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Christopher Walken, un personaggio immenso, beautiful and damned


23 Apr

walken brainstorm

Eh sì.

Nel video dico: provate a indovinare chi è e in verità ve l’ho già mostrato all’inizio. Ah ah. Sì, io spoilerizzo sempre. Quindi, se non avete mai visto Il cacciatore, sappiate che, alla fine del film, Christopher Walken si spara in testa. Ah ah.

Mi fate sempre molto ridere quando, ad esempio, scrivo recensioni e mi accusate di non possedere la cultura e la competenza per poter dissertare di Cinema.

Voi vi siete creati un’immagine alquanto distorta e malata della mia persona. E, da questo pregiudizio, da quest’iniziale vostro equivoco immane e madornale che ha giocato di congetture appunto malsane, io invece sempre la spunto in maniera dolcemente succosa e amabile come una confettura di pesca e come l’epidermide liscia e illesa del mio viso carismaticamente inquietante.

Siamo ancora fermi ai vocabolari latini Castiglioni-Mariotti e alle ottusità scolastiche?

Sì, sono il re degli istrionici, un autodidatta spaventoso. Io so tutto anche se, soffrendo tutt’ora di atimia, non rivelo le mie emozioni e, nella segretezza del mio animo spesso celato per mia esagerata pudicizia, posso apparire, lo ammetto, per quel che non sono.

Dunque, se attaccato e vilipeso in malo modo e con screanzata boria, il mio esistenziale malessere si sprigiona in gesti e manifestazioni irose che, più e più volte in passato, hanno notevolmente compromesso quegli stupendi equilibri interiori che ogni uomo e ogni donna dovrebbero possedere per non dar di matto.

Io vivo di estasi emozionali davvero micidiali, volteggio nel romanticismo più alto e alato, sorvolando lidi eccelsi di raffinata bellezza incastonata nella pelle della mia anima.

Christopher Walken è un maledetto. Un tempo era un bello e dannato. Un maledetto come il compianto Dennis Hopper. Colui che, davanti a Chris, in Una vita al massimo, dinanzi al suo esecrabile affronto da stronzo, irride il suo astante con finezza bestiale. Un provocatore, come me.

Hm… Sa, io leggo molto, soprattutto libri di storia. Li trovo affascinanti…

Un uomo indubbiamente misterioso. Ora, ecco qui che vi ripesco un antico video di anni fa. Scartabellate nel mio archivio e troverete anche video con una ragazza che tu te la sogni. Anzi, è meglio che non te la sogni. Altrimenti, potresti ammalarti d’insonnia. Continua invece a dormirtela. Ah ah.

È palese che sia bello e impossibile. Ah ah. Facevo davvero schifo. Sì, purtroppo ero bellissimo. La bellezza scatena invidie terrificanti. Suscita quasi ribrezzo. E induce alla bassezze più lerce e miserabili. Perché, ricordate, di Chris Walken ne esiste solo uno. E io sono parimenti inimitabile. Me la tiro? Mi pare sacrosanto, oserei dire doveroso. Io posso permettermelo e tu invece no. So che questo ti fa incazzare a morte come lo stesso Walken di True Romance dinanzi al devastante Hopper, ma non puoi ammazzarmi e oramai più raccontare balle. Come la classe di studenti ne L’attimo fuggente, dovreste cambiare subito punto di vista. Dunque, ora mi rivolgo a qualsivoglia babbeo che, per sue astruse fantasie, possa avercela con me. Qual è la prossima calunnia? Avanti, sto aspettando, fenomeno…

Sì, curati…

Morale: ragazzi, se ragionate come la massa e siete “sensitivi”, potete subito spararvi in testa come Chris ne Il cacciatore. Nessuno vi capirà e ve ne combineranno parecchie. Se invece spostare le traiettorie visive e cambiate strada, troverete appunto la vostra strada. Illuminata, magnifica. A quel punto, li asfaltate. Oramai, ci siamo quasi. A metà Maggio torno a Torino e assieme a un mio amico gireremo un mediometraggio. Da me scritto. Perché io sono il Cinema. Non sono un tipo facile. Mi pare giusto.

Se vi sto antipatico, sono cazzi vostri. Già, io non cambio. Io divento sempre più forte. Non ho assolutamente capito come si stia al mondo. Le lezioncine le lasciamo ai bambagioni.

E, diciamocelo, a quelli brutti, soprattutto nell’anima. Fate loro un elettroshock.

Forza, ah ah.

Sono un Genius. Pure Pop.

Con una gran voce. Davvero, non si può vedere né sentire, una vergogna, ah ah. Sì, mettetemi in manicomio. Non posso stare con gli imbecilli comuni.

Uh uh, ah ah!

Sono King of New York?

Mah, di mio sono il re delle provocazioni. E spingo!

