Posts Tagged ‘Lee Van Cleef’

L’emozione non ha voce e Pregherò (Stand by Me) – Vai, Adriano Celentano!


04 Oct

Sono l’erede di Adriano Celentano.

E ho una voce più roca e portentosa perfino del figlio di Giannini.

So imitare addirittura Enrico Maria Salerno che doppiò Clint Eastwood in Per qualche dollaro in più.

Poiché sono amabile anche a Sorrento, mi spengo come il Vesuvio e quindi erutto, in mezzo ai bifolchi che ruttano, come l’Etna.

Che volete farci? Che volete farmi? Sono vulcanico, eruttivo, con le donne erettivo. Sebbene sia selettivo.

Ed è giusto che me la tiri.

Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per te, mia donna, con me Il cielo è sempre più blu.

In quanto, con la mia voce celentanoide, sono a te, donna, offerto follemente come il mitico Rino Gaetano.

Diciamocelo, mi si può odiare ma è indubbio che il Falotico abbia un che di diabolico.

Tra le fiamme infernali, gli invidiosi infingardi si bruciano i fegati mentre io con te, donna, ardentemente sfioro quel ch’è, fra le tue gambe, già infiammato.

 

di Stefano Falotico

adriano celentano

KILL BULLY -Un cortometraggio cattivissimo conto ogni forma di violenza fisica, psicologica e non


15 Aug

killbully

Diciamocelo, questo mio video, apparentemente senza senso, è un capolavoro.

Qui recito quello che già scrissi e dissi poche ore fa.

No, mi spiace non ha funzionato.

È una tragedia.

Ma non buttiamola in burla con delle banalità.

 

 

di Stefano Falotico

True Detective 3: requisitoria sociale contro i puttanoni alla Stephen Dorff, il ritratto dell’idiot savant


13 Jan

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Addentriamoci in questa stagione e inoltriamoci anche nella testa di questo Rust Cohle, ovvero il Falotico sottoscritto, oddio mio, Stephen Dorff, il troione per antonomasia.

Sì, appena vedo Stephen Dorff ho dei rigurgiti. Poi l’avete visto come sta combinato in questa serie? Con capelli posticci, un mezzo parrucchino impresentabile.

No, non sono un parruccone ma odio i parrucchieri. Sì, il mio barbiere, Franco, con me c’impiega cinque minuti a tagliarmi i capelli. Gli dico soltanto di farli più corti. Un’acconciatura decorosa senza look da bambocci.

Sì, Stephen Dorff è la nemesi del sottoscritto, il Falotico. Rappresenta la quintessenza d’un pornoattore che, un tanto al chilo di suoi addominali a tartaruga, grazie al suo stronzo agente cinematografico, riesce a incappare in qualche buona produzione.

Immagino sempre quando i produttori devono scritturarlo.

– Per questo film, si è candidato Stephen Dorff.

– Ma no. È un puttaniere conclamato. La qualità del film ne risentirebbe. Non ha l’allure di un uomo di classe.

– Lasciamici pensare. Uhm, be’, non abbiamo di meglio. Jude Law è impegnato al momento, McConaughey ha già girato True Detective, De Niro è troppo vecchio oramai, ci sarebbe quello lì disponibile. Sì, mi risulta che in questi giorni sia libero. Viggo Mortensen.

– No, Viggo chiede troppo. Dai, prendiamo Stephen.

– Ma fa schifo al cazzo.

– Sì, ma non vuole una grossa cifra. Tanto che te frega? Fa la parte secondaria. Poi non è male. Piace alle donne, alza l’audience. Sì, a tutte queste bimbette con gli ormoni a mille, malate di serie televisive, non interessa nulla della diegetica della storia e della messa in scena. A queste zoccoline in erba interessa solo un bel faccino. Le visualizzazioni aumenteranno.

– Mah, non sono convinto. Dorff non ha niente di affascinante. L’unica parte davvero adatta a lui è stata quella in Somewhere, cagata micidiale premiata da Tarantino a Venezia. Ma come cazzo ha fatto Quentin a premiare un film beceramente idiota come questo? Sì, Stephen è accettabile però, qui. Interpreta sé stesso, il burino arricchito, scambiato per star, che passa le giornate a fare il voyeur e a farsi spompinare da Laura Chiatti, andando a dire che ha recitato con Meryl Streep, tanto Simona Ventura di Telecaz’ è andata sempre avanti, lo sapeva bene Stefano Bettarini. Pezzo di marcantonio, un marcatore a zona delle palle nella mentecatta catodica simpatica come il culo.

