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Alla fine… se dovessi schizofrenicamente identificarmi in una rockstar, tra Freddie Mercury, John Lennon, Mick Jagger, Kurt Cobain, Jim Morrison, Bruce Springsteen e David Bowie, sceglierei sempre Elvis


19 May

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Elvis è il più grande, il più grande di tutti.

Ma voglio qui ironizzare. C’è poco da ridere e la situazione mia attuale non è, come si suol dire, certamente delle più eccitanti

In maniera oserei dire lapidaria e radicale, tanto simpaticamente mitica quanto eremitica, voglio qui stigmatizzare, di aforisma alla maudit testé coniato da irrimediabile testone spesso immalinconito o forse solo da irrecuperabile coglione inaudito, un triste pensiero che, in tali ore angosciose, a loro modo anche straordinariamente, pazzescamente armoniose, dilaniò la mia mente, aprendola a un colpo di genio magnifico e suadente. Diciamo vigoroso:

la frivola socialità è un compromesso meschino con la mediocre avidità, le preferisco la mia folle lucidità.

Asserito ciò, in totale orgoglio di me rinnovatosi dopo un imperituro, oserei dire infinito e sterminato tempo immemorabile di e da me stesso addirittura dimenticato, in quanto oggi sono rinato, direi di passare a qualcosa d’introduttivo e ficcante-piccante per prenderla un po’ a ridere in maniera strafottente.

Un tempo, esistette Telemontecarlo. Poi, dopo vari passaggi di proprietà, non so se legali (sarebbe da chiedere a Enrico Mentana), essa divenne l’attuale LA7.

Una tv locale divenuta nazional-popolare.

Ora, io vado matto per le gambe di Tiziana Panella, da anni. Sin da quando presentò, su sgabello da Alba Parietti di Galagoal, il mattutino “approfondimento” chiamato Coffee break.

Sì, fra un suo accavallamento e l’altro, dovetti fumare molte sigarette per rilassarmi e per acquietare la mia tendenza a dare in escandescenza di “tiramento” turgidamente incandescente poiché, in quegli attimi poco acquiescenti, bensì al cardiopalma ed effervescenti, contemplanti la sua Sharon Stone di Basic Instinct assai arrapante, Tiziana m’indusse a uno sguardo terribilmente voyeuristico e stetti io dunque per bruciarmi senza mutande, zuccherando ogni amarezza con mia schiuma da cappuccino rovente.

Ah, come ammirai, mirai le sue cosce vellutatamente inguainate in collant attizzanti su tacchi a spillo esaltanti! Sinceramente, tantissime me ne tirai, stravaccato sul mio divano da uomo che non se la tirò per niente.

Le sue cosce però, rispetto a qualche mese fa, sono meno parsimoniosamente esibite in maniera platealmente provocante. Anzi, da quando iniziò la quarantena del Covid-19, Tiziana fu persino più castigata per colpa del fallo, no, del fatto che utilizzò la “mascherina” per soffocare le sue vertiginose minigonne su pose sue scoscianti, indossando tailleur castigati poco degni di nota ma soprattutto di notti amanti… del mio L’ululato di Joe Dante o della mia mitica trasformazione da miglior amico del timido Griffin Dunne di Fuori orario, tramutatosi spaventosamente in Un lupo mannaro…?

Ah, che belle filastrocche, che gran gnocca e il mio… andò tutto fumante e filante.

Che prosa, che poesia rosata nel rimembrare quel tempo a me così arrossante e riscaldante. Onestamente, imbarazzante. Sì, fui uno che dinanzi a una donna, eh già, spesso arrossì e poco lo arrossò.

Di Tiziana, malgrado lei mi conduca (eh sì, è una conduttrice, ah ah) a stati di coscia, no, a stacchi di sue cosce, no, a stadi di coscienza anelanti la sua rosa cosa su mio far “brillante” stimolante il prepuzio roseo presto ardente, non so se di fellatio pure al dente, odio la sua voce disgustosamente roca e un po’ cavernosa. Quasi da donna deficiente. Odiosa!

Ah, comunque è venerabile ugualmente e io venero anche i miei corpi cavernosi stupefacenti.

Credo pure che sia una donna che usò più precauzioni della quarantena profilattica. No, non fu portatrice di malattie veneree piuttosto pericolose.

Uso il passato remoto poiché, oggi come oggi, Tiziana è sposata. Perciò, se non tradisce suo marito, penso proprio che solo suo marito glielo usi in modo penetrante e sanamente focoso.

Disprezzo però la sua falsità di donna fintamente posata, troppo compassata. Schierata palesemente nella Sinistra moderata quando invero dovrebbe darsi, per l’appunto, al Centro più accondiscendente e più pene-volente, no, benevolente di maggiore darvi dentro da ex proletaria incazzata, poi emancipatasi ambiziosamente per fare la bella figa di legno, sì, altolocata.

Ora che c’entra questa mia introduzione, non del mio coso fra le sue cosce anche nei giorni in cui ha le sue cose, con le rockstar?

Ecco, io sono pressoché platonicamente (mica tanto, ah ah) infatuato di tutte le donne che portano il nome Tiziana. Il nome Tiziana m’infuoca a prescindere… Anzi, tutto a salire.

Di falli, no, difatti, il mio primo, indimenticato amore d’età puberale si chiamò Tiziana. Mia ex compagna delle scuole medie. Si chiama ancora Tiziana. Mica è morta, cazzo.

Sì, col mio migliore compagno di b(r)anco delle scuole elementari è ora maritata.

Oddio, quanto sono sfigato! Ah ah. Un toccato!

Come si suol dire, il primo amore non si scorda mai.

Per lei avrei fatto follie. Ne fui così innamorato in modo romanticamente struggente, cazzo, che assurdamente nutrii nei suoi riguardi solo altissimi e delicati, oserei dire angelici pensieri poetici dei più elevati.

Sì, pur desiderandola da morire, anzi, a sangue, che io mi ricordi, su di lei non me ne sparai nessuna. Dunque, nonostante non me la feci, lei fece sì invece che io m’innalzassi spiritualmente, magnificandola e assolutamente non ficcandola.

Ma ne fissai, anzi, ne venni crocifisso.

Eh già, mi auto-castrai, beatificandola oltre ogni dire, fu tutto un mio ardere per lei senza mai elevarlo e, onestamente, ardentemente metterglielo lì in modo sano.

Oddio mio, che santo!

Sì, mi masturbai solamente di penose seghe mentali dolorose. Lei non mi diede mai modo di credere che non desiderasse da me qualcosa di più gioioso, forse grosso e caloroso ma, per timidezza, non ebbi mai il coraggio di farmi avanti. Cosicché, non me la fottei neanche da dietro. Anzi, lo presi in culo per intero.

Ma chi se ne fotte!

Ora, quando si è innamorati, si può diventare dei frustrati incommensurabili se, non contraccambiati in tale sentimento lirico, si sublima il tutto in maniera pateticamente onirica. Se invece si è ripagati, pur non nessuna pagando, sentimentalmente e sessualmente, si potrebbe finire, eh già, frustati. Se la vostra lei, infatti, è o si rivelasse un’amante del sadomaso più violento.

Di mio, con Tiziana fui sadomasochistico, poco machista e nient’affatto fancazzista in senso masturbatorio. Per lei giammai venni, bensì l’incarnazione di Johann Wolfgang von Goethe, per l’appunto, lacrimosamente e straziato divenni.

Col passare degli anni e del mio puntuale riceverlo dal gentil sesso solo nell’ano, dal Goethe de I dolori del giovane Werther, passai al suo protagonista di Faust. Non vendetti l’anima al diavolo ma trasfigurai Tiziana in Cybill Shepherd di Taxi Driver.

Per dirla alla Travis Bickle, mi orgasmizzai. Patendo pene. Sì, solo dell’inferno. Al che, approfondii tutta la Divina Commedia di Dante Alighieri.

A un certo punto, per contenere il dolore provocatomi dalle carenze affettive, anzi, per assenza di dolci carezze, scordai ogni voglia matta per quel seno, no, in quel senso, giacché per molto tempo neppure mi divenne rizzo. A Jessica Rizzo, comunque, preferii rizzarlo per quelle meno ricce.

Mi ammalai, paradossalmente, di manie ritualistiche da sofista senza una donna nel sofà a mo’ compensativo del vuoto dovuto al non riempirla come dio comanda e sa.

Al che, sia Matt Dillon di di Rusty il selvaggio che de La casa di Jack, autodefinitosi Mr. Sophistication, mi fecero un baffo. Christian Bale di American Psycho, invece, amante di Phil Collins, l’avrei sbattuto al muro in men che non si dica. Altro che Bateman redentosi in Batman. Avrei tagliato subito il suo pipistrello e il suo psicopatico irredento.

Non fui misogino ma abbastanza misantropo… sì. Anche molto topo senza topa. Rimediai, mettendoci delle toppe. Sì, qualche volta spaccai i pantaloni senza volerlo pur assai volendola in modo tremendo.

