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JOKER ha ora la data dell’anteprima mondiale, il Governo cade, voi ne uscirete? Quando, in quale trailer? Per fortuna esce il Blu-ray di Angel Heart restaurato


09 Aug

francesca dellera dellera

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Capitolo uno: dovete avere una bella vita per perdere tempo a pensare al governo

Sì, adoro la spietatezza. Poiché io sono intransigente perfino con me stesso. Sì, mi auto-critico come se a praticare l’esegesi della mia persona fosse il severissimo critico d’Arte per antonomasia, ovvero il Vittorio Sgarbi nazionale.

Ah, spesso nella mia anima non tira una bella aria. Sono cosciente dei miei limiti e cerco di sanarli ora dopo ora con fiera e ferrea abnegazione. Quando vado troppo giù, mangio un tiramisù di liscia, scorrevole masturbazione. E tutto mi pare più fluido.

Se scrivo, per esempio, un testo e, a distanza di qualche minuto dalla sua pubblicazione, m’accorgo che presenta(va) dei refusi, quanto prima, tempo e altri impegni permettendo, lo correggo immantinente.

In quanto son uomo che, appunto, quando si rende pubblico, a differenza di molti giornalisti-pubblicisti impresentabili e incolti, cura ogni dettaglio nei minimi particolari. Io sono la particolarità, d’altronde, fatta persona.

E m’angustia, mi allarma e quanto Di Maio, no, quanto mai mi preoccupa quest’Italia oramai all’arrembaggio, piena di gente che tira a campare, arrangiandosi. Ma non so per quanto.

Ah, io di tutto m’accorgo, spesso con la maggioranza son in disaccordo in quanto voce lontana dal coro e sovente anche dal mio cinico core. Come Ismaele nell’incipit del capolavoro letterario di Herman Melville, ovvero Moby Dick, appena atteggiate le vostre labbra al torvo, ecco, o siete Alba Parietti che ancora, nonostante i suoi anni suonati, s’atteggia a donna da novembre umido e piovigginoso per l’uomo navigatore delle sue cosce che furono su Google immagini dei tempi oramai andati, oppure state sinceramente gracchiando, sconsolati e borbottanti, amareggiati e stremati, rammaricati e delusi come uno spennacchiato corvo.

Ah, che brutte facce incagnite, ingrugnite, forse solo imbufalite che avete. Ma ancora qualcosa avete?

Questo è il problema.

Tira solo, appunto, una pessima aria e non quello che dovrebbe tirare quando le cosce, no, le cose si mostrano nel loro solare, incantevole splendore attizzante e indirizzante all’azione ficcante.

Frequentemente, quello è per voi intirizzito e soprattutto striminzito. Spompato e inaridito.

All’Aria che tira, Vittorio ha celebrato, forse da costernato decerebrato, l’italiana scon-fitta. Aveva ragione quando tempo fa ammonì gl’illusi dal gridare troppo presto vittoria?

Ah, Vittoria. N’ero ossessionato, una figa mai vista, da me sicuramente neppure minimamente avuta, che non mi faceva dormire la notte. Lei andava sempre a prendere il sole a Metaponto e io, sapendo che lei m’aveva snobbato e onestamente, platealmente rifiutato, per nascondere il dolore di questa mia immaginata e fantasticata scopata mai con lei (av)venuta, pontificai. Immaginando di predicare dall’alto del suo balconcino, ah, un capodopera monumentale di forme geometriche sensazionali come se fosse stato scolpito da Michelangelo. Ah, solo baciare quei suoi capezzoli grossi e palpare quel suo seno rigoglioso, meraviglioso, semmai in un amplesso caldamente serale in quel mare frizzante e ondoso, m’avrebbe aperto… le porte del paradiso mio da suo carnale moroso, oserei dire super focoso. Affogato, libidinosamente insabbiato.

Sì, un grande San Pietro. Ma io invece finii come Cristo e urlai solo, senza parole, la mia Pietà.

Sì, ogni mattina, vicino alla riva, la vedevo così angelicata eppur diabolica nell’ostentare di sua vanagloria l’estasi del suo bikini favoloso. In mezzo a quel dolcissimo, schiumoso cloro, desideravo spalmarle la mia crema ma rimasi all’asciutto. Pure bruciato vivo poiché non usai la protezione adeguata e il suo fidanzato mi cacciò un calcio nelle palle così tremendo da spappolarmele più di un castello di sabbia che si scioglie immediatamente sotto la prima pioggia battente.

Che donna. Dopo aver fatto l’amore con Vittoria, stanne certo, non hai più bisogno di nessun Sgarbi Vittorio che t’illumini sul patrimonio artistico e rinascimentale della nostra Italia fighissima.

Vittoria, donna superlativa, assolutamente. Sì, il superlativo assoluto di figa è fighissima o figona? No, figona è un accrescitivo, per forza… ah ah.

Sì, che te ne fai della Cappella Sistina se sai che, ogni notte, puoi dipingere e affrescare Vittoria, detta la birichina passerona? Non necessiti neppure di azzeccare una vincente sestina. Eh sì, Vittoria è donna zuccherosa con cui inzaccherarsi ma io, perdendovi la testa, ricevetti però soltanto un’inzuccata e nessuna inzuppata.

Perché lei indossa la quinta e già allora partii subito di eccessiva spinta. Lei sa rigenerarti, crearti a sua immagine a somiglianza, forgiandoti di scintilla divina e toccandoti con la soavità dei suoi lieti polpastrelli che accarezzano il tuo uccello bello già ritto come un carabiniere sull’attenti, donna da Altare della Patria che sa accenderti la fiamma tricolore con un magistrale pompino, oserei dire, variopinto!

Qui, sto esagerando. Ma io ci do. Senza badare a spese. A nessuna spesa. Mai sino a questo momento pagai una prostituta ma, comunque, quando vado appunto a fare la spesa e, cazzo, basta che compri un succo di frutta e ti prosciugano lo stesso. Donna, lei viene prosciugata se le offrono gratis il prosciutto?

Non ho soldi, mi decollerò, impiccandomi.

Sì, quando uno s’impicca, non sente poi tanto male. È come un bacio pungente col succhiotto, miei salsicciotti. Soprattutto scemotti.

Sgarbi ha proferito le seguenti, lapidarie parole testuali come se stesse recitando il suo Antico Testamento ai posteri, tramandando il suo sapere a un’Italia, più che da Elmo di Scipio, discinta e non più distinta.

Dominata solo dal più pericoloso, barbarico, triviale, populistico istinto.

Sgarbi è un opinionista, opinabile o no, ma sa il fallo, no, fatto suo:

è successo quello che doveva succedere. Perché non si può governare con fantasmi che non hanno un’idea, una visione politica e che sono figli di un personaggio grottesco e paradossale che si chiama Grillo. Che non c’è più da un anno. Da quando sono arrivati al governo, Grillo è sparito e ha messo lì questo piccolo fantoccio educato… non laureato, non lavorante, diventato ministro del Lavoro e vice-premier, con la visione di dare i danari a tutti quelli che poverini hanno bisogno, impedendo con ciò lo sviluppo dell’economia, creando quindi un danno terribile al Paese e chiamandosi grillini senza Grillo. Quindi, mi pare che sia inevitabile. Io dissi al mio discorso di fiducia provocatoria: nel disordine e nell’ignoranza io prospero. E sono qui per assistere al vostro declino.

Io, invece, sono sempre qui per assistere al suo cretino.

Ora, io sono apolitico sebbene apollineo. E non mi piace Di Maio. Ma che c’entra il classismo dell’essere laureati o no?

Guardi, nella mia vita ho visto professoresse di Storia e Italiano dire ai loro studenti che, senza laurea, si diventa disoccupati e pazzi. Queste donne andavano matte Per Woody Allen. Sino a prova contraria, Allen non è laureato.

Abbiamo visto questa gente “laureata” cos’è stata capace di fare alle persone. Questa gente di cultura cosa professò? Ma che vollero processare e professare?

Non vanno bene perciò i 5 Stelle ma non vanno bene nemmeno questi falsi ipocriti che prima parlano del PD da mezzi comunisti pacifisti, incitando alla rivoluzione del volersi tutti, appunto, bene, ma poi li trovi a togliere le stellette al prossimo con le loro sbrigative recensioni.

Sì, ci voleva una fortissima reazione indimenticabile. Un’impietosa lezione.

Sarebbe questa la gente che si dichiarò e ancora, ottusamente, si dichiara progressista, che va dai giovani di vent’anni e gioca, sadicamente, con le loro intime emozioni, ricattandoli psicologicamente perché a quell’età devono farsi il culo e come schiavi lavorare?

Ma che razza d’insegnamento è mai questo? Questa si chiama demagogia. Allora, cambierò religione e pregherò alla sinagoga, no, nella moschea, lontano da queste fastidiose mosche che si fingono, appunto, comuniste come quelli di Mosca, ah, sì, persone sedicenti da Cremlino ma in verità vi dico che preferisco a costoro, cioè gli impostori, un morbido gelato al cremino.

No, questa gente da me non avrà più nulla, nemmeno il reddito di dignità. Quella dignità per cui si riempiono la bocca e quella bocca ora per sempre cucita. Come si fa coi pazzi che, sedati come cavalli, sono rimasti distrutti.

Capitolo due: il celeberrimo, chi non lo conosce, auto-inganno di cui parla la borghesia stagna con la piena panza, gente che fa pena e che mi ha davvero rotto le palle abbastanza

Per molti anni, praticamente una ventina, ho sempre pensato che quando gli altri mi dicevano che, se non facevo certe “cose”, mi auto-ingannavo perché, in verità, le desideravo, ne soffrivo la mancanza e trovavo l’alibi, da loro chiamato scappatoia consolatoria, per sviare altrove, incenerendomi nella solitudine o esaltando la mia depressione a contraltare dei miei limiti patologici, chiamati genericamente o forse geneticamente disagi psicologici, magnificandomi nel fare il misantropo a tutti i costi a mo’ di rinnegazione capricciosa delle mie intime aspirazioni frustrate, sì, uso il passato remoto adesso, malsanamente e ingenuamente vi credetti.

Si chiama suggestione. Essere suggestionabili però dinanzi alla falsità delle facili deduzioni.

Guardate, lo dico dal più profondo del malincuore, sino all’altro ieri volevo persuadermi che io avessi torto e loro ragione.

Ma ho soppesato, nelle scorse ore, un’attenta, psicanalitica considerazione, un’auto-riflessione atroce. Non sarei mai voluto arrivare a questa tragica consapevolezza. A questa devastante conclusione.

Purtroppo, avevano torto. Sì, ho scritto bene. Ho detto purtroppo.

Perché, ribadisco, mi sarebbe davvero piaciuto che avessero avuto e abbiamo semmai tutt’ora piena ragione.

Poiché sarei stato e sarei un semplice coglione. Basta un po’ di eiaculazione e vedrai come ti passano le paturnie con una scopata d spontanea erezione. Oh, prendila come viene, mi dissero. Ma che vogliono dire? Non sanno parlare.

La verità è molto più grave, ancestrale, incurabile. Io non sono mai inculabile, al massimo m’inculo da solo.

Una verità destinata a macerarmi nell’animo più di come già nella totale alienazione sprofondai, annegai, m’intorpidii da tempo immane.

Tutto ciò per cui mi prodigo scrupolosamente per ottenere con vigore e determinazione, ahimè, si concretizza e si avvera con sempre maggiore mia intuizione.

Tutto ciò che inconsciamente non mi piace, invece, non (av)viene. Sì, il sesso non è che mi prenda molto. No, manco per il cazzo.

Ora, se avete lo stomaco forte e non siete malati di pregiudizi, vi spiego bene. Se voleste stare a leggere, a sentire e ad auscultare le ragioni del mio cuore, vi spiegherò tutto con coraggio, schiettezza e franca coscienza, con sana potenza. Con ponderazione. Potete dire anche ponderatezza.

Sì, so che state già ridendo, anzi, voi dite… sorridendo. Deridendomi, no, ora siete maturi e adulti, snobbarmi, sì. Prendere questa mia uscita (uscita da che?), mie checche, come l’ennesimo mio al lupo, al lupo ché poi tanto non succede niente?

La mia vita affettiva e sessuale è finita. Non c’è alcun rimedio né soluzione. Ora arriva la mia sincera costernazione.

Al che, un mio amico buontempone, goliardicamente provocatorio e giocherellone, per sdrammatizzare la serietà della mia succitata affermazione, esplode con un:

– Ah, perché mai iniziò? Ah ah!

– Purtroppo c’è sempre stata. Ora ti dico. Ciò non è inquietante, è invero terrificante. Rimarchiamo il rimarchevole.

– Dimmi pure. Onestamente, sono rimasto un po’ indietro con la tua vita. Sai com’è. È già incasinata la mia che se stessi a preoccuparmi di ciò che accade nella vita degli altri, ah, starei fresco.

Comunque, hai la mia attenzione. Ti do però mezz’ora. Ce la fai?

– Eh certo. Mi sa che ho ragione io, dannazione.

– Cioè non è mai stato un problema di timidezza, chiusura e quant’altro? In effetti, mi sa che forse è così come dici tu. Le persone timide non si scagliano contro uno alto due metri e gli saltano alla gola a costo poi di prenderle e finire, se va fatta bene, al traumatologico oppure, se va fatta male, al cimitero. Sì, certo, l’altro da te aggredito, eh già, sarebbe finito all’ergastolo ma tu saresti finito del tutto, diciamo.

– Già. Ho pensato a quanto t’ho detto in seguito al mi piace su Instagram di Francesca Dellera.

– Francesca Dellera. L’attrice?

– Attrice di che? Ah sì, come attrice del cazzo è da trecento Oscar l’ano.

– Sì, comunque lei? Quella de La carne?

– Ecco, appunto.

– Ma ancora campa, Francesca? A proposito, il ritornello di Lucio Battisti e Mogol… Francesca non ha mai detto di no… fu scritto per la Dellera?

– Ma che cazzo dici? Sì, comunque non è tanto vecchia. È dell’ano, no, anno 1965. Diciamo che, cinematograficamente parlando, a livello qualitativo, l’ha preso in culo da tempo immemorabile ma non mi addentrerei in compenetrazioni da psicanale, no, psicanalisi. Sarà cascata in depressione, le saranno cascate le tette. Sarà stata economicamente messa a novanta, alle strette. Che cazzo ne posso sapere, io?

Sono andato a fare delle ricerche in merito ai suoi mariti, no, flirt. Ha un carnet appunto carnale mica male. Insomma, da maiala. Donna dolcissima, ispirò a molti uomini, pensa, il crème au caramel. Sì, lei si è fatta tutti. Dai buzzurri che fumano le Camel ai gobbi come i cammelli, perfino Benicio Del Toro, eh sì, nomen omen, Delon Alain, anche se Alain nega d’averla inchiappettata bellament’, Berlusconi ovviamente e pure Christopher Lambert, specializzato in cosce e minigonne, vedi le sue relazioni della minchia con Parietti Alba e Diane Lane. Ah, Christopher, uomo che sa scaldare le donne meglio di una maglia di lana.

Fatto sta che Lambert, secondo me, è un attore di merda e, nonostante questo popò di figotte, un povero Cristo. Diciamocela!

Ah, guarda, Francesca è una che ha perennemente lavorato duro. Sì, si è fatta il culo per avere tre ville al mare. Si capisce.

