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Vi siete fottuti il cervello col Trono di Spade, dobbiamo ritornare al grande John Boorman di Excalibur e non solo. Ed evviva Stardust, Rocky, The Warriors e Captain Shakespeare


12 May


Bene, dal 18 Maggio finalmente potrò tornare a bere il cappuccino al bar. Zuccherando le mie labbra di schiuma anche offerta a una donna spumeggiante, non so se sobria. La quale, sbavata di rossetto dopo aver trangugiato caffè amaro ben miscelato in un sorrisetto beffardamente ammiccante, desidererà bersela tutta, slabbrandosela e infilandoselo.

Ingoiando anche la mancia, ubriacandosi di danze mellifluamente snocciolatemi in brodo di giuggiole su movimento basculante di ritmo allegro vivo sul mio esserle ficcante.

Ma sì, dovremmo tornare a essere cavalieri pugnaci. Finitela d’impugnarvelo e dunque puttaneggiare su Instagram come delle lucciole.

Al che, assistiamo a un peso massimo da lancio del giavellotto, il quale fa il piacione come Nicholas Clay, alias Lancillotto, di Excalibur. Ma, a guardarlo bene, sembra Nicolas Cage de Il ladro di orchidee.

Insomma, non è proprio, come si suol dire, il top del sex appeal. Sebbene sia simpatico come Carlo Verdone di Troppo forte.

Di mio, sono Un sacco bello e uso sempre il Borotalco prima d’indossare la bandana da Rambo e da Born in the Usa. Sì, l’album di Springsteen è antimilitarista come il film di Ted Kotcheff appena succitato con Stallone. Spinge… spacca di brutto. Fa il culo non soltanto ai moscerini e ai soldatini ma anche a sé stesso poiché esagera e viene dunque, giocoforza, dalla legge inculato. Si sa, il sistema  è sistematico, screma gli uomini più di un rasoio tagliente che ferisce le pelli delicate.

Comunque, a parte le dee bendate, le muse ispiratrici, le reginette di bellezza e quei buzzurri che commentano le foto delle modelle con immagini delle loro banane, no, con banalità del tipo… sei una dea, io sono il tuo pigmalione, forse solo un coglione, dobbiamo elevarlo, no, innalzarci ad anfitrioni dei sentimenti nobili e non pontificare da pseudo saccenti. Insomma, non dobbiamo sentenziare come questi tromboni che, non più trombando, fanno sinceramente solo girare i coglioni.

Ora, chi considera I guerrieri della notte un film solamente per adolescenti, ecco, è meglio che vada a coltivare le cicorie, provando a sedurre le suore.

Gli lascio tutto il Cinema “impegnato” di Ermanno Olmi, L’albero degli zoccoli e le sue ipocrisie da uomo che, pur essendo stato con molte zoccole, dice di essere dolce e cremoso come una zeppola.

Che poi… anche quel San Giuseppe… io non sono tanto sicuro che abbia regalato alla Vergine soltanto della crema pasticcera. Secondo me, in quella grotta di Betlemme, non solo il bue e l’asinello riscaldarono l’Immacolata. Giuseppe amò imboccare la sua donna, cioè la donna di Dio, col suo caldo bignè.

Dovette pur festeggiare, Cristo Santo, la nascita di un figlio, eh eh, so io di cosa…

Sì, la fava, no, la favola allegorica secondo cui la Madonna fu inseminata “artificialmente”, oserei dire in vitro tramite l’etere, mi parve eternamente una sconcezza peggiore del film Godsend con De Niro.

Quel Gesù lì, eh sì, deve aver avuto una doppia personalità da volpone.

Non voglio bestemmiare, sebbene abbia molte cos(c)e da recriminare.

Per esempio, a quel finto critico di Cinema degli stivali, diamogli una zappa poiché, camminando con lo zoppo, s’impara a zoppicare. Non ho voglia degli zoppi. E, a furia di ascoltare i suoi sproloqui sulla Settima Arte, finiremo tutti a fare i contadini. Sì, è un illetterato eppure se la tira da acculturato.

