Un masterpiece. Cosa? Il film di Allen? No, il mio video, modesta-mente, la vostra, invece, eh eh. 00:20, Mereghetti e il bolognese doc. 01:07, Il commissario Falò, Tangentopoli e il mio dark humor demenziale molto intelligente. 02:00, il moralismo italico e accenni alla filmografia di Woody. I nani, gli onanisti e i grandi piccoli. 04:06, il sesso di ieri e di oggi, anche al cinema, la pubblicità progresso-regresso (poi continuerà), Giorgio Gaber e la retorica controproducente, mia ipocrita gente. 04:54, Il Cinema proletario di Carpenter? 05:56, Allen è uno sfigato datosi alla filosofia perché poteva darsi poco alla fi… a, Fanny Ardant, The Palace, Roman Polanski, Eyes Wide Shut & la b(u)ona Fanny/Lou de Laâge. 09:10, Toni Servillo/Jep Gambardella. 09:38, Kate Winslet de La ruota delle meraviglie e/o di The Reader? I toscani e la mia review, Vittorio Storaro coi suoi colori stonati? Oramai suonato e rintronato. 11:36, Falò è il Genius-Pop? 12:36, le impiccione, le vecchie racchie e le frustrate arretrate. 13:30, tutte le patologie del Falotico, cioè nessuna, ah ah, Bocca di rosa e La dea dell’amore. 15:00, per farla breve, il film, infine, è una commedia o un penoso mystery thriller con un finale peggiore di Cry Macho? 17:00, Mel Brooks falotichesco-meridionale di una scema, no, scena reinventata, Henry Cavill e i miei capelli.
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RIFKIN’s FESTIVAL è poi così brutto come io stesso asserii, scherzandovi però sopra, e chi è in verità Woody Allen?
Be’, ieri scrissi una recensione decisamente sui generis sull’ultima opera cinematografica di Woody Allen. Alcuni addirittura pensano che sarà veramente the last opus di Allen. In quanto, dopo le ennesime accuse sessuali molto ridicole rivoltegli da femministe ipocrite, appoggiate peraltro dalla fedifraga, artisticamente parlando, Kate Winslet, non sono in pochi a credere fermamente che Allen sia arrivato alla frutta.
Malgrado i rimandi dovuti al Covid, Rifkin’s Festival è finalmente uscito. Ufficialmente doveva essere distribuito nei cinema nello scorso inverno, invero, ancora non è sui grandi schermi italiani. Esce giovedì prossimo ma se ne può già fruire della visione sub ita in streaming a ottima qualità audio-video.
Dunque, dopo i problemi riscontrati da Allen con Amazon, dopo i disagi insorti per colpa della pandemia dovuta al Coronavirus, sebbene i complottisti, fra cui il sottoscritto, pensino che i vari, severissimi lockdown siano stati creati ad hoc per fermare inopportunamente la nostra vita socio-economica e lavorativa, andrei qui fermato e non dire altro in merito?
Ebbene, prossimamente uscirà il mio libro intitolato Bologna Hard-Boiled & l’amore ai tempi del Covid. Ma non voglio fare spoiler e vi sorprenderò, scioccherò, perturberò oppure disgusterò a tempo debito. Se mai sia, quando tale mio romanzo sarà in vendita, voleste per cortesia, gentilmente acquistarlo per salvarmi dai debiti occorsimi nel frattempo. Ah ah.
A scuola non ricevetti mai alcun debito in quanto me ne fregai altamente d’istituzionalizzare il mio sapere, ah ah.
Trascorsi gran parte dell’adolescenza nell’infanzia simile ad atmosfere oniriche paragonabili a Il posto delle fragole, dunque nella prematura senilità non abbisognante di maturarsi nella cazzata del cosiddetto diploma di maturità?
A un certo punto, essendo stato io ingiustamente paragonato al disertore Martin Sheen di Apocalypse Now, fui violentato psicologicamente da sedicenti educatori, invero persone assai maleducate, le quali credettero che io vivessi nel mondo delle fragole? No, delle favole. Comunque loro limonavano…
Ah, che Arancia meccanica!
Attentarono alla mia salute mentale, questi pazzi, poiché credettero che fossi un ignorante come Max Mazzotta/Enrico Fiabeschi del film Paz!
Chiariamoci molto bene, conosco a memoria Joseph Conrad, il capolavoro succitato di Coppola, Heart of Darkness di Nicolas Roeg con Tim Roth e John Malkovich, poche volte frequento la Conad, sono malato di mentine, sì, le caramelle balsamiche all’eucalipto(lo), devo prima o poi vedere Apocalypto di Mel Gibson, lessi molti fumetti e so benissimo chi è Igort. Quello di 5 è il numero perfetto.
Non fatemi perdere la pazienza e anche Andrea…
Comunque, ho visto pure Edge of Darkness di Martin Campbell con Gibson e Ray Winstone che sostituì Bob De Niro. Film da noi intitolato Fuori controllo, a proposito d’Ipotesi di complotto.
Uh uh. Avete mai visto, peraltro, Ransom di Ron Howard? Eh eh.
