Posts Tagged ‘Jonathan Pryce’

(D)io porz! Come dicono a Bulåggna, MIDNIGHT COWBOY, a RATSO preferii Jessica Rabbit o la/o Rizzo? E Pasqua?


29 Mar

The Academy of Motion Picture Arts and Sciences will present a new digital restoration of “Who Framed Roger Rabbit” in celebration of the film’s 25th anniversary on Thursday, April 4, at 7:30 p.m. at the Samuel Goldwyn Theater in Beverly Hills. Pictured: Roger Rabbit and Bob Hoskins in WHO FRAMED ROGER RABBIT, 1988.

The Academy of Motion Picture Arts and Sciences will present a new digital restoration of “Who Framed Roger Rabbit” in celebration of the film’s 25th anniversary on Thursday, April 4, at 7:30 p.m. at the Samuel Goldwyn Theater in Beverly Hills.
Pictured: Roger Rabbit and Bob Hoskins in WHO FRAMED ROGER RABBIT, 1988.

 

Purissima faloticata davvero ficcante! Il Falò spinge, eh eh. Ratso, alias Dustin Hoffman di Piccolo grande uomo (Little Big Man) o di Rain Man? No, quello del film citato, chiamato, nella versione italiana, Enrico.

0:01, inizio e son un cavallo pazzo, no, soltanto cavallerizzo. Oh oh.

5:00, chi è Monica Sweetheart? Lo dice il cognome, ah ah. 11:35! 13:57, Er Monnezza!

15:22.

17:31, ma quale Andrzej Żuławski. Meglio la sua ex, Sophie Marceau. Il tempo delle mele o delle pere? 18:38, Dan Peterson! Meglio Karla Kush o Kay Rush? Ah ah.

 

 

midnight cowboy voight hoffman

Un Falò (ri)esploso di rabbia pasoliniana delle più savie e vitalistiche per il Vangelo secondo San(t)o Stefano. Il Falò non è un vaticanista e neppur il sicario, no, vicario di Cristo e dei poveri cristi ma è soltanto uno squallido, no, squattrinato artista e temerario, metaforico equilibrista in un mondo ripieno di narcisisti e puttaneschi esibizionisti. Questa è la Veritas. Non ve ne sono altre. In Verbo, no, invero vi dico di andare in pece, sì, pace alla Lino Banfi e ricordate: salutatemi a sor(r)eta. Sì, tua sorella è una (finta) suora? Mah, ah ah. Il Falò sa. Non è il messia e, vivaddio, non crede a nessuna Chiesa. Così sia.

Un uomo che è lui stesso l’aldilà, cari baccalà!

 

di Stefano Falotico

Racconto parigino da Baci Perugina, servito a ogni bel cioccolatino dal cervello, anche qualcos’altro, davvero piccolino


01 Jun

serviillo 5 è il numero perfetto

 

Sì, nella mia vita ne vidi tante. Anzi, a dire il vero, non molte. Lo presi quasi sempre in quel posto come Jonathan Pryce di Ronin. Ma non mi hanno ancora lobotomizzato come lo stesso Pryce di Brazil.

Semmai, chissà, mi faranno Papa Bergoglio. Ah ah. I due papi…

Comunque, non ho da recriminare nulla. Nella mia vita, incontrai soltanto dei criminali.

Gentaglia della cosiddetta Bologna bene, cioè finti viveur che sanno solo bere, spacciandosi per intellettuali di questo paio di coglioni. Ah, invece non sono un paio. A loro piace coglionare tutti ma con me non funzionò ed è inutile che insistano con gli sfottò. Ho smesso da tempo di bermi le loro cazzate da quando vidi, per l’appunto, il film Ronin, ambientato perlopiù a Parigi. Con queste merde, le quali mi dissero di ascoltare solo La Mer, andai pure a Nizza, cazzo.

Scesi le scale, forse solo sociali, come De Niro nel suo incipit, ambientato in una zona limitrofa a Montmartre. All’inizio, De Niro/Sam sembra soltanto un martire ed è quasi identico al guappo Peppino Lo Cicero, alias Toni Servillo, di 5 è il numero perfetto. Esordio alla regia di Igort.

I cui primi graphic novel furono da lui disegnati per la rivista “Il pinguino”. No, non è Danny DeVito di Batman – Il ritorno. Vi garantisco che repelle e fa cagare molto di più, ah ah.

Non è nemmeno quello della De’Longhi. Comunque, vi ricordate della signora Longari?

Ahi, ahi, lei mi casca sull’uccello disse Mike Bongiorno. Ma che è Birdman? Ah ah.

