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I più visti di Netflix? Ma voi vi siete visti? Non demonizzate lo streaming senza conoscere il Cinema e le sue tempistiche, soprattutto le mie


19 Apr

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Sì, voi non avete di meglio da fare che accanirvi contro i politicanti corrotti, che spettegolare sull’amico di turno, screditandolo, complottando giorno e notte per fregare la ragazza al prossimo in quest’esasperante gara competitiva basata su rivalse misere, su giochi psicologici assai meschini, su tribali faide molto barbariche?

Sì, qua da noi hanno impazzato per anni programmi pseudo-culturali ricalcati sui migliori e anche peggiori talk show statunitensi. Le invasioni barbariche docet. Ove la conduttrice è stata colei che, dapprima, per far carriera e scalare i vertici del giornalismo televisivo, ha iniziato per Mediaset a pubblicizzare alla buona gli Oscar Mondadori. Poi, ottenuta una certa credibilità intellettuale da radicalchic dei primi anni novanta, si è platealmente svenduta. Io invece, mie serpi, son come Serpico! Prima tenendo banco al Grande Fratello, dunque ripudiando il suo mainstream, divenendo paladina delle becere scienze delle comunicazioni squallidamente mediatiche, pubblicando libri come Non vi lascerò orfani. Libro di cianfrusaglie pedagogiche, di psicologie d’accatto che scopiazza da Nanni Moretti, dallo psicoterapeuta Raffaele Morelli, da Francesco Alberoni, da Paolo Crepet, perfino da Vittorino Andreoli, miscelando il tutto in una sociologia-geriatrica, oserei dire pediatrica, dunque modellando la sua operetta ad autolatrica esaltazione d’un pasoliniano manierismo di natura egotista, probabilmente solo egoista, in un certo senso dunque spudoratamente qualunquista e relativistica.

La signora da me citata in causa ha sofferto di un brutto male e ciò mi dispiace. Ma il suo libro era da latrina. E non voglio far la rima baciata con… perché odo uno squillo del mio cellulare. Sì, scusate un attimo.

È arrivata una notifica.  Sì accesa una lucciola, no, non mi ha contattato una di quelle che imperano su Instagram, spacciandosi per modelle/a, volevo dire una lucina.

La lucina di un mio amico che mi chiede di parlare male di Netflix. Poiché lui non ne è capace e pensa che io possieda un acume superiore per imbastire un ragionamento lucido.

Potrebbe essere. Ma mi chiede di far campagna diffamatoria nei confronti della più famosa e importante piattaforma di streaming del mondo.

Io gli rispondo che parlerò, sì, di Netflix ma in maniera neutrale, fredda e distaccata, oggettiva.

Perché io sono più obiettivo di una macchina fotografica della Nikon.

Mi definisco apolitico ma in fondo son solo uno che non si chiude in ideali fanatici, in quanto uomo falotico un po’ selvatico che non prende mai gli antibiotici contro chi, a priori, assume atteggiamenti idolatrici, scagliandosi contro il contemporaneo cosiddetto malcostume cinematografico.

Sì, fa molto cinefilo cazzuto affermare in totale baldanza che Netflix sia attualmente la rovina della Settima Arte.

Di questo ne siete sicuri? Io vi vedo solo più tristi e scuri. Già mi espressi tempo addietro sull’argomento e ora voglio solo liquidare la questione in maniera brillante, bollente e aromatica perché fra pochi munti devo bermi un caffè della Nespresso.

Ora, chiariamoci. Sono un drogato di cappuccini e cioccolate calde. Sì, come sono buone le calde, no, le cialde della Ciobar.

Mentre so che molti di voi si riforniscono di “tazze” fatte in casa acquistate da un nostrano Pablo Escobar.

Sì, dite agli altri di sgobbar e ve la tirate da intellettuali che si danno un gran da fare. So bene invece che i vostri son soltanto intrallazzi ruffiani ove prostituite, da viziosi, la vostra dignità morale per mettere a fuoco solo e sempre di più le vostre capricciose, maniacali voglie di scopar’.

Sì, davvero, un troiaio mai visto.

La dovreste finire poi di pontificare e sacramentare, dicendo che viviamo in tempi bui. Imbrodandovi in disfattistiche pose iconoclastiche davvero falsissime.

Siete pieni di soldi, di baiocchi e vivete nel Paese dei Balocchi. Suvvia, giù le maschere. Fate come Robin Hood.

Prima vi nascondete nella retorica sinistroide per apparire come pensatori moderni ed ecumenici, buoni e solidali ma vi attenete a ogni più triviale, frivola moda.

Siete più fake di una dolciastra pubblicità del Buondì Motta. Siete come questa brioche. Golosi e fotogenici, ricoperti di glassa, invero stopposi e stupidamente smargiassi.

Insomma, denigrate i ricchi per ottenere voti dai poveri. Poi però prendete i giro i poveracci, in quanto siete solamente degli avari ipocriti.

Sì, attaccate Netflix.

Vero, Netflix produce tutto, non ha un impianto regolatore. Ma vogliamo parlarne degli “appalti abusivi” della Warner Bros?

Capace di passare da Clint Eastwood alla Suicide Squad/Joker con Jared Leto? Questo è uno smottamento tettonico da massimo grado della scala Richter per un casino qualitativo assai poco idealistico bensì “terremotistico”.

Terremotistico (non) esiste in italiano? Sì, hai ragione ma son anche stanco dei tuoi sgrammaticati discorsi qualunquistici. E ti correggo subito.

Sì, abbiamo comunisti che ce l’hanno col capitalismo e poi mettono su i Patreon per un imprenditoriale, fintissima virtù culturale.

Invero, per diventare più ricchi in maniera parimenti micidiale a Iervolino che vuol far ora concorrenza a Netflix con TaTaTu. Roba da bambini.

Ma smettetela. Vi vedo bene col tutù.

Chiariamoci. True Detective è una grande serie ma è altresì inferiore a The Night Of. E, se dite di no, è perché Matthew McConaughey, sessualmente parlando, spinge di più rispetto a John Turturro.

Ma non baratterei, miei batteri, mai uno Steven Zaillian e un Richard Price con questo Pizzolatto. Ah ah. Non c’è price, prezzo. Che pezzo!

Insomma, dovreste dirla tutta.

Sì, fate i moralisti, i moralizzatori, oserei dire i demoralizzatori, dunque i demonizzanti demolitori.

E dite che Sharon Stone in Basic Instinct non sappia recitare.

Potrebbe essere vero. Ma come qualche giorno fa io dissi: conoscete uomini a cui non piaccia Sharon Stone di Basic Instinct? Esistono secondo voi?

Certamente, non lo metto in dubbio.

Ci sono. Infatti sono in un centro psichiatrico.

Ah ah.

Dunque, aveva ragione Paolo Sorrentino. Sì, Berlusconi è un corrotto, lo è sempre stato. E andava con quelle…

Come diceva Andreoli, no, Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

E voi non avete i soldi per produrre The Irishman, le serie di David Fincher e compagnia bella.

No, mi sa che avete solo le chiacchiere populistiche.

Così è.

In fondo, siamo proprio sicuri che io sia un’Alda Merini in abiti maschili? Cioè la madre di Matt Dillon e Mickey Rourke in Rusty il selvaggio?

Ci mettereste la mano sul fuoco?

Io non avrei mai scherzato col diavolo…

Conosce le verità del mondo e non è mai assolutistico.

Netflix è il male?

Non ne farei una questione tragicomica da Divina Commedia.

 

 

di Stefano Falotico

Eh già, Ryan Gosling, super video, oserei dire storico, totoiano


13 Apr

Ehilà!

goslingfaloticoEh sì. Dovevo dare retta a mio cugino. Me lo disse subito, qualche anno fa.

– Stefano, no, di De Niro non hai molto. Nemmeno di Johnny Depp. Senza dubbio non sei Paolo Villaggio né Alain Delon. Lascerei stare Paul Newman e non scomoderei neppure Matthew McConaughey.

Ora, vieni qua. Guardati allo specchio. Comincia a fissarti su un punto dello specchio. Avanti.

Secondo te, a chi assomigli?

– Non lo so. A un deficiente? Potrebbe essere la risposta giusta?

– A Ryan Gosling, ecco a chi assomigli. Visto che vogliamo giocare, come fanno gli adolescenti, con le celebrity e le icone divistiche.

 

Ecco sì. C’è proprio una somiglianza impressionante. A parte il colore dei capelli. Ryan è un bel biondino, un pulcino.

Io invece sono corvino e ho gli occhi neri come il grande Matt Dillon.

Non ho alcun pudore nel dirvi che il mio passato fu praticamente identico a Stay – Nel labirinto della mente.

Sì, una psiche enigmatica, amletica, con accenni di psicosi e curve pericolose d’uno stato mentale talmente anomalo da poter essere scambiato superficialmente per demenza ed equivocato per invalidante disturbo psichico.

Ma anche uno psichico come ne Il caso Thomas Crawford. Una testa di c… o che non gli daresti una lira.

Ed Anthony Hopkins, nuovamente “psichiatra della mutua” come il suo epocale Hannibal Lecter, pensa che sia facilissimo coglionare il ragazzino.

Che invece lo fotte di brutto.

