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Il film più metafisico di sempre: la mia lei e il nostro amore che nessuno scalfirà, altro che Stardust e Rocky


06 Jun

benjamin button

mio amoreSì, col tempo comincio a essere stufo anche dei film. Ne ho visti troppi. Poi, la gente malalingua può addirittura pensare che tu, a forza di vedere film, te li faccia. Cosicché può addirittura arrivare a pensare che tu sia affetto da qualche strana patologia, che tu soffra della cosiddetta malattia metafisica, più volgarmente detta, in termini scientifici assai poco carini, schizofrenia. Oh, ma questa gente si fa i film. Cosa posso dirvi? Se adori troppo la poesia e sei un uomo sensibile e molto dolce, gli hater ti danno l’appellativo di Edward mani di forbice poiché, in questa società improntata al maschilismo più misero, becero e porco, i ragazzi belli come Johnny Depp vengono malvisti. Figurarsi poi se sei perfino uno scrittore favolista come in Finding Neverland. La gente ti urla: cresci, cresci, cresci!

Poiché, nella desolata landa infinita del cinismo tremendo, essa è dimentica (no, qualche ignorante potrebbe scambiarlo per un refuso), essa dimenticò il piacere viscerale delle passioni. Non solo sognanti.

Smarrendosi in diatribe pessime e orrende cacce alle streghe delle più inusitate. Ah, le ho piene… di quest’inutili, controproducenti conciliaboli da poveri diavoli.

Qui da noi lo sport preferito è lo spettegolare. Deliri su deliri, macchinazioni ordite ai danni del prossimo per inibirlo, castigarlo. In un sostantivo, anzi un verbo, ingiustamente punirlo, minandone il libero arbitrio. Ma La vita è meravigliosa e può essere davvero uno stupefacente film di Franck Capra, oh, mie capre. Cosicché, puoi svegliarti nella Parigi dei grandi artisti, scoprendo che sei decisamente più sexy di Woody Allen e Owen Wilson, più realista inoltre di quel cubista del cazzo, sì, lui, Pablo Picasso.

Dimenticando i sofismi e i patetici sensi di colpa cristologici da Al di là della vita. Sfido chiunque a sopravvivere a una falsissima diagnosi psichiatrica del tutto discriminatoria, anzi, criminosa. Trovandosi a battagliare, solo contro tutti, dinanzi a psichiatri stessi che ho, col mio genio, integralmente distrutto. Annichilendo tutte le loro teorie, frantumando il “retro-pensiero” cattivo della gente, trovando nuovi, grandi amici come il monumentale Jean Dujardin de L’ufficiale e la spia.

Già successe che m’innamorai e, in notti calde, piacevolmente sprofondai, effondendomene con vivacità. Ma nessuno volle credermi e fui costretto a vivere una guerra di trincea più metafisica de La sottile linea rossa. No, non è una tragedia come Love Story, è forse Il curioso caso di Benjamin Button?

La storia di un uomo ringiovanito miracolosamente, soprattutto nel cuore, che conosce tutti i libri di Fitzgerald, molto più ammaliante JFK ma che qualcuno volle assassinare nell’animo, insabbiando poi la verità. Per paura di specchiarsi allo specchio e mentire a sé stesso, vomitando per l’orrore, sì, errore immane perpetrato e commesso.

No, Interstellar non è un film sulla teoria della relatività di Einstein, non è un film qualitativamente intergalattico. E lo stupendo Stardust, mi spiace per Matthew Vaughn e per Neil Gaiman, non è nulla in confronto a una storia d’amore delle più travolgenti e calienti di tutti i tempi.

Che sarà descritta nel mio prossimo libro, a lei dedicato… Oh, è previsto un aggiornamento a scadenza annuale come accade per ogni Dizionario dei film che si rispetti in modo amabile. La vostra vita invece, ogni giorno è amara? Mi spiace per voi. Datevi al rosario se questo vi può consolare.

Dicevamo! Io e lei Siamo entrambi bellissimi. Va detto, senza se e senza ma. Capolavoro assoluto da 5 stellette. Sì, va ammesso, fui un “disertore”. Poiché troppo grande per stare assieme a gente col cervello piccolo. Ché volle farmi il culo. Ma io sono Alì.

Il nostro amore è “clandestino” come quello fra Colin Farrell e Gong Li in Miami Vice.  Film di un altro pianeta. Veloce, scattante, adrenalinico, iper-romantico.

E, a proposito di Gong e di cose incredibili, anche questo finale non è male.

Salutiamo ogni trollazzi. Vero, idioti? Ho vinto io e ora state tutti zitti, rimangiatevi le parole!

Stamane, dopo che io e la mia lei ci deliziammo, riguardammo qualcosa su Netflix.

Rimango della mia idea, sì, Interstellar non è un grande film. Dura tre ore ed emoziona solo per tre minuti, cioè nella celeberrima scena in cui Ellen Burstyn dice a Matthew McConaughey:

– Nessuno voleva credermi ma sapevo che saresti tornato.

– Come?