Sì, fui preso in ostaggio da persone che si spacciarono amanti di Woody Allen e della Nouvelle Vague e che, a prima vista, parevano uomini fighi come Jean-Paul Belmondo di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard. Appunto…
Spesso, nelle relazioni amicali e amorose, può innescarsi una fascinazione verso i criminali.
Poi, mi stufai come Jean Seberg ma furono loro a denunciare me poiché vollero insabbiare i loro reati e il loro sequestro di Persona alla Bergman?
Ecco, per capire queste mie precedenti righe, bisognerebbe aver vissuto il mio vissuto stesso, altrimenti considererete quanto da me vergato qualcosa di diagnosticabile come disturbo delirante paranoide.
Oppure, abbisognereste di cultura omaggiante i classici di Bergman, di Godard, di Truffaut e di Orson Welles? Ah, Rosebud di Quarto potere. Quel trauma… In effetti, ho sempre reputato la psichiatria una balla colossale. Uno psichiatra forense, infatti, desidererei che diagnosticasse le ragioni psichiche che indussero Federico Fellini a girare 8½. Non esistono, vero? Poiché l’arte non è materia da parcellizzare in trattati biochimici. Così come il fondoschiena di Polly Walker, in 8 donne e ½ di Peter Greenaway, è qualcosa per cui sarebbe uscito matto Jung/Fassbender di A Dangerous Method.
Sì, alle schizofreniche un po’ anoressiche come Keira Knightley/Sabina Spielrein, preferisco un’aspirina e un po’ più di carne felliniana, amante difatti delle donne alla Botero.
Sì, sono un protestante come Martin Lutero. Ho raggiunto il Nirvana? No, non mi piacque mai Kurt Cobain, nemmeno In Utero.
Amici, vi garantisco che vi furono tempi in cui fui scambiato per Mia Farrow de La rosa purpurea del Cairo, furono veri Radio Days impagabili.
In Rifkin’s Festival, Allen cita anche Claude Lelouch, marito da una vita di Alessandra Martines.
Sì, vi fu un tempo in cui la gente stupida pensò che io fossi Alessandra di Fantaghirò per la regia di Lamberto Bava.
Appena post-puberale, io vidi Alessandra in reggicalze che ballava alla tv e mi veniva… la bava.
Sì, sono un divoratore di caffeina e non frequento la cosiddetta crème de la crème. No, amo di più le cremerie e detesto gli arrivisti, gli esaltati cinici e le cretinerie. Sono uno sfigato come Jesse Eisenberg Café Society? Non è che fui già un genius come Lex Luthor, no, come Mark Zuckerberg?
Louis Garrel è davvero l’erede di Delon Alain, di Belmondo e di Vincent Cassel? A Laetitia Casta piace parecchio. Va be’, a Laetitia piacque anche Stefano Accorsi. Mi spiace per Stefano… di Veloce come il vento ma Irama è più figo. Il video musicale, sotto mostratovi, è un po’ commerciale ma spinge, eccome se spinge. Ah, mi deste precocemente del vecchio e il mare…
Chiariamoci molto bene, lupetti e furbetti. Io amo sia Ernest che Mariel Hemingway. E ho detto tutto… Alla pari di Woody Allen, Mariel mi piaceva anche quando era troppo giovane…
Era così scabroso farsi… dei film, poveri moralisti, su Tracy di Manhattan? Forse distorcevo tutto ma a me pareva Brooke Shields di Laguna blu. Onestamente, Allen è un genio e io sono Joaquin Phoenix di Irrational Man. Che vi devo dire? Molte donne pensarono di essere delle grandi attrici come Kate Winslet e invece, nonostante si laurearono, recitando le pappardelle a memoria durante le interrogazioni orali in stile Melanie Griffith di Celebrity, non sanno recitare neppure la loro sceneggiata patetica.
Altre sono come la Casta, cioè Gina Gershon. Non una castissima, diciamo. Forse castana? No, mora. Ah, le more, le fragoline, i limoni, i gelsomini e i bravi bambini. Gli uomini non sono niente. Pensano tutti di essere Marlon Brando ma di Woody Allen ve n’è uno solo? Eh no, due. O no? Ah ah. Comunque, sì, esistono due Woody Allen. Uno di questi è bello come Brando.
Sono un Cuore di tenebra. Insomma, sono un romantico tenebroso. Molti sostengono che io possieda una bella voce. Non lo so. Giudicate voi. E dire che, dalla nascita, faccio tutto da solo. Se avessi i milioni di dollari di Allen e uno studio non solo di registrazione, forse della Warner Bros. Comunque, a parte Irama, sono un cinefilo enorme. Avete mai visto Faccia di rame? Io sì. Scommetto che voi no.
