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NOVELLA 2021: Gucci, il nuovo film di Ridley Scott senza De Niro ma con Irons, Matt Dillon con la Mastromichele, Dafoe con la Colagrande, io sto con dio, voi state con chi volete o in pace di Cristo


12 Dec

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brinnerSì, nel nuovo film di Ridley Scott, De Niro è stato rimpiazzato da Jeremy Irons.

Qui, ho espresso tutto. http://www.mulhollandlynch.com/?p=10865

Ho volutamente confuso il nome di Rodolfo Gucci con quello di Roberto…

Ce la vogliamo dire tutta? Gucci sarà un film piatto più del seno di Julianne Moore. Bellissima donna, “la” Julianne, per carità. Ma, a dircela tutta, io adoro Anne Parillaud. Sì, in Nikita, il suo seno non c’è. Ma ha le palle.

Piaciuta le freddura?

Gucci, un film platinato. Prevedo uno Scott più scotto di una pasta non al dente assaggiata da Checco Zalone

– Com’è la pasta?

– Uhm, è cotta.

 
Di mio, Cado dalle nubi e non amo la burrata con Dino Abbrescia.

Ora, non so che clima faccia a Brescia ma dalle mie parti fa caldo.

Quando mia madre assaggia il riso Scotti, guarda alla tv Gerry dal cognome identico. E soffre di celiachia.

Dunque, non può mangiare la pasta normale contenente glutine. Molte donne normali invece amano tutti i tipi di pasta. Soprattutto pasta condita con tale pianta. Vale a dire il pisum sativum…

E ho detto tutto.

Insomma, sarà uno Scott al minimo storico. Mentre Russell Crowe ne Il gladiatore fu al massimo, sì, al massimo fu Meridio. Al minimo fu nel film Tenderness nella parte di Cristofuoro.

Adesso, Russell ha più panza di Gérard Depardieu. L’interprete di Colombo Cristoforo in 1492 – La conquista del paradiso.

Depardieu, interprete anche della famosa pubblicità Passata Rustica CIRIO…

Il figlio di Sandra Milo si chiama Ciro, peraltro.

Di mio, ho origini meridionali e credo nel meridiano di Greenwich. Credo anche nel Grinch.

Per molto tempo, vissi da “matto” come Dillon Matt ne La casa di Jack. Con l’unica differenza che assassinai solo me stesso, praticandomi masochismo a mo’ dell’attore protagonista de Le onde del destino.

Sì, ora sto vivendo un Ritorno al futuro e vedrò che cosa mi riserverà il delfino…

Continuo spesso a navigare sott’acqua in mezzo agli umani squali, soprattutto squallidi. Mi metteranno forse in un delfinario. O più genericamente in un acquario. Non so se a Genova. Comunque, i testimoni di Geova non mi affogassero di angosce. Sotto Natale e Pasqua, stressano da matti… sembrano per l’appunto Dillon nel film succitato, con lui protagonista, di von Trier.

Sì, boccheggiai con le mie branchie, comunque. Non mi asservii mai alla legge del branco che desiderò la mia estinzione.

Non chiamai il Telefono Azzurro. Nemmeno il Numero Verde per denunciare i bullismi ma preferii optare per il WWF.

Sì, internarono tutti gli animali che tentarono di depredare la mia anima, soggiogandola alle loro porcate.

Sì, stettero per divorarmi vivo alla maniera di Sean Astin nella seconda stagione di Stranger Things.

Quando provarono a sbranarmi davvero, esattamente nell’attimo in cui attentarono alla mia purezza, esibii loro un sorriso da hobbit? No, da Sean Connery, ovvero James Bond.

Nel Cinema, ciò si definisce as colpo di cena. No, di scena.

Comunque, pare che John Cena sia stato con la mia pornoattrice preferita.

Insomma, per farla breve, rischiai di essere messo al tappeto come Rocky Balboa prima di scoprire il suo gancio sinistro. E i cattivi fecero la fine dei poliziotti contro John Rambo.

Ora, io non capisco tutta questa mitizzazione degli attori di Hollywood.

Sono persone normalissime.

Per esempio, uno dei più grandi attori viventi, ovvero Willem Dafoe… ecco, non sta con una modella di Instagram. Bensì con Giada Colagrande. Molte persone pensano che codesta sia sexy come Charlotte Gainsbourg di Antichrist.

Sono luoghi comuni. Molta gente, sedicente esperta di Cinema, crede che von Trier sia un genio.

Se citassi loro un film da me visto a Venezia, magnifico, ovvero Persécution del compianto (certamente non da molti) Patrice Chéreau, crederebbero che si tratti di una di quelle fiction RAI, a matrice “biblico-cattolica”, francesizzata per il mercato della massa nazional-popolare che adora fare l’esterofila elegante come Catherine Deneuve.

Ora, se vogliamo dircela tutta, ha ragione Paolo Mereghetti. Il quale assegnò una stelletta a Exodus.

Preferirò sempre Charlton Heston de I dieci comandamenti a un Christian Bale povero cristiano in tale film di Scott, brutto in modo diabolico.

Comunque, l’interprete di Rusty il selvaggio sta con una mezza scugnizza da Ragazze della 56.a strada.

Sì, l’avrà raccattata in Via Molino di Pescarola, vicino casa mia.

Ma chi sarebbe tale Roberta Mastromichele?

E ne vogliamo parlare di Silvia Notargiacomo? Pare che la sua data di nascita sia imprecisata. È almeno a. c. o dovremmo adottarle una “locuzione” latina da Ponzio Pilato? Sì, è una Maddalena, mettetela in croce.

Insomma, reciterei meglio di un attore hollywoodiano la pubblicità dei pelati… Yul Brinner docet.

Ma come mai tale Silvia, non quella di Leopardi, lavora a R 101? Forse perché non aveva bisogno di rinnovare la patente. Le bastò andare con Ermal Meta.

Io invece mi recai all’ACI. Sono rimasto acido.

Che poi… anche questa Storia romana, no, greca, no, poetica secondo cui il Leopardi amò platonicamente Silvia, non è vera. Diciamo che Leopardi amò solo Ranieri. Mentre Luca Zingaretti ha poco da poetizzare con Luisa Ranieri.

Chi sono io, invece?

Non lo so.

Vi voglio, prima di congedarmi, raccontare una novella:

– Sai, amico, debbo confidarmi. In passato, meditai spesso al suicidio.