– Perché il mio papà me lo aveva promesso.
Ora, prendiamo Rust Cohle di True Detective. Se consideriamo la vita come una linea retta, siamo tutti spacciati. Chi più chi meno. Indietro non si può tornare. Se invece ci atteniamo alle teorie di Rust, ciò è possibile. Poiché la vita è un cerchio. E, se Albert Einstein sostenne giustamente che, viaggiando alla velocità della luce, si può perfino ringiovanire, perché non credere che, librandosi alla massa per accelerazione di gravità della propria anima, recuperando le emozioni perdute, ciò non sia scientificamente attendibile?

Infatti, non lo è. Ma parliamo di mera, stolta scienza. Non fatevi dei viaggi metacinemarografici.

Parliamo del Falò. Mica un cazzone come la maggior parte degli stronzi che circolano sul Pianeta Terra.
Riequilibrando la memoria, torna anche ogni forza di potentissimo amore.

Tenetelo a mente, scemini, la prossima volta.

di Stefano Falotico

neverland

2 Giugno 2020 – Festa della Repubblica: quale? Quella di Don Luchese di Malavita di Luc Besson? A parte gli scherzi, buona vita a Clint Eastwood, un mio racconto letterario, che fantastica storia che è Il Falò delle vanità, ah ah!


02 Jun

eastwood the mule

Partiamo subito con una freddura:

Anyone is an enemy for a price. Chiunque è/diventa un nemico che non ha prezzo. Cioè, se lo paghi, ti fotte.

Per un Jonathan Pryce?

Lo scorso 31 Maggio, ovvero domenica scorsa, compì 90 anni il più grande regista vivente. Sì, lo è.
Un tempo, in una landa solitaria delle mie notti lugubri e insonni, il mio regista preferito fu Martin Scorsese. Questo lo sanno anche le pietre. Ma, col tempo, sapete, si guarda la vita da una prospettiva più matura. Scusate, non voglio risultare però paternalista come Al Pacino di Ogni Maledetta domenica quando, per spronare i suoi boys prima del suo discorso nello spogliatoio per donare loro la grinta necessaria per affrontare un incontro decisivo, fa mea culpa dei suoi errori del passato.

Ecco, per quanto adori Al Pacino, già ai tempi di questo film di Oliver Stone, eh già, fu assai più vecchio di me. Non mi pare giunto, nemmeno adesso, il momento di esservi retorico più di Platoon.

Ah ah.

Sì, cavolo. Perché mai Platoon fu premiato come Miglior Film agli Oscar? E La sottile linea rossa, no?

Veramente uno scandalo. Forse peggiore di quello raccontatoci dal gigantesco Roman Polanski nel suo magnifico L’ufficiale e la spia.

Che cosa voglio dire con questo? Quello che ho detto. Ma non mi pare il luogo né la sede opportuna per autocommiserarmi.

E, a dirla tutta, sono stanco dei miei deliri solipsistici fanatici dello schraderiano esistenzialismo da uomo ombroso, auto-reclusosi nella cripta in modo davvero troppo precoce.

Malgrado i miei ultimi anni siano stati orribili, ve lo posso giurare su Cristo, ammesso che costui non vada a sputtanarmi con la Maddalena, così come fece Willem Dafoe in The Last Temptation of Christ, sono ancora belloccio, veloce e portentoso. Molta gente pensa che io sia matto, che debba curare il mio cervello con dei neurolettici e vorrebbe sbattermi in ospizio o, peggio, in casa di cura, così come tentarono i parenti di Walt Kowalski in Gran Torino.

Mi spiace smentire ogni mio hater, vi mostro questa mia foto scattata oggi. Secondo voi, questo qui sarebbe un uomo che dovrebbe curarsi dalla prostata e che necessiterebbe di essere rallentato nei suoi, vivaddio, slanci vitali assai furenti e passionali? Indubbiamente, il mio sguardo è un incrocio fra quello di Malcolm McDowell di Arancia meccanica, quello di Johnny Depp di Chocolat, forse pure da freak de La fabbrica di cioccolato, da mezzo scemo alla Seann William Scott, da Sam Rockwell de Il genio della truffa di Ridley Scott o forse da Sam di Confessioni di una mente pericolosa, ma sì, dai, optiamo per quello di Richard Jewell, da Stephen Dorff di Somewhere, no, più affascinante (eh, ‘na roba…) quello di Cecil B. Demented, genio “incompreso” più di Ed Wood e Tommy Wiseau, da Joaquin Phoenix della periferia bolognese, da De Niro in erba in mezzo a felsinei che di erbette, cioè gli spinelli, vanno forte più di Popeye con gli spinaci, e…

Scusate, mi sono perso un’altra volta.

Ho da poco mandato questo mio racconto a un concorso letterario.

Secondo voi, vincerò?

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Il viaggio onirico di un uomo nero

 

Innanzitutto, non per sottovalutare Sulla strada di Jack Kerouac ma credo che sia importante, soprattutto per il sottoscritto, smentire l’erronea e distorsiva mitologia secondo cui le esistenze di noi tutti siano paragonabili a un viaggio. Metafisico e non.

Soventemente e scioccamente, per esempio, abbiamo udito interminabilmente la classica, onerosa espressione fatta e pallosa… ah, in questo viaggio che è la vita oppure quante innumerevoli, insopportabili volte abbiamo dovuto ascoltare banalità del tipo: cosa rappresentò, sino a ora, questo nostro aver sin qui viaggiato lungo tante vie delle nostre vite che, semmai, non condussero a nessuna svolta?