Behind the Scenes di una Hollywood ambigua da Woody Allen o invece “pura” da David O. Russell? No, i retroscena della gente “normale”, peggiore degli animali strani e notturni di Taxi Driver
Ebbene, molti anni fa, nella landa desolata delle mie immani depressioni abissali, in verità vi dico che non fui colto da alcuna follia o da psichico disagio, bensì, in maniera imponderabile e allucinante, profetizzai me stesso, oramai trasfusomi totalmente, anche a livello fisionomico, sprofondando in De Niro di Taxi Driver e assumendone le sembianze. Oramai inequivocabili. Mi pare alquanto evidente che tale messianico, “schizofrenico” De Niro sia io, malgrado lui viva in una lussuosa villa e io in una mezza catapecchia. Però, posseggo uno specchio migliore di Travis Bickle e, ogni mattina, quando (mi) rifletto e mi domando, fra me e me, You Talkin’ to Me?, mi risponde Rupert Pupkin di Re per una notte con una vaga rassomiglianza ad Arthur Fleck di Joker.
Succede, poi spengo lo specchio e riguardo La rosa purpurea del Cairo.
Sì, dopo Taxi Driver, vidi tutti i film con De Niro e divenni la sua versione CGI, in carne e ossa, non utilizzata in The Irishman ove, come sappiamo, si optò per un ringiovanimento di Bob a livello puramente digitale, dunque virtuale.
Bastava chiamare me e avrei recitato meglio di Marlon Brando e De Niro nei primi due padrini, ah ah.
Ora, a parte gli scherzi e i processi d’identificazione, chiamateli anche di alienazione, debbo ammettere che sono un alieno, no, un alleniano. Anche se mi sto orgasmizzando, per dirla alla Bob del capolavoro per antonomasia di Scorsese, no, semplicemente mi sto allenando per non fare la brutta fine di To Rome with Love.
Non l’ho visto e non lo voglio vedere. Mi dicono che sia orrendo, il film più impresentabile di Woody Allen.
Ora, non so se imbarazzante come Woody quando confessò a Mia Farrow che lui fece all’amore con la figlia adottiva di Mia e André Previn dopo averla corteggiata mentre Soon-yi Previn stava guardando Amore e guerra alla tv, comprendendo che, già durante le riprese di questo film, quasi autobiografico, il suo attuale marito, Woody Allen per l’appunto, aveva ricevuto la richiesta di divorzio da parte di Diane Keaton.
Lo so che vi faccio ridere.
Molta gente mi fa piangere. Sostiene di essere intellettuale come Woody Allen e di adorare La dea dell’amore.
Sì, però non questo film con Mira Sorvino oscarizzata. Molta gente va matta, più che altro, per una nera raccattata sui viali che non reciterà mai in un film del maestro di Manhattan. Ve lo posso giurare. Sono uno storyteller come John Cusack di Mezzanotte nel giardino del bene e del male e sono anche Clint Eastwood di Fino a prova contraria.
Vi potrei, per esempio, dire che Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti avrebbe fatto carte false, no, praticato il voodoo a Savannah pur di diventare come Lady Chablis. Mentre Kevin Spacey, attualmente, omosessuale dichiarato e castrato dal sistema, pur di tornare a girare anche solo un film mediocre come The Life of David Gale, lo darebbe via per du’ lire come Jodie Foster di Taxi Driver. Jodie Foster è lesbica e, comunque, Harvey Keitel di Taxi Driver non fu nulla in confronto ad Harvey Weinstein. So che state ridendo, no, dai, continuate.
Secondo me, David O. Russell assomiglia all’ex pornoattore Peter North. Amy Adams sostiene che, sul set di American Hustle, David abusò di lei.
Io non le credo. D’altronde, è per colpa della sua suorina falsa se Philip Seymour Hoffman de Il dubbio fu scomunicato…
A mio avviso, infatti, Jude Law era più figo ai tempi del succitato film di Eastwood, rispetto a quello di The Young Pope. Anche se non sono Gabriel Garko e gli preferisco Marisa Tomei nell’incipit di Onora il padre e la madre.
Sì, devo confessare… i vostri peccati.
In una delle copertine di un mio romanzo noir erotico, la protagonista che risalta in cover, che potrete vedere ma che io non incontrai neppure, pur di guadagnare 50 Euro in più rispetto al suo normale caschetto, no, cachet, permise a un fotografo assai meno bravo di Michael Chapman e di Gordon Willis, di Sven Nykvist e di Vittorio Storaro, di farle l’intero servizio…
Direi che fu immortalata bene. Tant’è che ci prese gusto.
Voleva diventare una grande modella e una bravissima attrice ma finirà come Kate Winslet de La ruota delle meraviglie.
Sì, a tredici anni era pura come Mariel Hemingway mentre, a quindici anni, era già Melanie Griffith di Celebrity.
Fra vent’anni, sarà sovrappeso, con un marito giostraio e il sogno mai morto di passare una notte con Justin Timberlake.
E voi dunque vorreste dirmi che già a dodici anni, anziché ascoltare i Backstreet Boys, non dovevo essere fan di Jim Morrison?
Mi spiace avervi deluso.
Scusate, siete tardi, no, si è fatto tardi.
Fra poco sarà mezzanotte e voglio rimanere Owen Wilson di Midnight in Paris.
