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Omaggio a Morricone, le sue migliori colonne sonore: epico, rivoluzionario, monumentale


06 Jul

ennio morricone

Se n’è andato. In punta di piedi. Nel suo stile, sobrio e al contempo, come le sue colonne sonore magnificenti, in sé stesso magniloquente. In quanto ha sempre vissuto discretamente, umilmente.

Lasciando un vuoto, dietro di noi, incommensurabile. È morto il più grande compositore di colonne sonore della storia del Cinema italiano e non solo.

Colui che, dopo aver composto la colonna sonora del sopravvalutato, pressoché inguardabile e tedioso The Hateful Eight, riciclando un suo geniale pezzo portante della soundtrack de La cosa, fu, assieme a Sergio Leone, l’anfitrione dell’utilizzo della musica, nella Settima Arte, a mo’ di cavalcante, scalpitante crescendo rossiniano d’emozioni immensamente potenti.

Autore, ça va sans dire, di colonne sonore da urlo per la celeberrima trilogia del dollaro leoniano.

E, prendendo in prestito la celebre frase del doppiaggio straordinario di Giancarlo Giannini di Donnie Brasco, pronunciata in originale da un Al Pacino bravo in maniera spaventosa, che te lo dico a fare?

Amico e amici…

Che c’entra Donnie Brasco?

C’entra, eccome. Sebbene Morricone, per questo bellissimo film, non abbia composto una sola nota.

Memore degli echeggianti fasti roboanti forse perfino di C’era una volta in America, il capolavoro di Mike Newell (sì, lo è, non ridacchiate) con Johnny Depp e Pacino si staglia, in modo unico e originalissimo, all’interno del panorama cinematografico di genere gangsteristico.

Se Francis Ford Coppola, per esempio, alla pari di Arthur Penn, nobilitò i criminali, magnificandoli in modo agiografico nella sua saga del Padrino, se Scorsese li mitizzò in Quei bravi ragazzi e, allo stesso tempo, li ridicolizzò come se ci fossimo trovati in una pantomima piena di disgraziati in cerca di remissione dei loro peccati, i quali scelsero, forse persino inconsapevolmente disperati come Frank Sheeran di The Irishman, eh già, la strada del male, sviscerando altresì, sotto forma di metafora, la sua antropologica visione della società, da lui giustamente intesa come una classista piramide ove, per sopravvivere, devi addirittura, accettando malvolentieri una tristissima esistenza malavitosa, adattarti giocoforza alle varie mafie quotidiane per tirare a campare, a meno che tu, tradendo gli accordi, non voglia finire crepato oppure, parafrasando Joe Pesci, cornuto e mazziato come Daniel Day-Lewis de L’età dell’innocenza, dicevo…

Dicevo, in Donnie Brasco, Mike Newell ci sorprese. Ma come!? Il regista di Quattro matrimoni e un funerale ebbe davvero la sensibilità, tipicamente italoamericana, di riuscire a sfoderare un gangster movie che, in effetti, tale non è?

Poiché è la storia di un’amicizia profondissima così commovente da lasciarci stesi. Su una sceneggiatura strepitosa, meravigliosamente giocata sulle dualità e sulle ambiguità perfino dei (o dai) risvolti non sempre comprensibili d’un intreccio, nel finale, volutamente complicato, Paul Attanasio creò uno script, poi recitato da dio, anzi da dei, veramente da Oscar. Da applauso!

Ove Al Pacino/Lefty voleva un’altra vita, forse un altro figlio. Persino nel suo “lavoro” poco nobile è stato scavalcato e declassato. Che uomo sfortunato ma, nella sua “famiglia”, ci tiene a ribadire, orgogliosamente non sicuro di sé ma d’origini certamente sicule, che tutti cammina/ino a testa alta.

E lui non è un allocco.

Ha avuto un cancro in una zona assai delicata e, se a Danny Aiello, i “goodfellas” di Once Upon a Time in America, combinarono uno scherzaccio di cattivissimo gusto, scambiando le culle in modo tale che suo “figlio” non potesse mai, un giorno, avere un tumore in quella zona sopra accennatavi, in Donnie Brasco, Johnny forse non voleva, in cuor suo, fare il poliziotto.

