Posts Tagged ‘Kim Rossi Stuart’

PINOCCHIO, recitato in maniera flamboyant dal Falotico, uomo bizzarro ed eccezionale veramente, author del Commissario Falò!


17 Sep

Et voilà! Ah ah.Sandra Majani profumo Yvonneperfume yvonne majani

falotico_commissario-ebookIl commissario Maigret Depardieu poster italiano Alessandra Martines Pinocchio Walt Disney

Frusciante e il problema con GENE HACKMAN, SHOWTIME, Chiara Caselli & KIM ROSSI STUART + PINOCCHIO! Steven Van Zandt vs Roger Van Zant!


28 Oct

Shatner De Niro Showtime

fichtner heatNon me ne voglia il buon Fruscio. Abbia Fede! Si scherza e il Fruscio è, tutto sommato, un bravo guaglione. A differenza di quel povero ignorante e gran cafone di Balanzone. Io lo sbugiardo sempre e smentisco ogni sua vile cattiveria, in quanto io sono bello e lui, invece, è un misero porcello. Purtroppo, mi spiace per lui se è uomo di maschera carnevalesca da me struccato, sì, Balanzone è nel cervello peraltro assai toccato ed evviva anche Gli intoccabili. Alla faccia di ogni panzone molto trombone e ottuso. Altro che (Al) Capone, costui è proprio un lestofante testone. Eh sì, un troglodita assai bambinone. Mi spiace, anche ripetermi, eh eh, è da tempo immemorabile morto altresì nel cuore e, per salvarsi da tutte le figuracce da imbroglione, non gli basta oramai più fare il pagliaccio untore e presuntuoso. Ah, che bisonte unto e bisunto che è Balanzone, il volpone! Nella vita vi è chi confonde William Shatner di Star Trek con William Fichtner di Heat & Il cavaliere oscuro. Vi è chi scambia David Fincher per David Lynch, chi fa confusione fra Fichtner/Roger Van Zant di HEAT con Steven Van Zandt della E Street Band di Bruce Springsteen, vi è gente cazzuta come Al Pacino e chi invece tenta di emulare Robert De Niro ma recita peggio di Mitch Preston. Costui, dicasi boomer e vecchio rimbambito. Non mi stupisco che il figlio sia un malato mentale dei più irredimibili e precocemente invecchiati. Oh oh! Stavolta, ho colpito troppo forte, miei campioni? Ah ah.

Kim Rossi Stuart

aldilàdellenuvole poster

Steven Van Zandt, guitarist for Bruce Springsteen's E Street Band, NYC, 1980. (Photo by Andy Freeberg/Getty Images)

Steven Van Zandt, guitarist for Bruce Springsteen’s E Street Band, NYC, 1980. (Photo by Andy Freeberg/Getty Images)

I registi che non sopporto: Federico Fellini, Nanni Moretti ma soprattutto Gabriele Muccino, parola di un underground allontanatosi dal mondo in maniera irreversibile e radicale


04 Feb

anni belli muccino

 

rocky stallone

Ora, le mie sparate vanno prese col beneficio del dubbio e, come si suo dire, dell’inventario.

Sì, ogni giorno debbo reinventarmi. Inventarmene cioè sempre una per non buttarmi giù… dalla finestra.

No, se siete depressi come me, non provate a suicidarvi. Semmai, andate nel deserto del Sahara e cavalcate un dromedario. Così, surriscaldati dalla rovente temperatura equatoriale di quelle zone lì, dimenticherete che la vostra donna, nel frattempo, la sta inumidendo nella zona erogena a uno che di lei si sta dissetando coi suoi affamati testosteroni nei suoi estrogeni, prosciugandogliela tutta in modo estroso. Ah ah.

Sì, non inariditevi. Le donne amano i fiori e gli uomini i loro fori. Gli uomini sanno innaffiarle con calore ma, di mio, ora vado a leccarmi un gelato nonostante non sia ancora estate.

Adesso, la questione Muccino e il suo Cinema da baci Perugina. Ah, le donne pensano sempre alla Scavolini mentre gli uomini non vogliono farlo solo in cucina ma anche dopo aver limonato di scaloppine.

Muccino è un regista che possiede un’ottima tecnica. Alcuni suoi film sono passabili, altri passatisti e basta. Non gira, insomma, alla cazzo ma fa venire du’ palle grandi come una casa. Intanto, è appena iniziato Sanremo e, in quest’Italia folcloristica, pre-carnevalesca, l’italiano medio si stravaccherà sul divano, piangendo a dirotto nell’ascoltare canzoni melodrammatiche.