Se non vi sta bene e mi odiate perché sono ingenuo, sposatevi Rachel McAdams, spendete cinque milioni di dollari per dei gioielli a cui non frega un cazzo a nessuno/a, ma non invitatemi al matrimonio.
Non ho soldi da buttare in regali alle puttane.
Sì, lo so, per molti di voi la vita è brutta.
A sedici anni eravate degli idealisti, a diciotto eravate diplomati, a ventidue laureati. A trenta, invece, sistemati e ben pagati.
A trentacinque, già vecchi e prostituiti.
Guardate me, invece. Non sono pazzo come Buffalo Bill, non sono un cannibale come Hannibal Lecter, non sono Anthony Hopkins di Premonitions ma tutti pensano di fregarmi e invece io sono felicissimo se mi prendono per il culo.
In senso lato?
Quale lato?
Non lo so, di mio, so che lato per lato fa l’area del quadrato.
Se tu vuoi fare il culo all’avvocato, devi studiare legge e non matematica.
Su questa stronzata vi lascio… con un palmo di naso.
Sì, è vero. Ho sempre avuto una faccia da “demente” come quella di Allen. Che vi devo dire?
di Stefano Falotico
Allucinazione per nulla perversa, incubi alla Patrick Fischler di Mulholland Dr. ed erezioni da spada di Re “Arthur”/Joker
Parte prima: incubo peggiore della morte di Laura Palmer
Ieri notte, accade nuovamente. Erano oramai vari mesi che non mi succedeva.
Un incubo mostruoso, non sto scherzando. Mi svegliai di soprassalto verso le quattro e mezza di notte e, in preda a spasmi convulsi, avvertendo una fortissima, lancinante sensazione di strozzamento, mi precipitai in bagno. Prima singhiozzai con potenza feroce. Come se stessi cercando di espellere un demone interiore che da tempo immemorabile m’attanaglia in maniera atroce.
Quindi, mi sciacquai il viso. E, specchiandomi, umidamente avvolto che fu il mio viso da gocce cristalline scivolate delicatamente dal rubinetto sui miei polpastrelli, mi agghiacciai. Rabbrividii!
Pallidamente sconvolto dal prendere coscienza che ero ancora terribilmente vivo.
Sì, non so se possa interessarvi. Forse, oggi e anche domani avrete da organizzarvi per rimorchiare qualche pollastrella in giro per strada.
Dunque, dei miei deliri lynchiani, più che altro da linciato, non so quanto possa fregarvene. So io cosa volete sfregare.
Sì, in passato, in tanti vollero fottermi, cioè fregarmi.
Poiché, contravvenendo io a molti stupidi dettami della piccola borghesia bolognese amante degli pseudo programmi culturali condotti da Ilaria Bignardi e fanatica di quegli scemi dei fratelli Gallagher degli Oasis, non videro di buon occhio il mio essermi recluso nella mia oasi felice.
Felice? Mah, mica tanto. A quei tempi, l’unica persona che, fra gli abissi e le sabbie mobili della mia atavica depressione, riuscì a risollevare qualche volta il mio umore, eh già, fu Teo Teocoli nella parte di Caccamo Felice.
Ho detto tutto.
Furono giornate inesistenti di puro, notturno esistenzialismo. Ove spesso m’identificai in Griffin Dunne di Fuori orario, patendo tremendi, imperterriti incubi kafkiani curati solamente dal credermi Michael Beck de I guerrieri della notte.
Sì, I guerrieri della notte finisce a Coney Island, patria dei barboni, degli emarginati, degli esclusi, degli sfregiati e adoratori dell’Asbury Park celebrata in molte canzoni da Bruce Springsteen.
Cazzo, roba che Jim Belushi de La ruota delle meraviglie mi fa un baffo.
Jim non è come il suo geniale, inarrivabile fratello compianto, John. Ma è simpatico comunque.
Nel film succitato, sa benissimo che sua moglie, interpretata da Kate Winslet, se la bagna con un bagnino. Ma lui continua a fare il giostraio, appunto, giostrandosi fra il perdonarla e non cornificarla.
Anzi, organizza pure una festa di compleanno con tanto di pasticcini cremosi, offrendo ai suoi amici i più croccanti cornuti, no, cornetti.
L’avete mai visto Capodanno a New York?
Jim recita, per pochissimi minuti, nel segmento intitolato Elevator. Sì, ripara gli ascensori.
A un certo punto, Ashton Kutcher e Lea Michele ne rimangono intrappolati dentro. Incastrati.
Insomma, Ashton mica tanto castrato. Ah ah. Sì, Lea Michele indossa collant su minigonna attizzante per l’uomo che deve subito spingere il tasto ALT, altrimenti so’ cazzi.
Jim libera Ashton dall’asfittica situazione imbarazzante, forse solo nascostamente rizzante.
Ashton, liberato che viene, anche se con Lea non viene, tira un sospiro di sollievo. Cioè, ansima come se fosse appena venuto al massimo tiro.
Jim la prende a ridere.
E ho detto tutto.