Sostanzialmente, è un frustrato. Dovrebbe darsi alla spremitura delle olive per oliarlo meglio non solo alle donne ma anche per sgrassare la sua vita oramai in bambola. Sì, lui possiede molte bamboline. Le ordina dal sito “erotico” di Gwyneth Paltrow. Non lo sapevate? Gwyneth, dopo essere stata con uno degli uomini più ambiti dal gentil sesso, ovvero Brad Pitt, non la diede ad Harvey Weinstein. Il quale, nonostante tutto, riuscì a far sì che lei intascasse l’Oscar. Sì, basta coi moralismi. Harvey Weinstein fu il vero Shakespeare in Love. Ah ah.

Non sto scherzando. Gli artisti sublimano la mancanza di scopate con sillogi liriche, sì, poetiche assai sofistiche al fine di spacciarsi almeno per grandi romantici della minchia.

Pensate a Leopardi. Non tolse mai il tanga-perizoma leopardato A Silvia. Al che, le dedicò una poesia del cazzo, peraltro celeberrima. Sapete perché sia una poesia così famosa?

Poiché molte donne che non assaggiarono mai il maschile membro, eh già, in modo tristissimo fanno le insegnanti d’italiano e obbligano i loro studenti a imparare a memoria il celebre verso…

Silvia, rimembri ancora

Quel tempo della tua vita mortale,

Quando beltà splendea

Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

E tu, lieta e pensosa, il limitare

Di gioventù salivi?

Strofa davvero commovente, comunque, non adatta alle scrofe. Da me qui rielaborata in forma fallica, no, falotica e poco angelica(ta):

quel tempo della tua vita immorale,

quando qualcosa là stuzzicava,

negli occhi tuoi da irredenta così provocante che tutti i virili e vili membri divennero fuggenti,

e tu, non più eroticamente lauta, bensì pen(s)osa dopo pene a non finire,

limitata poiché solo l’avevi data,

di vecchiaia rimembrasti la trascorsa saliva lì scivolata?

Poiché ora sei annacquata, arrugginita e andata,

sconsolata nel mangiare l’insalata e più matta della protagonista de La meglio gioventù, una disastrata.

Insomma, sei stata da tanti trombata e ora, rammaricata, nostalgicamente,

ricordi con dolore il piacere da te in passato così tanto dato. Così generosamente elargito e non tanto flautato.

Ma tu sia sempre lodata, oh, mia donna che fosti molto figa e ora sei solo

inevitabilmente fottuta e ubriaca.

Strappa, no, stappa il Prosecco, oh, mia donna che tutti stregasti,

essendo stata tu una fata

ma adesso sei onestamente più brutta di Morgana.

Poi, davvero basta con Federico Fellini. La dolce vita è un film per rimbambiti. Un profluvio d’italianità provinciali spacciate per poesia. Col sopravvalutato Marco Bellocchio, no, belloccio che fu, Marcello Mastroianni, afflitto dal senso di colpa perché, a differenza di Bukowski, guardò Anita Ekberg e, non avendo avuto il coraggio di scimmiottare un po’ il re degli ignoranti, cioè Adriano Celentano col suo “cammeo di lusso”, le scoreggiò, no, la corteggiò da cavallo di Troia, no, da fintissimo cavaliere della Tavola Rotonda, girandoci intorno di panegirici sentimentalistici da fake mai visto.

Infatti, nella versione censurata de La dolce vita, Anita disse a Mastroianni…

Uccello, come here…

In realtà, dice questo (ascoltate con più attenzione) anche nella versione che va per la maggiorata, no, maggiore, essendo Anita una svedesona poco avvezza alla giusta dizione della nostra madrelingua di Belpaese di santi, poeti, navigatori e puttanoni. Comunque, Anita amò l’inguine, no, tutte le linguine allo scoglio offertele da Fellini. Non solo a pranzo, bensì anche a colazione dopo una ceretta, no, cenetta a lume di candela… di eia… e.