I miei amici credettero che fossi invece Matt Dillon di In & Out.

Segui appassionatamente tutte le notti degli Oscar e spesso ballai da solo davanti allo specchio, indossando alla pari di Kevin Kline, eh già, un giubbotto di pelle nera da Village People.

E dire che scoprii di essere Mark Wahlberg di Boogie Nights, ex modello per Calvin Klein.

Al che, dopo non averne viste manco per il cazzo, rividi Cruising con Al Pacino e compresi di non essere né omosessuale né omofobo.

Neanche un serial killer come Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti. Uno che mi stette sempre sul cazzo. Per quanto ne sappia, comunque, Jodie Foster stette sul cazzo solo di Russell Crowe. Jodie è lesbica ma pare che, con Russell, Jodie non abbia finto alla maniera di Meg Ryan di Harry ti presento Sally. Peraltro, dopo la separazione da Dennis Quaid, Meg Ryan non finse per nulla. Sempre con Russell, famoso sciupafemmine toro, no, Il gladiatore.

Jodie Foster invece, a tutt’oggi, non si sa che cazzo voglia. Ah, lei, la bambina dello spot Coppertone.

Come disse Michael Madsen de Le iene (Reservoir Dogs) a Mr. White:

Continuerai ad abbaiare a lungo, cagnolino, o comincerai a mordere?

Sì, Harvey Keitel, in Taxi Driver, la traumatizzò.

Ne Il silenzio degli innocenti, Jodie ebbe la sua vendetta. Ma non fu un film di Tarantino con Uma Thurman nei panni della sposa. Né il finale dii Kill Bill vol. 1. Ah ah. Ecco…

In Sotto accusa, Jodie fu stuprata.

Sia per Sotto accusa che per ll silenzio degli innocenti, vinse l’Oscar. Non lo vinse per due ani, no, per due consecutivi anni ma poco vi mancò.

A seguire, vi ecciterò… no, vi citerò invece un attore che vinse l’Academy Award per due volte di seguito.

Sì, prima di arrivare… bisogna farsi il culo. Ah ah.

Al che, distrutta psicologicamente, divenne muta come in Nell. Poi, da femminista cazzuta, si sfogò ne Il buio dell’anima, pigliandosela contro ogni cazzone non rispettoso delle purezze virginali da The Dangerous Lives of Altar Boys.

Cadendo però in una forte depressione peggiore di Mr. Beaver. Cazzo, dire che un tempo persino un figlio di puttana come Mel Gibson, un ipocrita più baro di Maverick, riuscì a farle credere di essere Monica Bellucci de La passione di Cristo.

Ora, Monica Bellucci è sempre molto bella. Anche ancora molto scema. Come attrice “pura”, non è buona ma fa veramente schifo, sì, non vale una beneamata minchia. Diciamo che induce ad atti impuri, essendo solamente bona.

Jodie invece è bella e molto intelligente. Così intelligente da risultare antipatica. Ma non importa.

È fermamente convinta delle sue posizioni dure…

Tanto, anche se a un uomo duro risultasse simpatica, tralasciando Russell Crowe, lei non gli sarebbe empatica.

Eccoci dunque arrivati a Kurt Cobain, maestro dell’empatia e al contempo dell’agonia, dell’apatia, della malinconia e di tutte le vite talmente senzienti da essere precocemente volate via.

Celeberrima è la sua lettera. Cioè, da Kurt scritta pochi attimi prima di farla finita.

Riproponiamola:

«A Boddah.

Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere un bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti della scuola base del punkrock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, come l’etica dell’indipendenza e della comunità, si sono rivelati esatti. Non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento alzarsi forte l’urlo del pubblico, non provo quello che provava Freddie Mercury, che si sentiva inebriato dalla folla, ne traeva energia e io l’ho sempre ammirato e invidiato per questo. Il fatto è che non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo (e l’apprezzo, Dio mi sia testimone che l’apprezzo, ma non è abbastanza).

Ho apprezzato il fatto che io e gli altri abbiamo coinvolto e intrattenuto tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Sono troppo sensibile.

Ho bisogno di stordirmi per ritrovare quell’entusiasmo che avevo da bambino. Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fan della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e credo di amare troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile, ingrato, pezzo dell’uomo Gesù! Perché non ti diverti e basta? Non lo so. Ho una moglie divina che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda di quando ero come lei, pieno di amore e gioia.

Bacia (Frances, ndr) tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male. E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali. Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo e mi rammarico troppo per la gente. Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e il supporto che mi avete dato negli anni passati. Io sono un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.

Pace, amore, empatia. Kurt Cobain.

Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.Ti prego Courtney tieni duro, per Frances.

Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.

VI AMO. VI AMO».

Amore!

La compagna di Kurt, si sa, fu Courtney Love. Una donna forse più troia della pornoattrice Brandi Love.

Infatti, dopo aver intascato l’eredità da Kurt, Courtney scopò Edward Norton. Conosciuto sul set di Larry Flint.

E ho detto tutto…

Vedete? Potrete inseguire il vostro Buddha, cercare il Nirvana ma troverete una troia che vi metterà in croce.

Sì, Kurt non fu Gesù. Non fu il messia di nulla. E io non vado più a messa. Invece, voi andate a messaline.

Jim Morrison, d’altro canto, morì di overdose. Oppure, probabilmente morì in quanto Meg Ryan di The Doors (glie)lo rese troppo sensibile.

Bob Marley, cantore dell’amore libero, non avrebbe avuto rispetto del dolore di Jim, dovuto al troppo amore. L’avrebbe trattato da femminuccia, cantandogli No WomanNo Cry.

Comunque, Marley non sarebbe mai andato con Brandi Love. Invece, Freddie Mercury fu Tom Hanks di Philadelphia e, poco prima di morire, alla maniera del personaggio interpretato da Tom, forse cantò Maria Callas.

Che tragedia. Pochi istanti prima di esalare l’ultimo respiro, si assume un’espressione da Forrest Gump.

Bisogna, malgrado tutto, credere all’amore. Insomma, The River e Tougher Than the Rest sono due delle canzoni più belle di tutti i tempi.

Frank Sinatra fu ribattezzato The Voice. Sì, fu anche un mafioso, però. The Rat Pack!

Dunque, il più grande rimane Elvis. Anche se China Girl è una canzone di un altro pianeta.

Tornando a Telemontecarlo, all’epoca passò la pubblicità di una cinematografica retrospettiva dedicata, settimanalmente, a Robert De Niro.

Questa pubblicità finiva con l’annunciatore, di voce caldissima, che recitava:

il più grande, il più grande di tutti.

Cioè Robert De Niro?

No, io.

Ah ah.

Sì, riguardandola sotto un’altra prospettiva, senza retrospettive e lagnose retrospezioni, dopo una torturante altrui ispezione sui miei coiti, no, sul mio conto, debbo ammettere che Massimo Troisi di Non ci resta che piangere è un grande. Yesterday…

Comunque, a John Lennon, preferirò sempre Al Pacino de La canzone della vita – Danny Collins. Rod Stewart, invece, è un cretino.

Ah ah ah!

Sono sia cinico che romantico. No, non ho perso le parole come Luciano Ligabue. D’altronde, ho una bella voce. Anche qualcos’altro.

Su questa potentissima freddura, vi lascio, sperando che non cazzeggiate oltre il lecito consentito.

La dovreste finire anche con quei commenti più scontati delle colonne sonore da du’ soldi… sei bellissima, sei illegale!

Altrimenti, chiamo Hannibal Lecter.

Ah ah.

Sì, adoro Simpathy for the Devil.

Ah ah.

Ah, per tutta la vita la gente non comprese il mio mood. E me le suonò, urlandomi: ma perché ridi?! Che tristezza!

Di mio, me la suono e me la canto quando cazzo mi pare e piace.

Se non ti piaccio, alla mia lei piace, eccome.

Dunque, fatemi il piacere…

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di Stefano Falotico

PULP FICTION – Ora vi racconto una storia da C’era una volta a… Hollywood


21 Feb

pitt una volta hollywood

 

Capitolo1
L’adolescenza per molti non finisce mai poiché giammai iniziò

Su uno di questi giornaletti del cazzo, uscì un articolo celebrativo di Cobain, Kurt Cobain. Da molti della mia (ex) generazione, denominata x, forse i greca, insomma quella che anticipò il millennio e ora, spaesata, delusa dalle aspettative utopistiche propugnate falsamente dai loro genitori ipocriti, post-sessantottini, adoratori del Cinema mieloso e retorico di Muccino, quei vecchietti passatisti che elevarono in gloria Fellini, coloro che venerarono i cosiddetti maestri ma, invero, amarono solamente addolcire le loro amarezze con le peggiori schifezze nostalgiche e fintamente ciniche di quel tenerone di Pupi Avati, ecco, per molti figli di questi papà, Cobain divenne un’ancora di salvataggio millenaristica. Perfino quando Kurt si suicidò, lo beatificarono e ancora di più santificarono. Proiettando in lui, da terragni amanti della new age dell’aldilà, le loro aspirazioni fustigate, i loro desideri castigati da genitoriali dettami castranti.