Può succedere, Sir Anthony, di trovare uno più deduttivo e intelligente di te. Capita, non ne facciamo una tragedia. Suvvia.

In questo mondo, Solo Dio perdona e io non sono Gesù Cristo.

Sono un umanoide, un mezzo androide metafisico, a volte figo a volte sfigato, come in Blade Runner 2049.

La realtà virtuale è amabile come Ana de Armas.

Sì, le donne reali sono spesso insopportabili. Sono isteriche. Stanno a lagnarsi tutto il giorno solo perché s’è rotta la lavatrice. So io invece che il loro cervello andrebbe smacchiato a massima temperatura.

Di testa calda e friggitrice come il mitico Ryan di Drive. Un romantico futurista, un autista mezzo autistico.

Che però, quando si accorge del marcio, quando al suo amico combinano uno scherzo omicida, diventa una furia devastante.

Sì, direi che il Falotico c’è tutto.

Per non parlare poi di First Man.

Uno a cui capita qualcosa di veramente nefasto e agghiacciante. E con tutti finge che le cose vadano benissimo. Fa buon viso, come si suol dire, a cattiva sorte.

Sì, ho perso mia figlia piccola, beviamoci uno Scotch.

Sì, per colpa di bambagioni che pensavano di arrivare sulla Luna, stavo allunandomi ai crateri della più sola aridità notturna.

Ma me ne fotto delle bevute in compagnia, delle cosiddette piccole cose. Rose rosse per te non ho comprato stasera. Donna, pigliati una rossa, sì, sei lesbica e mi stai soltanto addolorando d’amor spinoso. Sì, ho sbagliato ad arrossire per te.

Sogno un viaggio spaziale, indimenticabile.

Voi non avete tempo per questo. È sabato, andate a caccia stasera. Poi domani è domenica, sveglia tardi, una mangiatona e stravaccata sul divano. Quindi il lunedì e ricomincia la tiritera, la routine giornaliera.

Ah, non si è rotta la lavatrice. Ti sei rotta le unghie? Io invece di tutto questo mi son rotto il c… ecco, ci siamo capiti.

Quando morirò, immagino la mia pagina di Wikipedia.

 

Stefano F.

«Considerato uno dei più svogliati, grandi sex symbol della storia dell’umanità, attore specializzato nel trasformismo, mimo in quanto spesso atipico e sofferente di atimia, fu preso per gentile uomo timido.

Invece la sua canzone preferita era Smile di Jimmy Durante.

Tenero, adorabile, dimostrò una durezza impressionante. Amante, come detto di Durante, scrisse molti libri aulici come Alighieri Dante.

Lui dava ma gli altri non davano nulla.

Uomo molto da Aspettando Godot, non è che molto godette. Eppur fu sentimentalmente legato alle più belle donne dell’epoca. Nessuna di Hollywood gli sfuggiva. Neppure quelle conservate, prestigiosamente, in cofanetti da famosi sogni nel cassetto…

Uomo uguale a Totò le Mokò, era talmente sensuale che simulava di essere un eunuco per non far scoppiare un casino pazzesco. Da cui Un turco napoletano:

la donna è mobile e io mi sento mobiliere.

La gente gli urlava… datti una mossa… e lui invece rimaneva impassibile.

Immobile, spolverando tutto il mobilio…

Gli altri, odiandolo a morte come il fascista Duce, morirono prima di lui di bile.

Mentre oggi il Falotico vive nell’olimpo e da lassù vige.

Così è, non si transige».

 

di Stefano Falotico, dico, mi pare ovvio56976895_10213438286814463_8244242247827062784_n 57039802_10213438347815988_5042845505961328640_n gosling

ll Joker Rosso Malpelo, forse Marino, dice il suo verismo


06 Apr

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Senza peli sulla lingua.

Un saggio critico riguardo il valore di alcuni miei libri mi ha reso molto felice, entusiasta di me stesso.

No, non mi piace auto-incensarmi. Peraltro, lo trovo sconveniente e inopportuno.

Poiché è gradevole ricevere dei complimenti ma si viene anche investiti di carature, di responsabilità che spesso non mi sento d’indossare. Non ho il carattere. Non per codardia, solo perché mi stancherei di essere una star.

Avrei sempre i riflettori puntati, gli occhi addosso. Se andassi, di prima mattina, a bere un caffè in un bar di periferia, coi capelli spettinati e la tuta mal stirata, qualche pazzo paparazzo venderebbe la mia foto a caro prezzo.

Deridendomi poi con la scritta falsissima: guardate come si è ridotto.

Però posso attestare che questo testo mi ha inorgoglito soprattutto perché è stata un’analisi lucida, anti-retorica dei miei lavori e probabilmente della mia anima.

I personaggi di Stefano Falotico corrono, vanno, cercano, si dimensionano diversamente, in base ai casi e alle circostanze, ma mai in qualità di vittime reali, bensì di protagonisti, anche impavidi e caparbi. Essi sono la volontà che incide nella loro vita. Quando i casi della vita vogliono che essi tornino al loro quotidiano essere, scoprono in se stessi una sorta di ambiguità, di plurivalenza, di crudeltà, di crudezza e nel loro cuore rinvengono un “cruciforme” destino. Essi non si deprimono mai: lottano, escono allo scoperto, vincono e perdono, ma non sono mai realmente sconfitti. In loro si legge: desiderio, brama, moto variamente accelerato, ricerca della vastità del creato, in una specie di sublimazione che consente loro di uscire dal greto del fiume della vita per cercare un’onnipotenza personale, in un “irreligioso” silenzio. Essi troveranno siepi e alberi, aspre montagne e fiumi agitati, alte maree e ripidi camminamenti, tunnel e altipiani lussureggianti. Essi troveranno estati, primavere, autunni e inverni. Ma non si arrenderanno al destino o al fato. In loro la lotta è un “classico essere” e un “azzardato divenire”. Incontro, scontro, conversazione, avversità, devozione, “dialogismo”, biasimo, amore, “disamore”, dolore, costanza, “endemica malattia”, catastrofe, polimorfismo e fallimento si aggrovigliano in un “enclitico” divenire, che fa sì che un’azione priva di tono ne assuma uno, avvalendosi di un “precedente soggetto”. Tutto l’insieme diviene in Stefano Falotico “filosofia vitale” e “naturale disfacimento” in vista di successive “grandezze”. Grandezze che egli non identifica, ma che lascia intuire o supporre, perché è cosciente che sia un cattivo scrittore colui che fornisca soluzioni o che faccia di ogni argomento una “tematica” per riduttive conversazioni.

No, non vi è mai piaggeria nei miei libri. Perfino in quelli all’apparenza patetici, lagnosi. Nemmeno nei miei scritti più infoiati, infervorati, ardimentosi.

V’è una sempre più profonda presa di coscienza ineludibile sulle molteplici sfaccettature del mondo. Un’impietosa consapevolezza, specie nei confronti di me stesso, del fatto che non esiste e non può in alcun modo esistere la verità assoluta, ognuno vive la sua realtà, ognuno ha il suo mondo.

Non vi è sconsolazione, chiamatela anche col sinonimo sconsolatezza, non sono dei piagnistei tristi e miserevoli, non sono ravvisabili in essi gracchianti, indisponenti lamenti. No, non sono delle lagne. Delle elegiache prese di posizione. Non sono radicali neppure quando mi esprimo su certi universali temi in maniera quasi dogmatica e assolutistica. In una parola, convinta.

Perché lascio continuamente spazio al dubbio. Do importanza alle incognite, agli esistenziali enigmi.

Anche quando tostamente parlo di rivoluzioni, mi riferisco in particolar modo ai moti dell’animo. Agli invisibili cambiamenti che lo sguardo esterno non vede, forse non vuol vedere, ma che in noi avvengono, son già avvenuti. Forse ci son sempre stati, dovevamo soltanto aspettare che il tempo facesse sì che potessero mostrarsi, liberi da ogni sovrastruttura e mascherata dura.

Mi soffermo sui nostri interiori mutamenti che si riflettono conseguentemente sulla nostra percezione del mondo, a sua volta in perenne, impercettibile metamorfosi furente.

Sono libri veri. So che il termine veri induce al sorriso.

Ma vi è una sottile, infinita diversità fra il verismo e la verità. La verità, come detto, è illusoria, in un certo senso perfino utopistica. Come dico spesso io, solipsistica.

Il verismo invece è un atteggiamento intellettuale, psichico e ragionativo che si esplicita nella schiettezza.

Appunto, nella purissima presa di coscienza.

Col tempo, ho imparato a ironizzare, a sdrammatizzare sulle mie sfighe. Prima, semmai abbozzavo, facendo la figura del coglione.

Adesso sono diventato un commediante della tragedia umana di noi tutti.

Scherzo su quelli della mia generazione. Persone, a cui io stesso m’annetto, oh povero inetto, oh me, misero e poveretto, che senza autorevolezza e credenziali formali dissertano di Cinema e sulla vita tutta, sentenziando con fare perentorio. Arrogante, superbo da sapientoni.

Persone con ampie competenze. Non lo discuto. Ma che di mestiere non fanno propriamente i critici. Ma critici, d’altronde, lo siamo tutti.

