Posts Tagged ‘Live Action’

THE LION KING: il Falò canta Can You Feel the Love Tonight del grande Elton John!


25 Sep

dav

Sì, non andrò a vedere questo remake live action del Favreau.

Perché l’originale, sebbene molto infantile, non si batte.

Disney purissimo, favola meravigliosa. Sostenuta, oserei dire issata in gloria da un Elton John epocale, monumentale, sesquipedale con la sua canzone indimenticabile.

Ovviamente bambinesca ma dolcissima. Capace di distruggere ogni duro crucco-nazista soltanto col potere deliziosamente armonico delle sue corde vocali. Superbamente intonate alla mia anima a volte allegra, poi malinconica. Falotica!

Sì, l’entusiasmo è a mille.

Nel 2006 vincemmo i mondiali. E la semifinale Germania-Italia fu qualcosa di straordinario.

Mancavano pochissimi minuti. L’Italia partì all’arrembaggio. Pirlo sfoderò un gran tiro ma gli venne parato in maniera miracolosa.

Calcio d’angolo. Ancora la palla finì a Pirlo che, spiazzando tutta la retroguardia germanica, passò magicamente la sfera a Grosso che, con un balistico colpo di genio, trafisse la Germania intera.

Annichilita, stesa, distrutta.

Che tentò disperatamente di pareggiare.

Ma Cannavaro spuntò dal nulla, con una velocissima serpentina s’intrufolò sino a centrocampo, quindi Girlardino in stato di grazia, con stile, fintò e consegnò il pallone ad Alex Del Piero.

Che, con freddezza degna d’un campione vero, indovinò una palombella devastante.

E la Germania definitivamente inculò.

Insomma, un uomo alla Falò.

Quando gli altri pensano una cosa di lui, credendo di pararlo e soprattutto paralizzarlo, lui meravigliosamente, inaspettatamente li stupisce.

Lasciandoli a bocca aperta.

La palla è finita sotto l’incrocio dei vostri “peli” mentre altre sfere anche stasera finiranno, graffianti, dentro una bellissima pantera.

Poiché ricordate:

quando cala la sera, è allora che si vede l’uomo vero, mica tanto ma sicuramente di m… ia tanta, che accarezza i capelli femminili, morbidi come una folta criniera e soffici antiteticamente a qualcosa che rende la donna un soprano stupendamente. Un uomo fiero, ferino per ogni fiera.

Che grinta, che carisma. Mi spiace per gli altri animali della giungla, riesco a essere sia Tarzan che Il re leone anche quando mi viene voglia… del richiamo della foresta. Ma lascio stare le tribali carnalità dei festini. Sono un uomo festivaliero, sono un condottiero. No, ma quale Re! Mi accontento di essere un Principe. E, comodamente, con la gamba accavallata, al ristorante ordino un altro piatto d’insalata. Non dando nell’occhio, anzi, dandolo eccome. Oggi son Dondolo, domani Biancaneve lascerà i nani e manderà a quel paese il suo uomo, Brontolo, miei tonti.

Giammai me la racconto, son forse pure Dracula, il conte.

 

di Stefano Falotico

Con l’impresentabile Dumbo, la carriera di Tim Burton può dichiararsi finita? E la magia del Cinema esiste ancora?


27 Mar

02_dumbo_dtlr2_4k_r709f_still_181105

dav

dav

Ecco, premetto questo. Il film non l’ho ancora visto e credo che in sala non lo vedrò.

Perché dovrei recarmi in una multisala e verrei attorniato da una massa tanto festosa quanto insopportabile di bambini pestiferi e chiassosi. I bambini sono la nostra salvezza ma non è propriamente bellissimo, eh eh, assistere al film di un maestro, quale Tim Burton comunque insindacabilmente è, e venir distratti da incontenibili entusiasmi molto, anzi troppo, fanciulleschi.

Detto ciò, mi attengo, almeno per il momento, a quelle che son state le reazioni della stampa italiana nei confronti, appunto, di Dumbo. Che in maniera quasi del tutto unanime e impietosa ha dovuto ammettere che, malgrado la forte simpatia che noi tutti abbiamo sempre riserbato nei riguardi di Tim, cantore favolistico dei diversi, delle vite difficili ed emarginate, sublimatore fantastico di ogni durezza della vita attraverso le sue nere fiabe poetiche, stavolta ha decisamente toppato. E forse la sua carriera s’è stoppata.

Perlomeno, davvero inceppata.

Invero, la Critica americana gli è stata più benevolente ma, si sa, noi italiani siam retorici a parole, demagoghi in trincea ma anche realisticamente, inevitabilmente più cinici. Sì, paradossalmente, questo già bistrattato Dumbo aveva tutti i crismi di un possibile capolavoro burtoniano. La storia dell’elefantino volante, vessato da tutti, che si dimostra prodigiosamente straordinario, lasciando anche i più stronzi e dal cuore di pietra, come si suol dire, con un palmo di naso, ovvero di proboscide, eh eh.

