Parte prima: incubo peggiore della morte di Laura Palmer
Ieri notte, accade nuovamente. Erano oramai vari mesi che non mi succedeva.
Un incubo mostruoso, non sto scherzando. Mi svegliai di soprassalto verso le quattro e mezza di notte e, in preda a spasmi convulsi, avvertendo una fortissima, lancinante sensazione di strozzamento, mi precipitai in bagno. Prima singhiozzai con potenza feroce. Come se stessi cercando di espellere un demone interiore che da tempo immemorabile m’attanaglia in maniera atroce.
Quindi, mi sciacquai il viso. E, specchiandomi, umidamente avvolto che fu il mio viso da gocce cristalline scivolate delicatamente dal rubinetto sui miei polpastrelli, mi agghiacciai. Rabbrividii!
Pallidamente sconvolto dal prendere coscienza che ero ancora terribilmente vivo.
Sì, non so se possa interessarvi. Forse, oggi e anche domani avrete da organizzarvi per rimorchiare qualche pollastrella in giro per strada.
Dunque, dei miei deliri lynchiani, più che altro da linciato, non so quanto possa fregarvene. So io cosa volete sfregare.
Sì, in passato, in tanti vollero fottermi, cioè fregarmi.
Poiché, contravvenendo io a molti stupidi dettami della piccola borghesia bolognese amante degli pseudo programmi culturali condotti da Ilaria Bignardi e fanatica di quegli scemi dei fratelli Gallagher degli Oasis, non videro di buon occhio il mio essermi recluso nella mia oasi felice.
Felice? Mah, mica tanto. A quei tempi, l’unica persona che, fra gli abissi e le sabbie mobili della mia atavica depressione, riuscì a risollevare qualche volta il mio umore, eh già, fu Teo Teocoli nella parte di Caccamo Felice.
Ho detto tutto.
Furono giornate inesistenti di puro, notturno esistenzialismo. Ove spesso m’identificai in Griffin Dunne di Fuori orario, patendo tremendi, imperterriti incubi kafkiani curati solamente dal credermi Michael Beck de I guerrieri della notte.
Sì, I guerrieri della notte finisce a Coney Island, patria dei barboni, degli emarginati, degli esclusi, degli sfregiati e adoratori dell’Asbury Park celebrata in molte canzoni da Bruce Springsteen.
Cazzo, roba che Jim Belushi de La ruota delle meraviglie mi fa un baffo.
Jim non è come il suo geniale, inarrivabile fratello compianto, John. Ma è simpatico comunque.
Nel film succitato, sa benissimo che sua moglie, interpretata da Kate Winslet, se la bagna con un bagnino. Ma lui continua a fare il giostraio, appunto, giostrandosi fra il perdonarla e non cornificarla.
Anzi, organizza pure una festa di compleanno con tanto di pasticcini cremosi, offrendo ai suoi amici i più croccanti cornuti, no, cornetti.
L’avete mai visto Capodanno a New York?
Jim recita, per pochissimi minuti, nel segmento intitolato Elevator. Sì, ripara gli ascensori.
A un certo punto, Ashton Kutcher e Lea Michele ne rimangono intrappolati dentro. Incastrati.
Insomma, Ashton mica tanto castrato. Ah ah. Sì, Lea Michele indossa collant su minigonna attizzante per l’uomo che deve subito spingere il tasto ALT, altrimenti so’ cazzi.
Jim libera Ashton dall’asfittica situazione imbarazzante, forse solo nascostamente rizzante.
Ashton, liberato che viene, anche se con Lea non viene, tira un sospiro di sollievo. Cioè, ansima come se fosse appena venuto al massimo tiro.
Jim la prende a ridere.
E ho detto tutto.
Ora, a parte gli scherzi, ieri notte sognai che degli ufficiali del quarto Reich sfondassero la mia porta di casa, m’imbavagliassero e, legandomi mani e piedi con la camicia di forza, mi ficcassero nello stesso manicomio ove alloggiò, non so se ancora alloggi, Arthur Fleck/Joker.
Sì, anni fa fui deportato, come Anna Frank, in una sorta di lager nazista solamente perché fui e sono ancora una persona libera.
Poiché non m’attenni alle rigide regole fasciste di genitori cretini. I quali, se i figli non si laureano, li diseredano. Cosicché incontrai i loro figli idioti, appunto.
Che mi ricattarono psicologicamente e sessualmente affinché, abdicando, anzi abiurando al loro infimo credo alla Celentano, della serie chi non lavora non fa l’amore, desiderarono farmi credere che avessi il cervello piccolo e anche qualcos’altro ancora più minuscolo. Detestando infatti il fallo, no, il fatto che, piuttosto che farmi storie con delle ochette, usassi la mia oca per un vero onanismo fottuto, mi trattarono da nano.