Ora, a parte gli scherzi, ieri notte sognai che degli ufficiali del quarto Reich sfondassero la mia porta di casa, m’imbavagliassero e, legandomi mani e piedi con la camicia di forza, mi ficcassero nello stesso manicomio ove alloggiò, non so se ancora alloggi, Arthur Fleck/Joker.
Sì, anni fa fui deportato, come Anna Frank, in una sorta di lager nazista solamente perché fui e sono ancora una persona libera.
Poiché non m’attenni alle rigide regole fasciste di genitori cretini. I quali, se i figli non si laureano, li diseredano. Cosicché incontrai i loro figli idioti, appunto.
Che mi ricattarono psicologicamente e sessualmente affinché, abdicando, anzi abiurando al loro infimo credo alla Celentano, della serie chi non lavora non fa l’amore, desiderarono farmi credere che avessi il cervello piccolo e anche qualcos’altro ancora più minuscolo. Detestando infatti il fallo, no, il fatto che, piuttosto che farmi storie con delle ochette, usassi la mia oca per un vero onanismo fottuto, mi trattarono da nano.
Fui preso d’assedio dalle loro offese invereconde e orrende.
Del tipo:
– Hai preso le medicine prescritteti dal tuo specialista, cocchino? Hai capito come si sta al mondo? Non è che indossi pure gli orecchini?
No, non ho ancora capito come si sta al mondo. Anzi, ho appena pubblicato il mio nuovo libro, scrivo di Cinema e mi sa che oggi pomeriggio m’armerò di videocamera per riprendere i migliori fondoschiena femminili dell’entroterra felsineo.
Se tale gentaglia volesse frenare la mia libido, li accontento subito.
Ho appena ordinato il dvd Miss Tushy col primo rapporto a… le di Kendra Lust.
Se volete che ve lo masterizzi, so anche essere Philip Seymour Hoffman di The Master.
Parte seconda: la vita di molte madri, ex insegnanti di Italiano, è come quella di Isabella Rossellini di Velluto Blu, cioè un soufflé
Sì, la vita di molte queste qua è come quella di Dorothy Vallens/Isabella Rossellini del capolavoro di Lynch sopra menzionato. Anche se, a essere sinceri, trovatemi un film di Lynch che non sia un capolavoro e, se mi citate Dune, vi affosso.
Ora, passiamo a un pezzo alla Chuck Palahniuk.
Dovete immaginarvi questa povera frustrata, la quale sognò di diventare una cantante di night club a Beverly Hills, che trascorse tutta l’adolescenza a vivere una paurosissima competizione col fratello. Essendo suo fratello, non so se sia, ecco, un maschio.
Le ragazze adolescenti, così come le donne adulte, invidiano a livello inconscio la virilità del sangue del proprio sangue. Per cui si aprono molte possibilità interpretative all’interno del loro porsi nei riguardi del fratello amato e al contempo odiato poiché, non solo sessualmente, lui rappresenta antiteticamente l’opposto umanamente vivente della propria immagine allo specchio.
Sì, in maniera caleidoscopica, la sorella visse profondi conflitti psicologici. Tutti speculari seppur apparentemente antitetici. Parimenti a un nastro di Moebius.
Dovete pensare che sia una donna che visse la sua giovinezza, ammesso che codesta sia mai stata giovane, durante gli scalpitanti anni sessantottini. Dunque, ammaliata, oserei dire precocemente rimbambita dalle canzoni patetiche e utopistiche, eppur ecumenicamente allegoriche, diciamo, e quasi umanistiche di quella compagnia di decerebrati de Beatles, immaginò tutta le gente festante a celebrare l’amore libero.
Idealizzando John Lennon, il quale altri non fu che un uomo da curare subito, e sognando una vita da maestra intellettuale a capo del reggimento solipsistico di ogni sua frustrazione, appunto, sedata nella contenzione di qualche libro che potesse frenare le sue represse voglie da donnetta casa e chiesa, invero assai moralistica, ipocrita e castigata.
Cioè, la moglie di Dustin Hoffman di Cane di Paglia.
A ciò aggiungiamoci il fatto che tutti suoi sogni da diva di Hollywood fallita, ecco, andarono in frantumi poiché si accorse, al terzo due di picche, che poté solamente avere come marito uno più brutto di Woody Allen e mille volte però più scemo e grasso, insomma un ubriacone ignorantone super fradicio che lei iscrisse tardivamente a una scuola magistrale per avere accanto a sé almeno uno con un pezzo di carta da spazzarsi il culo, ed eccovi servita la donna perennemente nevrotica e afflosciata che visse estemporaneamente di fuggevolissime gioie brillanti nel tirarsela da professoressa del cazzo, correggendo gli altri per sentire qualcuno/a o, almeno, con quattro babbee alle sue direttive, un po’ cagata.
Avrete il perfetto ritratto d’una torta di mele già bella che squagliata.
Insomma, l’emblema dell’educanda dalla vita sempre inculata, oggettivamente ritardata a cui Emma Bonino fa un baffo.
Ma almeno Emma, per quanto innatamente racchia, è elevata.