Con momenti da cavallo imbizzarrito quando Diletta Leotta, scosciata come non mai, ricorderà lui che è un uomo-scimmia che celebra il romanticismo di facciata ma adora, invero, solo la sua falcata.

Sì, un tempo, nei loro impeti idealistici da Johann Wolfgang Goethe, questi omuncoli si strussero in maniera commovente per ragazze pure dalle rosee gote.

Al primo anno di Conservatorio, però, compresero di non essere l’Amadeus di Milos Forman bensì peggio dell’omonimo, super ipocrita presentatore televisivo.

Sì, a diciott’anni credettero ai valori della Patria come Kim Rossi Stuarti di Poliziotti.

Furono bellissimi, immacolati nell’anima e virginali. Uomini Senza pelle o un po’ senza palle. Uomini però combattivi come Il ragazzo dal kimono d’oro.

Perfino invidiati a morte dalle donne streghe come ne Le chiavi di casa.

Poi arrivò il Cuore cattivo e la purezza da Al di là delle nuvole e da I giardini dell’Eden andarono a farsi fottere poiché, alla pari di Kim di Anche libero va bene, s’innamorarono di una stronza.

Ebbero delle crisi non solo di gelosia ma anche psicotiche. Furono ricoverati e sbattuti a dovere.

Persero dunque, oltre alla stronza (comunque, meglio così), anche il lavoro. Tentarono di rimboccarsi le maniche ma, scarseggiando i soldi, pensarono pure di darsi a un Romanzo criminale. Semmai, rapinando le banche come in Vallanzasca. Ah, un tempo la vita fu per loro una favoletta come Fantaghirò. Ma lei li cornificò con un’altra fiaba nera, no, con uno con la fava di un nero, e furono davvero cazzi amari. Credettero di vivere nel mondo dei balocchi, pieni di baiocchi e belle gnocche come Lucignolo ma adesso si trovano a mentire anche a sé stessi come Pinocchio. Poiché, magnificando la musica e il Cinema, non vogliono dire la verità. La verità purtroppo, è che è una tragedia. Ha ragione Michael Moore, Joker è un capolavoro.

È sostanzialmente la reale storia di un uomo che scrisse perfino mille libri ma alla fine crollò.

Assieme a lui, come Sansone, tutti i filistei.

Molta gente è stupida. Come disse Paolo Villaggio, questa pazza società occidentale s’illuse che il progresso tecnologico combaciasse con felicità interiore, con un maggiore appagamento esistenziale.

Così come molte persone erroneamente pensano, nel 2020, che l’ancestrale male di vivere si possa risolvere con una sana scopata o con un balletto oppure con un b(r)anchetto in compagnia di tarallucci e vino.

Invece, il malessere vero, mica pizzi e fighe, no, miei fichi, aumenterà a dismisura poiché ogni potenziale Joker prenderà coscienza che può anche avere il cassetto pieno di film pornografici ma non può farcela contro una realtà, questa sì, veramente scarnificante l’essenza più profonda, l’unicità della nostra bellezza e della meravigliosa stramberia della nostra umanità sentita lontana dalle corbellerie.

Che non vorrà dalle persone la loro anima, bensì il loro potere d’acquisto e la loro potenza, non solo sessuale, bensì animale.

E non è solo una questione di capitale o di caporali. Di gendarmi armati o del poco o molto (a)mare.

Adesso, passa per radio il vero Arthur Fleck mai cresciuto, ovvero Tommaso Paradiso, l’ex (ancora lo è?) frontman dei Thegiornalisti.

Io sono un profiler, sì, come quei tizi dell’FBI di Mindhunter.

Ora, basterebbe estrarre un pezzo della sua canzone I nostri anni, per addivenire in pochi secondi a come Tommaso (che non è quello di Abel Ferrara, neppure di Kim) si sia (de)formato, anzi, abbia sviluppato precocemente il suo passatismo nostalgico simile a quello di un altro romano per eccellenza, ovvero Antonello Venditti.

E le notti a studiare Kant e matematica

Con le spalle scoperte e la musica di mamma e papà

Roma, il sistema solare

Il cuore chiuso nella pelle

Ex studente del liceo classico, laureatosi dunque in Filosofia per tirarsela un po’ da radicalchic teoretico, Tommaso rappresenta tutto ciò che, visceralmente, ripugno e detesto con furore irrefrenabile.

Peccato che, quando Fausto Brizzi girò Notte prima degli esami, Tommaso forse fu ancora al Ginnasio. No, calcolando che Notte prima degli esami uscì nel 2006, Tommaso fu già all’epoca in piena esaltazione giovanilistica per inseguire il successo da stadio. Simile a Tiziano Ferro, altro idiot savant che vedrei bene sposato a Michael Shannon di Revolutionary Road e di My Son, My Son, What Have Ye Done.

