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Non c’è più religione, De Niro è peggio di me mentre Russell Crowe recita ne L’esorcista del papa
TOM CRUISE a Cannes & Tracce di rosso da Falò, commissario anche del Cinema
Eh già, uomini e donne poco aggiornati e soprattutto scarsamente acculturati, se volete farvi il fisico, ok, siete dei culturisti. Ma, come dice il detto, mens sana in corpore sana. Quindi, se digita(s)te Stefano Falotico su Amazon, IBS e sulle altre maggiori catene librarie online, forse, oltre ai pettorali, ai glutei e ai bicipiti, svilupperete il vostro cervellino. Al momento assai piccino. Inoltre, pare che chi si nutra solamente di proteine e anabolizzanti, possegga, fra le gambe, un muscolino. O no? Secondo me, sì. Dunque, fatevi pur i muscoli (solo questi potete farvi, ah ah) ma non fate i ma(s)chi (se siete gay, fateveli, ih ih, non son omofobo) perché non mi avete convinto di avermi fottuto. Ahuahuah. Eh sì, siete rimasti indietro e lo avete preso nel didietro. Nevvero? Come no, ohibò. Come direbbero a Bologna: SOCCIA!
In Tracce di rosso, Lorraine Bracco usò molto il rossetto e Tony Goldwin, dinanzi a lei, arrossì. Il tutto fu prodotto dalla Metro-Goldwyn Metro-Goldwyn-Mayer. Famosa major apparentata a Tony? Tony? Quale Tony? Così come chiese Al Pacino/Jimmy Hoffa in The Irishman. Tony, Tony Montana di Scarface? Ah ah. Un commissario, stavolta, à la Adriano Celentano.
Giusto il premio da Tom ricevuto. E non voglio sentire ragioni. Meritatissima la standing ovation. Tom Cruise è un genio e un gigante, malgrado la sua altezza, non attoriale, bensì di statura, identica alla mia. Eh già, in effetti siamo dei nani. Come no. Ah ah. Sì, uomini che vi imbrodate e avete i piedi palmati come Kevin Costner di Waterworld, no, che da soli vi lodate. Non meritate nessuna lode. Palme d’Or sacrosanta e onoraria! Onore e gloria a Tom, lunga vita a Cruise. Non ne facciamo una crusade, ah ah, ve lo dice un uomo simile a Robinson Cruise, no, Crusoe. Ah ah. Voi, spesso, v’impantanate e v’impalmate. Ma, nel vostro carnet, non scorgo nulla, onestamente, da Palmarès. Ohibò!
Io non sono Tom Cruise, sono il commissario Falò, oh oh!
Ordino spesso una capricciosa alla pizzeria d’asporto, situata vicino casa mia, chiamata La Pantera (dei) Rosa (Rosa è il cognome dei proprietari, ah ah) e, se voglio, faccio un casino della madonna come Peter Sellers di Hollywood Party. Sono anche Clouseau, uh uh.
di Stefano Falotico
Ridi, pagliaccio: questo mio racconto pubblicato potrebbe essere apprezzato da JOKER?
Mentre, in tale società in disfacimento, collassata o forse solo dal capitalismo decollata, un uomo decolla, da alcune malinconie ataviche ancora non si scolla, qualche bevanda ingolla e qualcuno non so se lo inculi, un altro anno di Cinema è oramai finito.
Siamo agli sgoccioli, come si suol dire. Non possiamo lamentarci di quest’annata cinematografica.
Che ha visto, innanzitutto, il comeback strepitoso di due miti attoriali immarcescibili, ovvero Bob De Niro e Al Pacino di The Irishman,
Parafrasando lo stesso Al Pacino di Donnie Brasco, che te lo dico a fare?
Abbiamo assistito anche al clamoroso ritorno di Joe Pesci in quella che forse rimarrà l’ultima interpretazione della sua carriera. Anche probabilmente la migliore, la più rarefatta e drammatica.