Dal 1986 al 2006, poi non ha fatto più un cazzo, come no, ha girato la bellezza di sette film, due miniserie e forse però un milione di seghe dei suoi fan incalliti.

Sì, un sex symbol degno di notte. No, di nota. Donna indubbiamente un po’ mignotta ma, comunque sia, faccia quel cazzo che vuole. Non la giudico.

Detto ciò, asserito questo e non il mio in Francesca inserito, i titoli dei film da lei interpretati sono lo specchio della mia vita da depresso anale, no, annale.

Sì, Grandi magazzini, ovvero i centri commerciali ove vado quando sono annoiato per guardare le vetrine, aspettando l’ora di cena.

Capriccio, appunto, peccato veniale di cui vengo accusato dall’età di 14 anni in poi.

Roba da ricchi: sì, sono pure colpevolizzato se sto male. La depressione, in Italia, viene considerata una vergogna nazionale. E ti urlano che solo chi ha i soldi può permettersi di sputtanarseli, andando a fare chiacchiere con gli psicologi.

Qui si paga alla Romana. L’Italia è un Paese di falsi e, appunto, se sei diverso dagli altri, ti dicono che ti auto-inganni e ti danno della bugiarda.

Insomma, un Paese ove se non ti spacchi il culo, facendotelo/e, se aspetti il sabato sera per andare con un mignottone come la Dellera, ti fanno le smorfie come se tu fossi un bimbo, vale a dire L’orso di peluche.

Sì, a me ne diedero tante. Già pienamente adolescente, registrai dalla tv il film 4 cuccioli da salvare. Perché è un film commovente.

La gente stupida alluse malignamente:

– Ah, e chi sarebbe il quinto cucciolotto? Tu? Ah ah.

 

Sì, vidi giusto nella mia coscia e (in)coscienza, anni fa, quando decisi di mandarvi tutti a fare in culo.

Dopo che mi sverginai, impazzii davvero.

Di solito succede il contrario. Sì, per voi. Per me fu traumatico. Sì, dopo la prima volta, scopai molto. Questo va ammesso.

Ma persi la mia poesia. Quindi, fottetevi.

Vedo ora il mondo per quello che è.

Un mondo ove vendereste pure vostra madre al demonio al fine soltanto di dare un bacio alla Dellera. Io, pur di dare un bacio alla Dellera, venderei comunque il nuovissimo Blu-ray di Angel Heart che ho appena pre-ordinato. Tanto costa poco, 20 Euro, posso ricomprarlo. Ah ah.

A parte tutto, sì, non mi piace tanto il sesso. Non sto scherzando. So che questo può turbarvi. Ma scusate, se non turba me, a voi che cazzo frega? Per caso volete incularmi?

Finisco con questa:

– Stefano, non capisco perché tu ti ostini a inserire video sul tuo canale YouTube. Ho appena visto il tuo ultimo. Ho visto pure che l’hanno visualizzato solo dieci persone.

– Vedi? Ti sbagli un’altra volta. Sono undici, considerando che tu l’hai appena visionato.

Ah ah.

 

Comunque, fedelissimi e stronzissimi, dopo il mio Cuore angelico… tenere tenebre sanguigneIl diavolo è un giocattolaio Il candore svelato, libri che potete trovare in vendita su Amazon e sulle maggiori catene librarie online, sto terminando il quarto romanzo a tematica faustiana e diabolica.

Purtroppo, ho la stessa faccia da culo di Mickey Rourke. Volete farmene una croce?

Eh sì, quest’anno sarò fra gli accreditati stampa a Venezia per il Festival.

Ma reggeremo sino a fine agosto o questo stival’ cadrà a pezzi come la stessa Venezia sommersa dalle acque?

Chissà.

Adesso, vado a leccare un gelato.

E forse anche qualcos’altro.

 

di Stefano Falotico

 

angel heart blu ray

Esce o no il trailer 2 di JOKER? Vi spiego come funziona il Festival di Venezia perché Marlon Brando è sempre lui e io sono l’ultimo dei mohi(ri)cani


09 Aug

joker phoenix

brando coraggioso

 

Ma quale Carlito’s Way e Giannini!

Ora, mi devo organizzare per il Festival. Per la 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Luogo ovviamente destinato a uomini del mio rango. Precluso invece ai mocciosi simili agli oranghi.

Io sono l’espertone.  Colui che conosce a menadito anche il vicolo cieco ove ti andrai a (im)bucare. Ah, lì si bruca… si fa melina.

Guardate, chiariamoci. Si chiama Festival di Venezia ma non si tiene propriamente nella città marina per eccellenza. L’unica sul mare di tutto il mondo. Amsterdam e la piccola Comacchio sono sulla terraferma. Che poi abbiano più canali di Venezia è un altro discorso.

Com’è un altro discorso che voi vi rechiate ad Amsterdam per un turismo sessuale, diciamo, dietro le veneziane delle vostre bugie inconfessabili.

Ad esempio, un mio pro-cugino ora è felicemente sposato con prole a carico ma sua madre era ossessionata dal fallo, no, fatto che fosse rimasto vergine sino a trentacinque anni suonati perché non s’era mai ufficialmente fidanzato fino a quest’età.

La verità dei suoi sverginamenti io la seppi quando mi confidò che a vent’anni, giù di lì, andò dal Papa, no, a Praga per visitare certamente la Staroměstské náměstí, detta italianamente, in modo nazional-popolare, Piazza della Città Vecchia. Ecco, a poche centinaia di metri da questo luogo elegantissimo, passeggiano oppure sono ubicate in case molto intime, discrete e riservate delle donne poco da San Nicola. Santo a cui dobbiamo la favola di Babbo Natale. E ho detto tutto.

Quando si dice… le madri conoscono i figli meglio di nessun altro. Macché. Io conosco suo figlio comunque meno della prostituta ceca con cui si sverginò.

Ah, io sembro cieco ma le mie trombe di Eustachio ascoltarono molto bene il realistico, quasi tangibile per come me lo confidò in maniera sentita, come se ancora la stesse sentendo in quel momento, erotico racconto poco favolistico.

Sì, mio pro-cugino è un ottimo uomo. E in fondo non v’è niente di male ad andare con una donna di malaffare. Quasi tutti gli attori di Hollywood, cioè le persone maggiormente, attualmente tenute più in auge dalla società di massa, son stati a Troia, almeno una volta in vita loro.

Pensiamo al dio greco Brad Pitt. Oltre ad aver recitato in Troy, credo che possieda un vero tallone d’Achille.

Sì, caro Brad. A me non la dai a bere. Fra una Juliette Lewis e una Jennifer Aniston, fra una Gwyneth Paltrow e un’Angelina Jolie, a qualcun’altra, suvvia, fra un drink e l’altro, un Martini di George Clooney con ghiaccio e un Vi presento Joe Black, l’avrai dato a bere, appunto.

Ah ah. Da cui il film Vento di passioni. Molti l’hanno dato a una che la dà volentieri, qui, in Italia, vale a dire Gabriella Pession. Sì, siamo sicuri che questa Gabriella sia donna letiziosa e virginale d’arcangelo Gabriele e da miniserie tv come Jesus o Don Matteo? Mah, a me pare spesso solo in minigonna per la prima segata, no, serata in passerona, no da passerella.

Sì, l’umanità è perlopiù un allevamento di bestiame nella fattoria del Montana come recita la trama di Wikipedia di Legends of the Fall, appunto.

Sì, film di Edward Zwick che piace agli uomini del Sagittario molto tori come Brad Pitt. Nato lo stesso giorno di Steven Spielberg, ovvero il 18 Dicembre.

Eh, però c’è una bella differenza fra questi due bei biondini. Steven realizzava film magici per bambini, Brad piace a tutte le bambine che si fanno, immaginandolo nel loro letto, dei film più avventurosi della saga d’Indiana Jones.

Sì, in Italia la gente ancora crede agli oroscopi. In verità vi dico che dovrebbe credere ai gemelli omozigoti Longo.

Sì, i Longo erano i miei idoli ai tempi delle scuole medie. Erano identici, spiccicati, come si suol dire.

In prima media, uno dei due gemelli sedette al mio banco, sì, era il mio compagno di banco. Mentre quell’altro, suo fratello, frequentava un cattivo branco. Ah, ragazzo di tutt’altra classe…

Sì, quindi sfatiamo anche la diceria secondo cui la famiglia è all’origine della maleducazione dei figli.

Scusate, se fossero stati eterozigoti, avrei potuto darvi ragione. Se vi dico che erano fisicamente identici, tranne quando uno dei due mangiava un piatto di maccheroni fumanti, ingrassando qualche chilo solo duecento grammi, e l’altro no, dovete credermi.

I genitori, presumo, vista la loro identicità, che fossero gli stessi.

Allora perché uno era a modo e l’altro fuori dal mondo?

Sì, finiamola. Quando sento dire che tutti i disagi giovanili nascono in seno alla famiglia, mi arrabbio. In realtà, i problemi del gemello Longo più malalingua nacquero da quando lui leccò precocemente il seno di una che era già avviata a prenderlo in culo.

Comunque, conosco il Lido di Venezia come le mie tasche. Nelle mie tasche, non ci sono molti spiccioli, le palpo con vellutata dolcezza con la stessa delicatezza di uno che accarezzi le cosce di una donna per l’ultima volta con un po’ di eccitazione mista a un’insopprimibile tristezza. Poiché sa che, così come non ci sono soldi neppure nel taschino del giacchino, domani non ci sarà neppure un’altra donna gratuitamente disponibile a consolarlo perbenino.

Quasi tutte stanno infatti con quelli pieni di baiocchi. Sono di un’altra tribù. Sì, vivono nel mondo delle meraviglie come Lucignolo del Paese dei Balocchi. Molte di queste sono o(r)che ma stanno sempre in occhio al portafogli. Ammanicandosi alle regole aziendali del più potente, soprattutto a loro generoso industriale caloroso. Forse sessualmente deficiente ma comunque parecchio abbiente. Sì, questa è gente che sta sempre a bere, no, bene. Ah si sa, è quello l’ambiente.

Io faccio fatica ad ambientarmi anche con me stesso e conduco una vita da topo. Figurarsi con certe grosse tope come potrei (non) trovarmi, tope indubbiamente molto belle ma dette più volgarmente ma forse anche più sinceramente zoccole.

Se riesco a rimediare qualcuna del sesso a me opposto senza elargire alle mie amanti nemmeno una lira è solo per merito del mio talento lirico da poeta romantico, sganciato da ogni linea editoriale, senza un nichelino ma con addosso il nichilismo perpetuo dell’uomo eroticamente mansueto. Che adocchia tizie come Madeleine Stowe e, grazie al magnetico fascino dei suoi occhi neri alla Daniel Day-Lewis dei poveri, appunto, qualcuna intasca con grinta animale. Eh, ‘na roba. Poi non curo nemmeno il mio guardaroba, figurarsi se posso andare a ruba o ballare con una cubista a Cuba.

Odio ogni lupa in quanto mannaro, più che altro sono un vivente mannaggia che s’arrangia, stando lontano da ogni magnaccia.

La mia dolcezza non si può discutere, non ho bisogno di circuirle e plagiarle, regalando loro ville da laureati villani.

Incarno l’apoteosi del ribelle bello per antonomasia. Che bacia una donna sotto una cascata non di diamanti ma di altre amanti scroscianti solo di risate e lì poco grondanti.

Sì, conobbi una piuttosto normale. Lei desiderò che fossimo soli, bollenti come il più rovente sole, nei rivoli della nostra acqua sgorgante ma dietro le rocce del mio calore si nascosero altre donne senza candore che attentarono a farmi colare, no, crollare del tutto.

Sì, furono talmente provocanti che, a forza di cattive, allusive loro provocazioni coi loro doppi sen(s)i a mo’ di presa per il culo, mi convenne andare a vivere in una riserva indiana come Kevin Costner di Balla coi pupi… Sì, coi pupi. E, peraltro, un cazzo lo stesso venne.

Io sto simpatico a tutti, anche a Francesco Totti.

Sono più acculturato di cento dottori laureatisi a Oxford ma, chissà come mai, non potendo presentare alcun pezzo di carta che attesti e comprovi nemmeno quanto sono provato, rimango soventemente, poco soavemente, diciamocela, inchiappettato.

Che poi anche questi critici di Cinema col titolo della minchia non capiscono un cazzo, appunto, della Settima Arte.

Sì, il laureato medio, soprattutto spuntato e cagato male dal Dams, è assai arrogante. Con la supponenza cattedratica del suo scibile presuntuoso, impone il suo sapere dall’alto del suo pessimo alito e spera di arrivare solo a quella… ma io trascendo come un film di Terrence Malick questi uomini insinceri e, mentre loro mi leccano… il moccolo, sono a cena a lume di candela con le loro fidanzate poiché la mia ottima cera, eh sì, una volta c’era, scomparve per molti an(n)i ma c’è tuttora, ancor intatta, sempre pronta a cornificare ogni fraudolenza delle megere. Sì, le streghe vorrebbero castrarmi ma io me sbatto altamente.

Sono colui che mette non solo il dito fra moglie e marito. Io sono peccante, piccante, spesso onestamente auto-ficcante. Nel senso che mi fotto da solo. Come già detto e (s)fatto.

Se non mi va di fare qualcosa e di farmi quelle da me amate anche solo col pensiero, anche perché ricevo soltanto pene, è solamente perché le mie donne trasognate hanno i loro cazzi. Appunto.

Sì, pretendo quella sposata e culturalmente sistemata. Ma, in fin dei conti, che me ne faccio di un’insegnante che lava i piatti, smacchia i lavativi e che è lasciva solo dopo aver asciugato le posate? Cioè le sue colleghe ancora più frustrate di lei. Sì, sono talmente frustrate che hanno oramai solo fame da buone forchette del salame del macellaio, non quello del marito che le tradisce con delle porchette nel suo pollaio.

Sono terribili queste donne. Passano le loro giornate, scambiandosi confidenze da cornute che non conoscono più l’aroma (det)ergente dell’uomo che delle fallite non si accontenta e, da esigente, pretende migliori pretendenti.

Sì, uomo intelligente senza precedenti. Tant’è che nessuno/a lo caga e, sporcato da tanta indifferenza, non ha più niente. Nemmeno i soldi per lo spazzolino e per potersi, dunque, pulire i denti.

Un uomo decadente, eh sì. Mi pare ovvio. A me pare anche che mangi solo le uova.

Sì, c’è più gusto nella masturbazione, nel farsi la sega soprattutto mentale. Poiché, una volta che l’amplesso s’avvera, m’immalinconisco e, nel tramonto più languido della rossa sera, dopo tanta scaldante serra, medito melanconicamente a quel che sarà un domani quando, all’alba, Sara se ne andrà e solo sarò ancora come ieri nel mio emozionale deserto del Sahara. Se mai fui, eh già, non in lei ma in me. Sì, perché non l’avrei mai scopata se fossi stato sobrio. Lei mi ubriacò in virtù della sua danza del ventre da donna poco virtuosa eppur, ardimentosa, ogni mia rigidezza… drogò e scalmanò, ammosciandosi poi in un urlo placidamente declinato al gemito soddisfatto come un uomo dopo l’acme dello svuotamento da richiamo della foresta e dopo troppe volgari feste.

