In questo mondo terragno, l’umanità si divide in due categorie: fra chi, eterosessuale, potrà amare Brad Pitt di Ad Astra e quelle donne frustrate che, leggendo gli oroscopi della rivista Astra, sperano in una galassia lontana dalla realtà di poter un giorno farsi il viaggio, dicendo alle loro amiche che hanno baciato dal vivo Brad.
Brad Pitt batte Leonardo DiCaprio in un nanosecondo maggiore della velocità della luce.
Pensate che stia bestemmiando?
Già lo dissi in tempi non sospetti, ovvero qualche settimana fa. Ma non voleste prestarmi fede e udienza. Invece, udite udite quel che io qui dico e vi dirò, puntandovi il dito, sì, rivolgendomi arrogantemente a voi che di Cinema parlate da mattina a sera ma, senz’ombra di dubbio, siete invidiosi di Brad e solamente farneticate senza il gusto della sana faloticata.
Brad è un uomo dalla criniera bionda che, ribaldo nel suo Vento di passioni, eterno fluttua stuzzicante nei buchi neri degli ormoni femminili, forgia di speranza ardente anche le frigide dementi con pochi estrogeni bollenti, gigioneggia con classe navigata da performer oramai della Settima Arte eccome se sapiente e un po’ fa il marpione fra voi deficienti in quanto ardimentoso, maturo essere leonino che, nonostante sulla sua fronte, anche quando non la aggrotta, indossi i già estremamente visibili solchi di rughe comunque meno profonde dei vostri livori, è interprete stupefacente.
No, non sto scherzando. Sono convinto, certo al mille per mille che Brad sia ed è, in quanto vivente e presente, un attore una spanna sopra il bel Leo. Leo, rispetto a Brad, è assai meno dotato e carente sotto ogni aspetto e punto di vista.
Sono entrambi molto belli, ciò va ammesso. E ve lo garantisco io che spesso disdegno la venustà maschile in quanto attratto da quel triangolo femminile che attira il mio sguardo aromatico e carismatico che, inconfutabilmente, più mi tira anche se sovente non vengo a niente e mi brucio come un meteorite prima d’impattarsi su una stella bruciante.
Dunque, no, non sono geloso di Leonardo. Leonardo è leggermente più brutto di Brad anche se de Gustibus non disputandum est e Roberta de Matthaeis è una donna dal cognome greco per cui lotterei al fine di averla come Elena, (di)struggendomi da Achille o forse era Ulisse? Oh, Roberta me lo issa e m’è venuta un’altra fissa. Roberta è idilliaca e conquisterò le sue sacre sponde anche se non conosco a memoria L’Iliade. Sarà un’Odissea riuscir a uscire (riuscir a uscire non è male) coraggiosamente a notte fonda dal mio cavallo ma, impavido ed epico, dedicherò lei miliardi di sillogi poetiche per sigillarmi in una platonica, filosofica, elevata passione smisurata, inanellandole rime baciate in quanto anelo attimi indimenticabili in cui possa effondermene anche se, più probabilmente, lei mi rifiuterà, il culo mi sfonderà con due di picche devastanti e nella depressione sprofonderò da fall(it)o immondo.
Sì, Troy è il film più becero con Brad Pitt. Non c’è da stupirsi, è diretto infatti da Wolfgang Petersen, uno che un tempo girò con mano graziosa e leggera l’intramontabile film per ogni bambino in fiore e ogni adulto con la sindrome di Peter Pan, ovvero La storia infinita.
A me piace fare il Bastian non contrario bensì Barret Oliver con tendenze ribelli da Atreyu o forse da moderno Re Artù.
Ma non perdiamoci in infantilismi e buttiamo giù dalla torre questo bamboccione di Leonardo.
Perché mai, uomini poco prodi, invero lordi e tonti, sbandierate ai quattro venti i vostri vessilli da asilo nido? Sostenendo che Leo, avendo lavorato un mucchio di volte con Scorsese, sia automaticamente migliore di Brad?
Questa è una tenzone da ignoranti panzoni che meritano una severa lezione. Profani qual siete perché non potrete mai apprezzare la rinomante follia metafisica che permea le plumbee, melanconiche atmosfere oniriche, tragiche e malickiane del magnifico L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (da non confondere con Jenna Jameson).
Uno dei pochi capolavori degli ultimi dieci anni degno di essere, oserei dire, apostrofato, nominato e persino appellato tale. Dinanzi alla maestria del suo cineasta, Andrew Dominik, mi scappello.
Anche se non ho visto Cogan. Per avere donne come Roberta o come Heather Graham, diverrei Hulk Hogan, oh sì, ah oh, eh ih, a e i o u. Loro non mi spareranno da assassine, bensì in combutta alla maniera di Naomi Watts e Laura Harring di Mulholland Drive mi tradiranno per Angelina Jolie e allora, dilaniato da un’umiliazione da J. Edgar di Eastwood, farò l’amore con Armie Hammer? Attore specializzato, vedi anche Chiamami col tuo nome, in ruoli da gaio?
Ma non mi passa neppure per l’anticamera del cervello. Dirò a Roberta, sì, di cornificarmi pure con quel damerino di Timothée Chalamet e le sussurrerò, esalando l’ultimo respiro, killing me softly.
A parte gli scherzi, Brad Pitt, suvvia, non scherziamo, dai dai… è superiore a Leonardo.
Leonardo è un volpone e sa accattivarsi le simpatie degli Oscar ma Brad fu Coppa Volti per il suo Jesse James e per questo ruolo imbattibile venne scandalosamente ignorato agli Academy Awards.
Un’onta infima e imperdonabile.
Ora, tutto questo scritto, spesso scherzoso e goliardico, a che è servito?
Voi pensate davvero che DiCaprio sia meglio di Brad?
No, io sono qui ora serissimo come peraltro già lo fui nelle fi… e, no, righe vergatevi sopra, accennatevi poc’anzi.
Brad Pitt è un grande attore che il superficiale immaginario collettivo mercantilistico di massa ha identificato, sbrigativamente, soltanto come insulso e tutt’al più bravino actor non eccelso ma supremo, stellare sex symbol galattico.
Voi siete blasfemi, dovete vergognarvi delle porcate che dite. Ma quale mascellone! Brad possiede, nonostante la forza erotica che emana, lo sguardo limpido del saggio ieratico sulla montagna.
Brad per me è un attore straordinario.
Ora, vado a mangiare una lasagna.
A presto.
E state in campana. Sì, dovete svegliarvi e vedere la bellezza di Brad e del mondo.
State, se volete, pure in campagna. Anche in Campania.
Basta che non derubiate gli indiani nelle capanne.
Io comunque a Casey Affleck/Robert Ford ho sempre preferito Robert De Niro.
di Stefano Falotico