Sì, anziché pregare l’Onnipotente, riascoltarono continuamente perfino le canzoni di Kurt più tremende.

In preda al Giubileo, no, in grida di giubilo da schizofrenici forse pure ebefrenici, s’identificarono in questo santone non più vivente. A lui affidandosi nel momento del bisogno.

Sì, molti di questa generazione di merda/e, anziché passare delle estatiche estati a ballare in riva al mare, selezionando dal jukebox un tormentone di Bob Marley, si (di)strussero nel curare i loro mal di pancia, pari a quelli di Kurt, sofferente infatti spesso di forti crampi allo stomaco e al basso addome, stuprandosi le meningi e le trombe di Eustachio con musica senza ritmo. Alcuni, col mustacchio, tanto per darsi un tono da pirati Barbanera, anziché pensare allo sticchio, leccarono solo il gelato al pistacchio.

Di mio, posso dirvi che L’ultima volta che mi sono suicidato… è un buon film.

Se Cobain, il frontman dei Nirvana, idolatrato più di Buddha, fosse ancora in vita, mi dedicherebbe la copertina dell’album rimasterizzato Nevermind. Sì, il bebè che fluttua nei fondali marini, in mezzo al plancton, ancora puro e senza (rim)pianti, altri non è che il JOKER MARINO, ovvero il sottoscritto.

Ovvero, un feto, non so se fetido o semplicemente fetente, che galleggia in mezzo a una realtà annacquata ferma a una visione da cavernicoli. Sì, degli ominidi monolitici che, come nell’incipit parodia di 2001: Odissea nello spazio, vale a dire La pazza storia del mondo di Mel Brooks, cazzeggiano a tutto spiano di pollici opponibili. Uso un’espressione, diciamo, meno animalesca per essere eufemistico. Se vogliamo invece essere volgari, in una prosaica parola sinceri, si fanno le seghe. Comunque, sono preferibili i trogloditi agli effeminati. Fidatevi.

Di mio, sono un uomo che, riciclando una pessima, vecchia battuta da spogliatoi calcistici, lesse soltanto Ventimila seghe sotto i mari.

Sì, precocemente m’inabissai in una follia da Christopher Lloyd sia di Qualcuno solò sul nido del cuculo che di Ritorno al futuro. Infatti, amante dello splendido romanzo d’avventura e di formazione di Jules Verne, detto italianamente Giulio, Un capitano di quindici anni, andai matto pure per Il giro del mondo in 80 giorni, malgrado conducessi una vita molto appartata, anzi, dentro il mio appartamento-stagno compartimento, da Leggenda del pianista sull’oceano.

Lloyd, in Back to the Future di Zemeckis, viene chiamato simpaticamente Doc dal personaggio interpretato da Michael J. Fox. Il quale, da molti anni, è malato del morbo di Parkinson. Ho detto tutto…

Di mio, per molto tempo soffrii del d.o.c., acronimo, cioè sigla del disturbo ossessivo-compulsivo.

La mia vita emotiva si fermo lì. Vari psichiatri tentarono di farmi girare dei sequel, persino apocrifi, della mia storia assai originale.

Sì, molte persone cercarono addirittura d’imitarmi ma sono tutte versione non autorizzate dal sottoscritto.

Sì, io sono il capostipite invincibile della mia vita invivibile, sono peggiore dei più noiosi film invedibili, non commercialmente vendibili, non adatti alla massa formata da uomini e donne imbevibili.

Comunque, vi bevete anche il fatto che C’era una volta a… Hollywood sia un capolavoro.

Idioti come voi sono facilmente, alla pari di Harvey Keitel de Le iene, fottibili.

Sì, sono uguale a Tim Roth/Mr. Orange. La mia vita fu un’Arancia meccanica. Molti ragazzi, per allentare la noia dell’adolescenza, ecco, ascoltarono Cobain. Altri, come Alex/Malcolm McDowell, Beethoven.

Molti si credettero delle rockstar. Di mio, alla stessa maniera di Franco Battiato di Bandiera bianca, fui l’incarnazione del ritornello… a Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata.

Non mi drogai mai. La gente si bevve e ancora beve tutto. Di mio, al massimo bevo un White Russian come il grande Lebowski. Alternato a qualche aranciata.

Ma quali limonate.

E ora dovete sciropparmi. Basta pure coi succhiotti. Meglio un sano succo di frutta. Se vi scappa un rutto, ci sta. Tanto, ricordate, è meglio un rutto piuttosto che dare un bacio con la lingua e molta cannuccia a una ragazza ciuccia e assai brutta.

Sì, fui Jack Nicholson. Del menzionatovi capolavoro di Milos Forman? No, di Qualcosa è cambiato di James L. Brooks.

Vissi da misantropo capace di tenerezze da romanzetti Harmony.

Di mio, sin dalla pubertà, odiai Questo piccolo grande amore di Claudio Baglioni. Sì, le donne impazziscono pure adesso per Raoul Bova. Di mio, mi masturbai due/tre volte su Barbara Snellenburg di Piccolo grande amore. Nonostante vivessi da principessa. Forse sul pisello.

Ancora oggi, dopo che smentii ogni diagnosi psichiatrica, scrivendo perfino il libro Dopo la morte nel quale distrussi totalmente ogni certezza di Freud, narrando di pazzi manicomiali, no, allestendo pezzi altamente encomiabili, sì, poetici e degni delle cabale più sognanti di Jung, ancora vivo in Purgatorio. Sì, una vita da mediano e non esiste, amici, la via di mezzo. Ricordatelo. Se pensate che io porti sfiga, siete toccati. E non toccatevi. Ah ah.

A tarda notte, mi reco al Royal Bar, ubicato in uno sperduto entroterra periferico di Bologna. Ove ordino un caffè che zucchero con della canna, ridendo sulle vostre quotidiane amarezze e ingoiando un tramezzino.

Sì, molti adolescenti che si fecero molte canne, eh già, in effetti s’identificarono col leader dei Nirvana. Solamente perché non ebbero le palle per ribellarsi a un’esistenza caudina come il protagonista di Elephant di Gus Van Sant. Regista, fra l’altro, di Last Days.

Di mio, sono multiforme. Sono sia Will Hunting che Sean Connery di Scoprendo Forrester. A differenza di Robin Williams, non mi suiciderò. Se tu invece, cazzo, pensi di essere un bel novizio come Christian Slater de Il nome della rosa e stai scrivendo un libro romantico-fanciullesco, figlio del tuo amore (im)purissimo, intitolato… Scopando una selvaggia come Valentina Vargas, tagliati subito la verga, leggi I Malavoglia e fatti monaco.

Sì, la gente non mi sopporta. Ama essere leccata e presa, per l’appunto, per il culo.

Io sono un verista. E vi garantisco che Cobain non valse un cazzo.

Comunque la sua ex moglie, Courtney Love, credo che abbia preso più uccelli delle pornoattrici Brianna Love e Brandi Love.

Sì, lei prosciugò l’uccellino canterino di Kurt. Infatti, Kurt le dedicò la canzone Come as You Are.

La dedicò a lei, sbaglio? O un’altra puttana? Mah, non lo so, ah ah.

Invero, io mi ammazzai molti anni fa quando, a contatto con ragazzine amanti dei Backstreet Boys, le quali si strapparono le mutande, ascoltando nella loro cameretta l’intramontabile hit più sciocca di sempre, I Want It That Way, compresi, essendo molto avanti, che non avrei mai avuto un rapporto sessuale come quello avvenuto, venuto al top e in topona, svenevole, svenato e tutto pompato-eiaculato-ficcato fra Erik Everhard e Penny Flame nel cult per arrapati e amanti dei culi, intitolato per l’appunto Penny’s Flame Out of Control.

Altro che i Chemical Brothers!

Film ancora rinvenibile in dvd, scaricatelo subito. Ah ah.

Di mio, ce l’ho tutto sigillato, non ancora scartato. Ah ah. Sì, un “oggetto prezioso” che proteggo dai batteri di una società mefitica che pensa solo alla figa.

Ho spesso una faccia così anonima da sembrare uno spermatozoo e sono imbarazzante. Al che, m’incappuccio con un profilattico gigantesco ordinato su misura della mia enorme testa di cazzo.

Comunque, un consiglio per tutti i giovani ritardati. Non datevi al grunge. Siate come il Grinch.

Come già vi dissi, mi sverginai nel 2003. Ecco, sopra vi eccitai, no, vi citai una scena pornografica niente male.

Assolutamente però non paragonabile a quello… che lei mai avrebbe immaginato.

Sì, credo che questa ragazza, prima di morire reciterà al prete che le darà l’estrema unzione, eh sì, ho visto una cosa che lei non potrebbe mai immaginare.