Sì, guardate, scopare non è un granché. Tanto domani devi farti un’altra volta il culo. E poi s’insudicia tutto a terra. Bisogna lavare il pavimento, dar di bianco sul cemento e andare a far ancora la spesa, sperando d’incontrare un’altra cassiera che ti abboni lo scontrino del suo dessert del dopocena.

E che fai? Diventi fan dello youtuber lambrenedettoxvi? Uno che ha da poche ore rilasciato un video declamatorio, demagogico e illogico, intitolato Ragazzi di vent’anni per voi è finita, in cui nel suo caravanserraglio di scontate scemenze a buon mercato, urlando come un venditore del rione ortofrutticolo, grida appunto che lui aveva già capito tutto dai tempi della caduta del muro di Berlino.

Che c’entra la caduta del muro di Berlino e la fine dello sciovinismo col suo discorso ecumenico e cretino?

E poi ci lamentiamo che le ragazze sensibili come Christiane F. siano finite allo zoo e questo zoticone non sia stato ancora preservato dall’estinzione? No, tutt’altro. Fa anche il gran signore.

Fa di tutta erba un fascio. Ma a quale schieramento ideologico appartiene? Sì, è un fascista, un fancazzista o, come molti paraculi, un equilibrista? Quindi, lo assumiamo al circo come trapezista. Anzi, sbattetelo nella gabbia dei leoni e poi la finirà di fare il volpone.

Sì, lui sostiene che la sua azienda è ferma da mesi e che è dunque nella merda. Attesta, con tanto di attestato, che gli scrivono tremila persone al giorno. Sì, un quarto degli iscritti al suo canale. Col quale, grazie alle migliaia di visualizzazioni in cui sputtana tutta la politica italiana, diffamando dal primo all’ultimo parlamentare col suo folcloristico, carnevalesco modo di fare da fanfarone, pensa che io sia, come tutti gli altri del porcile generale, un coglione da (s)fottere in maniera sesquipedale.

No, lui guadagna grazie alla partnership e alla pubblicità dei suoi fedelissimi adepti analfabeti, aumenta il suo conto in banca coi clic delle persone disperate e/o annoiate che rendono la sua rendita più remunerativa degli stessi enormi numeri che dà nel suo sciorinato, vomitato campionario di luoghi comuni peggiori di quelli del lido di Venezia.

Questa gente mi ha davvero rotto il cazzo.

Gente che campa coi contributi interstatali di quelli che non sono neanche provinciali contribuenti poiché, nella loro frazione denuclearizzata, sono tutti scoppiati più della bomba atomica.

E, deflagrati totalmente, passano le giornate a rifarsi una vita? No, gli occhi sulle bombe dell’ultima modella di Instagram che, almeno per mezz’ora abbondante, riscalda le loro ansie da maggiorata per mentali minorati. I loro sogni perduti caldeggia, incitandoli all’azione… spronandoli forse solamente alla masturbatoria eiaculazione del dolce far niente dalla prima colazione all’ultimo cazzone. Ah, questi sono i più fortunati. Ad alcuni, talmente distrutti, sedati da psicofarmaci antidepressivi potentissimi, nemmeno più tira. Al massimo possono rimediare… una notturna polluzione nel momento in cui finalmente se la dormono quando, invero, è dalla nascita che se la son dormita.

Ah, se la tirano pure, appunto.

Contatto l’ufficio stampa della Biennale, chiedendo come mai si stiano attardando quest’anno a diramare il calendario delle proiezioni. Sì, il programma ufficiale è uscito ma che ne facciamo del “palinsesto” se non sappiamo a che ora e in quale giorno programmeranno, che ne so, Ad Astra?

Come dire? Sì, parcheggi davanti a una multisala, sai quale film vuoi andare a vedere. Entri, stai per dare i soldi, appunto, alla cassiera ma lei ti dice che non sa quando inizierà lo spettacolo.

Peraltro, hai pure sbagliato giorno perché il film che volevi vedere, cazzo, lo danno il giorno dopo ma ancora non sanno perché forse non lo daranno neppure domani.

Sì, non s’è mai vista una cosa del genere. Riusciremo almeno a vedere Joker?

Siamo quasi a Ferragosto e il Festival inizia fra circa quindici giorni.

Hanno aperto le biglietterie di Boxol.it a che pro?

Quest’anno sono un accreditato stampa. Perciò, Boxol stavolta non mi serve. Ma, essendomene iscritto anni fa quand’ero un comunissimo spettatore pagante, ogni anno mi spediscono le notifiche automatiche.

Mando allora una mail alla direttrice dell’ufficio. Mi risponde che oggi dovrebbero diramare, sul sito ufficiale della Biennale, il calendario con tutti gli orari precisi.

Però, sarà quello destinato al pubblico degli spettatori paganti. Il calendario per gli avvantaggiati, cioè gli accreditati, non si sa quando uscirà.

Avvantaggiati di che?

Lo spettatore normale non è costretto a guardare un film per lavoro. Se non lo ispira, come si suol dire, non ne prende il biglietto.

Il critico invece, categoria a cui quest’anno ufficialmente appartengo, grazie alle mie giornalistiche collaborazioni sempre più intense, deve obbligatoriamente guardare anche i film che, istintivamente, non lo stuzzicano. Sennò, lo licenziano.

Come dire… traslando la stronzata succitata… devi scoparti una orribile altrimenti poi non avrai i soldi per pagarti da mangiare e mi sa che sarà molto dura anche scopare solo a terra.

Forse rivedrò anche il mio amico Johnny Depp. Il signor Johnny lo vidi due volte a pochi centimetri da me. La prima volta per La vera storia di Jack lo Squartatore, la seconda per Neverland – Un sogno per la vita.

Non scherzo, entrambi questi film furono presentati a Venezia. Tu, invece, non sei più presentabile neanche per tua sorella. Fidati.

Mah, comunque dalla vita ho capito che è inutile farsi troppe illusioni. Puoi sognare, va benissimo, puoi crearti l’isola che non c’è, startene nel tuo mondo immaginario come Sir James Matthew Barrie ma se svolti l’angolo potresti trovare la tua ragazza sgozzata da un maniaco assassino come Jack the ripper.

A me fortunatamente questo non è mai successo.

Ad esempio, nel 2003 conobbi una di Trieste di nome Roberta. Già ve ne parlai, giusto?

Lei era impaurita da un tizio che abitava nei suoi paraggi. Secondo lei, prima o poi al buio, al suo ritorno dal lavoro, l’avrebbe aggredita.

Le chiesi se sapesse dove abitasse quest’uomo nero delle favole.

Al che, mi recai sotto il suo portone. Suonai al citofono di tale Charles Manson di quartiere.

– Chi cazzo è a quest’ora?

– Senta, può scendere giù? C’è un pacco regalo che l’aspetta.

– Non è possibile. Il corriere SDA non fa consegne a quest’ora tarda della notte.

– Ha ragione. Comunque scenda, le devo parlare. Ho bucato le gomme della macchina. Mi serve qualcuno che m’aiuti. Non ho trovato nessuno in zona a darmi una mano.

– Va bene. Se però è uno scherzo o lei è un malintenzionato, giuro che chiamo la polizia oppure la riempio di pugni.

– Ma si figuri. Non ha nulla di cui preoccuparsi. Esca, forza. Ne uscirà sfigurato?

– Senti, testa di cazzo, adesso scendo e te le suono.

– Ah, a proposito, prima di suonarle a me, metta a posto il citofono. Ho dovuto spingerlo cinquemila volte. Poi ha funzionato. È un po’ come lei, sa? Lei è suonato da un pezzo ma se la canta da solo.

– Ora hai esagerato. Aspettami, figlio di puttana. Non scappare, eh?

– Ah, ci mancherebbe. È lei che dovrebbe di più scopare.

– Basta! Fra due minuti ti ammazzo!

 

Lui scese.

– Scusi, è lei il maniaco che spia Roberta?

– Ma che dice? Ora ti spacco la faccia! Vedrai poi che faccia farò, riderò come il Joker.

– In effetti, ha ragione. Con la faccia che ha, lei spaventa solo sé stesso.

 

Ecco, quest’aneddoto è di pura invenzione ma comunque è vero che fu un bel periodo quel 2003 con Roberta.

Indubbiamente ero un bell’uomo, quasi quanto il Depp. Anzi, il confronto con lui non regge, sebbene anche Johnny sia uno lontano dal gregge e soprattutto da lei, signora, ché mai legge.

Ovviamente lo batto con la sola alzata birichina del sopracciglio sinistro accentato su un’espressione da Mickey Rourke senza rimmel. In quanto io sono sempre (al) naturale.

Molte donne fanno a gara per vedermi en nature.

Ma, scusate, alla verdura appassita di queste squallide fruttivendole, preferirò sempre la mia (s)fregatura.

Ora, in Sala Grande danno i film in Concorso alle 20.30, al PalaBiennale gli stessi film mezz’ora dopo.

II film invece che voi, poveri illusi, vi fate ogni giorno, lo programmano soltanto dallo psichiatra presso cui siete in cura.

E ve lo posso dire? Anche in culo.

Sì, posso andare avanti alla meno peggio, alla bell’è meglio ma mi sa che, visto che non mi sputtano, quindi non farò mai il gigolò a pagamento, dato che non rispetto i prostitutori appuntamenti, in questo sistema di venduti, mi servirà un atto da Coraggioso…

Ricordate: Sansone crollò ma fece crollare tutti i filistei, cioè il mondo intero, i falsi e gli ipocriti.

Distruggendo sé stesso ma massacrando anche tutti coloro di questo temp(i)o.

Concludo con una cosa molto triste ma vera come la vita.

Successero parecchi casini qualche anno fa. Io reagii a delle scriteriate, stupide provocazioni, volendo fare il giustiziere della notte.

Mi chiamò il PM.

– Senta, Falotico. Ho capito. Lei è molto incazzato, ha perso la testa perché qualcuno la sta stalkerizzando in maniera vigliacca.

Però ci sono molti però. Non ha molte prove alla mano e sa meglio di me che, anche se si ha ragione, non si possono combinare casini.

Allora, le sarò franco. Le posso dare un mese di arresti domiciliari oppure prescriverle una perizia psichiatrica.

Cosa sceglie?

– Lascio rispondere il mio avvocato.

– Avvocato, quale delle due opzioni crede che sia la più vantaggiosa per il suo assistito?

– Se prende i domiciliari, per quanto innocui e brevissimi, avrà la fedina penale sporca anche se, le ripeto, pubblico ministero, che il criminale è l’altro. Il mio assistito ha solo dato di matto. Perché il troppo è stato troppo.

– Allora gli prescrivo una perizia.

– Sì. Così se dalla perizia emerge che il mio assistito è rimasto scioccato in seguito a quest’osceno bullismo, verrà anche giustamente risarcito.

 

Il mio avvocato, ingenuamente, pensò di farmi del bene. Era profano in materia di giochini giudiziari.

Vi spiego. Se tale medico legale di tua sorella avesse scritto che ero solo incazzato ma sanissimo e, invece, il giorno dopo avessi davvero commesso una strage, lui sarebbe stato radiato dall’albo e sbattuto a dovere.

Dunque, per tagliare la testa al toro, scrisse che soffrissi di disturbo delirante paranoico.

E accadde una tragedia.

Ora, a me piace cambiare nella mia fantasia i finali dei film.

Prendiamo L’ultimo dei mohicani di Michael Mann.

Uncas è più debole dell’orco Magua. E Magua lo uccide. Al che, la ragazza di Uncas, Alice Munro si uccide a sua volta.

Il padre di Uncas fa un culo come una capanna a Magua. Cioè lo uccide.

Mettiamo invece che Uncas, miracolosamente, non fosse morto.

Dalla profondità del dirupo, avrebbe urlato a suo padre di fermarsi.

– Aspetta, lasciami riprendere, lasciami crescere. Se lo ammazzi tu, diranno che il mio paparino ha vendicato un bambino tanto debolino. Ci penserò io.

 

Perché Uncas, crescendo, avrebbe massacrato Magua.

Sì, ve la racconto.

Magua se ne sta nel suo covo.

– Sai, Magua, Uncas ti sta cercando.

– Chi, quel povero ragazzone coglione? Vuole morire sul serio, stavolta. Ah ah.

– Magua, Uncas adesso è molto più forte di te.

– Ma davvero? Ah ah, che ridere.

– Sì, in verità ti ha già trovato. È fuori da questa caverna. Ti sta aspettando. Vado a dirgli che lo raggiungi appena avrai finito la cena?

– Ah ah, ok.

 

Magua finisce comodamente di mangiare come un porco ed esce piano piano dalla caverna con un sadico, strafottente sorrisetto stampato in volto.

A quel punto, calano le tenebre.

Ecco, lasciate stare comunque le vendette.

E che volete fare? La fine di Samuel L. Jackson de Il momento di uccidere?

Gli idioti vanno perdonati.

E smascherati.

Bene loro è stato come un vestito rosa da femminuccia.

Un’onta indelebile come un trucco incancellabile da pagliacci orribili e mostruosi.

 

di Stefano Falotico
alice munro mohicans

 

 

TOM CRUISE in COLLATERAL è dio: perché è stato diretto da Michael Mann? No, finitela con la storia che pure voi sapreste essere degli dei se foste stati diretti da un cineasta divino


03 Aug

collateral cruise

Visto che uomo dotto e forbito che sono? SE FOSTE STATI DIRETTI.

Io ieri, con una ragazza bellissima, fui diretto. Lei stette per mandarmi a fanculo per direttissima ma io scelsi di perdere il treno con una littorina.

Sì, il diretto è troppo veloce, meglio un montante. Calibrato lentamente, ficcante, sprofondante, eiaculante in modo fornicante e piccante ma senza troppa fretta eccitante. Ah ah.

Ah, raccontate un sacco di stronzate. Sì, vi prenderei a pugni, mie pugnette.

Millantate talenti da dietro una tastiera. Anche io dietro una tastiera sono Shakespeare. Sì, lo sono davvero. Anzi, la mia prosa è perfino più tragica. Ah ah. Assomiglia anche a quella dell’Alighieri, uomo che sprofondò nelle tenebre e, nella sua solitudine arcaica, reinventò la Lingua italiana in maniera aulica. Anche se, essendo più solo di Dostoevskij, dai suoi demoni interiori partorì un Inferno.

Ah, Dante in cuor suo sognò sempre di ascendere paradisiaco in quella di Beatrice ma la Bice non amò mai carnalmente quest’Alighieri, uno che, nel suo delirio d’onnipotenza da superuomo, anticipò anche molte teorie di Nietzsche.

Dante si morse le mani e si spaccò pure un dente ma perseverò pervicacemente e indefessamente nel suo Purgatorio, malgrado Beatrice l’avesse spurgato e, sinceramente, l’avesse sporcata con qualcun altro più ardente e bollente come le fiamme più scaldanti che si trovano nel magma lavico delle vostre vite oramai, diciamocelo, bruciate.

Di mio, infatti, allestisco drammi letterari di matrice scespiriana, ispirandomi ai migliori film di Kenneth Branagh. Ne respiro le rarefatte atmosfere, le introietto nei miei canali percettivi, le deglutisco, le assaggio e snocciolo fra le labbra della mia sensibilità femminile tendente a scoparle da maschilista pompante, quindi virulentemente e potente le vergo come un nero su una bianca. Poi, lascio che le emozioni, in me inoculate come in Videodrome, diventino carne poetica della mia anima incendiaria, lasciva, impudica da marchese de Sade.

