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Le super bombe del Falò: Clint Eastwood è superiore a Scorsese e forse Sam Rockwell è più grande di De Niro


21 Jan

richard jewell

mr wolf

rockwell stanno tutti benebelushi blues brothers

 

Sì, da giorni son assillato da forti dubbi.

Sto prendendo sempre più coscienza che Richard Jewell sia un filmone e rividi The Irishman quasi integralmente.

Con mio immane rammarico, afflitto e costernato dalla verità più crocifiggente ogni mia adorazione verso Scorsese, come Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo, debbo però piangere dinanzi al vero più atroce, dunque al cinematografico verbo.

Richard Jewell è, di fronte al film di Scorsese, mille volte più straziante di Gesù che peccò, anche solo con la fantasia, con Maddalena.

Comunque, complimenti a Willem Dafoe. Se io avessi avuto qualche dubbio riguardo la mia castità, dirimpetto a Barbara Hershey mi sarei santificato totalmente.

Ce la vogliamo dire? Basti vedere Lantana per capire che una così è da manicomio. No, non perché fosse bella, esattamente perché, oltre a non essere bella, non è neppure affascinante.

Trombatevi e sposatevi una così e prevedo per voi serate a Teatro. La vostra lei vi porterà a vedere tutti gli spettacoli tratti da Molière. Sai che palle. Se foste dapprima malati immaginari, ora siete castrati.

Aveva ragione Totò di San Giovanni decollato. Abbasso la “mugliera”. Ah ah.

Richard Jewell è un grande film mentre The Irishman, non sapete quanto mi spiaccia dirlo e ammetterlo col senno di poi, non è un granché.

Dopo averlo visto al Festival di Roma, lo definii capolavoro. Invero, siamo lontani anni luce dal capolavoro. E, per quanto io stesso contestai Francesco Alò per averlo stroncato in maniera troppo dura, mi trovo ora nell’onesta ma necessaria situazione etica e anche ermeneutica, estetica e dunque esegetica, perciò esigente, più severa della moral guidance di Eastwood, di dare ad Alò ragione.

Richard Jewell è il film realizzato da un quasi novantenne enormemente più lucido di Scorsese. Il quale, a mio avviso, firmò l’ultimo suo vero capolavoro, ahinoi, nel lontanissimo 1995. Con Casinò.

Da allora in poi, a prescindere da Al di là della vita e al di là delle magniloquenti scenografie, della fotografia suadente di Robert Richardson e delle luci avvolgenti di Rodrigo Prieto, presentò impresentabile robetta, diciamocela, sinceramente senescente.

Un obitorio putrescente dello Scorsese che fu, oramai ischeletritosi nell’elegia glorificante il suo passato ben più grintoso e glorioso.

Perlomeno, lo Scorsese di adesso non è roba paragonabile al potente, visionario, cinetico, furente Scorsese che fu allora. Quando veramente fu arrabbiato e, come insegnò Pasolini, dalla rabbia canalizzata nell’arte, eh sì, si partoriscono le opere più sentite e commoventi, sincere e sprigionanti tutta la vita nella sua essenza più veritiera, dunque più rock come un album dei Clash. Opere devastanti e diaboliche illuminate dalla prodigiosa furia di un Mick Jagger della macchina da presa.

I film con DiCaprio, inoltre, sono i più brutti della sua filmografia, un riciclaggio di sceneggiature viste assai meglio, da Scorsese messe in scena con una pedanteria, una sciatteria immaginativa, una stanchezza visiva da far paura più dell’omicidio mostruoso commesso da Michelle Williams in Shutter Island.

The Departed? Uno sfoggio di gigioni capeggiati, anzi, capitanati dal solito cazzone Alec Baldwin, con un Jack Nicholson tronfio e oleoso, anche lui già bollito più d’una Vera Farmiga che vorrebbe fare la figa e invece le è più eccitante un frigorifero.

Con un Matt Damon imbambolato più d’un Leo DiCaprio semi-palestrato e anche mezzo sciancato, un Leo che interpreta la parte di un poliziotto nel cervello sciroccato ma risulta soltanto uno scarso imitatore del De Niro che fu. Quest’ultimo oggi imbolsito e annacquato.

Gangs of New York è un film ove non vedi l’ora che un Day-Lewis eccessivamente sopra le righe dica almeno una stronzata che possa destarti dal sonno.

Quando lo guardai per la prima volta, mi augurai che il Butcher gridasse a Cameron Diaz che è una zoccola.

Tale è, difatti, non solo nel film succitato. Meglio che si sia ritirata questa cubana che sembra Nonna Papera.

The Aviator è, oh mio dio, uno spot di Chanel con Cate Blanchett che assomiglia a Katharine Hepburn quanto io assomiglio a Rocco Siffredi.

Con un Leo storpio, pure nella recitazione incerta, che vorrebbe essere l’incarnazione, appunto, d’un povero cristo ricchissimo come Howard Hughes e carismatico come Orson Welles ma, al massimo, vagamente è simile a Raz Degan de L’isola dei famosi. E Jude Law che fa Errol Flynn, cazzo, sembra Paola Barale dei tempi d’oro. Cioè quando era una bagascia e basta. Adesso, vuole fare pure l’opinionista su Twitter.

Sì, un film di gente che fa la piaciona per agguantare Oscar plastificati, film di battute telefonate scandite da uomini e donne raccomandati più di Danny Huston.

Io vidi Danny Huston dal vivo alla prima di Birth.

Confermo qui le impressioni che mi trasmise. Altro che Riccardo Cuore di Leone di Robin Hood, è solamente un puttaniere.

Io lo sottoporrei subito alla commissione d’inchiesta indetta da Jack Huston nei confronti di Hoffa/Pacino in The Irishman.

– Signor Danny, è vero che la sua ex, Virginia Madsen, quand’eravate sposati, era più malafemmina di Jennifer Tilly di Getaway?

– Sì, suo fratello Michael se la fece sotto i miei occhi.

– E lei non disse niente?

– Sono cazzi che non mi riguardano. Solo quel demente di Tarantino può ancora resuscitare Michael, ficcandolo nei cammei dei suoi film. A quei tempi, comunque, mia moglie Virginia mi diede un sano motivo per chiederle il divorzio.

Ha visto, giudice, come s’è ridotta? Girò pure Sideways, film per borghesi annoiati col Prosecco in mano.

Ah, Cristo santissimo, sono lontani i tempi in cui, in The Hot Spot, riuscì a mettere dei dubbi pure a Don Johnson. Sì, Don fu infatti indeciso se farsi lei o Jennifer Connelly. Forse, comunque, nel film se le fece entrambe.

Sarebbe come dire… anzi, chiedere al pornoattore mezzo stupratore Ricky Johnson se non si farebbe Kendra Lust in Booty Movie 6.

Tralasciamo The Wolf of Wall Street. Sembra Porky’s con Margot Robbie dagli occhi verdi al posto di Kim Cattrall e con un Leo davvero distante dal magnetismo di Kurt Russell di Grosso guaio a Chinatown.

Sì, Leo in questo film sembra più rincoglionito di David Lo Pan.

E ne vogliamo parlare di Andrew Garfield di Silence? Come fa ad avere i capelli sempre messi in piega alla Jean Louis David, stando giorno e notte sotto la pioggia e immerso nel fango? Roba che i libri di Niccolò Ammaniti sono un romanzo Harmony.