Russ Bufalino, un viscido burattinaio incarnato da un quasi ottantenne più basso di statura di Pacino stesso e meno famoso. Poiché, per via del suo corpo tarchiato, fu quasi sempre relegato a ruoli da spalla o di macchietta, a eccezione ovviamente di alcuni indimenticabili ruoli da protagonista nei quali, però, certamente non interpretò Mel Gibson di Braveheart. Ah ah. Mi riferisco a titoli come Mio cugino Vincenzo e Occhio indiscreto.
E ho detto tutto.
In questo mio anno cinefilo, vidi perfino The Irishman d’anteprima italiana in Sala Petrassi alla Festa del Cinema di Roma.
Che io mi ricordi, mi presentai davanti alla fila, assiepata davanti alla sala suddetta, con lo stesso carisma di Henry Hill di Quei bravi ragazzi. Sì, identicamente a Ray Liotta di Goodfellas, dobbiamo e dovete ammettere che posseggo un certo fascino da uomo taciturno.
Sì, rammentate la scena della cena di De Niro, Pesci e Liotta a casa della madre del personaggio di Pesci? Madre interpretata dalla vera madre di Martin Scorsese?
Non parli molto…
Sì, va detto che Ray è più alto di me e ha gli occhi azzurri come Frank Sinatra. I miei sono castani. Molto scuri, quasi neri.
In quanto a donne e affiliate, spero non mafiose, mi comporto alla stessa maniera di Henry/Ray.
Diciamo che non sono subito un gentiluomo. Al che ogni Lorraine Bracco di turno, per via di come la snobbai e tutt’ora non cago, mi coprì e ancora mi seppellisce di offese, dandomi dello stronzo insulso. Eh, quanti insulti, cazzo.
Poi, ognuna di queste donne alla Bracco, perfino dei Sopranos, vuole studiarmi e psicanalizzarmi.
Di mio, più che assomigliare al compianto, corpulento James Gandolfini, sono come Bukowski. Voglio analizzarla…
Sì, lei era bellissima, dolcissima, elegantissima, di un’altra categoria e di un’altra carrozzeria. Delicatamente, la invitai al miglior ristorante della città, omaggiandola con delle rose e dedicandole poesie d’amore.
Durante la cena, lei mi parlò di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, del socialismo russo e della politica del PD.
Io l’ascoltai, appunto, senza dire una parola.
Le pagai solo la cena e nient’altro. Volevo quanto prima sbottonarmi e slacciarmi la cerniera.
Ora, non avendo spiccicato io una sola frase, penserete che mi abbia mandato a fare in culo seduta stante. Anzi, dopo che terminò di mangiare e disquisire, auto-lodandosi in merito alle sue conoscenze alte da giornalista rinomata e molto in gamba.
S’accorse pure che, anziché guardarla in bocca, le osservai spesso le gambe.
Alla fine scopammo.
Sì, si vede che, grazie al mio modo di fare da uomo che apparentemente pare che non capisca un cazzo e nemmeno il suo opposto, risultai più interessante di tanti cattedratici professori universitari che, secondo me, dovrebbero soltanto lavorare alle poste.
No, non sono più interessante e intelligente di loro.
Probabilmente, più bello, sì.
Di mio, posso dirvi che racconto un sacco di cazzate poiché spesso sono triste e la butto in burla in maniera tragicomica e melodrammatica.
Insceno quasi quotidianamente la mia follia. Sì, appena sento che in me scocca l’anima di un uomo imborghesitosi nella cosiddetta normalità, avverto all’unisono la necessità di andare volentieri sopra le righe come un sublime Al Pacino meravigliosamente eccessivo.
Caricando a volontà, esagerando, epicamente attirando i riflettori solamente sulla mia scena.
Solo forse pure a cena.
Ah ah.
Comunque, un altro anno è andato a farselo dare nel culo.
E forse pure la mia lei è giusto che si sia tolta dal cazzo.