Affascinato, inconsciamente, dalla vita d’un Jack Nicholson di The Departed in versione molto più sfigata.

Lefty, al che, sognò la vita onesta che non poté mai avere, per una ragione o per l’altra e, di contraltare, Donnie forse non voleva fotterlo. Forse, non voleva neppure fottere una moglie piccolo borghese, noiosa e troppo perfettina come Anne Heche.

Forse, un Depp in versione Zac Efron di Nonno scatenato.

In cui De Niro lo “salvò” da una vita da laureato riccamente sistemato, donandogli il piacere inoculatogli della giovinezza recuperata.

Poiché Zac, in verità, non voleva continuare a fare l’avvocato, sposando la persona “giusta”. Voleva essere un po’ “fuori” e innamorarsi sempre di più di una ragazza dei fiori, leggermente auto-emarginata, una fotografa della vita che, sino alla fine dei loro giorni assieme, immortalerà quei piccoli attimi di felicità che la vita può e potrà donarci, estasiandoci d’inviolabile purezza e dolcissima venustà incantevole e incantata.

Senza troppe sovrastrutture, schemi mentali vetusti e superati, senza più pedagogie a buon mercato e maestrine già nate stanche. Già mentitrici, dalla nascita, riguardo i loro godimenti più veri, in quanto li sacrificarono fin dapprincipio sulla base di chissà quale onore mai esistito.

Quale? Quello, per l’appunto, caratteristico di chi ragiona come i mafiosi. Vivendo di stereotipi(e), di scremature, di suddivisioni sciocche e bigotte tra falliti e arrivati, forse solo figli di puttana cinici e arrivisti?

Ennio se n’è andato come Lefty/Al, lasciandoci tramortiti e senza parole come Johnny/Donnie nel finale.

Non so poi perché ma, quando rivedo Al Pacino in Donnie Brasco, mi ricordo di quando giocai a Calcio nella scuola Calcio Bologna. Lefty assomiglia al padre di Ortisi. Erano siculi.

A tutt’oggi, non ho mai conosciuto un calciatore “arrivato” di cognome Ortisi.

Mi ricordo però che imparai a nuotare da solo, rifiutando le lezioni della piscina Record situata al Pilastro.

Così come ricordo benissimo il finale de Il giovane Holden.

Mi spiace però deludere i miei hater ché mi danno del sociopatico. Non sono Salinger.

Ma voi che sapete? Che cosa volete sapere?

Fra cent’anni, parleranno di Ennio come di una leggenda.

Già lo è.

E questo è quanto.

Se non vi emozionate, ascoltando le colonne sonore di Ennio, anzi, nel cuore auscultandole, non siete degli indiani. Ma aridi come l’Indio, sì.

Indio, il gioco lo conosce/i.

Come la vedi? Ah ah

Quindi, quali sono le più belle colonne sonore di Ennio?

Suvvia, lo sapete meglio di me.

 

di Stefano Falotico

Il mondo è un licantropo, è mutato paurosamente e voglio raccontarvi tante storie, dalle più allegre alle più stoiche, dalle più tristi alle più strambe, forse son Rambo o Joker…


09 Nov

sean penn this must be the place

Quel che più m’importa è essere il pagliaccio di This Must Be the Place.

Racconto num. 1: un ragazzo troppo bollente riceve una freddura tremenda

Partiamo con le maschere di Facebook…

Chi più chi meno, tutti usano FB per dare sfogo all’esibizionismo spesso cialtronesco di questo grande, collettivo spogliatoio ch’è divenuto il mondo. Ove tutti millantano grandi doti e poi scopriamo gli altarini loro soltanto perché sbagliano chat

Sì, a me successe più volte.

Tempo fa, un ragazzo che si professò nobile e già egregio, per (im)puro errore, chiamatela forse distrazione o momento suo ormonale d’una erronea erezione, eh sì, mi recapitò una foto alquanto sconcia di lui senza mutande.

