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La linea mor(t)ale fra essere un grande attore del futuro e rimanere invece un insulso Kiefer Sutherland da strapazzo


27 Dec

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Insomma, è uscito questo “remake” di Linea mortale. L’originale, targato Joel Schumacher, alla sua uscita ebbe un discreto seguito, incassò abbastanza e divenne quasi un cult per quella generazione sbandata e sbadata degli anni novanta, periodo quanto mai confuso, un periodo di pasticciacci e veri e propri pastiche, in cui soltanto la filosofia pulp “propugnata” e così vivacemente esposta da Tarantino divenne qualcosa di veramente valido e da prendere in seria considerazione. In quel periodo, lasciando stare i grandi autori che si erano già affermati tempo addietro, venivamo, ahinoi, invasi e sommersi da obbrobri e ibridi fantascientifico-filosofeggianti come Flatliners. Un film che, a dire il vero, presentava anche delle piacevoli e intriganti suggestioni, ma il cui impianto decisamente commerciale e di facile presa giovanile non ha certo giovato nel conferirgli una statura, potremmo dire, contegnosa. Un film barcollante, indeciso se essere una farsa, un dramma o anche una commedia-horror. “Sostenuto” peraltro maldestramente da una sfilza di giovani “quasi” divi alquanto antipatici, fra cui spiccava l’osannata Julia Roberts, già con la sua enorme bocca da cavalla, e quell’altro stoccafisso indisponente del Bacon Kevin, ma soprattutto “giganteggiava” d’insopportabilità quel “reietto” figlio di cotanto padre, il Kiefer Sutherland, appunto, uno che pare che con le sue smorfie da ex “paninaro” e bullo di Ragazzi perduti (sempre dello Schumacher) sia riuscito a conquistare, nella vita privata, donne molto piacenti, la stessa Roberts e Angelina Jolie, quando era ancora un bijou, e non si era intellettualizzata nella sua attuale “mise” da androgina-anoressica con pose da depressa radicalchic. Sì, costui… il Sutherland, al di là di alcuni ruoli anche onestamente di rilievo, ha sempre personalmente simbolizzato il prototipo dell’incapace raccomandato, l’incarnazione merdosa del fanatico-montato dal visino da stronzo esaltatissimo, l’emblema personificato dell’apogeo della deficienza. Ma pare che ancora “campi”, arrangiandosi con filmetti in cui espone la sua faccia da culo, senza incorrere in denunce di oltraggio al pudore dell’intelligenza.

Sì, quando “venne fuori”, alcuni pensarono che davvero sarebbe diventato qualcuno. Io capii fin dapprincipio che ci trovavamo di fronte a un in(s)etto di livello co(s)mico. E, al di là, di von Trier, non mi sbagliavo. D’altronde, “soffro” del dono della preveggenza, essendo uomo morale ben conscio di essere mortale, dunque molto obiettivo e lucido, realisticamente oggettivo, sono uno che non si fa incantare, neanche incarnare, dalle chiacchiere, dalle mode giovanilistiche, dalle tendenze e dai volti “cool”…

Da molti vengo preso per un coglione universale, da altri per un genio maudit che “spaventa” appunto per la sua capacità introspettiva, potrei dire psico-precognitiva. Riesco sempre a indovinare il futuro degli altri, anche se sono molto indeciso su come io voglia vivere il presente, e rimugino sul passato, rendendomi remoto nell’anteriorità di sapere che, a “posteriori”, per il sedere nessuno più mi piglierà e, da me, imparerà a usare con dovizia i congiuntivi giusti del suo essere un uomo dal destino su cui il condizionale è d’obbligo. Ah ah. Il faceto fat(u)o…

Ecco, su Facebook si è scatenata una discussione su chi potrà essere il più grande attore degli anni a venire. Oh, l’Avvenire… e non mi riferisco all’omonimo quotidiano “cattolico” italiano, ma agli avvenimenti che succederanno. E anche sugli/agli “avvenenti” che cinematograficamente potrebbero piacere.

Tra i futuri grandi, qualcuno inserisce Adam Driver. Ora, al di là del suo indubbio e cristallino talento, e di una certa bravura, anche se non esagerata, al di là del fatto che possa già vantare collaborazioni consistenti con autori pregiatissimi come Scorsese, Jarmusch, Baumbach e in futuro, appunto, Terry Gilliam (uno specializzato nelle profezie millenaristiche…), non possiede però l’allure da star. E quindi, al di là della vita… no, scusate, di poter imbeccare qualche ruolo clamoroso anche di appeal da Oscar, ha una faccia troppo particolare e poco da copertina per poter sfondare presso il grande pubblico. E sappiamo quanto, checché se ne dica, il successo e l’immediata riconoscibilità, siano comunque dei “valori” aggiunti. Basti pensare a Brad Pitt. Come già detto, e confermo questo pensiero senza batter ciglio, alla faccia delle sue folte sopracciglia, pur non essendo un mostro…, se non di bellezza, la sua fotogenia gli ha permesso di essere richiesto da registi importantissimi, che così potevano abbinare alla sua discreta recitazione, non perdendo molto in fatto di qualità, la prospettiva di poter guadagnarci molto, avendo appunto lui come protagonista…

Ma la questione facebookiana va a vertebre, no, vertere, su un giovanissimo “invertebrato”, tanto è magro e quasi rachitico. Ovvero, Timothéè Chalamet. Ah, i dolori del giovane Werther.

Quest’anno darà battaglia a Gary Oldman, con la sua interpretazione nel film di Guadagnino, ruolo che tanti plausi gli sta facendo guadagnare… E il prossimo anno lo vedremo nel nuovo Allen.

Prematuro poter affermare che ci troviamo di fronte all’erede, che ne so, di Daniel Day-Lewis, a cui l’accomuna una certa snellità e le movenze aristocratiche da elegante dandy, di certo è da tenere molto d’occhio. Perché è innatamente dotato di una notevole, ambigua espressività che gli permetterà di ottenere svariati e variegati ruoli. Un volto su cui si può scommettere facilmente.

Fatto sta che, sabato pomeriggio, potrete scommettere alla SNAI sulla serie A. Giocano gli anticipi perché Domenica è l’ultimo dell’anno.

A ognuno il futuro del suo allibratore cinese…

 

Vado a fumare una sigaretta. E ricordate: dopo la morte, ci fu la vita. Il resto è una favoletta per consolare le disgrazie quotidiane.

 

 

 

di Stefano Falotico

 

 

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