Mah, non è che Adam Driver gli fece da sciampista fra un delirio contro Scarlett Johansson di Storia di un matrimonio e le sue crociate in BlacKkKlansman?

Film nel quale, fra l’altro, John David Washington è meno cotonato di suo padre in Malcolm X.

Ecco, Spike Lee. Un altro che, al di là dei proclami e delle invettive antirazziste, non seppe mai rinnovarsi.

Caro Spike, un tempo spaccavi, adesso è arrivata per te La 25ª ora.

Come per Scorsese.

Un Cinema vecchio di vecchi. Ove il doppiaggio d’un Gullotta macchiettistico e d’un Giannini che pare un orco, eh no, non aiuta.

Con un De Niro che sembra mia nonna Rita ed è meno espressivo del suo detective Turk di Sfida senza regole. Sì, è scandaloso dirlo ma bisogna ribadirlo. Clint Eastwood è il più grande regista del mondo.

I suoi film posseggono un’umanità, una romantica forza che il Cinema oramai arido e auto-citazionistico d Scorsese, eh già, si sogna. È arrivata l’ora, appunto, di ammodernarsi. Evviva allora il Cinema folle di Todd Phillips, evviva il Cinema di Clint, un uomo che a novant’anni, in mezzo al porcume che impazza, in mezzo a un mandingo con la nuova pornostar patinata della vostra minchia fighetta, sa ancora farci capire che la vita per cui tanti si stanno, sbagliando tutto, pateticamente prodigando, comprando visualizzazioni, sputtanandosi bellamente per due mi piace in più, non è questo porcile di massa.

Arriva Clint e pare urlare a ogni Olivia Wilde e a ogni bellimbusto come Jon Hamm:

– Ora, avete rotto il cazzo! Voi e i vostri finti gossip su Brad Pitt che bacia Jennifer Aniston.

Ma non avete niente di meglio che fare i morbosi sugli altri morosi?

Basta!

 

Un paio d giorni fa, vi dissi che mi sverginai nel 2003. Ebbe ragione purtroppo quella cazzo di ragazza. Mi disse:

– Solitamente, avviene il contrario. Ti sei intristito incurabilmente dopo il sesso. Che cazzo sta succedendo?

 

E purtroppo aveva ragione un mio ex amico a paragonarmi a Starman.

Credo che sia davvero finita, mi pare che la farsa sia durata abbastanza. Se è una tragedia, finiamola coi buonismi. Diciamo la verità. No, è stato appurato che non sono pazzo. Ma obiettivamente non sono neanche adatto al mondo.

Ciò che stimola i vostri impulsi vitali e piace a voi, a me mette tristezza.

Ed è per questo che Joker è un capolavoro.

È pieno di scene d’antologia.

I bulli lo attaccano e lui li ammazza. Poi va in bagno e sembra Natalie Portman de Il cigno nero, divenendo più cattivo di Vincent Cassel di Dobermann.

Basta, davvero. Non ne possiamo più di questi ciociari, di questi caciaroni e ciccini da Cinema di Muccino con le loro biondine e le loro treccioline, con le canzonette stupidine di Eddie Vedder, con questi piagnistei ripropostici di quello schizofrenico di Kurt Cobain, con la vostra retorica cattolica, coi vostri moralismi, con la vostra bigiotteria e coi vostri bigottismi. Coi vostri bigodini e i vostri pompini!

Ha ragione Terry Gilliam. Gli ultimi trenta minuti di The Irishman fanno pena.

Con questo De Niro, appena uscito da Stanno tutti di bene di Kirk Jones, che si discolpa davanti alla figlia manco se si trovasse a C’è posta per te della De Filippi.

Con un prete fake a cui preferirò sempre il parroco di Gran Torino.

Una scena micidiale, bellissima, struggente.

Il prete cerca di fermare Walt Kowalski:

– Che hai intenzione di fare, Walt?

 

Walt/Clint sta zitto.

Insomma, Scorsese può presentare negli ultimi trent’anni assai poco di notevole. Clint invece può sfoderare Gli spietatiUn mondo perfettoMystic RiverMillion Dollar Baby e chi più ne ha più ne metta. Ha ragione anche una mia amica. C’è più umanità in un film di Eastwood che nelle sillogi poetiche di Orazio. Così come c’è più vita vera non nelle Mean Streets, bensì nella vita reale. Ove la gente si ammazza e uccide al prossimo Tapiro d’oro, ove siamo veramente stufi di Striscia la notizia, delle Iene, di Checco Zalone, di Ficarra e Picone, di Christian De Sica e de La mia banda suona il pop. Di quella cretina di Paola Cortellesi col suo rossetto da paracula e di quel romanaccio di Valerio Mastandrea.

Basta con gli affossati, evviva Ivano Fossati e vaffanculo, come dice Travis Bickle di Taxi Driver, alle idiozie della tv e al suo ecumenismo da quattro soldi.

Evviva il Principe Aguilera di Too Old to Die Young. Tu sei cattivo? Non sai quanto lo sono io. Come dice Bob De Niro in Cape Fear, ché non scherzava affatto, ti faceva male così? Ti faceva male così?

E Illeana Douglas, distrutta, piange e sussurra: – Ce la siamo andata a cercare.

 

L’Italia è un Paese di malati di mente ove quasi tutti, tranne me, vanno con le prostitute e poi, se uno scrive che Tiziana Panella è una grande passera, quale è, ti arrivano commenti così. E all’ottavo giorno Dio creò il Diavolo! E ha mantenuto la promessa. Ma ne manca uno… Piaciuto il giochino, cocchino? Insomma, ha ragione pure Vittorino Andreoli. Io, in Italia, non vedo né bel Cinema né bella gente, vedo solo persone vanitose che si credono fighe e invece sono sole come dei cani. Soprattutto nel cervello e nelle loro anime. E ora stanno aspettando un’altra mazzata devastante!

La più feroce, la più distruttiva, la più mostruosa!

Soprattutto la più giusta.

A un certo punto uno guardò Satana e disse a suo padre:

– Mi spiace, è finita.

– Ma figurati! Incontrerà una bella ragazza e le cose si metteranno a posto.

– Non credo. Una volta che capirà la sua forza, non accetterà una vita con un lavoretto e le battutine, il divanetto e i bacetti.

E anche la nostra vita, mi sa, che è finita.

 

Secondo Bob De Niro, il suo film più bello degli ultimi quindici anni è Stanno tutti bene.

Ah, per forza.

Come detto, in The Irishman recita peggio di un ebete con cento gocce di Valium.

E ho detto tutto.

Basta anche con De Niro. Evviva Sam Rockwell ed evviva soprattutto il più grande genio del Cinema di tutti i tempi, cioè John Belushi.

Uno che capì subito che la vita è una stronzata e sono tutti ipocriti.

Tanto vale prenderli tutti per il culo con una faccia di merda.

– Cosa vuoi tu? Il mio uccello? Sì, vai prima a preparare le polpette. Vedi di rosolarle bene, sennò ti piglierai solo due ceffoni, storpia.

Ah, domani, vai a dare lezioni di vita a delle palindrome che si fanno chiamare Cenerentola.