 

di Stefano Falotico

Cigarette Burns, sono La Fin Absolue du Monde


05 Aug

Cigarette Burns Cigarette Burns 2

Eccomi qua, come Norman Reedus. Un walking dead, anche se con quella che faceva risuscitare anche i morti, Helena Christensen, non era tanto zombi.

Sì, espertone di Cinema qual sono, vengo contattato da un troione che vive nel villone.

E dire che me ne stavo qua, a elucubrare coi miei incubi occhi aperti come in un film di Dario Argento.

Inferno!

L’appuntamento con questo bauscia è alle nove di stasera, domenica di tale Agosto caldo come una pornoattrice che, dopo averlo preso in culo da dei neroni con la “birra” Negroni, sì, una bionda “schiumosa”, adesso è talmente ricca che si smalta le unghie, facendo vedere al figlio, nato dall’“etnia” ancora non ben identificabile, tutti i film con Topolino. Lo educherà alle migliori scuole, iscrivendolo prima a una materna ove qualche vecchia balia lo picchierà più di come tale meretrice veniva schiaffeggiata nel popò dai suoi puntanon’, quindi lo istraderà a un liceo classico, posto infame per figli di papà col ciuccio in bocca che, dopo aver imparato a memoria le pappardelle, saranno talmente rimbambiti con le teorie filosofiche a tal punto che, trovandosi di fronte a questa troia, non sapranno spiccicare due parole e vomiteranno monosillabici, in greco, un’Alfa… Romeo. Sì, vogliosi di “crescere”, pagandola a peso d’oro, la caricheranno, caricatisismi “a manetta” con una canzone dei Tool. Una macchina del padre, operaio metalmeccanico che non poteva pagare l’USL per sua figlia, sorella del liceale, con la schiena a pezzi e distrofica muscolare, il quale però ha risparmiato ogni soldino da morto di fame per fare il gagà con gli amici, giocando alla SNAI nello “sdebitare” la luce del suo cervello, andato a puttane ogni sabato sera, mentre la moglie guardava la De Filippi e il figlio, studente modello nel senso di manichino già rincoglionito, tra una versione in latino e un Leopardi impotente, era lì, in vacanza statunitense, con la bagascia per l’interrogazione “orale”.

Stamattina, ho preso un caffè da una cinesina. Una cinesina che però mangia spaghetti alla carbonara perché non ama la polla al limone che è. E vuole sentirsi italiana-romanaccia da Gladiatore! Tosta! Dico, è cazzuta questa!

Sì, la testa di codesta qui dev’essere come un gelato fritto e il marito è uno con le palle come i ravioli al vapore. Così, non soddisfatta, guarda i film di Kitano, sognando di ammazzare la cugina, karateka alla Kill Bill. In una sfida familiare storica, da film di Sergio Leone. La barista cinese, incazzata per essere stata umiliata per anni immemorabili dai suoi parenti, diverrà davvero sangue del suo sangue, trivellerà di colpi la cugina stronzissima e noi, spettatori, alla fine del combattimento vedremo comparire la scritta “PERFECT” come nel videogioco Street Fighter.

Quindi, la barista, dopo aver totalmente sfracellato il cranio della cugina, finalmente si redimerà dalle sue frustrazioni. E, dopo la catarsi della violenza da tragedia dell’Atene classica, si adatterà totalmente all’Italia, Paese che l’ha ospitata e canterà Pregherò di Celentano, aspettando Natale per andare a vedere i film con Checco Zalone. Si chiama integrazione da Matteo Salvini. Totale lobotomia fascista. Un lavoretto, stare zitti zitti e “buonini”, e prendere la vita a culo.

Ecco, esco dal bar, scendo gli scalini e un cagnaccio si avventa sulla mia gamba sinistra. Gli sferro un calcio rotante alla Van Damme, spaccandogli la mascella.

La padrona:

– Ehi, bastardo! Ma è impazzito? Io la denuncio!

– Stia attenta, zoccolina, che non la denunci io. Il cane era senza guinzaglio e io invece vado a briglia sciolta. Il Traumatologico dista solo due chilometri. Tenga, le do 2 Euro per il ticket. Dica al medico che il suo cane, stamane, ha incontrato un “cucciolo” più rabbioso di lui. Mi telefoni, più tardi, a questo numero, dicendomi se gli hanno fasciato la testa. Mi aggiorni sulle condizioni di salute della sua “dolce” bestiolina. Buona giornata.

 

Il pomeriggio dormo. Arriva la sera.

 

Arrivo a casa del mentecatto che di lavoro fa lo psichiatra. Adesso, costui è annoiato dall’avere a che fare tutti i maledetti giorni di Cristo impestato con delle persone che, non capendo, come lui, “egregio”, che la vita è solo fare soldi per potersi pagare le puttane, vengono sedate come cavalli perché si ribellano a uno schifo del genere.