Giudicare è facile, è lo sport nazionale.

Molti poi sono insaziabili. I loro video ottengono trentamila visualizzazioni ma non si accontentano della loro già ampia, invidiabile fetta di pubblico. Vogliono arrivare a quota centomila. Guadagnando un milione di dollari l’anno.

Le modelle su Instagram non ci stanno. Sul non ci stanno, vi chiedo di riflettere. Avete i soldi? E come fanno allora a starci? Comunque, non ci stanno lo stesso. Eh sì.

Una loro foto ha ricevuto la bellezza di 3 milioni di LIKE ma ecco che stanno “lavorando” a un altro shooting.

E, in questo gioco competitivo assurdo, oserei dire baroque, farlocco, grottesco, allucinante, non vince nessuno. Anzi, diventate, ora dopo ora, quel che non siete più, figli di questa modaiola era di maschere di cera.

In questo mondo farlocco, appunto, solo il Falotico, sinonimo di stravagante, è un essere anomalo e non è mai nell’anima vacante. In quanto eterno, imperturbabile Joker contento della sua “pochezza” aitante. Giammai sbraitante.

Uomo buffo che dà i buffetti, non desidera carnali buffet, che non abbaia come i cani.

Sì, vergo qui, fratelli, sorelle, compaesani, concittadini, nazional-popolari, contro ogni fascismo nazionalista, contro ogni ideologia sessista, contro ogni razzistica mentalità bigotta, contro ogni suprematista che diagnostica il prossimo in quattro e quattr’otto, il mio alter ego Giovanni Verga, in quanto uomo che vorrebbe amare una donna Vera, di nome ma non so se di fatto perché, onestamente, deve ancora farsi, e cantare al plenilunio come un uomo lupo che non deve più vergognarsi di essere affetto da licantropia cupa.

Sì, son lupo, le donne mi allupano e bevo birra di ottimo luppolo. Non è ancora giunto il momento di pregare la divina Provvidenza a mani giunte, a braccia conserte, genuflettendomi in segno di discolpa dinanzi ai miei (s)confessati pudori. Non è ancora arrivato il momento di abdicare alla demenza e lanciarmi giù nel dirupo, no, non ho mai a nessuno chiesto aiuto, a differenza di molti di voi che elemosinano compassione all’assistenza sociale, pregate la Madonna affinché vi faccia la grazia di salvarvi dalla vostra ignoranza e vi possa donare in grembo una donna vergine e pure vertiginosa d’amare liberi da ogni diavolo tentatore. Vi avrebbe studiato il Lombroso.

Che squallore!

Dovete sudarvela, qui non si regala niente. Bisogna farselo, come si suol dire. Io, nonostante gli ammaccamenti, le botte solo in testa (di altre botte, lasciamo stare subito), non demordo e ancora, polemico, azzanno chi mente dinanzi al vero e abbranco il capo branco che non vuole riconoscere le sue colpe da volpone che ora, bastonato, arranca. Mi dilanio, mi sventro ma non mi svendo! Non mi arrabbio. Mi arrangio…

Sì, ammaccamenti a tutt’andare ho ricevuto durante il tremendo viaggio. Ma solo quando compresi che non ero un eroe e non sono un uomo-macchina bensì un uomo e basta, ho sentito e vivamente sento la vita adesso in ogni magnifica, giusta ansia che finge di non interessarsi al sesso ma fa solo la figura del fesso? No, questo è ciò che voi vorreste che io dicessi. Io invece dico che son enormemente senziente non al dolce far niente bensì al far quel che mi va. Sento ogni incanto dei miei turbamenti. E non mi dolgo se tu non mi vuoi, se una che amo non mi ama. Infatti, no, non ne soffro, praticamente in tale struggimento son completamente rotto e spappolato. Ma io lo ammetto! Questo è vero! Come tutto il resto.

Eppure, malgrado tanti ammiccamenti, io continuo a porgerle i miei ammiccamenti. No, non voglio che mi sia amica, dunque non compiaccio il suo rifiuto e continuo a spingere d’occhiolino che non vede di buon occhio una simpatica amicizia. Mentirei al mio cuore ma soprattutto cederei alle lusinghe del demonio poiché sarei bugiardo di fronte al mio desiderio focoso come le stritolanti fiamme virulentissime dell’inferno del mio cor(po) turbinoso, quasi a luci rosse, forse solo da ex Lucignolo.

Invero, Pinocchio mi fa un baffo.

Ma simpatica de che? Ma quale complicità amichevole? Ma che diciamo? Ma che facciamo?

Lei sta con un altro? E che me frega? Bisogna invece che l’altro resti fregato, fottuto. Sì, sì, sì.

Tutti siamo colpevoli. Sì, nessuno è esente dagli sbagli, scagliate la prima pietra se, talmente impavidamente mentitori, negate dirimpetto al mondo i vostri errori!

Siete dei sobillatori, dei solitari aizzatori, degli “spingitori” del suicidio indotto ai cosiddetti deboli da bastardi istigatori, lasciatevi andare invece alle vostre pure sensazioni, siate impuri nei vostri clamori, datevi con amore e incontrerete una stronza che vi maltratterà con spontaneo fetore. Allora non vi meritava e non andava maritata.

Questo è poco ma sicuro. Tranquilli, fidatevi. La vita è sempre una fregatura. Altro che buonismi di confettura.

Sì, peccai come peccaste voi ma io sono sincero. Dunque, lo accetto, io eccedo, sbando, ancor lì lo prendo, un po’ come tutti, chi più chi meno, ma non so se perdonerò più.  Però, figlioli, d’ora in poi da me non avrete altri doni se farete nuovamente gli st… i.

Basta coi vostri trucchi, ho sfoderato il mio jolly e quindi non combiniamo più casini.

Or dunque io esigo di lasciarci andare a un casino pazzesco. Tiriamo fuori i denti e le unghie!

Finitela, pietistici, di buttarla in tragedia. Questa vita è una pagliacciata, si sa, ed è questo il bello!

Vince chi ha il coraggio di dire: questa è la mia vita, questa è la città della mia anima!

E non è Bon Jovi.

Io sono Il Principe. Non dei crimini vostri, della mia libertà! Delle mie tragedie, della mia ilarità, della mia idiozia, perché no, della mia sapienza, della mia sincerità.

Ah ah! Scendo le scale, cado in basso ma brindo. Perché, su questa scalinata, O’Sole Mio, Sta ‘nfronte a te!

Scusate, ora devo scolarmi un buon tè.

Sono un gigione. Sì, io gigioneggio alla grandissima.

 

Sono Lupo de’ Lupis.

 

di Stefano Falotico

Joker, reazioni al trailer: tutte le banalità e le idiozie scriteriate che ho sentito


05 Apr

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Innanzitutto, chiariamoci una volta per tutte definitivamente. Non si dice Giacchin’ bensì IOACHIN. Di mio indosso un giacchino. Non voglio apparire pedante ma sono più puntiglioso di Giovanni Storti in Tre uomini e una gamba.

Ah, che storture, che torture. Che rotture, che brutture.

Sì, io della precisione e della meticolosità son maestro leziosissimo. E ci tengo a esserlo. Mi mantiene disciplinato. Addomesticato nelle mie sane manie di composta formalità impeccabile, di forma psicofisica imbattibile.

Mi preserva dal caos, dallo sconquasso, dall’entropia di un mondo sull’orlo perennemente di un collasso nervoso. Di un traviamento oscenamente libidinoso e ferocemente morboso.

Impazza l’arroganza, spuntano come funghi nuovi pazzi che pazzi non sono, i centri di salute mentale son presi d’assalto da una mandria di “malati” che, in fila indiana, ricevono farmaci da psichiatri che, anziché curare le loro anime, li comprimono nei loro slanci vitali più veri, sopprimendo i loro cuori, anestetizzando, rattrappendo e anchilosando i loro sentiti respiri, paralizzandoli in lobotomie non solo cerebrali bensì fisiche a furia di somministrare coattamente ai pazienti droghe contenitive, neurolettici che acquietano soltanto a livello comportamentale le loro presunte aggressività maligne. Sintomi benigni, diagnosi di schizofrenia un tanto al chilo come fossero noccioline, tranquillanti e analgesici rifilati con superficialità immonda. Malinconia bellissima scambiata per pericolosa depressione, disturbi bipolari faciloni e poi trattamenti in prognosi non tanto riservata.

Perché, se entri in cura, lo sanno perfino in capo al mondo. La gente parla, ti schiva, ti emargina come se fossi un lebbroso, un contagioso, pernicioso freak untore.

Circuizioni, occipitali evirazioni dei sentimenti in castrazioni non solo sessuali.

Gente savia ingannata da medici con le salviette che medici non sono, pseudo-curatori di un pacato, falso quieto vivere ipocrita.

Tutori ed educatori che invero son bifolchi maleducati che si prendono licenze assurde (oltre a essersi pigliati lauree comprate e ridicole) la briga arbitraria di legiferare sulle scelte, persino lavorative, addirittura sentimentali dei pazienti da erudire e livellare a una visione formato cloro, da ricattare in una visione insipida e insapore di ogni vitale calore. Affinché nessuno canti o urli fuori dal coro. E chiunque al conformismo più becero, menzognero e politicamente corretto si affili in adattamenti illusori.