– Be’, sappiamo che Quentin ha premiato quel film perché si scopava Sofia Coppola.

– Ammazza che orrore. Non sarei stato nella loro camera da letto manco se mi avessero dato venti milioni di dollari. No, Stephen Dorff è un bel ragazzo e come attore è una merda, ma vedere i freaks che s’accoppiano è roba da pervertiti.

– Guarda che Quentin è stato anche con Uma Thurman. Tanto brutto non deve essere. Un certo fascino ce l’ha, diciamo, un qualche ascendente sul gentil sesso.

– No, non è mica brutto. Sembra solo Boris Karloff di Frankenstein ma possiede una testa ottima. Comunque, Uma è stata con Quentin perché le ha dato il ruolo della Sposa in Kill Bill. E Uma, per ringraziarlo dall’averla salvata quando a Hollywood se l’inculava soltanto Ethan Hawke, ha ricambiato il favore in termini carnali. Quindi, quest’altra Uma la finisse di fare la femminista che ce l’ha con Weinstein. Se non era per Harvey, non avrebbe mai recitato in Pulp Fiction. Ah, tutte queste bagasce!

– La Thurman è stata anche con De Niro.

– Sì, aveva venticinque anni o giù di lì. Doveva pur succhiare l’uccello del più grande attore del mondo per fare carriera e spacciarsi come una “talentuosa”, no? Ah ah.

 

Ma torniamo a Dorff. Sì, nel suo carnet può vantare scopate e flirt da Soul Asylum, ah ah, proprio un “Religiavision”.

È stato con la bombastica più puttana di tutti i tempi, Pamela Anderson. M’immagino le loro giornate assieme. Stephen tornava a casa. Lei, con foglie d’insalata fra i denti, gli sussurrava che si era annoiata a fare la ceretta e gli preparava la “cenetta”.

Una vita elevatissima. Di salsicciotti e pollo arrosto. Con Pamela che, mentre glielo menava, stava attenta a non rompersi le unghie.

Sì, Stephen Dorff, l’incarnazione del tamarro par excellence diventato attore perché, fra una Lela Star fottuta dietro scontrino fiscale e una sua bevuta di s… a, no, di birra, guardava i neri dell’NBA che facevano canestro mentre stava già pensando a come far il bucaniere con un’altra gallina che l’avrebbe spennato.

Insomma, è credibile secondo voi uno con questa faccia da ganzo con a fianco la mignottona che gli sussurra nell’orecchio… no, non sei un ricchione, sei molto ricco però, tu sei il mio uomo, facciamogliela vedere. Scopiamo qui, davanti a tutti, come ricci, mio ciccio.

Sì, è identico a Pasolini, Dorff. Non credete, ah ah.

Tanto la madre delle baldracche è sempre incinta e va a nozze il lucky bastard. Ah ah.

Sì, non vi sopporto più. Avete la fissa del sesso. Lo mettete in bocca… dappertutto. Avete ribaltato tutto. I rockettari cafoni alla Tommy Lee sono dei grandi perché sanno di maschio zozzo, ruvido, porcello. E votate Salvini, continuando nei bullismi, nei più biechi fascismi, avete tutti la stessa faccia. Sembrate spuntati da Brazil di Gilliam, offendete chiunque, voi ve ne fottete, sapete come si sta al mondo.

Voglio ora parlarvi di un tipo di nome Calzolari. Uno sciroccato che incontrai, per mia disgrazia, molti anni fa. Dopo essere andati a vedere The Aviator di Scorsese, costui, in preda a un delirio co(s)mico, mi guardò con aria compassionevole. Mi chiese, a visione terminata:

– Cosa ne pensi, Stefano? Ti è piaciuto?

 

Gli dissi cosa ne pensavo con una disamina di circa trenta minuti mentre lui, non ascoltando nulla di quello che gli dicevo, stava a pistolare col cellulare, cercando di circuire una sgualdrina contattata in chat per “uccellarsela”, come diceva lui.

Al che, stufato dalla mia recensione “in diretta”, forse perché la tipa l’aveva mandato a farselo dare nel culo, mi vomitò queste esatte, lodabilissime parole da vero “studente” di Scienze Politiche e Amministrative.

– Mi hai rotto! Basta! La gente scopa, si diverte, va alle feste! Demente!