Ritorniamo a questi giornaletti di Igor Tuveri. Uno a cui, comunque, avrei dato soltanto un lavoro come coltivatore di tartufi. A questi giornali del c… o collaborarono vari avanguardistici fumettisti più assurdi della fake news di qualche anno fa secondo cui a dirigere il film suddetto doveva esserci nientepopodimeno che Paolo Sorrentino e per la parte del protagonista fu contattato proprio Bob De Niro.

Ma chi mise e mette in giro questi falsi rumors? Secondo il sito Production Weekly, De Niro avrebbe dovuto anche affiancare Sean Penn in This Must Be the Place. Nel ruolo di Mordecai Midler, andato invece a Judd Hirsch.

Comunque, meglio così. Rivisto col senno di poi, a prescindere dall’ottimo makeup utilizzato per far sì che Penn assomigliasse a Joaquin Phoenix di JokerThis Must Be the Place è una cagata pazzesca. Quasi quanto La grande bellezza.

Ma che significa questo film, scusate? Per circa due ore, è un’ode alle anime diverse, agli uomini e alle donne affetti da alterità, agli ebrei, metaforicamente parlando, che non si attengono alle direttive nazifasciste imperanti nella violenta società odierna, improntata al culto del culo. Dunque, Cheyenne/Penn si vendica nei riguardi d’una sorta di Ralph Fiennes di Schindler’s List a cui, essendo quest’ultimo oramai più anziano di mio nonno morto circa vent’anni fa, cucina una vendetta che lo denuda, letteralmente parlando, di tutti i suoi orrori, servendogli una sevizie agghiacciante più d’un rigidissimo inverno siberiano, sideralmente assiderante.

Insomma, Sean glielo ficcò nel sedere. Ma, alla fine, dopo la sua vendetta da L’ultimo dei Mohicani, andò dal barbiere e si tagliò il bulbo da ex ribelle maudit simile a quel cazzone dei Cure. Come cazzo si chiama, pure? Campa ancora? Ah sì, ora mi sovviene, Robert Smith.

Mah, a Lullaby ho sempre preferito curare la mia insonnia, trascorrendo le notti a scorrermelo tutto su Amber Smith, ex playmate. La conoscete? Ora, è un po’ âgée e forse sarà sposata a uno più ipocrita di Massimo Giletti. Un borghese marcio che indossa il gilet e, ogni mattina, usa il dopobarba Gillette.

Ma posso garantirvi che Amber Smith, nei nineties, avrei messo a novanta. Statene sicuri. E lasciate stare, per piacere, le malinconie di Franco Battiato e La cura. Dio ce ne scampi!

Cercate un centro di gravità permanente e vi rivolgete a uno psichiatra che vi prescriverà farmaci inibenti la libido? Ma che siete dei furbi contrabbandieri macedoni della Dinastia dei Ming senza più min… a?

Va be’, dai, vi offro un piatto di macedonia. Tanto non sarete mai Alessandro Magno. Io non sono un magnaccia ma ad Amber Smith, in quella zona lì, avrei spalmato tutta la panna montata, leccandogliela a mo’ di fragola delicatamente piluccata.

Sì, sono Henry Chinaski, cioè Charles Bukowski, spesso sono il grande Lebowski, bevo pure del whisky oltre al White Russian e, ultimamente, non disprezzo neanche i dischi dei Bee Gees. Ho ancora un po’ di ernia al disco ma so ballare meglio di John Travolta de La febbre del sabato sera.

Ai Baci della Perugina, preferisco comunque il Crazy Horse. Ottimo locale parigino ove delle gran fighe muovono tutto il bacino sin ad arraparti più di Natasha McElhone e Katarina Witt. Ex campionessa di pattinaggio sul ghiaccio. Ah, con la Katarina che fu, non sarebbe bastato gelarsi le palle come De Niro di Toro scatenato dinanzi alla fatata Cathy Moriarty prima dell’incontro con la Femme Fatale di De Palma. No, prima de Il grande Match letale. Sì, è veramente brutto pure questo film. Più osceno e inguardabile degli ex sessantottini bolognesi che, non avendo combinato nulla di buono nella vita, se non recitare ai giovani delle manfrine per amareggiarli più di un caffettino Borbone senza zucchero, vogliono ancora farsi passare per adoratori delle migliori pièce teatrali del Moulin Rouge! Io li struccai ma mi diedero la patente di storpio da Henri Marie Raymond de Toulouse-Lautrec. Sono dei saltimbanchi, dei commedianti alla frutta, roba che Luigi Pirandello li smaschererebbe in tre secondi netti. Ah, scusate, persi Il Filo. Pubblicai anche dei libri con Albatros. Comunque, la vita è labirintica e Arianna fu sol una baldracca. È giustissimo che sia stata fottuta dal Minotauro, cioè un panzone peggiore del dottor Balanzone. Vale a dire un mentale minorato. Dicevo, scusate, pardon. Oh, miei padroni assai porcelloni e ladroni. Il finale del film succitato di Sorrentino fa schifo al cazzo. Sean Penn si normalizza e sua madre, ch’è matta, ritrova la normalità. Felice che suo figlio sia cambiato dall’essere stato Un sacco bello, infatti scopò Madonna, all’essere diventato un tronista della De Filippi.