Sì, su Facebook, colto dall’entusiasmo nei confronti di Tom Cruise dopo aver rivisto la sua magnetica performance in Collateral, ho scritto che non dovete mai più offendere Tom.

In molti infatti lo considerano ancora un attore mediocre nonostante il suo carnet prestigioso e inviolabile di grandi film ma anche di superbe sue interpretazioni.

Ecco, prendete certamente Top Gun e il suo Maverick e datelo in pasto a Vittorio Sgarbi. Lui, in tal caso, avrà ragione a insultare Cruise, urlandogli villanamente… capra, capra, capra!

Caro Vittorio, lei fa però il gagà sul mio campo di battaglia, cioè la storia dell’Arte ma, onestamente, di Cinema e di Musica non capisce una minchia. Sì, non sa un cazzo nemmeno di altri argomenti. Neppure dell’altro organo genitale inversamente proporzionale al suo ego smisurato.

Quello delle donne scultoree ove lei, si fidi, non sa affatto il fallo, no, fatto suo. Lei ebbe infatti la facoltà universitaria, oserei dire, di leccare i buchi della Venere di Botticelli realmente incarnata in questa terra nostra sconsacrata, ovvero Casalegno Elenoire. Lei però, dopo pochissimo, lo lasciò, preferendo forse Rocco Casalino. Uomo di cervello piccolino ma, chissà, di qualcos’altro molto più del suo grandino.

In verità, Elenoire va pure con te, zotico scemino.

Sapete cosa disse Vittorio, in sua discolpa, quando Elenoire lo mandò ove sapete?

Vittorio disse che lei lo lasciò perché s’era fatta un tatuaggio. Dunque, un uomo della sua cultura, si sentì quel punto addirittura (dis) onorato dall’essere stato trombato da una tamarra con la pelle impiastricciata.

Ora, che Elenoire sia un’impasticcata, si sa. Lo ammette lei stessa. Che sia impiastricciata, pure. Ma io la impiastriccerei di più…

Sì, partiranno schizzi degni del van Gogh alla sua massima follia pittorica, un Vincent, come Tom Cruise di Collateral, dolcemente piluccante, affrescante eppur ardentemente scaldante come i rossi globuli più accesi della sera più abbrustolente. Volerà estremamente toccante il pen(nello) più pitturante per orgasmi impressionanti degni di nature selvagge dal floreale impressionismo schiumante.

Sì, date a Tom Cruise lo spumante. Può permettersi d’imbiancarle tutte con tanto di carisma da albino brizzolato e classe sfavillante.

In verità vi dico che Elenoire non si fece solo un tatuaggio, si fece altri uomini di più lungo raggio.

Forse pure il mandingo Jamie Foxx.

Da allora, per Vittorio furono solo miraggi.

Ora, arso più di Notre-Dame, pontifica da tuttologo, mettendo bocca su tutto tranne che su quella…

Sì, finitela con la favoletta che anche voi avreste recitato alla grande in Collateral se foste stati diretti da Mann, un grandissimo.

Gli attori presi per strada potevano funzionare nei film neorealistici-pauperistici di Pasolini.

Voi, sinceramente, non funzionate manco col vostro accattone pisellino.

Se vi do in mano una pistola calibro 20, non funziona lo stesso.

Sapete perché Tom Cruise è magnifico in Collateral? Perché Tom Cruise è uno stronzo patentato.

Quando dunque lo vedete alle prime che ride come un bambino di otto anni, non è lui. Sta usando una maschera.

Quando invece diventa cattivissimo, è un genio.

Perché Tom è un mostro… di bravura.

Altamente professionale, sofisticato, un veterano che s’è fatto il culo per arrivare ove è arrivato.

Voi parlate ma non sapete neanche in italiano parlare.

Figurarsi se potete solo sognare di spararle.

Vi racconto questa.

Anni fa, un demente di cognome Calzolari mi disse arrabbiatissimo:

– Stefano, allora non ci siamo capiti! La gente scopa, si diverte, va alle feste. Tu queste cose non le farai mai perché sei matto! Ora ci sei arrivato?

 

Rividi questo tizio al Medusa Cinema di Bologna. All’uscita della proiezione Nemico pubblico di Michael Mann:

– Idiota, ci provi adesso a dirmi quelle cose che mi dicesti anni fa?

– No, scusa.

 

Non successe niente. Lui si avviò verso la sua macchina, ridacchiando eppur malignamente ancora pensando:

– Solito coglione.

 

Al che, avendo io adocchiato la sua smorfia di derisione, aspettai che partisse con la macchina e lo seguii senza che se accorgesse, con decisione.

Arrivò a casa sua, parcheggiò e, quando uscì dalla macchina, a tarda sera, gli apparii io davanti.

Non lo sfiorai neppure.

Mai più si riprese da quella paura…

Infatti, dallo spavento, ha i capelli bianchi ora come Tom di Collateral.

Sì, ebbe di fronte uno che, con la sola occhiata sinistra, l’aveva già macellato.

Come diceva lui… uccellato e inculato.

Sapete, mi piace farvi divertire e fare il Joker.

Se pensate che lo sia davvero, lo sono.

WHY SO SERIOUS?

La faccia da culo è servita.

 

di Stefano Falotico

 

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76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: ne vogliamo già parlare di AD ASTRA, visto che voi, allupati e allunati come alienati, non ne parlate?


02 Aug

ad astra pittjoaquin phoenix joker

Sì, molti uomini non conosceranno la vita del loro padre manco se lo pagassero…

Parte prima, già parte in quinta! Poi ci sarà la disamina dei vari dottori Balanzoni dell’Emilia-Romagna con tanto di lasagne e forchettoni

Uno dei film da me più attesi della prossima Mostra del Cinema di Venezia è Ad Astra.

Per svariate, molteplici ragioni che qui vi esplicherò.

Innanzitutto, l’astrofisica mischiata a un astronauta con la faccia di Brad Pitt, uno degli uomini dal gentil sesso più terragno e non, eh sì, desiderato del nostro pianeta, è già metafisica quantistica, oserei dire mirabolante, fantasmagorica trascendenza pura logistica.

Sì, a moltissime donne ha fatto sempre impazzire Brad Pitt. Ma sono soltanto loro fantasie Devono, quanto prima, cadere dalle nubi e atterrare. Donne, siate terra terra!

Peccato, infatti, che solo pochissime siano state con lui. Già, a ben vedere, non è che poi questo marcantonio abbia avuto chissà quante relazioni, viste le sue proporzioni eroticamente disumane… Juliette Lewis, Gwyneth Paltrow, Jennifer Aniston, Angelina Jolie e qualche altra bagascia raccattata a C’era una volta a Hollywood.

Nessuna di queste donne da me citate mi risulta che, pur avendo assaggiato in maniera vivissima ed eccitata, il pitone di Pitt, sia finita in manicomio. No, tutte donne di prim’ordine, forse adoratrici del celebre stornello, no, ritornello di Vasco Rossi della sua intramontabile, da Brad Pitt mai montata, Sally:

è tutto un equilibrio sopra la follia.

Sono proprio quelle che l’hanno sempre voluto amare ma che, onestamente, al di là di qualche onanismo bestiale, hanno versato solamente lacrime amare, a essere finite in cura psichiatrica.

Da cui la versione femminista e tristissima di Fiorella Mannoia. Ah, noiosissima, comunque bella.

Ritorniamo ad Ad Astra. Sì, o a Ad Astra? Dubbio da dizionario della Crusca, mie donne. Suvvia, siate realiste, smettetela di farvi i viaggi. Forza, andate a buttare il rusco.

Ché poi, appunto, diventate troppo lunatiche, oserei dire matte. Ah ah.

A leggerne la trama, pare molto simile a Contact di Robert Zemeckis.

Avete visto Contact? Macché. Soprattutto voi, donne, vedeste Pitt e continuerete sempre a vedere Pitt col binocolo.

Una volta si diceva, invero però a voi maschi, che guardare senza toccare, cioè toccandovi e basta, poteva condurvi dall’oculista.

Sì, recatevi semmai da un analista, miei animalisti, cioè uomini toccati non solo in quello ma di conseguenza nel cervello. Voi donne, eh sì, invece con Brad sognaste perfino, da tempi annali, un duro a… le.

In questo, ha ragione Vittorio Sgarbi, date via il c… o!

Contact… è un ottimo film, forse un po’ troppo lungo con un finale pessimo da new age del cazzo.

Sì, la new age andava forte sul finire degli anni novanta. Basti vedere pure Mission to Mars. Secondo Brian De Palma, l’uomo discende da una razza aliena, probabilmente, ah ah, geneticamente ariana come Brad Pitt.

Sì, De Palma abbracciò le teorie secondo cui la Terra non fu partorita dalla scaturigine del Big Bang, nemmeno s’originò per scintilla divina nei sette giorni celeberrimi per cui, stando alle Sacre Scritture, Dio decise di generare l’uomo a sua immagine e somiglianza.

A sua immagine e somiglianza? Mah, vedo molti cessi in giro, di Brad Pitt solo uno. Uh uh.

E Adamo ed Eva? Mah, dovrei rileggere meglio la Genesi.

Ah, ma allora è tutta una questione di genetica. Che poi… io son convinto che da qualche parte, sperduto forse in un’officina-laboratorio biotecnico fra i monti o in mezzo a un bosco simile a quello de La casa di Sam Raimi, esista uno scienziato pazzo più di Robert De Niro di Godsend, che gioca a fare dio come il dr. Frankenstein e ha già creato tre copie di Bruce Campbell dei bei tempi.

Eh già, siamo nell’armata delle tenebre. Altro che nell’amore delle tenere.

Anzi, stasera vedrò Noah di Aronofsky per due ragioni. Quel panzone di Russell Crowe, nei panni appunto di Noè, ha il carisma di Mosè, Jennifer Connelly è una donna che se dovessero precipitare nei prossimi giorni, cazzo, dei violentissimi uragani, essendo un esemplare di femmina da preservare dall’estinzione, andrebbe subito ficcata nell’arca.

Sì, bisogna desiderare eccome la donna d’altri…

Sinceramente, Jennifer andrebbe ficcata e basta. Forse nell’aiuola. Sì, via quelle galline, spolverate e date lustro a Jennifer.

Sì, Jennifer ora s’è imbruttita ma, sino a qualche anno fa, avrebbe reso un uomo animalesco. Eh già, dopo aver fatto l’amore con Jennifer, un uomo medio sarebbe diventato La cosa di John Carpenter. Ovvero un assemblaggio orribile di tutte le razze animali più allupate.

Ah ah.

Sì, infatti quel cazzone di Paul Bettany, il suo uomo, se la tira di brutto. Quando si dice… ah, quello alza troppo la cresta.

Russell Crowe, Paul Bettany e la Connelly recitarono tutti e tre assieme nel film A Beautiful Mind.

Nel film di Ron Howard, Russell perse la testa e i testicoli per Jennifer, quindi il mio ragionamento non fa, sino a questo punto, anche sino a questa trapunta, una grinza. Sì, divenne schizofrenico.

Però a scoparsela realmente fu ed è Bettany. Come mai allora Bettany non è ancora impazzito?

Non è vero, basti vedere il finale di Master & Commander.

Entrambi, vale a dire Russell e Bettany, amareggiati, stanno in cambusa dopo essere stati, appunto, sballati, gasati, completamente fusi dalla Jenniferona.

Bevono un amaro, al che prende su parola Russell:

– Paul, che facciamo? Ci vorrebbe un po’ di musica. Mettiamo su Il mare d’inverno di Enrico Ruggeri/Loredana Bertè o Profumo di mare (The Love Boat) di Little Tony?

– Dai, Russell, versami un altro bicchierino e metti su, piuttosto, Boccherini.

 

Ad Astra di James Gray. Grande Gray.

La Connelly fu una delle protagoniste di C’era una volta in America, facendo girare, appunto, le palle a Noodles, mentre Gray girò C’era una volta a New York.

Che vi posso dire?

La mia vita è stata una Little Odessa, per anni fui uno dei Padroni della notte, ci fu persino un periodo in cui ebbi Two Lovers.

Sì, nonostante fossi già matto come il Joker, standomene chiuso nella cameretta, riuscii a scoparmi due tizie più fighe di Gwyneth Paltrow, appunto, e di Vinessa Shaw.

Ora ve la racconto. Anzi, ve le racconto.

Invero, fu solo una donna e mezzo.

La donna reale e intera è quella che vedete nel mio video, su YouTube, Il Joker ha mai avuto una ragazza?

Parlammo in chat per circa un mese. Lei mi chiese un incontro.

Ero terrorizzato. Lei mi aspettò sotto le Torri Asinelli. Io l’avvistai poi me la feci sotto e fui dunque un asinaccio.

Pensai che non mi avrebbe più parlato.

Invece:

– Ti ho aspettato per due ore. Faceva pure un freddo della madonna. Dove cazzo eri?

– Sono venuto.

– Ah, dentro di me sicuramente no.

– Volevo dire… che, sì, sono venuto ma non me la sono sentita.

– Senti, testa di cazzo, ti do un altro appuntamento. Non avrai una terza possibilità. Ficcatelo in testa, subito.

 

C’incontrammo davanti a un Blockbuster. Sì, a Bologna spopolavano questi negozi di videonoleggio. Ora, sono stati quasi tutti smantellati.

Tanto c’è Netflix.

Questa volta mi feci venire… le palle.

Furono istanti però estremamente imbarazzanti. Intirizziti, prestissimo rizzanti.

Pensai che sarebbe scoppiata a ridere ma ogni più negativa aspettativa fu da lei distrutta in tre secondi netti, infatti, di lì a poco finimmo a letto.

– Che fai? Te ne stai fermo come un trimone. Qui ho voglia di limone.

– Con me?

– Non sei mica brutto. Comunque, guarda, io abito qua vicino. Visto che non riesci a scioglierti, saliamo nel mio appartamento e ti preparo un caffè macchiato.

– Va bene. Dista molto la tua casa?

– Ti ho detto, è a due passi. Perché?

– Non so. Sono stanco.

 

Ecco, salimmo nel suo appartamento. Lei mi servì il caffè mentre io, in quegli attimi fuggenti e freddo-bollenti, desiderai solamente un tè ghiacciato. Lei però era già scalmanata e ardente.

Prima baciò la mia bocca con far ardimentoso e irrefrenabilmente smanioso, quindi passò alla lingua. Quasi mi spaccò un dente.

Quindi, bevuto che ebbi il caffè, la ringraziai e le dissi:

– Grazie. Ora devo andare.

 

Mi alzai e aprii la sua porta di casa. Scendendo le scale.

Che mi crediate o no, lei cacciò un urlo che le rischiò lo sfratto dal condominio:

– Ma allora sei proprio una merda! Torna qui!

 

Successe l’irreparabile.

Un arrostimento di carni con lei infoiata come una cavalla imbizzarrita mentre io, strapazzato, non capii un cazzo.

Fra l’altro, questo mio Falotico decisamente erotico avvenne nel 2006, durante i Mondiali di Calcio.

Io andavo sempre a trovarla a casa sua.

Dopo il girone di qualificazione, brillantemente superato dall’Italia, ebbi l’ennesima idea geniale. Sì, con lei stipulai un accordo.