 

Lui dice loro che non devono preoccuparsi di nulla, tanto lui avrà sempre più porcelle, no, parcelle “a nero”.

– Allora, bel ragazzo, mi trova questo film? La Fin Absolue du Monde?

– Non c’è bisogno che le trovi un cazzo. Sono io l’incarnazione della fine assoluta del mondo.

– Davvero?

– Non mi crede? Tocchi, su, dico… tocchi. Visto e sentito, è stato contagiato? Oh, mi hanno dato del lebbroso tutta la vita. Alla fine lo sono diventato. Adesso ho un potere mistico. O no?

 

Buona Domenica.

 

La SMessa andrà in onda su RaiUno a partire dalle ore 10.55 dalla Chiesa San Salvatore in CAMPI DI NORCIA.

 

Finita che sarà, domani vedremo il solito porcile e ascolteremo le solite ipocrisie.

 

Da tempo, amici carissimi, avverto un profondo senso di morte. E credo sinceramente che morirò presto.

Voglio lasciarvi in eredità tutti i miei libri.

 

Da Wikipedia:

Il 10 maggio 1973, negli studi della Golden Harvest, durante le sessioni di doppiaggio de I 3 dell’Operazione Drago, Lee si allontanò per andare alla toilette, dove fu colto da un attacco di vomitofebbre alta e forti convulsioni. Venne immediatamente trasportato all’ospedale più vicino, dove riscontrarono la presenza di un edema cerebrale. Gli fu così somministrato del mannitolo[4], un medicinale atto a ridurre il gonfiore al cervello, che gli salvò la vita. Lo stesso male, tuttavia, gli tolse la vita due mesi più tardi, la sera del 20 luglio 1973, mentre si trovava a Hong Kong a casa di Betty Ting Pei[5]. Era arrivato assieme al suo socio Raymond Chow, che più tardi se ne era andato per precederli al ristorante Miramar, dove li attendeva l’attore australiano George Lazenby, in città per un ruolo nel nuovo film di Lee come attore-autore, Game of Death. Andato via Chow, sempre secondo Betty, Lee lamentò una forte emicrania. Per cercare di alleviarla assunse una pastiglia, datagli da Betty[5], di Equagesic, contenente sia aspirina che meprobamato, e si andò a sdraiare per un breve riposo, senza più svegliarsi[3]. Tutto ciò secondo le dichiarazioni di Betty in tribunale, giacché non vi erano altri testimoni in casa sua. Fu trasportato con molto ritardo al Queen Elizabeth Hospital dove verso le 22 fu dichiarato “dead on arrival”, cioè arrivato morto, dopo che la stessa Betty aveva perso tempo prezioso chiamando prima il produttore Raymond Chow e poi il proprio medico generico, che si adoperarono per tentare di svegliare Lee. L’autopsia non fugò del tutto il dubbio sulla causa del decesso, poiché nel verbale seguito all’inchiesta si parlò di “probabile” reazione allergica a una o più sostanze contenute in un’aspirina, con tutta probabilità al meprobamato. Il cervello, che mediamente in un adulto pesa attorno ai 1.400 grammi, pesava nel caso di Lee 1.575 (un aumento del 13%). I due edemi cerebrali che lo avevano colpito forse potevano attribuirsi all’eccessivo lavoro dei mesi precedenti: “…tanta profusione di energie ebbe come risultato una ulteriore perdita di peso, e un allarmante ritmo di disidratazione…”. Linda racconta con questi termini nel suo libro Dragon, ciò che accadde durante le riprese de I 3 dell’Operazione Drago. Tra le conseguenze della disidratazione grave, c’è l’edema cerebrale, che può derivare però anche da ripetuti traumi o infiammazioni.[6] L’autopsia[7] evidenziò non solo il sintomo più evidente del malore che portò al decesso (“…il cervello di Lee era gonfio come una spugna…” segno inequivocabile di un accumulo repentino di liquidi), ma una possibile disfunzione renale, oltre alla presenza nei polmoni di modesta quantità di fluido e piccole quantità di sangue riversatesi negli alveoli. Tali fattori, come riportato dal giornalista Alex Ben Block[7], potevano essere anche conseguenze di un particolare colpo di Kung-Fu della tecnica Dim Mak, di cui Lee poteva essere stato vittima inconsapevole, giacché, come lo stesso produttore Chow ammise all’inchiesta, l’attore aveva ricevuto durissimi colpi non previsti dal copione durante i combattimenti sul set, benché il Dim Mak fosse ritenuto solo folklore dagli esperti di Arti Marziali. Ma ancora molte settimane dopo il funerale la causa mortis restava ignota e ciò provocò tumulti di folla nelle strade di Hong Kong che richiesero l’intervento di agenti in tenuta anti-sommossa. I fan ebbero l’impressione che si stesse nascondendo qualcosa o che le autorità non sapessero esattamente quali pesci pigliare. Il mannitolo iniettato in vena a Bruce Lee aveva invece, secondo l’autopsia, come unico compito il fare riassorbire velocemente il liquido in eccesso causa sia del primo sia del secondo collasso.