Il prete le risponderà: – Ragazza, anch’io sto morendo. Non vidi mai Blade Runner. Me la faresti vedere?

– Prete, forse voleva dire… lo guardiamo assieme?

– No, voglio guardarla solo io. Tanto manco solo io alla cappella, no, all’appello.

 

Sì, appena costei si accorse che fui meglio di Mark Wahlberg di Boogie Nights, mi violentò come stette per fare Demi Moore con Michael Douglas in Rivelazioni.

Ebbene, uno dei miei film preferiti della primissima adolescenza fu il Robin Hood con Kevin Costner. In cui lo stregone Morgan Freeman, scambiato per ciarlatano, distrugge la strega cattiva.

Adoro Excalibur di John Boorman e impazzisco… sempre quando Mago Merlino combatte contro Morgana.

Un mio ex amico, invece, epilettico e in passato in cura presso un medico, non scherzo, dallo stesso cognome della donna responsabile dell’omicidio di Cogne, ebbe spesso l’abitudine di trattare come femminucce chi non ascoltò, a differenza di lui, Kurt Cobain.

Per lui, furono e sono tutti malati di mente.

E diede addosso, che ne so, a Francesco che amò Ornella Vanoni e Renato Zero, a Marcella che si toccò con Lenny Kravitz.

Pure a me. Dicendomi che Robert De Niro è un coglione.

Sì, soprattutto nei panni di Vito Andolini.

Vero?

 

Capitolo 2

 

Scrivetelo voi, se vi riesce.

Anzi, c’è.

Vari idioti, capeggiati da un mitomane alla Charles Manson, pensarono di fare il festone a una bimba piagnucolosa.

Però, si trovarono di fronte un minchione. Ovvero Cliff Booth. Una sorta di Killer Joe/Matthew McConaughey. Guardone, pervertito.

Come è un uomo e non un falso.

Ora, polli miei pazzi, attaccatevi al cazzo.

La prossima volta, andate a prendere per il culo quella troia di vostra madre.

 

di Stefano Falotico

 

La semantica dell’immane disagio moderno esemplificata dalle archetipiche vite delle rockstar, scolpita nella faccia di marmo di Clint Eastwood e in quella da schiaffi di John Belushi


04 Jul

eastwood swank

 

freddura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ora, questo è uno dei miei scritti più seri e argomentati degli ultimi tempi.

Però ha il finale da Scemo & più scemo.

Una volta Freud scrisse questa frase molto discutibile:

“Il momento in cui un uomo si interroga sul significato e sul valore della vita, egli è malato, dato che oggettivamente non esiste nessuna delle due cose; col porre questa domanda, uno sta semplicemente ammettendo di avere una riserva di libido insoddisfatta provocata da qualcos’altro, una specie di fermentazione che ha condotto alla tristezza e alla depressione”.

Mah, frase alquanto opinabile. Che da un analista introspettivo non mi sarei mai aspettato.

D’altronde, Freud era già morto da un pezzo quando uscì Blade Runner.

Comunque, per certi versi vera…

Ehi tu, donna, sei verissima, cala la sera e rosso di sera bel tempo fra noi si spera, ah ah.

So che vi faccio divertire con le mie smodate imitazioni falotiche dei personaggi di Mel Brooks e di John Belushi. A e me piace perché ritengo sia Mel che John dei geni assoluti.

Quindi, il mio processo d’identificazione è piacevole, empatico, oserei dire simbiotico. Godibile e goduto. Bevetelo.

D’altronde, nonostante i pochissimi film da lui interpretati, come si può confutare la frase lapidaria, irremovibilmente schietta secondo cui John Belushi sia stato un genio indiscutibile?

Basterebbe la scena di The Blues Brothers in cui, perso in un sotterraneo assieme a Dan Aykroyd, tenta di sfuggire alla caccia della polizia ma viene fermato a sorpresa dalla sua vendicativa ex, interpretata da Carrie Fisher.

Lei è convintissima di volerlo ammazzare poiché lui l’ha abbandonata a un misero, lugubre, amaro destino da donna inconsolabile. Mollandola misteriosamente proprio il giorno delle concordate nozze.

Al che lui, a passo felpato, le si avvicina dolcemente, le s’inginocchia, implorandole perdono e le recita, fingendosi colpevolmente disperato, altresì innocentemente mortificato, un pezzo storico:

non ti ho tradito. Dico sul serio. Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!

Lei è già crollata, come si suol dire, si è sciolta. Ancora però ha qualche dubbio e il suo sguardo è leggermente arcigno.

Al che John le pone uno sguardo infantile con tanto di velocissima alzata sopraccigliare.

E la stende.

Insomma, in meno di trenta secondi, John è riuscito incredibilmente a esprimere una gamma emotiva così sfaccettata da premio Oscar soltanto con la sua imbattibile faccia da schiaffi impagabile.

Super Genius mai visto!

Quindi, io volontariamente mi do al demenziale perché, come c’insegnano i grandi comici, dietro anche la più spensierata e spontanea, vivandata, sbandierata ilarità esagerata, v’è un velo di profonda, incurabile malinconia infinita.

I pagliacci infatti hanno il trucco col rimmel che sgocciola come se fosse una lacrima stampigliata nella variopinta, caleidoscopica vastità imperscrutabile delle loro insondabili emozioni vulcaniche, tatuate nell’immobilità di un’espressione impassibile da Buster Keaton.

Questa è una società, insomma, che non sai come prenderla. Se la prendi in giro così come fa Belushi con la compianta Fisher, pigli per il culo forse solamente la tua vigliaccheria, non sai di conseguenza se accettarla coi suoi giochi crudeli, se buttarla in vacca, se alienartene, soffrendo però come un cane la tua mancanza di rapporti sociali, oppure se cedere arrendevolmente alle lusinghe del folle carnaio generale e diventare il prodotto robotico di un mondo basato sull’animalità più meschina, tribale e triviale.

Un mondo retto dal concetto di Eros più mortifero. Sì, in questo senso, invero in tutto il mio 6th sense, sono freudiano.

Credo che un uomo e una donna si spengano se sono carenti di Eros.

Attenzione, l’Eros non è semplicisticamente e semplicemente (eh già qui v’è una sfumatura non da poco) il sesso nella sua accezione più letteralmente burina, oserei dire, prostituzionale e mercantilistica, edonistica del significato della sua parola.

Cioè il sesso inteso come accoppiamento carnale di due corpi. Come copulazione, fornicazione o solo come attrattiva sessuale, come sex appeal, come carica erotica e sensualità a pelle, diciamo.

Bensì per Eros intendo il suo variegato, multiforme significante in senso (a)lato. L’Eros è la fame di vita, non la fame da morti di figa, attenzione. Eh eh.

La volontà vitalistica, il piacere di alzarsi la mattina e godere anche dei raggi solari dell’estate dopo una primavera tetra e piovigginosa. Il piacere di prendere la macchina, accendere l’autoradio e ascoltare le note melodiose di una canzone meravigliosa. Che, prodigiosa, sana ogni tua interiore ferita e ferma tutte le fitte, placa le piaghe, cicatrizza i dolori esistenziali dopo tante stigmate.

L’Eros non è soltanto il godimento (im)puramente, squallidamente lussurioso. Godereccio e pecoreccio, istintivamente animalesco e porcellesco.

È quel desiderio propulsivo che ci spinge a emozionarsi della vita con naturalezza fighissima. Nonostante le sue enormi, strane e tortuose complicatezze, le sue vie traverse e oserei dire perfino traviate, per cavalcare a voglia e la soddisfazione di esserci.

Anche nel bagliore di un istante fuggevole e irripetibile.

Non sono stato (dal)lo psichiatra di Kurt Cobain, ad esempio, e non abitavo neppure nella sua testa per sapere perché si uccise e come la sua testa deflagrò.

Ma da quel poco che la mia vita da “demente” può capire, comprendo intimamente le ragioni incoscientemente (il)logiche che devono averlo portato irreversibilmente a un gesto estremo così fatale e autodistruttivo.

Aveva fatto i soldi, era in quel momento celebrato come una delle più grandi rockstar sulla scena, era amato, onorato e glorificato. E non cornificato!

Sua moglie Courtney Love lo venerava come un dio e quelli della sua band pensavano davvero che lui fosse l’incarnazione umana del Nirvana…

Perciò, apparentemente cosa c’era che non andava? A prima vista, niente.

Non sono omosessuale ma ammetto addirittura, appunto, che Kurt fosse molto sexy.

Credo, in cuor mio, che niente gli dava però più piacere. Forse rimandò perfino il suicidio perché non volle abbandonare suo figlio.

Insomma, per una legge non scritta ma umanamente condivisibile, per sua stessa ammissione da lui detta espressamente in molte interviste, non provava più empatia.

Non tanto verso il prossimo quanto per la sua vita prossima. Per il suo futuro venturo.

Vide il buio totale, invincibile e, nell’oscurità, si tuffò senza sprezzo del pericolo. A capofitto. Anche a testa fritta, spappolata.

