Nella vita vi è chi può e chi non può, dunque tristemente pontifica sugli altri con trombonesca monoporzione della sua limitata visione del mondo e del prossimo, con prosopopeica boria da mentale minorazione da uomo malato di fegato amaro in maniera sesquipedale. Eh già.
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Mi sopporto, no, non tanto, sopportami, anzi supportami
Eh sì, questa vita è un porto di mare e io ne son il lupo. Come Robert Shaw de Lo squalo. Sì, gli squali mi mangeranno e sarò dunque, come si suol dire, “squalificato”. Ma ancor non mi squaglio, suvvia, sopportatemi, son uomo dalla sigaretta sghemba su lineamenti “di traverso” e, come si evince, dal piccolo taglio sulla fronte, uno che ha il bernoccolo. Sì, la mia testa è molto sviluppata, ne ha prese talmente tante che io, mia cara, ti darei una “bottarella”.
Annichilito e poi rinsavito, ecco l’uomo da tutte ambito, tranne che da sé stesso. Sì, io spesso mi odio, vorrei essere meno bello di quello che sono, e faccio di tutto per rovinarmi la vita.
Ma fa parte della faccia di “culo”.
di Stefano Falotico
Ready Player One, la patetica nostalgia degli anni Ottanta di una generazione di beoti
Sì, Spielberg è stato un grande, un accentratore del sincretismo culturale, un fantastico manipolatore dei sogni, perfino uno dei primi, nel Cinema, ad asserire l’inconfutabile verità che, al di là della nostra triste vita terrestre, oberata da etichette formali, da imperiosi obblighi perniciosi, da un Occidente sempre smanioso di privilegiare il culto dell’apparenza, afflitto dal materialismo più insulso, può esistere e sicuramente esiste la vita aliena. In maniera incantevole, giocando con l’infanzia di tutti, con la bellezza dolce di quell’età sognante, ha girato quel capolavoro immane che è E.T. e chi sostiene che non lo è… oh sì, è solo un adulto che ha perso il suo Peter Pan, un Hook meschino che non sa più amare la poesia degli stupendi miraggi fantasiosi della vita nella sua cristallina limpidità, al di là di ogni sovrastruttura, di ogni falso e capitalistico adattamento mendace, una vita che solo a quell’età può volare alta, anche quando vivi in una cittadina sperduta americana e ti abbagli della semplicità grandiosa del tuo microcosmo costellato di stelle roboanti dell’immaginazione ancor non inibita, sfrenata, gioviale, sincera come può essere il sorriso lieto di un bambino che non sa che i suoi padri fondatori sterminarono gli indiani…
E sono capolavori Lo squalo, Incontri ravvicinati…, Duel, la dimostrazione di come si possa girare un film solo con una macchina e un camion, I predatori dell’arca perduta, un film che dal nulla inventa un mito, Indiana Jones, e ci fa credere davvero che un uomo prestante, come lo era all’epoca, Harrison Ford, possa essere un “professore” archeologo esperto di antichità. Assurdo… sì, Han Solo nelle mani di Spielberg diventa un atletico uomo fascinoso un po’ alla 007 dotato di una cultura immensa. Inconcepibile, ma lui lo rende credibilissimo.
Quindi, al di là di qualche parentesi godibilissima ma non perfetta, vedi alla voce Jurassic Park ed epigoni, Spielberg decide di “crescere” e inizia a girare tutta una serie di film “impegnati”, da Il colore viola a L’impero del sole (film magnifico), da Schindler’s List, col quale viene consacrato finalmente dagli Oscar, ad Amistad a Salvate il soldato Ryan, film in cui abbonda la retorica ma che a loro modo funzionano lo stesso, e poi gioca parodicamente col grande Sogno Americano, scherzandoci crudelmente sopra ma sempre con la delicatezza “infantile” di un uomo moderato, elegante, e materializzando questa sua disillusione in Prova a prendermi, l’ultimo, vero colpo del nostro Steven.
Poi tantissimi film, A.I. da Kubrick, Minority Report da Dick, La guerra dei mondi da Wells, e tanta altra roba “inclassificabile”, Munich, che alcuni considerano un film gigantesco e altri, fra cui io, un film troppo “serio” per essere suo, come se Steven in questo caso avesse voluto dimostrare di essere, che ne so, un Frankenheimer. Invece, Spielberg è Spielberg e funziona alla perfezione quando è sé stesso, indiscutibilmente un genio, uno che è un factotum, creatore della Dreamworks, che ha prodotto Zemeckis e tante favole appunto spielberghiane, appoggiando Joe Dante e continuando a creare una realtà fatta della pura materia dei sogni.