 

Ma costui in fondo è un poveraccio. Molto peggio quelli che per anni si son fatti scarrozzare, poi guardavano i peggiori blockbuster filo-fascistoidi di Roland Emmerich e puttanate affini. Sognando di farsi la guagliona puzzolenta dopo una settimana di genitori fustiganti e liberavano i loro alien(at)i in un cazzone Independence Day.

A canticchiarmi le loro derisioni nello sputarmi addosso il ritornello degli Jarabedepalo, Depende.

Sì, di solito, alle persone scambiate per Flavia Vento, si dice… ah sì, dipende dai punti di vista.

Peccato che anziché essere Flavia Vento assomiglio molto di più a Blade.

Vi sta venendo un forte dubbio. Avevate scambiato uno così per il Dorff di Cecil B. DeMented?

Credo proprio di sì. Non siete stati attenti a forza di pensare alle vostre donnette alla Melanie Griffith.

In Italia siamo messi male, abbiamo i romanzetti rosa, i gialletti, i galletti e Marco Giallini. Ho detto tutto.

Come dice il grande Lee Van Cleef in Per qualche dollaro in più: – Ragazzo, sei diventato ricco.

– Siamo diventati ricchi.

– No, tu solo. E te lo sei meritato.

– E la nostra società?

– Un’altra volta…

 

Che film ragazzi. L’Indio sta ammazzando Lee e spunta Clint.

Sei stato poco attento, vecchio.

Si alza la musica.

Colonnello, prova con questa. Indio, tu il gioco lo conosci

Continua la musica e a Gian Maria scende la lacrima e gli tremano le gambe. Che si può dire di me, invece? Sono un rigorista. I portieri pensano che voglia piazzare la palla in un angolo e invece si trovano sempre spiazzati. Alle volte, gli arbitri mi danno del pazzo, mi ammoniscono, talvolta vengo espulso, sto in panchina e quindi rientro in gioco. Faccio il difensore, il terzino, il mediano, l’ala fluidificante poco ficcante che sei tu e il centravanti coi suoi colpi di testa. Ficco le palle in buca ma non mi buco. E, in questo spiazzamento collettivo, mangio un gelato un piazza. Dopo una buona pizza. Ah, guarda quella. Calze col pizzo. Chissà se le piace il mio pizzetto. Sì, vorrei da quella un pizzicotto ma di me non è cotta, andasse a bagnarsela nella fontana, lurida bigotta. Ma sì, non pen(s)iamoci, siam pieni di mignotte.

Ehi, Biondo, la sai di chi sei figlio tu?

Direi di finire con C’era una volta in America.

Sì, facciamoci un bagno.

Adesso, scusate, devo andare a pisciare.

Il Monco: – Colonnello, ma tu… sei mai stato giovane?

Colonnello Mortimer: – Mh, sì… e anche incosciente come te. Fino al giorno in cui mi accadde un fatto… che mi rese la vita estremamente preziosa!

 

 

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di Stefano Falotico

Rust Cohle, l’uomo che sentenzia, ma non è come Clint Eastwood di fronte a Sentenza 


22 Apr

Treu Detective

L’altro giorno, un medico mi ha detto una cosa che di primo acchito ho preso per un’offesa, invece era un sottilissimo complimento.

– Lei assomiglia molto a Italo Calvino.

– Perché mai?

– Leggo i suoi libri e i suoi scritti e ogni volta rimango sconvolto. Poi, dal vivo, lei spiccica due parole in croce e bisogna provocarla per ottenere una conversazione che possa definirsi conversazione.

Italo Calvino era un genio.

– Cosa vorrebbe dire con questo?

– Lo sa benissimo cosa volevo dire, anzi, cosa ho detto.

 

Eh sì, l’atimia mi ha incasinato la vita. Taciturno al massimo, immobile, con sguardo alla Ryan Gosling nei suoi momenti di contemplazione, che non capisci se ti sta prendendo per il culo, se è autistico, o se invece sta meditando su come meglio scoparsi Eva Mendes (sta ancora con Eva, a proposito?). E la gente, guardandolo in quello stato catatonico, pensa: ah, poveretto, beato lui che non capisce…

Poi, scopre che Ryan è First Man, e ci sarà un motivo se per la parte del primo uomo sulla Luna è stato scelto lui, no?