Ma a quanto pare, almeno leggendo le critiche, qualcosa non ha funzionato. Anzi, non ha funzionato nulla. I personaggi sono stereotipati, Colin Farrell che c’entra? E Michael Keaton, per quanto possa sforzarsi, a pelle non è credibile nei panni del cattivone. E soprattutto questo live action è stato accusato di mancare di poesia. Dobbiamo essere crudelmente schietti. Tim Burton non azzecca un film da una quindicina d’anni e passa. Ma è proprio così? In realtà, il Cinema di Tim Burton è sempre stato questo. Poetico, sì, ma anche molto stilizzato. In un certo senso, persino freddo. E sempre più mi stupisco che in Singles lo si abbia paragonato a Scorsese. In verità, Scorsese è quanto di più agli antipodi rispetto a Burton. Anche se Hugo Cabret, sì, qui lo dico, già lo dissi, è il miglior Scorsese degli ultimi vent’anni. Pensate che bestemmi? No.

Non fatemi più vedere, ad esempio, quella boiata stupida di The Wolf of Wall Street. Oltre a essere un film indubbiamente poco poetico, qui manca propria la poetica, signor Martin. Non v’è morale, non v’è nulla a parte le zinne di Margot Robbie e qualche scena finto-scabrosa che potrà aver entusiasmato e scioccato qualche sempliciotto in vena di scandali ma a me non ha fatto né caldo né freddo. Un film orribile! Diciamocela. Mentre Shutter Island è un film mediocre. A essere proprio sinceri, nei contemporanei tempi del cinismo a buon mercato di Black Mirror, la magia del Cinema, forse un po’ di tutto, s’è persa.

E noi non siamo più quei bambini attorno al falò di John Houseman dello splendido Fog di John Carpenter. Le storie fantastiche, le storie sui fantasmi, le storie tenebrose non ci spaventano né emozionano più. Quindi, non è vero che Tim Burton è finito e che il Cinema stesso sia agli sgoccioli. È la nostra umanità che è deperita, incancrenita, abbruttita. Siamo una società senz’anima ed è tutto un altro discorso. Se dite che questo è moralismo spicciolo, non è così, se volete dire invece che è purtroppo la verità, ahinoi, è così. La gente non crede più ai sogni perché tanto si è accorta che si era fatta soltanto un film inutile e pretenzioso. E la smettesse quindi Ligabue con le sue Luci d’America.

 

Le stelle sull’Africa 

Si accende lo spettacolo 

Le luci che ti scappano dall’anima

 

Ecco, a parte che Africa e anima è una rima baciata, no, assonanza dissonante da filastrocca per neonati, la dovrebbe finire Luciano di conciarsi come il gatto con gli stivali.

E smanacciare al vento nelle lande americane. Luciano, mi dia retta, torni nella sua Romagna e si pappi una piadina o un panino con la mortadella.

Lei, molti anni fa, era anche bravo. Va ammesso. Metteva pepe. Adesso è più sciupato in viso di Tim Burton e potrebbe fare concorrenza a Tim Roth de Il pianeta delle scimmie.

Sì, non me ne voglia, si scherza, lei ha perso da parecchio la testa come Chris Walken de Il mistero di Sleepy Hollow.

E, se continuerà su questa strada, farà la fine di Ed Wood versione “rock”. Sì, prenderemo i suoi ultimi album e li faremo a fettine come Edward mani di forbice. Una bella “tosatura”. Potatura!

Sì, la sua musica si è involuta paurosamente. È passato dai romanticismi schietti e ruvidi da Beetlejuice – Spiritello porcello, con tutti i doppi sensi che infilava da marpione qua e là, a romanticherie più buoniste de La fabbrica di cioccolato.

Insomma, lei si sta trasformando in un fenomeno da baraccone, mio briccone. E, ora che è diventato un riccone, fa proprio il ca… e.

Tanto non ci credi manco tu, Luciano, col tuo lifting da Alfonso Signorini.

Tu eri uno del popolo, un po’ sconcio e sbracato, onesto e simpaticamente sguaiato, perché mai ti sei dato al patinato più scontato?

Questo è grave, molto preoccupante. Sì, ci vuole un chirurgo plastico per rifar daccapo questa società di plastica. Questa società di svastiche e vacche. Ci vuole la poesia di un elephant man.

Un Falotico lynchiano che linci, trinci, no, tranci con occhi da lince come Travis Bickle questo mondo andato oramai… e sapete dove. Sì, un mondo che va stroncato subito. Prima che possa arrivare al primo posto del box office di ogni altra puttanata.

Che gigione che sono, ah ah, un po’ Topo Gigio, qualche volta uomo grigio, spesso uno che non transige in quanto della morale ligio. E volteggio nell’aria, ballando di naso lungo alla Pinocchio anche se le sventole mi tirano le orecchie. Solo quelle…

Insomma, mi sa che Luciano ce lo siamo giocati.

Tim Burton è quasi del tutto andato.

Rimane solo un uomo favolista.

Ed è anche favoloso.

Un uomo che va sempre più su, anche se spesso, va detto, questa società di pachidermi lo vuole mettere in gabbia.

 

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)