L’armata delle tenebre ai servigi di Joaquin The Master Phoenix, versione Falotico/Bruce Campbell, l’arte della guerra o d’arrangiarsi?
Paragrafo uno: come avere una vita senza scheletri nell’armadio, prima lezione morale del cazzuto Philip Seymour Hoffman
Enrico il Rosso: Voi signore non siete un mio vassallo, chi siete?
Ash: E tu chi sei?
Enrico il Rosso: Sono Enrico il Rosso, Duca di Shale, Signore delle Northlands e capo del loro popolo.
Ash: Bravo! Salve Signore dalle strane mutande, in questo momento sei il capo di due sole cose. Del cazzo e della merda, e anche di quelli per poco.
Nella mia vita, non ho mai avuto una vita “mia”, assunsi molte “vitamine”, di mio va da Dio, come dico io: continuate a guardar i cazzi altrui e sarete miei, dunque non voi stessi…
Insomma, le vite altrui si dividono in varie categorie, tutte per me trascurabili.
Sì, le oscurerei completamente, salvandone un paio, cioè le mie palle e qualche moneta nel salvadanaio che non fai mai mal, essendo un maialino.
Già, il salvadanaio classico ha forma di porcellini ed è di porcellana, Lupo Ezechiele rosica e invece io “credo” nell’agnostica, succhiando d’uccellone tutte le fragoline nel sottobosco ché lui intanto si spelacchia da “taglialegna”. Ezechiele soffre quando pungo di “miele” le donne amorevoli a mo’ di nettare Alpenliebe. Offro loro la caramellina e loro “leccano” il mio “caramello”. Rischio l’infarto ma ci sta(nno). Sì, voi sgobbate notti tristi e dì bestemmianti il “Perdindirindina” a caccia di denaro per non esser generosi col gentil sesso, a cui “lo” regalo io di sani e non avari amplessi. Ne son avido, alveare e queste ave son api nel darla a Cesare. Uso molte precauzioni, affinché possa evitare l’ingravidamento e possibili parti cesarei. Ci manca solo un “aborto” di figlio e la mia vita sarà evirata del tutto. Evviva evviva la vulva e io son volpino in tutta l’uvina. Passa? No, nonostante il “massaggio”, ho dolor al pancino. E devo riscaldar la “linguina”, sgolandomi per averla. Affiggo manifesti del mio chiederla in forma manifesta, quindi affliggente sono il re di tutte le “foreste”. Ah ah.
Il mio tronchetto s’inalbera ingarbugliato di fegato “rosolato” mentre, tra le frasche, un coniglio se le scopa di sana… pianta. Ah ah. Mi consolo con le mentine, lor tromboni trombano con alito che puzza sotto il naso, io lo rinfresco senza “rinfreschi” di carni fresche, “inalando” su narici aspiranti altri pugni “bassi”. Che pasticci(n)o. Il ventre vorrebbe sventolarlo ma viene essiccato d’aridità, tutti gli altri han altarini da nascondere eppure sono (im)permeabili alle “umide”, d’umori sempre desti, nudisti di corse campestri per estrogeni su ormoni imbizzarriti da maschioni “muscolosi” che le spalman fra “erbe” e muschi. Spogliatoi… d’armadietti. Quello è un armadio e veste Armani.
Di mio, ho la barbetta e il fico d’india… loro “sfoglian” le svergognate e altre gonnelle agognano. Son fighi col mustacchio, tamarri mai amari, “amorevoli” quanto un cazzo in culo.
Pensate alla vita di Totti Francesco. Gioca con le “sfere” da mattina a sera, di Blasi rilassa il “fendente” e guadagna d’analfabeta.
Pensate alla vita del Papa. Spara pistolotti che ammazzerebbero anche Cristo, e viene però applaudito dai terroristi talebani quando, nella remissione “ecumenica” dei peccati globalizzati, accusan un senso di colpa di fondo. Per forza, son guerrafondai.
Pensate a Roberto Benigni. Incita sempre a ridere. Insomma, è passato da Berlinguer a un pacifismo ipocrita del “Vogliamoci bene, basta con le guerre”.
La vita è bella?
La mia sì, la tua è un cesso. Chiedi il divorzio. Non puoi? Ah capisco. Lei è miliardaria e ti “mantiene” solo perché la fai godere meglio dell’armatore.
Sei un amante coi fiocchi.
Sì sì, certo. Un bell(ic)o.
Allora, sai che ti dico? Salutami sorrata!
Continuo a grattarmi l’ombelico. E apro l’ombrello.
Scrivendo al sangue da Pellico Silvio. Almeno, mi salvo la pellaccia senza false penicilline.
So io come “disinfettarmelo”.
Sono o non sono un “lebbroso?”.
Certo, e queste son le tue labbra, da cui più non (di)pendo ma stanno appese come il tuo pisello.
Paragrafo due: non c’è duetto di sano “graffietto” senza una terza giraffa che scassa il cazzo e te lo rende da elefante, te lo spacca d’ascia alla Ash nella Casa…
Ogni Barbie sogna il Big Jim ma poi fa sesso col barboncino, arredando in modo IKEA il suo appunt(it)o cagnone a lupona
Ogni uomo ha un’altra a portata di mano, detta anche “sega” quando la moglie è in vacanza.
Altri, i più immorali, vanno con le prostitute. Ma rischiano, oltre alla causa dal notaio, nel caso fosse scoperta la scopata “celata” dell’uccellino “malalingua” del maialone, dei bei ceffoni e la fine da Evil Dead.
Su questa stronzata, vi lascio dormire in “pace” del Signore, che sono io.
Io di plenilunio rubo al Freddy Krueger, sgraffigno la nightmare, come si suol dire.
E lo do d’artiglio.