Essendo grande intenditore del gioco della palla, avendo militato in una squadra calcistica-balistica a livelli distinti e stimabilissimi, proposi lei quanto segue in maniera amabilissima:

– Facciamo una cosa. D’ora in poi, ci vedremo tutte le partite dell’Italia. Dagli ottavi in poi… ebbene, se l’Italia passerà ogni volta il turno, a fine partita scoperemo, altrimenti ci guarderemo un film.

– Ci sto.

 

Nel 2006 l’Italia vinse i mondiali, se non ricordo male, no?

Nel 2008 poi m’accadde qualcosa di pazzesco.

Ecco, sino a un anno fa, pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia.

Sì, la prendo a ridere. Sennò vi dovrei spaccare la testa.

Comunque, detto ciò, al di là dei miei istinti rabbiosi, sono appunto Ryan Gosling di Drive. Anche quello di First Man m’assomiglia.

Uno a cui successe qualcosa di veramente nefasto e tragico, appunto, la morte della mia figlia.

A me invece avvenne la morte della mia anima.

Però, come Armstrong, come se nulla fosse, sono ancora una volta riuscito a fare quello che nessun uomo è mai riuscito a compiere.

Ecco, torniamo a Russell Crowe di A Beautiful Mind.

John Nash, morto nel 2015, fu uno dei pochissimi, miracolosi casi unici della storia.

 

– Stefano, hai scritto una donna e mezzo. Parlami della mezza donna rimanente.

– Ah, vero, scusa. Questa mia ex ragazza aveva la fissa per Brad Pitt.

– E quindi? Che c’entra?

– Le proposi un altro patto… le dissi, ecco… carissima, a te piace Brad Pitt di Vento di passioni, giusto?

Lei rispose: Eh certo.

Al che, io… mettimi una parrucca in modo tale che abbia i capelli lunghi come Brad. Tu vorresti essere, stanotte, la mia Julia Ormond?

Lei… eh certo.

Dunque, amico, vedi? Sono una donna e mezza Ormond.

O no?

 

Parte seconda: la vita di un padre che raccontò ai figli di essere un giornalista, invece era un alcolista da prima pagina

Sì, mi fanno ridere quei ragazzi che esclamano: ah, mio padre m’ha educato bene!

Che ne sanno loro del padre? Di chi fu prima che, attenendosi per ragioni economico-lavorative ai canoni probi della socialità civile, rinnegasse il suo precedente porcile?

Sì, vi svelo un’altra verità.

Molti figli idealizzano i loro padri. Poiché, essendone appunto i figli, impazzirebbero e si sentirebbero estremamente in colpa se volessero guardare in faccia chi li ha messi al mondo.

Vale a dire un padre poco valoroso, falsissimo, peggiore di Tom Hanks di Road to Perdition. Uno che ai figli ha raccontato per anni delle balle spaziali. Dicendo loro che è sempre stato un pedagogo intellettuale quando, invero, all’età dei suoi figli, era solo un impresentabile animale.

Che poi… non ci sarebbe niente di male nell’onestà (im)morale. È nella farisea menzogna che piuttosto si nasconde il maiale.

Sì, questi luridi panzoni partorirono mostruosità da imperdonabili freak selvatici. Non ci può essere perdono per gente così. Puoi al massimo biasimarli, compatirli e perfino, più di una volta, assolverli. Ma, con fiero disprezzo, senza sprezzo del pericolo, visto che la loro natura è malvagia, attenteranno ancora alla tua carne per sodomizzarti, soprattutto psicologicamente. Dall’alto, anzi, alito di chissà quale presunta, oserei dire unta e bisunta loro distorsione mentale sputante sentenze. Degli uomini, più che altro, sputtana(n)ti.

Ecco, prendiamo un caso plateale di essere di tal pazza razza.

Desiderò sempre che i suoi figli diventassero giornalisti, che si elevassero dal porcume generale.

Poiché, non essendo stato capace lui di arrivare a vertici da caporale, proiettò alla sua prole le sue ambizioni frust(r)ate.

Costui, ha mai confessato ai suoi figli il vero? Cioè che si spacciò, appunto, per giornalista quando in verità vi dico che era un messo, un portalettere tra un ufficio e l’altro della sua piccola, giornalistica ditta aziendale?

No, eh?

Sì, come Balanzone, millantatore di chissà quali premi Pulitzer ma in realtà un uomo meno che normale. Che però, una volta sistematosi in panciolle e larghe mutande, scriteriatamente cominciò a delirare sui giovani ancora a farsi, urlando loro cattivissimamente che dovevano andare solo a farselo, cioè duramente lavorare e trombare!

Senti chi parlò! Tale porcellino, assai nel cervello poverino, fu un frequentatore delle bettole assai poco belle. Ove si dette scostumatamente al bere, mangiando appunto come un suino. Un tracannatore.

Stette per essere dalla società scannato.

Fu allora che incontrò sua moglie. La quale, per salvarlo dalla cirrosi epatica e dalla sua visione delle cos(c)e poco empatica, lo iscrisse a un serale delle magistrali più demagogicamente scolastiche.

Al che questo qui si diplomò, tirò lo stesso a campare, lavorando quattro ore al giorno, svolgendo una “mission” da uomo che si fece perfino regalare la casa popolare e, come detto, iniziò moralisticamente a pontificare.

Sì, a Bologna è il classico tipo che va dai bambini e grida loro da (p)orco: ti spezzo le manine e ti deraglio la mascella, cinnazzo.

Il cinno, nel dialetto felsineo, emiliano-romagnolo, è appunto il bimbo che, essendo puro e innocente, è involontariamente imbranato e dispettoso, capriccioso e malmostoso.

Cioè, praticamente la moglie di tal buzzone.

La moglie, sì, lo salvò ma rimase lei stessa una bambolina.

Si coprì dietro l’apparenza del più didattico, semplice insegnamento da professoressa dei miei stivali, sognando in cuor suo di fare la diva di Hollywood. Infatti, una volta arrivata in pensione, dopo essersene sinceramente sbattuta i coglioni dei suoi studenti, da lei onestamente considerati solo dei bambagioni, allestì spettacolini teatrali da parrocchia da far venire… latte alle ginocchia perfino per i più tosti di testosterone.

Sì, dinanzi a un tipo-topo di donna così falsa e auto-ingannatasi, non gliela può fare manco Andrea Roncato di Fantozzi subisce ancora.

Sì, questa è la classica coppia piccolo-borghese che, inconsapevole della loro patologia, diceva a tutti di essere dei deboli come Fantozzi.

Gli unici deboli sono stati loro, copertisi dietro un mare di menzogne che son più brutte di Mariangela…

Ah, forse oggi lei ha la parrucca mentre suo marito è rimasto un parruccone.

Sì, persone di una falsità tremenda.

Capaci di distruggere le anime altrui e poi fare come Murdock di Rambo II, cercando di spacciarsi ancora per buoni samaritani.

Sì, Murdock prima sbatte Rambo in prigione, poi ha pure il coraggio di dirgli:

-Dacci la tua posizione che ti veniamo a prendere.

 

Conoscete la risposta di John, no? È famosissima.

 

Cap.3: siamo tutti figli di dio, il mega-direttore galattico, che sfiga

Sì, l’Italia è indubbiamente un popolo di dementi.

Va ancora forte il cattolicesimo. Dico, scherziamo?

La gente crede che esista un uomo con la barba che se ne sta nell’attico superiore e ordina agli uomini di farsi il culo quando lui non fa un cazzo da mattina a sera?

Peraltro, l’unica cosa che fece fu lavorare, appunto, una settimana. Creando il mondo.

Se questi sono i risultati, quella settimana poteva starsene in casa a tirarsi le seghe.

Nella mia vita ho sempre sognato di essere pazzo. Non avrei capito un cazzo e avrei vissuto da dio.pazzia

Scrivo quanto appena avete letto su Facebook. Interviene una mia amica.

Replicando che i pazzi soffrono come se stessero all’inferno.

Di contraltare, le rispondo a mia volta che costoro, se soffrono, non sono veri pazzi.

Tutt’al più sono persone con problematiche e sintomatiche derivate da una serie di delusioni annali, anche anali, che hanno ingenerato una patologia. Cioè, hanno scatenato una scissione interna fra il loro inconscio che, come tale, non riesce a coincidere con la parte conscia.

Non vi sto dicendo cazzate, informatevi.

Di pazzi veri, cioè di persone senz’assoluta coscienza, in verità ne esistono pochissimi. La maggior parte sono persone che si sono create involontariamente una barriera difensiva per sopperire a loro disagi mai veramente sanati.

Cosicché, possono anche vivere discretamente felici per molto tempo. Ma il loro problema si ripresenterà ogniqualvolta entreranno in contatto con la loro parte emotiva più sincera.

Mentiranno a sé stessi per raccontarsela, come si suol dire, e in cuor loro soffriranno.

Cioè, quello che fa la il novanta per cento dell’umanità.

Secondo la dottrina gnostica, già ve lo dissi, l’umanità si divide in tre categorie:

1) gli ilici, la maggioranza, persone che vivono un’apparente normalità invero mostruosa. Fatta di abominazioni al prossimo, di cattiverie e gelosie, invidie fratricide, amori spesso soltanto squallidamente carnali ed edonistici. Un’esistenza, insomma, apparentemente figa ma in realtà misera, moralmente parlando.

2) gli psichici. John Rambo è uno psichico. In tutti i film della saga con Stallone, infatti, Rambo pare un monaco tibetano. Capace di gesti temerari che avrebbero lasciato di stucco e distrutto anche Steve McQueen.

Rambo non è molto interessato al sesso e al successo. Per questo, la gente gli dice che è un vile e un falso. Non lo è, affatto. E non è, appunto, nemmeno un pazzo.

È un diverso. I diversi esistono. E non necessariamente la parola diversità fa rima con anomala o, per meglio dire, peculiare sessualità.

Rambo è diverso nell’anima. Non abbisogna della cosiddetta vita normale. Alle persone normali la vita di Rambo risulta incomprensibile, insensata, folle, addirittura pericolosa. E quindi lo colpevolizzano puntualmente perché Rambo è superiore a loro.

E loro, essendo inferiori, non arrivandoci, come si suol dire, pensano che il matto sia Rambo quando non si sono accorti che i matti sono loro.

3) gli pneumatici. No, non sono uno pneumatico. Cioè uno che s’è del tutto elevato e allontanato dal mondo di tutti i giorni. Per esempio, fra qualche giorno, devo andare dallo pneumologo. Che non è quello che controlla il vuoto pneumatico delle vostre vite materialistiche e consumistiche.

Sì, a forza di vivere una vita normale, le vostre gomme vitali sono ora lisce.

Sì, devo andare a farmi controllare i polmoni. Io non ho nessun fegato amaro ma il troppo fumo delle sigarette va curato quanto prima.

Sì, molta gente è ignorante. Può conoscere anche a memoria tutti i libri del mondo ma è analfabeta delle anime del prossimo. Poiché, come detto, appartenendo alla categoria degli ilici, dell’altro sostanzialmente non gliene sbatte un cazzo.

Convinta sempre di avere ragione.

È perciò solipsista. Cioè si crede dio e adatta il mondo a sua immagine e somiglianza.

Vi faccio un esempio.

Ci sono due ragazzi. Uno è un cretino, totalmente menefreghista, una merda, insomma. L’altro è in un certo momento della sua vita, per tante circostanze, ricattabile e vulnerabile.

Il cretino s’approfitta della buona fede del secondo per incularlo.

Una volta che il secondo ragazzo s’accorge dell’inganno, il primo ragazzo non ci sta ad ammettere la verità. Anzi, preferisce fare come Fernand Mondego de Il conte di Montecristo.

Persona doppiamente stupida.

Da cui la grandiosa scena in cui Brad Pitt, appunto, chiama a testimoniare Bob De Niro in Sleepers.

Una scena scioccante.

Questo si chiama, come direbbe il demente appena descrittovi, auto-inganno con doppia inculata e super cazzola con scappellamento a destra.

Credo che al deficiente siano rimaste poche frecce al suo arco.

Eh già, andò a dire a tutti che una certa persona era pazza, ben appoggiato in questo delirio da quel mentecatto del padre.

Quando la persona da lui accusata di pazzia, comprese l’inganno, il demente rigirò la frittata e, attraverso profili falsi, provocò questa persona affinché desse di matto sul serio per farla passare, appunto, per delirante paranoica.

Era così semplice capirlo.

Possibile, Amici miei, che dovevamo arrivare a questo punto?

Perciò, il pazzo vero vada quanto prima a costituirsi.

Ah, non vuole farlo?

Bene, allora avrà paura per tutta la vita.

Si chiama carcere psicologico.

Cazzo. Un coglione storico, questo qui.

Bisogna aggiungere altro?

 

 

di Stefano Falotico

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI: Video-recensione dal libro di Jürgen Müller e tutto ciò che aveste sempre immaginato impossibile su di me e invece vi ho mangiato vivi


30 Jul
SILENCE OF THE LAMBS, Jodie Foster, 1991

SILENCE OF THE LAMBS, Jodie Foster, 1991

Nel video dico che Ted Levine è morto. Come no?

Più morto di così, si muore.

Muore pure in Heat. Ah ah.

Ecco, recentemente, ho vinto un concorso letterario.

Contenente un mio racconto, intitolato Un angelico miracolo. Facente parte di una raccolta antologica edita dalla Historica Edizioni.

Ecco, voi conoscete le regole dell’editoria, giusto? Ebbene, il racconto da me contenuto in questo libro non è la versione originale da me inizialmente proposta.

Io ho uno stile barocco, dantesco, arcaico e forse aulico. Uno stile che poco si addice ai canoni commerciali di quest’odierna cultura impostata sul mercantilismo.

Dunque, quelli d’Historica, rimanendo comunque ottimamente impressionati dal mio testo, mi chiesero di approntare al testo stesso molte correzioni al fine di rendere più fruibile a tutti il mio racconto. Mi domandarono cioè una versione, diciamo, più giornalistica e intelligibile da chiunque.

Dopo circa due ore, mandai loro una versione più semplice. Quella da loro pubblicata.

Ma voglio qui farvi leggere la versione, appunto, oserei dire primordiale, pura. Da me partorita nella reminiscenza dei miei cangevoli stati emotivi che sorsero, o meglio, rinacquero allora. Nel tempo e nell’istante (de)fratturante nel quale risorsi. Nella fonte battesimale d’una sorgente luminosa, riarsa in me, m’abbeverai.

Sì, questo è il mio racconto. Ed è per questo che, pur riconoscendo che Gangs of New York non sia un capolavoro, ne sono indissolubilmente, affettivamente, visceralmente legato.

La mia vita è stata contrassegnata dalla stranezza più imponderabile.

Segnali della mia rinascenza s’intravidero dopo il servizio civile. Perché in quel luogo, a contatto nuovamente con la realtà giornaliera, già i ricordi, in me assopitisi e offuscatisi in cupi, malinconici, quasi manicomiali anni di letargo psicologico e pseudo-adulta incomprensione altrui, cominciarono a far scricchiolare la parete stagna delle mie emozioni per immemorabile tempo raffreddatesi e seppellitesi vive.