Ma per piacere!

 

di Stefano Falotico

L’ESORCISTA (The Exorcist) di William Friedkin non è un capolavoro


06 Apr


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Prefazione, disamina e poi una riflessione sul Cinema degli anni settanta

Sì, L’esorcista è un film che a tutt’oggi è agghiacciante. Sì, credo che l’aggettivo appropriato sia agghiacciante.

Ma non è un capolavoro.

Fare paura è più facile di quanto si possa credere.

Si può intimorire, suggestionare il prossimo, inscenare la sua pazzia perché si è ipocriti e forse è più facile nascondersi nello sgabuzzino degli orrori ove son celate tutte le segrete malefatte. Quando si dice, ah, gente con scheletri nell’armadio. Un’armata delle tenebre che cresce giorno dopo giorno, avanza putrescente a ogni ora di notti concupiscenti, ingorde e lorde.

Paranormal Activity? Filmaccio da quattro soldi. Dobbiamo aspettare un’ora e mezza, giù di lì (1h e 26 min), per venir terrorizzati dalla ragazza posseduta che, in primo piano, ci fa la boccaccia. Suvvia, che sono queste scemenze?

L’esorcista ha agito a livello subliminale sui nostri antichi retaggi, sulle nostre credenze popolari.

Si chiama, in gergo cinematografico, lapalissiano meccanismo della paura e della suspense.

Presenze misteriose che ci sono, non si vedono, si colgono, aleggiano al buio e penetrano le coscienze di una massa addormentata e superstiziosa.

Totale oscurantismo (dis)umano di una società tanto tecnologicamente moderna quanto arretrata di mentalità. Inestirpabile nelle sue vetuste, superate convinzioni terribilmente maligne. Sepolte dietro il perbenismo più ripugnante.

Proverbiale umanità che crede ancora nei proverbi e nei detti medioevalistici.

Sospettosa, malevola, diffidente.

Prefazione scherzosa

Ne sono convinto. Posso mettere la mano sul fuoco. E non quello del demonio.

Non indemoniatevi per questa mia uscita. Non è fuori luogo. Non scaldatevi, non demonizzatemi.

Io so esorcizzare le sopravvalutazioni e liberarvi dai dogmi troppo religiosi del Ver(b)o cinematografico dato per assoluto.

Che Dio vi benedica.

Non bestemmiatemi contro.

Su, dai, non fate i preti.

Non siate blasfemi.

Altrimenti, chiamo James Woods di Vampires.

 

Analisi seria e sincera del mio punto di vista, anche goliardica e piccantella

Amici, so che questo mio video vi ha davvero fatto infervorare. Basta leggere i commenti che mi son piovuti addosso su Facebook e sul mio canale YouTube. Li apprezzo tantissimo! Ah ah!

Alcuni, avendo io filtrato i commenti, ho dovuto rimuoverli perché paurosamente offensivi. Meglio dunque seppellirli, subito.

Comunque vi ringrazio. A parte qualche malintenzionato, la discussione si è mantenuta su toni estremamente educati e rispettosi delle idee altrui. Questa si chiama democrazia e armoniosa, bella conversazione giocosa.

Ora, sapete che, a prescindere da una sua seriosità alle volte altezzosa e leziosa, stimo Mereghetti. Perché, sì, spesso si fissa aprioristicamente su alcuni autori per pura antipatia personale. Ed è irremovibile sui suoi lapidari giudizi. Onestamente eccessivi e troppo severi.

Poi, in tempi oramai perduti nel tempo stesso, io mi son approcciato alla Critica, partendo dal suo Dizionario. Ghezzi e altra roba son venuti dopo. Dunque, al Paolo va il mio sentito ringraziamento. È stato il mio insegnante delle elementari cinematografiche. Come diceva il mio professore di Tecnica, degli “alimentari”.

Sì, Paolo non è il primo venuto. Nei suoi video (peraltro ora è invecchiato e, come tale, ha perso qualche colpo) è spesso sin troppo sussiegoso e artefatto. Ma d’altronde non è un attore, pare tutt’ora che sia imbarazzato nel filmarsi. E allora, intimidito dalla videocamera, assume atteggiamenti, come dico io, insostenibilmente borghesi. Composti e fastidiosi. Che volete farci? Dobbiamo criticare un critico perché non è Jim Carrey?

Ma dovreste continuare a leggerlo sul Corriere della Sera ove, al di là di qualche inevitabile refuso e strafalcione, dovuto più che altro al fatto che il pezzo è da pubblicare immediatamente e non si è avuto il necessario tempo di revisionarlo e correggerlo, il signor Paolo è molto perspicace, semplice e diretto, forbito quel tanto che basta, appunto, per tenerlo in considerazione. Perché si fa chiaramente capire dai più competenti e comprendere dai profani. È quindi ammirabile.

Non è un conservatore ma conserva impeccabilmente un bon ton amabile.

Insomma, è molto più “cattivo” di quello che possa apparire. Basta leggere con attenzione alcune sue critiche inaspettatamente, giustamente elogiative di tutto un Cinema sottovalutato e snobbato dai benpensanti.

La sua idiosincrasia per von Trier è conclamata. Ma avrà i suoi motivi e non sono nessuno per contestarlo e confutare le sue tesi.

A proposito peraltro di tesi, il signor Paolo è laureato in Filosofia. Ciò non significa niente? Sì, la laurea è solamente un attestato che invero parcellizza soltanto un credito formativo. Ma non si può neanche dire che qualche libro non l’abbia letto.

Mereghetti ha scritto degli importanti e finissimi saggi su registi immensi.

Dunque, una certa cultura in materia, diciamo, ce l’avrà pure?

Sicuramente è più attendibile di tanti coglioni che parlano di Cinema e non saprebbero neppure dove iniziare per girare il video della Prima Comunione. O no? Sbaglio, forse?

Sì, oggi va di moda parlare di tutto e vendersi per du’ spiccioli, dicendo sempre inopportunamente capolavoro. Limitandosi a recitare roba fritta, ah, regia strepitosa, attori mostruosi, da Oscar, sceneggiatura perfetta, fotografia meravigliosa e altre banalità a buon mercato.

No, non transigo. L’esorcista, ribadisco, non è un capolavoro.

Non so se io sia ateo (a chi dobbiamo domandarlo?), di certo son agnostico. Più che altro sono un tipo ostico, anche rustico.

E ancora rammemoro quel me un po’ disgraziato che si contorceva, timorato di Dio, a recitare il Rosario, pensandosi peccaminoso anche solo se desideravo la donna ignuda de L’esorciccio. Ah, gambe da favola… roba da farti gridare alla Lino Banfi… Madonna dell’Incoroneta! Ah ah.

Didi Perego? No, non facciamo confusione con la campionessa dei quadricipiti, Paola Perego.

Barbara Nascimben? Sicuramente è nata benissimo. È lei? IMDb riporta Nascimben, Wikipedia Nascimbene.

Per IMDb, Banfi è Abbate, per Wikipedia Abate.

Eh sì, anche Ramona Dell’Abate era una da “giochi senza frontiere”. Spudorata, quasi scostumata fosti! Ah ah!

Insomma, chi interpretava la posseduta che io volevo possedere? E che sedere!