E mi sa che ora la sua vita insignificante e ignominiosa sia arrivata all’ultima fermata.
Affidatela a una potentissima cura psichiatrica nell’elaborazione del suo lutto imperituro e sterminato.
Mamma mia come sono cattivo e lucky bastard.
Sono proprio una testa di cazzo nata. Sanamente insanabile, fottutamente godibile.
Oh, che tristezza. Oh, eccome se è rizzo.
Io, sì, schizzo!
di Stefano Falotico
Kathy Bates è la più grande attrice vivente, Kate Winslet è pure, secondo me, più grassa
La pornografia ha poco a che vedere col grande Cinema.
Esiste, al massimo, solo un film con sguardo pornografico, cioè Crash, che riesce a essere moralmente più perverso di Matt Dillon con Thandie Newton nell’omonimo film di Paul Haggis.
Sceneggiatore, fra l’altro, di Million Dollar Baby.
Ma Cronenberg appartiene a una categoria a parte.
Riesce ad ammaliare anche col body horror. Mentre, secondo me, molti pornoattori ammalieranno voi, donne che vanno matte per Manuel Ferrara.
Quando giocai a Calcio, un omonimo Ferrara era il ragazzo più dotato dello spogliatoio. Ovviamente, parafrasando Adriano Celentano, dopo di me.
Ma lasciai stare presto ogni gioco balistico. Sì, continuate voi a raccontarvi palle, state sempre lì pronti a gonfiare la rete, non solo del profilattico.
Nemmeno della porta, appunto, di Calcio. Siete sempre in zona autogoal.
Sì, dovete sapere che esistono le auto utilitarie e gli auto-limitati. Cioè quelli che, non potendo comprendere gli Scanners, vogliono scannarli. A volte, lungo la loro strada incontrano Tom Stall di A History of Violence. V’assicuro che non è bellissimo provocare un tipo addolcito come Leo DiCaprio di Shutter Island.
Esiste una donna al mondo con cui Tom non potrebbe fargliela manco se lei interpretasse dieci Maria Bello alla volta, miei belli. Ovvero Kathy Bates.
Lasciate stare, cocchi miei, Kate Winslet di Titanic e pure quella de La ruota delle meraviglie. In quest’ultimo film, firmato da Woody Allen, Kate non riesce ad amare la vita malgrado sia sposata al fratello di John Belushi, il re della comicità demenziale, e abbia come amante Justin Timberlake. Al che, sciacquandosela nel Mare d’inverno alla Enrico Ruggeri cantato da Loredana Bertè, la piglia come viene.
Illudendosi, davanti allo specchio, di non essere oramai una strega di Benevento ma una grande attrice teatrale. Infatti, la sua vita fu una tragedia peggiore del Teatro greco.
Ecco, molti mi chiedono quali siano le mie attrici preferite.
Un tempo, avrei detto Jodie Foster. Ma oggi come oggi mi piace meno. Non perché sia lesbica. Anche perché lesbica lo fui sin dai tempi di Taxi Driver, sebbene minorenne. E ho detto tutto.
Sì, Travis Bickle salvò Iris/Foster dalla prostituzione. Al che, Angelo Bruno/Harvey Keitel di The Irishman gli disse:
– Guarda che era lesbica, era solo una messa in scena. Facesti solo Molto rumore per nulla. Guarda, il casino che combinasti è peggiore di quello che si vede in Casinò.
A volte, amici, credo che il Cinema stia morendo. La gente non ha più bisogno di proiettare i suoi sogni e di venirne proiettata. È finito il Videodrome. Oggi la gente ama l’edonismo, creare stories su Instagram.
Autocompiacersi di sé stessa in un riciclo spazio-tempo di eterno déjà vu. In un patetico sfoggio di amene sconcezze e scemenze, di superflue frivolezze immerse nella decadenza.
Cronenberg capì una cosa molto importante con A Dangerous Method. Una persona matta non puoi normalizzarla. Poiché la sua pazzia se la creò apposta per sopperire inconsciamente al suo sentirsi eternamente a disagio.
E non è con le botte o i calci nel culo alla Jung che le cose possano cambiare.
Una delle scene più belle ed emozionanti di Richard Jewell è quella in cui la grande Kathy Bates va in bagno e piange a dirotto.
Il figlio le si avvicina, meno disperato di lei, chiedendole perché stia piangendo.
– Perché ho paura.
Misery non deve morire. Poiché, se smettiamo di sognare, se finiamo d’inventare personaggi immaginari, la nostra società è finita.
Ed è solo un carnaio.
Allora, scriverò un altro romanzo.
di Stefano Falotico
Un giorno di pioggia a New York mi sembra l’ennesimo film scialbo di Woody Allen, nonostante Elle Fanning sia una bella passera che indossa un elegante scialle
Sì, con tutta la simpatia possibile per Woody, sono anni, anzi decenni che partorisce mezze cagate indifendibili.