– All’omicidio, no?

– No, mi avrebbero condannato alla sedia elettrica.

– Lei ha ancora questi brutti pensieri?

– No. Sa perché?

– No, non lo so. Mi spieghi, se vuole.

– Sì, le spiego. Sono in Paradiso.

– Cioè? Non capisco. Sia meno ermetico e non faccia le battute.

– Non è vero che se una persona si uccide, ecco, non otterrà la salvazione.

– Continuo a non capire.

– Bene, le sarò lapidario. No, esaustivo. Se avessi continuato a vivere come una persona mortale, sarei morto. Dunque, ammazzai me stesso per ascendere.

– Uh, è la stessa cosa che ha fatto Dante Alighieri. Ha elevato la coscienza.

– Esatto.

– Ha ragione. Lei, signore, eleva solo quella?

– Sì, ma non con lei.

– Che vuole dire?

– Ho gusti sessuali diversi. Inoltre, lei assomiglia all’angelo più bello del Paradiso suo che fu.

– Che vorrebbe dire?

– Quest’angelo, sa, è cornuto. Conosce il suo nome?

– Chi è? Chi sarebbe mai? De Niro di Angel Heart?

– Bravo. Ma io non sono Mickey Rourke. Nemmeno di Rumble Fish.

 

Piaciuta, amici, la novella?

Chi ha orecchie per intendere, intenda. Chi non ha orecchie per intendere, non ha occhi nemmeno per guardarla senza ipocrisie.

Ebbene, questo Covid-19 ha insegnato a noi umani che, per risorgere, dobbiamo soffrire, in quarantena, come Willem Dafoe ne L’ultima tentazione di Cristo?

No, ci ha insegnato che chi comanda e ha potere è dio, noi al massimo siamo Mosè.

Non credete che sia ora di nuove leggi?

Sì, spesso credo di essere dio. Cioè Nicolas Cage di Con Air.

A dircela tutta, Con Air è un film blockbuster piuttosto stupido. Ma la canzone è bella. Non solo quella…

 

di Stefano Falotico

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I registi dementi che non voglio più vedere: Vincent Gallo, Lars von Trier, persino Spielberg, Luciano Ligabue e affini bovari


05 Mar

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Sì, partiamo con Vincent. Attore che non mi sento di discutere.

E vi racconto questa. Poco prima dell’anteprima veneziana dello sciapito remake di Werner Herzog de Il cattivo tenente di Abel Ferrara, ordinai un toast a una baracchina di hotdog. Al che, mentre lo stavo sgranocchiando, a un metro da me, ci credereste? Stava tutto in camuffa, con tanto di barbona e look trasandato per non farsi riconoscere, quel bell’uomo del Gallo. Proprio un Gallone a sessanta centimetri da me. Nessuno, combinato e acconciato com’era, l’aveva riconosciuto. Mentre io, ovviamente, sì. E cominciai a guardarlo di sottecchi. Come diceva Totò a Peppino, ne La banda degli onesti, guardi quello là, quel tipo, guardi ma non guardi. Insomma, guardi ma non faccia vedere che guarda.

Ma Vincent si accorse che lo stavo guardando in maniera trafelata e cominciò parimenti a fissarmi. Poi, ridacchiando sotto i baffi, mi annuì in silenzio, come per dirmi…

– Sì, sono io.

 

Dunque, si eclissò in sala, assieme a una bagascia di quart’ordine, forse raccattata al molo del Canal Glande, no, Grande.

Credo, se non sbaglio, che l’anno dopo avrebbe vinto la Coppa Volpi per la sua prova in Essential Killing.

E, fra l’altro, sapete che fine abbia fatto? Sono quattro cinque anni che non gira più un cazzo.

Ma sì, oramai ha dato. Vincent ora starà in qualche tugurio con qualche zoccola che gli lecca le sue palle da bowling da Buffalo ‘66. Qualche Christina Ricci che glielo arriccia e glielo rizza.

Ecco, questa sua regia è buona, molto bona.

Ma mi soffermerei piuttosto su The Brown Bunny. Film ove il nostro Gallo non ha lesinato in pornografiche vanità, facendosi succhiare tutto il caldo ciddone (leggasi uccellone) dalla Sevigny, un ottimo figone. Va dentro, no scusate, va detto.

Devo ammettere che l’uccello di Vincent è da competizione ma devo altrettanto essergli onesto. Il mio è molto più grosso (e qualcuna lo sa, può tangibilmente testimoniare e, da allora, è ricoverata in manicomio per l’irreversibile shock profilattico da crisi ninfomane molto anale, no, anafilattica) ma non mi sarei mai permesso di filmare un lungometraggio, presentato a Cannes (!), con tanto di pompino durissimo da bestione.

Non sono, come sapete, un moralista, anzi. Ma sono per la teoria di Orson Welles. Il sesso al Cinema non serve a un cazzo. Non è compito dell’arte mostrarci ogni minimo dettaglio, ingrossamento e attizzamento, indurimento, allungamento e succhiamento. Sono cazzi che non c’interessano.

Quindi, sia lui che la Sevigny andassero a fare, come dicono in Sicilia, i “suca-minchia” altrove. Questi due minchioni. Sì, anche la Sevigny lo è. Le sue gambe non si discutono ma la sua faccia sembra, alle volte, quella di un uomo.

Bannato lui e lei rimane una lecca-banane.

A proposito di altri idioti… voi dite che Lars von Trier è un genio.

Ma de che? Questo è sempre stato molto ma molto male. E, visto che sta male, ha preso a pretesto le sue psicopatologie per spacciarsi come provocatore geniale. Imbavagliatelo!

In verità vi dico che Lars provoca solo i suoi turbamenti. È un pazzo a cui non darei da girare, in Dogma, neppure il filmino della prima comunione.

Capace che poi rovini l’armonia innocente della festa con qualche sua alzata di testa.

Prendete i resti di torta che sono rimasti come avanzi e… ho detto tutto.

Spielberg se n’è uscito con la campagna anti-Netflix. Per forza, lui ha la Dreamworks e Netflix gli rompe i maroni.

Quindi, castrate anche Steven il prima possibile. Questi falsi non li vogliamo più vedere.

Su Luciano Ligabue non sarei impietoso. Dategli una piadina romagnola e ficcatelo fra i drogati della Montagnola. Famoso parco di strafatti e bolliti di Bologna.