Come si chiama(va) questa qui? Ancora campa? No, è morta l’anno scorso, era l’ex di Massimo Ranieri. Sì, ora facciamo un “approfondimento”.

Quindi, L’esorcista è un film che fa ridere i polli se siete atei. Perché, non essendo a livello inconscio, condizionati e suggestionati dal diavolo, ovviamente molte scene vi parranno ridicole. Riviste oggi, assolutamente imbarazzanti.

Ma non è questo il motivo.

Poi, Pazuzu che nome è?

Come dire, vai a Napoli, sotto al Vesuvio, entri in una di queste locande partenopee, in un’osteria-paninoteca ove si abbrustoliscono pietanze farcite, ti siedi e:

– Signore, che vuole che le porti?

– Mah, mi dia questo. Voglio assaggiare. Non l’ho mai sentito. Quali sono gli ingredienti di tale PAZUZU?

– Ah signore. Si fidi. Gli ingredienti non posso rivelarglieli. È una specialità della casa. Poi mi dirà.

 

Finisci di mangiare questo Pazuzu, torna il cameriere:

– Vuole il conto?

– No, è lei che mi deve rendere conto. Dico. Ce ne rendiamo conto? Questo panzerotto, no, Pazuzu, mi ha divorato lo stomaco. Devo al più presto vomitarlo. Veramente, roba da mal di stomaco. Ma che voleva fare? Avvelenarmi?

 

Insomma, L’esorcista è un film che funziona perché, se lo vedi da solo quando sei piccolo, può lasciarti traumatizzato, scioccato come un film per adulti.

A una certa età, dimostra appunto tutta la sua età. È datato. Ha delle atmosfere, soprattutto all’inizio, da brividi, fa paura anche se lo guardi adesso, in realtà.

Ma gioca, appunto, su molte paure ataviche di ogni uomo. La paura di Satana, del babau, del mostro dentro ognuno di noi. Cinematograficamente è assai scarso, addirittura dozzinale.

Tutta la parte centrale è effettistica, esagerata e, ripeto, farsesca.

Nightmare? Stesso discorso. Freddy Krueger è il diavolo bruciato…

Ed è troppo esplicito, vomitevole, da voltastomaco quando il truccatore concia la povera Linda, lordata dal maligno, quindi non più lindissima, e la fa gridare, appunto, come un’indemoniata.

Più che provocare ribrezzo, sembra una di quelle ragazze nerd e dark che, ad Halloween, si lasciano andare ai loro peggiori istinti perché in famiglia hanno subito un’educazione troppo cattolica e quindi, una volta sole in compagnia delle loro amichette, assieme a loro si dà alla pazza gioia vulcanica, liberandosi da ogni repressione contenitiva, ricattatoria, superando ogni turbamento “schizofrenico” e dannandosi istericamente senza freni.

Mettendo in croce chiunque.

 

Sì, L’esorcista è un bel film. Non scherziamo sui mostri sacri, no? Ma non è un capolavoro.

I veri capolavori sottilmente perturbanti di Friedkin sono solo tre: CrusingIl braccio violento della leggeVivere e morire a Los Angeles.

Mah. Che posso dirvi?

Sono un angelo. A volte mi stupisco delle mie genialate diaboliche. Miracolistiche.

Cosa potete farmi? Volete che chieda perdono per essere una persona vera e giustamente cinica?

E un critico che non fa il moralizzatore?

Se volete questo, ok. Però poi non ditemi che dovevo essere più “cruel”.

Di mio, essenzialmente sono una persona molto buona. Mangio anche lo Strudel. Può capitare però che mi possiate trovare un giorno con la luna di traverso. Quando ho un diavolo per capello.

E dovrete penare parecchio per rabbonirmi.

Ma questo fa parte dell’essere umano.

È giusto che lo capiate. L’importante è non farsi mangiare vivi dai demoni interiori.

Dunque, morale della favola, nera o bianca che sia:

se volete continuare a credere a Dio, no, che L’esorcista sia/è un capolavoro, ciò urla vendetta a Cristo e state spudoratamente parlando da miscredenti del Cinema più alto e bergmaniano. Max von Sydow docet.

A proposito, in un film (perdonatemi se non mi ricordo quale), chiedono a Lino Banfi quali siano i suoi attori preferiti. No, non sto scherzando, è vero.

E lui risponde a bruciapelo: Edwige Fenech e MAX von SYDOW.

Un grande, Lino. Linuzzo! La Fenech perché ha recitato, si fa per dire, in molti filmettini con lei e perché, senz’ombra di dubbio, come donna arrapante che può scatenare la nostra parte satanica, non si discuteva. La patata bollente… eh, la Madonna! Un capolavoro di sensualità da donna demoniaca, oserei dire. Ah ah.

La Fenech poi è diventata produttrice de Il mercante di Venezia con Al Pacino. L’avvocato del diavolo!

Max von Sydow perché è un grandissimo.

Se volete dire che è meglio sputare tutta la verità subito prima che il vostro malessere possa condurvi al suicidio, avete ragione.

Meglio espellere il male quando siete ancora in tempo. Altrimenti poi la vostra vita sarà un salario della paura.

Poco salariata, molto salata, bestemmierete da mattina a sera e assisteremo a uno spettacolo immondo. Ah, assistenza sociale!

Mi cadrete in manie religiose per aggrapparvi a qualcosa.

Abbiate fede. Dico la veritas.

Cari Cicciobelli, Ciccio Ingrassia, no, ciccini, io vi esorcizzo.

 

Se infine voleste dirmi che gli enfant prodige hanno sempre spaventato a morte ed era più facile demonizzarli, questo è un problema della vostra coscienza.

Sì, credo che sia proprio così, sapete? Quando sei più adulto degli adulti e ti gridano “mostro” perché è “normale” credere alle schizofrenie, ai miracoli, alle possessioni e alle puttanate varie.

Si chiama falso puritanesimo, al bigottismo più popolaresco e pecoreccio.

Non ci sono altre versioni. Tranne il mio director’s cut.

Parola di William Friedkin?

No, semplicemente di uno che la vede come lui sebbene ritenga L’esorcista un ottimo film ma nulla di più.

Buonanotte.

Quello che posso dire, in totale franchezza, è che Friedkin è un grande. Non solo lui, però.

D’altra parte, solo un genio può fare una cosa del genere.

Gli altri non ci arriveranno mai, poveri cristi.

 

Anni settanta

Ieri, Federico Frusciante ha inserito questo video sul suo canale.

Ove discute, assieme a due suoi amici, di Musica e di seventies.

Mi permetto, così come peraltro già fatto nei miei commenti sotto al video, di puntualizzare.

Potrebbe essere anche, in modo generalista, vero che il Cinema degli anni settanta fosse superiore a quello di oggi.

Non credo sia così. La questione è molto più complessa e se ne potrebbe discutere tutta la vita.

I grandi registi, i grandi artisti esistono eccome. Anzi, oggi più di ieri.

Il livello medio d’istruzione si è alzato esponenzialmente, i giovani sono pieni di risorse che nemmeno potreste immaginare.

È il sistema che è cambiato.

Un tempo, parliamo appunto di quel periodo, la società… e non solo quella statunitense… si trovava in piena contestazione ideologica, sessuale.