Sì, povere quelle donne purissime come Giulietta Masina. O accettano i tradimenti dei mariti o finiscono su La strada.

Anthony Quinn invece, in Revenge, non accettò che Kevin Costner scopasse sua moglie, incarnata da Madeleine Stowe. E lo rese mon(a)co.

Sì, il turismo sessuale, presso I vitelloni, cazzo, andò sempre alla grandissima in quest’IItalia da uomini da bar in cerca pure di polacche come in Radiofreccia.

Sì, Ligabue, più che vitellone, fu e rimarrà sempre un porcellone. Un cantante da bettole, vale a dire un povero cazzone. La finisse con la sua retorica da cosce e zanzare e certe notti… la macchina decide lei.

Luciano non guidò mai Christine di John Carpenter. Cazzo, una machine peggiore di Buick 8 di Stephen King.

Comunque, fra Alexandra Paul e Adrienne Barbeau, ex di Carpenter, io avrei preferito fare il bagnino da Baywatch con Nicole Eggert e Marliece Andrada. Due Barbie assai belline, diciamo due oche assai carine e sbarbine, buone per la super oca piccantina. Vero, cocchini?

Eppur io, ben sbarbato e rasato a zero, più che amare una donna lì depilata, divengo un pelato non tanto cagato da quelle che pensano solo al metodo Pilates.

Pamela Anderson, invece, fu ed è la versione (s)pompata di Anitona sovreccitata, no, succitata. Donna che tutti gli uomini di allora, eh sì, non poco eccitò, rincoglionendoli più di come, adesso, siano messi a pecora.

Con chi stette Pamela, la donna dalla super tette, dunque superdotata? Facciamo prima a dire che con me non prese neanche un aperitivo, no, manco per il cazzo. Con tutti gli altri uomini del mondo, non pigliò solo dei cocktail.

Sì, andò con Tommy Lee, Bret Michaels, annessi sex tapes relativi, pure con Stephen Dorff. Forse a Somewhere. Mostrando a Sofia Coppola la sua cap… a. E urlandole:

– Ecco, prendi il tuo Leone d’oro, vinto con questa porcata e ficcatelo ove dico io. Fu colpa del tuo sfigato ex, Quentin Tarantino. Che ti premiò tanto per soddisfarti. Povero, Quentin. Con te, Sofia, non gliela può fare manco Loris Batacchi/Andrea Roncato.

Pare, comunque, che Pamela sia stata anche con Donald Trump. Insomma con mezza America. Intesa non come Stati Uniti e basta, bensì geograficamente espansa, figurativamente parlando e lati b inclusi, sino al Messico. Per questo Donald vuol avere potere pure sulle brasiliane e non solo sulle californiane. E sulle spagnole? Diciamocela, Donald è forse il più grande puttaniere della storia.

Infatti, gli edonisti, cioè gli americani medi, lo votarono e ora Donald sta alla White House. Ove, peraltro, Bill Clinton puttaneggiò non poco con Monica Lewinsky. E ho detto tutto. Ecco perché sua moglie, Hilary, perse contro Donald.

Donald, in campagna elettorale, urlò al popolo:

– Chi potrebbe mai prendere sul serio una donna resa cornuta dal Presidente “orale” della stanza ovale?

– Sì, invece chi potrebbe mai prendere sul serio tua moglie, Melania, first lady della minchia, donna dalle marce ovaie, caro Donald da burro e caviale?  – rispose Hilary.

https://www.whosdatedwho.com/dating/pamela-anderson

Personalmente, m’arrangio, gigioneggiando a cazzo mio.

Sì, il mondo è generalmente un troiaio.

Un posto ove la gente cerca di fottersi a vicenda. Anche se qualche uccellino… mi disse che esistano molte vergini vere a Vicenza. Certamente, vergini nere, no.