Finirei con altri due bovari invincibili. Il primo è Russell Crowe. Che si è cimentato con la regia! Uno la cui panza aumenta a vista d’occhio, anzi, ad occhio di bue. Poiché Russell, da gladiatore della buona cucina, una vera Arena come l’omonimo pollo fritto, mangia tante uova e bistecche alla Bismarck.

E poi con Ben Affleck. Oscar regalati. Ma l’avete visto nel trailer di Triple Frontier?

E questo sarebbe un bove, no, un bono? Ma questo ha mangiato polpette a tutt’andare.

Ora, voi ci credereste che costui, nella foto immediatamente sotto, il 13 Settembre di quest’anno compirà quarant’anni?

Lo so, io sono sempre bello e giovane, voi sempre più rincoglioniti.

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di Stefano Falotico

Lars von Trier non è un genio, Brian De Palma, sì, anche questo Starman…


02 Mar

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Ecco, come sappiamo è uscito ieri, in tutte le sale italiane, La casa di Jack di Lars von Trier.

E, sempre ieri, io mi son pronunciato in merito a questa “boiata pazzesca”. Geniale “nefandezza”, genialità pura o tronfia, manieristica immoralità sconcia spacciata per adamantina Arte assoluta?

È sempre la domanda che ci si pone dinanzi a un’opera di Lars.

Che, personalmente, non reputo un genio. No, non gli sono severo e impietoso come Paolo Mereghetti che, nel suo Dizionario dei Film, eccezion fatta per un paio di film, lo stronca puntualmente a man bassa, come in uno slasher movie, martoriandolo di offese forse un po’ troppo tagliate con l’accetta, definendo boiate i suoi film, sì, ma nel senso di cagate. A proposito di fantozziane sparate e La corazzata Potemkin

Eisenstein non era Einstein, per fortuna. Ché i geni troppo raziocinanti e matematici mi han sempre stufato e dato allo stomaco. Sì, Einstein ha inventato la teoria della relatività. Un’intuizione a dir poco sovrumana. Ma cosa ce ne facciamo della teoria se, in pratica, ancora non abbiamo messo piede su Marte?

Allora, meglio i geni veri come De Palma. Che ci hanno illuminato di viaggi nel tempo oniricamente cinematografici, citazionisti, omaggiando il capolavoro di Eisenstein nel suo magnifico Gli intoccabili.

No, non ho ancora visto il film di von Trier e credo, sinceramente, che non lo guarderò in sala. Perché la vedo dura… sorbirmi due ore e trentadue minuti di un film così, bello, stupendo o orribile che sia, assieme a spettatori schizzinosi, facili alle grida scandalizzate da piccolo-borghesi spastici, i quali potrebbero mal influenzarmi con le loro inopportune risatine più sadiche del sadismo del macellaio Jack.

Penso piuttosto che lo aspetterò in home video, per gustarmelo, lodarlo o aspramente criticarlo dopo averlo visionato, con estrema calma, nell’intimità delle mie mura domestiche, a mo’ di Sean Connery/Malone.

Ma comunque, premesso ciò, no, credo indissolubilmente, irrevocabilmente che Lars non sia un genio.

I geni sono altri. Lars è, tutt’al più, come ha scritto The Telegraph, uno che adora provocare, squartando la vita e il Cinema a volte indubbiamente in maniera fortemente perturbante che colpisce nel segno. Altre volte, invece, in modo gratuitamente sciocco e “idiota”.

Ho visto alcune clip e già queste comunque non mi hanno convinto. Poi, ovviamente, dovrei appunto vedere il film nella sua interezza e contestualizzarle all’amalgama. Sanguinaria, sanguigna od oscenamente anti-perbenistica che sia.

Jack ci dice che è un ingegnere che voleva fare l’architetto. Perché gli architetti sono artisti, gli ingegneri no. E c’è per lui una profonda, importantissima differenza fra chi fa musica e chi legge la musica…

Quindi, ci dice che lui i problemi li ha sempre avuti. E che ha sofferto e soffre ancora del DOC, ovvero di un grave, debilitante, “asociale” disturbo ossessivo-compulsivo. E che questa sua chiusura sarebbe stata già l’anticamera delle sue sepolture.

Prima banalità. Ahia, Lars. Anche Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato, secondo questo balzano assunto, sarebbe un potenziale omicida della povera Helen Hunt?

Poi, chiariamoci. Perché, visto che non sapete un cazzo di “malattie psichiche”, fate molta confusione tra l’hitleriana psicopatia e la junghiana psicosi.

Di solito, lo psicopatico, qual è Jack, è una persona altamente menefreghista, senza coscienza, a cui non sbatte un cazzo degli altri. E fa male per il piacere di farlo e trarne momentaneo giovamento. Uccidendo, esorcizza il suo incurabile mal di vivere. E continua ad ammazzare, secondo la classica, metodica procedura di un serial killer, nelle stesse pressoché identiche modalità perché, quando ammazza, per un po’ placa i suoi demoni interiori. Poi, ritorna ad ammazzare quando la sua ansia e i suoi disagi incontrollabilmente aumentano.

Lo psicotico, invece, fa esattamente il contrario. Soffre talmente tanto da uccidere sé stesso. E, ogni volta che sta “male”, si fa del male.

Allora, può succedere che, per colpa di un mondo superficiale, cafone, ignorantone, si becchi anche un gravissimo, irreversibile TSO.

L’aberrazione del TSO

Ebbene in Italia vi è davvero poca informazione su tutto. Soprattutto su argomenti scottanti che, ancor ammantati di vivida scabrosità, suscitano pruriginosi pensieri scherzosi e tristemente demonizzanti presso i benpensanti.

Quante volte, ad esempio, sentiamo per radio o alla tv, dinanzi a una persona evidentemente eccentrica, semmai stralunata o sopra le righe, speaker o commentatori che, in modo certamente burlesco o spiritoso, cialtronescamente canzonatorio, si rivolgono con toni irridenti verso questa persona, a volte usando epiteti strafottenti o semplicemente goliardici, lanciandole contro frasi come… be’, fratello e amico carissimo, non ti hanno ancora prescritto un TSO? Guarda, se fossi in te chiamerei la neuro, oppure, io direi di farti vedere da uno bravo o ancora ah, ma tu sei matto da legare.