Vi cliccai sopra, sebbene già in “piccolo” avessi notato le sue scarse proporzioni non solo mentali.

Sì, mi bastò osservarne la faccia da culo per comprendere che era un nano.

Dinanzi a me si parò qualcosa di sessualmente anomalo. In quanto fu indirizzato a me.

– Oddio, che figura di merda. Scusami, Stefano. Non prendermi per un puttaniere. Ho mandato a te questa mia foto delle parti intime, era in verità per la mia ragazza.

– Figurati.

– Ora, so che cosa stai pensando di me, ti prego. Non cancellarmi dalle amicizie. Ah, qui s’incasinano le chat, si accavallano più delle gambe delle vallette in tv. Ero sovrappensiero e ho allegato a te questa foto. Non penserai mica che sono un debosciato e un pervertito?

– No, perché dovrei pensarlo? Ti sei scusato e mi hai detto che era una foto rizzata, no, indirizzata alla tua ragazza. Significa che fra voi v’è molta intimità. Spero solo che certe cose tu a lei le mostri davvero.

– Sì, malgrado ancora a lei non abbia mostrato niente di ciò che si mostra solo a letto, non l’abbiamo ancora fatto. Anzi, le volevo mandare questa foto per farle capire che sono dotato. Stefano, oramai l’hai visto? Ce l’ho mostruoso?

– Non sono cazzi che mi riguardano.

– Guarda, ora per farmi perdonare, sai che faccio? Compro tutti i tuoi libri e dico alla mia ragazza leggerli accuratamente e di farti pubblicità su Facebook. Ok?

– E se la tua ragazza s’innamora, così, di me?

– Cazzo, non ci avevo pensato.

– Prima di lasciarti, devo dirti una cosa.

– Quale?

– Ieri sera mi ha contattato una tizia, dicendomi che è la tua amante, non è la tua ragazza.

– Ma chi? Quella? Ma tu dai retta a quella matta? È solo una puttana.

– E se io ora andassi a dire a questa qui, con tanto di screenshot, che le hai dato della puttana e mostrassi questa foto sempre a questa qui, che cosa succederebbe?

– Succede che mi sparo in testa, ecco cosa succede.

 

Racconto num. 2: il fenomeno pensò di prendere per il culo il mondo, sostenendo che se ne fotteva…

Sì, anni fa conobbi un tizio che mi disse quanto segue:

– Stefano, non me ne fotte nulla dei film e dei libri. Tanto, si può campare anche senza.

 

Tre giorni fa costui inserì su Google una campagna fundraiser con la scritta:

sono all’inferno, ho l’amministratore di sostegno, m’imbottiscono di farmaci. Aiutatemi, vi prego!

 

Ecco, dopo aver sfanculato tutti, chi gli darà credito? Cioè qualche lira?

 

Racconto num. 3: tutti risero di me, pensando che finalmente mi fossi risvegliato dal letargo e dunque credendo che sarei andato incontro a una devastante derisione, fu per tutti un’immane delusione

Uh uh che ridere.

Vai, ce la puoi fare, ah ah. Mitico, idolo, leggenda.

Sei Sbirulino, uno scemino.

Questa la natura delle offese.

Secondo voi avevano ragione?

Una tragedia.

 

 

di Stefano Falotico

Aforismi falotici di un Sabato da “abate”, forse da monachicchio


18 Nov

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La conoscete la leggenda paesana e meridionale del “monachicchio?”.

Il monachicchio è uno spirito guascone, allegro-fantasmatico che, quando meno te l’aspetti, pervasivo s’insinua con far brioso e pungente, rendendo la vita più strana di già com’è e insinuando dispettosi dubbi nella mente paciosa delle persone. Egli va di notte con le scarpe tutte rotte, è bassino e fa il solletico al tuo cane bassotto, giocando di sberleffi fra gente altolocata e piccolo borghesi qualunquisti, mette il dito fra moglie e marito e non so se abbia buon gusto, di certo i suoi scherzetti “abbaia” e in questo burlarsi di tutto fa simpatiche bue al buio, non è un asino ma ce l’ha coi buo(n)i a nulla, e irriverente striscia grottescamente fra le piccole menti della bigotta gente.