Quanti scandali abbiamo sentito, quanti orrori e mostruosità son state taciute dall’omertà malavitosa di queste gerarchiche, nazistiche istituzioni. Che vorrebbero professarsi portatrici di valori, di benessere e vita felice, invece son soltanto una burocratica ramificazione del più umano squallore, del più disarmante grigiore, dell’asettico fetore che appiattisce ogni candore. Ogni magnifico pudore, ogni libertà troppo esuberante accusata ingiustamente d’esser demente, disturbata, disturbante.

Gente diluita, liquidata, obnubilata, obliata nell’ablatore d’ogni vulcanica esplosione gioiosa.

Gente nervosa che diventa nevosa perché troppo calorosa.

Sì, son cattivo e intransigente contro questo sistema viscido e bugiardo di abbindolatori, di buonismi consolatori, di queste taumaturgie schematiche all’acqua di rose, di questi abbreviatori della complessa, perciò inquieta varietà stupenda d’ogni vita che non si attiene ai binari imposti della sociale ordinazione.

Ah, evviva la follia dei poeti, degli esistenzialisti, degli ascetici, la contemplativa acquiescenza dei mistici e la forza immaginifica dei visionari. Che splendore!

Ne ho sentite tante su questo trailer.

Partiamo da Lorenzo Signore, youtuber che stimo ma che, in tal caso, s’è lasciato andare alle solite frasi fatte.

Al che il Joker diventa un ragazzo buono e, a detta di lui, perfino tardo e tonto che, dopo aver subito mille beffe, all’ennesimo scherzaccio di troppo, perde la bussola e la testa.

No, la questione è molto delicata, non generalizziamo con dell’esegesi fumettistiche così semplicistiche.

Ora, Todd Phillips, dopo solo due minuti e mezzo di filmato, è diventato un grande regista.

Potrebbe anche esserlo e questo Joker, perché no, non vedo l’ora che sia davvero un capolavoro.

Sarà una notte da leoni quella dell’agnellino Phoenix.

Ma, ricollegandomi al discorso sui giudizi troppo affrettati, andiamoci calmi, non esagitiamoci, non lanciamoci in supposizioni e diagnostiche verità ancora non appurate.

Acclareremo a visione avvenuta.

Questo è tutto.

Come diceva Mr. Wolf: non è ancora il momento di farci i pompini a vicenda.

Sapete cosa mi sembrate?

A proposito di Pulp Fiction?

Dei cazzoni, molto più di un paio di cazzoni.

Aspettiamo Ottobre prima di festeggiare da vincitori di gran folclore.

Perché, altrimenti, facciamo la figura dei pagliacci.

O no?

 

 

di Stefano Falotico

I fratelli Sisters, i Blues Brothers, basta coi Bundy, coi banditi, con le storie di serial killer, dobbiamo darci alla follia buona, non a Bonnie e Clyde, bensì alle balle, alla musicale banda


05 Apr

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Alle donne b… di cl… e.

Sì, donne belle, non stupide, stupende, donne per cui diventi buono, sì, ti doni alla grandissima, diventi clemente.

Cavolo.

Finalmente, a 39 anni di età, a pochi mesi dal compirne quaranta, ho finalmente compreso una verità sconvolgente. Sì, non assomiglio molto a De Niro, bensì a Joaquin Phoenix.

Questa è bella, è bellissima.

Invece è così.

A causa di farmaci appesantenti il mio bellimbusto, un anno fa ero diventato quasi tarchiato. Parecchio robusto, quasi onestamente un uomo come quello lì, Augusto, uomo di ottimo gusto che però non piace al sesso muliebre. Questo è ingiusto. Augusto non è un bovaro ma un bue di taglia, uomo che, se cammina per strada, provoca un bel trambusto. Sì, oltre a spaccare il marciapiede per via del suo peso piuttosto spacca-tutto, Augusto, uomo cannone, induce le donne magre come i grissini integrali che lor mangiano con l’aceto del loro cinismi, ah sì, a deriderlo come un cane bastonato, a non desiderare il suo latrante, lupesco affusto. Donne cagne, sì, irriverenti e screanzate, donne rudimentali e non educate all’uomo sovrappeso però peso massimo di testa enorme che spinge di suoi neuroni spesso fraintesi. Uomo teso, Augusto, reso quasi cerebroleso per colpa di donne coese a fargli il culo poiché è grasso e non grosso…

Sì, Augusto è un genio ma le donne badano soltanto all’apparenza. E, a forza di pesanti rifiuti, Augusto diventa sempre più chiuso, un uomo angusto. Tutta la sua scienza va a farsi fottere e lui, depresso a morte, esplode in crisi di rabbia partorite dalla sua scarsa immunodeficienza di fronte a queste donne piene di scemenza.

Di mio, assomiglio a Joaquin Phoenix. A proposito, che fine ha fatto la pornoattrice Lauren Phoenix?

Ah, faccia da scema come poche, culo invece che nemmeno le più porche.

Culo che comunque puoi avere solo se hai una Porsche. Eh sì, questa vuole i soldi. Solo allora sa farti sgommare. Sa rendere un uomo afflitto dal vuoto pneumatico, sì, un derelitto che non sa più cosa sia il suo manubrio ritto, un uomo che scivola sulle curve pericolose più bagnate. Donna che ama il pesce frittissimo… schizzante in pa(de)lle caldissime.

Al pari di Gioacchino in alcuni film, io vivo a cazzo mio. Trascurato, con la barba incolta, faccio le smorfie alle smorfiose con un doppio mento alquanto evidente e alcune espressioni da imbambolato-demente.

Sì, il fascino di Phoenix consiste in questa faccia magnetica. Ché non sai se è Ted Bundy o Bugs Bunny.

Un orsacchiotto oppure un Joker. Un giocherellone, uno iellato, un coglione o un volpone.

Io invece la smetterei subito con questi film sugli assassini seriali.

Se parliamo di Manhunter e Il silenzio degli innocenti, di serie come Mindhunter o True Detective, di disamine psicologiche affatto banali, ci stanno eccome.

Ma è oramai una brutta moda imperare, monopolizzare tutto con queste pellicole psicologicamente alla buona. Un campionario di truci nefandezze, di sbudellamenti da Robert Rodriguez, visivamente ineccepibili ma contenutisticamente vuote più di una persona dissanguata.

Sì, film senz’anima, senza cuore, esangui. Come se i registi di questi abomini avessero donato i globuli rossi della loro cineastica celluloide smorta e mortifera a qualche AVIS.

Basta anche coi film pietistici sull’AIDS, sui concerti Aid, sulla CGIL, sulla USL, sulle follie mentali e quelle cerebrali, su quelle sessuali e su quelle transgender.

Ci vuole il Cinema di genere di una volta, Cinema di superba genetica realizzato da geni coi coglioni, mica questo Cinema sterile, questo Cinema malato, psicopatico, amorfo. Seminale soltanto di altre cazzate.

Ci vuole un tipo alla John Landis su faccia da culo alla Gioacchino.

Un Cinema che t’inculi.

Un Cinema che non abbia bisogno di presentazioni, di spiegazioni, di perifrasi diegetiche, un Cinema dallo sguardo folle ma al contempo profondo come quello di Phoenix e soprattutto del Falotico.

Uomo che non si buca, buca lo schermo ma forse solo quello.

Ah ah.Joaquin-Phoenix-Joker

 

di Stefano Falotico

JOKER: “Character Study of a Mentally Ill Person”: Joaquin Phoenix will be Jack Nicholson or Travis Bickle?


30 Mar

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Quando pensi di essere brutto, pazzo e coglione, invece il problema è il contrario, ah, bella roba…

Sì, questo lo sa anche il cane Jack della ragazza condomina del terzo piano del mio palazzo.

Pensate che stia scherzando? Vorreste alludere che… il cane non si chiami Jack ma ho scelto questo nome per richiamare, visto il titolo di questo scritto, uno dei pazzi per antonomasia del Cinema di tutti i tempi?

Ovvero mr. Jack Nicholson?

Già lo dissi e lo ripeto. Innanzitutto, sfatiamo questo luogo comune. Invero, Jack Nicholson ha interpretato pochissime volte la parte del pazzo.

Il suo McMurphy di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ad esempio, non è propriamente pazzo.

È una persona che, non essendo mai soddisfatta, va con le donne e parla sempre di sesso ma invero questo suo atteggiamento, all’apparenza irriverente da bon vivant e pirata delle eleganti regole conviviali, questo pagliaccio triviale, nasconde intimamente una fragilità enorme di una sua anima all’addiaccio. Da diavolaccio.

Infatti, lo internano perché è uno sbandato. Non perché sia un folle nel senso letterale del termine.

Nemmeno il suo Jack Torrance di Shining lo è. Pazzo lo diventa. Assalito dalla solitudine, incancrenito dalla freddissima monotonia di una vita asfittica, priva oramai di ogni stimolo appunto puramente vitale. Anzi, vitalistico. Inaridito nella consuetudine d’una ripetitività stantia. Oppresso dalle pareti di quella sala spoglia, soprattutto del suo cuore, di quella gelida stanza senza più energiche, reattive istanze.

