da preoccupazioni trivellanti ogni mia budella spappolata.
Oppure, rido fintamente euforico quando invero, amici, mi sento talmente triste che potrebbero usarmi a Viareggio come carro allegorico, sì, una maschera carnascialesca da uomo la cui parola preferita è malinconia. Con tanto di occhio pittato e la gocciolina nera simil Il corvo.
Un uomo zombi imbattibile, una sfinge lacrimosa eppur ingenuamente cremosa. Le donne mi guardano, s’inteneriscono e, mosse a compassione, desiderano che sia loro passionale, ché mi strugga nelle lor roventi coscione dopo tanta smodata, dolorosa alienazione e, nelle lor gambe ruggenti, mi devasti per orgasmi distruttivi e vulcanici in unte e congiuntesi esistenze prosciugate da sfinimenti resilienti a ogni dapprima piacere rinnegato, esistenze amareggiate che, in un frangente di cazzuta solidità, si compenetrino d’infiammata vacuità empatica, ma io mi sciolgo solo nel leccare un altro ghiacciolo. Quando delicatamente suggo ogni colorante di tanto gelo refrigerato e poi nella mia pancia riscaldato.
Sì, molte donne mi cercano, tumefatte dal mio viso angelicamente diabolico ma me ne sbatto Le riempio di complimenti per dar loro cinque minuti d’illusoria, masturbatoria felicità, eppur sostanzialmente me ne fotto.
E, sopra il ramo di un albero, con la gamba accavallata, suono la chitarra mentre un uccello, lindo e puro, sorvola le mie ansie e mi caga in testa.
Sì, anche in questo caso faccio buon viso a cattiva sorte.
Dicono che le cagate portino fortuna e, se mi avete letto fin qui, questa è una cagata che spacca il culo.
Fidatevi.
di Stefano Falotico
Scarecrow: banalità vera della sera: un uomo senz’amore è un arido ma forse se la gode, un uomo senz’amici è un uomo morto
Sì, è così.
Assisto sconsolato al mio fantasma che vaga un po’ annacquato, forse da tanti sconsiderati eventi esacerbato.
Io ho avuto sempre un grande sogno nella vita. Trovare un mezzo matto come me e naufragar di notte come i Blues Brothers nella goliardia più sfrenata.
Sì, una bella nottata di bagordi e cazzate da collasso respiratorio. Quando la città s’addorme, la gente va a letto e le donne grasse già da mezz’ora, ronfando, cacciano scoregge sesquipedali che svolazzano nella camera mentre il marito ode questa musica “soave” e pensa che domani sarà un’altra giornata di merda. Di colleghi invidiosi e bavosi sul culo della segretaria, di battutine per celebrare la noia aziendale, una leccatina al direttore e la domenica sera con un’altra partitina.
Ma gli artisti non stanno messi meglio. Anzi, oserei dire peggio. Sono quelli che l’hanno preso più nel culo, detta sfacciatamente come va detta. Vedo portafogli miseri e cervelli pieni. Molte sigarette, troppi caffè e fegati dunque amarissimi. Con tanto di schiuma… di rabbia.
Prendete il marito della figlia della mia vicina di casa. Quando parla non si capisce un cazzo e ogni tre parole ripete la parola precedente, al che un discorso di senso compiuto di nove parole diventa una faticata incredibile. Ché finisci di ascoltarlo quando lui è già a letto a trombarsi la moglie. E tu invece, nel cercare di realizzare il suo interminabile discorso balbettante, sei ancora lì, fermo immobile come uno stoccafisso, mezzo stordito, al calar della Luna, pensando fra te e te… non è che questo stronzo ha ragione?
No, è uno stronzo tartaglione del cazzo.
Sta messo molto meglio di me. Sì, ha iniziato a lavorare a quattordici anni. Credo che abbia letto a malapena solo un libro, se tale si può chiamare, in vita sua… sì, me lo confidò lui in un attimo di sua vanità “intellettuale”. Il titolo da lui letto, ora ve lo dico, s’intitola… Io amo la mia lei e lei ama me ma non sa che io amo bere solo il tè.