Di mio, sono Michael Shannon di Shelter. Ah ah.

Un Michael che, anziché spararsi, non so quante se ne sparò su Tweed Shannon, vera maiala, compagna di Gene Simmons. (Im)puro Kiss. Altro che L’ultimo bacio.

Inoltre, ieri scrissi che ne La forma dell’acqua v’è una Liz Hurley meno sexy di Kathryn Bigelow. Errata corrige, mi corressi. Il film con Liz è Il mistero dell’acqua. Andate a controllare la mia correzione apportata. La forma dell’acqua è il film di Guillermo del Toro con Michael Shannon nella parte di un adepto della Lega. Ah ah.

Ne vogliamo parlare della mia cugina di secondo grado? Ma sì, sputtaniamola. Un tempo sognò Brad Pitt di Vento di passioni. Poi si diede alle fiction con Gabriella Pession. Ora, a furia di ascoltare Laura Pausini, s’è fatta dare la pensione d’invalidità perché non riesce a trovare neanche un lavoro da Sally Hawkins del film succitato.

Comunque, fantastica ancora sui maschi. Sì, l’altro giorno chiamarono quelli dello spurgo. Lei, a forza di toccarsi, bagnatissima, immaginando un amplesso con uno dall’alito tipo fogne di Calcutta come Diego Abatantuono di Fantozzi contro tutti, allagò tutta la casa. E ho detto tutto.

Sì, meglio I nostri anni degli Stadio, altro che questa generazione di fenomeni.

Che poi, quell’altro rintronato romano di Carlo Verdone girò un film osceno, Compagni di scuola.

Chiamando a raccolta tutta la combriccola di personaggini che avrei visto bene se Jep Gambardella de La grande bellezza avesse inchiappetato, sputando loro acide frasi degne della sua meravigliosa, sacrosanta accidia da menefreghista nato.

Con la natia per antonomasia della Roma borghese, vale a dire Nancy Nicoletta Lina Ortensia BrilliEx, e non è il film sempre di Brizzi da lei interpretato, di Massimo Ghini.

Altro capitolino, natio cioè della metropoli caput mundi.

Sì, sono quasi tutti di quelle parti. Peccato che non siano personaggi da litorale di Ostia come Pasolini.

Per quanto tempo andremo avanti con questo Cinema di nani figli di papà diplomatisi al Tasso ove però forse mai studiarono attentamente la Gerusalemme liberata ma furono troppo impegnati a cantare alle ragazze dei motivetti neanche orecchiabili da ricc(h)ioni per rimorchiarle da troioni e, a dispetto degli ottimi voti, siano però rimasti inclassificabili a livello nobiliare nonostante pure il loro finissimo cacio grattugiato sui maccheroni?

Ma è chiaro che siamo noi

Ma è chiaro che siamo

I biscotti inzuppati nel latte

Sì, impazzano i doppi sensi sessuali di questa gentaglia e persone di merda che, fra bucatini all’amatriciana, film del compianto (da chi?) Carlo Vanzina e mandrakate varie, trascorreranno la loro vita, sino alla morte, in carnascialesche, volgarmente goliardiche svaccate, pagati a peso d’oro per impasticcarsi, pasticciarsi e partecipare a film buttati via, più sciatti dell’insipida Eleonora Giorgi. Un’altra drogata oramai annacquata.

Vedete? Studiate piuttosto le filmografie di Nancy Brilli, della Giorgi, di Christian De Sica e via dicendo, vedrete che tutte/i appartengono alla stessa cricca.

Tant’è che Christian è addirittura sposato con la sorella di Verdone.

Ora, luogo comune tipicamente italico è quello secondo cui chi frequentò il liceo classico, ah ah, abbia sviluppato una forma mentis di notevole valore. Cioè, una mente capace, in base agli umanistici studi svolti, di aver introiettato degli schemi percettivi della realtà superiori. Superiori a chi si sia diplomato a un’altra (non paritaria) scuola superiore che non sia ascrivibile alle letture di Ovidio e semmai sia invece mitteleuropeo come Moni Ovadia? Ovadia fece il classico o si fece una studentessa yiddish, beatificandola con dell’hashish? Mah.

Trascurai Sabrina Ferilli perché con Sabrina sfondiamo e sfonderemmo una t… a aperta.

Lei sfondò, insomma, che culo sfondato. Ah ah.