In realtà il monachicchio è un personaggio inventato, quasi favolistico, forse favoloso della cultura della Basilicata, e mio nonno, essendo un materano, me ne parlava, riempiendo di incubi la mia vita di bimbo innocente che, ascoltando queste storie, si scoteva nel raccapriccio del suo cuor turbato che poi se le ripeteva a memoria, ben attento a non incappare in questo “celeberrimo” monachicchio, incrocio burlesco fra il Krueger di Nightmare e Casper.

Come dice Wikipedia… di Carlo Levi del Cristo si è fermato a Eboli…

I monachicchi sono esseri piccolissimi, allegri, aerei, corrono veloci qua e là, e il loro maggior piacere è di fare ai cristiani ogni sorta di dispetti. Fanno il solletico sotto i piedi agli uomini addormentati, tirano via le lenzuola dei letti, buttano sabbia negli occhi, rovesciano bicchieri pieni di vino, si nascondono nelle correnti d’aria e fanno volare le carte e cadere i panni stesi in modo che si insudicino, tolgono la sedia di sotto alla donne sedute, nascondono gli oggetti nei luoghi più impensati, fanno cagliare il latte, danno pizzicotti, tirano i capelli, pungono e fischiano come zanzare. Ma sono innocenti: i loro malanni non sono mai seri, hanno sempre l’aspetto di un gioco, e, per quanto fastidiosi, non ne nasce mai nulla di grave. Il loro carattere è una saltellante e giocosa bizzarria, e sono quasi inafferrabili. Portano in capo un cappuccio rosso più grande di loro: e guai se lo perdono. Tutta la loro allegria sparisce ed essi non cessano di piangere e di desolarsi finché non l’abbiano ritrovato. Il solo modo di difendersi dai loro scherzi è appunto di cercarli di afferrarli per il cappuccio: se tu riesci a prenderglielo, il povero monachicchio scappucciato ti si butterà ai piedi, in lacrime, scongiurando di restituirglielo. Ora i monachicchi, sotto i loro estri e la loro giocondità infantile, nascondono una grande sapienza: essi conoscono tutto quello che c’è sottoterra, sanno i luoghi nascosti dei tesori. Per riavere il suo cappuccio rosso, senza cui non può vivere, il monachicchio ti prometterà di svelarti il nascondiglio di un tesoro. Ma tu non devi accontentarlo fino a che non ti abbia accontentato; finché il cappuccio è nelle tue mani, il monachicchio ti servirà. Ma appena riavrà il suo prezioso copricapo, fuggirà con un gran balzo, facendo sberleffi e salti di gioia, e non manterrà la sua promessa.
Così, in questo Sabato moscio, in cui ancora nella mia stanza avvisto dei mosconi, in questa società ipocrita che grida di star zitti e mosca, in cui nel mio quartiere si vedono molte Vespe, con far vispo io scrivo massime che massimizzano il mondo, i drammi quotidiani minimizzando e il mio umore di buon tono aizzando.

 

1) Molte persone bollite giocano le bollette, dette anche scommesse, per pagarsi le bollette. E spesso di rabbie e frustrazioni ribollono, cuocendo la sera il bollito.

2) Se non hai pagato il bollo della macchina, sei dai carabinieri francobollato.

3) Credo che gli alieni esistano. Come dubitarne? Solo un pazzo potrebbe credere che siamo i soli nell’universo, retti da qualche Dio al di sopra di noi. Che idiozia antropocentrica. Sì, gli alieni ci sono, e penso che siano organismi pluricellulari. Ma ho il dubbio che posseggano più di un cellulare a testa.

4) Quando la vita va male, fatti un giro per le strade. E vedrai tanti barboni ai semafori a far l’elemosina. Sì, l’umanità si divide in due categorie: quelli che diventano barboni e quelli che hanno in casa un barboncino. Se non si appartiene a queste categorie, forse si ha una moglie come Barbie oppure si è uomini barbosi. Certamente, se non sono donne, tutti hanno la barba. Che poi se la taglino dipende dal taglio barbonesco che si vuol dare alla faccia da schiaffi.