La cosiddetta rabbia giovane era a mille, chiunque sentiva dentro di sé il bisogno di esprimersi, di liberarsi dal “demonio”, di sputare tutta la verità.

Era una necessità dell’animo buttare fuori tutto quello che in maniera sacrosanta andava sviscerato.

Ecco allora film come Quel pomeriggio di un giorno da cani. Sulla crisi lavorativa, sull’ira, sul disagio di tante gente disperata.

Un film che sarebbe da mostrare a Salvini quando se ne salta con le sue uscite fasciste davvero terrorizzanti.

Un cinéma vérité.

Forte, rabbioso, pugnace.

In una parola coraggioso.

Oggi invece chi ha più bisogno di denunciare il marcio, di ribellarsi, di essere sfrontatamente, appunto, vero?

Tutto è stato appiattito dall’omertà dolciastra, dalla retorica, da Instagram e da qualche canzonetta “amorosa”.

 

Ecco allora che qualcuno mi dà dell’esaltato, dello sfigato. E mi chiede:

– Sì, ma tu che fai per cambiare le cose?

 

E rispondo: – Anche troppo.

 

E presto vedrete un bellissimo cortometraggio girato con un mio amico.

di Stefano Falotico

Il Mereghetti 2014, stelletta vuota della sua testa da riempir di pallini! Oh caruccio, cariatide Paolino!


24 Dec

 

Il Mereghetti 2014 “dimezza” Friedkin e Killer Joe: io lo distruggo! Io ti brucio!

Il Falotico e la sua “banda”… di cinefili, per Natale, han assediato Paolo Mereghetti, bruciando il suo nuovo “Dizionario”, partorente stroncature e critiche della mutua

Ebbene, raccolgo i miei prediletti, agli ordini del mio imperatorio voler mai “disciplinato” perché dell’accademismo ce ne freghiamo “in tribuna(le”), platea(l)-mente in curva di chi s’emoziona di Cinema e non ne parla da trombone per irretir i lettori nel pigliarli a balle e “stellette”. Mereghetti, sì, crede che tutti gli spettatori sian degli imbecilli sfigati solo da bollette e che considerino quindi la Settima Arte come mero intrattenimento da “ignoranti?”. Lunga bruciatura alla sua (pres)unzione, raschiatelo di “mani pulite”, ed evirate Paolo da tal scellerato credersi al di sopra della Legge uman(istic)a!

Paolo è un giudice troppo frettoloso e (D)io gli sarò, assieme a voi, punitore biblico!

Spedendolo nella fossa dei leoni, riducendolo come Boldi di Fratelli d’Italia.

Perché merita solo che gli faccian il popò da faccione del cinepanettone vivente ch’è.

Mereghetti è latta e merce avariata, buon ad allattar da fottuto imbonitore perché al “Corriere” lavora da giovane raccomandazione dilatatasi su pesanti pagine noiose del suo pessimo, pedante stile eppur “rilegato” di finitura tanto sottile ché, a sfogliar il suo “manuale”, a mo’ di “breviario” (s)granato, si strappan i fogli. Per fortuna, sia lodato l’editore! Ci ha avvantaggiati nell’opera di distruzione!

Dell’ultima stagione, anzi delle ultime che giudica appunto da “ultimi” filmetti, stronca pressoché tutto. Salvando solo un paio di capolavori che, invece, non lo sono.

Hugo Cabret non è da 4 stellette. Sì, è un meraviglioso omaggio al Cinema ma non possiamo ritenerlo “assoluto”. E io, Mereghetti, non l’assolvo per tale esagerazione così come proporzionalmente annienta film anche maggiori nello sminuirli con sua “cura” delle minchi(at)e.

Lei è il minuscolo! Cucitegli la bocca “al massimo”.

Fategli il culo! Cazzo, inculatelo!

A Killer Joe “lei” egregio appioppa due stellettine? E a Il lato positivo una e mezza?

Non capisci un cazzo! Ma non solo di Cinema! Pisciategli in faccia!

Della vita, vecchio barbogio delinquente, ha frainteso il senso. Sì, lei è il più grande criminale italiano, peggio di Vallanzasca! Perché sta manipolando anche le giovini coscienze sul suo “fronte-retro” di fotina ammiccante eppur furbetta. Lei è demagogia, lei celebra solo i soldi della sua auto-elettasi agiografia del “bel” a suoi pareri (in)discutibili ma a me lei non piace.

Lei è una merda!

Così è, stia zitto e impallidisca! E ora accerchiatelo di pallino vuoto e poi gettatelo in pasto al trash…

 

Ira! Vot(at)i al rivoltare! Avanti, di balestre e rivolte, di archi e frecce a scagliare, spaccarli e non scagionarli!

 

Ora, arriva la bufera, il freddo nelle ossa dopo la “scossa” di ustione, l’allargar il discorso all’umanità totale da disintegrare, bruciare, invertire a comando della nostra alterità ché, se siam naufraghi, è colpa della loro generazione di borghesi col tè in mano e pantofole al posto dei neuroni.

Come si è permesso, “lei”, borghesuccio “adulto” con due grammi a dir “pene” di cervello e uno striminzito uccellino a far del malaugurio il suo “insindacabile” verdetto?

Le poteva andar bene coi beoti che si bevon belanti ogni pastorizzarli, con me no, ché son berretto verde anche di rabbia. Io sono il lupo!

Lei s’è “diplomato” alla scuola tradizionalista dei luoghi comuni, della strategia di marketing più bieca e criminosa, e io (in)giustamente la punirò, asserragliando la sua casa, dilatandole le pupille a “manierismo” di Arancia meccanica! Apra gli occhi e nessun collirio. Da me, solo un collare a strangolarla con la sua stessa “calma”.

Ecco il piombo e il suo “aplomb”. Il suo dolore si sta acuendo in un “plof” acutissimo in mio spinger acuminante ma con souplesse, caro “professore” dei nostri italici stivaletti da donnette con le tettine rifatte e di ragazzotte che succhiano i “brufoli” dei cazzoncelli coglionazzi, pettegolanti altrui!

Lei ha un modo di vender(si)a me assai infastidente!

E si pulisca i denti prima di farsi fotografare in “primo piano”. Stia a posto sulla “mensola” del suo urlante ponte gengivale. Ecco la “biblioteca” di fancularla nel polverizzar il “povero”, invero ricchissimo Paolo. Non esibisca questo sorrisetto da Paperino, oh oh “nostro” Paolino.

Lei s’è inventato la furbizia, altro che leccate alla Steven Soderbergh, per accaparrarsi i “voti” di tutti e tutte. E io non la rispetto. Ha perso ancor più capelli dall’ultima “posa”, io la spettino lo stesso.

Non ha dotato il suo “Dizionario” di CDROM per non farsi masterizzare e ha da ridire anche su The Master! Ecco il mio Mastro Lindo, oh mio ipocrita “pulito”.

Conosco la sua tattica. Si spaccia per “critico” di tatto, invero è un ratto (s)porco come il debito dei piatti da lavare! Io la st(r)ucco! Io la luciderò finché vedrà “co(s)m(et)ico” il suo volto allo specchio nello spaccarsi in mille pezzi del suo (pu)pazzo.

Solo cartaceo, eh? Così, se qualche cinefilo è curioso, è “obbligato” a comprarselo!