Secondo me, La ruota delle meraviglie non è affatto, a differenza di quel che disse la Critica italiana, un film che fa faville. È solo una dolce favoletta ove Kate Winslet è grassa ma crede di saper recitare come Kathy Bates, ove Justin Timberlake recita peggio di Kevin Costner della vecchia pubblicità delle Timberland, ah no, è bello camminare in una Valleverde, memore di essere mr. Balla coi lupi in mezzo alle sconfinate praterie, in cui il fratello di John Belushi, Jim, è un giostraio che però non sa se giostrarsi fra una recitazione finemente drammatica oppure se buttarla in vacca col demenziale pesante, emulando lo stile inimitabile del suo compianto, geniale fratello.
Cioè sa che si trova sulle montagne russe di Mirabilandia? No, su un filmetto diretto da un Allen su di giri, la cui carriera è oramai al contagiri.
Essendo anche lui un ciccione, non avendo digerito il panino di McDonald’s comprato prima di salire sul carrozzone, vomita porcate, cercando di far ridere.
Ma spesso la sua performance mette i brividi come una casa dell’orrore. Ah ah.
L’unico motivo valido per recarsi al cinema, quando uscirà Un giorno di pioggia a New York, è Elle Fanning.
Una che, così tutta bagnata, è ancora più eccitante.
Molti sostengono che Timothée Chalamet sia il nuovo Bob De Niro.
Ma che state a di’? A me questo, più che un ribelle magnetico come Bob/Johnny Boy di Mean Streets, malgrado abbia recitato, per l’appunto, in A Beautiful Boy, pare solo uno studentello viziatissimo e capriccioso.
Adesso, gli hanno pure dato il ruolo che fu del grande Kyle MacLachlan nel remake di Dune firmato da Denis Villeneuve.
A me Kyle piace da morire. Sapete perché? Da giovane mio padre era uguale all’agente Cooper di Twin Peaks.
Non mi credete? Questo Era mio padre. Per fortuna, non faceva il criminale come Tom Hanks dell’omonima pellicola di Sam Mendes.
Ove c’è Jude Law. Presente anche in questo nuovo film di Woody Allen.
Di me, dicono che assomigli a Jude Law. Secondo me, sono tutte puttanate così come gli ultimi film di Allen.
Mi piacerebbe che Allen, prima di morire, girasse nuovamente veri capolavori come Manhattan, come Radio Days, come Un’altra donna, come Broadway Danny Rose. Soltanto infatti quando Allen è come me, ovvero malinconico con picchi di euforia contagiosi, è un Joker magico. Sì, devo ammettere che tanto tempo fa sbattei la testa e divenni scemo come Dougie Jones.
Ma questo è un miracolo. I AM THE FBI!
Sì, Twin Peaks 3 è uno dei più grandi film della storia. Avete capito bene.
di Stefano Falotico
La questione Woody Allen: è ancora un regista capace di sorprenderci?
Su YouTube commento la videorecensione di Francesco Alò, sentenziando nel mio stile provocatorio, al che uno mi “ingiuria”, poi aggiusto il tiro ma lui persevera. Ci appacificheremo? Insomma, la Winslet puntava agli Oscar per questo film ma, dopo la tiepidissima accoglienza da parte della Critica americana, il suo rimarrà un sogno decisamente fatuo. Costui, “inveendomi”, si ostina perentoriamente a ribadire che ad Allen non frega niente delle statuette e se ne sbatte perché è un genio, e come tutti i geni è al di là della cazzata chiamata Oscar. La discussione prosegue, cerco, tento d’indirizzarla verso una giusta prospettiva delle cose ma non se ne viene a capo. Ora, non sono un patito di Allen, sì, ho “bestemmiato”, e sinceramente non è fra i miei dieci registi preferiti della Storia del Cinema, sebbene ne riconosca, o meglio ne riconoscevo, prima che si arrugginisse e appannasse, la geniale maestria, l’umorismo pungente e vivacissimo anche quando è/era terribilmente, “insanabilmente” malinconico, la sapientissima al solito impeccabile direzione dei suoi attori, lo amo, anzi amai, perfino quando fa(ceva) “voluttuosamente” lo stronzo e nelle sue pose anticonformiste s’imbroda(va) e si crogiola(va), sedendosi sugli allori. E non starò certo a passare in rassegna la sua filmografia, perché essa parla magniloquentemente da sé.
La questione è un’altra. Ad Allen frega degli Oscar? Non dobbiamo essere ipocriti. Sebbene possiamo ammettere che gli Oscar siano “solo” uno spettacolone alle volte anche pacchiano, grossolano e che non sempre si premino i film e gli attori più meritevoli, sebbene nomi altisonanti come Kubrick la statuetta non l’abbiano mai vinta, sebbene Orson Welles ne vinse “miseramente” soltanto una come sceneggiatore, sebbene l’Oscar Scorsese l’abbia preso per The Departed, che è il suo film più standardizzato, siamo onesti, a chi non farebbe piacere vincerlo? Lo sa bene Bob De Niro, che si presentò agli Oscar solo per Toro scatenato, quando era convintissimo di vincerlo, e infatti a man bassa lo vinse. Si presentò soltanto un’altra volta, qualche anno fa quando fu candidato come migliore attore non protagonista per Il lato positivo, perché i pronostici alla vigilia lo davano per vincitore, e di merda ci rimase quando sentì pronunciare, al posto suo, quello di Christoph Waltz. Sì, De Niro ha sempre fatto il figlio di puttana. Non andò agli Oscar nemmeno quando ci fu un testa a testa fra il suo Max Cady di Cape Fear e l’Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti, perché non voleva mostrarsi perdente agli occhi delle telecamere.