E questo è quanto…
Ah, lei non mi dia del lei, mi dia del tu e io le darò del tè. Perché si arrabbia? Voleva un caffè?
di Stefano Falotico
Omaggio al grande Rutger Hauer, la mia vita da replicante ricorda la Total Recall delle mie origini da Paul Verhoeven
Sono specializzato, d’altronde, nelle freddure.
Ebbene, lo sappiamo. Se n’è andato anche un altro maledetto per antonomasia.
Ovvero, il grande Rutger Hauer, protagonista di tante pellicole memorabili, altresì onnivoro, cinematograficamente parlando, d’innumerevoli schifezze.
Born:
January 23, 1944 in Breukelen, Utrecht, Netherlands
Died:
July 19, 2019 (age 75) in Netherlands
Ora, nato a Breukelen, vale a dire in Olanda, cioè i Paesi Bassi ove purtroppo abitano a tutt’oggi molti italiani che, semmai, stazionano fisicamente a Milano ma nel cervello sono poco statuari, diciamo.
Breukelen, da non confondere dunque con Brooklyn, chiamata a sua volta da quelli di Little Italy as Broccolino.
Voi siete sempre brocchi e poi, umiliati da voi stes(s)i, sbroccate. Dando voce al peggio delle vostre bocche sboccate.
Abbisognate di più bocciature.
Di mio, sono bassino, solo uno e 68, portabile al metro e settanta se indosso scarpe da ginnastica coi tacchetti e potabile a uno e sessanta dopo una giornata di merda per cui ho la schiena a pezzi.
Sì, m’ingobbisco, mi rannicchio e soffro tutte le osteoporosi possibili.
A me furono fatte peraltro varie diagnosi totalmente erronee e ora erro, anti-eroe, in una zona di prognosi riservata, in uno spazio-tempo melanconico simile al celeberrimo monologo finale di Blade Runner.
Per cui s’utilizzarono molte scene di Shining. E ho detto tutto…
Sì, vago da Lupo solitario come il primo film da regista di Sean Penn, ricordando che fui young e ora sono un Indiana Jones solo delle mie tempie maledette, distrutte da emicranie che mi donano, si fa per dire, una semi-paresi facciale da Ryan Gosling di Blade Runner 2049.
Questo Ryan, cazzo, non muove un muscolo facciale ma riesce a essere più carismatico di Takeshi Kitano.
Kitano soffre, per caso, della paralisi di Bell? E allora come mai non è bello come Gosling?
Sì, l’ho già detto ma lo ripeto. In Drive, Gosling ha recitato invero il remake di Hana-bi – Fiori di fuoco.
In realtà, la storia è molto diversa. Ma le atmosfere di Nicolas Winding Refn ricordano molto quelle malinconiche del capolavoro kitaniano par excellence.
Insomma, se proprio vogliamo sintetizzare, alla buona, la trama di Drive:
un uomo che, a prima vista, potrebbe sembrare Kurt Russell di A prova di morte, si dimostrerà esattamente il contrario. Laddove Kurt fu misogino e testa di cazzo sfasciacarrozze, Gosling sogna invece con Carey Mulligan solo un amore pirotecnico da fuochi passionali assai poco artificiali, dei fiori di figa per farla breve, ma fanno fuori il suo unico amico, quello sposato con la sua prediletta con cui non finì mai a letto e scoppiò un bordello.
Sì, su per giù, questa è la trama.
Abbiamo anche quel brutto uomo di Hellboy, Ron Perlman. Ancora una volta nella parte dell’uomo a cui nessuna donna assennata, di sesso assetata, direbbe… ehi, sei un playboy, di nome Nino.
Mentre ne Il nome della rosa fu Salvatore di nome ma non di fatto per sé stesso. Tant’è che lo bruciarono vivo.
Ah ah.
Di mio, per anni m’hanno ridicolizzato, trattandomi da bambino quando invero avevo già un ottimo cosino, mi sfottevano, urlandomi:
– Ehi, Stefanino, anche oggi l’hai pigliato nel c… ino?