È quella che in psicanalisi viene chiamata rimozione. Qualcosa deve avermi turbato, qualcosa d’ancestrale, cosicché la mia adolescenza giammai esistette appieno. Vagò ermetica di notte in notte nel crepuscolo delle mie ansie divoranti e lunatiche. Bruciacchiando in estemporanee euforie che sparivano però in fretta.

Da cui la sublimazione. La sublimazione avviene quando, per allontanare appunto qualcosa che inconsciamente c’angoscia, si sposta il campo percettivo-emotivo spesso all’interno dell’introversione solitaria.

I meccanismi difensivi della mente per difendersi da qualcosa che la perturba possono essere di vario tipo. Ci si può ammalare di manie igieniche, di rituali compulsivi al fine di sigillare il tormento esistenziale in tutta una serie di strategie comportamentali atte a proteggere il proprio secret garden.

Ogni stato alterato di coscienza non è qualcosa che si studi a tavolino.

Cioè, non è che uno se ne sta bello seduto e pensa… oh, adesso impazzisco.

Si diviene folli o ci s’avvicina alla follia per tutta una serie incalcolabile di reazioni e fattori.

Il novanta per cento delle persone affette da qualche patologia, una volta contagiate dalla cosiddetta malattia mentale da loro stesse indirettamente eretta e sviluppata, eh già, non ne escono più.

Si dice anche che siamo tutti matti. Soltanto i matti più ingenui vengono però diagnosticati matti. Gli altri, i falsi sani, rimarranno matti sin in punto di morte, forse avranno perfino ottenuto gloria, fortuna e successo ma non avranno mai capito, così come d’altronde neanche coloro di cui si sono circondati lo capiscono e capirono, di essere solamente, totalmente fuori di testa.

Pensiamo a Hitler, uno dei più grandi psicopatici della storia.

Lui nemmeno in punto di morte comprese di essere un mostro. A tutt’oggi, i filonazisti non hanno capito, appunto, così come non lo compresero i suoi fedeli, i quali gli leccarono pure il culo smodatamente, di essere personaggi da internare.

Anzi, al contrario pensa(ro)no che siano le persone normali quelle da bruciare…

Ecco il racconto…

Un angelico miracolo durante la premiere di un film con DiCaprio

Salve,
mi presento.

Sono un uomo di trentotto anni e amo definirmi un menestrello pindarico, un funambolico poeta dell’immaginazione perché in me la fantasia più alata regna sovrana e incontrastata. Sebbene il mondo, con le sue trappole ricattatorie e le sue regole mendaci, abrasivamente spesso ci costringa a barricarci nella pigra, grigia alterigia e nell’osservanza dei superficiali valori sol improntati all’apparenza più edonistica.

No, io ostinatamente, coraggiosamente ancor inseguo, ghermisco e fortissimamente, irresistibilmente bramo quegli spazi materialmente intangibili ma vividi d’armonico splendore del cuore mio più incandescente, predatore dei più sentiti, personali e squillanti amori. Ove il magma candido dei miei sognanti nitori possa spandersi al di là dei tetri orizzonti miserabilmente angoscianti della vita che è sovente tanto abietta nella sua tetraggine più meschina e scevra d’ogni infuocante, marmoreo, vitalissimo ardore.

E ancor non mi rassegno a dar le dimissioni dalla mia sfrenata passione per la venustà leggiadra del mio innato romanticismo puro, invero, ahimè, da tanti cinici osteggiato.

Ora vi racconto un’incredibile storia accadutami anni fa. Non pretendo che crediate sia vera, appare a me stesso tanto fantomaticamente assurda che i miei stessi sensi ancor increduli e perplessi di oggi vorrebbero respingerla, ma poi puntualmente abdico all’inevitabile verità eccezionale che a me, in tutta la sua magniloquente potenza, fulgida e roboante come un bacio d’angelo bianchissimo sceso dal cielo a illuminarmi, mi si para dinanzi tutt’ora con ipnotico, inesorabile, magico furore.

Rimembro la mia adolescenza spesso così tanto funestata da patetici lamenti, da un perenne, esistenziale tormento che, nella sua agonizzante, schiacciante, opprimente tristizia, mi soggiogava in stati d’animo d’insopprimibile malinconia come se fossi un fantasma vagante in un animo che, un po’ masochista, scacciava ogni spontanea gioia e ogni più lieta, naturale letizia.

Sì, ero immensamente depresso, tanto da chiudermi nel più assoluto mutismo. E avevo soppresso ogni slancio fieramente vitalistico, imprigionandomi in un ectoplasmatico cuore mio emozionalmente asmatico.

Ma comunque vivevo, altresì, di poderose passioni, come quella fortunatamente ancor in me furente per il grande Cinema più splendente.

Così, di buona lena, abbandonando momentaneamente le mie melanconiche, addoloranti inerzie, mi diressi a Roma, per assistere alla prima del film Gangs of New York con protagonista Leonardo DiCaprio.

Era l’11 Gennaio del 2003, sì, una quindicina di anni fa. Ah, come scorre celermente il tempo quando, adesso che superate le tristezze di quel mio paralizzante, emotivo spazio-tempo tanto a me affliggente, qui felicemente ricordo con nostalgia commovente quell’attimo miracoloso tanto infinitamente suadente. Dopo tante ipocondrie strazianti, il vigoroso attimo indimenticabile più lucente.

Sì, perché me ne stavo lì tra la folla osannante il suo beniamino e all’improvviso avvertii un lancinante intorbidimento dei miei sensi, cosicché fui prossimo allo svenimento più stordente.

Sì, l’ultima volta che in vita mia davvero ero stato spensierato e felice, avvenne molti anni or sono, molto prima di quella premiere.

Sempre a Roma quando, a pochi mesi dalla mia tribolata adolescenza, mi trovai nella bellissima capitale in gita scolastica. Ah, che periodo stupendamente ridente.

Si giocava, si scherzava, nell’animo si danzava squillanti.

Mai più, da allora, mi ero sentito tanto euforico e baldanzoso, robustamente, sì, orgogliosamente, vividamente adolescente e placidamente festante e pimpante.

Mai da allora più sentii in me scorrere la forza della vita più magnificamente sfavillante.

Non so cosa esattamente a Roma, lì, in quell’istante mi accadde.

Per molto tempo fui sentimentalmente arido e cieco ma finalmente udii rimbombare nella mia anima, com’irradiata dall’alto da un’illuminazione soavemente ardente, un brivido piacevolissimamente terremotante.

E tremai, dapprima impaurito da quel devastante fulmine emotivo piovutomi dentro l’anima turbata e di colpo rinvigoritasi in modo tanto bruciante che il mio spento cuore trafisse a ciel sereno in maniera meravigliosamente a me luminescente e tonante, quindi rividi il mondo con enorme chiarezza stupefacente.

Ero di nuovo vivo e innamorato del mondo.

Sì, così come se durante quella gita scolastica qualcosa di nefasto e misteriosamente inquietante mi successe e inconsciamente m’indusse poi a esiliarmi e a vivere sempre strozzato nella cupa nerezza della depressione più lancinante ma quindi, nuovamente ritrovatomi a Roma, per strano, non pronosticabile e imperscrutabile, fatale e sbalorditivo scherzo del destino, proprio lì, riscoccò in me la memoria del tempo perduto, il fulgore dopo tanto patito e perfino compatito, auto-ingannevole dolore. E risi fra lo sgomento, il terrore e il mio riagguantato, per troppo tempo smarritosi, sconvolgente amore.

Secondo me questo è stato un miracolo. Chiamatelo tenero, dolce, inaspettato e inaudito calore!

Io credo davvero che lo sia stato.

Tutto qui.

Ecco, vedete, credo che a leggere di quest’esperienza senza averla vissuta, si può rimanere indifferenti. E questa breve storia può indubbiamente apparire perfino banale e sciocca. E, ripeto, mai e poi mai pretenderò che possiate prenderla seriamente.

Io so che stentiate a credermi. E, per certi versi, come potrei darvi certamente torto?

Vorrei farvi credere che un semplice viaggio a Roma abbia in un nanosecondo cancellato tanta mia vita affaticata e affranta?

E che davvero dal cielo io sia stato prodigiosamente illuminato da una radente, angelica grazia a infondermi la scintilla vitale per immemorabile tempo in me offuscatasi?

Non so. Io ripenso oggi a quest’episodio con lucidità e puntiglio estremamente raziocinante e non addivengo a nessuna scientifica, chiarificatrice spiegazione logica.

Come mai però, in quell’interminabile, martellante intervallo di tempo, nella mestizia più sconsolante mi ottenebrai e, oserei persino dire, un po’ ingenuamente vagai fra umori così rabbuianti e una coscienza mia mai davvero di vita scalpitante, soffocato da continue, imperterrite, emozionali intermittenze? E poi, in un istante incantato, rinacqui?

Sì perché da allora, dopo quella mia visita a Roma, il mio cuore si rinvigorì di ritrovata e forse dall’alto a me ancor concordata, armonia e interiore, florida bellezza?

Questa è la mia verità e di verità, assurde, grottesche, surreali e allucinanti è fatto il nostro mondo, pervaso com’è innatamente e dannatissimamente da profondissimi e arcani, irrisolti misteri divini insondabili e addirittura perturbanti, davvero inquietanti.

Si racconta anche che Roma non sia stata costruita in un giorno ma poi si trasformò in un prosperoso, immane impero, che poi soccombette dinanzi alla sua tragica caduta e che, dalle ceneri del suo tristissimo disfacimento, in gloria e folgorata da nuova luce risorse come il mio stesso umore rivitalizzato di riafferrata temerarietà del cuore.

Ci avete mai pensato? Si nasce, si muore e si rinasce ancora, inseguendo altre abbaglianti, calorose aurore, con riscaturito, sfrecciante ardore. Fra altri sofferti dolori ancora bloccati dai nostri stupidi o vigliacchi pudori.

E a questo miracolo non credo ci sia né mai potrà esserci una veritiera, innegabile, realistica spiegazione.

Perché questa è la vita nel suo incedere tanto esoterico e strambo e noi siamo stelle viaggianti in quest’altalenante, incerto ma affascinante spegnersi e riesplodere dei nostri rinnegati e ritrovati amori, persi magnificamente in tale insistente, battente, eterno essere, fin alla morte, senzienti e presenti.

Figli del nostro inesplorabile destino.

Ma ora… Un antico proverbio dice che non c’è mai due senza tre. Quindi, vi chiederete se da allora io sia ritornato a Roma.

Sì, son stato altre volte a Roma. Ma non è successo niente.

No, posso dirlo in tutta sfacciata franchezza, non è il tipo di città in cui vivrei, è storicamente importantissima, architettonicamente un capolavoro vivente, ma è troppo frenetica, cinetica, caotica e frastornante per un tipo come me.

Che or riama la vita ma allo stesso tempo ama anche la paciosa rilassatezza sanamente inquieta di un’esistenza che vive nel suo appartato, tranquillo, più discreto cogliermi in ogni silenzioso e poi sonante, interiore rumore.

 

Ora, il mio cambiamento di personalità non è avvenuto a quel tempo, era invero avvenuto prima.

Sì, era prima che non ero io. Perché mi negai per sopperire all’ansia della vita.

Io non sono mai stato escluso da nessuno. Anzi, fin dalla primissima infanzia, hanno fatto tutti a gara per stare in mia compagnia.

La mia consapevolezza creò una spaccatura vertiginosa fra il prima e il dopo.

Ora, vi è tutto chiaro o devo farvi un disegnino?

Detto ciò, Il silenzio degli innocenti è un grande film ma il materiale che affronta in due ore è troppo vasto e complesso affinché io possa definirlo un capolavoro.

Ad esempio, di Hannibal Lecter ci viene accennato solo il suo passato nel gioco speculare dei dialoghi fra lui e Clarice Starling ma tutto rimane molto in superficie.

Così come la figura di Buffalo Bill. È caratterizzata con troppa banalità. Tagliata, è il caso di dirlo, con l’accetta.

Cioè, secondo Demme e lo sceneggiatore Ted Dally, Buffalo ammazza le donne solo perché le desidera ma non può averle perché in cuor suo sogna proprio di essere una donna?

No, è una conclusione troppo sbrigativa e, appunto, commerciale. Così com’è commerciale il libro di Thomas Harris che ne è all’origine.

Pur riconoscendo l’immenso valore de Il silenzio degli innocenti, è stato involontariamente il progenitore di tutta una serie di pellicole dozzinali e orribili sui serial killer.

Concludo così…

Da svariati mesi, un mio hater su YouTube continua ad accennare robustamente al mio passato per andare sempre a sollecitare il mio trauma superato. Nel tentativo di cristallizzarmi nella malinconia meno reattiva.

Poiché è troppo vigliacco per ammettere che, contro di me, ha perso.

Dunque, provoca in maniera anonima per indurmi a reazioni scriteriate tali che lui possa ancora una volta dimostrare l’assunto del suo insanabile, terrificante disegno criminoso.

Adesso, finalmente ci siete arrivati?

Il mostro è lui.

Vedete, quasi sempre la criminologia e la psichiatra sono scienze esatte, checché se ne dica.

Dai film, abbiamo imparato che l’assassino torna sempre sul luogo del delitto per sincerarsi che il suo delitto sia stato perfetto.

È proprio questo suo vizio a smascherarlo. Dunque, traslando questa sua procedura mentale, era ovvio che prima o poi sarebbe tornato dal sottoscritto, sebbene in forma “invisibile”, per provocare ancora. Io e lui vedemmo Il silenzio degli innocenti per la prima volta assieme quando eravamo molto piccoli.

Io sono cresciuto, lui no.

Manhunter è un film superiore al Silenzio degli innocenti. È un film struggente e straziante.

Alla fine di questo film sentiamo la frase: ce l’hanno fatta quasi tutti.

Ora, che significa?

È materia pasoliniana, questa.

Dente di fata è un diverso, cioè la sua atimia gli ha impedito di vivere una vita cosiddetta normale.

Al che incontra il personaggio interpretato da Joan Allen. Anche lei è diversa. È cieca.

Sono due solitudini che s’incontrano, che si amano con dolcezza infinita.

Però, dobbiamo considerare ciò. Ecco, Dente di fata nel frattempo era diventato “matto”, al che scorge un attimo, un bagliore di luce attraverso l’amore disinteressato di una donna per certi versi simile a lui. Se n’infatua.

Ma è soltanto un fuggevole istante, un battito cardiaco subito infartuato dal ritorno potente dei suoi demoni dostoevskijani.

Un’illusione.

Stamattina, ad esempio, ero in macchina e ho ascoltato la speaker tessere le lodi della cantante Elodie, dicendo… ma avete visto quanto è diventata figa?

Ora, a me Elodie non piace né come cantante né come donna. Ma devo ammettere che ha subito una metamorfosi piuttosto sconvolgente. Agli esordi, era timidissima, impacciata, molto chiusa.

Al che, i produttori discografici devono averle detto:

– Elodie, guarda, la tua voce per la musica italiana e per i gusti medi va molto bene. Però, dobbiamo vendere. Tu devi diventare più figa e più sicura di te. La gente nota subito, a prima vista, se una persona è debole.

Devi cioè saperti vendere.

 

Torniamo dunque a Pasolini. Al solito, aveva ragione.

I genitori di oggi, di conseguenza la società attuale, non è vero che si preoccupino della vera educazione dei propri figli. Sono interessati soltanto che appaiano belli e forti. Cioè che siano delle merci.