Libro che potete trovare in vendita sulle maggiori bancarelle della città Bonislandia. Sì, non esiste questa Bonislandia, ho detto tutto…
Però esiste questo qui. A quattordici iniziò a lavorare come saldatore. Prima di trovare la figlia della mia vicina, diciamo, che saldò molto bene quell’arnese in mezzo alle gambe a tante donne calde che oliava per meglio lubrificare l’incollatura. Poi, una volta arrugginito che fu il pezzo rovente da maniscalco del suo ferro del mestiere, lo appiccicò alla moglie. Nel frattempo, a forza di lavorare duro…, si è fatto un sacco di soldi. E adesso ride e scherza da mattina a sera, andando ogni fine settimana all’estero.
Ieri sera abbiamo preso l’ascensore assieme. Mi ha confidato, consigliandomi di non dirlo a nessuno, che ha letto un altro libro da allora… Voi avete debiti da saldare e invece io ho pieno il salvadanaio.
Sì, era meglio essere ignoranti come capre ma farsi il culo…
L’altra sera mi ha contattato una in chat. Dice che la interessavo. Al che, ha letto nel mio profilo che scrivo libri. E mi ha chiesto di dedicarle una poesia creata sul momento. Gliel’ho scritta sull’onda di una forte attrazione passionale. Lei si è commossa, poi mi ha detto: – Bellissima, ora devo andare.
– Dove vai?
– Dal mio amante.
– Ah, capisco. Che lavoro fa il tuo amante?
– Il magnaccio. Sotto ogni punto di vista. Ma con lui sto bene. Insomma, no, non tanto. Mi sfrutta. Ma a fine mese posso comprarmi un altro Android.
Ho detto tutto…
Che te lo dico a fare? Come la vedi?
E ora mi riguardo un film magnifico che, certamente, voi teste di cazzo non conoscete… Lo spaventapasseri con due dei più grandi attori di tutti i tempi.
Ce la possiamo dire senza infingimenti e invidie? Questo mio scritto è uno dei pezzi più belli di sempre. Roba che Walt Whitman mi fa un pippa. No, meglio di no. Donna, dammi una pipa, son stanco delle pippe. Anche delle poppe.
di Stefano Falotico
Avete permesso che vincessero gli ignoranti, i caciaroni, le pornoattrici, le modelle analfabete, sì, lo avete permesso
Sì, lo avete permesso perché a voi il mondo piace così. Perché, dopo una giornata stressante, in cui siete stati sgridati dal capufficio, in cui avete represso voi stessi, singhiozzando lacrime in fegati disfatti, dopo ore in cui vi siete scervellati, vi siete sbudellati, adesso volete rilassarvi davanti al PC a vedere il culo di quella lì. E non starò a dire chi perché il suo nome vi ossessiona da quando l’avete adocchiata, e non si scolla dalla vostra mente. È la vostra fantasia proibita inconfessabile che giace nei reparti meandrici delle vostre frustrazioni e voglie insoddisfatte. Ma ce l’avete a portata di mano, vi siete comprati tutti i suoi dvd, in una propagazione extra-corporale di ogni sogno impudico che a nessuno confidate. Quella vi fa star male ma non potete smettere, appena avete un attimo di tempo, di ammirarla, bramarla, sudarvi sopra, “eiacularla”, strabuzzarvene, intontendovi scannerizzarla.
Come si chiama? Lo sapete meglio di me, ché la conosco meglio di voi o, perlomeno, non nascondo che attizza anche me.
Sì, ha quarant’anni e non vedete l’ora che, anziché andare con voi, filmi una nuova scena con uno che ha vent’anni ma ne dimostra quindici, per un pervertimento che ha dello sbigottente. Sì, più cesso è il suo amante, più ha la faccia da stronzo, e più vi eccitate perché è clamoroso che una merda del genere, un lucky bastard, si fotta una del genere.
Poi, finito l’ambaradan, il trambusto scimunito, terminata la vostra scimmiesca masturbazione esagitata, rude e iraconda, burrascosa e perturbante, tanto che avevate spento anche il cellulare e staccato il citofono affinché nessuno vi disturbasse nell’atto segretissimo, siete di nuovo precipitati nella melanconia e allora vi rivedete l’ultimo film di Sorrentino, con le sue pause, le sue dogmatiche frasi interlocutorie, i suoi silenzi che fanno poesia, le palme romane, le cascate e una melodia svenevole che allieta la vostra sopraggiunta pacatezza. Il vostro disincanto, la vostra delusione a tutto.