Fui preso d’assedio dalle loro offese invereconde e orrende.
Del tipo:
– Hai preso le medicine prescritteti dal tuo specialista, cocchino? Hai capito come si sta al mondo? Non è che indossi pure gli orecchini?
No, non ho ancora capito come si sta al mondo. Anzi, ho appena pubblicato il mio nuovo libro, scrivo di Cinema e mi sa che oggi pomeriggio m’armerò di videocamera per riprendere i migliori fondoschiena femminili dell’entroterra felsineo.
Se tale gentaglia volesse frenare la mia libido, li accontento subito.
Ho appena ordinato il dvd Miss Tushy col primo rapporto a… le di Kendra Lust.
Se volete che ve lo masterizzi, so anche essere Philip Seymour Hoffman di The Master.
Parte seconda: la vita di molte madri, ex insegnanti di Italiano, è come quella di Isabella Rossellini di Velluto Blu, cioè un soufflé
Sì, la vita di molte queste qua è come quella di Dorothy Vallens/Isabella Rossellini del capolavoro di Lynch sopra menzionato. Anche se, a essere sinceri, trovatemi un film di Lynch che non sia un capolavoro e, se mi citate Dune, vi affosso.
Ora, passiamo a un pezzo alla Chuck Palahniuk.
Dovete immaginarvi questa povera frustrata, la quale sognò di diventare una cantante di night club a Beverly Hills, che trascorse tutta l’adolescenza a vivere una paurosissima competizione col fratello. Essendo suo fratello, non so se sia, ecco, un maschio.
Le ragazze adolescenti, così come le donne adulte, invidiano a livello inconscio la virilità del sangue del proprio sangue. Per cui si aprono molte possibilità interpretative all’interno del loro porsi nei riguardi del fratello amato e al contempo odiato poiché, non solo sessualmente, lui rappresenta antiteticamente l’opposto umanamente vivente della propria immagine allo specchio.
Sì, in maniera caleidoscopica, la sorella visse profondi conflitti psicologici. Tutti speculari seppur apparentemente antitetici. Parimenti a un nastro di Moebius.
Dovete pensare che sia una donna che visse la sua giovinezza, ammesso che codesta sia mai stata giovane, durante gli scalpitanti anni sessantottini. Dunque, ammaliata, oserei dire precocemente rimbambita dalle canzoni patetiche e utopistiche, eppur ecumenicamente allegoriche, diciamo, e quasi umanistiche di quella compagnia di decerebrati de Beatles, immaginò tutta le gente festante a celebrare l’amore libero.
Idealizzando John Lennon, il quale altri non fu che un uomo da curare subito, e sognando una vita da maestra intellettuale a capo del reggimento solipsistico di ogni sua frustrazione, appunto, sedata nella contenzione di qualche libro che potesse frenare le sue represse voglie da donnetta casa e chiesa, invero assai moralistica, ipocrita e castigata.
Cioè, la moglie di Dustin Hoffman di Cane di Paglia.
A ciò aggiungiamoci il fatto che tutti suoi sogni da diva di Hollywood fallita, ecco, andarono in frantumi poiché si accorse, al terzo due di picche, che poté solamente avere come marito uno più brutto di Woody Allen e mille volte però più scemo e grasso, insomma un ubriacone ignorantone super fradicio che lei iscrisse tardivamente a una scuola magistrale per avere accanto a sé almeno uno con un pezzo di carta da spazzarsi il culo, ed eccovi servita la donna perennemente nevrotica e afflosciata che visse estemporaneamente di fuggevolissime gioie brillanti nel tirarsela da professoressa del cazzo, correggendo gli altri per sentire qualcuno/a o, almeno, con quattro babbee alle sue direttive, un po’ cagata.
Avrete il perfetto ritratto d’una torta di mele già bella che squagliata.
Insomma, l’emblema dell’educanda dalla vita sempre inculata, oggettivamente ritardata a cui Emma Bonino fa un baffo.
Ma almeno Emma, per quanto innatamente racchia, è elevata.
E mi sa che ora la sua vita insignificante e ignominiosa sia arrivata all’ultima fermata.
Affidatela a una potentissima cura psichiatrica nell’elaborazione del suo lutto imperituro e sterminato.
Mamma mia come sono cattivo e lucky bastard.
Sono proprio una testa di cazzo nata. Sanamente insanabile, fottutamente godibile.
Oh, che tristezza. Oh, eccome se è rizzo.
Io, sì, schizzo!
di Stefano Falotico