Non sono razzista, sono realista. Infatti, i bianchi vanno con queste nere e, se non usano i preservativi, avranno dei figli dolci e amari come loro, perbenisti cioccolatini.

E poi basta coi luoghi comuni sulle casalinghe di Voghera. Mia zia di secondo grado, eh già, mise al mondo due figli, i miei cugini di secondo/terzo grado. Posso assicurarvi che, profilattici permettendo, a prescindere o a salire, suo marito, cioè lo zio di mio padre, non permise mai che lei si riducesse a fare la figa di legno in qualche scuola per tonti.

Sì, le donne insegnanti, ovvero le maestrine, sono le peggiori.

Ricollegandomi al discorso da me sopra (de)scrittovi, queste poco di buone assai poco bone, eh sì, vogliono educare i giovani, visto che nessuno oramai le “imbocca” come dio comanda/i. Ah ah.

Detto ciò… In passato, un idiota mi disse che assomigliai a Cochise de I guerrieri della notte. Cioè il “timidone” simpatico in stile pirla da Libero De Rienzo. Sì, a forza di frequentare gli storpi, stavo diventando anche muto, schizofrenico e più scemo delle loro madri. No, non ci fu e non c’è stato nessun cambiamento in me. Io fui, sono e sarò sempre questo. Soltanto che nessuno, dato l’ostracismo bigotto imperante in quest’Italia di ritardati, mi diede la possibilità di estrarre la spada…

Sì, comunque sia, rimango un puro. Ma puro non significa essere cretino, omosessuale come Captain Shakespeare di Stardust (peraltro, io non sono mica omofobo), bamboccione come Rocky prima dell’incontro con Apollo. Non significa neanche essere poco dotato/i.

Dunque, vedete di non farmi più incazzare. Sennò, come gli avversari di Rocky, eh sì, una volta che partirò a picchiare io, vi conviene quanto prima gettare la spugna. Finiamola pure con Ettore Scola. C’eravamo tanto amati? Sì, e ora invece? Vi siete ridotti come le amanti di Leopardi? Ahahah!

Fallo sta, no, fatto sta che non dovete credere a tutte le iperboli che uso. Sono un bugiardo impeccabile come Geoffrey Rush de Il sarto di Panama.

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di Stefano Falotico

A Salvatores e Tornatore, ho sempre preferito il mio aviatore


26 Nov

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Ora, ieri chissà perché la mia mente pindarica è andata a parare su Gabriele Salvatores, colui che fu insignito dell’Oscar per Mediterraneo, premiato da Sylvester Stallone che all’epoca soffriva davvero di pessima pronuncia e aveva il labbro più storto delle storture che girava. Film che torturavano la nostra pazienza grazie alla sua adrenalinica possanza tamarra. Sì, a quei tempi lo Stallone era reduce da troppe scopate con Brigitte Nielsen, detta la stallona. E la sua carriera era nella stalla. Eppur, in questa notte delle stelle, premiò il nostro filmetto. Sì, perché tale è. Un ritratto alquanto patetico e miserello di vitelloni “agguerriti” a farsi la bella del villaggio, persi fra Vanna Barba e il barbone di Abatantuono. Come ha fatto questo film a vincere? Caciarone, simpatico e “sensibile” ma abbastanza stereotipato, ma si sa lo stereotipo dell’italiano sfaticato, attratto solo da “quella”, che suona il mandolino e gioca a carte ha sempre affascinato gli americani, che vivono appunto di stereotipie ai nostri danni. E ci prendono per un popolo d’ingenui sognatori, dunque premiarono anche Nuovo Cinema Paradiso, firmato da quello che si è sempre creduto un erede di Sergio Leone per le sue elegie iper-romantiche e poi ha girato un Amarcord dei poveri con quella cagata di Baarìa. E dire che aveva ereditato anche il progetto mai realizzato proprio di Leone, quel Leningrad che fortunatamente è saltato, parlo della versione di Giuseppe.