E ora “bestemmierò”, permettetemelo: se abbiamo avuto una generazione di nerd inconsolabili, di trentenni-quarantenni ancor col ciuccio in bocca, intellettualmente impressionanti, non si può obiettare che non lo siano, eh, dai su, citazione incarnata essi stessi di tutto il “marasma” percettivo che hanno introiettato nell’infanzia e nella prima adolescenza attraverso film e televisione, lo dobbiamo a Spielberg.
Impazza la Stranger Things mania, no, non è un male, Stranger Things è il top di questo tipo di “cultura”. La vetta sincretica, appunto, di tutto quell’immaginario, una serie fondata sul citazionismo a piene mani, che plagia dichiaratamente un po’ tutto, e nel suo insieme è una meraviglia, un toccasana per l’anima.
Ma come è iniziato tutto questo? Da quando è partita questa “storia?”. Forse eri un bambino che adorava The NeverEnding Story (sì, neverending tutto attaccato, non a caso), La Storia Infinita, ed eri già un Bastian… contrario al mondo adulto, e sognavi di svolazzare con un cagnolone assieme ad Atreyu e di poter baciare la tua Principessina…, oppure eri Young Sherlock Holmes e fantasticavi nella tua Piramide di paura. No, il primo non è prodotto da Spielberg, il film di Levinson sì, ma potrebbe esserlo pure il primo, appartiene di diritto a questa filosofia…
C’entra anche Chris Columbus in questo “delirio” e, mio nerd, non gridare Mamma, ho perso l’aereo se vedi i tuoi coetanei sistemati e tu invece non hai i soldi per comprarti nemmeno una Smart, è la vita che hai voluto. Sei un uomo da Xbox che non ha mai praticato la “boxe” della vita vera e tu il Cinema di Barbet Schroeder non sai neanche cosa sia.
Quindi, non venirmi a far la predica.
Io sono un barfly, sì, come Bukowski il mio motto per vivere felice è sempre stato: meno gente vedevo, meglio stavo.
Sì, la gente è noiosa, prevedibile, va dal prossimo e la prima domanda che gli fa è: ma che lavoro fai? Hai una ragazza? Ah no, e come fai a campare? Sarai pazzo. Non sei normale.
Poi legge un mio libro e pensa che io abbia cinque lauree e invece scopre un “black–out istituzionale” che non si spiega! Ma com’è possibile? E rimane scioccato.
Insomma, il ready player one sono io. Non si tocca!
Eh sì, molti dicevano: una volta che tornerai nella realtà, puoi anche scavarti la tomba. Di questo ne sono ancora molto sicuri?
Ecco, potrei mettervi in cuffia Forever Young degli Alphaville, e invece io sono figlio delle streets o f fire… a rock & roll fable incarnata, in another time, another place…
NOWHERE FAST!
Insomma, qui parliamo di un uomo di un’altra categoria e catch me if you can, se ci riesci, devi sapere che poi impazzirai. Ah ah.
Ah, a proposito, lo squalo sono io.
Il Genius naviga sott’acqua e a volte affiora, poi ritorna nel plancton, mentre gli altri rimangono coi loro (rim)pianti e hanno radici piantate nel mondo delle trombate, dei soldi e di altre “bambinate” del genere.
Cazzo, guardiamoci in faccia. Siete messi di merda. Siete dei pescioloni! Oramai l’unica cosa in cui credete è che dovete pagar le bollette.
– Cristo, ma tu sei un bambino.
– Sì, a morire nella vita grigia ci penserò poi. Però devo svelarti qualcosa di “mostruoso”. Ho un uccello abbastanza grosso…
– Le tue, bello, sono solo fantasie.
– Le tue invece sono troie. Ti saluto.
di Stefano Falotico
Federico Frusciante e Spielberg – (Non) ha tutti i torti, qualche torta in faccia
Egregio amico Frusciante, dopo mesi di astinenza dai suoi video, la volontà altissima del Cristo, se (r)esiste, ha voluto che cercassi e trovassi tal suo cortese, pregiato video su Spielberg, che LEI, esimio, bistratta, e su cui centra molti giudizi per i quali siamo concordi, dei quali abbiamo letto e imparato a menadito le recensioni del Mereghetti, su cui molte/i di essi, come si capisce, combaciano con le sue parole, talvolta rubacchiate dal Paolino. Dissento, infatti, su Munich, così come parimenti fa Paolo nel suo celebre, non so se celebrato, Dizionario, poiché considero Munich opera di fascinoso splendore e attimi folgoranti, quanto molto noiosa in alcuni spezzoni e con un Daniel Craig al solito piacioncello prima che diventasse il James Bond più odioso della Storia. Sul resto siamo in perfetta sintonia.
Riproponiamo dunque, però, qui il suo amato-contestato video. De gustibus.