Se per voi questo significa essere normali, preferisco farmi le seghe su Ludivine Sagnier di The New Pope. Che cazzo volete? Sono un costruttivista della vita e della (s)figa, in quanto totalmente fuori di testa come Picasso e dunque geniale artista che vive alla cazzo. A Wassily Kandisky, celeberrimo astrattista, preferisco la protagonista de L’uomo che guarda, cioè Katarina Vasilissa. Non fu male neanche Valérie Kaprisky. Scusate? Volete bruciarmi la casa perché sono come Colin Farrell di Miami Vice, cioè un futurista che ha pure il giubbotto di Drive?

Sì, Tutta mia la città cantò l’Equipe 84. Io sono del ‘79, non mi fa impazzire il 69 e adoro ficcare in Audi(o), no, in autoradio, a tutto volume, Nightcall di Kavinsky. Se non ti piaccio, (non) ti capisco, ti spacco la faccia e ti butto in vacca.

Se mi obblighi a rivedere quella semi-porcata di Midnight in Paris, preferisco scopare Marion Cotillard anche solo con un po’ di fantasia piena di poesia. Dammi pure del Nemico pubblico e fottimi da dietro da American Psycho come Christian Bale.

Sì, la mia vita è stata un Manhattan Melodrama. E, come dice Joe Pesci di Quei bravi ragazzifanculo a mammata!

 

di Stefano Falotico

 

de niro ronin

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falotico joker

Prima degli Oscar, vi sono i Golden Globe(s): le mie previsioni dei possibili candidati come BEST ACTOR


11 Oct

driver marriage story banderas dolor y gloria pryce due papi

La lotta sarà principalmente fra De Niro e Phoenix. Infatti, non li ho inseriti in foto, ah ah.

 

di Stefano Falotico

“Americani” – Recensione


27 Oct

“Squali” dello squallido ufficio dei cap(p)i e delle “decapitazioni”…
Capitalistica autopsia di aziendali… già “periti”

Ieri sera, come sempre… non avevo sonno. Così, a mo’ di Nanni Moretti (sul quale ritorneremo in “tema” ma in termini non propriamente “cioccolateschi” di stima) mi catapultai in cucina, aprii il tinello delle “meraviglie”, e afferrai un barattolo da 400g di Nutella, “leccandomelo” tutto fra una cucchiaiata e una sigaretta inalata di tabacco mescolato alla crema gianduia di questa ricetta godibilissima di cacao e nocciole sciolte come le calze di Kim Basinger nel suo spogliarello più “cocco(loso)” di birbante, abbaiante “cagnolino” alla Joe Cocker…

Il pancino si rimpinguò ma l’esistenzial vuoto no…
Quindi, riaccesi il PC, scartapellando su “YouTube” alla ricerca d’altre delizie per il mio “palato” ancor non riempito. Accarezzai una (movie)clip gustosa d’un film che vidi, anzi “avvistai”, anni or sono, quando mi rintanavo nelle magiche “libagioni” della mia magione un po’ senza “ragione”. E capit(ombol)ai proprio su “Al Pacino”.
Tombola, Bingo!

Questa pellicola fu da me visionata la Notte prima dell’esame mondiale della clamorosa débâcle (non al Cibali, però) del grande, strepitoso, imparagonabile Luís Nazário de Lima, in Arte calcistica abbreviato in Ronaldo.

Che batosta, povero Ronny. Altro che Rocky. Vince lo “stronzo” Ricky…

Tu che portasti, su portamenti dribblanti e sfondanti, il Brasile alla Finale. Fosti sfondato, appunto, dall’arrogante Zinédine (Yazid) Zidane, che ti mise “zitto”.
T’infil(z)ò con due colpi di “palle” dalla sua testa “caprona”.
Festeggiando di Coppa per la Francia che si riversò sotto la Eiffel, tutta ubriaca di “capriole”.