Sì, il nostro Cinema profetizzava la piccolezza che oggi possiamo “ammirare” in otium contemplativo su Facebook, ove epicurei uomini scalcagnati espongono la loro medietà, scrivendo però che sono laureati alla Bocconi, e in cui le donne si appellano agli sguardi voraci dei voyeur di turno, “attizzandoli” con foto scosciate in cui (t)ergono il vinello su tacchi a spillo dell’ammiccare, anche falsamente amicare, di spallucce. Un’esibizione del narcisismo di massa, un vomito escrementizio di frustrazioni “abbellite” da post buonisti che predicano il volemose bene, mentre la barca va e si lasciano andare. E la nave va.

In quest’otto e mezzo di falsi ricordi, di foto dell’infanzia, di sogni fustigati, di donne procaci e voluttuose, di uomini che si credono grandi artisti, di velleità di una dolce vita invero amarissima, emerge il sottoscritto, un Falotico raro a trovarsi, infatti è una rarità persino per sé stesso. Egli vive sott’acqua, nutrendosi di fauna… intestinale nei silenzi abissali della sua oceanica fantasia, ove volteggia come un gabbiano che nessun ingabbia e che mai verrà gabbato. Ah, c’è anche chi mette le canzoni di quell’altro idiota del Gabbani. E chi mostra i suoi vestiti di Dolce e Gabbana.

 

Sono un grande bugiardo ma la gente (non) mi ama per questo.

La grande bellezza!

 

Vorrei concludere con questa stronzata, forse non ho neppure visto il film di Fellini ma di sicuro non ho mai guardato il programma con Lilli Gruber…

Comunque sia, uomini che sapete come va il mondo, datemi retta, mangiatevi un bel piatto di tortellini alla panna e sappiate che le crescentine abbisognano del prosciutto. Nudo e crudo.

Ah ah.

 

Domani è lunedì. Cioè il giorno della Luna.

Di mio, preferisco il giorno della lupa, mie volpi. Sinceramente, domani è sempre domani.

Ah ah.

Non lo dite in giro, Tornatore secondo me ha una gran faccia da culo.

 

di Stefano Falotico

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Ho sempre preferito Clint Eastwood e Bob De Niro a Fellini


23 Nov

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Ebbene, come i veri cinefili sapranno, fra pochi giorni uscirà il trailer del nuovo film di Clint Eastwood, un uomo che alla soglia dei novant’anni è in piena attività e non smette di stupirci col suo Cinema classico, improntato a storie realisticamente poetiche, spesso criticato, soprattutto in passato, di essere un “fascista” quando poi invece si scoprì che non era fascismo reazionario il suo ma solo la poetica battagliera, spesso intransigente, personalissima di autore micidialmente splendido.

Ecco, più guardo i film di Eastwood e più ne rimango affascinato. Pur respingendo alcuni suoi film, ritengo che praticamente tutto ciò che ha realizzato negli ultimi trent’anni sia degno dei più sperticati elogi. Anzi, non solo… credo fermamente che cosiddette opere considerate minori come Mezzanotte nel giardino del bene e del male, Fino a prova contraria o il magnifico Debito di sangue siano altresì, e non vogliono sentire “scusanti” o ragioni, dei capolavori assoluti.

Prendiamo proprio Blood Work, con l’inseguimento al cardiopalma, infartuato (sì, questa parola esiste e ricordatela quando, se avrete un infarto, potrete poi dire ai vostri amici che vi “infartuaste”, anche se loro, essendo romantici, vorrebbero che nonostante il colpo al cuore voi ancora v’infatuaste per una donna in cui “trapiantarvi”, ah ah) dell’incipit straordinario, talmente “ingenuo” da commuovere… ah, la commozione cerebrale… ah ah, sì, il Cinema di Eastwood desta in noi sentimenti di sentito affetto tale da farci piangere di entusiasmo.