Ah, coi patetici, autoassolutori c’era una volta e col tedioso rimembrare la nostra vita nell’intenderla come un itinerario a tappe, come un dolce e poi duro, scosceso, lievissimo o difficoltoso peregrinarvi fra saliscendi emozionali di natura esistenziale, ah, finiremo soltanto col paralizzarci nel guardarci indietro. In maniera imbarazzante. Ancorandoci, da passatisti inguaribili, nelle elegie agiografiche delle più stupidamente consolatorie, ipocrite e fottutamente dolciastre.

Specialmente, auto-ricattandoci nell’abulico spettro delle nostre lagne inaudite, penosamente morbose, infinite, da moribondi sempre spauriti. Della loro vera vita realmente sparita.

Non osservando invece, ahinoi, ciò che sta davanti a noi, magnificamente sterminato e ancora vivamente possibile.

Vivete solo di vite oramai immaginarie. Invece, immaginate…

Cosicché, ben vi starà se, conservando quest’atteggiamento malato di ritrosia e oscena, oserei dire criminosa malinconia mortifera, cascherete in un fosso, prossimo al vostro successivo passo falso, cari fessi e cari uomini e donne prosciugati sin all’osso che, dinanzi alla realtà, perfino cinica ma oggettivamente ineludibile, della vita, ah ah, ve la faceste, fate e sempre farete sol addosso.

Ah, sono stufo, oltremodo nauseato dalla pedissequa, estenuante e ammorbante definizione, poco esistenzialista, invero, della vita intesa come un lungo, morbido, forsanche impervio cammino ove si può cascare, perdendo la rotta, franando per mai più risorgere ancora intatti e mentalmente lucidi. Mettiamo fine a queste sciocchezze, peraltro mal assortite.

Ah, mi sono proprio rotto di questa scontata scontentezza fintamente buonista, capziosamente ricattatoria e pericolosamente, insidiosamente affetta, inconsciamente, da tanta cretina retorica e melensa tristizia scevra d’ogni slancio romantico dei più suadentemente vitalistici. Deturpati di ogni savia vividezza cristallina!

Dio mio, ne provo ribrezzo.

Di mio, so che molte persone, dopo la prima botta in testa, cioè dopo aver robustamente ricevuto una tostissima batosta, crollarono irreparabilmente e letteralmente a pezzi. Sì, i loro cervelli si spaccarono e, affranti, completamente nell’animo loro infranti, nel cuore fratturati, nell’amor proprio sinceramente destrutturati, giammai riuscirono a ricomporre il puzzle delle loro vite che non sanno più adesso, neppure con la fantasia, sanamente orientarsi al fine di liberamente viaggiare anche solo all’interno d’una spensierata, magica poesia ammantata di sontuosa leggiadria selvaggia e variopinta.

Affogando invece, purtroppo, nelle malinconie più stantie, figlie del loro essere naufragati in un oceano angosciante di rimpianti abissali e, per l’appunto, stagnanti e malsani.

Impantanatisi che sono costoro nelle sabbie mobili delle loro (in)ferme mentalità piattissimamente distorte più tragicamente dedaliche di una metropoli labirintica e confusa ove le vie delle loro anime dissestate s’intersecano, incasinate, in maniera sia orizzontale che verticalmente perpendicolare. Intrecciandosi in neuroni mal accordati ai loro cuori già sinistramente sprofondati nel traffico nauseante e nel caravanserraglio mortale delle più atroci confusioni sesquipedali. Ah, abbiamo pure i pendolari annoiati e quelli che, senza spirito critico alcuno integralmente personale, pendono dalle labbra di chi non sa più ammirare neppure un viale del tramonto in modo roseo e spensierato. Sì, ripetendo invece solamente antichi proverbi più vetusti delle arrugginite rotaie delle loro binarie rotelle oramai avvitatesi ed arresesi ai detti più vecchi di mia nonna purtroppo morta molti anni addietro.

Rosso di sera, bel tempo si spera? Sì, ma domani sarà un altro giorno, sostenne Vivien Leigh/Rossella O’Hara di Via col vento. Vivien che, nella versione originale del sempiterno capolavoro sempreverde di Victor Fleming, si chiama Scarlett. Così come l’attrice protagonista di Lost in Translation.

Sì, cari uomini smarritivi soltanto nell’indecifrabile transizione, mai evoluta in qualitativa, superiormente emotiva transazione arricchente i vostri spenti cuori auto-fottutisi, smettetela di fare i piacioni come Clark Gable, bensì invitate stasera stessa la vostra donna a cena.

Con tanto di abbacinante lume di candela grandiosamente riaccesosi in quanto, in cuor vostro, siete coscienti che di lei siete meravigliosamente innamoratissimi e inevitabilmente presi.

Godetevela finché potete in modo bollente. Poiché domani, invece, potreste morire anche all’alba. In modo terrificante.

Dunque, che cosa state aspettando? Di morire dentro, elevando il patetismo a uno stile di vita più fallimentare delle vostre scelte sbagliate e giammai redentesi nell’attimo di un infinitesimo gaudio straordinariamente estasiante?