Da questo plateale inganno nasce tutto il disagio a cui stiamo assistendo.

L’uomo, così come la donna, non sono nati per essere degli animali imborghesiti.

È la nostra anima che ci distingue dalle scimmie, il cui istinto predominante è il senso dell’animalità.

Ciò che la nostra società pare che stia trascurando. Saranno sempre di più, quindi, quelli che non ce la faranno. E si ammaleranno.

Tornando invece a me. L’ignoranza è cattiva consigliera. Dunque, se uno si “ammala”, gli altri pensano che stia facendo il furbo per non andare in guerra e lo definiscono pure coglione. Debbo ammettere che molti anni fa sbagliai. Non dovevo reagire alle provocazioni, facendomi del male. Dovevo fare come Al Pacino di Scent of a Woman quando il cognato scherza oltre il dovuto. Al, all’improvviso, pur essendo cieco, lo afferra per la carotide e lo sbatte contro il muro.

Chi sono oggi? Conan il barbaro mi fa un baffo.

Sì, oramai mi son indurito anche troppo. Potete scaricarmi addosso le peggiori offese, le più cruente reprimende e, anziché indebolirmi, diverrò sempre più forte, più veloce, più devastante.

Allora, il demente impunito persevera: ah ah, ti vedrei bene come Fantozzi e impiegato del catasto. Ah ah.

 

No, mi spiace deluderlo. Io sono un poeta. Gli farò pure schifo ma Fantozzi è suo padre che lo ha educato male.

Sono molto cattivo quando voglio.

Suvvia, andate a preparare il pranzo.

Ah ah.

Sì, ho attualmente un solo punto debole, la Kryptonite. Per forza sono o non criptico?

Ma che volete decriptare?

Ah ah.

Lo so, sono insopportabile. Mi pare ovvio. O no?

Ora, Superman è un personaggio della fantasia. Il Genius-Pop è reale.

Sì, sono anche assai solidale. Ogni sera vado a cenare assieme al Joker.

 

di Stefano Falotico

Il programma della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è rivelatore del mondo odierno come ha affermato Barbera?


25 Jul

Siamo seri, stavolta, parecchio. Sebbene, come già profeticamente predissi, preventivai e asserii sicurissimo, Joker è stato selezionato addirittura in Concorso.

Se non vado errato, è la prima volta che un cinecomic partecipa a un Festival di risma. Forse, neanche a Cannes, nemmeno nelle sezioni collaterali, vedemmo l’autoriale Thor di Branagh. Sbaglio? No, non credo.

In effetti, quando la senior della Warner Bros italiana, alle Giornate Professionali di Riccione (o Rimini?), disse che Joker è la vera storia del principe del crimine di Gotham City, probabilmente non era informata bene.

Ecco, sono cose che personalmente non sopporto. Sarebbe come dire che un chirurgo non sa cosa sia un bisturi, che un biologo non sappia cosa sia una cellula, che un cardiologo sia amante di Manuale d’amore di Veronesi. Ah ah.

Come dire che Selvaggia Lucarelli pensa davvero di essere una giornalista e non una che invece ha sfondato perché il suo seno è da sbattere in prima pagina.

Sì, il livello d’incompetenza di certa gente, arrivata a certi vertici, è scandalosa.

Io ho giocato a Calcio. Non seguo più molto il campionato di Serie A ma capisco, per esempio, al volo se un giocatore è in gamba o solo uno che fa gli sgambetti, cioè bluffa di dribbling da leccaculo all’allenatore per venire schierato come titolare.

Un brocco lo riconosci subito. Anche questo non è però sempre vero.

Prendiamo il celebre scambio di batture di C’era una volta in America fra Noodles/De Niro e il suo amico ristoratore. Fratello della donna amata da Noodles, vale a dire Deborah:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Io avrei puntato tutto su te.

– E avresti perso.

 

Ecco, se fossi stato nell’amico di De Niro, avrei spaccato la faccia a Noodles, cioè sempre De Niro.

Reinventiamo il dialogo in maniera falotica:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Ma come cazzo ti permetti? Mi dai del fallito? Guarda che per gestire un ristorante ci vogliono du’ palle così, parafrasando il grande amico di Verdone di Un sacco bello, amicissimo peraltro proprio di Leone, il mitico Mario Brega.

. Guarda, non volevo offenderti.

 

Al che arriva Frank Vincent di Quei bravi ragazzi…

– Noodles stava scherzando, cristo. Non ti vedeva da tanto… a te ti va subito il sangue alla testa.

– No, no, no. Io l’ho insultato un po’…  ho sbagliato anche io – si giustifica Noodles alla stessa maniera di James Conway.

– Va bene, amici. Un paio di drink, offre la ditta…

 

Ah ah.

Al che, in tarda notte, entra a sorpresa Joker/Joaquin Phoenix.

 

– Ehi, guarda che non è carnevale, scimunito. Non è neppure la notte di Halloween. Qui siamo tre amici al bar come nella canzone di Gino Paoli. Tornatene nella tua tribù. Vai a trovare quel povero disgraziato di Michael Myers.

– Non sono un matto. Mi sono conciato così perché sono felice. Hai sentito, Bob? Siamo stati selezionati in Concorso!

– In Concorso? A Venezia? Dove io girai con Deborah/Elizabeth McGovern un’iper-romantica dichiarazione d’amore nella spiaggetta dietro l’Hotel Excelsior? Quella appunto di Once Upon a Time in America.

– Sì, cazzo, lurido figlio d’una cagna, grandioso interprete di Taxi Driver e Re per una notte. Barbera c’ha ficcato in lizza per il Leone.

– Che Leone? Sergio o quello d’oro? Va be’! Allora, avvicinati. Unisciti a noi. Festeggeremo sin all’alba.

 

I quattro cenano pure, gozzovigliano e chiamano dieci Escort per movimentare un po’ l’arrosto.

Quindi, consumata ogni carne nell’aprire le loro botteghe, si stravaccano nel retrobottega, ascoltando le parole di Barbera.

Barbera declama che sarà un festival incentrato sulle donne e appoggia perciò il movimento MeToo.

Una delle Escort, di nome Susannina, s’infoia, si scalda dopo essersi caldamente scalmanata coi quattro:

– Sì, basta col maschilismo! Allora perché Barbera ha inserito come film d’apertura una pellicola con Catherine Deneuve? Una che ha sostenuto Alain Delon, dichiarando che è giusto essere uomini anche un po’ stronzi?

 

Parla ora De Niro.

– Ehi, zoccolett’! Con Catherine ho girato in gondola una scena di Cento e una notte. È una grandissima donna.

– Lo sanno tutti che Catherine è una Bella di giorno!

– Perché tu, no?

 

Fa irruzione nel ristorante Ciro Guerra. Regista di Waiting for the Barbarians.

– Cazzo. Alcuni giornalisti sono più scemi dell’ex conduttrice de Le invasion barbariche. Dio barbaro!

Hanno scritto che saranno quattro i registi italiani in Concorso al Festival, ovvero Martone, Maresco, Marcello e il sottoscritto.

Io sono colombiano.

– Sì, ma porti un nome da napoletano.

– Ciro è molto usato in Colombia. Comunque, voi sapete chi sia questo Marcello Pietro?

– Pietro Marcello, vorresti dire.

– Non lo so. Pietro è il nome e Marcello il cognome o viceversa? Oddio, che macello!

– Sì, è una società andata a puttane. Ci vuole un J’accuse da Polanski.

– Mah, a dire il vero queste Escort sono svedesi. Servirebbe una bella polacca come in Radiofreccia. A proposito, Stefano Accorsi non ci sarà in The New Pope? Eh no, eh. Come mai?

E Louis Garrel si presenterà al Lido assieme a Laetitia Casta?

– A proposito di donne caste – riprende a parlare l’Escort sovreccitata… – Che ha questa Laetitia più di me? Nella vita fa lo stesso mio lavoro ma io non vivo in Francia da riccona.

– Ma chi pensi di essere? Laetitia è Laetitia. Una che manda fuori dalle orbite anche Brad Pitt di Ad Astra. Sei orba? – le risponde acidamente la sua Escort rivale, una molto triviale.

– Dai, su. È rimasto del caviale!

 

La verità che la nostra generazione ha perso. Anzi, la vostra.

Robert De Niro aveva quarant’anni quando girò C’era una volta in America. Anche se uscì nei cinema l’anno dopo.

James Woods ancora meno. Gente cazzuta, questa.

Voi, invece? Ma come vi siete ridotti? Avete quasi cinquant’anni e fate le video-recensioni dei film da quattro soldi nella vostra cameretta, in ciabatte! Dio mio. Mosci, borghesotti, cacasotto.

Sapete perché?

Nanni Moretti di Caro diario docet:

Voi gridavate cose orrende e violentissime e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne!

 

Anzi, io sono un meraviglioso uomo senza tempo.

Guardatevi. Non valete un cazzo, appena ve la vedete brutta, vi celate dietro un pc e v’infervorate nelle peggiori offese disumane. Sapete fare solo questo.

once upon a time in americavenezia-76-programma-copertina-609x330

cento e una notte

 

di Stefano Falotico

Non ci arrendiamo dinanzi ai criminosi stalker, il JOKER a Venezia!


25 Jul

Forza, amici!joker


Il JOKER in Concorso a Venezia e io giro per i corsi, senza seguire più nessun altro vostro maieutico, maialesco discorso!

Esseri nietzschiani che indossano la giacca di Ryan Gosling di Drive per un affronto da uno contro tutti epocale

Sì, invigorirsi e seguire le lunatiche trascendenze, senza più farsi schiacciare dalla cattiva influenza di compagnie sbagliate, senza più deprimersi e immalinconirsi per colpa di maligni ascendenti, senz’arrendersi dinanzi all’ignoranza, agli uomini di panza, opponendosi fortissimamente per innalzare in gloria il vessillo della propria unicità, issandosi nella monumentale resilienza leggendaria, epicamente combattiva d’una personalità che vili impostori cercarono di demolire con la capziosa, esecrabile, riprovevole, ripugnante arma dei ricatti ipocriti, dell’arroganza a plebiscito delle loro cafone mentalità figlie d’una putrescenza esistenziale tramandata di generazione in (de)generazione.

Debosciati dell’anima, ostinati e facinorosi che insistono voracemente, offensivamente a volerti distruggere per inghiottire lo splendore immacolato del tuo cuore ribaldo affinché deperisca e nella desolazione si strugga, intaccato, violato, abusivamente (s)truccato dalla loro codarda visione vetusta, tocca e ingiusta della vita, per far sì che nell’opacità dei loro livori s’offuschi, s’affossi a cagione dei loro maleodoranti, cattivi gusti adattatisi al porcile fetente ché, profanatori di sé stessi, offendono acrimoniosamente le dignità altrui al fine di soggiogarle al materialismo e all’edonismo d’una società consumistica soprattutto dei loro candori rinnegati a favore dello spogliatoio, denudatosi d’ogni nitore, d’una grandguignolesca, tetra e terrificante strafottenza ingeneratasi per infettare il fradiciume e la marcescenza sempre di loro stessi già traviatisi e stesi nell’aderire, farisei, a regole malate di mente. Fottetevi! Voi e il vostro senso demente della dignità, voi e le vostre oscene regole d’onore. Siete dei mafiosi!

Sì, come i mafiosi. I quali, dopo una settimana di porcate, vanno dal prete confessore a recitare un fintissimo Mea Culpa nell’Atto di dolore di sconsiderati peccati che prima obliano nell’abluzione della benedetta acqua e poi reiterano appena rimettono piede fuori dalle chiese dei loro disonori.

Sì, super panegirico, barocchismo letterario odiosissimo, sofistica mia presa di posizione gotica, falotica a slancio tonitruante di me stesso oramai lanciatosi a muso duro contro gli inarrendevoli beoti di questo vigliacco branco stolto, di tal rango di tonti. Non sono Rambo ma voi avete finito, comunque, di sentenziare da sceriffi lerci.

Poiché son uomo lanceolato per anni da costoro massacrato, macellato, sbudellato, ricattato, bistrattato, maltrattato, angariato ma non ancora affatto sfiancato. Né svilito. No, non sono finito.

Anzi, tutt’altro che infante e infranto, invero orgogliosamente incazzato, giammai frantumato, fervidamente schierato in battaglia dirimpetto a tali fradici criminali assai smodati e sfrontati.

Sì, son bellimbusto che spavaldamente cammina a testa al(a)ta, rafforzatosi oramai in maniera irreversibile, induritosi come l’amianto in quanto non abdicherò né abiurerò dinanzi alle vostre ideologie villane che vorrebbero recludermi nel pianto per oscurare ogni mio passionale vanto. Canto nel vento! E quindi?

Vanitosamente, i vostri insulti non mi fanno più niente, né caldo né freddo. Indosso oggi infatti l’impermeabile, domani il montone e vi (s)monto, ieri forse la giacchetta della vostra lurida pelle.

Che palle!

Siete degli zappaterra che si celano dietro apparenze fighe, siete meschinamente, viscidamente ossessionati dal sesso più laido, lurido, tribale, barbarico, animale, schifosamente anale. Protervi, irredenti e impunitamente fieri, fiera-mente, cioè da uomini con menti belluine e bellicose da rancorose fiere, perseverano nel ricusare la patologia della propria limitatezza, nello sconfessare di bugie e frittate rigirate l’altrui individualità da voi/loro calpestata immondamente nel disconoscere perfino le vostre conoscenze ristrette da scimmie astiose e violente.

Insomma, dei deficienti. Esaltati, in padella vi esalo. Vi salo e addosso vi salgo. Basta coi vostri assalti, mi avete fatto girare le palle e ora saranno palate. Anche alle vostre donne, quelle frigide patate!

Sì, andassero a cucinare le vostre salsicce. Ah, cicce. Evviva Franco e Ciccio!

Sì, costoro vogliono angustiarmi, ustionarmi, coglionarmi, far sì che m’inferocisca, m’inacidisca e come loro m’imputridisca. Cosicché, spezzato nell’amor proprio, m’infuochi bestialmente, imputtanito. Sì, il verbo imputtanire esiste, lo dice anche la Crusca ma io non apparterrò mai alla vostra zucca. Al vostro rusco. A Bologna significa immondizia, miei loschi.

Siete il trash, siete da zoo, siete primitivi Neanderthal e invece io oggi voglio essere Pentothal, mi avete fatto perdere anche Andrea Pazienza.

Sì, non pot(r)ete più continuare ad affibbiarmi puttanescamente etichettature distorsive nel sigillarmi in stigmatizzazioni figlie delle vostre aberrazioni corrosive.

Sì, io vado avanti, senza tregua. Lottando e sbracciando perché voglio vivere come cazzo la mia anima vuole in quanto tale è la mia indole, riflessiva, ascetica, distante remotamente da ogni presunzione di tali vostri impostori che non siete altro, siete solo (s)fatti di pessimo, disgustoso alito, siete senza core, allineati al vociferante, diffamatorio coro caotico più squallidamente demagogico e retorico. Zotici! Siete spaventosamente ingrigiti nel gregge in quanto grezzi o solo greggi. Vi purifico, vi spurgo, son io ora che vi deturpo, vi turberò sempre poiché ho or acceso il turbo e avete finito di moralizzarmi, nessuno mi demolirà né demoralizzerà, miei furbi.