Questa brutta usanza e questo bieco modo di dire sempre abbastanza in voga, alquanto infamante anche se pronunciato con toni chiaramente, oserei dire, scaramantici o vaporosamente dolci, lo reputo davvero orripilante. Innanzitutto perché, pur dietro una esorcizzante risata diciamo spensieratamente allegrona e sbeffeggiante, si cela uno spauracchio assai potente della nostra società. Cioè l’ombra della temuta, schivata pazzia che potrebbe colpire chiunque. Dunque questo modo di dire, apparentemente innocuo, suona più che altro come un monito scacciapensieri rispetto a qualcosa che, ancora, terribilmente spaventa e inquieta le coscienze borghesi, rimbomba tetramente come uno spettro aleggiante e albergante nelle nostre viscere profonde di esseri umani, perciò anche di persone, come tutti, emotivamente fragili e perennemente preoccupate del contorto, difficile futuro, così com’è infausto il terrore sibillino, inconscio e beffeggiato che un giorno il morbo o il seme della follia possa piombarci giù dal cielo, contagiarci e condurci appunto alla follia più nera.

Ecco, io non scherzerei più su certi argomenti con tanta superficiale faciloneria, nemmeno con tanta spensierata ilarità.

Perché, purtroppo, il TSO è qualcosa di veramente nefasto e orrendamente deprimente.

Che cos’è un TSO? Forse lo sapete ma è meglio puntualizzare con precisione. Il TSO non è altro che la sigla di trattamento sanitario obbligatorio.

Cioè tutta quella serie di disposizioni che vengono prese urgentemente nei confronti della persona a cui è stato, appunto, rifilato il TSO stesso, al fine che, in seguito a suoi comportamenti palesemente lesivi dell’incolumità personale sua o del prossimo suo, non possa più essere di cagione e danno alcuno verso i suoi simili.

La persona spesso, in seguito al generarsi e degenerarsi di una crisi psicotica, viene quindi fermata con la forza e trascinata in ricovero coatto. A intervenire sovente sono addirittura le forze dell’ordine che, allertate del possibile pericolo già avvenuto o messo in atto dalla persona che ha manifestato una psicosi, giungono violentemente a casa sua, nei casi più gravi, e coercitivamente la conducono in clinica o in un ospedale psichiatrico.

Fin qui, seguitemi bene, tutto ciò non avrebbe, almeno in linea teorica e propedeutica per la tutela del bene della nostra comunità sociale, niente di allarmante. Mi pare infatti alquanto normale che, se una persona si mostri aggressiva nei suoi stessi riguardi o nociva nei confronti degli altri, s’intervenga il prima possibile per evitare degenerazioni nella medesima e per frenare, con prontezza, lo scatenarsi di altre azioni gravemente dannose.

Ora, che cosa può aver ingenerato una crisi psicotica in una persona? Be’, le ragioni sono molteplici e disparate. Una persona può crollare e rompersi, fratturarsi nella psiche se è stata vittima, in tempi recenti, di particolari e problematiche, difficoltose condizioni di stress protrattosi troppo a lungo. Una persona può “ammalarsi” se, che ne so, è stata licenziata arbitrariamente e senza una giusta causa dal suo lavoro e di conseguenza, disperata e in preda al più tremebondo e furibondo panico, non ha retto all’accaduto e rovinosamente si è psicologicamente schiantata. Se una persona, in seguito a un lutto inaspettato quanto scioccante, è rimasta devastata e dunque, squassata nell’animo distrutto, è precipitata in qualche agitata, preoccupante crisi.

Oppure se una persona, dopo una fortissima delusione affettiva, non avendo saputo gestire le sue turbolente e confuse emozioni, si è spaccata in due. Tanto affranta da non resistere all’urto tonante e devastante indottogli in modo prorompente dalla delusione da lui vissuta in maniera, paradossalmente, sin troppo umana e tanto senziente da portarla a uno sfogo clamorosamente allucinante.

Ok, sin qui ci siamo. E, ribadisco, non vi è nulla di anomalo.

È il dopo che è veramente osceno, un obbrobrio.

Alla persona a cui è stato prescritto il TSO spesso si fa una diagnosi. Che, nel novantanove per cento dei casi, è pressoché schiacciante e impietosa. Ma soprattutto altamente discriminatoria perché l’analisi psichiatrica del soggetto viene eseguita in un momento di enorme sua criticità psicologica. La persona, infatti, come da me già evidenziato, secondo voi in che stato psicologico può trovarsi se ha avuto una psicosi? Certamente, non en pleine forme. Intensamente turbata e alterata.

Quindi, la diagnosi che la persona riceve potrebbe essere (uso il condizionale perché, ahinoi, non è raro che sia invece sbagliata e distorsiva) tutto sommato anche giusta.

Spesso invece, attenzione, è una diagnosi affrettata, senza criterio, molto grossolana e approssimativa che valuta solo e soltanto la condizione patologica del soggetto preso in esame nelle ore e nei momenti susseguenti la crisi da lui manifestata o che, in modo del tutto sbrigativo, ha la presunzione di voler inquadrare un quadro clinico psicologico sulla base di confessate reminiscenze del soggetto stesso (come detto, già profondamente alterato, dunque assai poco lucido), addivenendo a facili, lapidarie conclusioni molto indelicate e soprattutto fallaci.

Non è mia intenzione generalizzare e, a volte, ancor prima di un TSO, è stata eseguita la diagnosi. Se la persona aveva già accennato a qualcosa di pericolosamente minaccioso.

Evidenziato ciò, passiamo oltre.

Quello che non molti sanno, anzi quasi nessuno, vista la diffusa disinformazione e ignoranza in materia, è che una persona che si è presa un TSO; ahinoi, quasi sempre, per non dire sempre, è segnata a vita. Intrappolata dalla diagnosi che ha ricevuto e obbligata, giocoforza, a tutto un martirizzante, abbruttente, penoso e demoralizzante percorso di fantomatica “cura”. Cura che, anziché essere cura nell’accezione positiva del significato della sua parola, diventa più che altro uno sfiancante, svilente, angosciante percorso pseudo-terapeutico spesso ingannevole quanto, se non inutile, sicuramente evitabile e soffocantemente infinito.

La persona, paralizzata e bloccata nell’autodeterminazione, coattamente ricattata nell’obbedire a belluine prescrizioni farmacologiche, anziché riprendersi dal suo momento critico e negativo, viene per così dire “zombificata”.

