Innanzitutto lei, anzi, Lei con la l maiuscola. Fulgida e soave, superlativa e acuta, lei il mio cuore ausculta e la mia anima ascoltò.
Eh sì. Edizione veramente particolare quella di quest’anno del Festival di Venezia. Pregiata kermesse giunta alla sua settantasettesima edizione.
77, come gli anni da pochissimo compiuti di the greatest actor alive.
Che te lo dico a fare? Al Pacino, incluso Donnie Brasco e la sua magnifica performance doppiata, in tale film di Mike Newell, da uno strepitoso Giancarlo Giannini al suo massimo storico?
No, il suo antagonista, nemico-amico storico di sempre. Ovvero, anzi, ça va sans dire, monsieur Bob De Niro. Soprannominato, ai tempi della sua adolescenza schiva e riservata, as Bobby Milk, per via del suo pallore congenito.
Sì, è vero. Gli assomiglio. Peraltro, non poco. Ma non credo, sinceramente, che questa mia rassomiglianza sia derivata dall’essermene identificato tantissimo tempo addietro. Quando, adottando una tecnica d’identificazione-trasfusione attoriale fra lui e me, spettatore nei suoi riguardi adorante oltremodo, in maniera simbiotica sostituii il mio Falotico, dotato inoltre di medesimo suo neo sulla guancia però opposta, al suo volto. Compenetrandomene à la Videodrome cronenberghiana di mimesi talmente assurda da sembrare, a sua volta, un ambiguo, inquietante e al contempo pazzesco, funambolico body horror incredibile ed estremamente affascinante.
E, a proposito di uno dei tanti capolavori inarrivabili di uno dei maggiori, imbattibili cineasti viventi, vale a dire David Cronenberg, da qualche anno a questa parte, sono divenuto amico di Federico Frusciante. Auto-ribattezzatosi l’ultimo dei “videotecari”, stazionante in via Magenta e gestore, proprietario, soprattutto factotum del suo negozio di noleggio di dvd.
Un locale ove, anacronisticamente, ora che impazzano lo streaming, Amazon Prime e Netflix, ancora si possono “affittare” i film, restaurandoci all’antico lindore di una memorabilia cinefila fra l’ante litteram più nostalgico degli anni novanta, epoca in cui spopolarono le VHS, e la Naïve art di pellicole soltanto “arty”, cioè pellicole che, nelle intenzioni, vorrebbero essere assoluta arte memorabile e invece sono ed eternamente rimarranno pacchianate kitsch delle più scontate e programmaticamente studiate per un pubblico idiota di radical–chic finto-sofisticati, cioè una congrega di esaltati intrinsecamente ignoranti, e… dicevo, scusatemi, per l’ennesima volta mi sono perso. Dicevo, datemi un attimo di tregua e di Respiro (che fine ha fatto, Emanuele Crialese?), devo compiere mente locale, ecco, ci sono. Pardon!
Locale, quello del Fruscio, ove si passa dalle ultime mega-cagate con Nic Cage, attore da Fede detestato, alle più bieche furbate, dicasi altresì gigantesche porcate in formato colossal soprattutto della scemenza più abissale, firmate da Michael Bay, dai film muti a quelli più sregolati, folli e geniali di Takeshi Kitano. Regista dal Fruscio giustamente venerato, forse solo un tantino da lui magnificato.
Io vidi Beat Takeshi dal vivo. Come no?
Ah, ne passai tante e vidi tantissimi attori e registi. Pure lo stesso Nicolas Cage durante la prima de Il cattivo tenente di Werner Herzog.
Dopo aver fotografato Nic, mi recai a un chiosco. E, dinanzi a me, in camuffa, scorsi Vincent Gallo.
In questi anni, credo di aver affrontato qualcosa che un comune mortale non dovrebbe mai fronteggiare e contro cui nessun uomo dovrebbe giammai battagliare.
Dovetti scagionarmi da accuse infondate sulla mia persona, sconfiggendo ogni ordine psichiatrico e dimostrando di essere più intuitivo di Rust Cohle di True Detective per non venire cannibalizzato da carnali persone ingorde della mia anima.
Sì, sono Hannibal Lecter. Non lo sapevate? Con l’unica differenza che furono gli altri a volermi mangiare vivo mentre io continuo a pensare che, se Jodie Foster soltanto mi avvistasse davanti a lei in un pub, dopo tre secondi netti non sarebbe più lesbica.
Sì, Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti fu un uomo invero originariamente, innatamente e dannatamente innocente, scarnificato da maniaci sessuali. Al che, spolpato a sangue nel suo pudore stuprato, da pecora da poesie di Umberto Saba, si trasformò in un lupo cattivo, desiderando di amare le donne in modo saffico.
Di mio, malgrado ogni violenza psicologica subita, ripeto, divento sempre più buono, soprattutto bono forte.