Le uniche due sostanze rinvenute nelle analisi del sangue durante l’autopsia, furono i due componenti dell’Equagesic, la summenzionata aspirina, ed anche 4 milligrammi di cannabis che Bruce aveva masticato, ma che come droga leggera non aveva nessun precedente mortale nella medicina forense.

 

 

di Stefano Falotico

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“Cruising” – Recensione


13 Oct

 

Cruising

Notte nerissima e molto “ambigua”, l’angelo nel crocevia delle morti “infernali”

 

Tempo di celebrazioni, mai tardive e mai sgradite, quando si va a parare su William Friedkin, oggi sui nostri schermi con l’amatissimo Killer Joe, una pellicola “sporca” di “platinata modernità” violenta e furiosa, acida dark comedy “innestata” su una performance “spaventosa”, nel senso letterale e nel “centro del bersaglio” d’un McConaughey nel suo cavaliere, troppo pallido e fisicamente perfetto, “liftato” e calibratissimo da pistolero senza regole, per non destar “stupori” e dubbi “esterrefatti” che presto “squillerà” l’imprevista mossa falsa di qualcuno a (non) cantare.

A incatenarsi d’autoimbroglio e servito “piatto freddo” su edematosa, livida, “rinforzata” e “riturgidissima”, “liturgica” e godibilissima vendicativa “protuberanza” nell’estensione cinefila da bad lieutenant, da cattivo lupo tradito da chi voleva “spelacchiarlo” e spillargli l’“incasso”.


Un ritorno in grande stile per il “clandestino” Friedkin, a cui troppe volte Hollywood derubò un talento unico destinato a più prolifica e proficua produzione. Ma forse, forse è meglio così.
Almeno, scevro da condizionamenti e (r)accordi produttivi di “commissioni”, William gira quel che gli “spara”.

 

Chi si sarebbe aspettato questo Cruising dopo The French Connection? Popeye era un bastardo, ma la detection di questo Pacino è proprio Burn(s).
Il regista de L’esorcista qui scende proprio nelle cavità insondabili di Satana, ove il “maestro” s’annida di sospetti insospettabili, di “piatti” silenzi, di rumore negli occhi “suadenti”, sibillini di “seduzioni” molto pericolose.

Si gioca tutto, anche il “culo” Friedkin, appunto. E decide d’ambientare la sua macabra, “scarna” storia nei “candelabri” del “peccato”, fra i gay borchiati, sudati, “pervertiti”, che ballan nel loro “village people” di “smile” che “assopisce”, dietro tanti volti “carini”, il mostro.
Sì, c’è già una prima ragione per considerare questo film importante, al di là dei meriti che ognuno vorrà attribuirgli. Si tratta della prima opera, da che ne ho memoria, sul serial killer, prim’ancora di Manhunter di Mann, dei capitoli “lecteriani” di Hannibal/Hopkins e inevitabili epigoni.

Per di più “macerato” ove l’America puritana si tace(va). Il “losco” sottobosco delle sessualità “diverse”.

Steve Burns, un Pacino Serpico solo di più muscoli di “aguzzo ingegno”, più “corruttibile”, meno integro di come vorrebbe apparire nelle prime scene, “marine” e “pacate” su foto agli “obitori” delle ossa maciullate nel “trasecolare” però già in guardia su “pelle” lurida, “irta” nell’“ostia” black dei suoi capelli scuri intonati al buio delle sue iridi. “Trascolorendo”, già trasloca se stesso da emaciato-marcio anche quando solo, solissimo, solleverà il “bilanciere” del suo specchio “traditore”, subito “bugiardo”, lì “penetrato”.

Film tagliato, censurato, semi bloccato, “invisibile” nell’edizione “intera”, anche perché non sarà mai distribuita. Sbattuto chissà dove, mai visto, inviso. Quella “completa”, con tutti gli “extra” nascosti, la tiene “cara” Friedkin in cassaforte. E ha promesso che nessuno, in effetti, la vedrà.
Il mistero “brulica” di più sul maledetto, quasi uno snuff movie.

Hardcore o strategia?
Credo alle onestà intellettuali dei grandi cineasti.
E, dovessi scalare l’Everest, me ne impossesserò, regalandola da “Babbo Natale” a tutti i “cattivi”.
Che amano le cose belle.

 

(Stefano Falotico)

Genius-Pop

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