Lurido figlio di puttana! Farabutt(an)o(ne).

Questa è l’ultima volta che da me riceverà soldi soltanto perché il commesso de La Feltrinelli non mi permette di fotocopiare le sue stronzate!

Ora, grugnisca da maiale, come gli “uomini” più schifosi che scopano i portafogli del prossimo ben disposto, e poi tiran fuori gli “artigli” della cassa tutta piena.

Come la sua panzona!

Sì, è anche ingrassato!

E tagliategli pure questo disgustoso doppio mento!

William Friedkin e Robert De Niro, la licantropia degli esorcisti demoniaci


05 Mar

Uomini, io vi ordino di comprarlo, altrimenti non siete tali, ma dementi!

Aizzate il Friedkin deniriano che è in voi, lo sento! Dovete sentirmi! 

Monnezze, ora basta! Toglietevi quegli sguardi da mozzarelle! Che sono questi prosciutti sugli occhietti?


Adocchiate questo, e annotatelo. La Notte!
Il licantropo!


CAPOLAVORO!

Prefazione di un Uomo oltre “Cristo”. Non è una bestemmia, è il Verbo!

Oltre i meccanismi della società “meccanica” e assonnata, io son il serpente-lucertola a sonagli, che suona la carica alle vostre batterie scariche

Lontano anni Luce, e più veloce dei fotoni, essendo fotogenico e contro ogni genetica umana, al di là del Tempo e viscere mie incandescenti. Sì, godo co-s-micamente, dinoccolato nel mio placido cammin stellato e, dall’Alto principesco, allatto la miseria umana, pattuendomene nell’immondizia quando mi va a genio a entrar in uno squallido Mondo che, violento e poco volenteroso al cambiamento, sol e senza Sole apporta modifiche di Meteo nel “precipitare” in zona burrascosa, fra burro(ni) e strapiombi dalla cui sommità sghignazzo col beneplacito della mia corrosiva ironia burlona, strappando l’applauso a scena aperta, squartando chi non merita il mio Siddharta altezzoso e insormontabile, che lacera i luoghi comuni e rafforza il suo eremitico spaziare fra le Dolomiti, le Alpi, le colline di donne magnifiche a cui “appioppo” il mio schizzarle a pois, tra rapido scroscio nelle cascate in cui le bagno, rivoli sanguigni da cui, che culi, me ne disseto con dissenato inumidire fra erbette e una roccia mia splendente, il solletico “casto” di margherite a sfogliar ogni Lei di mio primaveril piumaggio dentro la “coperta” riscaldata, un soffiarvi la tenerezza dell’epico concupir ogni femmina a mia entità divina e sovrannaturale. Be(l)andomene di tutto, coccolo un lupo e do le briciole alle cagnoline, alimentando le loro rabbie.
Poi, sgattaiolo da matto cavallo, “donandolo” da stallon nel cowboy che si rade “glabro” quando le farfalline mordon di succhiotti come neve dissolta sui prati fioriti della procace mia virtù a miele delle api. Esse, tutte, ne suggono il nettare prelibato e n’assaporano la levità ascetica che eppur lo “ascende”, fruendone in “sacrificio” d’offerte a me.

Sì, in tanti, testardi e appunto incagniti, inveirono bradi-bastardi affinché “affinassi” il grezzo mio pelo barbarico e, sebbene sia circondato di bamboline, non sono ancora, mi “s-piace” un manichino da Barbie.
Il mio “manico” sguaina e “sfodera” su grintosi “azzanni” e lascia il segno “bianco” a ogni Biancaneve, “deodorandolo” al g(i)usto “muschio” del mio montone.

Ah, azzannatevi in vanaglorie e falsi, fascisti orgogli. Voi, mentecatte frustrate che prima divoraste l’irripetibile, sacra giovinezza, prostrate in “adorazione” feticista al femminismo laido che anelò per “virilità” più golose, bambine viziate dai rancori inguaribili che ragionaste d’“adulte(re)” come se (non) possedeste le scrotali “sacche” ma sempre all’anello, non di Venere, bensì “veniale” e avvelenato, v’immolaste salvo poi odiarvi in pettegolezzi, ripicche e “impiccagioni” alle illusioni che voi stesse offuscaste, traviate ingenuamente dal “bervela tutta”.

Ora, Io vi guardo e v’ammonisco. Da donzelle eburnee a megere vecchie e acide, piene zeppe di risentimenti. E sparì il sentimento. Sparatevi!

E voi, che vi pensate “uomini” e “pensatori”, siete solo penosi nelle vostre lotte tribali a “vessillo” del “pene” più “amabile”. Mi schifate, mi rompeste da un pezzo, pezzenti!
Non cambio rotta, semmai, se proprio devo “ricredermi”, ti spacco la credenza e pure le “credenziali”.
Credimi, affiliati al mio Credo che gioisce a Petra, mai sgretola ma è argilla papale al plasmarmi mio decadente, “equatoriale” all’apice d’ogni saggezza e a ogni Santo che porta a me. Nichilista atroce, non indosso le vostre “croci(ate)”, amo quelle accavallate senza santini e“idoli” ma a cui scalzar gli stivali nel marchiar i tacchi muliebri nel mio magico “tocco”. Toc toc, ed Ella “apre” la porta del Piacere che si sorbisce snodata e inondata dal mio “lavaggio spirituale” a daino che saltella e dà, spiritato, delle “mille bolle blu” effervescenti di vera, essenz(i)a(an-ale) “abluzione”.

Perché un saggio, essendo saggissimo, su William Friedkin con connessioni a Robert De Niro, unico “neo” mancante alla sua filmografia intoccabile?


Ora(tori) che avete udito la voce di Dio, di suo figlio incarnato in vetta, svettantissima, a tutti e “sopra” a “tutte”, avrete compreso. Sì, le vostre orecchie han inteso, il vostro naso non lo so.
Sempre vi premunite del Lasonil, ominicchi da “ferite aperte”.

Tanta pomata ma poco, “scalmanato”, “lo spalmate”. Persi nello shampoo delle doppie punte che non “la” spuntano. Ah, la Donna è spugna. Schiumosa d’idromassaggio!
Ma vi spremete il cervellino e benedite le vostre fronti senza “aderirlo” alla “fonte”.

Sì, il Cinema di Friedkin è un figlio di puttana. Non vi serve consolazioni, vi sputa tutto l’orrore della putredine. Che vedete ma non denunciate, perché ne siete corrotti dietro “pulizie”.
E non si risparmia. Ne censurarono le orge “gay”, “sforbiciarono” d’offese per “ghigliottinarlo” alla radice.

Ma non sarà reciso. Sempre più deciso, come me. A farvi una lotta senza tregua.
A seppellire vive, ardendole, le certezze da fessi, le usanze, la “transumanza” ipocondriaca da solipsisti che vaneggia e vaga in cerca, poverella e “pecoroni-porconi”, da una comodità a un’altra sporcizia.

William Friedkin non mente, già era “spelacchiato” di stempiato a lavarvi le testoline.
Idioti!

A fracassarvi il cranio di colpi duri, di pallottole in mezzo agli occhi(aluti), pugni allo stomaco e un calcio lì in mezzo. Vi fa male! Vero? E allora William rincara la dose ché volevate sedarlo e segregarne il valore nell’omertà ipocrita! Vi sbudella, vi scarnisce, s’accanisce e non lo tieni fermo.