Camionisti e viaggiatori delle highway americane e delle vostre Strade perdute da David Lynch più squisitamente delirante delle vostre giammai fantasie realizzate e perennemente irrealizzabili, al massimo, sostate di notte al locale From Dusk Till Dawn, memori giustamente dell’insuperabile Santanico Pandemonium, alias la superba Salma Hayek.

Attenti, però, a non venirne imprigionati, vampirizzati che sarete dalla sua estasiante beltà melliflua e succhiante ogni goccia del vostro residuo eppur scalpitante sangue spumeggiante. Sessuale e non.

Versatele da bere il vostro virile aroma incitante ad un amore caliente. Suvvia, riscaldate tutto l’ambiente, non siate vili, non fate i villici. Se volete conquistare una donna, sia costei anche una sanguisuga, forse non potrete offrirle una villa da George Clooney ma certamente potreste prometterle una gita sulle rive del lago di Como ove George si recò spesso durante le sue italiane vacanze, sperando in un modesto, sì, ma al contempo stupendo, eterno amore come ne I promessi sposi. Capolavoro letterario intriso di vertiginoso romanticismo impareggiabile dei più deliziosi.

Cioè, per farla breve, non piangete sul latte versato e sui globuli rossi dei vostri sanguigni, già trascorsi amori spermatici asciugatisi negli imperituri, più sterili, assai aridi e controproducenti, tormentosi rimpianti da zombi viventi oramai non più cazzuti.

Non magnificate ciò che fu o non fu in un periodo più remoto del tempo immemore, cioè semplicemente dimenticato, ubicato chissà dove nella vostra mente, glacialmente rivivificato nel rammemorarlo quando esso estemporaneamente riaffiora a esaltazione, sì, soltanto penosa, dei vostri glory days oramai, da tempo immemorabile, irrecuperabili e onestamente, attualmente non più avventurosi e focosi. Dimenticate subito questi oramai terminati momenti da ipocondriaci malati terminali, per quanto siano stati e siano ancora, forse, per voi indimenticabili. Esalterete, così facendo, solamente il patetismo delle vostre bruciate gioventù andate a puttane, elevando mestamente in gloria solo le vostre vite che ardimentose non lo sono più, immolandovi al piacere effimero del friggervi nell’illusione di beatificare perfino le passate delusioni più stronze e infime, bigotte e moralisticamente auto-castigatorie.

In poche parole, non crocifiggetevi mai più da conigli invero pieni di rancori. Non piangetevi addosso, basta, per piacere, con l’autocommiserazione a celebrazione d’uno spettrale vostro miserere ossessivamente imperterrito. Non impietritevi, io non m’impietosisco. Ma che siete degli storpi auto-castratori?

Scopate ancora la vita perché, tenetelo ben a mente, non è mica finita…

Sì, lo so, siete sfiniti, stanchissimi. Affaticati come se aveste corso per mille miglia senza bere un solo sorso d’acqua pulita. Oh, ottima e buonissima. Fidatevi, la vostra bile va soltanto depurata con la rinascenza temeraria delle più vivide e adamantine.

Eh già, non siete assolutamente morti. L’acqua effervescente, soprattutto delle vostre anime ancora frizzanti, ve lo giuro, sì, io so che lo sono, non costa molto. La vendono a pochi euro al primo supermercato vicino casa vostra.

Insomma, ancora vi bevete la cazzata secondo cui la vita è un viaggio senza ritorno, di sola andata e privo di possibili inversioni di marcia?

Basta svoltare l’angolo dopo aver pagato la cassiera, acquistando un’intera confezione di acqua naturale e potrete ancora bervela tutta d’un fiato in modo speciale. L’acqua facilita la digestione delle amarezze da alienati, da uomini forse mai nati e troppo presto ammainatisi, asciugando ogni vostra vigliacca, scoraggiante ansia poco amabile. Sì, lo sanno tutti che ve la state facendo soltanto nelle mutande!

Dunque, scolatevela alla grande, di dosso scrollatevi le tossine in eccesso. Tossite, espettorate ogni groppo in gola e maggiormente scioglietevi con più foga. La vita vi sarà ancora figa!

Sganciatevi dai luoghi comuni, dai modi di dire e di fare più abusati.

La vita non è un viaggio, la vita è la vita. L’acqua è la linfa primaria della vita. Infatti, se scarseggia si muore disidratati. Non vorrete mica morire pure di fame chimica? Oppure, peggio ancora, dar di panza di scoregge da merdosi poiché non sapete più amare un fresco mattino con la rugiada più letiziosa?

Divorandovi, per colpa dell’appetito nervoso, anche il vostro spappolato fegato arrugginito? Ah, siete odiosi.

Che siete, per caso, dei cannibali? Degli psichiatri antropofagi delle vostre follie da Hannibal Lecter assassini delle vostre vite da voi stessi mangiate vive in modo troppo precoce?

Siate ruggenti, risplendete lucenti!

La vita non è un viaggio che vive solamente di afflizioni atte a rifuggire, vilmente, un grigio vostro presente irrisolto.

La vita è come il grande Cinema, vale a dire un sogno stupefacente.

Sì, dovete risorgere!