Lentamente ma progressivamente, spietatamente viene erosa nell’animo, spenta e smorzata nella volontà, spogliata della sua intima, pulsante identità, spersonalizzata, psicologicamente oppressa da dittatoriali, ulteriori obblighi agghiaccianti, repressa chimicamente, oltremodo danneggiata, inibita scelleratamente attraverso l’uso di neurolettici o tranquillanti assai cagionevoli e debilitanti a livello psichico e cognitivo.

E costretta a un calvario mortificante eterno quanto stigmatizzante, fatto d’infermieri impreparati che sono a loro volta il più delle volte dei robotici burocrati, insensibili mandanti di ordini medici autoritari e dispotici. Cosicché, comandati da chi sta sopra di loro, imboccano meccanicamente i pazienti “malati” nel rilasciar loro assunzioni di farmaci dei quali, forse, in molti casi, non conoscono nemmanco essi stessi gli effetti.

Perché si attengono solamente alle disposizioni ricevute loro dai superiori e i pazienti, ai loro occhi, divengono compassionevolmente, soltanto dei casi umani da “laboratori” biologico-chimici. A cui dare e rifilare “medicine”.

Nel caso in cui infermieri e/o operatori sanitari siano invece molto preparati, non hanno comunque facoltà decisionali e, sine qua non, devono agire secondo imperiosi, irrinunciabili ordini impartiti loro.

Come se non bastasse questo abominevole, fascistico “sistema”, aggiungiamoci anche l’altrettanto “anormale” (a proposito di normalità e immaginaria, assurda “sanità”) corollario di educatori poco professionali e di assistenti sociali più “penosi” dei “malati” o presunti tali.

E potete presto immaginare il patibolare percorso di “terapia” falsa, vergognosa e avvilente a cui è sottoposta, senza che possa benché minimamente ribellarsi, una persona che ha avuto solo la sfortuna di essere momentaneamente “impazzita”.

È stata marchiata e annichilita a vita.

Ora perché, nel 2019, accade ancora questo sconcertante orrore?

La risposta è molto semplice quanto molto sconfortante.

Se la persona affetta dalla patologia per cui spesso si è emessa contro una diagnosi sfavorevole venisse liberata, permettetemi di dire scarcerata, da quest’opprimente schiavismo psicologico a cui è stata costretta ad abdicare, gli psichiatri (non tutti per fortuna nostra) credono invero che questa stessa persona, prima o poi, tornata alla sua piena, fluida e non raffrenata coscienza, ripristinata nelle sue efficienti funzioni psicomotorie, a causa dei sintomi e delle “debolezze” di cui ha già sofferto in passato, possa ricommettere un “crimine” per sé stessa o a danno degli altri.

Insomma, siamo dalle parti della più stupefacente, mostruosa fantascienza da Minority Report. Una persona viene “curata” a vita in quanto colpevolizzata di un suo “errore” trascorso, già semmai ampiamente superato da tempo immemorabile, perché si pensa che il “crimine” possa commetterlo nuovamente.

E in virtù di questo debba essere continuamente controllata a vita, anzi, a vista. Sorvegliata permanentemente.

Tutto quello che ho appena scritto corrisponde al vero? Sì, certamente, anzi, mi sono limitato a una panoramica ben più rosea della vera e ancor più terrificante realtà.

Perché permettiamo che nel 2019 esista ancora il TSO? E soprattutto per quale motivo lo si continua ad applicare attraverso questi termini disumani?

È scandaloso che tutti stiano zitti, è quanto mai raccapricciante che nessuno muova un dito per cambiare le cose.

E invece si persevera nell’omertà, questa sì, pericolosissima, bugiarda. Nell’ipocrisia più sleale e mendace.

 

DETTO QUESTO…

A Lars piace scherzare su argomenti delicati e fare il citazionista di William Blake.

E la gente abbocca a ogni sua superficialità perché, semmai, snocciolataci con riprese a mano che fanno “arty”, con spargimenti di sangue che fanno “figo”, con tutta una serie di barocchismi ed esagerazioni che fanno gridare al capolavoro mai visto!

Poveri idioti!

Riguardate i primi film di Dario Argento, i migliori film di Carpenter e soprattutto Vestito per uccidere, Blow Out e Omicidio a luci rosse.

Brian De Palma, un genio vero.

Mica uno da chiacchiere e distintivo!

Ora, riguardate la scena degli Intoccabili quando gli stronzi trucidano Malone.

E poi ditemi se non vi siete commossi.

Questo è grande Cinema, non quello di Lars.

Mi spiace.

E qui c’è tutta la vita di un genio, sulle note di Morricone.

An extraordinary genius… able to transform himself…

 

STARMAN

di Stefano Falotico

L’annuncio di The Irishman by Joker, von Trier è tornato ad ammorbarci, che palle, e io ce l’ho, che coglione, no, che coglioni…


01 Mar

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Dopo 5 min dalla messa in onda, sul mio canale, di questo video, sono partite offese al sottoscritto, del tipo:

– Ma smettila! Pensi davvero che sia una BOIATA PAZZESCA?

E io:

– Scusate, non è un film su un serial killer con la mannaia? Insomma, la storia di un boia? Se non è una boiata pazzesca questa?!

Detto ciò, chiariamoci, fringuelli! Ah ah!

Non penso che von Trier sia un idiota a differenza di ciò che afferma Paolo Mereghetti. Che aspetta i suoi film solo per divertirsi a offendere il signor Lars. Daje, Paolo, stronca, sbudellalo, ah ah.

Ma non è nemmeno un genius come molti di voi credono. Di Genius ne esiste solo uno. E sapete a chi io alluda.

il signor von Trier è un sapido provocatore a volte davvero geniale e altre volte meno. Lars è un uomo coscientemente folle, dunque sanissimo, che scardina, coi suoi film pazzi, un mondo più pazzo di lui.

Ma conosce benissimo le regole del Cinema e della vita e le trasgredisce solo entro certi termini consueti.

Non a caso, in questo film vi è Matt Dillon. Che non ha attualmente lo stesso star power di George Clooney ma non è certamente Massimo Trombetti, insomma il primo venuto.

Dillon è pur sempre un attore di Hollywood.
Capito? Insomma, von Trier pensa alla provocazione ma pensa anche a un discreto portafogli.