Sì, Ryan dà spesso l’impressione che sia talmente oltre il cicaleccio mondano, le ripicche, i pettegolezzi, le maldicenze, le bigotte dicerie, i luoghi comuni, che per forza dev’essere un umanoide, un superuomo, un androide alla Blade Runner.

Ma io direi di spostare nuovamente l’attenzione su Rust Cohle. Sì, come nel magnifico incipit del Moby Dick, ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri… ecco, riguardo Rust Cohle.

E mi convinco, puntualmente, che Pizzolatto abbia centrifugato tutti i suoi studi filosofici sul pessimismo, adattandoli all’avvenenza decadentista e sciupata di McConaughey per forgiare di aura “figa” la sua stronzata. Sì, so che dissentirete, voi che non siete amanti di dissenteria, ma le merde incarnate senza bisogno mai di evacuarle.

E abboccate a ogni puttanata moraleggiante che vi rifilano. Già ti vedo, bello di mamma, distrutto da una vita di ricatti genitoriali, strozzato dalla tua adolescenza schizofrenica, a eccitarti quando Rust dice:

credo che sia da presuntuosi volersi ostinare a sottrarre un’anima alla non esistenza e relegarla nella carne, trascinare una vita dentro a questo tritatutto, e mia figlia mi ha risparmiato dal peccato di essere padre.

Sì, ti scorgo, sai? Ecco che stai avendo un orgasmo dinanzi a queste parole, dirimpetto a questa cagata cosmica. Sì, perché ti sei sempre sentito un figlio respinto, menomato, poco amato, e tua madre ti strilla che sei un ritardato e soffri, soffochi, ti strazi, e poi sudi sette camicie a sognare di volare alto, dimenticando l’orrore della tua acerba età complessata, “compressata”, implosa, repressa, depressissima.

E fra te e te ecco che motteggi un… cazzo, sì, hai ragione fratello Rust. Fanculo! Non dovevo nascere, non dovevo essere un uomo senziente, Dio boia, è mostruosa la mia sofferenza psicologica, devo fuggire, devo andare altrove, devo riflettere, guardare un film orientale, scappare in Giappone, risalire e scalare le Ande e respirare la freschezza delle querce secolari dell’Amazzonia. Questa mi sta stretta, mi tarpano le ali, tutto questo sesso vivandato, gridato, euforizzato mi dà alla testa, impazzisco, eppur freneticamente non lo resisto, perché sono vivo, perché la mia pelle si ribella, si scuoia onanistica e poi si placa, e ancora si tormenta di estasi che m’addolora le viscere.

Dai su, guardati una partita di Calcio.

E dico a te, amante di Leopardi, agnostico che non crede eppur crede, non cede, resiliente resiste, esiste, esistenzialista cazzeggia nella sua mente, credendosi Dio sceso in terra, snobbando la gentucola ché tanto non ci arriva e dorme illusa o incosciente…

Credo che la coscienza umana sia un tragico passo falso dell’evoluzione. Siamo troppo consapevoli di noi stessi. La natura ha creato un aspetto della natura separato da sé stessa. Siamo creature che non dovrebbero esistere… per le leggi della natura.

E io credo che la cosa più onorevole per la nostra specie sia rifiutare la programmazione, smetterla di riprodurci, procedere mano nella mano verso l’estinzione… un’ultima mezzanotte in cui fratelli e sorelle rinunciano a un trattamento iniquo.

 

Eh sì, roba tosta, roba da non dormirci la notte, roba per tonti e dormiglioni. Così capita un giorno che semmai fai un figlio e allora le possibilità sono due: o continui a pensarla così e prima o poi arrivi al suicidio, o il figlio lo devi educare alla bellezza della vita, per quel che ci è concesso vivere. E capisci che devi trasmettere a tuo figlio una visione serena dell’esistenza, lo istradi al godimento e ai divertimenti ma comprendi anche che, se esageri in questa direzione, c’è il rischio che tuo figlio diventi un troione oppure si droghi da mattina a sera, e allora potrebbe morire di overdose o rimanere offeso. E devi quindi aggiustare il tiro, calibrare gli insegnamenti, stare sul chi va là, dare e poi togliere, premiare e punire, mentire ipocritamente per il suo “bene” ma essergli schietto se tuo figlio, troppo coccolato, si perde nel mondo delle meraviglie.