Maggiore fu in quell’attimo la gloria, maggiore fu il dolore intercostale della sua anima da lui stesso danneggiata in maniera implacabilmente esiziale e dannata.

Mick Jagger invece ancora simboleggia tutto il contrario di quel che fu Cobain.

Jagger gode proprio a vivere di sé. A dimenarsi come una scimmia alla veneranda, suonatissima età di 75 primavere. A brevissimo, settantasei. Compirà infatti 76 anni il 26 Luglio.

Elvis Presley divenne, ahinoi, invece un burattino nelle mani di squali approfittatori della sua romantica purezza. Che l’imbottirono di droghe e farmaci affinché potesse essere sempre al top. Tanto al top che purtroppo scoppiò.

Elvis è stato il più grande.

Elvis è come Clint Eastwood di Million Dollar Baby.

L’eutanasia è proibita ma è l’unico che, in piena notte, ha il coraggio mostruoso e inaudito di staccare il respiratore a Margaret/Hilary Swank, poi le inietta una dose letale per ucciderla.

Perché Clint è un romantico.

E sa che così non si poteva andare avanti.

 

Morale: il mondo è pieno di bugiardi. Prima sbagliano immondamente, scherzando sulla fiducia e i sentimenti del prossimo, storpiandolo non solo psicologicamente.

Poi, pare che siano rinsaviti dai loro sacrilegi e gli chiedono umilmente perdono. Ma è una finta, una sceneggiata, l’ennesima burla gravissima.

Certa gente non cambia. Riconosce i propri errori solo per la paura inconscia (ci ricolleghiamo a Freud) di ritorsioni e per svignarsela.

Prendiamo l’italiano medio. Ha l’indole mafiosa. Il mafioso è notissimo che, non solo a Noto in Sicilia, cerca sempre di galleggiare nel mondo, di non sprofondare economicamente e al livello di quella che lui chiama dignità e reputazione sociale. Al che, come si suol dire, si barcamena e impara il nuoto. E finché la barca va la lascia andare. Quindi, sta per annegare e se n’inventa, con la sua tristissima arte di arrangiarsi, qualcuna per riuscire, come ogni anno, ad avere i soldi per recarsi a Rimini.

Si salva sempre per il rotto della cuffia. Prima la combina sporca, poi recita l’Atto di dolore ogni domenica mattina nella sua farisea pantomima vergognosa.

Finge insomma di pentirsi ma in verità io vi dico che chi nasce stronzo rimane una merda a vita.

Le merde galleggiano.

I grandi uomini, purtroppo, conoscono il mondo in quanto lupi di mare.

Altro che lupi solitari.

C’è dunque chi, come Kurt Cobain, la chiude prima di distruggersi non solo il fegato, chi continua a rudere e ballare come Mick Jagger, comunque sia un grande, chi s’immalinconisce, chi esagera come Jim Morrison e il cielo è sempre più blu…

Rino Gateano docet. Anche i rinoceronti, miei pachidermi.

Io non ho nulla da insegnare al prossimo mio, non sono Gesù e non sono il Papa.

Il Genius-Pop non docet ma eccovi servita la mia ennesima doccia fredda.

Adesso, vi assolvo e che la Madonna vi accompagni.

Tanto so che stasera andrete a passeggiare con Maddalena, celeberrima assistente sociale delle vostre idiozie.

Leccando il gelato al limone.

 

Concluderei con questa…

una donna magnifica, praticamente miss Universo, mi ferma per strada:

– Ciao. Fermati un attimo, dammi solo dieci secondi. Avvicinati. Voglio vederti meglio. Sai, stavi attraversando la strada e non mi hai dato il tempo di fissarti attentamente negli occhi.

Scusa, però. Dove stai guardando? Ti sto parlando.

– Niente, lascia stare. Stavo osservando quel gatto all’angolo.

– Il gatto? Che c’entra il gatto?

Va be’. Comunque, sì, ora ti vedo chiarissimamente. Devo ammettere che… insomma, stasera sei libero? Verresti a cena con me? Offro tutto io.

– Sì, va bene, ti dico domani, ok?

E ho continuato a camminare.

Lei, anziché scoppiare a ridere fragorosamente, è rimasta immobile, scioccata. Per mezz’ora è restata impalata con lo sguardo vuoto, chiedendosi fra sé e sé:

ma questo è cretino, frocio o pazzo?

 

Sì, sono fatto così.

Io non appartengo a nessuna categoria. Ci sono gli sfigati che trepidano per attimi sessualmente roventi, i machi deficienti, i maniaci sessuali e basta, i guardoni, le ninfomani e le frigide, gli idioti e i geni, i cantanti che riempiono gli stadi e i begli uomini che riempiono qualcos’altro. Io ogni giorno spero di morire ma trovo sempre una ragione per continuare a vivere.

Anche solo per inventare questa barzelletta da me creata in codesto dì.

Una di queste agghiaccianti baby squillo, apparentate con Jodie Foster di Taxi Driver, mi contatta su Instagram:

– Ehi, guaglione. Questa sono io. Se ti piaccio, mandami anche tu foto hot. Piccantine, diciamo.

 

Gliele mando subito. Lei le riceve, poi euforica mi scrive:

– Che coglione che sei! Ora ti sputtano e ti ricatto. Le mostrerò a tutti. Se non vuoi rimediare una figura da puttaniere, devi mandarmi ora 100 Euro su PayPal all’indirizzo coccobella@libero.it. Anzi, mandale al mio pappone. È lui che gestisce gli affari. Io prendo poi una percentuale. La sua mail PayPal è piglialaconfilosofia@libero.it.

Forza.

– Scusa, ma tu che hai in mano per chiedermi cento euro? Hai in mano un cazzo. Mi sbaglio?

– Sì, appunto.

– Il cellulare però da cui ti ho mandato queste foto non è il mio.

– E di chi è?

– Della polizia. Dunque, abbiamo scoperto che sei una prostituta minorenne sfruttata da un criminale.

Tu non finirai in carcere. Sei appunto minorenne. Il tuo capo, sì, invece.

– Con questo che vorresti dire?

– Sai, com’è. Oggi va di moda dire che dagli psichiatri vadano solo quelli che non hanno altri cazzi per la testa.

Se lavorassero e trombassero, la smetterebbero di avere paturnie. Questo è il luogo comune di questo popolo italico di analfabeti.

Insomma, è diventata una società di troie.

– E quindi?

– Quindi, ragazza, cambia lavoro subito. Non sono un moralista ma ti troverai a 45 anni drogata marcia.

Ti guarderai indietro e vedrai solo il vuoto.

. Che bacchettone che sei. Evviva il sesso! Godere, suvvia!

– Il sesso non è brutto. È l’anima che va a farsi fottere.

– Ma smettila, idiota!

– Va bene… Ci sto. Ti scrivo fra trent’anni. Sei sicura che però sarai ancora viva?

– Certo, fallito di merda! Ma sparati, va!

– Posso farti una domanda.

– Ok, ma che sia l’ultima. D’accordo?!

– Che fai stasera?

– Ah, che vuoi che faccia= La solita vita.

– Cioè lo prendi in culo. Andrà sempre così? Opto per il sì. Tu che dici? Buonanotte.

– Ehi, io ti denuncio! Che volevi dire?

– Quello che ho detto.

 

 

di Stefano Falotico

 

La burocrazia è il male ma noi siamo cuori selvaggi


27 Jun

cuore selvaggio cage

Io conosco questo passo a memoria, ovvero:

la burocrazia è un male come il cancro, un allontanamento dalla direzione dell’evoluzione umana di infiniti potenziali e azioni differenziate e indipendenti, verso la parassitarietà completa del virus.

Passo strepitoso di William Burroughs de Il pasto nudo, il libro preferito di Kurt Cobain e pure il mio, escludendo ovviamente i miei, oserei dire superiori ai libri di chiunque.

Burroughs è stato il maestro per eccellenza del delirio più squinternato fattosi genialità pura.

Come vi scrissi qualche giorno fa, la Historica Edizioni ha pubblicato nella sua antologia di racconti un mio piccolo scritto, intitolato Disturbo denirante.

Sfacciata e sofisticata presa in giro nei confronti degli arroganti e superficiali psichiatri che, sulla base di un paio di mie dichiarazioni sentite e sincere, addussero sbrigativamente che soffrissi di disturbo paranoico delirante. Io dissi loro semplicemente che mi ero creato il mio mondo di gioie e che delle gioie di molta gente, apparentemente felice, invero abominevole e cinica, non ne volevo sapere.

Io non ho paranoie, mai avute. Quelle le ha il novanta per cento delle persone, in particolar modo di questo Paese ove tutti spettegolano, bramano malignamente il male altrui affinché il prossimo, assediato dalle loro crocifissioni e dalle loro perverse persecuzioni, abdichi alla loro religione ideologica all’insegna della falsità morale più ipocrita, dunque illogica.