Premesso questo, partiamo con la faloticata del giorno.

Ovviamente, non poteva sfuggirmi il trailer “annuncio” di The Irishman.

Uno di quei film che mi hanno mantenuto in vita fino a questo momento. Sì, avete letto bene.

È una delle ragioni principali per cui io ancora al mattino, dopo qualche scoreggia soffice, avvolta nel buio candido di una notte “aromatica” e non so se reumatica, ha fatto sì che non mi sparassi in testa come Kurt Cobain.

La mia vita, devo esservi sincero, non ha molto senso. Il senso lo acquisisce poiché adoro Lynch e i suoi nonsense, Patricia Arquette col suo immenso seno e, appena desto, appunto, cerco sempre, ostinatamente via traverse e cervellotiche per non ammosciarmi nei deliri di massa. Ove, appena esci già all’alba, cazzo, devi sorbirti l’isterismo di un traffico snob. Sì, con tanto di smog.

Ho detto snob, non avete letto male. Sì, come quando accendi l’autoradio e le emittenti di Destra iniziano subito a tamponarti, no, tampinarti con subliminali messaggi fascisti. Ove, a mo’ dell’abominevole Striscia la notizia, il barbarismo culturale che, da tempo immemorabile, affligge questa povera Italia buontempona, deride i poveracci di turno, pigliandoli a mali parole con battutine di dubbio gusto. In questo barzellettiere nazional-popolare all’insegna del qualunquismo più atroce e triste. Questa è vera tristezza. Non la mia. Pura melanconia che oramai, quasi di tutto, se ne frega. E in barba, appunto, ai facili giudizi della gente, sfreccia zigzagante nei rumori cittadini con aplomb principesco da figlio di puttana inaudito. Strafottente in questo stivalone cialtronesco.

E lo sapevo che sareste andati matti per la nuova psicopatia di von Trier. Uno che, come me, ha patito vari stati alienanti di depressione galoppante ma, a dispetto del sottoscritto, è davvero un demente.

Sì, Lars, non ti arrabbiare. Salvo The Kingdom, salvo davvero pochi film della tua filmografia pseudo-provocatoria. E non salvo il regno della regina ma il ragno della mia stanza perché mi sta più simpatico di Elisabetta. Io non sono secondo a questa II. Ma potrei esserle secondino. Sì, arrestiamo questa bagascia, forza!

Lars mi dà l’impressione di essere un panzone che ha scelto, come attore protagonista della sua nuova, immensa bischerata rivoltante, quel bell’uomo di Matt Dillon.

Sì, io sono imparentato, a livello fisionomico, con Dillon.

Nel 1999, o forse era il 2000, insomma, giù di lì… come già più volte vi narrai, sviscerandovi le mie balzane, degradate periferie, no, un po’ degradanti peripezie, vicende all’apparenza spiacevoli ma invero illuminanti, svolsi Servizio Civile presso la Cineteca di Bologna.

Luogo ameno, quanto un po’ osceno, fatto e strafatto di post-sessantottini fumanti l’erba di Grace che mi facevano una testa così coi loro passatismi nostalgici, invitandomi poi a casa loro a gustare polli arrosto, più rosolati e bolliti di loro, con sottofondi di Lou Reed, Nico e le mie scarpe Nike fuori moda.

Sì, in quel posto affumicante, nel senso che provocava Cancro ai polmoni, non solo per lo spazio angusto di tali bibliotecari impolverati di cazzate, bensì soffocante a causa del loro tabagismo asfissiante, ero stato affiancato a un uomo flatulente, di professione fotografo. Un bel giorno, costui, mi parlò di un film che aveva visto la sera prima, ovvero Fort Washington.

E mi disse:

– Sai che questo film assomiglia a noi due?

– Cioè? – risposi io con cheta curiosità già leggermente incazzata, continuando quindi con un: – A cosa vuoi alludere, Lucio?

– Vedi, Stefano. Sai che io ho una buona, oserei dire “ottima” percentuale d’invalidità sociale? Infatti, mi hanno assunto qui, alla Cineteca Comunale, grazie all’ufficio di collocamento dei perdenti… o forse solo in virtù del “virtuoso” spostamento a coloro spostati che, a cui io son annesso, resi deficienti da questa società di malati di mente, non hanno potuto trovare un lavoro decente. Io infatti qui, in Cineteca, guadagno davvero poco e sbarco il lunario alla bell’è meglio, appunto, fotografando le donne di malaffare nei ritagli… di tempo.

– Capisco. E io che c’entro?

– Ecco. Matt Dillon di questo film sai che ha una somiglianza, in tutti i sensi, con te?

– Dici?

– Eh, abbastanza.

 

Sì, in effetti nel 2000 ero abbastanza sullo “schizofrenico” andante con una faccia da Rusty il selvaggio.

Un viso emaciato da latin lover dei cazzi suoi. Sì, io e Matt Dillon siamo la stessa persona, forse. Lui è stato l’idolo delle fighine, essendo un ragazzotto dal sex appeal nudo e crudo come un dissoluto midnight cowboy degli anni ottanta, io già un Factotum dalla dubbia sessualità come nel film In & Out. Un Frankie delle stelle, insomma.

Col passare degli anni, varie donne belle come Cameron Diaz mi hanno corteggiato, credetemi.  Tutte pazze per Mery per sempre, pur essendo acculturato come Michele Placido in questo appena citato film e mica un Francesco Benigno. Sì, ero già un professore declassato in ambienti infimi e loschi di decerebrati irrecuperabili, cioè quello che siete voi. Ah ah. Però l’anima pasoliniana me la son sempre portata appresso. Comunque, son sempre stato un uomo disciplinato, ordinato e preciso. Tant’è che molta gente più e più volte ha confuso la mia puntigliosità per pericolosa maniacalità da American Psycho. E, a proposito di Fame di David Bowie, solo perché amavo Andy Warhol, mi fu detto che mi credevo Bob De Niro ma in verità ero più pazzo degli assassini del film 15 Minutes. Per farla breve, la mia è stata Melancholia pura e mi scambiarono per un Antichrist. Sono scherzi che si fanno, cazzo? Mah, di mio, ho pochi scheletri nell’armadio da nascondere, a differenza di Jack. Sono misogino soltanto quando una scopre che, sulla mensola, ho qualche porno e mi chiede:

– Ma a te piacciono davvero queste puttane di merda?