5) Vado sempre al bar a prendere un caffè e il barista alle volte sul resto bara. È un baretto. A proposito, a Bari ci sono i baristi? Ah no, scusate, i baresi. Insomma, io baro, tu barasti, e c’è chi di cognome fa Barale.

6) Per vivere bene, non bisogna farsi troppe domande. Ma viverla come viene. Se però la tua amante viene male, devi farti una domanda da uomo vero.

7) Uno che ce l’aveva con me mi gridava che ero uno sfigato mentre la gente con le palle scopa, si diverte, va alle feste. Di mio, so che c’è anche chi sgobba, non si diverte e a cui fanno la festa. Mangiamoci una Fiesta, dai.

8) Molti uomini soffrono del complesso di Edipo. E hanno mogli castranti. Poi, vanno al cinema a vedere un film della Disney. Contenti loro…

9) Sebbene molti pensano, pensino, che la mia vita sia andata a puttane, non sono mai stato con una puttana. Però spesso dico delle puttanate.

10) Sono un uomo dal carattere difficile. Alle volte son anche bugiardo. Ma in fondo, siamo onesti, chi mi conosce sa che sono onesto. Io sì, lui mente.

11) Manson è in fin di vita. Pare però che in prigione, nonostante sia stato uno dei più grandi malati di mente della storia, sia diventato anche malato di mentine. Sì, gli piacevano un sacco.

12) La vita va presa con filosofia. Bisogna filosofeggiare. E di stronzate festeggiare.

13) Comunque la metti, non avrai la donna dei tuoi sogni. Lei è lesbica e preferisce darti un pugno.

14) La gente è ossessionata dal sesso. Eppur molte persone son dei cessi ma lo fanno anche in bagno. Pure coi bagnini. Adesso vado a farmi un bagnetto.

15) Dopo il Sabato, c’è la Domenica. A meno che non si crepi di Sabato. Di mio, ho tanti mercoledì.

 

di Stefano Falotico

Maometto e la montagna di muscoli torreggianti!


27 Sep

Maometto, di montagna ferrea e “rampicante” la sua ancestrale energia, smonterà pezzo per pezzo quel pazzo di dar la vita ad andarla in Matt(e)o

Molta gente bigotta, turlupinata dalle “gioie” effimere della bigiotteria, agghindata di retorica, con “oral” sboccar volgare non crede oramai più, se mai credette, ai profeti.
I profeti non sono dei folli, esistono e (s)compaiono tra la folla. E taglian ogni ottuso fallo…


(Parola del Signore, versetto del capitolo intitolato “Vendetta punitiva”, 13 del 79 a cura di Ezechiele il lupo…)