Sì, sono Andrew Garfield di Silence. Ma, a differenza del suo personaggio di nome Rodrigues, neppure Liam Neeson di Taken mi persuaderà a soccombere all’idiozia collettiva.

Potrà puntarmi una pistola contro e io, dirimpetto al suo giustiziere della notte, pronuncerò quest’esaustiva, lapidaria frase, freddandolo subito:

– Signor Liam, giri altri film come Run All Night e Un uomo tranquillo e veda di non farmi girare qualcos’altro.

Non sono la sua Preda perfetta, sennò sarà lei a farsi una bella passeggiata cimiteriale come il titolo originale del film appena citatole, A Walk Among the Tombstones.

 

Ferreo, integerrimo, moralmente intransigente, nessuno mi convincerà ad accettare le regole naziste di un mondo andato oramai da tempo immemorabile nel loculo ma soprattutto a culo.

Sì, se perfino Liam Neeson di Schindler’s List mi volesse salvare e dunque mi consigliasse vivamente di rinunciare ai miei valori per non essere bruciato nella fornace di una società che screma ed emargina, spella e arde ogni speranza romantica, a costo di venir distrutto dalle mie stesse utopie ardimentose e ardenti, a costo di rimanere solo come un cane bastonato nell’implorare pietà a dio, non mi lascerò macerare dai macellai dell’anima.

Detto ciò, sì, nel mio racconto Disturbo denirante narro brevemente di come fui ammaliato da colui che meglio di chiunque altro incarnò God’s lonely man, ovvero Bob De Niro/Travis Bickle di Taxi Driver. Consequenzialmente, ipnotizzato dal suo carisma esistenzialista e dostoevskijano, mi ammalai profondamente di melanconia lontana anni luce da ogni frivolezza mondana.

Furono anni di manie ossessivo-compulsive nei quali, agonizzante, sognai soltanto un angelo biondo che mi riscaldasse in maniera paradisiaca per addolcire tutte le mie scottanti ansie.

Per molte ragazze presi bestiali cotte ma anche oggi mangerò pane e cicoria, pastasciutta con la ricotta…

 

Sì, non fatevi fottere da queste ragazze squillo che, dietro falsi profili, su Facebook vi contattano per fregarvi i soldi:

– Ciao, mi sembri una brava persona. Mi piacerebbe conoscerti.

– Piacere, Stefano.

– Il piacere sarà reciproco assai presto se vorrai…

– Tu che fai nella vita?

– La parrucchiera. Vorrei farti barba e capelli.

 

Bannata. Trattasi, come sapete, di prostituta che si spaccia per acconciatrice…

Dunque di una donna sconcia che elemosina notti squallide pur di arrivare a fine mese quando, in realtà, la sua vita è già finita dopo la prima volta…

Sì, diciamo una sciampista delle doppie punte moralmente in conflitto fra loro e del punto G della sua personalità doppia da donna apparentemente bella di giorno e coi clienti più brutti e frustrati di notte.

Detto ciò, ecco…

Ho inviato il bonifico alla casa editrice ma non è bastato. Hanno voluto la scansione digitalizzata con tanto di conferma di lettura.

Eh già, bisogna sempre attestare.

– Lei, Falotico, è critico cinematografico. Ma non è laureato al DAMS. Lei lo deve attestare, testone, altrimenti io la prenderò a testate, non giornalistiche.

– Scusi, eh, io sono giornalista amato perfino dai giornalisti. Chieda al giornalaio la copia de Il Giornale ove è stato pubblicato un servizio spettacolare, nella pagina degli Spettacoli, riguardo il mio libro su Carpenter.

– Allora lei è un Genius romantico!

– Non si era capito?

– Mah, non tanto a dire il vero. Mi tolga una curiosità, però. Qual è secondo lei una delle migliori interpretazioni di Nicolas Cage?

– Ovviamente quella in cui Nic canta questa.

 

 

Vi era bisogno di chiederlo?

 

di Stefano Falotico

dodici fatiche asterix maguire casa del sidro

Mickey Rourke è un grande, Western Stars di Springsteen è un album splendido splendente come la Rettore e Vincent Cassel non è solo l’ex marito di Monica Bellucci


14 Jun

wrestler rourke cassel black tide

Finalmente è arrivato il 14 Giugno e ho comprato il cd del Boss, Western Stars.

Sì, io ho visto Bruce Springsteen dal video. No, dal vivo, molti anni fa. Quando allo stadio di Firenze, ove gioca appunto la Fiorentina, il Franchi, in una serena serata fresca del 2003, la gente cominciò lentamente ad assieparsi sul prato, riempiendo anche le tribune. Vi sarò franco. Prima dell’esibizione del Boss, molti non mangiarono delle succulente fiorentine ma, essendo venuti anche da Napoli, addentarono pizze più capricciose delle loro fidanzate di nome Margherita.

Calò lievemente il tramonto e pareva di essere a Piazza San Pietro. Prima del concerto, v’era appunto un magico silenzio religioso.

Quindi vertiginosamente il cielo, da imbrunito e rossastro, malinconico ch’era, s’oscurò nel buio sopraggiunto, frastagliato da nuvole turbolente. D’improvviso le luci del palco s’accesero di brutto, bellissimamente.

Ma non era un concerto dei Metallica, dei Guns N’ Roses o di Marilyn Manson. Uno che non si sa ancora che cazzo voglia dalla vita. È passato dal maledettismo appunto di Charles Manson ad Asia Argento, ha scopato Rose McGowan ma non sapeva che, nel frattempo, lei veniva trombata da Harvey Weinstein.

Sì, lui ammazzava i gatti “in diretta” e Rose elargiva la sua gattina al volpone nella segreta cameretta. Per poi denunciarlo parimenti ad Asia in un gioco scabroso d’ipocrisie da Ingannevole è il cuore più di ogni coscia.

Ho scritto coscia, non cosa. E la figlia del compianto Giuliano Gemma, il mitico Montgomery Wood di un Dollaro bucato, è davvero una femminile Vera Gemma secondo me ancora bucata e bona, comunque bucabile. Sì, è un po’ rifatta ma, bando alle ciance e alle balle, io me la farei. Qui parliamo di una donna dal fondoschiena profondamente amabile, liscio, sodo, pneumaticamente gonfiabile…

Mica una Scarlet Diva qualsiasi. Eh.

Non è una volgarità. D’altronde Anche gli angeli mangiano fagioli.

Le vere porcate sono altre. Come romanzare la vita di J.T. Leroy in un film per Melissa P. Al fine di guadagnare i soldi per poi tirarsela da intellettuale come Luca Guadagnino. Luca fu furbo, diede al popolo la puttanata per poi avere il potere di valorizzare, nel remake di Suspiria, la bella Dakota Johnson.

La protagonista della sega, no, saga più mercantilistica di sempre, quella delle sfumature di grigio…

Asia, ce la possiamo dire la verità? Questo tuo film è peggiore della Sindrome di Stendhal.

Secondo me, tuo padre, il leggendario Dario, ha cominciato a rimbambirsi da quando tu sei nata. Degenerando del tutto quando tu le confidasti delle tue nottate selvagge con Morgan.

Ma chi è questo Morgan? Per anni si è spacciato come il David Bowie de no’ a(l)tri ma poi è stato pure con Lucarelli Selvaggia.

Insomma, Selvaggia ha onestamente un paio di bocce che non si possono bocciare ma è l’incarnazione, appunto, di Joan Bennett del Suspiria originale di Dario.

Sì, di notte pratica fatture stregonesche in un collegio di marchettari e casi umani, relegati in una magione di Friburgo ove sono obbligati a leggere i suoi libri di merda.

Sì, se un suo allievo non impara a memoria ogni passo di danza della sua prosa sboccata, da autrice col calamaio strafottente che attacca ogni Calimero da costei ritenuto deficiente, lei gli appare in modo subliminale come la viscida Marta di Profondo rosso, sì, Clara Calamai.

Questa vuole sempre ascendere e aprire bocca. Facciamo subito una cosa. Tagliamo la testa alla t… a, al toro. Parimenti a David Hemmings, la decolliamo in ascensore con la sua collana… della Rizzoli.

Ma torniamo al Boss. Non perdiamoci in stronz(at)e e troniste. Sì, a quest’ultima parola potremmo togliere la parte di mezzo e il significato del valore, per modo di dire, di Selvaggia rimarrebbe immutato.

Come sostiene la matematica legge basica dell’algebra, cambiando gli ordini delle fatture, no, dei fattori, la somma delle sue minchiate non cambia.

Insomma, se 3 più 4 fa sette, 4 più 3 fa sempre sette ma lei, svendendosi, in quattro e quattr’otto esponenzialmente sale in classifica grazie alla sua f… ga nel letto di qualche editore corrotto che la mette a novanta.

È un’equazione lapalissiana. O no?

Avete letto la recensione di Western Stars su Rockol?

Sì, Bruce Springsteen, che vi piaccia o no, e se non vi piace ve lo faccio piacere a colpi di mazzate, ah ah, rimane il più grande cantante del mondo.