– Abbastanza.

– Ma non ti fanno schifo donne così?

– Abbastanza. Ma, nei momenti di forte disagio psicologico, cazzo, aiutano a non diventare come Matt Dillon di questa boiata, sì, proprio boiata nel senso letterale del termine, di Lars.

 

Detta in maniera papale, sono un santo che se la tira… E sono pure bello e sano. È per questo che la puttanesca gente di me non capisce un cazzo e mi prende per Matt, no, per matto. Scambiatevi un segno di pace e ammazzatevi.

Parola del Signore. Ah ah. Ora, datemi quest’Oscar e pure il Nobel. Succhia-cazzi.03420404 dillon sn01-2

 

di Stefano Falotico

 

The House That Jack Built e la casa che mi sto costruendo io, nonostante in molti la smontino, io la rimonto


14 May

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Sì, von Trier è un acclarato venditore di aria fritta, un incontestabile smerciatore di fumo negli occhi, cioè uno che nei suoi film sostiene “tesi” senza fondamento/a, prive di qualsivoglia spessore. E racconta di donne cieche la cui indomita volontà di vivere le salva dall’autodistruzione, di ninfomani e uomini al jeu de massacre, e adesso di un serial killer, chiaramente ispirato a Jack lo squartatore, che ha “costruito” la sua casa con le viscere delle sue vittime, coi pezzi sbranati, dilaniati, a lor volta spezzettati delle sue stesse brutalità abominevoli. Ed è fiero, terribilmente perverso nel fingere una normalità che probabilmente non ha mai avuto dalla nascita, sgattaiolando nel silenzio e coprendosi dietro la maschera rispettabile dell’impassibilità meno sospettabile.

Una vecchia barzelletta dei miei tempi recitava… sapete perché invitavano Jack lo squartatore alle feste? Perché portava sempre con sé dei gran pezzi di figa.

Una battuta di rara freddura e raccapriccio, da mettere i brividi, partorita da paninari che adoravano doppi sensi ovvi e scontati come il peggior Cinema di von Trier.

Perché vi piace von Trier? Perché dice la verità in maniera, appunto, nuda e cruda? No, ribadisce luoghi comuni atroci e li “stigmatizza” in riprese scarne, ossute oserei dire, che arrivano al “nocciolo della questione” con pochezza espressiva degna di una videocamera 8mm. Tant’è vero che quando cerca di essere patinato è ancor più finto e alcune sequenze iniziali di Antichrist assomigliano indubitabilmente a uno spot di Lancôme.

Ma quanto da me asserito con tale sfacciato orgoglio potrebbe anche non essere vero perché chiunque, anche Paolo Mereghetti che bellamente stronca quasi sempre Lars, vive di quotidiane finzioni. Dunque la verità, possiamo affermarlo puntualmente, non esiste. Non è di questo mondo e chi si è illuso di averla trovata è più scemo di quello che in effetti stringi stringi è, parafrasando Oscar Wilde secondo il quale l’abito invece fa eccome il monaco.

Se vedi uno per strada che elemosina le possibilità sono due: o sta girando un film sugli homeless oppure è un povero mendicante “realisticamente”.

Come quelli sposati che, visto che temono il divorzio e hanno ora dei bambini da educare, ammettono falsissimamente che loro non guardano più i porno né si recano su Instagram a contemplare i bei culi perché sono “cresciuti” e hanno da fare… cose più “serie”.

Volete la verità? Sono i primi, questi moralisti osceni, ad aver le mani “sporche”. A vivere di perversità che semmai non si esplicitano in purezze fatte di atti impuri ma di sconcezze immonde nella vita di tutti i giorni. Perché costoro emarginano chi non la pensa come loro, sono sempre restii a ogni forma d’innovazione e cambiamento, sono i più stronzi conservatori di un mondo da lor stesso creato e reiterato di azioni meschine, spettegolanti, piccolo-borghesi fradicie, invero assai scostumate perché rinnegatrici della giustezza e dell’equità, della democrazia e della libertà Maniaci indagatori del prossimo, spioni e sostanzialmente coglioni. Esorcizzatori dei loro abomini esistenziali nel rinfacciare agli altri le stesse “colpe” di cui loro sono i primi rei non confessi.

Sì, sono come Samuel L. Jackson di Pulp Fiction… Questo mi piacerebbe. Ma questa cosa non è la verità. La verità è che tu sei il debole, e io sono la tirannia degli uomini malvagi. Ma ci sto provando, Ringo, ci sto provando, con grande fatica, a diventare il pastore.

Ah, fratello carissimo, è una società piena di psicopatici. Ma vedi di non fare la morale a me. Io sono l’incarnazione vivente di tutto ciò più lontanamente possibile dal male. Quindi, per carità, per l’amor di Dio. Vedi di rompere il cazzo a chi se lo merita. E ora vedi di levarti di culo, figlio di puttana, o ti prendo a sprangate e t’infilo il tuo crocefisso ove dico io. Ah ah. E lasciami amare questa Thurman che, cazzo, sarà pure magra, ma ha un paio di tette che neanche la mongolfiera ne Il giro del mondo in 80 giorni…

Cristo, adesso Ethan Hawke gira First Reformed, film trascendente, ma Dio lur… o p… o non deve aver molto trasceso con Uma…

E questa è la verità, per la Madonna.

Adesso scambiatevi un segno di pace e, se la Thurman con voi ci sta, “beneditela”.

 

Ora, direi che dovreste rileggere il titolo di questo post. Ridete, ridete pure. Ah ah.

Intanto me la ingroppo.