A Bologna, invece avemmo e ancora abbiamo Enrico Brizzi. Da non confondere col compianto Fabrizio Frizzi e ovviamente con l’Enrico (non Fermi, quello è il Liceo Scientifico che trae il nome dal fisico omonimo), no, Fausto sopra menzionato.

Enrico Brizzi, autore di cagate, figlie delle sue adolescenziali frequentazioni di quel giro lì, come Jack Frusciante è uscito dal gruppo e, appunto, Gli amici di una vita.

Dunque, arriviamo a Gabriele Muccino, attualmente in sala con Gli anni più belli. E ci risiamo. Già la locandina sembra la stilizzata incarnazione d’una modulazione di frequenza di Pane Burro Marmellata.

Con un po’ di sfondo dolciastro dal retrogusto amarognolo e dal sapore perfino un po’ emiliano-romagnolo da Vitelloni falliti del Fellini e delle Dichiarazioni d’amore di Pupi Avati.

Un film celebrativo un amarcord di tutti i sogni perduti di Nanni Moretti. Io sono un autarchico?

A me parve sempre solamente uno che non poté e non può capire Heat di Michael Mann e il Cinema di Kathryn Bigelow poiché, secondo i miei studi lombrosiani, è innatamente avulso dal disagio esistenziale di Henry.

Troppo occupato, a proposito di allattamenti, a desiderare il seno di Laura Morante nelle notti insonni di Bianca. Dolcificando le sue amarezze nell’immergere il cucchiaino in un barattolo gigantesco di Nutella, sognando di non soffrire più il suo amore eternamente adolescenziale nell’immaginarsi, sublimando il dolore, come un felice, emozionalmente omeostatico pasticcere trozkista.

Nanni, dopo essere diventato l’idolo della Sinistra più borghese come l’ex sindaco di Roma, appunto, Walter Veltroni, si diede anima e core alla psicanalisi. Sognando, infatti, di essere uno psicoterapeuta ne La stanza del figlio. La storia di un adolescente che tragicamente morì dopo aver mangiato delle lasagne bolognesi come Stefano Accorsi.

Sua figlia, interpretata da Jasmine Trinca, represse il dolore del lutto senza pigliare sedative compresse, impazzendo ed elaborando la sua schizofrenia ne La meglio gioventù. Poi, avrebbe incontrato una sorta di Jung di A Dangerous Method, ovvero Sean Penn di The Gunman. Uno che la guardò, notò la sua depressione scaturita a forza di frequentare quel frustrato cronico del Moretti, e le disse:

– Ehi, bella moretta. Incarno in questo film un personaggio che si chiama Terrier. Fai la cagnolina per il mio pelo rizzo? Dai, dai. Forse, con te non posso però fargliela. Scopando una come te, mi ridurrò a diventare un bibliotecario impolverato da Il professore e il pazzo.

Io riempirò i tuoi vuoti da Lupo solitario ma tu, di sera davanti alla tv, mi riempirai i testicoli, no, la testa di cazzate. Ora, vai a smaltarti le unghie, lascia perdere il mio Jung della minchia, vedi di essere graffiante per uomini che ancora pensano che la Ciccone, in arte Madonna, non sia Maddalena de L’ultima tentazione di Cristo.

 

Mamma mia, Gabriele Muccino col suo Cinema fintamente carino e così tanto piccino.

Un catalogo, appunto, di derelitti e reietti da La ricerca della felicità.

Di mio, sono un cane bastonato come Rocky Balboa.

Il mio diventare un underdog, dunque un underground, si sviluppò molti anni or sono. Quando, iscrittomi al Liceo Scientifico Sabin, alla succursale di Via Broccaindosso, nonostante i dieci da me ottenuti, senza leccatine, in quasi tutte le materie, fui colto da una Nausea alla Sartre. E, dopo tre mesi, mollai tutto.

I cosiddetti adulti, già nell’anima adulterati, invero persone che frequentarono cattive compagnie e che lessero soprattutto soltanto libri deprimenti partoriti dalla mente di Giacomo Leopardi, pensarono che fossi un cacasotto e che soffrissi di qualche mentale patologia.

Al che, malgrado in quel periodo privatamente studiassi anche le opere del Petrarca, fui portato a Firenze.

Dallo psichiatra Petracca. Non scherzo, non è una battuta. La compagna di tale Petracca, invece, fu una battona. Non so se lo sia ancora.

Difatti, mentre il Petracca rincoglionì i suoi pazienti, imboccandoli di calmanti da Cura Lodovico di Arancia meccanica, inibendo ogni loro libido con componenti chimici come la fluoxetina, la sua infermiera cretina, finito che il Petracca ebbe di dare lezioni orali ai suoi malati da lui rimbambiti, nel camerino gli fece tanti bei pompini con annesse tutte le ripetizioni. Non so se il Petracca abbia avuto da costei un bambino ma so quante seghe, no, quanto segue.