Non credo al buddhismo, perché preferisco cremare la mia magrezza in cremose “dolcezze” aggressive come un cucchiaino che (of)fende il budino. Ai bambini offro delle caramelle e infilo loro in bocca una sigaretta Camel, a torta “Cameo” per rinforzarli col nutrimento “ruvido” del già fortificare i loro polmoni in vista della vita “adulta”.  Le comparse non servono! Meglio subito che aspirino l’amarezza dai retrogusti aciduli, ché non smaltino le labbra nel “burro” di cacao baciante le impudicizie delle più agre ragazzine ad abboccarli. Altrimenti, giunti a trenta, il lor uccello si rimpicciolirà in un ruolo “invisibile”.
Sì, con integerrima (im)moralità, perseguo la vita (dis)innamorata a ludico sfottò rivolto contro la piccola borghesia (s)fottente, fetenti ostinati e dalla testardaggine lenta come le testuggini lumache dei loro odiosi, inutili attestati per approvarsi “superiori” di quel che m’appare sol carta igienica da parati del culo.
Non m’ammal(i)ano con le lor moine, non ammansiscono e non ammainerò la mia indole “diligente” a porger loro una “riverenza” di me rinomato, amante dell’ammattirmi soprattutto di primi matt(in)i quando il Sole levriero si leva a Oriente nel mio ilar pensiero che va fresco nella fierezza fra le giocose ebbrezze dello spensierato insultar tali olezzi.
Sì, “adulti” cafoni soffrono di meteorismo e così evacuano cazzate dallo sfintere per sfinire i “peti” disturbanti dei giovani più a(l)itanti. Ma con me non attacca la flatulenza. Son io che di finezza affino a puntin’ il mio ritorcer loro ogni (r)espi(r)ante mongolfiera della loro mentalità da mongoli. Sono la Muraglia Cinese invincibile e appuntisco i più sottili arnesi nel bucar il loro “pulito” bucato d’an(n)i miei che rubarono.
Io faccio… crollar ogni Muro di Berlino. E v’iberno miei nazisti!
“Soffian” ad aprir bocca su tutto con frasi fatte del luogo comune più “a cul” di pigliar la vita come una stronzata. Specializzati infatti, “in fallo” sempre te(r)so e “orgoglioso”, nell’issare le frivolezze boriose. Ma, dai venti boreali d’una illesa potenza aeroplanante, con “pianezza”, sorvolai fin “lassù” al buchino di tanto lor (s)fiatare.
Pavoni della Bologna “bene”, giullari da Corte Isolani, asmatici di però logorrea che m’induce alle diarree, appunto… fenomenali bugiardi da circo dell’“orrorificio” sempre solipsista agli ombelichi e dunque ai “gioielli” fra tanto cagarle dagli orifizi, regalan alle lor “donne” degli adamantini “omaggi”, cioè pietre del lor cuoricino anaffettivo sol per farle… a fette di maiali dietro il cort(e)o del “rubin(ett)o” che tutte inganna a tracannarle.
Poi, dopo averne preso il sedere e inchiappettate di “(s)caricarle” come degli scarti a “cioccolatine”, tutte prima “scioglienti” e adesso smerdate con “gentile” glassa “fondente”, questi grassoni  ne adescheranno una dal “frigorifero” per “testare” la sua glaciale frigidità a friggerla “impanata”. Quante ne scannano e “scavano”.
Sboccati eppur “laureati” con un bicchierino di vinello e birra che sgorga da ogni por(c)o.
Lor sì che sanno vivere. Eh già “signore”. Questa è la moderna “signoria”.
Ma io, di principesca signorilità, continuo inesausto a sfiancarli.
Li tormento durante le notti loro “calde” nel raffreddar subito quei tanto a me schifosi (ro)venti an(n)ali, angustio le lor case “buie” a movimentare la Luna del mio lupo.

Così, freno i loro spiriti bollenti.
Vado da un bollito e lo marchio, impaurendo ancora la sua calma “piatta” quanto la sua “donna” vacca. Mentre la tromba, e nell’altra stanza sua figlia fa la rumba con un mezzo Rambo tamarro dei poveri, ecco che il suo cazzo “duro” ruzzola sgretolante nell’uscir esterrefatto… dalla cavità di quella di figa sfatta col “visone”, intesa non sol di faccia mostruosa ma specie… di pelliccia non depilata, e “(am)mira” il mio “spaventapassere”.
Indosso il passamontagna e lo “bendo” nell’urlargli senza freni la sua nuda (s)cena da bovaro come quello lercio nel fienile.
Sono il fantasma oscen del palcoscenico. Quando meno se l’aspettano, ecco che il lor amplesso trema di nuovo “(av)venente”.
Contattano telefonicamente un CSM per accusarmi ancora di demenza ma non c’è nessun intervento se non un “bisturi” ficcato alla loro esistenza da chirurghi plastici.
Sì, li torturerò a deformare ogni lor atroce sconcezza, ad agghiacciarli anche quando il lor cam(m)ino sarà, a cantuccio e a cuccia, segregato in cantina come morti viventi arsi.

Ah sì, miei Asinelli… ah ah!
Ciuccerò la lor idiozia da babbei, quindi babb(uin)i, nel rabbuiarli di tante bue.
Sono un bove? No, un “buono”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. La bamba (1987)
  2. Ghostbusters – Acchiappafantasmi (1984)
  3. Ehi amigo…sei morto! (1971)

Genius-Pop

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