Perché il vostro miglior amico non crede più in voi, vi disdegna, vi odia e voi parimenti lo odiate, scaricando sulla tastiera “pillole di saggezza” ciniche per altre teste di cazzo come voi, che plaudono in memoria delle amarezze condivise con tanto di sorrisino “benevolente”, cuoricini e faccette.
Sì, un gioco a freccette al malcapitato di turno, in un accanimento bestiale smodato, perché il nazismo non è mai stato sconfitto. La psichiatria, quando mal applicata, grossolanamente eseguita sui pazienti innocui e deboli, genera mostruosità e aberrazioni indicibili. Ecco che allora si sede il ragazzo troppo vivo perché la sua vividezza non è ben accetta da un mondo “adulto” impigrito, ingrigito, che ama le spaghettate e una partita dei Mondiali stravaccato sul divano.
La poesia e l’immaginazione hanno perso, son state eliminate… perché che val la pena passare le giornate a leggere di filosofia se poi si esce di casa e il primo “guappo” ti piglia per coglione e platealmente si fa delle “sane”, “santissime” risate, sbertucciando il vostro pudore, la vostra timidezza, la vostra sacrosanta diversità.
Tutto è improntato all’estetica pornografica. Nessuno crede al Cinema perché non dà da mangiare, la pagnotta bisogna guadagnarsela mica con la fronte, col sudore dello svendersi al miglior offerente, per una vita da fetenti e ipocriti, e poi quando scende la sera… un bel paio di mignotte e vedi tu come la vita va al “galoppo”. Una scopata, una trombatona, una scoreggina e poi ancor la routine in cui ci si toglie il cappello davanti al commendatore, gran troione ma quello ha i baiocchi e se ben gli leccherai il culo ti offrirà gratis un’altra zoccolotta. Zoccolotta!
Sì, avete permesso questo mondo schifoso, perché a voi piace che sia così, perché non amate essere sfiorati dal dubbio, perché chi pensa troppo è “pericoloso”.
E quindi è sbagliato, quindi è da emarginare, da riempire di offese, da rimproverare e reprimende falsissime strozzare.
Perché a voi quella puttana piace tantissimo.
Ma, guarda caso, se qualcuno facilmente… non si adatta al porcile, è lui l’animale da soma. Somaro! Sodomizzato!
Lavoro, lavoro, comprare, non pensare, ficcare, sbattere, cantare, ridere, godere, godere, godere!
Cazzo! Godere, idioti!
Sì, lo avete permesso.
E io, se la sala è affollata, entro senza chiedere permesso.
Perché sì. Sì.
– Ma toglimi una curiosità. Quella puttana tu te la faresti?
– Sì, ma almeno io lo dico senza “peli sulla lingua”, come si suol dire. E se ti credi una persona migliore di me perché tu non lo dici, è perché sei un maiale, un bugiardo, una schifezza.
E meriti di far finta di credere al tuo Dio del cazzo. E poi ammazzare chi è sincero.
Ne ho visti tanti, sapete? Gente che idolatra Terrence Malick e poi ha la casa tappezzata di colei che sapete benissimo. Forse è Satana, forse è un angelo, forse è solo tutto finito.
di Stefano Falotico
Potevo fare l’attore ma mi accontentai del cimitero, ah ah
Sì, vago pensieroso per questa landa ch’è la vita spesso così omertosa, ove tutti camminano, mentendo tronfiamente e io, invece, da mentore inascoltato, miei mentitori, spesso zittendomi con far da deficiente, vengo preso per un demente quando, ve lo dico ma non spifferatelo in giro, non ho solo un cervello ma credo di averne venti. E, se misurerete la potenza possente della mia voce tonante, care donne, potrete appurare che ce l’ho grosso anche di trenta…
Sì, è giunto il momento di far sfoggio dei miei vanti, qui nel vento.