A proposito, che ci faceva Asia Argento in Last Daysbiopic sui generis di Gus Van Sant su Kurt Cobain?

Questo è un mistero di Fatima da Terza madre…

Come diceva l’imbattibile Antonio Di Pietro, detto Tonino: ma che c’azzecca?

Sì, cosa ne può sapere Asia del Trauma di Kurt, della sua vita da Inferno?

Asia, per caso, faceva colazione coi cavoli a merenda di Kurt?

Basta! Quest’Asia è una falsa come Marilyn Manson, appunto.

Che presto vedremo in The New Pope. Ho detto tutto…

Springsteen, autore della magnifica colonna sonora di The Wrestler.

Avete mai visto l’intervista di Fabio Fazio a Mickey Rourke a Che tempo che fa di circa dieci anni fa?

Sicuramente un’intervista studiata per emozionare e commuovere lo spettatore, un po’ retorica, ma Mickey mi è comunque parso sincero in più di una risposta. Da mettere i brividi.

Dopo The Wrestler, invero, non ne ha azzeccata, come sempre, quasi più una. A parte il suo ruolo folle in Iron Man 2 e il suo Re Iperione in Immortals.

Ma ciò fa parte del personaggio. Uno amico di Springsteen, amico di Liliana Cavani e uno dei migliori amici di Michael Cimino.

Ma è un grande. Indiscutibile!

Così come è un grande Vincent Cassel. L’ho visto ieri sera in Black Tide. Film che presto recensirò.

Che attore, ragazzi!

Voi invece, invidiosi a morte, quando stava con Monica Bellucci, faceste perfino fatica a cagarlo.

Ora che se n’è separato, gli date pure dell’impotente.

Se dunque viviamo in una società di hater come ne L’odio è perché spesso stimate gli idioti e le sceme e, se invece c’è qualcuno che merita di stare dove sta, lo schifate e gliene dite peste e corna.

Non va bene, sapete?

Sì, siete fatti così. Io non sono invece invidioso e geloso di nessuno.

Di mio, se un amico mi dice che s’è scopato Monica Bellucci, non gli stringo la mano perché non è vero e se l’è appena tirata. Invero, se la sta ancora tirando.

Poi devo sciacquarmi le mani pulite…

Come già scrissi, farò la fine di Elvis Presley.

E questo è quanto.

Sculettando, ballo.

 

di Stefano Falotico

profondo rosso calamai suspiria

 

Il Cinema e la nostra vita risiedono in uno sguardo, puro trip lynchiano a base di Heat


16 Apr

velluto blu rossellini

 

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, Sissy Spacek, 1999, ©Buena Vista Pictures /

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, Sissy Spacek, 1999, ©Buena Vista Pictures /

Una delle lezioni principali di Psicologia (se non mi credete… non mi credete e basta) è questa:

il futuro psicologo deve immediatamente, dimenticandosi del suo modo di ragionare, cancellare sé stesso e imparare a entrare in empatia col paziente.

Soltanto una volta che avrà scandagliato a fondo la sua anima, dopo che il paziente gli avrà rivelato il suo inconscio, può avvenire il transfert. Che può essere istantaneo o succedere dopo cento sedute.

Se invece lo psicologo, dapprincipio, ragiona con la sua mente nel giudicare l’anima a lui esterna, cioè quella del paziente, lo psicologo è pessimo, cioè da manicomio. E necessita di un trasferimento.

Ah ah.

È così.

Tutti noi abbiamo vite diverse. Uno entra in coma, che ne so, a 25 anni e si risveglia dopo trent’anni.

La sua vita, la poca rimastagli peraltro, sarà giocoforza diversa da chi a 25 anni aveva realizzato Quarto potere. Perché Orson Welles a venticinque anni era solo all’inizio del suo rivelato prodigio. E anche del suo pancione che sarebbe cresciuto a dismisura.

E forse Orson invece ha accusato acciacchi e sintomi quasi da demenza senile a età decisamente avanzata.

Mentre tuo fratello è diventato schizofrenico a 13 anni e a cinquanta si è risvegliato dal suo torpore.

Una donna ha dieci figli e un’altra donna sua coetanea invece è lesbica. E non ha adottato nessun figlio.

Un altro non ha affittato neppure un film a noleggio.

Tu sei un operaio che ama Shakespeare mentre quel professore universitario ama Michelle Hunziker. E fa solo i cruciverba. Perché è laureato in Fisica e della Letteratura non gliene frega nulla.

Tu invece sei letterato ma non conosci Mishima.

Mishima era un genio. Questo è poco ma sicuro, assodato.

Così com’è conclamato che, parimenti a Kurt Cobain, si sia suicidato. Mishima si è ammazzato con un suicidio rituale, Cobain invece solissimo. Forse nello scantinato.

Non era uno scantinato? Allora era un uomo fortunato che però era tormentato più di uno scalognato.

La domanda che dobbiamo porci è perché si siano entrambi suicidati.

 

Maramao perché sei morto?

Pane e vino nan t’è mancate…

La ‘nzalate sté all’uerte

Ninghe Nanghe, peccé sì muerte?

 

Già, Mishima perché sei morto? Eri da tutti acclamato come un bell’uomo e soprattutto come scrittore di alto borgo.

Cobain eri belloccio, se non ti andava bene l’amor di Courtney Love, sai quante altre stronze a cui potevi “suonarle?”.

Ah ah.

Sono morti perché, arrivati a un certo punto, hanno capito che qualsiasi cosa avessero fatto e ottenuto, già, la loro vita non aveva più senso.

Avrebbero potuto vincere cinquemila premi ed essere osannati da chiunque, avendo gioie a bizzeffe, soldi a palate (che già comunque avevano) e perfino tante “patate”.

Ma la loro anima si era spenta.

E non vi è rimedio alcuno quando si giunge a questo stato o stadio. Insomma, due uomini poco ultrà! Ah ah.

Come forse non v’è soluzione per noi tutti. Solo una squallida continuazione…

La vita è una perenne illusione. Finché esiste questo sogno, trasfigurato semmai nelle arti, nella Musica e nel Cinema, esiste l’orizzonte, lo sguardo oltre il quotidiano mondo invero tanto immondo.

Finita l’illusione, spentasi l’anima, puoi avere anche tutto il mondo ma il tuo stesso mondo non ha senso di esistere.

 

Morale della favola: siamo tutti fottuti dalla nascita, siamo vivi solo perché continuamente illusi.

Illusi che domani lei s’innamorerà di noi, illusi che invece lei andrà con un altro perché non la sopportiamo più ed è meglio che s’innamori di quell’altro. E ti chieda il divorzio. Sennò è un casino.

Illusi semplicemente che la vita non sia Mulholland Drive.

O forse lo sia perché c’illudiamo appunto che sia un capolavoro indiscutibile e unanime.

E invece è solo Twin Peaks 3, un profondo, straordinario incubo pazzesco.

Ugualmente un capolavoro.

Per me lo è, per altri no.

Per te la tua vita è bellissima, per me no. Per te la mia vita è bruttissima, per me è Isabella Rossellini di Velluto blu.

Insomma, spesso deliro più di Lynch.

Ma il bello è questo. Non posso essere davvero De Niro. E nemmeno vorrei esserlo. Fra qualche giorno inizia il suo Festival. Sai che palle…

Da cui il famoso delirio denirante.

Anche pacinesco.

E, in queste dune di elucubrazioni da Strade perdute, ecco, ci sta il netto, assonante andate a…

Comunque, per farla breve, secondo voi in questo preciso istante a cosa sta pensando il signor Lynch?

Forse sta pensando che deve aprire il frigorifero e bere una Coca-Cola. Potrebbe essere…

Mentre credo che voi stiate pensando che io sia pazzo. Forse l’avete sempre pensato. Io ho pensato la stessa cosa di voi. Credo di sì.

Da cui il celeberrimo Una storia vera.

In questo scritto mi sono superato.

Se non mi danno il Nobel stavolta, vado a farmi un viaggio col trattore. Fermandomi anche a una buona trattoria.

 

 

di Stefano Falotico

Se continuo così, farò la fine di Elvis


21 Oct

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Sì, Elvis the Pelvis… il Presley. Da non confondere con lo scimunito Jason Priestley.

Sì, quando avevo tredici anni, le ragazze, essendo patite di quella serie per subnormali, Beverly Hills 90210, mi paragonavano a Jason.

Sì, per anni, fui infatti molto Jason. Ma quello di Venerdì 13. Non ammazzavo nessuno ma vivevo nell’ombra.

Col tempo, ho riscoperto la mia parte giocosa, da vero Elvis. Un mito assoluto.

Ora, chiariamoci, lombrichi, i miti della musica sono pochissimi. Parlo di quelli reali, non di quelli creati dai mass media.