Al che, comprendi che le sane goliardie de Il buono, il brutto e il cattivo sono la formula giusta della vita. Non hanno pretese filosofiche, educative, ammaestratrici, non offrono nessuna visione perché la vita non è bella, certo, ma non è neanche orribile.

Adesso, scusate, vado a preparare i cannelloni.

E soprattutto a vivere sempre, nonostante tutto, come cazzo voglio io. Diranno che sbaglio tutto, ma meglio sba(di)gliare da sé che fidarsi dei matti. Perché devo confidarvi che tutti sono matti, tranne me.

Ho capito tutto? Non lo so, la mia risposta a tutto è non lo so.

Sentenza: – Non è tre il numero perfetto?

Biondo: – Sì, ma io ho sei colpi qui dentro…Lee Van Cleef

 

 

di Stefano Falotico

Ogni Stalker ha il suo Leone


17 Sep

Stalking, atti persecutori di una società ipocrita che, stavolta, ha incontrato un uomo più grande della piccola borghesia “probatoria” del (mis)fatto

Oggi, va di moda questo “termine”, cioè la caccia alla preda, quella serie di comportamenti reiterati, per di più “operati” da un “ignoto”, notissimo invece alla “vittima” accusante il “carnefice”, che lederebbero l’incolumità altrui, “minacciandola” con “dosaggi” spesso “dilazionati” e (s)canditi, al fine… d’indurre il “malcapitato”, preso di “mira”, a un profondo malessere psichico, a un’alterazione nevrotica tale da esasperarlo, a “condurlo” out of control, atteggiamenti tanto “minatori” da fargli… perder la brocca, come si suol dire, da “crocifiggerlo”, bestemmiante il “maledetto fantasma” che, a sua detta, lo “perseguiterebbe”.

Ora, perché quest’uso mio “fastidioso” delle virgolette? È abusiva la scrittura “tormentata” dall’integrità della propria espressività messa a dura prova da persone ottuse?

Cioè? Che voglio dire con questa domanda non retorica ma criptica? Da “tombale?”. Tale mio “ermetismo” sottende a una subliminale comunicazione di servizio?

No, di sevizie rovesciate ove, finalmente, gli accusatori saranno smascherati per aver loro stessi (in)teso male la trappola e, non avendo confessato a tempo debito il torto gravissimo commesso, sperano pateticamente, con tali mezzucci controproducenti, di seppellire ancora l’atroce, disturbantissima, imperdonabile verità. Infatti, specchiandosi, nelle lor budella, da ex bulli, “(r)odon” or (era ora!) il suono della coscienza sempre più (s)montante, urlando orridi come il mostro de “Il gatto nero” di Poe. Colui che all’inizio si sentì “protetto” con la polizia, giunta in sua “amorevole” dimora per chiedere informazioni in merito a un osceno “omicidio”, da codesto vile “sepolto”, ma poi, in preda a violenti, irreprimibili attacchi di panico del suo “scheletro” già morto nell’“armadio” da “forte” cagasotto, crollando a pezzi, teneramente lo stes(s)o, eh eh, si sciolse dinanzi alla sua inferta atrocità.

Anni fa, fui tormentato da una serie di persone poco rispettose delle mie scelte elevate di vita. Le quali, dopo avermi gridato “a modo” un “Levati!”, “anonimamente” mi “cacciarono” sul net. Coprendomi di (ver)gogne.

Ingenerando nel sottoscritto un terribile “disagio” tale da “costringere” le istituzioni a prendere delle mi(su)re “cautelative”.

Dopo tale “infermità” e dopo tal obbrobrioso, raccapricciante, ingiust(ificat)o stato di fermo, le dimissioni decretarono la giusta libertà.

Ma qualcuno ancora non ci sta. E persevera per volermelo cacciar nel sedere. Tutto qua e la storia non finirà purtroppo, per lui, qui. Caro baccalà, sei stato beccato.

Già, tale idiota denuncia a tutt’andar ad auto-prenderselo nel cu(cu)l’ perché avrà forse ricevuto qualche “mi(na)ccia” ten(d)ente a far emergere quel che, sbrigativamente, lui tacciò e tacque con l’accetta e l’aceto.

Piccolo particolare sfuggitogli… però, ahia, stavolta, c’è un’altra denuncia per violazione di “acconto”.

E i conti stavolta torneranno al nostro Indio?