E ricorda: tua moglie è una zoccola. Lo so per certo. “Acclarata”.
Con me fu più “indemoniata” d’ogni diavolaccio risvegliato dal Necronomicon.
Finirei con quest’aneddoto: da piccolo giocavo nel Bologna F. C. addirittura. Poi passai in una squadra di quartiere sino agli Juniores. Potevo entrare in prima squadra ma tirava puzza di corruzione. Sono finito come Serpico, ma furon pomeriggi di giorni da cani.
Alcuni amano il ciclismo, io il triciclo di Shining. Incula gli orchi.
Detta papale papale, mangio la pappina reale. Ma, nel mio reame, nessun pappone mi fa vendere il popò. Come invece avviene per voi.
Io ho una teoria sulla vita: oggi lo prendi nel culo tu, domani anche.
E the wolf sa come “farselo succhiare”… così “cresce”…
Paragrafo “ultimatum”: dovevi mollare l’osso duro quando potevi spolparlo, altrimenti t’inverte il braccio “duro” e lascia roteare i tuoi resti prima di darli in pasto a porci migliori di te, il “cannibale” adesso sono io e ti spezzo le rotule, finirai prima rotolante, poi in ginocchio supplicante, quindi sulle rotelle del tuo “cervellone”
Questa è una società che “patisce” i vertici gerarchici, di cui altamente me ne frego, sono lo “sfregiato” Stregatto che se ne (s)fotte, fra cene a base di alici… nel mio paese meraviglioso, universi emotivi che non esplorerete, acciughe di vostre teste annacquate, a cui do il “bon ton” del mio benservito con classe di “bavaglini” e tutta la servitù che m’incita alla rivolta su tovaglioli e vagliarli. Cucendo le bocche soprattutto a chi non m’è servitore, spruzzandogli quel “pizzico” d’accidia al pomodoro in faccia su insalatiera rotta nella sua “argenteria”. Vetri che si frantumano, “eclissandosi” con “sobrietà” nelle giugulari di chi azzannò con far(mi) affamante.
Lo getto nello scantinato, lo lego al palo, lo faccio… (nel) sedere, ah ah, “posto” riservato agli “ospiti” del “posteriore”. Per evacuargli una lezione altamente “etica”, sì, una cantina vinicola al suo alcolico dar di matto, ché tanto sadico s’illuse d’ubriacarmi di finte. Prima mi “divinizzò”, poi mi usò come posacenere mentre lo “ardeva” dentro un’altra da sbatter sul divano, su risata al “fulmicotone” della peperina frivolezza e un peperone al posto del “pipino”. Si sa, quando lei te l’arrostisce, si “sovradimensiona”, la carne arrostita s’eccita in lei mugolante su arrossite “palpebre”. Svenato la (s)vieni e cavernoso si gonfia come quelli delle caverne.
Sì, non c’è stata una grande evoluzione. Nella preistoria, i cavernicoli usavan la “clava”, adesso chiavano con quel “qualcosa” in più, dicasi rubamazzo, leggi “biglietto da visita”, (am)mazzando i “deboli” e rizzandolo alle circuenti. Da cui il mio detto: sempre “eiaculante, il dottor cura la colite nei culetti per altro incularvi dietro carte che cantan ann(u)ali, tutto impomatato e a matarle col martellino a danni, d’anno in ano, vostri (ag)giudicati, inutile sbracarvi ché i calzoni v’ha già calato, veste in giacca e cravatta e altre ingolla con francobollo(re) nelle gradenti”.
I sani vengon rinchiusi fra le sbarre e non berranno neanche una barra di cioccolata “calda”, chi ha più soldi sbanca e incastra chi è costretto a rubar le banche, infatti è un “rubacuori” per voi rapiti e tenuti in ostaggio. Nel frattempo, s’allatta al di lei frutteto e, di frullato, gode affumicandolo. Dicasi furbone. Se vi ribellate, lui si sbellica dalle risate, non accapigliatevi in risse perché lui se la russa e ad altre porte delle rumene busserà. Ruminate pure, lui ha già (in)seminato d’inchiostro “simpatico”. Ha già st(r)appato tutte le mutande ma è adattato all’“occhio non vede, cuor non duole”. A cui io aggiungo un “Eminenza, a lei sarò (in)dolente, lento lento t’entrerò nel didietro”.
Insomma, figli di un’era onesta. Hanno veramente esagerato.
Vanno fermati, incellofanati e di lor uccelli slabbrati.
C’han fatto incazzare. Desiderano ancor i nostri cazzi amari, invece riceveranno questo “ricevimento” su (e)pistola:
Cari miei,
veniam con questa nostra a dirvi?
No, a darvele.
Siamo darwiniani. Non siete migliorati, siete rimasti dei minorati e prendete in giro anche i “ritardati”.
Sono come Clint Eastwood: al mio mulo non piace la gente che ride.
Finale col botto, senza “botta” ma di botte… anche alla moglie alticcia
La vita vera non è pane, amore e fantasia bensì “pene”, dolore e ipocrisia.
L’uomo non è un animale sociale né politico. Gli unici mammiferi che rispetto sono quelli con le palle, cioè i cani. I cavalli vengono castrati perché scopano meglio quelle con le mammelle grosse, dette anche porcelline, da cui l’ibrido umanoide che “cavalca” la chimera col “gel” sulla criniera.
Sono cinico e anaffettivo? No, sono cinefilo e tifo nel canile. Quasi un UFO, meglio di te che gufi e puzzi come il tufo.
L’ultima volta, che m’invaghii, fu quando navigai spensierato, cioè a otto anni.
Sono ottomano alla Totò.
Alla favola di Biancaneve coi sette nani, preferisco il naso che non mente.
Non fa rima, non fa niente… non faccio un cazzo.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)