Sì, guardate, uno schifo. Una vita piena di botte…, mie mezzeseghe.
Ma andiamo con calma. Sempre meglio comunque che finire come quei minchioni esaltati che vanno soltanto, da mattina a sera, a mignotte.
Vado dallo psicanalista e mi sdraio sul lettino. Lo psicanalista è un uomo, non è dunque Lorraine Bracco dei Soprano…
– Allora, qual è la diagnosi del cazzo, dottorino?
– Falotico, lei non soffre di nulla.
– Ah no?
– No, ma se continuerà per la sua strada, farà la fine di Ray Liotta di Quei bravi ragazzi.
– Non è un grosso problema. Sempre meglio che finire come Joe Pesci.
Guardi, le sarò franco. Se io fossi davvero un gangster come James Gandolfini, lei sarebbe la mia Lorraine. Potrei pure innamorarmi di lei. Ha delle gambe stupende. Ma Lorraine è una gatta da pelare. Ottima figa, per carità, ma l’ha mai visto Tracce di rosso? In quel film, Lorraine tocca l’apice della gnocca, ma che zoccola…
– Dunque, che vuole fare nella vita?
– Non lo so. Canterò Luna di Gianni Togni e Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano. Anche Gianna!
– Un po’ pochino, Stefanino.
– Sì, ma vale la pena elevarsi? Ci si brucia presto. Pensi a Roy Batty…
Io ne ho viste cose…
– Ah sì? Mi racconti. Sono interessato. Mi tolga anche una curiosità. Ha visto anche molte cosce?
– Sì, gliel’ho detto, Lorraine Bracco ha un paio di cosce, almeno le aveva, da guinness dei primati. Sì, vai da Lorraine, lei è mora sebbene spesso si tinga di biondo, le offri una bionda, lei ci sta e diventi un primate.
Forse, sei talmente eccitato, da battere pure ogni primato.
– Cioè? Questa non l’ho capita.
– Ah, lei non ha di questi problemi. Con quella faccia… sembra Billy Crystal di Terapia e pallottole, lo sa?
– Ecco, a parte gli scherzi, mi dica. Lei mi ricorda la ragazzina di Ecce Bombo…
– Sì, faccio cos(c)e, vedo gente…
– Sostanzialmente, non fa niente.
– Diciamo che mi arrangio. Non sono un Soldato d’Orange.
Che poi, caro mio, uno crede all’amore e a dio ma è capace che un vescovo gli lanciai una maledizione da Ladyhawke.
Sì, ad Aguillon, preferisco gli aquiloni.
Comunque, è un casino essere un uomo, sa? Ci sono dappertutto degli attentatori dei nostri volatili…
Per dirla alla Lino Banfi, sono volatili per diabetici, cioè cazzi amari.
In Ladyhawke, Hauer è un falco, in Nighthawks è uno psicopatico che ammazza quelle più bone come Michelle Pfeiffer.
Al che interviene lo Stallone en travesti.
Cioè, per ammazzare questo porco che uccide come ne Il silenzio degli innocenti, indossa i panni di Buffalo Bill.
Il silenzio degli innocenti è un film reazionario, peggiore di Cobra.
Scusi, lei è uno psicanalista, giusto?
Mi spieghi il finale.
Allora, questa Clarice Starling va in manicomio… da Hannibal Lecter. L’unico che può aiutarla a capire la mente di Buffalo.
Che cazzo se n’è fatta di tutte quelle splendide delucidazioni, se poi, anziché aiutare Buffalo e curarlo, lo ammazza come una Furia cieca neanche avesse di fronte il protagonista di The Hitcher?
Buffalo non era un matto incurabile come John Ryder, era un uomo con dei problemi. Lei doveva salvarlo.
Peraltro, Jodie Foster è pure lesbica… sa com’è? Poteva addirittura sposarsi Buffalo. Avrebbero vissuto felici e contenti.