Jim Morrison è stato un mito. Uno totalmente scriteriato, una scimmia ridente, piangente, un uomo devastato, crepato a soli ventisette anni per abuso di droghe. Un uomo spregiudicato, scandaloso, un ibrido fra il sapiens e un rettile della Papuasia.

Un uomo da manicomio. Sì, come Kurt Cobain. Con l’unica differenza che Jim ha scritto e cantato una marea di canzoni capolavoro mentre il Kurt, dei Nirvana, ne ha azzeccate, a mio avviso, solo due tre. Il resto sono tutte uguali. E, se non si suicidava, l’avrebbero internato all’ospedale psichiatrico di Teramo ove, Courtney Love, gli avrebbe fatto visita, facendolo impazzire di più nel dirgli che, in sua assenza, si scopava Lenny Kravitz.

Bob Marley? Sì, questo “mostro” di Predator con le treccine versione negro odiato da Salvini, era un grande, l’inventore del reggae. Le canzoni di Bob mettono di buon umore. Anche se vale lo stesso discorso del Cobain, il re del grunge. Le canzoni di Bob si assomigliano tutte.

Bruce Springsteen? Sì, potrete dire che è un tamarro e altre zozzerie di sorta e di sorrata, e l’altra assurdità, messa in giro da qualche pederasta, secondo cui da Nebraska in poi non ha più realizzato album memorabili.

Tutte idiozie. Springsteen è il Boss, quest’uomo lombrosiano, che s’infoia sul palco, una specie di Sylvester Stallone dall’anima romantica simil ultimo dei Mohicani.

I Beatles? Mah. Sì, qualcosina. Ma perlopiù son canzoni per donne col libro di psicologia sul comò, vicino al letto. Sono delle lagne spaventose le canzoni dei Beatles.

Meglio i Rolling Stones, e lo sapeva benissimo Gil Renard/De Niro di The Fan.

Sì, se come De Niro di Terapia e pallottole, avete il cosiddetto “ammosciamento”, il vecchio Mick Jagger ve lo tira su, senza bisogno di psichiatri della mutua alla Billy Crystal.

Adesso, Mick è diventato come zio Tibia di Notte Horror. Un cesso d’uomo. Non è che prima fosse assai meglio, a dire il vero. Ma possedeva il fascino da canguro (sì, si dimenava e saltava sempre sul palco) della miglior Australia.

Freddie Mercury. E la dovreste finire di scrivere Freddy.  Fra poco esce Bohemian Rhapsody. Mah, siamo sinceri, i Queen hanno fatto il loro tempo. E, a quei tempi, mi eccitava molto di più Laura Freddi, una bionda dalle cosce inaudite, uno spettacolo, roba da We Will Rock You.

Sì, io credo di aver sempre vissuto per massaggiare i capelli di una donna e intonare con lei un medley.

Ad esempio, l’altra sera c’era la finale mondiale di volley femminile. Non l’ho guardata apposta. Innanzitutto, son meglio appunto le palle al volo in una donna che la pallavolo che ti fa venire due coglioni della madonna.

Sì, non guardo mai la pallavolo. Altrimenti, mi viene l’ulcera. E, come James Woods di Videodrome, poi m’immergo nel televisore per volermi scopare tutte queste gnocche pazzesche.

Avete visto che roba quella Cristina Chirichella? Di faccia fa schifo al cazzo, una rara faccia da scema mai vista, ma ha un paio di gambe più lunghe della Pan-American-Highway. E lì, sì, che il pen sgomma su curve da Indianapolis che devi fare rifornimento di gasolio prima di altre “pompe”.

Meglio non trombarsi una così. Se sei un uomo dai sani principi morali, basta solo che quella Chirichella ti monti addosso per tre secondi e diventi Jack Nicholson di Shining.

Fidatevi.

Michael Jackson? Era un bel neretto, questo qui. Volle diventare bianco e s’innamorò pure della donna con gli occhi viola, Liz Taylor. Son cose che si fanno?

Adesso abbiamo Bruno Mars. Mah, al Mars ho sempre preferito il Twix, barretta di cioccolato molto meno mielosa. Sì, Mars mi sta sullo stomaco. Ah ah.

Shakira? Mah, da una vita aspetto che giri un porno. Ha un fondoschiena che neanche la portaerei USS George H. W. Bush (CVN-77). Per il resto, Shakira, vai appunto a dar via il culo.

Rihanna. Mi pare di averla intravista l’altra sera vicino a Casalecchio di Reno, qui nei pressi di Bologna. Sì, era sotto un cavalcavia a spompinare uno. Un’ottima negrona. Ma mi han detto che non prende 50 Euro a botta, ma un milione di dollari a concerto. Son cose che si fanno?

In Italia, siam messi malissimo.

A proposito, quand’è che lo ZABAIONE dei Tiromancino non si spara in bocca?

 

Sì, io ballo, sempre più puro. Come il mitico Elvis.

Voi vorreste dirmi che non sono uguale a lui?elvis-presley-morte


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di Stefano Falotico

“A Star is Born”, Kurt Cobain non è morto per Clint Eastwood


01 Apr

Stando a quanto riporta codesto sito, il nuovo Eastwood sarà parzialmente una biografia (non) autorizzata di Kurt Cobain vent’anni dopo.

Clint Eastwood is developing A Star is Born to direct. It may sound like just another remake until you hear the screenwriter’s take on it. Will Fetters is writing the script for Eastwood and he spoke about his approach while promoting his Nicholas Sparks adaptation The Lucky One.

Star is the age old story of has been Norman Maine (Frederic March, James Mason, Kris Kristofferson, etc.) who helps young starlet Esther Blodgett (Janet Gaynor, Judy Garland, Barbra Streisand, etc.) to stardom. The names were changed in the Kristofferson/Streisand version but you get it. Fetters invoked a rock god in his take.

“I think I’ve reinvented the Norman Maine character, the lead,” Fetters said. “I wanted to do A Star is Born because I’m a huge Kurt Cobain fan. That was like my Kennedy assassination when I was a teenager. When he died it was a huge horrible thing. So I approached A Star is Born, for me the framework was all right, if Kurt Cobain never got to go Unplugged and survived and it’s 20 years later and it’s now, and he wanted to try to do that album with that understanding as this grunge icon. That’d be tough to get done if he was past his prime, no longer selling, how does he get that album?”

Fetters is also finding the modern day relevance of the timeless story of fame, by focusing on the music industry aspect of the story.

“The whole movie for me is this balance of art and commerce, which is when you first start in this business, you are smack in the face of it. That’s why I say if I wanted to be an artist I’d go off and write a book. There’s nothing wrong with what I do now but you’re walking this line. George Clooney said something at the Oscars. It’s always good to throw George Clooney into a conversation. He said something in an Oscar roundtable defending sequels, defending what the big studios do. He kind of used his own parallel, he does these Italian coffee commercials and gets paid millions of dollars that allows him to go do Ides of March. So you’re always balancing it.”

No actors have been cast in the roles yet, and their chemistry will matter, but that’s not Fetters’ job.

“The love story is there and it’s been done five times, but I was more interested in I feel like right now is an interesting time. My industry’s changing and trying to deal with it. People aren’t going to the movies as much anymore. The music industry’s changing. It’s harder to be a successful artist and make money off it, especially if you’re a dinosaur. If you’re a guy in your 50s, in a world of Justin Bieber, if you’re Kurt Cobain now in your 50s, what do you do? How do you exist in this world?”

The script is not finished, and won’t be until casting is announced. Fetters will still have work to do depending on which A-lister Eastwood attaches. “Clint’s talking to people. I call him Clint because we’re like that. He’s meeting with actors. He exists in a different realm, but he’ll just call these actors. He’ll just get their phone number and call them because he can because that’s what you can do when you’re Clint Eastwood. So he’s right now trying to find the actor and I’ll write more. Whoever it ends up being, if it’s going to be a pretty big name presumably, they’ll have ideas about the character and I’ll have to shape them.”

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In questa versione, infatti, per il cui ruolo pare ormai assodato il “Sì” di Tom Cruise, lo sceneggiatore Will Fetters asserisce che Norman Faine, l'”alcolizzato pazzo” che aiuterà la starlet Esther Blodgett a sfondare nel mondo della Musica, è ispirato in toto all’ex leader compianto dei Nirvana.

Secondo Will Fetters, la morte di Cobain, è stata per lui scioccante e orribile quanto l’assassinio di Kennedy.
E gli sarebbe “piaciuto” vedere che “fine avrebbe fatto” Cobain, oggi come oggi, se non si fosse macabramente suicidato.

Attendiamo fiduciosi.

Da Eastwood, siam sinceri, questa scelta ci coglie del tutto di sorpresa.
Ma il grande leone c’ha abituato nonostante la sua veneranda età, a essere uno dei registi più creativi, oltreché prolifici, “moderni” e freschi, dell’intera cinematografia mondiale.

Ve lo vedete, però, Tom nella parte di un vero maudit?

Mah, ho seri dubbi a giudicare da questa fotarella?

 

 

(Stefano Falotico)

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