E dovrei anche dare colpi d’ascia a Kubrick. Ché ci ha fatto sempre credere che l’estrema solitudine, detta solitude o meglio loneliness dagli anglosassoni, sia arrecatrice di turbe psichiche piuttosto rilevanti.

Grande balla. Meglio stare soli che frequentare gente fuori di testa che, con le sue idee bacate, potrebbe davvero traviarti, distorcere la perfezione compositamente, oserei dire, simmetricamente architettonica dei tuoi neuroni, disordinando il mobilio del tuo arredamento psicofisico.

Meglio non essere intaccati da questi attaccabrighe toccati…

Eh sì. Parlo almeno per me. Più sto solo e più sono felice. Più la gente mi cerca e più mi stresso. E m’isolo in me stesso.

La gente angoscia con le sue richieste, ti vuole omologare ai loro canoni percettivi della realtà e, appunto, plasmarti a un modus vivendi da loro/essa reputato corretto e retto. È gente inetta che t’infetta.

La gente è solipsista, ti vuole plagiare secondo le sue metriche ideologiche, modellarti a immagine e somiglianza di un sembiante di te che tu sei/sai, quindi io so, che non appartiene a me.

È soltanto una parvenza, effimera, mera appariscenza, simpatica, carnascialesca, collettiva, spersonalizzata, sopravvenuta scemenza attenutasi ai dettami (dis)informativi di una massa in verità senza senziente coscienza.

Cosicché gli altri potranno dire: ah, bravo, ora mi piaci, sei anche più simpatico.

Sì, ma tu non piaci a te, quindi al sottoscritto.

Ti sei corrotto per compiacere, tutt’al più, un’idea (s)piacevole di conformità, di apparente, ben accetta normalità così triste e disdicevole.

Per farti accettare, ti sei accettato. “Accettato” nel senso adattato e (s)figurato, in tal caso, del verbo accettare. Ti sei reciso con l’accetta per non farti tagliare fuori da chi, se fossi rimasto integro, soprattutto nella tua moralità integerrima, ti avrebbe spaccato il morale con cattiverie miserrime. Ti avrebbe pure estratto un molare con sadismo pusillanime. Gente infima e infame.

E ti avrebbe incitato a mollare.

Ecco, così diventi misantropo come il Jack di Qualcosa è cambiato. Assalito da manie compulsive per compensare l’atrocità del comune vivere e del viversi di patti sociali per la maggioranza comuni.

A proposito, conosco uno che non vive comune-mente. Vive provincialmente.

Sì, adesso il suo comune è diventato provincia.

Ah ah.

E se la provincia in cui abita, un giorno, diventasse capitale?

A quel punto, diciamo demografico-topografico, vivrebbe capitalmente da fico?

Eh sì, per vivere in una metropoli ci vuole un certo capitale. Il prezzo della vita frenetica costa parecchio.

Altrimenti, se non vai alle feste, ti dicono che sei un provinciale e un uomo poco comune.

È un bel guaio, cazzo.

Tornando a Jack, no, non il cane della mia coinquilina, possiamo dire che l’unico pazzo puro che ha interpretato è stato il Joker. Gli altri suoi personaggi, compresi quelli da me poc’anzi menzionati, sono al massimo dei dropout, degli easy rider.

Delle persone che non si accontentano della conoscenza carnale, persone complicate che si vanno a mettere nei casini perché a loro paiono troppo banali cinque pezzi facili.

Sono persone che si dilaniano dentro, persone a cui non basterebbero mille vite per essere sereni. Altro che Tre giorni per la verità.

Persone incurabili, altro che idiozie da Terapia d’urto.

Persone profondamente inquiete, perennemente alla ricerca di omeostasi emozionali che non troveranno mai.

Persone a loro volta smembrate come un’anonima persona smarritasi nel traffico tentacolare delle sue ansie secolari. Millenarie.

Non certo dei folli che anelano alla guerra civile. Non certamente dei sobillatori, dei mitomani, dei patetici losers che, dato che non sono stati capaci di fare nulla, s’augurano che dall’alto dei cieli arrivi finalmente l’Apocalisse, bestemmiando nei loro fanatici deliri insensati da malati con auto-distruttive chimere e stelle comete, diciamo, millenaristiche. Persone affette da deliri mistici. Persone non tanto mitiche. Eremitiche, probabilmente solamente delle teste di minchia.

“Pazzi” come il Joker sono le persone più vere e sincere. Come dico io, veraci. Ed è per questo che non stanno più bene. Perché tutto è andato in malora, son crollati, dalla società si son scollati, di tutto sono scocciati, la gente dice loro che sono degli sci(r)occati ma loro vedono le macerie crollare persino in mare e, quando spengono le cicche di sigarette nel posacenere, il lor sogno di amare una donna come Venere è sfumato nel vento doloroso di troppe bruciature.

Persone che erano ilari e ora sono buffoneschi giullari.

Rimane allora solo, sola-mente la “follia”, l’onnipotenza del buttarla in demenza perché esser stati valorosi e aver creduto agli ideali si è rivelata soltanto una stupida utopia.

Nonostante ciò, il Joker è il Principe del Crimine.

Io invece rimango il PRINCIPE.

God’s lonely man. Ringrazio iddio.

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di Stefano Falotico

Il fallimento esistenziale è l’unica via possibile per un artista perché la vita cosiddetta normale lo annoia e obnubila, deprime e comprime, comprend’?


23 Mar

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Sì, ne sono sempre più fermamente convinto, in quanto osservatore della realtà. Spesso, casco nella trappola dei ricatti. E delle gatte, ah, me le gratto fottutamente. Al che, com’è palese e insindacabile, incancellabile che sia, io vita normale non so cosa sia da circa venticinque anni quando, al tintinnare dei primi turbamenti adolescenziali, volutamente m’arricciai in una vita claustrale, paludare, oserei dire rupestre. Scalando le sommità dell’Everest della mia mente e conducendola al K2 di nuovi livelli percettivi aggrappati al cuore come le corde robuste di un intrepido scalatore. Voi, uomini pusillanimi, definireste questo mio atteggiamento, semplicisticamente, psichiatricamente, all’acqua di rose come schizofrenia, come inconsapevole distacco dalla realtà materialistica e terrena fatta di edonismi e culto della vanità personale, a favore di un’incomprensibile, almeno da parte vostra, visione della vita che reputate distorsiva. Mi spiace deludere le vostre più nefaste e anche rosee aspettative. Io non offro nessuna rosa. Sì, malgrado forzature ignobili, pressioni esecrabili, perfino storpiature e psicologiche torture, asserisco in gloria ed eloquio affatto sconnesso, bensì mica tanto sommesso, perfettamente allineato al mio cervello che di neuroni rimesto ma soprattutto, alla mia anima baricentrica malmessa senza sciocche messe impestate, io di stati strani tempesto, perpetuandomi nel mio tempo, nel mio sacro tempio, nelle mie bislacche tempie, consacrando uno status emozionale giustamente singhiozzante, paciosamente alterato e vivamente squinternato, che da ogni frivolezza meschina e ruffiana dell’amore, borghesemente inteso, io continuo ostinatamente a rifuggire. Via da me le messaline. Deluso da questo vostro patetico poltrire insulso di moine e, appunto, amorini. Poiché il vostro amore è un diminutivo della parola stessa di amore e io, a contatto, senza lenti e vostri balzani, ottici filtri, quotidianamente con le vostre emozionalità da me reputate coscientemente inaccettabili e banali, mi sminuisco e apparentemente pare che regredisca quando, invero, il mio sentire è un crescente, scolpente, scalpitante ingigantimento di un’anima oramai dipartitasi dal comune vivere e dallo stolto gioire dei dementi. Una vita mia modellatasi nella fluidità metafisica sempre più lontana dalle logiche corporee dei vostri cardiaci battiti senza vero, profondo calore. La mia esistenza è sempre più remota sebbene ancora non del tutto eremitica. Perché gradisco, all’albeggiare di questi giorni primaverili, essere perennemente, immutabilmente puerile. Uscire ai primi battiti di sole fioco, dardeggiante laconico, mettendo in moto la mia macchina a benzina e olio, dunque istradandomi, prima del fracasso e del casino dei vostri loschi traffici, dei vostri alti tacchi, dei vostri grassi tacchini e dei vostri frontali cranici sbullonati, in direzione d’un locale già aperto nel quale possa un caffè sorbirmi mestamente, appaiandolo alla mia anima così precocemente, innatamente lesta da esser stata subitaneamente non più desta, quindi presto destatasi e perciò allontanatasi da ogni scema estate e da ogni carnascialesca festa, in quanto, addormentatasi in un prematuro, secondo voi odiabile, per me invece amabile, scontro con una realtà da bestie non addomesticabili, da me considerata insanabile, ché preferisco la morigeratezza malinconica dei miei beati, lievi sospiri fragranti, molto friabili. Evviva il belato, lo spellato, il pelato e il prelato. Che boato! Son senza fiato. Sì, ieri mi ha telefonato un amico. Gli ho porto, sì, si può dire, un solidale e al contempo compassionevole ascolto. E lui mi ha riferito dei suoi drammi personali, delle sue lotte giuridiche con la sua malasanità mentale. Ascoltare, sì, potevo e posso fare solo quello. Alla mia seconda risposta, usatagli a mo’ di consigliera supposta da lui ritenuta supponente ed egoistica, mi ha al solito detto, screanzato, che devo crescere e rispettarlo in quanto più uomo di me. Mi son tolto sol il dente. Ardendolo di verità che lui testardamente vuole rifiutare con ostinatezza che mi fa ribrezzo! Allora perché mi ha telefonato? Son solito dire il vero. Per questo sono giustamente solo. Perché non posso dire a un amico che la sua vita senza sole non è una sola. Devo essergli sincero e spiattellargli che invero è la vita che s’è scelto in quanto scemo e mai sincero, è tutto un suo piagnisteo coi ceri, rimembrando quel che era senza più prospettiva di nuove ere, continuando a camminare nelle finte stabilità delle sue suole e preferendo l’ipocrisia da suora. E io non sono dio per potergliela cambiare. Se cercava consolazioni, è pieno di donne che vogliono solo bacetti e coccole. Ma quali ricotte, che bigotte. E tante idiozie con Nutella e vai che sei bello, dimmi che sono bella! Così per te belerò e tutto mi berrò. Sono un monaco d’abbazia?