Questa brezza estiva sta asciugando le mie malinconie ancor ritornanti. Sì, spesso le sedo con antidepressivi sfiancanti ma il mio fisico, indebolito da questi farmaci, abbisogna di rinvigorirsi, allora faccio su e giù sulla panca. Perché sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa. E, mie capre, verranno tempi in cui l’uomo coi piedi caprini salirà dagl’inferi per ricordarvi che non siete belli come Leonardo DiCaprio, un attore diabolico. Ah ah.
Ecco, da quando son diventato letterato, sono un maniaco dei refusi. Ecco che redigo, miei redattori e donne che tanto male le vostre case arredate, degli scritti impeccabili. E li rileggo infinitamente, per filo e per segno, di virgole e giuste concordanze, appunto del mio talento vantandomi.
Sì, ieri è comparsa la mia recensione di Al di là della vita ma presenta un paio di refusi in due punti topici. A volte, la fretta di pubblicare, è cattiva consigliera. Sul mio sito mulhollandlynch, di mia auto-production, troverete la versione già corretta, invece da “quell’altra parte” ci vorrà una settimana per editare le imprecisioni. Perché il redattore è in vacanza, nonostante abbia già pianificato gli articoli da me preventivamente inseriti in bozza, che in automatico scatteranno a orari prefissati.
Anche questa, adesso? Un tempo si programmava il timer sul videoregistratore, e ancor rammemoro quando fissai l’orario esatto della programmazione di un softcore con Shannon Tweed per momenti futuri di onanismo “brillante”, ma sbagliai canale e registrai la televendita dei materassi Eminflex. Materassi su cui sognavo di “ondeggiare” con Shannon all’epoca in cui Shannon era una bionda entusiasmante. Un po’ rifatta, forse, ma quel seno gridava vendetta e necessitava di insegnamenti “immorali” come in Karate Kid… dai la cera, togli la cera, con movimento circolare-palpante per quella Milfona da “poppante”, invero solo da pompare.
Ah, erano tempi “spumeggianti” che rimpiango tanto, miei tonti, ora che l’innocenza di quelle masturbazioni allegro-andanti si è perduta nel cinismo di questa vita così frenetica e ridondante. No, non vi è niente di traviante, disturbato né disturbante, e neanche “ontante” nelle seghe spensieratamente sognanti una donna che, a te cavalcante, ti sproni battente all’atto impuro “impertinente” e, diciamocelo, ficcante…
Ontante è italiano? Sì, la Crusca sostiene che il verbo ontare esiste, e voi genitori, se scoprite vostro figlio “con le mani in mano”, insomma che “smanetta”, non adontatevi. Oggigiorno, gli smanettoni sono utili per i siti d’informatica.
D’onde i padri credettono, che il lor sangue ne fosse ontato.
Avete capito? CREDETTONO, credeteci.
Ieri, il mio post su Bronx, A Lame Tale, ha sollevato alcuni dubbi da parte dei maligni, che arrivano coi loro retropensieri bacati, a pensare cos(c)e di me spesso disdicevoli.
– Mi è piaciuto, molto divertente e nostalgico. Ma toglimi una curiosità. Cosa c’è di infaustamente insinuante quando dici che quei ragazzi del quartiere sfottevano la tua omosessualità?
– Io non ho scritto che sono omosessuale.
– Sì, l’ha scritto o, perlomeno, era sottinteso.
– Cosa era sottinteso?
– Che sei omosessuale.
– Io non ho mai scritto questo. Ho scritto che a volte, se uno è riservato e taciturno, non è molto espansivo, gli adolescenti un po’ malevoli pensano che tu sia frocio.
– Perché c’è qualcosa di male a essere gay?
– No, ma inculati.