Potrà finire male e potrà addirittura, prima dei titoli di coda, comparire la scritta The End dopo un pre-finale in cui moriste ammazzati.

Sì, ma stiamo parlando oramai della fine. Che vi frega come e quando morirete?

Se vinceranno i buoni oppure se perderanno i cattivi? Che, semmai, altri non sono che voi stessi? Tempo per essere buoni ne avete e avrete ancora. Datemi retta. La retta via non è del tutto perduta. Al massimo, può essere un po’ mal asfaltata per colpa d’un sindaco che non cura molto l’urbanistica.

Dunque, state calmissimi. Calmatevi, smettetela di guardare alla vostra vita da passivi spettatori arresisi alla scemenza e al fintissimo buonismo.

Siate, eccome, nuovamente grintosi, perciò affamati! Calorosi!

Avete finito di farvi i film migliori? Dunque peggiori poiché utopistici da insanabili, incurabili, stolti sognatori patologici?

Non affossatevi! Ora, uscite dal cinema, afferrate con le mani il volante della vostra macchina e in alto ancora volate. Attenti solo a questo: se accelererete troppo durante il viaggio, eh sì, potreste sbandare, schiantarvi oppure essere multati per eccesso di velocità.

Potranno ritirarvi la patente o potrete subire una fortissima, salata contravvenzione. Sono troppo pessimista, cinicamente realista e perfino moralista? Sono sol un uomo nero, dunque trasparentemente bianchissimo. Poiché so che la vita è come un’autostrada con molte carreggiate e piste. Sì, potreste entrare in un tunnel senz’apparente via d’uscita.

Auto-giustificandovi delle erronee vie che, durante il vostro irredimibile percorso, inseguiste e volenterosamente perseguiste, finendo ai piedi d’un bosco nerissimo.

Ma, in tal caso, dovete essere davvero sfortunati…

Personalmente, non mi successe mai di avere pienamente successo. Nemmeno, comunque, di entrare in galleria e rimanervi intrappolato a vita. Sebbene, al cinema, mi divertii molto, guardando Daylight con Sylvester Stallone.

Si sa, sono Over the Top.

E sarà dura farcela.

Basta anche con Amarcord di Federico Fellini e con La dolce vita da illusionisti solo dei ricordi di voi stessi, quindi da disillusi, oramai arenatisi, essiccati cuori delusi.

 

Comunque, non è vero. Non sono un uomo nero, sono noir ma mi sta benissimo anche il bianco.92245643_10216693908402968_4643096870904659968_o

 

di Stefano Falotico

L’ufficiale e la spia, fa bene Polanski a sputtanare il sistema


25 Nov

garrel accuse

Introduzione: spero che venga colta l’ironia che sta dietro molti miei scritti. Da considerarsi flamboyant, cioè goliardicamente giocosi eppur veritieri di una realtà menzognera che si cela dietro false apparenze e istituzioni ove lo status quo è andato a farsi fottere da un bel po’, ohibò. Oh oh.

Orbene, figlioli, donne saccenti ma invero dementi, uomini saggi eppur inconsapevoli di essere solamente dei tonti, L’ufficiale e la spia è un grande film. Capolavoro, no, ma vi va vicino. Così come io avvicinerei non poco la moglie di Roman, Emmanuelle Seigner. Donna da luna di fiele a cui offrire una canzone romantica della stazione radio Lattemiele e anche di Pane Burro Marmellata ove passano sempre dei pezzi da “strappa-mutande” per baci alla francese come quelli fra Louis Garrel e Laetitia Casta.

Qui, ci sta la prima freddura falotichesca.

Passeggio per strada con aria sconsolata. Al che, avvisto una bellissima ragazza, anche se un po’ magra. Questa qua deve mangiare solo insalata. Cerco d’insaporirla subito, dandole migliori cibarie più proteiche e vitaminiche poiché, sebbene sia ben palestrata e coi piatti addominali da tartaruga, a forza di ficcarsi in bocca solo la lattuga, non conosce più la carne arrostita d’una deliziosa salsiccia al sugo…

– Ciao, ti piace fare all’amore?

– Ma come ti permetti? La prima domanda che mi fai è quella? Comunque, no, sono casta. Quindi, tu mi hai avvistato e sei arrivato subito alle conclusioni…

Mah, di mio, in realtà pensai solo… che sei castana. E, visto che siamo a novembre, forse dovresti leccarti delle caldarroste, dette anche castagne.

Comicità grottesca: è una vita che ti aspetto, dolce signora… della morte, sì, intanto attendo invano la morte sul divano, aspettando che escano altri godibili film malinconici

Rosemary’s Baby è risorto, andiamo di J’accuse e tutti quanti di nuovo in tribunale!

Tutti a raccolta, miei prodi. Voglio una baraonda con la folla che, in preda a un giustizialismo atroce, inneggi alla libertà. Basta con gli esili, con gli asili, con gli asini.

Ecco la persecuzione necessaria, tremenda, quella che v’andaste a cercare! Bifolchi, stallieri, stalloni, finti cavalieri.

È giunta l’ora che la tragedia sia risarcita, che ogni ammenda sia pagata e che anche colui che, vicino al semaforo, mendica, riceva l’assistenza pubblica di un medico.