Mah, di mio sono oggi un fantasma nel campanile, domani suono le campane, guardando il fienile della campagna e bagno il pane di pene da pover’uomo ricchissimo senza porcile, senza besciamelle, ché voi sapete cosa sono, senza ciambelle di buchi da stupidi fringuelli. No, non sono cambiato. Ed è una lezione potentissima, devastante. Inculante, incurabile!

La grandezza di chi non accetta amicizie e amori senz’amore, solo conditi repulsivamente di bone, puttanesche more, flagellandosi e sfracellandosi negli avidi compromessi dello svendersi e poi, avendo a mille la bile e a bestia, pensa che la vita sia solamente inevitabilmente questa. Senza stile, una vita che a lui fa svenire di piaceri e risatine, a me fa morire solo di disgusto per colpa della sua idiota frenesia figlia malata della stirpe della sua squallida borghesia.

Se questa è la mia estrema volontà, allora che così sia, senza più squallidi scherzetti di pessimo gusto omicida e induzioni al suicidio e alla vita suina. Io a voi non sono supino, sono un volpino, un ottimo lupino.

No, mi spiace, non ha funzionato. Io ho perso il pelo ma non il vizio di rompervi il cazzo e gli orifizi. Perché non amo quelli che delle anime diverse sono ricattatori assassini se non ti attieni ai loro schemi precettori e alle loro violenze da calunniatori e untori. Voi, falsi mentori, mi darete del malfattore, miei fattoni. Evviva il fattorino!

Parola del Signore, un uomo che ti sbatte il bastone in capa, mie capre e miei bestioni.

Evviva il mio fustone, ti do io la frustrata, ecco pigliati quell’altra frustata.

Lasciami adesso magnare la crostata, sennò da me piglierai altre palate, altro che patate, nel costato.

Sì, essere onesto, questo mi costò ma io non ci sto e te lo do.

Da cui… do re mi fa sol sol la si , nel vostro mondo di balli, galli, canti e hullygully, io, non vi preoccupate, sto a galla, in quanto alligatore che morde i bulli.

E son pugni, altro che prugne e pugnette.

Poi scivolo nella melma e nelle sabbie mobili. Ma quasi quasi domani mi compro un altro antico mobile.

Rustico, australopiteco e di gusto.

di Stefano Falotico

JOKER-Landia: nel mio mondo si fa tutto un altro gioco ed è un gioco molto doloroso per me e per voi, soprattutto


15 Mar

Eh sì.jokerdeniro

mde

Oramai, credo che vi siate accorti tutti che il mondo odierno, se ancora si può parlare di mondo, è finito pazzo da un pezzo. Perde i pezzi. Tutt’al più ruota attorno alle solite cantilene, un caravanserraglio di moine, sguaiatezze, d’immoralità di bassa lega spacciate per trasgressione. Un mondo di pazzi. E pupazzi. Appunto. Ma questo non mi turberebbe. Il mondo è sempre stato dominato dalla pazzia. La pazzia dei potenti, dei regimi totalitaristici, ipocriti e fascisti è stata, sin dalla notte dei tempi, alla base di ogni ingiustizia, quindi di quella reputata una società giusta. Invero cafona e irruenta se non assai scelleratamente violenta. Perché, sulla pelle di chi combatteva per ideali di eguaglianza e illimitata libertà, son stati commessi imperterriti, impuniti abomini. Al fine che prevalesse perennemente l’egemonia del pensiero più conformista, aderente ai parametri, appunto basali e basici, di una società falsa, superficiale. Ridanciana e reazionaria. All’apparenza puritana invece consacrata all’animalesco puttanesimo.

Ove chi ha i soldi, volenti o nolenti, decreta legge e perfino accomoda la legge a suo piacimento, a ragione arbitraria dei suoi interessi se si è concesso il lusso, ah ah, di trasgredire le stesse regole ingannevoli che lui al prossimo ha prescritto. Traviando non solo la robustezza o la comunque labile debolezza della sua discutibile morale mai avuta, bensì mentendo dinanzi allo specchio e a dio stesso, spesso creatolo a immagine e somiglianza del suo solipsistico simulacro profano.

Allora, in questo mondo di verità ribaltate, il gigante, nell’anima, nella mente e nel cuore, schiacciato dall’alterigia intransigente di chi gli sta istituzionalmente, gerarchicamente sopra, è soffocato dalla mendacia di chi, che ve lo dico a fare, comanda e vien trattato puntualmente a pesci in faccia.

Disconosciuto non solo del suo intimo e prezioso valore, cioè appunto la sua anima, ma trucidato nella viva essenza della sua fiera, adamantina spontaneità. E vien reso inane a favore dei ragionamenti banali e unanimi.

Continuamente vilipeso, condannato senza fine a una pena detentiva, che ve lo dico a fare, straziante e disumana.

In questo mondo di finte equidistanze, di lotte di classe oramai svanite poiché tutto s’è imborghesito e appiattito, pesantemente alleggerito, vane e flebili son state né han valso, son valse le urla di rabbia già svanite. Contrite… Sempre più rare e peraltro presto taciute, inaridite, avvizzite, coattamente imbrigliate con l’unzione ricattatoria della presunzione che fa della squallida, deprimente, falsissima punizione la virtù bislacca e portante di questo mondo a cui dell’altro, in fondo, nessun importa.

Importa che tu abbia un ottimo portamento e che sia disposto a socializzare amabilmente in un patto filisteo di massa, ammazzato nel tuo simbiotico invece esser nato per pochi capaci di accogliere il tuo spirito falotico.

Castrato nel tuo slancio per colpa dell’omologazione più mortifera, reputata invece allegra da chi questi disvalori deleteri e pestiferi, sventolando orgogliosamente la sua prosopopeica bandiera che in grembo porta, issa vanitosamente in gloria.

No, è stato un fallimento. Totale, persino imbarazzante, oserei dire umiliante se non fossi stato io, con estremo, virtuoso, intrepido coraggio inaudito, a gridare, ad adirarmi che hanno sbagliato il trattamento e frainteso ogni cosa con ottusità e uno squallido, brutale volermi fregare dietro il menzognero ottundimento illusorio. Ah, che storia.

Oh, Il nome della rosa. È un libro che verte sull’universale verità intrinseca del mondo che, dietro capziose tonache, si professa san(t)o, e invero pecca nel buio nauseabondo della notte efferatamente immonda.

È un libro sulla purissima, bellissima conoscenza sopraffina e angelicata dell’amore nella sua forma meno corrotta, libera e selvaggia.

E soprattutto accentra ogni filosofico, sofista discorso esistenzialista su un’altra verità parimenti antropocentrica e non so se idealistica.

La liceità del riso. Un tempo, o meglio a quei tempi, oscurantistici e stregoneschi, superstiziosi e macabramente ottenebranti ogni forte (co)scienza pensante, ridere era considerato quasi un delitto. Un reato diabolico perpetrato da spregevoli lestofanti tanto sgargianti.

Perché la risata spesso fa il paio con la più volgare derisione maleducata. Con l’impudicizia dell’anima stronza nella sua bestiale, appunto fascista, sguaiata idiozia qualunquista.

Non si deve mai ridere delle persone malate, delle disgrazie altrui, non si deve ridere delle sfortune di chi ci accompagna in questo balzano viaggio ch’è la vita nostra, di noi tutti tanto strana.

Non si deve mai eccedere di riso, non si deve mai trasgredire, appunto, il patto solidale di reciproco rispetto e di buona creanza, non si deve mai offendere il buon senso con la scostumatezza e i vigliacchi colpi in pancia.

In questi casi, sì, il riso è malevolo, brutto, becero, buzzurro, orribile.

E perciò punibile. Da mettere al rogo e alla gogna. Poiché rappresenta la degenerazione dell’armoniosa, umana concordia. Una vergogna! Simboleggia l’atrocità del male più (s)porco ed è come se il maligno, ordendo e obnubilandoci con la sua malizia, annerendo ogni limpidezza in un’oscena allegrezza che invero è solamente agghiacciante tristezza, avesse assurdamente vinto con la sua immondizia.