Il suo Cinema t’afferra per i “coglioncelli” e ti lancia per aria… il Mondo che avete “costruito”.
Manicheo, privo di sfumature, viscido, merdoso, purulento, senza lentezze ti mitraglia e non hai neppure l’attimo per ponderare. Che cazzo vuoi (ri)valutare? Tu, tu che non capisci neanche le “seghe”.

Chi avrà il coraggio, la temerarietà, la forza d’avventurarsi in quest’abissale mio breve ma importante viaggio, non ne sarà deluso.

Solo i delusi non vorranno leggerlo. E allora che si beccassero i ro-manzetti da “romanticoni” coi pasticcini e i rosticini. Arrostiteli!

William è come Gene Hackman, come Al Pacino, come Tommy Lee Jones.

Solo un tassello ai duri: Robert De Niro.

L’unico licantropo che è assente (in)giustificato della collezione.

Ripeto, leggetelo e capirete.

Sì, viviamo in un Mondo che fa ribrezzo e obbrobrio. Che oblio, che obitorio! Che sentor di morte!
E ci tengo a evidenziarlo, a stigmatizzarlo.

Adesso, vi narrerò una storia.

Una bella favolina.

Nel 1979 nacque un genio che decise, coscientemente, di disprezzare gli orridi suoi coetanei adolescenti perché, essendone superiore proprio per nascita, la sua mente e la sua anima non potevano e non dovevano omologarsi a tali maialetti.

Un “maledetto”.

Quindi s’isolò in modo parziale-scremante.

E visse di Cinema, poesia ed elevazione.

Ma gli ignoranti vollero che “tornasse indietro” secondo le loro logiche astruse, insane e stolte.
Eh sì, gli storpi. Perché ne invidiarono il sangue blu.

E lo attanagliarono, “accerchiarono” a scopo “propedeutico” che s’abbassasse, come i “comuni”, all’idiozia omologata ai lavoretti, ai cessi carnali e alle banalità “libidinose”.

Appena “forzarono”, riscattò l’energia imprevista, improvvisa, fulminea.

E piansero.

Perché un genio, se intaccato nella sua libertà, se assediato, diventa mille volte più Grande di prima.

Questo dà tremendo fastidio, turba le piccole, microscopiche coscienz(ios)e.

Ne prendo Atto, miei apostoli.

E rido da matti.

Al solito, v’ho fregato.

Al prossimo (non) complea-n-no vi regalerò il ciucciotto, bambocci.

Sono “cattivo” come William Friedkin e beffardo come De Niro.

Se non mi sopportate, “tagliate” la mia versione “integrale”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. L’esorcista (1973)
  2. Il braccio violento della legge (1971)
  3. Cruising (1980)
  4. Jade (1995)
  5. Killer Joe (2011)
  6. Taxi Driver (1976)
  7. Ronin (1998)

“Cruising” – Recensione


13 Oct

 

Cruising

Notte nerissima e molto “ambigua”, l’angelo nel crocevia delle morti “infernali”

 

Tempo di celebrazioni, mai tardive e mai sgradite, quando si va a parare su William Friedkin, oggi sui nostri schermi con l’amatissimo Killer Joe, una pellicola “sporca” di “platinata modernità” violenta e furiosa, acida dark comedy “innestata” su una performance “spaventosa”, nel senso letterale e nel “centro del bersaglio” d’un McConaughey nel suo cavaliere, troppo pallido e fisicamente perfetto, “liftato” e calibratissimo da pistolero senza regole, per non destar “stupori” e dubbi “esterrefatti” che presto “squillerà” l’imprevista mossa falsa di qualcuno a (non) cantare.

A incatenarsi d’autoimbroglio e servito “piatto freddo” su edematosa, livida, “rinforzata” e “riturgidissima”, “liturgica” e godibilissima vendicativa “protuberanza” nell’estensione cinefila da bad lieutenant, da cattivo lupo tradito da chi voleva “spelacchiarlo” e spillargli l’“incasso”.


Un ritorno in grande stile per il “clandestino” Friedkin, a cui troppe volte Hollywood derubò un talento unico destinato a più prolifica e proficua produzione. Ma forse, forse è meglio così.
Almeno, scevro da condizionamenti e (r)accordi produttivi di “commissioni”, William gira quel che gli “spara”.

 

Chi si sarebbe aspettato questo Cruising dopo The French Connection? Popeye era un bastardo, ma la detection di questo Pacino è proprio Burn(s).
Il regista de L’esorcista qui scende proprio nelle cavità insondabili di Satana, ove il “maestro” s’annida di sospetti insospettabili, di “piatti” silenzi, di rumore negli occhi “suadenti”, sibillini di “seduzioni” molto pericolose.

Si gioca tutto, anche il “culo” Friedkin, appunto. E decide d’ambientare la sua macabra, “scarna” storia nei “candelabri” del “peccato”, fra i gay borchiati, sudati, “pervertiti”, che ballan nel loro “village people” di “smile” che “assopisce”, dietro tanti volti “carini”, il mostro.
Sì, c’è già una prima ragione per considerare questo film importante, al di là dei meriti che ognuno vorrà attribuirgli. Si tratta della prima opera, da che ne ho memoria, sul serial killer, prim’ancora di Manhunter di Mann, dei capitoli “lecteriani” di Hannibal/Hopkins e inevitabili epigoni.

Per di più “macerato” ove l’America puritana si tace(va). Il “losco” sottobosco delle sessualità “diverse”.

Steve Burns, un Pacino Serpico solo di più muscoli di “aguzzo ingegno”, più “corruttibile”, meno integro di come vorrebbe apparire nelle prime scene, “marine” e “pacate” su foto agli “obitori” delle ossa maciullate nel “trasecolare” però già in guardia su “pelle” lurida, “irta” nell’“ostia” black dei suoi capelli scuri intonati al buio delle sue iridi. “Trascolorendo”, già trasloca se stesso da emaciato-marcio anche quando solo, solissimo, solleverà il “bilanciere” del suo specchio “traditore”, subito “bugiardo”, lì “penetrato”.

Film tagliato, censurato, semi bloccato, “invisibile” nell’edizione “intera”, anche perché non sarà mai distribuita. Sbattuto chissà dove, mai visto, inviso. Quella “completa”, con tutti gli “extra” nascosti, la tiene “cara” Friedkin in cassaforte. E ha promesso che nessuno, in effetti, la vedrà.
Il mistero “brulica” di più sul maledetto, quasi uno snuff movie.

Hardcore o strategia?
Credo alle onestà intellettuali dei grandi cineasti.
E, dovessi scalare l’Everest, me ne impossesserò, regalandola da “Babbo Natale” a tutti i “cattivi”.
Che amano le cose belle.