Dov’è finito lo Stato? Dobbiamo subito costituire un nuovo statuto. Ora, scusate, permettetemi uno starnuto. Anzi, datemi anche della Sambuca.

Io nacqui a Bologna e sui suoi colli v’è la basilica di San Luca. Tu invece, donna sicula, suca…

Nacque il figlio del demonio e, appena partorito dall’utero, urlò:

– Basta, uccidetemi subito. Questa vita sarà solo un inferno!

 

Sì, da tempo immemorabile, la mia vita è distrutta dai miei demoni interiori. Pullulano, a volte cazzeggiano e si distraggono. Mi lasciano per un po’ in pace poiché vanno al bar a giocare a carte ma poi, dopo essersi svaccati anche con qualche prostituta raccattata nella bettola lì a fianco, rincasano e perseverano a darmi il tormento. Esistenziale ma soprattutto esiziale.

E non vi sarà mai cura cicatriziale! Basta coi punti di sutura. Basta, sono solo una fregatura. Tanto la pelle e le palle non torneranno come prima.

Basta anche con Scienze delle Comunicazioni, dell’Educazione e della Formazione. Bisogna, quanto prima, istituire Scienze della Fornicazione.

Convergenza di tutte queste materie. Basta con queste istituzioni della minchia che provocano solo ottundimento. Dobbiamo protenderlo con ardimento.

Sì, l’uomo primitivo divenne Neanderthal. Quindi, cominciò a comunicare. Unicamente per far capire a una donna che era più elegante se prima dell’atto sessuale, eh sì, le si poneva da distinto gentiluomo.

Tanto, l’istinto è quel che conta da che mondo è mondo.

La psichiatria è pornografica. Se uno è un diverso, ti sedano o ti castrano, ti lobotomizzano o ti fanno credere che la vita è bella anche se non sei, come gli altri, cioè un maiale, miei porcelli. Gli psichiatri vogliono non solo la parcella. Fidatevi, donne che usate il fazzoletto.

Appunto! Dov’è finito il carabiniere appuntato? Prenda appunti.

Il demone sotto la pelle di Cronenberg, Diavolo in corpo e La visione del Sabba del Bellocchio sono stronzate. Ah ah.

I demoni di Dostoevskij…

Sono nefasti, io sono Faust di Goethe in mezzo a questi spiriti interiori che, dalle viscere del mio fegato amaro, estemporaneamente risanato, ribollono feroci per farmi incazzare in maniera ancora più profonda e irosa. È tutto un brivido caldo e corporeo, un ludibrio.

Al che, adocchio una donna molto succulenta e seducente dal fascino diabolico. Vorrei esserle adiacente, ficcante e bollente, dunque me la faccio, no, le faccio un’avance piccante che la bruci subito, inventandomi qualche diavoleria affinché me lo succhi al dente.

Lei è angelicata, pura, stupenda, pudica e forse anche vergine come Beatrice, invero una fottuta meretrice. Al che, i demoni infingardi, consiglieri fraudolenti da Divina Commedia della mia (in)coscienza, mi traviano, fregandomi quello che poteva essere uno scottante orgasmo anche in mansarda. Inducendomi a dirle che, dopo aver mangiato un pecorino sardo, vorrei metterla a pecora col formaggio:

Vade retro, Satana. Sì, sei una donna che mi sta inducendo in tentazione malsana ma, nonostante tu sia una figa bona, ho una magnifica reputazione da Gesù Cristo da mantenere intatta e savia. E tu, Maddalena del cazzo, sarai crocifissa e non ascenderai in paradiso di nessuna comunione dei nostri corpi.

La tua bellezza è celestiale, sei una dea dell’olimpo ma io sono Michelangelo e non avrai la mia Cappella Sistina.

Anzi, che tu sia eternamente maledetta. E che tu arda, strega mentecatta, squagliandoti come una megera medioevale. Sì, con te sarò oscurantista e bestiale. Devo dimenticarti quanto prima e dunque obliarti. Mi stavi la mente obnubilando, donna dai piedi caprini. Amasti, da quel che so, non solo Leonardo DiCaprio ma anche tutti gli altri biondini, compreso il mio vicino di casa, l’anziano signor Cecchini. Te la facesti perfino coi bovini e con quel ragazzo così giovane che è quasi un bambino.

Sì, volli inizialmente oliartelo affinché, tu sciolta a me, potessi slegarmi da ogni inibizione asfissiante. Pur di averti, mi svenai, quasi venni… al dunque e tu quasi cedesti, accettando il mio appuntamento al buio malgrado tu mal cenasti e il mio dolce ti sarebbe risultato indigesto. Tu, bastarda che mastichi anche quelli di Asti.

Ma volesti sorbirti lo stesso il mio sorbetto, cara la mia mignotta che è grossa di tetta ma, in quanto a cervello, non vale un etto… di salame. Inetta.

Sì, eri dolcissima come Cristina D’Avena e i miei corpi cavernosi s’ingrossarono subito di vene così infermabili che avrei dovuto esserti davvero venale, avrei peccato di venialità ma chiamarono solo il pronto soccorso per prelevarmi i globuli rossi d’eccesso a causa d’una esagerata, arrossata virilità che sfogai nel cesso.