Melanconicamente, mi persi in notti alla Taxi Driver. Per allentare, di tanto in tanto, la (para)noia, mi affiancai a dei paraculo. Studenti del Minghetti.

Più che altro, dei minchioni. Mentre io poetizzai la vita come Javier Bardem di Mare dentro, loro mi raccontarono delle loro prime volte e delle loro patetiche esperienze. Ah, che ambientini. Di svezzamenti di viziosi ragazzini e capricciosi scemini che ambirono ad essere Kiefer Sutherland di Linea mortale. Sì, affetti da deliri d’onnipotenza, presero per il culo le femminucce che, da questa vita, aspettarono un miracolo come nel film Risvegli. Ragazze, peraltro, più stupide di tali psicopatici. Amanti di Lenny Kravitz quando, in verità, la prima volta che si sverginarono fu con un rasta che si faceva le canne. Lui, dopo averle sfruttate, cantò loro No Woman, No Cry di Bob Marley. Ho detto tutto.

Oggi invece abbiamo una generazione da serie come Il trono di spade.

Allora, povere teste di cazzo, se volete dei fantasy di matrice medioevale e romantica, riguardatevi Excalibur di John Boorman. Pure Stardust di Matthew Vaughn. Tratto dal libro di un vero genio, Neil Gaiman. Mica Tommaso Paradiso, Moretti Nanni, Antonello Venditti, Ferilli e Brilli. Voi dite che Stardust sia un filmetto? No, ha ragione il Mereghetti, miei bimbetti.

È un grande film da tre stellette. Parafrasando però Moretti in Caro diariovoi, come Silvio Muccino e pure Berlusconi, in quei licei di merda ove s’insegnano solo retoriche utopistiche, gridavate cose orrende e violentissime, e voi siete imbruttiti. Voi, coi vostri cattivissimi classismi, coi vostri girotondi(ni), con le vostre leccate da bimbini, con le vostre nazional-popolari zoccoline. Io invece sono rimasto sincero, cioè nichilista come il finale della serie Too Old to Die Young. E me ne vanto poiché, alla prossima porcata, potete farvi il segno della croce.

Ora, ebbe ragione il Pasolini. I diversi esistono. Non sono persone, per fortuna o purtroppo, normali.

No, non dipende dalla cultura, dagli ormoni o dalla genetica. Dipende dall’anima, miei coglioni e cafoni.

E la mia anima non è quella di uno che si pulisce il cazzo nel bidet dopo una scopata con una bidella o con una addirittura molto bella. Vedete, a voi piace coccolarvi, baciarvi, tenervi mano nella mano, spettegolare, ingelosirvi e divertirvi. Soprattutto cornificarvi. A me no. Poi, guardate pure Maurizio Costanzo.

Bene, a casa mia oggi sono arrivati i dvd di Joker e di Miss Tushy con Kendra Lust. Ottimo, la seratina è già pianificata…

Ieri m’eccitai, no, citai pure Renato Zero. Questi sono i migliori “ani” della mia (s)figa.

Ah ah.

di Stefano Falotico

PINOCCHIO – Cortometraggio: per il nuovo anno, regalatevi un Falò all’insegna della perpetua libertà


29 Dec

81038942_10215328982320669_3542337099862638592_o 81214617_10215329034321969_7850873219752919040_oMi sto appropinquando, amici e (a)nemici, uomini nervosi e nerboruti, uomini stupidi e uomini di YouTube, a viaggiare alla volta di Monaco di Baviera ove festeggerò l’arrivo della mezzanotte del 2020, brindando nella sera di San Silvestro e aspettando l’alba di una nuova era.

Conserverò una bella cera o sarà una serata da C’era una volta…?

Chissà se, dopo una lauta mangiata in compagnia, chissà se, dopo uno spumante lieto, sarò allegro o m’immalinconirò, ubriaco, sin al calare delle serre, no, serrande. Poiché alloggerò in albergo e, dopo i bagordi, i forti singhiozzi, i trambusti non da uomo monacale né monastico, né chiesastico né tedesco con la svastica, semmai dopo aver preso pure uno schiaffo in faccia da parte di un crucco balordo assieme alla sua valchiria spastica, mi disinfetterò in bagno la ferita con la penicillina, smacchiando il livido con la varichina. Urlando così tanto di dolore che mi sentiranno sin dall’attico.

Sono Pollicino?!