 

(Stefano Falotico)

Killer Joe… Gli psicopatici moderni – Ritratto al vetriolo d’una nuova “genetica” invadente


11 Oct

Mi chiamano Joe, il “killer” degli assassini

Il celeberrimo “tacchimetro, “strumento” con cui le donne misurano le “proporzioni” e gli uomini invece “livellano” i porco-metri” 

Passerà alla Storia come una contemporaneità oscurantista, d’una “memorabile”, “indelebilissima” society a base di sfottò e “Fotti me che io fotto te” su balli di sceme, insipienti ragazzine con le ballerine e balenotteri, nelle loro notti di balle, balsamiche come un balzano “presentimento” che una “vaga” vendetta accadrà.
A corda tesa, prima o poi si spezza, e il malfattore, tutto lì a “farsi”, sempre affaccendato dalle sue facezie e dal suo “screzio”, “scherzoso” sarà appeso al palo.
Per le palle o per le “bolle di sapone?”.

Ecco, “brutte”, orrende, “punitive” storie indignitose alle dignità messe “sottosopra” e “sotterrate” nel “silenzio” omertoso ove qualcuno bisbiglia, apre bocca e poi “stappa la bottiglia”.
Ma la festa non ha previsto uno “strano” ritorno, “dolcissimo” quasi quanto la cautela di come certa gentaglia interferì, non poco, anzi sporchissima d’attacchi ferali.
Nelle gozzoviglie per imbrigliare le coscienze e gustarsi le “cosciotte” di “pollo“.

Allora, capita che una persona venga “rivestita” di esser “speciale”, e a cui s’affidano ingrati “compiti” da “lavoretti duri”.
Poi, la tal persona, scopre che le stesse persone, che si finsero “fedelissimi amici”, altri non sono che quelli che modificarono i “profili”, non solo in Internet, per “allegre” risate (in)discrete.
Possiamo chiamarli i delinquenti della peggior specie?
Direi di sì.

Altstop con le violenze!
Che il maniaco confessi!

Le cattiverie, appunto, durarono per indebolire, di “cotti” e crude, mentre il loro prosciuttesco “godersela” mangiava, lavandose le mani.

Quando l’atrocità fu scoperta, reazioni incontrollabili avvennero, ma era meglio perpetrare le bugie piuttosto che costituirsi.
Meglio fregar anche la “costituzione”, minuscola da microbi, anziché confessare la vergogna.

Io mi chiedo. Come si fa a frequentare una persona per anni, poi scaricarla, non solo come se non fosse mai esistita, ma insistendo di “divertimento”, “sadicissimo”, per “demolirla”, abbattendo invero solo se stessi e le proprie porcate?

L’agenzia investigativa “rintraccia”. Loro non lasciarono “tracce” del “delitto”, ma il “morto” è più vivo che mai.
E l’inculata sarà alla fellatio falotica.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Vivere e morire a Los Angeles (1985)
  2. The Hunted – La preda (2003)
  3. Killer Joe (2011)


“Killer “Joe”… arriva


07 Oct

 

Non perdetelo…

   Splendido Matthew.

“Killer Joe”, il Trailer & il Poster


09 May

 

 

Oppresso dai debiti, contratti con i suoi fornitori di droga e che mettono in pericolo la sua stessa vita, il giovane Chris (Emile Hirsch) decide di approfittare delle precarie condizioni di salute dell’insopportabile e mostruosa madre — responsabile della sparizione di una scorta di sostanze stupefacenti — e di intascare il cospicuo premio che l’assicurazione pagherebbe in caso di morte della donna. E così, in combutta con l’intera famiglia, ne pianifica il diabolico omicidio e, per portarlo a termine, ingaggia Joe Cooper (Matthew McConaughey), un poliziotto che su commissione si trasforma in spietato assassino, con alle spalle una scia di numerosi delitti. Per portare a termine la missione, Joe chiede però i favori della sorella minore di Chris (Juno Temple), nell’attesa che arrivino i soldi necessari per pagare il suo onorario.

 

 

(Stefano Falotico)

Killer dell’anima, “Killer Joe”, recensione


11 Jan

 

In attesa dei Golden Globe e degli Oscar, rinverdiamo i fasti del Festival di Venezia, a Settembre, trascorso.
Ci par quasi, un secolo fa.

 

T(u)oni nella Notte

Vivida è l’essenza quando, magmatica, circuisce le vite con cadenza ossessiva, piangendo nelle sue dolenze fredde, scorporata dal Mondo per assaggiarne lembi ch’evocan, sottili, pacati “brutti” sogni pronti a deflagrarsi in un boato, in un impeto lancinante d’esplosione grottesca, e arpionan donne di demoniaca, volgar apparenza, premendo sulle proprie ferite, strappando il velo dietro una “lambiccata plastica”.

Qui, in questo posto desolato di “fatiscenza” profondamente americana, vige l’“arma” della violenza, che grida racchiusa dietro occhi d’una ragazzina vergine che non ha ancor assaporato i madidi piaceri della carne e il Dio-Sesso, sfuggendo, in fantasmatiche danze di mattini lievi, nel suo, appunto, danzarle con garbata leggiadria d’una purezza che, repentina, s’estinguerà nella “perversione” libidinosa di un “intoccabile” poliziotto dall’anima sgualcita come un night “umido” di lucciole selvagge per stanchi cowboy con le iridi bagnate da “sporchi” tepori.

È l’America glacialmente luciferina di Friedkin, dei suoi dannati intinti nelle loro palpebre, della sua Notte imperiosa che sonnecchia e poi urla fragile, in urla scagliate giù dal Cielo, a “maledirci”.

Tuoni ammutoliti per pacate vite “dormienti” di poveri Cristi, assopiti sempre in spicciole vanità da mendicanti senza “decoro”, una Notte che, flebile, s’increspa nel suo abissale buio d’“arrugginita” porpora, sangue ossidato dietro Sguardi d’ebetudine “immota”, persi nel loro smarrimento, attraccati, per “sfortunata dinastia”, a “utopie” omicide per sbarcar il lunario con un “grande” colpo, o di troppe Lune intiepidite prima di ulularle.

C’è sempre il rischio della maniera programmatica e del coolpulp troppo “facile”, come qualcuno, forse sbrigativamente, ha “asserito” nelle sue poche “stellette”.

McConaughey, Joe Cooper, “ignoto” killer che dovrebbe tutelare l’ordine e, invece, con sadica ferocia, squarcia anche se stesso, mordendo inganni & menzogne con leguleio istinto da tartufo, con denti “aguzzi” da indomabile bestia affamata.

Da cane “ucciso” nella sua furia e nei suoi appetiti, che “sevizia” con “dolce apprensione” le oniriche coscienze ancor sfumate e, di friabil “torbido”, su adolescenze “strane” che, ancor, baciano l’“ode” cangiante delle spensierate emozioni nel vento.

McConaughey, pallido “modello” per colpi di fulmine d’abbronzatura erotica.

McConaughey, solitario sicario assoldato da una piccola “mafietta” d’una famiglia che s’“arrangia” e vivacchia, muscolare levigatezza d’un machismo da copertina ch’è “cattivo tenente” e “angelo” vendicatore dei grandi peccati del Mondo.

Qualcuno, troppi o tutti, han mentito, “silenziando” la propria innocenza dietro impotenze da chi s’è rassegnato agli “imbrogli” quotidiani della vita, e n’è assuefatto senza neanche accenni di reazione.

Tanti bang improvvisi, detonati da chi è già “morta” o rinata nel parto d’una nuova creatura, nelle tonanti “melodie” di queste notti immerse nell’eterna oscurità.

 

 

(Stefano Falotico)

 

 

 

 

 

 

 

Genius-Pop

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