Ecco, Eastwood, potrei dire che mi appartiene “geneticamente”. E condivido quasi tutto del suo Cinema, fiero, secco, senza retorica, puro, cristallino come un bacio in bocca al giorno triste quando la nebbia dei pensieri si accavallano e ci fanno gustare male un cappuccino perché abbiamo troppe “brioche” nel non essere propensi alla cremosità verso un modo angosciante che screma la realtà fra buoni e cattivi, fra cornuti e cornetti. Ah ah.

Invece, il signor Federico Fellini non l’ho mai amato né credo che, nonostante provi ostinatamente a farmelo piacere perché piace quasi a tutti, mai e poi mi piacerà. Ieri, su Facebook scrissi che Roma è una cagata pazzesca. E, come volevasi dimostrare, fui coperto dei peggiori insulti, attaccato persino sul personale. Sì, la gente contro di me inveì, nello sfogo di tutte le parole più vergognose che si possano rivolgere a un Falotico che dice, umilmente, la sua.

Sebbene abbia ricevuto, va detto, anche apprezzamenti, per questa mia uscita “blasfema”, da parte di gente che l’ha sempre pensata come me ma non ha mai osato dirla… per la paura appunto di essere vilipesa e derisa. Sì, qualcuno si è complimentato col mio coraggio, addivenendo con me che Fellini è un regista enormemente sopravvalutato, figlio, nel male più che nel bene, della sua epoca, schiavo di un provincialismo da cui non si è mai staccato perché “non gliela faceva” ad andare oltre un Cinema “paesano”, folcloristico, ossessionato dalle sue nostalgie giovanili, afflitto dalle sue donne grasse e volgarone, un Cinema perfino “caciarone”, solipsisticamente delirante nel senso peggiore del termine, che infatti tanto “eccita” la moltitudine dei suoi estremi ammiratori proprio perché ritrae, a mio avviso, non me ne vogliate… la mentalità “italica” e borghese per eccellenza di una italianità che ama vedersi dipinta come in effetti è, e s’imbroda nel guardare l’ombelico delle sue rozze limitatezze. Un Cinema fatto di “amarcord”, di ricordi “caserecci” misti al goliardico compiacersi del godereccio anche triviale, un Cinema persino “televisivo”, di luci del varietà e pagliacci di scena, un Cinema superficialmente sociologico che va sempre bene quando appunto i tuttologi della mutua di oggi vogliono pontificare sulla società, allorché citano La dolce vita e poi I vitelloni, per far della sociologia spicciola sulla Roma “bene” e poi sui bamboccioni irredenti di un’Italia che non è cambiata, nonostante non creda più al Duce e nemmeno tanto al Papa…

Il Cinema è la prospettiva di uno sguardo, e lo sguardo di Fellini proprio non si sposa col mio, questo matrimonio non s’ha da fare, non c’è un cazz’ da fa’.

A tal proposito, La voce di New York, a proposito del progetto Ferrari con De Niro scrisse le testuali parole…

È “Ferrari”, opera cinematografica sulla vita di Enzo Ferrari, creatore e anima della leggendaria Ferrari, prodotta da Gianni Bozzacchi, nome nuovo per le nostre orecchie, bene così: la speranza, che sul piano dell’intuito, del “naso” del cronista, riteniamo fondata, è che Bozzacchi s’imponga come un caposcuola, caposcuola di una generazione di produttori i quali detestino il “facile”, lo scontato, il convenzionale: vale a dire tutta la retorica dell’antiretorica firmata fratelli Taviani, Lizzani, Monicelli; tutta l’oleografia firmata Salvatores, Tornatore, Fellini: sì, Fellini, avete capito bene, care lettrici e cari lettori, il sopravalutatissimo regista romagnolo, capostipite d’una schiera di registi e aspiranti-registi incapaci come lui di cogliere il vero aspetto epico della natura umana, del carattere italiano; cantori d’una miseria raccontata malissimo, affronto alla miseria stessa e quindi all’oggettività sociale e morale; presi da una malsana attrazione verso il brutto, verso l’orrido, il nauseante. Lontani anni-luce dal realismo inglese degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta, e dal cinema sociale americano…