– Secondo me, Falotico, di lei nessuno ha capito chi sia davvero.
Lei è forse Andreas Kartack de La leggenda del santo bevitore.
Ma non voglio santificarla. Lei è un peccatore come tutti.
Sa che Anthony Hopkins, prima di vincere l’Oscar per il menzionato film di Jonathan Demme, era come lei, in questo momento?
Sì, pensava sempre al suicidio. Era perfino alcolizzato. Lei non è alcolizzato ma tabagista, questo sì.
Ora, il nostro colloquio è finito. Alla prossima.
Ma, prima di salutarla, mi dica… le piace ancora Cristina Quaranta?
– Certo. Come fa a saperlo?
– Ho appena visto il suo video su YouTube. Quali sono le sue bionde preferite?
Anche Katarina Vasilissa de L’uomo che guarda è stata un mio must per an(n)i.
Gliela faccio io, ora, una domanda.
Che ha da guardarmi?
– Lei mi piace, sa?
– Ah, ora capisco il significato del termine psic-ANAL-ista.
Non mi rilascia neanche la ricevuta fiscale.
Morale della favola:
mai pensare di avere a che fare con un agnellino quando invece hai dinanzi uno con una mente che ti sbrana.
di Stefano Falotico
Con le donne funziona così, sì, come quel bravo ragazzo di Ray Liotta con Lorraine
Eh già, funziona sempre così. Henry Hill/Liotta, a inizio di Goodfellas, subito dopo i titoli di testa, dice: che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster.
Un incipit fenomenale che da solo varrebbe già il prezzo del biglietto. Per non parlare di tutto il resto. Ma che te lo dico a fare? Sì, Donnie Brasco ha copiato da Quei bravi ragazzi. Film, quest’ultimo, epocale.
Le scene cult qui si sprecano.
E a circa mezz’ora dall’inizio, il signor Scorsese in pochi minuti ci fa capire che l’amore non è bello se non è litigarello. Ah, Ray è un bullo ma è certamente un bell’uomo.
E Lorraine Bracco, sì, inizialmente appunto non lo sopporta. Lui fa il bambinone perché è un timidone ma entrambi, a dirla tutta, sono dei bei marpioni.
Ray è un volpone e Lorraine uno sticchione. Come dicono i “mafiosi”.
Un bel pezzo di passerona, niente da dire. E anche lui però non scherza. Col ciuffo da bananone, un po’ bambagione ma non certo un ricchione.
Ecco, va proprio come vedete in questo film. Non date retta alla De Filippi, i ragazzi e le ragazze di Uomini e donne vengono pagati per far finta di essere innamorati. E fra loro non vengono per niente.
Una vera e propria sceneggiata napoletana.
Mica come a Little Italy. Ove la gente si faceva le corna, gli amici si scornavano e i bastardi, cioè i pentiti, tradivano e di te si scordavano.
Gente di “buon” cuore gli italoamericani. Sempre a mangiare spaghetti e a preparare polpette.
E Ray aveva fascino, cazzo. Altro che Corona Fabrizio. Lei va su tutte le furie, scende a gran velocità nel suo quartiere basso e l’insulta, strillandogli in faccia che non se la merita.
Infatti, poi se lo marita. Ah ah. Sì, io sono esperto di queste crisi di gelosia.
Una volta, arrivai con un’ora di ritardo al ristorante cinese ove io e lei avevamo prenotato. Al mio arrivo, trovai solo il cameriere che mi disse:
– Mi spiace. Era stufa di aspettare.
– E ora dov’è andata?
– Non lo so. So solo che l’ho vista uscire con un altro.
– Che cosa? E con chi?
– Non lo so. È la prima volta che l’ho visto nel mio locale.
– Porca puttana! Senti, dammi qualche indicazione, forniscimi qualche generalità. È alto, come porta i capelli?