Tant’è che la mia attuale lei è sull’orlo della pazzia, in quanto del sottoscritto gelosa a morte.
L’altra sera addirittura mi disse:
– Stefano, per non soffrire pene… d’amore, mi sa che dovrò cambiare sesso.
Lei, inoltre, crede fermamente che io piaccia molto anche ai gay. Una bella situazione del cazzo, non c’è che dire. Ah ah.
A parte gli scherzi, il Festival è stato inaugurato da Lacci di Daniele Luchetti, grande amico di Nanni Moretti.
Mentre io, grazie alla mia personale psicanalisi, assai più valida di ogni teoria freudiana ed elucubrazione lombrosiana sulle principali istanze della personalità, tematica al centro di Tre piani, abito al quarto piano e, ultimamente, io e la mia lei, quando ci amiamo e ci denudiamo, non è che, a dirla tutta, ci andiamo pianissimo.
Diciamo che io spingo abbastanza anche se, finito che abbiamo io e lei di amoreggiare in modo selvaggio, lei sostiene che Al Pacino sia sempre stato più bravo di De Niro.
E io, a mo’ di Moretti di Aprile, le rispondo:
– Sì, ed è sempre più basso.
No, non sono ancora a Venezia. Me ne recherò il 5 da accreditato stampa. Non posso permettermi tutto il Festival. Gli alberghi non poco costano.
Davvero pensavate che fossi figlio de Il caimano?
Sono un pasticcere trozkista e, a mio avviso, Silvio Orlando è un grandissimo.
Vi ricordate la sua battuta in Ex?
– E con questo stai? È pure brutto!
– Ha parlato Brad Pitt!
Io mi differenzio da Silvio per due motivi. I seguenti:
Brad Pitt non ha mai scritto un libro, recita peggio di me e, al Festival, vi va da piacione.
C’è una grandissima, immane differenza fra un sex symbol e un Falotico.
Io, se fossi in voi, sceglierei il Falò.
Se dite che non è così, beccatevi questo mio video e ci vediamo alla prossima.
Sì, non sarò mai Brad Pitt e C’era una volta a… Hollywood non è un granché.
Ma io batto Leo DiCaprio di Titanic soltanto di mia Voglia di ricominciare.
Comunque, fidatevi, This Boy’s Life è un film mediocre.
È meglio il film che sto concependo in tale mio momento esistenziale. Intitolato provvisoriamente Voglia di fottere…
Ve ne do un’anticipazione. Sarà la storia di vari uomini invidiosi del Falotico. I quali, malgrado molti universitari titoli, non sono accreditati stampa, non hanno nessun libro all’attivo, non sono combattivi ma hanno crescentemente i fegati distrutti.
Al che, in preda alla follia più totale, perseguitano il Falotico nel tentativo patetico di volerlo destrutturare e abbattere.
Peccato che io ami anche Ronin.
E, con morbida nonchalance, passeggio vellutatamente, leccando un gelato e non solo…
Non so cosa farò del mio Falò in questa vita ove ce n’è sempre una…
Intanto, faccio cose, vedo gente.
Sono un Ecce Bombo, un Bombolo, un uomo che ama un bombolone alla crema ma anche una donna più dolce delle facce da cioccolato scaduto di molti di voi.
Sì, ho capito una cosa importante in questa mia stranissima vita.
Io devo aiutare gli altri quando vanno giù e loro parimenti devono aiutare me.
Solo attraverso ciò si è veri amici. Così come insegnano Nanni Moretti e Daniele Luchetti.
Altrimenti, se continuerete a essere egoisti e narcisisti, stronzi e qualunquisti, canterete solamente La Mer.
Non sarete artisti di niente, sarete solo delle mer… e.
E mi spiace davvero deludere tante persone.
Avevo ragione io.
Sono un poeta, un romantico. A dirla tutta, non vi vedo neanche. E mi pare giusto che i dementi abbia io sputtanato.
DiCaprio è vincibile da me e l’isola di Capraia è fighissima…
Abbiamo pure visto, in questi giorni, il poster ufficiale di Diabolik.
Hype alle stelle! Ma mi faccia(no) il piacere. Ci mancavano solo i Manetti Bros. Con quel trimone di Luca Marinelli, con la regina delle sciacquette, ex Miss Italia dei suoi stivali e dell’italiano medio da stivalone italicus, ovvero Miriam Leone, cioè per dirla alla Carlo Verdone, un puttanone. E, a proposito di “top” delle tope da Bianco, rosso e verdone, abbiamo pure Claudia Gerini.
Ah, questi mi fanno girare i co… i, odio questi “girini” da girotondini raccomandatissimi. Di mio, mangio un grissino e sono versatile come il principe Antonio di Totò Diabolicus.
di Stefano Falotico