 

 

di Stefano Falotico

 

 

Predizioni cannensi


15 Mar

Prime indiscrezioni per il Festival di Cannes! Basta, cannaioli! Sono il “babà”, e senza liquore abbaio da “partenopeo”, in quanto di peti adorate il prete ma (non) intingete nella “Palma

Gatsby 3D con DiCaprio “fenomenale” di Fitzgeraldluhrmaniano” un tanto al kitsch “ammodernato” al barocco, inaugurerà la kermesse, fra miss in minigonna e il muso di chi perderà.
Fratelli della congrega, sbilanciamoci già ancor prima delle proiezioni ufficiali, proiettiamo di piroette per scommettere su chi, alla gara, partecipando, non sarà vincente.
Uno solo… highlander, brandendo il trofeo dorato non so se ricordato dai posteri, senza dubbio scriverete, voi giornalisti, tanti “leccaculo”-post pur di ammanicarvi, ruffiani, alla corte del supponente “Corriere”, con Lucarelli Selvaggia, fra una tetta e l’altra “scollante” di “balcone”, a preparar le pappine “reali” da “Papa” “regalina-analina” come le sue cosce “liquirizia” su andamento “celebrity”.
Now, my name is mine. E tu, maiale, non sei me. Tu sei mia, micia, dai che accenderemo la miccia.
Ammicco e tu mi sei “amica”. E, “amichevolmente”, guarderemo i film della rassegna, mentre mi strofinerai, “finissima”, la mano senza “seghe mentali” da Ghezzi, ma “rizzo” per lo “scrosciante” che sale glorioso da “Montées des Marches”, “montante” e (in)fermo poltroncina di seta…

Tu, Polifemo, di Cinema capisci i tuoi paraocchi. Fra l’altro, nei hai solo uno, che vuoi “giganteggiare?”.
Non comprenderai mai il “gigionismo”. “Accidenti”, accecatelo! Questo Polifemo è solo uno spettatore non gradito alla Lars von Trier. Mi mette melancholia ‘sto antichrist! Ninfomani, anche di fianchi! Se occhio non vede, Cuore non duole, tu che cazzo vuoi? Che tristezza!
Il tuo “Omero” nel senso dell’eroe dell’“Odissea” o l’osso che “spezzi”, “addentandomelo?”.
Ah, Donna! Preferirò sempre i tuoi tacchi al tallone d’Achille! Ti chiami Ilaria? Dunque, io ho letto “L’Iliade”, ho una spada, “Troia”, che a quella… allude. Quando cala la Notte, dal “cavallo” esce e sa “mescerlo”. Che infil(z)ata!

“Fiato alle trombe!”.

I proci son avvertiti, i greci s’aggregheranno agli spartani per una “spaghettata” di tarallucci e vino, e io, il paciere, posso a te, Elena, “riposarlo” nello “spossartela?”. Guarda che “arco”, che “tiro”, che poetici “sospiri”. Ho un fisico (all’)asciutto e olimpionico, prediligo la “staffetta” ai cento metri, ma ce l’ho di “trenta”, il “bastoncino” che riparte nella “patata bollente” per l’“allungo” a tagliar la… “mela”.

Quale meta e altra metà. Dio ti fulmini! Sono Zeus, non sono una meteora. Sono l’immortale.
Dunque, in modo immorale, “faccio una” che mi va a genio. T’ammazzo di botte, mia amazzone!

Applauso!

A parte, la parentesi “storica”, rimembrante il “membro” dei promiscui, “eleganti” ellenici, pensiamo alla “manifestazione”. Tu, perché “lo manifesti?”. Ti denunceranno per oltraggio al pudore del “pub(bl)ico”. Lo scandalo va visto in sala, non toglierti i sandali anche se guardi un peplum perché la tua religione non te “la concederebbe”. Non “venderlo” a saldo.
Va sventolato e, appunto, “rinsaldato”, solo quando sei certo che, saltandole addosso, non ti salteranno le palle, causa frantumazione dei testicoli di (im)prevista (contro)mossa “femminile”.
La donna sa quando osare, quando “arrossartelo” ma devi procedere con cautela se vuoi che la “candela”… “venga” rossa. Altrimenti, solo commozione. Cerebrale e non, come un film da “lagrime amare”. Un film che piacerà a Giona Nazzaro o al nuovo Amedeo Nazzari?

Giona, talora, anche nelle “tarde” ore, spara cazzate, Amedeo piace ai cazzari!
Sì, quelli che si masturbano sulle gambe della “conduttrice” e poi se “lo tiran” da intellettuali!
Della minchia! Si spaccian per pensatori liberi, ma “dai!”, “liberatelo!”. Se no, poi piangete il “melodramma” senza “miele”.

Già… “si fanno” i nomi di grandi registi. E tu, prostituta, pensa al Cinema, non al pene, ragiona in grande, sgrana la vista, non “sgranocchiar” il “glande”. “Elevati”. Porca puttana!

Chi ti credi di essere? Sofia Coppola? Tu sei da “cappella!”. Ma non sei suora. Sappilo! Tu vuoi solo “(s)tapparlo!”.

Oltre ai sofismi di Sofia, col suo “cinema” platinato con “chiccheria” su chiacchiere inutili d’annoiati indigeribili come la bile del “Somewhere”, ecco pochi ma importanti nomi che potremmo vedere.

1) Jim Jarmusch, il numero uno di sempre.
2) Roman Polanski.
3) Paolo Sorrentino.

E, soprattutto, speriamo in una buona Malavita a tutti.

Luc Besson sa!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Venus in Fur (2013)
    Lou Reed conosce il sedere della Seigner nel polanskiano.

    Tu, stai seduto!

  2. Malavita (2013)
    Tonino è francese.
    La Pfeiffer, una francesina. De Niro, un Jones di sfida.
  3. La grande bellezza (2013)
    La Ferilli è vacca, Verdone è oramai svaccato. Servillo si salva!
  4. Il grande Gatsby 3D (2013)
    Se non hai mai letto questo libro, datti alla mut(u)a.
    Altrimenti, come Gatsby, perderai un amore e troverai la pace dei sen-s-i.
  5. Twelve Years a Slave (2013)
    Bello e più bono, Fassbender e Pitt.
    Due maschi a confronto. Fa schifo, a prescindere dal regista.
    Il cast è una castroneria. Poi, Brad ha denti da castoro.
  6. Only God Forgives (2013)
    Dio dimentica, io perdono. Mi va bene, quindi nessuna vendetta del cazzo! Una lavata di testa, sì. Beccati le sforbiciate boxing sul boxer.
  7. Behind the Candelabra (2013)
    Anche Michael Douglas è una checca. Dovevamo sospettarlo.
    Il candelabro si scioglie nel Damon Matt-o di andargli (di)dietro.

    Ho detto tutto.

    Che puoi (pre)tendere da Soderbergh? Utilizzò Sasha Grey, attrice che studiò alla corte dei cordini sadomaso, adesso un ingrigito Douglas di parrucca per scandalizzare da Liberace i parrucconi.

    Mi sembra un film che andrà a culo. Buona la prima.

Genius-Pop

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