Questa è la verità. Adesso, pur non avendo fatto sesso io con te, sebbene quasi mi provocasti un infarto, col mio sangue in sovrappiù, stanno praticando la trasfusione a una donna che partorì per artificiale inseminazione e, da allora, si sente in colpa per aver messo al mondo un figlio di nessuno. Un povero cristo.

Questa qui ora crede di essere pure, sì, la Madonna. Sì, mi avresti soltanto trascinato nella notte nera e, lupa, avresti divorato la mia immacolatezza più linda, fottendomi l’anima da poeta con far maligno e lurida lingua. Sì, desiderai incularti in maniera sanguigna ma poi riflettei e preferii andare in cucina e prepararmi una gramigna. Pene d’amore non mi merito, pensai. E così sia scritto. Così tu sia fatta da altri. Non isperate mai veder lo cielo, uomini come me d’inviolabile uccello, traghettatori alla Caronte delle anime perdute di tali peccatrici invereconde ché vogliono solo l’anaconda, non insabbiatevi in queste viscide che si pareranno dinanzi a voi come la Gioconda ma sono malafemmine oramai annegate nella perdizione irredimibile dei loro mefistofelici inganni a noi sporcamente orditi con ipocrisia lorda. Poiché, dopo che c’avranno fottuto, alzeranno a noi il medio dito e quindi domani sarà un’altra giornata soltanto di lavoro duro. Tutto oramai è perduto, questa vita ci trombò in modo dogmatico e assoluto.

Ma continuo a vivere come cazzo voglio io senza rotture di palle. Senza Chiesa e chicchessia, abbasso la borghesia. Se mi va, anche se non tanto va, faccio il dissoluto. Tu, non pensare a me, pensa alla salute. Fottetevi, io me ne fotto.

Invero, quando concepii e cagai questo scritto, scoreggiai e ne venne una stronzata.

Tanto, anche se non mi fossi spremuto le tempie, per lo sforzo, sarebbe uscito solo il mal di pancia.

Sì, conobbi una e scopammo.

Ma lei, dopo un po’, s’accorse che preferivo guardare i porno.

Da allora, rimase traumatizzata.

Sì, nessuno psichiatra riuscì a curarla, forse però ce la fece a incularla.

– Non ti preoccupare, non è morto nessuno.

– Dio è morto.

 

La caduta degli dei e andate tutti a fare in culo. Compreso te, babbeo. Vai messo nel loculo.

Uno mi scrive che dovrei fare l’impiegato comunale e da me riceve solo pugni allo stomaco in modo fenomenale. Gli spacco pure le mani e gli rompo il cranio.

Così, anziché dare le regole agli altri, non potrà neanche scrivermi porcate dietro una tastiera.

Ufficiale e gentiluomo?

Ma per l’amor di dio. Le donne non valgono un cazzo, gli uomini oramai sono delle donnette e son stufo delle mezze calzette.

Finale col botto e con le botte: sono Augusto Aguilera di Too Old to Die Young, detto il Principe!

Macellazione totale.

 

di Stefano Falotico

Venezia 76: Roman Polanski vincerà il suo primo, sospirato Leone d’oro dopo le polemiche della presidentessa Martel?


05 Sep

polanski accuse

accusepolanskiAllora, plachiamo gli entusiasmi. I ragazzi infervorati e arrapati dietro le transenne non si scaldino. Va bene, Emmanuelle Seigner ha ancora un seno gioioso come in Luna di fiele ma non mi pare il caso di sovreccitarsi in modo così focoso.

Neanche se aveste visto la moglie di Louis Garrel, ovvero Laetitia Casta. Ah ah.

Allora, qui per fermare tutto questo chiassoso isterismo, questo volgarismo di massa bifolca, occorrerebbe un uomo come Dujardin, sì, The Artist.

Siamo stanchi di questa società impietosamente cinica e Joker/Joaquin Phoenix lo sa.

Non è populismo il nostro, bensì la presa di coscienza che questa società improntata al culto dell’immagine ove le donne, da oggetti sessuali mai davvero ribellatesi al maschilismo da sempre imperante, espongono soltanto la mercanzia del sodo culo, affidandosi poi al movimento femminista MeToo quando non incontrano un produttore come Jules Jordan, uno che non produrrà mai un film altamente fine e delicatissimo come Il pianista, film capolavoro per il quale Polanski vinse il suo unico Oscar come regista.

Sì, Lucrecia Martel la sparò davvero grossa in conferenza stampa, affermando senza battere ciglio che non avrebbe mai presenziato alla serata di gala in onore del maestro.

Poiché, come sappiamo tutti, malgrado mi paia osceno rimarcarlo, su Polanski sempre pendette e ancora vige un’accusa di stupro per cui non fu davvero condannato al carcere, alla giusta punizione e alla sacrosanta ammenda.

Ma è poi così? La stessa vittima della violenza sessuale ricevuta da Polanski che, peraltro, in quella serata si trovò in stato di fortissima infermità mentale per via del fatto che assunse potenti stupefacenti distorsivi, pubblicamente riconobbe che in un certo senso Polanski la sua condanna, anche bella tosta, già ricevette. Poiché subì la totale estradizione e fu confinato in Francia.