– Guarda che sono soltanto un cameriere, mica un profiler.
– Senti, garçon, non fare il coglion’. Quanto vuoi?
– No, io non voglio nessuna mancia. Non siamo ne Le iene. E comunque garcon significa ragazzo, non fare il Tim Roth di Pulp Fiction.
– Senti, tu sai benissimo dove sono andati.
– Certo che lo so.
– E dove sono andati?
– Sono andati a scopare, ecco dove sono andati.
– A scopare? Senti, scopa a terra prima che te le suoni. Non mi prendere per il culo. Lei non è la tipa d’andare col primo che capita.
– Invece lo è eccome. È venuta pure con me.
– Che cosa?
– Sì, me la son fottuta. Adesso, vedi di fotterti.
Scattò la rissa.
A parte gli scherzi, se non volete andare a puttane, l’amore è gioia ma anche dolore.
Un continuo tira e molla.
Ad esempio, lei mi chiese che facevo nella vita:
– Scrivo libri.
– E riesci a camparci?
– No, ma se vuoi ti recito una mia poesia d’amore. Dopo mi passi 30 Euro su PayPal?
– Ma che modi sono? Comunque, ok. Grazie. Ne sono lusingata. Poi ti mando i soldini. Forza, sparala.
– Ecco, la poesia è questa. Aspetta solo un secondo. Non mi sovviene. Lasciamici pensare.
– Dai su, mi sto squagliando.
– Ecco, la poesia è: sei bella e buona come una ciambella, sei arrapante come l’uomo più ficcante, fra poco faremo l’amore in maniera tonante.
Ti piace? È una bella poesia, non credi?
Partì lo schiaffo in faccia e un calcio nelle palle abbastanza spappolante.
Dopo essere stato tre settimane al traumatologico, lei venne a trovarmi con far incazzoso ma dolcemente ammaliante.
Di solito sono gli uomini che regalano le rose alle donne.
Lei infatti mi regalò un crisantemo.
Dicendomi:
– Ti chiedo scusa. Quando ti dimetteranno, comunque questo è il mio numero di cellulare. Chiamami.
– Perfetto. Appena mi tolgono le fasciature, posso mettertelo, quindi?
– Allora sei proprio una merda. Beccati questa!
Le tre settimane preventivate dal medico, ecco, divennero tre mesi.
Lei, nel frattempo, andò pure con l’infermiere.
Presto io e lei ci sposeremo.
Non so se però ancora se scoperemo.
Una volta sposati, infatti, sono altri cazzi…
di Stefano Falotico
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Quel bravo ragazzo, che mi ricordi, era un fan di Ray Liotta e andava sempre a mignotte sotto Bracc(i)o, così come Il padrino
Sì, festeggiarono i 25 anni di Goodfellas, e Liotta da padrone la fece.
Liotta piaceva sempre a un malfattore, era ed è il suo attore preferito, non ho mai capito tale affiliazione a tal pseudo-attore con le gote bolse e butterate. Insomma, uno dalla carriera andata molto a puttane, che non ne ha più azzeccata una.
Il tizio, invece, ancora le prende per il culo, ci sa fare, infatti è un fattone.
La vita, si sa, è questione di fatt(or)i(a) degli animali.
Il padre di tal porcello, ad esempio, si professava professore e amante del Teatro di Goldoni, ma era solo un godone.
Sposato a una Lorraine più racchia, la tradiva col coinquilino del secondo pene, no, volevo dire piano.
Ma non vi andava cauto, col suo vicinissimo si appartava in cantina, e lo facevano come delle cagnine, lui sfoderava anche i canini, sì, abbaiava al buio, latrava in quella latrina, ululava di oca giuliva, (st)rideva, digrignava, perfino lo azzannava, non solo inculava.
Insomma, gentaglia da metter in quel posto.
Li rivedrò in tribunale, non sono (un) pentito.
Se fossi un pentecostale, sarebbe Cape Fear.
di Stefano Falotico