È come se avesse trionfato l’idiozia.

No, la mia non è pazzia e non è nemmeno saggezza. È la visione di chi, dopo mille delusioni inflittemi, dopo tanta cattiveria gratuitamente figlia della stupidità più imbrattante, con le sue porcherie, fatte di risate partorite soltanto dalla più pusillanime sudiceria matta e mattante, non teme più nessuno e dunque imbratta e macchia il suo volto come fosse quello di un clown che a chicchessia non deve dar più conto. Tantomeno alla Chiesa.

Perché mi coglieste in un attimo di fragilità immenso e profondo. E, anziché sostentarmi nei miei sogni, nei miei ingenui, sì, ma stupendi romanticismi, affinché con la mia lucentezza potessi non arrecar disturbo al vostro mondo di malsano lerciume e di sozzo porcile tanto lordo, stupraste il mio cuore con violenti, imperdonabili affronti.

Invogliandomi a snaturarmi per farvi felici a sanità del vostro intoccabile orgoglio. A rinnegare ogni mia, vivaddio, straordinaria, sacrosanta melanconia per obbligarmi a crescere secondo le vostre ambigue, inique istruzioni bastarde e sconce, senza scorciatoie né sconti.

E anche io dovevo andare con la prima che mi fosse capitata a tiro… per sverginarmi. Voi direste svezzarmi. Che termine mostruoso e medioevale. Che scontro

Così, rendendomi un uomo normale, ah ah, carnale, meno mi sarei lamentato e non avrei più pianto l’umana, miserabile condizione di questo mondo ruffiano.

E pensate che indecenza! Abdicai e vi accontentai. Ributtandomi nella mischia della più sciocca miseria inetta e ripugnantemente netta.

Fatta di balli e risa, d’invereconde arroganze e di meschine trivialità malvage.

Sì, anche io volevate che fossi uno qualsiasi. Oh, se fossi stato una donna ancora peggio. Semmai una bella donna sexy.

Con la fissa del sesso un tre per due… a postare su Facebook foto provocanti e aspettar che qualche coglione mi corteggiasse per poi insultarlo dall’alto, ah ah, della mia presunta superiorità di classe. Ah ah.

Tante oggigiorno fan così. I maschi più cretini a queste van dietro e tutti salgono a bordo del carrozzone troione. Lanciando sassi e poi scomparendo nel traffico, tra burla immonde che nell’omertà vilmente si dileguano e celano, rompendo i vetri e quindi nascondendo la mano, porgendoti semmai pure un sorriso tanto, tanto simpatico. E insincero.

Ma sì, è stato uno scherzo. E io l’ho presa troppo, troppo male, tanto da ammalarmi. Davvero.

Sì, io sono malato.

Come Travis Bickle, come un Joker che fa di tutto per ridere alla merce e mercé di tutti gli altri, compiacendo la frivolezza andante di questo mondo a puttane andato. Ma dentro di sé sta sempre più male. E più… di stare male più stai male. Perché, in fondo, puoi provarci a essere uno come tanti, ma starai solo che malissimo. Tanto.

Non è filosofismo, non è orgasmizzarsi, è avere le palle per dire che tanta imbecillità non ha prodotto una curata umanità, ma solo un fallace entusiasmo di finta ilarità.

Ben sta a me per esserci cascato, ben vi sta.

Come un vestito rosa.

Auguri, in bocca al lupo e sogni d’oro.

Idioti.

Siamo tutti fregati, chi più chi meno.

Tu ti barcameni?

Sì, con effetto boomerang attraente, demente nel senso de L’idiota di Dostoevskij, certamente non da comune deficiente.

Oh, Cristo.

 

Parola di Robert De Niro & Joaquin Phoenix.

di Stefano Falotico

L’annuncio di The Irishman by Joker, von Trier è tornato ad ammorbarci, che palle, e io ce l’ho, che coglione, no, che coglioni…


01 Mar

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Dopo 5 min dalla messa in onda, sul mio canale, di questo video, sono partite offese al sottoscritto, del tipo:

– Ma smettila! Pensi davvero che sia una BOIATA PAZZESCA?

E io:

– Scusate, non è un film su un serial killer con la mannaia? Insomma, la storia di un boia? Se non è una boiata pazzesca questa?!

Detto ciò, chiariamoci, fringuelli! Ah ah!

Non penso che von Trier sia un idiota a differenza di ciò che afferma Paolo Mereghetti. Che aspetta i suoi film solo per divertirsi a offendere il signor Lars. Daje, Paolo, stronca, sbudellalo, ah ah.

Ma non è nemmeno un genius come molti di voi credono. Di Genius ne esiste solo uno. E sapete a chi io alluda.

il signor von Trier è un sapido provocatore a volte davvero geniale e altre volte meno. Lars è un uomo coscientemente folle, dunque sanissimo, che scardina, coi suoi film pazzi, un mondo più pazzo di lui.

Ma conosce benissimo le regole del Cinema e della vita e le trasgredisce solo entro certi termini consueti.

Non a caso, in questo film vi è Matt Dillon. Che non ha attualmente lo stesso star power di George Clooney ma non è certamente Massimo Trombetti, insomma il primo venuto.

Dillon è pur sempre un attore di Hollywood.
Capito? Insomma, von Trier pensa alla provocazione ma pensa anche a un discreto portafogli.

Premesso questo, partiamo con la faloticata del giorno.

Ovviamente, non poteva sfuggirmi il trailer “annuncio” di The Irishman.

Uno di quei film che mi hanno mantenuto in vita fino a questo momento. Sì, avete letto bene.

È una delle ragioni principali per cui io ancora al mattino, dopo qualche scoreggia soffice, avvolta nel buio candido di una notte “aromatica” e non so se reumatica, ha fatto sì che non mi sparassi in testa come Kurt Cobain.

La mia vita, devo esservi sincero, non ha molto senso. Il senso lo acquisisce poiché adoro Lynch e i suoi nonsense, Patricia Arquette col suo immenso seno e, appena desto, appunto, cerco sempre, ostinatamente via traverse e cervellotiche per non ammosciarmi nei deliri di massa. Ove, appena esci già all’alba, cazzo, devi sorbirti l’isterismo di un traffico snob. Sì, con tanto di smog.

Ho detto snob, non avete letto male. Sì, come quando accendi l’autoradio e le emittenti di Destra iniziano subito a tamponarti, no, tampinarti con subliminali messaggi fascisti. Ove, a mo’ dell’abominevole Striscia la notizia, il barbarismo culturale che, da tempo immemorabile, affligge questa povera Italia buontempona, deride i poveracci di turno, pigliandoli a mali parole con battutine di dubbio gusto. In questo barzellettiere nazional-popolare all’insegna del qualunquismo più atroce e triste. Questa è vera tristezza. Non la mia. Pura melanconia che oramai, quasi di tutto, se ne frega. E in barba, appunto, ai facili giudizi della gente, sfreccia zigzagante nei rumori cittadini con aplomb principesco da figlio di puttana inaudito. Strafottente in questo stivalone cialtronesco.

E lo sapevo che sareste andati matti per la nuova psicopatia di von Trier. Uno che, come me, ha patito vari stati alienanti di depressione galoppante ma, a dispetto del sottoscritto, è davvero un demente.

Sì, Lars, non ti arrabbiare. Salvo The Kingdom, salvo davvero pochi film della tua filmografia pseudo-provocatoria. E non salvo il regno della regina ma il ragno della mia stanza perché mi sta più simpatico di Elisabetta. Io non sono secondo a questa II. Ma potrei esserle secondino. Sì, arrestiamo questa bagascia, forza!

Lars mi dà l’impressione di essere un panzone che ha scelto, come attore protagonista della sua nuova, immensa bischerata rivoltante, quel bell’uomo di Matt Dillon.

Sì, io sono imparentato, a livello fisionomico, con Dillon.

Nel 1999, o forse era il 2000, insomma, giù di lì… come già più volte vi narrai, sviscerandovi le mie balzane, degradate periferie, no, un po’ degradanti peripezie, vicende all’apparenza spiacevoli ma invero illuminanti, svolsi Servizio Civile presso la Cineteca di Bologna.

Luogo ameno, quanto un po’ osceno, fatto e strafatto di post-sessantottini fumanti l’erba di Grace che mi facevano una testa così coi loro passatismi nostalgici, invitandomi poi a casa loro a gustare polli arrosto, più rosolati e bolliti di loro, con sottofondi di Lou Reed, Nico e le mie scarpe Nike fuori moda.

Sì, in quel posto affumicante, nel senso che provocava Cancro ai polmoni, non solo per lo spazio angusto di tali bibliotecari impolverati di cazzate, bensì soffocante a causa del loro tabagismo asfissiante, ero stato affiancato a un uomo flatulente, di professione fotografo. Un bel giorno, costui, mi parlò di un film che aveva visto la sera prima, ovvero Fort Washington.

E mi disse:

– Sai che questo film assomiglia a noi due?

– Cioè? – risposi io con cheta curiosità già leggermente incazzata, continuando quindi con un: – A cosa vuoi alludere, Lucio?