Invero, il livido rimarrà e assumerò un look da uomo trasgressivo semi-punk. Ah ah. Con venature psicofisiche, non fighe, d’apparente psicopatico in verità umanamente Falotico ma giammai meschino. Ah ah.

Sì, mi denuderò d’ogni abito casto e, prima d’immergermi sotto le lenzuola, scatterò un selfie da cui potrete evincere la mia totale simbiosi incarnata in Arthur Fleck/Joker.

Un uomo dimagrito, disintegrato, fortunatamente non cassaintegrato e, vivaddio, non comunemente inserito socialmente poiché patti sociali fa rima con ipocrisie da mentitori animali, escoriato nell’anima, il quale talvolta è ancora Antonio Rezza di Escoriandoli e ha una faccia simpatica da pagliaccio dalla carnagione poco colorita, invero molto pallida, un uomo che, a differenza di Andrea Carnevale, non scopò mai Paola Perego ma, nei momenti di tristezza e di atroce infantilismo, gioca coi Lego e, di tanto in tanto, può scapparvi una sega.

Volete che seghi Paola? Sì, è una donna che andava bocciata prima di fare l’oca. Ah ah.

E giochiamo di doppi sen(s)i, uomini senza sen(s)o. Spesso, ancora insensatamente, mi piace giocare al ruolo del demente poiché sono un Man on the Moon come Kaufman/Jim Carrey.

Le donne mi allupano, da licantropo mi alluno e bevo tutto il lupo, no, il luppolo. Poiché la bionda è gustosa ma anche una mora che mangia il mio “Belgioioso” sa rendermi un uomo giocoso e cremoso.

Ah ah.

Pochi giorni fa, uscì Pinocchio di Matteo Garrone, miei uomini da fave, no, favole della volpe e la vulva, no, l’uva. Che comunque è la stessa cosa, sì quella cosa rosa come disse Checco Zalone. Un furbacchone ma non un qualsiasi coglione. Adesso, Checco si paragona addirittura ad Alberto Sordi e chi ha orecchie per intendere, eh già, intenda. Sta costruendo pian piano il suo personaggio, sa vendere bene la propria merce. Non è mica un distributore di cine-panettoni da Christian De Sica, addirittura adesso è un fenomeno da Ladri di biciclette. Ma roba da matti. Eppur Mereghetti Paolo e Magrelli se lo tengono pure buono. Checco potrebbe tornare utile.

L’uva è viola e, appena la vedi, ti diventa rosso e lì vola. Basta che non la violi ed è amore consenziente. Non so però onestamente quante donne, in realtà, ne siano senzienti o invece fingano per rendere i loro uomini contenti. O solo cornuti. Ah ah. L’amante fa sempre più figo e trasgressione. Finta, appunto, ah ah. Anzi, due punti. Adbundatis adbundatum, come diceva Totò della Malafemmina.

Alberto Sordi, l’italiano medio, pavido, codardissimo. Capace di scrivere nefandezze lerce da leone da tastiera ma è solo Don Abbondio.

Chi s’accontenta gode, così così, cantò Ligabue, cari i miei Geppetto.

Io sono Giotto e lei dipinge tutta la mia Cappella Sistina da Michelangelo.

Lucignolo/Ceccherini lo sa. Anche sa che ogni cantante Gatto Panceri usa oggi forse la panciera poiché non ha più un fisico da bilanciere, cosicché nemmeno gli ex Gatti di Vicolo Miracoli riusciranno a miracolarlo nel far sì che possa alla Fata Turchina slacciare la cerniera.

A parte le cazzate, stamane, dopo aver visto una video-recensione, sotto di essa scrissi un commento totalmente spontaneo, tremendamente ispirato, cioè sincero. Come dicono i toscani, sicché è codesto:

lo sapevo che era uno dei titoli da te più attesi della stagione. Credo di aver compreso, scusa se pecco di superbia, un po’ la tua poetica e la tua visione del mondo. Che è molto cinica, spietata e dunque paradossalmente romantica e favolista. Poiché la realtà quotidiana, sin dapprincipio, fin da quando usciamo dall’utero, è ricattatoria e impone immediatamente parametri protervi e violenti, insindacabili da gendarmi intransigenti. Come coloro che prelevano Pinocchio e l’obbligano, giocoforza, anzi forzatamente a “crescere”. Crescere, questo verbo che risuona, anzi, detto in maniera toscana, RISONA, insiste veemente a inseguirci e perseguitarci nell’animo sin dalla più tenera età indomita. Un comandamento imposto, ineludibile e spesso inattuabile, inattingibile poiché la vita, nel suo districarsi complessa e non intelligibile, non è un percorso a tappe retorico. Teoricamente lo è ma subentrano sgambetti, interruzioni, imprevisti mutamenti. E, serpentesca, la nostra esistenza si compie invece spesso nel non essere, nell’estraniarcene, nel depistare il cammino retto o da pancia in dentro e schiena dritta, appunto, come pretende la falsa, fascista rettitudine moralistica. E da Collodi passiamo a Dante e il suo smarrire la retta via. Il precipitare nella selva oscura dei nostri patemi esistenziali più nascosti, imperscrutabili, amnesia e buio amniotico del nostro essere che quasi mai diviene un essere e un esservi in tal vita misteriosa che c’immalinconisce, ottenebra e segrega nel ballerino danzarvi agonizzanti e poi nuovamente euforici, incantevolmente disincantati. No, non vedrò Garrone. Lo guarderò in dvd. Al momento non m’interessa. Come sai, ho molti parenti che vivono in Toscana e vi son stato proprio a Natale. Certo, ricordo bene la serie-“film” di Comencini con Manfredi e la Lollobrigida. E il rimembrarla mi porta con la mente e con l’anima laddove la mia infanzia ancora c’è eppure non può più in realtà essere. Ma persiste, squilla detonante negli attimi di solitudine o proprio durante le feste quando, addolciti dall’atmosfera sognante di pace, dolciastra bontà e apparente requie, ci accasciamo nostalgici nel “memento” dei nostri ricordi o solo dei nostri vivaci, infantili cuori. Quando ci emozionammo a giocare con gli aquiloni, quando spensierati riposammo, fanciulleschi e puri, beati e incoscienti laddove mai fu, mai sarà eppure viviamo ancora. La favola di Pinocchio, invero, è questa. Un’enorme metafora della condizione umana. Ed è per questo che, come dici tu, il testo di Collodi è dark, gotico, quasi un racconto di formazione dell’orrore con molti momenti felici, pieni di colori, altri invece cupissimi, mostruosi come Manguaf(u)oco. Noi tutti siamo Pinocchio, raggirati non solo dai volponi e dalle gatte morte, ah ah, bensì dal nostro essere forse Leslie Nielsen de quando mente ai passeggeri a bordo e gli cresce spropositatamente il naso. Noi tutti, infatti, sappiamo che stiamo precipitando e schiantandoci per forse salvarci e rispiccare il volo.

Dunque, per un anno senza fascismi da Salvini, da cui si salvi chi può, propongo alle elezioni John Belushi di Animal House, ovvero il Falò. Si sa, è ovvio, acclarato, certificato e conclamato che io sia il più grande bugiardo della storia. Sono, peraltro, l’unica persona al mondo che riesce a essere Joel Edgerton, Tom Hardy e Nick Nolte di Warrior in una sola interpretazione vivente.

Insomma, si fa quel che si può se si può.

 

di Stefano Falotico

pinocchio disney

warrior joel edgertonnick nolte warriorwarrior tom hardy

 

Anche misantropo va bene


09 Feb

03514503Salve,

non ho alcuna pretesa di piacere, quindi, in modo (s)gradito e medie dita mie, gradirei che non “digradaste” tal mio giustamente strampalato post coi soliti fastidiosi, (in)utili “Mi piace”.

Sarebbe la solita vostra ruffianeria, sintomatica delle buffonate frivole per le quali tanto vivete ad “affanno” del sentirvi vivi, quando invero, e lo sapete benissimo, dalla nascita, per erronea concezione del vostro fet(id)o, siete morti. Assomigliate a quei bebè d’elefantesca mamma partoriti da essa, che spuntano dall’utero, sputati a gran velocità di “cagata” e vengon innaffiati da una “pozza-puzza” di sangue lercio, al che, per “svegliarvi”, dovete essere presi a calci e viv(r)ete di “bott(an)e” di culo per anima(lizza)rvi.

Questa tanta animosità mi rende onesto e cinico, obietto io, “abietto”, definendomi invece di g(i)usto, nel far la disamina e farvelo senza troppi complimenti di “sorca”, ché tanto sempre alle pizze, ai pizzicotti-buffet(ti), alle (ri)cotte, alle fighine, alle o(r)che e alle figone andate a (s)par(l)are, con pessima “pece” della mia anima ché il vostro così volervi apparire paciosi e “goduti” mi rende po(r)co in pace con tal società infame, affamata sempre di “pene” e (di)vino quando serve ubriacarsi di retorica a “bona” del mercato, perché svendete i pann(olin)i (s)porc(h)i in p(i)azze dai sen(s)i per il “grosso” e, di tal vivandare puttanesco, vivacchiate, (dis)illusi di non essere scoperchiati da me, colui che sta a capotavola e non intavolerà mai discussioni sterili e da “riempitivi” (f)aceti da cene dei cretini.