Cicatrici “Alcatraz-iane” vs gli “ariani”


25 Sep

 

In una tempesta di miei sapori attenuati dal Tempo, dunque “stremati” o forse rinforzati nel presente, vergo impressioni “sovraimpresse” al quel che (non) fu, poté ma s’orientò a Oriente, appunto, ma non mi amputarono e son sommo poeta

Diary di ieri che mi sembra domani o forse imperscrutabile (ri)nascita

Sorvegliati speciali per destini “invertiti” nelle convergenze troppo spaziali e (a)variate, o da “aviatore“, per esser compres(s)e da chi s’imbocca e deglutisce l’assuefazione a bugiarde regole che li ammanettano a “castelli” di vetro, solidi come il rimmel d’occhi sempre assonnati e annoiati. Mai “ritmati”, sempre asmatica, mortifera “allegria” di tanto “vivere”.

No, non cambio. Semmai ingrano una marcia che sterza come il braccio “inaffondabile” di Lincoln Hawk, “camionista” della sua storia e del suo percorso “tortuoso” proprio fra i canyon di dolenze che, anziché indebolirlo, lo rinsanguano di rivincite a st(r)appar l’applauso quando tutto sembrava dissipato o “seminato” di “malsano”.

Sì, forse anch’io come Sylvester Stallone, alla sua età mi “civetterò” vanitosamente di morbido “mascara”, per coprir le rughe o “brezzolar” il grigiore, soprattutto dei tanti patimenti, di altre ferite “sbrananti” e mai “sbrinate”, ibernato e “p(l)acato” (anche le placche ai denti da “cariatide”, mamma mia, anche il dentrificio è una cataratta, che schifo questo catarro) in un rigido ma etereo Inverno solitario da “buffone” che copre le deturpazioni inflitte (Dio nostro Signore di Cristo, che f-r-itta-ta, ragazzi), “(s)fregiandosi”, senza freni né inibizioni, Egli stesso, esibizionista che ti guarda e ti sputa in faccia, “accigliato” ed “esaltato” appunto di “nasetto” che si screma in occhi da UFO in quest’umanità d “gufi”, d’invidie “a crepapelle”, a schivarti, “selciarti”, demoralizzarti, avvilirti e “avvitarti” nei “bulloni” delle loro gomme “pneumatiche”.

Non ho mai sopportato gli stronzi. Mi bastano 3, dico tre secondi netti per squadrarne uno e accerchiarlo d’occhio che non lo “accechi” pugnalandolo di risatina fac(c)et(t)a.
Sono io che lo “asfalto” e, prima che possa proferire le sue “predizioni” sinistre sulle mie (s)fortune, lo “falcio” con occhio appunto da Falco.

Mi chiamo Falotico, no? Questo, vi ric(hi)ama qualcosa?

Estranei che, di punto in bianco, ecco, le sparano grosse su chi sei, su chi eri, su ciò che non sarai.
E adorerebbero che morissi di “fame” con labbra essicate come un Eastwood “Buono“.
Ridendosela per poi asse(s)tarti il colpo di “Grazie di tutte le belle cos(ci)e. Buon lutto, addio”.

Ma non calcolarono le carovane e il carillon.
Sì, mio “caro”, ci rivedremo “testa a testa” più le croci del “cimitero” in un triello beffardo.
No, perché ammazzarti? Mi stai simpatico. D’altronde, ne abbiam (s)passate assieme. Tu prendevi per il culo me, e io “altrettanto”. Un giochino da “ma(s)chi“, tu ammicchi tutt’ora da “dottore” e di dose rincari, già, e io non “acclaro” proprio una “beneamata” tua provocazione, “sgattaiolandoti” addosso di riscatto che non t’aspettavi.
Pigliati questa pastglia, pensa a me…

Cosa ne sai tu dei “vecchi” a cui tolgono i sogni?
Dei giganti e delle mie stronzate?

Al che, Eli Wallach mi domanda se c’è stata una tresca fra me e la “locandiera”, tutta calda, tutta “insaponata”.
E Io: – Sì, mi ha versato da bere? Eli: – Che vuoi dire?
– Che al solito, razza di scemo, non hai capito un cazzo.
– Ehi, lurido cane. Lo sai di chi sei figlio tu?
– Di tua madre…
– Ora, stai esagerando. Come ti permetti?
– Scusa, siamo fratelli o no?

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Over the Top (1987)
  2. Il miglio verde (1999)
  3. Fuga da Alcatraz (1979)
  4. Il buono, il brutto e il cattivo (1967



Genius-Pop

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