– Vedi, Stefano. Sai che io ho una buona, oserei dire “ottima” percentuale d’invalidità sociale? Infatti, mi hanno assunto qui, alla Cineteca Comunale, grazie all’ufficio di collocamento dei perdenti… o forse solo in virtù del “virtuoso” spostamento a coloro spostati che, a cui io son annesso, resi deficienti da questa società di malati di mente, non hanno potuto trovare un lavoro decente. Io infatti qui, in Cineteca, guadagno davvero poco e sbarco il lunario alla bell’è meglio, appunto, fotografando le donne di malaffare nei ritagli… di tempo.

– Capisco. E io che c’entro?

– Ecco. Matt Dillon di questo film sai che ha una somiglianza, in tutti i sensi, con te?

– Dici?

– Eh, abbastanza.

 

Sì, in effetti nel 2000 ero abbastanza sullo “schizofrenico” andante con una faccia da Rusty il selvaggio.

Un viso emaciato da latin lover dei cazzi suoi. Sì, io e Matt Dillon siamo la stessa persona, forse. Lui è stato l’idolo delle fighine, essendo un ragazzotto dal sex appeal nudo e crudo come un dissoluto midnight cowboy degli anni ottanta, io già un Factotum dalla dubbia sessualità come nel film In & Out. Un Frankie delle stelle, insomma.

Col passare degli anni, varie donne belle come Cameron Diaz mi hanno corteggiato, credetemi.  Tutte pazze per Mery per sempre, pur essendo acculturato come Michele Placido in questo appena citato film e mica un Francesco Benigno. Sì, ero già un professore declassato in ambienti infimi e loschi di decerebrati irrecuperabili, cioè quello che siete voi. Ah ah. Però l’anima pasoliniana me la son sempre portata appresso. Comunque, son sempre stato un uomo disciplinato, ordinato e preciso. Tant’è che molta gente più e più volte ha confuso la mia puntigliosità per pericolosa maniacalità da American Psycho. E, a proposito di Fame di David Bowie, solo perché amavo Andy Warhol, mi fu detto che mi credevo Bob De Niro ma in verità ero più pazzo degli assassini del film 15 Minutes. Per farla breve, la mia è stata Melancholia pura e mi scambiarono per un Antichrist. Sono scherzi che si fanno, cazzo? Mah, di mio, ho pochi scheletri nell’armadio da nascondere, a differenza di Jack. Sono misogino soltanto quando una scopre che, sulla mensola, ho qualche porno e mi chiede:

– Ma a te piacciono davvero queste puttane di merda?

– Abbastanza.

– Ma non ti fanno schifo donne così?

– Abbastanza. Ma, nei momenti di forte disagio psicologico, cazzo, aiutano a non diventare come Matt Dillon di questa boiata, sì, proprio boiata nel senso letterale del termine, di Lars.

 

Detta in maniera papale, sono un santo che se la tira… E sono pure bello e sano. È per questo che la puttanesca gente di me non capisce un cazzo e mi prende per Matt, no, per matto. Scambiatevi un segno di pace e ammazzatevi.

Parola del Signore. Ah ah. Ora, datemi quest’Oscar e pure il Nobel. Succhia-cazzi.03420404 dillon sn01-2

 

di Stefano Falotico

 

Zack Snyder dice addio al Cavaliere oscuro di Arthur Fleck/Joker: «Sei stato il miglior Batman di sempre»


18 Feb

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Ciao,
amici.

È Arthur Fleck/Joaquin Phoenix, alias JOKER… Marino, invero Stefano Falotico, che vuole confidarsi con voi e farvi leggere questa mia lettera commossa in risposta a quella, altrettanto commovente, del mio amico Zack Snyder. Regista che devo ringraziare perché mi ha fatto capire davvero che Clint Eastwood è un genio e, quando girerà un film come Batman v Superman: Dawn of Justice, sì, Clint forse sarà davvero morto.

Rendo grazie al suo Cinema perché, guardando i film di questo carissimo amico, inseparabile compagno di merende quando ero talmente depresso che mi ero tanto rimbambito da perdere la testa per Kate Beckinsale di Pearl Harbor e stavo impazzendo di Amore estremo per Jennifer Lopez, ho capito cosa mi piace davvero nella vita.

Sì, qualsiasi maschio normodotato, eterosessuale di sana e robusta costituzione, credo che per la Beckinsale o per il culo di J. Lo, soprattutto, possa davvero non solo perdere la testa ma i testicoli.

Ma, finita la scopata storica con queste due gnocche micidiali, che cosa ti rimane? È capace poi che chiedono di sposarti e ce l’hai i soldi per regalare loro una vita spensierata da To the Wonder? Sì, una vita meravigliosa, idilliaca, ove fai l’amore da mattina a sera e non sei invece Al vertice della tensione perché devi pagare troppe bollette di “Paycheck?”.

No, queste sono patonze che esigono una vita lussuosa, stracolma di felicità e belle cose.

È capace che se poi le trascuri, ecco, ti scappano di casa come quell’altra super figa ciclopica di Rosamund Pike de L’amore bugiardo – Gone Girl. 

Sì, la tua donna è impazzita perché non te ne sei preso sufficiente cura. Eri ridotto talmente sul lastrico che ti sei dato, pur di sbarcare il lunario, a una vita da The Town.

È colpa di questo sistema marcio da State of Play se sognavi di essere Superman in una Hollywoodland e invece hai scoperto che sei stato solo preso per il culo come nel Joker di Todd Phillips. Appunto.

Sei stato troppo fuori dalla realtà comune di tutti i giorni per poter ripartire daccapo con entusiasmo. Ora, dopo tutte queste vere o presunte Ipotesi di reato, è davvero dura, amici cari.

Una resilienza enorme. E con immane forza cerco, sì, di resistere giorno dopo giorno. A volte buttandola a ridere per non pensarci, a volte praticando meditazione trascendentale per non trascendere e dar di matto sul serio.

Difficile rivederla con occhi giusti dopo tanto buio, sì, funambolico, estroso e geniale come Daredevil…, ma anche tanto cupo e sofferente.

Adesso sono arrivato a quasi 200 Cigarettes al giorno. Non va bene per il portafogli e nemmeno per la salute, cazzo.

Non voglio dire che molta gente sia stata più fortunata di me e che la loro fortuna sia Piovuta dal cielo, ma è inutile piangere sul latte versato, su tanti equivoci evitabili che hanno fatto sì che non potessi Vivere fino in fondo.

Devo esservi sincero, non posso più tergiversare e girarci attorno. Mi aspetta soltanto un Armageddon – Giudizio finale. 

La vita è un Dogma, non esistono alibi o scappatoie da Runner Runner.

I critici letterari sostengono che i miei libri siano bellissimi, molto romantici in stile Shakespeare in Love ma Gwyneth Paltrow non verrà mai con me. E ci sta. Sarei pazzo a credere il contrario.

Per lo stesso discorso fattovi all’inizio. Gwyneth è una riccona viziatissima. Che se ne fa di uno scrittore squattrinato?

Non le posso garantire nessun futuro. Non sono uno stronzo da 1 km da Wall Street.

E non sono neppure Matt Damon ma rimango pur sempre anch’io un Will Hunting – Genio ribelle.

Nonostante tutto, non mi sono mai arreso.

Mi conoscete.

Sono spiritoso, totoiano, ho secondo molti un talento smisurato nella scrittura. Come vi ho detto.

E le donne dicono che abbia perfino un gigantesco pipistrello. 

A differenza di Michael Keaton del Batman di Tim Burton, no, credo che non scoperò però nessuna Kim Basinger.

Ma non mi suiciderò neppure come in Birdman.

« […] Le cose sulla terra cadono. E quel che cade… è caduto. Nel sogno, questo mi ha portato alla luce. Una meravigliosa bugia… Il miglior Batman di sempre. Grazie amico mio per avermi fatto dono di quel momento fottutamente glorioso e di un cuore così stupefacente».

 

Sì, la gente è pazza e demente. Non voglio vantarmi, non spetta a me giudicare il mio talento, dovessi mai averlo o meno, ma la gente aveva di fronte una persona diversa senza il chiodo fisso delle passerine e ambizioni cretine come quella di far soldi, fregando gli altri in squallide competizioni da bambini e asilo nido.

Ma secondo questi qua tal persona doveva “normalizzarsi” e diventare un troione qualsiasi. Che va a vedere Checco Zalone, ha un lavoretto in cui legge Il Corriere dello Sport, torna a casa e si organizza per portarsi a letto qualche sciocchina. Ballando con le stelle!

Cosicché, anziché dar manforte a un cuore selvaggio, preferì e preferisce credere ancora e ancora e ancora che io sia un supereroe fanatico dei personaggi televisivi come un vecchio rimbambito.

Ebbene, a qualsiasi villain figlio di troia che abbia voluto sfidarmi, sono qui.

Sono più veloce di te, più intelligente, bello come Ben Affleck e ora preparati davvero.

Alla prossima mossa falsa, idiota, ti sbatto in manicomio.

– Chi, tu? Povero fantozziano schizofrenico, paranoico maniaco-compulsivo cacasotto di merda?

– Tu sei convinto davvero che dall’altra parte della barricata, fenomeno, ci sia la persona che pensi ci sia?

 

Sto scherzando? Certamente. Ma non fate più le merde.

 

di Stefano Falotico

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