Ora, care vacche, vado a bere il latte. Buona giornata.
di Stefano Falotico
Un’altra volta, racconto torpido come una primavera tramontata
Non è un periodo di malinconia, sebbene questo stato d’animo, nelle giornate tenebrose e anche tediose del mio inconscio “cavallerizzo”, mi assalga e mi rende/a irrequieto. Sono attimi che non auguro al mio peggior nemico, che si sa, si cela sotto truffaldine spoglie per dissuadermi dalla felicità. La felicità comunque è un’utopia e chi pensa di averla raggiunta, invero, più di me pena. M’immagino questa persona felice a raccattar notizie in giro per la rete, per darsi un tono da intellettuale, nel plagio che fa ai suoi pseudo amici, che ricatterà sempre a base di “giustezze” presunte sue, più che altro unte. Persone da starci alla larga e navigar invece per lidi invece inquieti. L’inquietudine, se ammaestrata dal buon senso, fa meglio discernere le cose e ci mostra il mondo per il suo orrendo splendore. Sono stanco di disprezzarmi e anche deprezzarmi, valgo quel tanto che basta a un uomo dotato di acume per gioire dei suoi attimi e fregarsene di chi ti vuol imbrigliare, o meglio dire imbrogliare, in etichette squadranti, in stagne paratie dell’esistenza che cercano d’incasellarti e, se non ti attieni a questi falsi schemi, addebitarti i peggiori appellativi. La gente vive, si sa, di maschere e non accetta facilmente chi non le indossa, creando disagi a chi, anche spensierato, che oggi pare una colpa, non si adatta a quest’ammassamento, anzi ammazzamento, di coscienza.
Sono infastidito, ad esempio, da questa massa affamata di “cinema”. Uso in tal caso la lettera minuscola, perché del cinema non apprezza gli stati introspettivi e la sua immensa profondità, bensì ama le facili “grandeur” della spettacolarità più mercantile. E bisogna vederli, ah ah, come si accaniscono in questi piaceri effimeri, cercandone subito altri per soddisfare i lor palati, anzi “appalti”, borghesi. Ritengo che siano persone sempre insoddisfatte, sempre in cerca di equilibri e surroghino la vita con questi “ammennicoli” ameni, rimandando sempre la visione vera, verace, alla prossima (s)volta che non avviene mai. Credo, insomma, che non “vengano” ma di tante cazzate si svenino.
Io la mia inquietudine invece orgogliosamente sventolo, e non mi svendo, svenandomi.
di Stefano Falotico
La grande bruttezza
Immaginate questo scritto nel “candore” sopraffino della voce scandente “terrona” musicalità alla Servillo, e fruitene quando le albe vi sembreranno tramonti e un tramonto non v’emozionerà più così come fu la prima volta e ora “penate” su quella che è stata l’ultima… zoccola che pagaste.
Di mio, non amo il sesso, credo che sia una delle mie “regioni” per cui mi allontano da questa società così tanto di esso ciarliero, società vanagloriosa di uccelli e di coloss(e)i. Sempre ce l’hanno in bocca.
– Donna, tu bevi tutto.
– Non è vero. Sono molto sveglia.
– Allora succhialo.
Vado in giro per questa Bologna decantata da Carboni Luca e noto che ancora esistono non solo i carbonieri, i carbonari, ma anche i carabinieri. Si acquattano sotto i ponti e fanno la multa anche a chi ha il mutuo, rendendo queste persone, indebitate, per lo stupore agghiacciante, mute.
Di mio, non muto, son sempre malinconico e un po’, diciamocela, da manicomio. Ma il mio atteggiamento nei confronti della “figa” è encomiabile. Molte, in tempi (sos)petti, mi s’avvicinarono per “attentare” all’incolumità del mio uccello. Ma tutte, senz’eccezione alcuna, ricevettero in culo… dei cal(i)ci. Le disdegno con gran portamento e bizzarro abbigliamento. Queste sono delle “spogliatoie”. E qui son (totoi)ano.
Uomini, non sapete cosa vi perdete quando, dopo giornate “dure” di lavoro, senza ori tornate a casa e loro volevano solo dei “gioielli”. Non datevi pena di teste matte se non potete soddisfarle, fatevela… questa pugnetta che ammira lo “scodinzolare” dell’uomo frust(r)ato.
Di mio, passeggio pen(s)ando questa.
In tal società, se non fotti l’altro/a, vieni considerato un ritardato. Se non rubi, alimenti le dicerie di chi pensa che per campare, appunto, sei un ladro. Onesta-mente, mi pare tutto (b)rutto.
Parlano sempre e si parano.
Di mio, par(l)ai. E vivo come mi pare. Non ti pare? Allora ti piace.
di Stefano Falotico