Ciò per dire che a tutti frega degli Oscar, che piaccia(no) o meno E, quando sono quasi certi che lo vinceranno, nessuno è mai stato assente alla manifestazione, tranne lo stesso De Niro che lo vinse per il “secondo” Padrino, e non era in platea. Ah ah.
Ma a parte questo… Solo una persona non obiettiva e troppo innamorata di Allen può ancora sostenere che molti dei film di Allen degli ultimi quindici anni siano all’altezza dei suoi capolavori del passato. Se poi vogliamo insistere, non sarò certo io a dissuaderlo dalle sue “infatuate” convinzioni.
di Stefano Falotico
In questa ruota delle meraviglie, ci sta stroncare Allen, e io respiro profumo di me
Giornate insonni oppure, “abbrustolite” da tanti pensieri alla rinfusa, nel guazzabuglio mio empatico, mi scopro ancora una volta apatico, e disdegno il nuovo film di Allen, concordando con Alò di Bad Taste che, senza mezzi termini, lo stronca platealmente. La Winslet sognava l’Oscar ma la Critica americana la “ingiuriò” e basta vedere le candidature ai Golden Globe e agli Screen Actors per rendersi conto che le sue sono speranze fatue come questa pellicola che molti italiani hanno già amato, perché guai a contestare il Maestro. L’Italia ha sempre sofferto di timori reverenziali e non sa oramai più discernere fra bello e brutto, fra compiuto e irrisolto, fra pasticciacci e opere che scambia per geniali svisceramenti di autori sopravvalutati. In questo “squittire” di opinionisti dell’ultima ora, in cui tutti si accapigliano per dire la loro, in quest’epoca di tuttologi del web, ecco che i pareri sono controversi, persino “convessi”, accentrati sui propri mal di pancia solipsistici, la gente si rende “concava” e, anchilosata da frustrazioni quotidiane, ecco che “smanaccia”, alza la voce nel chiasso isterico del volersi “elevare”. Chiunque, anche il fruttivendolo analfabeta, vuole esprimersi in materia di Cinema ed ecco che, dopo la visione “alleniana”, gocce di commozione lustrano i suoi occhi impolverati da una vita schiacciata, che mai mise a “frutto” il “coacervo” di sue idee insensate, e dissenna vagabondo e anche cogitabondo, abbracciando gli altri spettatori in un “ecumenismo” buonista che gioisce terribilmente della “levità” di questo film agro e amarognolo di Allen, che pare dirci che la vita è una merda ma dobbiamo apprezzarla nella “lietezza” dei piccoli istanti anche turbolenti, che dobbiamo giocoforza fustigarci, soffrire, urlare, dimenarci come pazzi per addivenire alla bellezza del mondo. Insomma, una poetica abbastanza deprimente che mal si sposa con la mia visione romanticamente cinica, freneticamente contemplativa del sapermi già vivo senza che qualcuno, con le sue prediche “artistiche”, mi voglia irretire a quella che potremmo definire una sofferenza del godimento, la catarsi dopo tanto mare in burrasca.
Al che, leggiadro, senza dare nell’occhio osservo le gambe di una donna al bar, sognando di essere la sua schiuma del cappuccino che, dolce e sinuosa, s’infila nel suo “interstizio labiale”, quella corpulenta materia appiccicaticcia e “densa”, penetrante nella sua lingua delicata e soffice nel mescersi alle nostre papille gustative al fiorir della sera rossa come la sua voglia incendiaria. Rosso/a di sera e bel tempo si spera. Un tempo di “ritmo” andante con moto, saltellante e sussultante, galoppante e “infervorante”, focosamente “liquidante”. Ah ah.
Al che, sempre stamane, chissà perché rileggo il mio libro Hollywood bianca e inevitabilmente capisco di essere un genio. Un po’ del cazzo ma avercene…
Un uomo avvoltolato dentro un camice di marmo, faglia bluastra che spacca la luce come il nevischio dentro la nebbia del mattino, quando le rondini volano alte ma il sonno dell’uomo sobrio non coglie il fruscio del vento. Un uomo venne nel mio sordido locale, aveva l’anima timorata di apparir fuori luogo, lui, uomo messianico delle conserve, uomo che compra i vetri che rinchiudono gialle sostanze liofilizzate, uomo che quando è notte va a dormire per essere in forma il giorno dopo, uomo che ascolta una canzone solo per il ritmo e poi riparte verso un ripostiglio buio in cui si alleva la polvere delle scarpe ferme, verso il lido decadente di un mare che ha perso il blu cobalto.
di Stefano Falotico