Il mio nome è Mis Antropo, ove “Mis” sta per M. Butterfly, essere ambiguo fra il mister, il misero, fare la miss(ionaria) e a sfottò delle vostre vite appar(isc)enti. Grande film è Mission!

“Antropo” invece sta per topo(s) da Tropico del vostro Cancro (a)sociale.

Topolin’ topolino evviva la “topa”, voi vi reggete, “caro” (reggi)mento di dementi guerrafondai, le “palle” in (at)tributi votati dalla vostra testicolare mentalità nazistoida da Full Metal Jacket.

Io sono il Colonnello di Per qualche dollaro in più e anche Totò alla Sean Penn di This Must be the Place ché, dirimpetto ai vostri pett(oral)i in f(u)ori da carta bianca, vi dovete, è un ordine imperativo, cari (impera)tori di Capri e del “cavolo” a vostre “merendine”, pulirvi il cul’, da cui appunto il popò ed è meglio la mia vita “pachidermica” da ippopotamo misantropo. Da topi, si vive come i ratti, “cari” da g(r)att(atin)e”, e da cani si ulula da lupi solitari ché fa eremitaggio di stile veemente, rabbioso come l’ira mia “fetente” davanti alle vostre squallide mir(r)e da deficienti.

Non son un re mago e dunque non v’incenso, come Zucchero Fornaciari, preferisco il mio acido sugar di stizzosa birra, ché siete sol dei bidoni da bile e “gioghi” al biliardo, sognate sempre le vite da milionari e ostentate l’oste dei vostri “(s)conti” in “b(r)anco”. Osteria da “numeri uno” ed evviva la “Formula” delle (automo)bili. “Ostrica”, che (g)nocca! Meglio il povero Cristo! Ordino due gnocchi di patate, un granchio, me le sgranchisco a scrocc(hi)are vostro.

Nessuno scontro, sono un pacifista a cui non d(ov)evi romper’ i coglioni, testa di cazzo.

Anche libero va bene, film sottovalutato del nostro Kim Rossi Stuart, un Vallanzasca “in erba” che non può esserlo perché, in fondo, non delinque pur avendone ben donde per far le “sparate”, dopo che gli rubaste l’anima con la vostra società di “rubacuori” tanto “gentiluomini” nelle leccatine, palpando nel “papparvelo” da pol(l)o delle finte libertà.

Sì, un libertino “cagone”, che non si caga nessuno, lo sfigato che a me fa fig(li)o di nessuno e tanto MI PIACE…

social inducono alla depressione, era istantaneo che le gelosie si scatenassero dopo le foto di qualche “perfettina” su Instagram. È magra di “vita”, sta bene con pochi 21 Grams…

Tutti esternano le loro (in)felicità da “Postalmarket”, per farsi le seghe nel “dir-dare” al prossimo che sono “felici”. Quelli che li guardano non sono felici, infatti, più infelici diventano, invidiando i felici che almeno appaiono così, oggi “fe(l)ci” azzurre perché di San Valentino (s)vengon… “appaiati-appagati” con uno che le paga e, in questo plagio generale, evviva il “caporale” ché son io, accusato di “stalking” poiché, dopo aver subito molti danni da gente di “ano”, ancor an(nu)almente ho inondato il loro “sito”, il loro “stato”, di commenti sproloquianti, di scarabocchi “indicibili” in cui, si fottessero in cul’ a mammata loro, non lesinai in “minacce” di mor(t)e”, inzaccherando poco da “zuccherino” le lor (s)fighe “dolci”.

Di mio, preferirò sempre bere un cappuccino, frate francescano con le stigmate poco stimate/o dalla società di “felici” trombatori, tutto d’un mozzafiato da lasciar di “sesso”, care facce da lessi-fessa di tua “sorella”, una che non fa… sì che la schiuma del fondo essicchi ma, orripilantemente, la “mescola” anche dopo che se l’è scol(at)o.

Ora, bambini, andate a scuola, voi, “felici”, continuate ad andar a (fan)culo, io vado ove vada come vuole e (non) volete che io voli, perché la mia libertà vi sta in quel posteriore.

Aff(l)iggetemi come posterino. “Posterino” sta per piccolo post(o) da (se)viziato Paperino.

Ora, oziate e viziatevi, di mio, odio Paperone, lo zio.

Meglio mangiare la pasta di zi(t)i.

Tutti zitti.

 

di Stefano Falotico

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