Non c’è ancora il regista. De Niro punterebbe su Clint Eastwood. Idea brillante, questa, non c’è che dire. Eastwood è forse il regista americano più versatile, il più preparato, quello fornito d’un pensiero, di un’indole cosmopoliti; persona di eccellente cultura, tanto da rifiutare d’indossare i panni dell’intellettuale di professione il quale passa la vita a fingere modestia e umiltà quando invece rappresenta l’esatto contrario e riesce a imbrogliare un mucchio di gente e a riscuotere il plauso di quelli fatti della sua stessa pasta, insapore, stracotta…

Un film che ci voleva davvero. Una grossa, forte idea dinanzi alla quale dovrà pur rimpicciolire certo cinema italiano che si perde con gusto malsano nella politicizzazione della Storia, mostra un’assai morbosa attrazione verso i peggiori istinti umani, soffre tuttora d’un provincialismo di cui non sa, o forse nemmeno vuole, liberarsi.

Orson Welles sosteneva che Lo sceicco bianco e I vitelloni sono infatti i film migliori di Fellini, proprio perché dichiaratamente provinciali. Sinceri nel loro messaggio, mentre il resto della filmografia, a suo avviso, è stata la patetica ricerca di un provinciale di diventare qualcos’altro.

Come dargli torto?

Potete anche lapidarmi, ma sono su Fellini lapidario.

Ma quale Fellini e donne felliniane, siate felini e non siate ragionieri come Filini.

E smettetela di mangiare tortellini col prosciutto di Parma.

E poi preferirò sempre gli spaghetti western alla pubblicità della Barilla sui rigatoni. Ah, Federico, ma quanto ti pagarono per quella stronzata di spot?

E poi dovevi fare più sport.

Sei stato sempre un regista di panza, in ogni senso, a differenza di Eastwood che più invecchia e più è meno magna magna.

di Stefano Falotico

TRUE CRIME, Clint Eastwood, Francesca Eastwood, 1999

TRUE CRIME, Clint Eastwood, Francesca Eastwood, 1999

I giganti o i gitani?


03 Aug

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In questa società ossessionata dal cul(t)o dell’apparenza, è tutta una lotta fratricida per imporre la propria personalità, come se poi averla significasse essere migliori.

Io non posseggo una “forte” personalità, cambio sempre la traiettoria del mio pen(s)are tra la foll(i)a e oggi sono allegro e anche oggi meno. Sì, meno, da “picchiatore” dei miei (ri)sentimenti, angustiato da tanti ricordi spezzati, sfilacciati che diventano memoria. Non so se memorabili ma comunque appartengono alla mia “memorabilia”, a quel flusso incantato di esperienze, anzi, d’aver esperito, respirato, le mie colpe, se ne ho, espiato, perfino aver il prossimo, nelle sue mancanze e vigliaccherie, spiato. Sì, fui spione di molte vite altrui, soprattutto cinematografiche, “biografizzandomi” in Robert De Niro quando, adolescente, nutrivo il suo “nitrire” e il mio simbiotico a lui sentire. Ora che è senile, mi sento io giovan(il)e. E, come lui, deniriano.

Non ho mai amato Fellini, anche perché mai scattò con lui il feeling. Quelle sue storie provinciali didolci vite vitellonesche mai scatenano in me l’amarcord.

Passeggio come Garmbardella nella mia grande bellezza, sfiorita da tante donne che mi sfiorarono e non volli “forare”, no, far fiorire, disprezzando la loro boccaccesca voglia di mio uccello.

È al cerv(ell)o che bisogna legarsi e accopp(i)arsi, non al bastone della vecchiaia del matrimonio, sappiatelo, infedeli e coniugi cornuti.

Tutti vogliono primeggiare ed essere dei giganti. Siate invece zingareschi e gitani, e apprezzerete le torte di mele anziché le torri di male.

Così sia. Sempre mi sia lodato.

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di Stefano Falotico

Genius-Pop

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