Tardivamente, scoprimmo l’inghippo che ti paralizzò “monco”.
Stavi male, e quei medici irresponsabili ti sedarono per spezzarti le gambe. Quell’immagine di te che scendi la scaletta dell’aereo, tutto “storpiato”, s’è impressa nel peggior immaginario dei brutti ricordi “pasoliniani”. I tuoi ammiratori, scioccati, gridarono “Stronzi!”.

Perché ti(in)castrarono?
Perché temevano che il tuo “tiro” potesse esser troppo letale e disarmante per la combina. Gli scommettitori, ammanicati alla “Federazione”, avevan già “blat(t)er-ato” al fin che tu “atterasti” sciagurato e rovinato, schiantato da farmaci che immobilizzaron le tue serpentine iridate.

Torniamo a questo James Foley di “folli” poveri “Cristi”.

La Donna è mobile, e io sono il suo mobiliere
. Già, Totò ci sta.
Calza a pennello… proibito per questa storia di “pompe funebri” immobiliari.

In tempi di crisi, bisogna escogitare un metodo “integrativo” per attivare la “promozione” che sbatta i “polli” nei licenziamenti.
Sì, the hardest thing in life is sell. Amici veri. Amici generosi. Amici per la pelle. Degli altri. Questi gli “slogan” che “slogano”, appunto.

Vendersi e saper vender bene la propria merce, le proprie marche(tte), smarcare i “falliti”. 

Chi non starà, ecco, al passo con le vendite, finirà in mutande, assistito dalla “mutua” perché “ammutolito”. E se proverà a denunciare la carognata, sarà sporcato dai porci “sociali”.

E finirà a vivere (?) sotto i portici…

In una Chicago di cagoni, un’agenzia sull’orlo del collasso, per salvare la baracca, lancia una sfida che premierà chi non affonderà ma di barca galleggerà… ah-ah!

Un’agenzia nella merda, ove rimarra “in piedi” solo il più scaltro e “sveglio”. Questa la proposta (in)decente: al miglior venditore una Cadillac Eldorado, al secondo “piazzato” una collezione di coltelli, a tutti gli altri un calcio in culo, per “defenestrarli” in mezzo al lastrico e alle lastre di ghiaccio.

Fra questi mostri (non solo sacri), la spunterà il più “scafato”: Roma, come la capitale dell’imperialismo di “amatriciana”.

Roma, un Pacino mai così bello quanto bastardo di monologhi secchi come il rasoio. Forse, è per questo che l’Uomo di Sinistra, Moretti Nanni, lo reputa “basso?”.

Pacino possiede una tecnica straordinaria e anche, qui, una capigliatura da “tutti in riga”. A passo da gigante, illumina la scena così come spegne i suoi concorrenti. Meno preparati in merito “azionistico” ma ugualmente bravissimi di classe attoriale. Un cast magnifico, con un Jack Lemmon enorme, un Kevin Spacey già mentore di Al, “in sordina”, e un Jonathan Pryce che “fa la parte del tonto”.

Cene dei cretini…

Sceneggiatura coi contagiri del velenosissimo David Mamet, e Pacino, sempre Lui, candidato come “Non Protagonista (?)” sia ai Golden che agli Oscar.

Di cui citiamo la sua amarezza “vincente”:

sui treni tutti gli scompartimenti puzzano vagamente di merda; col tempo non la senti più. È molto duro doverlo confessare. Sa quanto c’ho messo per arrivarci? Un sacco di tempo. Quando morirà, rimpiangerà tutte le cose che ora non fa. Lei crede di essere frocio? Sa cosa le dico? Siamo tutti froci. Lei crede di essere un ladro? Chissenefrega. Se ha il problema di una moralità piccolo-borghese se ne liberi, via, la allontani. Fa le corna a sua moglie, e allora? Niente rimorsi. Si scopa le ragazzine? Segnerò che le piace. C’è una morale assoluta? Eh? Forse. E che cosa cambia? Se lei crede che c’è, allora la abbracci fino in fondo. I cattivi vanno all’inferno? Io non ci credo. Lei ci crede? Agisca da credente. L’inferno è qui sulla Terra? Sì. E io non ci voglio stare. Questo penso.

Film tornato di moda, visto che, in questi giorni, proprio Al Pacino lo sta riportando in scena a Broadway, registrando un successo pazzesco.

 

 


(Stefano Falotico)

Genius-Pop

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