Per tale ragione, non lo si vide in passerella in laguna assieme a sua moglie, ottima passerona, ripetiamolo a scanso di equivoci. Detta come va detta, Emmanuelle è bona forte. Luca Barbareschi lo sa. Per questo è amico di Polanski e co-produttore di questo suo ultimo film magnifico. Poiché Luca spera che, durante una notte plumbea come le atmosfere cupe filmate da Roman, lo stesso Roman si assenti, lasciandolo solo Luca con Emmanuelle.

Sì, Luca è un grande bluff. Sa come farsi nuovi amici, come tenerseli buoni per arrivare, come sempre, alla bontà.

Nel 1994, Polanski lo diresse nella riduzione dello spettacolo teatrale Amadeus.

Ma per l’amor di dio. Luca, ricordiamolo, è uomo che viene da Via Montenapoleone, insomma un ricco volpone che fa il cascamorto alla Riccardo Cocciante, cantando a Carol Alt l’intramontabile Margherita.

Ah ah.

Roman, se ci sei, batti un colpo. Io, se fossi in te, non mi fiderei di questo Barbareschi. Questo è più infido dei vicini di casa di Mia Farrow e John Cassavetes di Rosemary’s Baby. Fidati…

Infatti, Luca interpretò anche il film Tv La tenda nera ove non la raccontò affatto giusta a Valeria Cavalli.

Ah, ebbi la fissa per Valeria, a quei tempi era una stra-figa mai vista. E il mio cavallo s’imbizzarrì quando nel film Il caso martello, a pochi minuti dall’’inizio, ha una scena di sesso in cui non viene cavalcata ma è comunque avvinghiante, di cosce avvolgenti, nella sua missionaria travolgente.

Sì, signore e signori, possiamo ribattezzare questa causa come Il caso Martel!

Scusate, ci fu anche Il caso Mattei e Lucrecia è la versione argentina di Borgia Lucrezia!

Diciamocela!

Il fatto che, in quella notte in cui Polanski violentò la tredicenne Samantha Geimer, il nostro accusato fosse drogato, dunque il suo stato cognitivo della realtà fosse profondamente alterato, anzi adulterato, certamente non lo giustifica né lo assolve dal suo gesto vigliacco e lercio.

Ma c’è un ma che non possiamo sottovalutare, signori della corte.

Vi prego d’ascoltare con molta attenzione la mia arringa in difesa di questo genio indiscutibile della Settima Arte.

Non possiamo giudicare i suoi capolavori sulla base delle sue oscure vicissitudini personali. L’arte ha ben poco a che spartire col cinema a luci rosse dei suoi cazzi privati. Anche se c’è un SE che poi sottolineerò in tale mia spregiudicata, infoiata predica oratoria.

Mi concentrerò, in tale mia linea difensiva, su alcuni aspetti precipui che, alla luce dei fatti da me esposti, evidenzieranno come il mio assistito già patì la sua pena, dettata da quel che fu un momentaneo “colpo di testa” del suo surriscaldato p… e. Ci siamo capiti…

Andiamo avanti, orbene. Non dobbiamo essere orbi ma valutare, con lucida obiettività, la sua poetica. Senza lasciarci ammorbare dai nostri culturali retroterra di natura pregiudizievole che, per l’appunto, potrebbero compromettere la nostra integerrima oggettività decisa e ferma.

Polanski, a tutt’oggi, non può mettere piede al di là dei francesi confini, dunque non può oltrepassare il limite della linea di demarcazione che separa la Francia dal resto del mondo.

Naturalizzato, infatti, francese, non si può assolutamente spostare per trasferte estere, cioè in terre straniere alla sua. Altrimenti, dopo 5 minuti scatta l’allarme dei massimi organi preposti alla sua libertà vigilata assai particolare da sorvegliato speciale e la polizia lo può acchiappare e sbattere dentro, gettando pure ogni chiave di qualsivoglia lucchetto.

Quest’uomo, in sua discolpa, per redimersi dall’esecrabile suo atto lussurioso, infame e vizioso, girò tremila capolavori.

Perdonando anche la setta di Charles Manson che nei confronti della sua ex moglie, Sharon Tate, compì un abominio ben peggiore del suo veniale vizietto…

Quest’uomo che fu soltanto scandalosamente una sola volta Palma d’oro a Cannes, proprio per Il pianista, mentre per tutti gli altri suoi film monumentali dai premi vari e dagli Academy non fu cagato di striscio, ci regalò, qui in Concorso a Venezia, un’opera che non piacque soltanto a quegli idioti dei critici americani.

L’ufficiale e la spia è un masterpiece cattivissimo.

Deve vincere qua a Venezia.

Lucrecia Martel non deve però premiarlo alla stessa maniera di Mahmood a Sanremo. Cioè onorarlo per azzittire le polemiche da lei stessa scatenate.

Altrimenti, Lucrecia bella, premi Joker e buona vita a tutti.

Sì, come si suol dire, uno vale l’altro. Sono entrambi dei j’accuse.

Io propenderei per il Leone d’oro ex aequo sia al film di Polanski che al film di Phillips con Phoenix.

Se invece questa giuria del cazzo vorrà premiare Noah Baumbach, sapete che vi dico?

Andate a dar via il cul’.

Applauso!

 

di Stefano Falotico

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