Ah ah.

Dunque, ribadisco:

siete merde grigie, pseudo-uomini rigidi, ipocritamente acco(r)dati ai doveri più falsamente ligi, improntati alla più bieca, caudina, spietata legge di coloro che avranno pur letto qualcosa ma non sanno le altrui anime leggere, anzi, indiscriminatamente, arbitrariamente, criminosamente ne vogliono legiferare le scelte e ferirle. No, la vostra mostruosità scagliatomi addosso non più regge.

E ora vi sputtano come non ho mai fatto, ho sempre sognato e adesso in faccia vi sbatto. Senza se e senza ma eppure con vaffanculo a mammata.

Basta coi Pater Noster, basta con queste vecchie generazioni di troioni, di tromboni, di puttanoni.

Ecco il coglione mio offertovi in san(t)ità poiché desideraste stuprarmi nell’anima affinché mi castigassi nelle vostre visioni coi paraocchi, miei figli de’ ndrocchi(a), miei figli di troia, miei figli di zoccola, miei figli du’ cazz’.

Ma che volete incastrarmi? Non imprigionerete più la mia anima, non mi griderete di castrarmi, basta con le vostre castronerie. Io sono la buffoneria, la malinconia fattasi carne per sfasciarvi, fascisti, incarno infatti la beffarda vostra cretineria spiattellatavi nel deretano e ficcata a sangue con leggiadria ira e poi come più mi tira.

Me ne tiraste tante. Ma ancora me la tiro. Se mi va, me ne tirerò tantissime. Che cazzo me ne fotte, cazzoni?

Avete esagerato. Siete andati troppo oltre.

Avete presente quando Charlie Brigante, ovvero Al Pacino di Carlito’s Way, vede ammazzare il suo caro nel bar dei malfattori? Si chiude in bagno, carica la pistola e minaccia gli omicidi, gli assassini.

No, state tranquilli. Non vi sarà nessuna sparatoria ma una potentissima, legale inquisitoria, una nuova requisitoria devastante, statene certi.

Avete fatto la guerra alla persona sbagliata.

Quella vecchia matta andasse nella scuola superiore della sua inferiore. Che suora.

Dunque, ammetta i suoi desideri davvero ecumenici. Voleva sbattersi John Lennon poiché lo eccitava a morte quest’uomo cazzuto che cantava Imagine… all the people.

Adesso, dopo aver sposato un alcolista da lei salvato dietro la concessione cattolico-apostolica della sua figa sconsacrata, si ubriaca di Alleluia, dispensando consigli maieutici ai suoi scolari per renderli supini alla somara assai suina della sua mentitrice volpina.


stalker vodani 10

JOKER sarà presentato al Festival di Toronto, a Venezia, no? Immaginiamo il confronto fra De Niro/Franklin e Arthur Fleck/Phoenix, la causa della pazzia!


23 Jul

joker

Sì, Joker di Todd Phillips è stato confermato tra i film selezionati del prossimo Toronto Fest. Avremo una pioggia di stelle, come si suol dire, una parata di star.

Tale Festival, ultimamente gemellato a quello ben più internazionale e altolocato di Venezia, sta però acquisendo sempre più maggiore rinomanza. Addirittura, soprattutto nell’ultima decade, molti attori di Hollywood lo preferiscono, appunto, alla più prestigiosa, storicamente parlando, kermesse veneziana.

Soventemente, molti dei film presentati a Toronto sono pressoché gli stessi di quelli visti in anteprima mondiale, qualche giorno prima, alla Mostra d’Arte Internazionale d’Arte Cinematografica del Lido. La quale, nonostante tutto, si riserba le world premiere, ovvero le esclusive.

Però, gli attori che ne sono protagonisti, eh già, anziché involarsi per Venezia, piuttosto che scomodarsi nel prendere l’aereo, soggiornare all’Hotel Excelsior o al Baglioni, amano di più starsene in terra natia, patria statunitense o casa, appunto, in Canada che sia… La casetta in Canadà!

Fottendosene della prima.

Joker è uno che, sinceramente, se ne fotte pure delle seconde possibilità. Anzi, fa di tutto per continuare a rimanere confinato nella sua zona folle da emarginato non plus ultra. Unico spazio nel quale si sente libero e felice, lontano da ogni porcile e condizionamento. Sopravvaluta però sé stesso, inconsapevole dei suoi evidenti limiti caratteriali, sovrastima per così dire il suo inesistente, forse soltanto inestimabile talento alla stessa maniera di De Niro di Re per una notte.

O forse, invece, la sua abissale solitudine annale, oserei dire ancestrale e spettrale, l’ha davvero reso un personaggio dalla bravura tragicomica impressionante. In verità, la massima personificata di Joyce: un uomo di genio non commette errori, i suoi sbagli sono l’anticamera della scoperta.

Soltanto che la realtà sociale, soprattutto quella dello spettacolo destinato a un pubblico di spettatori impassibili e ammaestrati, telecomandati e appartenenti alla falsa, alta borghesia, diciamo, schifosamente amabile, forse animale, un uomo come il Joker non può applaudire.

Poiché, se così facesse, cioè se s’inchinasse dinanzi alla sfavillante verve brillante di un uomo considerato di mente malato, adesso miracolosamente, sfolgorantemente rinascente, rinnegherebbe ogni principio e valore della sua casta privilegiata ed emozionalmente deficiente. Ché, sin dalla notte dei tempi, fin dai temp(l)i dei faraoni egizi, ha strutturato il mondo in una gerarchia piramidale assai tribale e vomitevole. Ove non è permesso scalare, genialmente, tale totem, sconfiggere questo moloch e arrivare al vertice se, fino a quel momento, non ci si è attenuti a un percorso corretto, politicamente.

Joker è la simbolizzazione, terribilmente mostruosa, d’ogni ipocrisia dell’uomo fintamente principesco, forsanche regale, che non accetterà mai e poi mai che una persona forse affetta da assistenzialismo possa essere a essa pedagogicamente educatrice del significato della più cordiale, solidale, umana esistenza.

Al che, gli psichiatri pagati a peso d’oro schiferanno la morale onestà del Joker perché lui, semplicemente, incarna la nemesi, da lui vivificata nella genuina purezza e nella schiettezza più nobilmente lodevole, del loro pensiero coercitivamente proteso al conformismo più materialistico e becero. Sì, lo psichiatra medio è un conformista. Non è invero molto preoccupato della salute psichica del suo paziente. A lui interessa soltanto che i suoi pazienti non diano di matto, cioè che non siano di danno, per colpa delle loro innominabili patologie, eh sì, vige il segreto professionale, dei loro disagi indomiti, per sé stessi o per gli altri. Dunque, se il loro grado di sofferenza psicologica supera un certo livello di criticità, rincarano le dosi…, fregandosene altamente. Che poi un paziente pesi trecento chili e sia totalmente (ar)reso a uno stato simile al coma vegetativo, non è che gliene freghi molto. Anzi, un cazzo. Gli psichiatri sono tutori dell’ordine prefabbricato delle cose, dei preservatori della dinastiche case delle libertà, appunto, più farisee.

Intervengono spesso coattamente a livello prima farmacologico e poi intensamente subliminale. Facendo credere al loro paziente di essere malato, in una parola semplice, ingannandolo con l’ipnosi o attraverso la forza intellettiva a mo’ di Scanner Michael Ironside. Ovvero, circuendo cattivamente e plagiando capziosamente i canali del pensiero del paziente in questione affinché il paziente stesso si convinca di essere affetto da qualche mentale distorsione patologica sempre latente. Da cui il termine strizzacervelli e anche qualcos’altro. Si prodigano di parcelle da porcelli al solo scopo che i loro pazienti vengano inebetiti da psicofarmaci contenitivi che in verità li castigano nel forno crematorio delle loro fornaci disperatamente impotenti. Ora, mettiamo invece che un tipo alla Joaquin Phoenix, anziché andare in cura da uno di questi imbonitori, venga affidato alle terapie rivoluzionarie del cosiddetto ciarlatano, simile a Dario Fo, di The Master. Sì, un tipo innovativo come Philip Seymour Hoffman.

Che cosa potrebbe accadere?

Ecco la situazione…

Fleck si presenta al talk show condotto da Franklin/De Niro:

– Buonasera, signor Fleck. Si accomodi.

– Grazie. Prego, anche se io sono ateo.

– Bene, io sono invece un arrivista-aziendalista-nazista.

– Va bene, allora io perseverò nell’esserle antifascista. Orgogliosamente fancazzista.

– Be’, onestamente, caro Fleck, lei assomiglia più che altro a Fantozzi.

– Sì, sono in effetti fan di Umberto Tozzi. Sa, prima di entrare in studio, ho ascoltato in cuffia Gloria. Io qui non cerco la fama.

– Ah sì? Allora perché s’è presentato in trasmissione? Coi soldi che le abbiamo dato per la sua ospitata, per un anno non morirà di fame. Guardi, Fleck, mi dia retta. Non chieda, finita la nostra paga, il reddito di dignità. Vada piuttosto a Roma Nord. Se la godrà pure. Continuerà a prenderlo in quel posto ma almeno non passerà per invalido. Anzi, faranno la fila e le belle fighe gli altri, messi a novanta più di lei, per usufruire carnalmente del suo reddito di cittadinanza.

 

Ahahahahaha, il pubblico ride di grana grossa.

– Vero, ha ragione. La valletta, qui al nostro fianco, ha fatto la stessa cosa con lei.

– Che vorrebbe dire, signor Fleck?

– Cioè che le ha dato quello che lei sa per avere nella vita, diciamo, più culo.

 

A questo punto compare la scritta: ci scusiamo per il disagio coi telespettatori, la trasmissione riprenderà il prima possibile.

E il sottotitolo: è una tragedia! Si prega di mantenere la calma, intanto fate zapping. Pensavamo di aver invitato un coglione e invece s’è rivelato l’incarnazione di Pier Paolo Pasolini. Perdonateci.

In futuro, c’informeremo meglio sugli ospiti, evitando figure di merda di queste proporzioni.

 

Sì, Joker sarà presentato a Toronto, miei tonti.

The Show Must Go On!

 

Credo che Joker invidi molto Jim Morrison, James Dean, Kurt Cobain, insomma gente che è morta giovanissima nel momento massimo del loro zenit percettivo della realtà. Uno dei tre succitati comunque suicida.

Che fortunati. Sì, l’età migliore, quella del massimo grado cognitivo del mondo è dai 25 anni fino ai 35, se va fatta bene.

Poi è soltanto una bugiarda accettazione della condizione umana. Una gara a chi resiste di più per non soccombere e sprofondare nell’abisso, nella perdizione irrimediabile di questo mondo angoscioso per cui filosofi, pensatori, poeti ed esseri spirituali ed elevati si sono scervellati per trovare una soluzione all’apoteosi dell’entropico disastro collettivo.

Nessuno di questi ha avuto una vita felice. C’è chi s’è ammalato di nevrosi, chi è impazzito del tutto, chi è andato a vivere sull’Everest, chi ha deciso di farla finita come Mishima, chi ha tentato, vanamente, con tutta la forza psicologica possibile, di contrastare l’orrore di cui parlava a ragion veduta Marlon Brando/Kurtz.

Sono tutti finiti male, purtroppo. Hanno voluto sfidare Dio. Pensiamo a Frankenstein.

C’è un’altra variabile che spesso molti di essi hanno universalmente trascurato.

Dio è figlio delle fantasie dell’uomo. Immaginate che roba possa essere lottare per un mondo ove il padreterno è stato partorito da chi può avere stupidamente creduto che l’uomo sia stato creato a immagine e somiglianza del creatore da lui stesso concepito.

Sono amico dei pazzi. Perché il novanta per cento di essi è incosciente di esserlo.

Dunque i pazzi hanno tutta la mia stima possibile e immaginabile.

Sono invece nemico delle certezze, delle frasi fatte, della retorica, del buonismo consolatorio e ricattatorio, del proibizionismo, dell’astensionismo dalla verità rinnegata a favore delle facili spiegazioni sbrigative, sono nemico delle speculazioni analitiche sul prossimo, del quale nessuno di noi, estraneo perciò al suo cuore e alla sua mente, potrà mai conoscere il suo vissuto e il suo vivido sentire, di conseguenza non potrà mai capirlo, semmai solo supporre, fantasticare, allestire un delirio peggiore dei deliri di chi ha preso la sua incontrovertibile, irreversibile scelta estrema.

Alla prossima.

Sperando che non sia già altrove, in un qualche aldilà, in un’altra identità, in un’altra galassia remota, distante anni luce da ogni cosmetico imbellettamento, da ogni (s)truccato balletto.

Da ogni imbecille, turlupinante trucchetto.

Da ogni adulto che si comporta da bimbetto e da ogni bimbetto che si atteggia ad adulto per fare lo stronzetto.

Vado a dormire, ascoltando il grande Daniele Silvestri.

 

master phoenix joker_01
di Stefano Falotico

joker phoenix

 

Sì, oramai è lapalissiano, la mia voce è richiesta ed è sempre fuori dal coro, adesso pure gli audiolibri…


18 Jul

sutter cane


Ecco, un mio amico, Giovanni di Castel San Pietro Terme, il quale mi porta sempre all’Accademia del Pomelo, luogo frequentato da ragazze che voi vi sognate nei peggiori incubi, visto che anche in sogno loro vanno con gli altri, mi sta incitando a realizzare audiolibri. Ben conscio che la mia voce abbia un che di magnetico, d’imponderabilmente propedeutico, oserei dire taumaturgico.

La mia voce, sfumata in cromatismi sonori fra il nero allegro e il bianco malinconico, s’insinua nelle vostre anime, scopre i vostri cuori e li intarsia in splendida rilegatura rinascente.

Qua sta succedendo il manicomio. Miriadi di persone, delle più disparate, mi contattano su Facebook, dunque elargisco consigli di vita su WhatsApp, le donne si accapigliano per uscire con me ma sono di gusti difficili, svolto altrove e imbecco una dietro un cantuccio a cui offro toscani cantucci per poi ubriacarla di miei sentimentalismi rosati come il miglior vino del Chianti.

Cammino con sguardo leggero, adocchio una in minigonna e dunque, stando sul vago, dopo mezz’ora in lei evaporo.

Non capisco però perché lei si rivesta, indossando i pantaloni.

Signore e signori il Genius-Pop.

Uomo inafferrabile, imprendibile anche per sé stesso.

Non si sa mai quello che farà, chi si farà ma soprattutto come mai riesca sempre a stupirvi senza effetti speciali.

Il vero JOKER.

Sparisce nella notte, riappare da dietro un cespuglio e ha un carisma al cui confronto Joaquin Phoenix e Bob De Niro impallidiscono.

Sì, loro usano i truccatori per apparire carismatici, io adotto la cera della mia rinascita.
Senza ritocchi cosmetici ma un naso da Pinocchio che bi sbugiarda e vi dovrebbe mandare tutti a farvelo dare in quel posto, invece, con signorilità eccelsa, vi manda in culo alla balena.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Scusate se persi il cervello, lo ritrovai qualche mese fa, stava su una mensola del ripostiglio e quest’anno sarò al Festival di Venezia da critico con tanto di papillon


15 Jul

papillon

Ovviamente, burini e bovini, suine e malandrini, avete visto il film Papillon con Dustin Hoffman e Steve McQueen? Macché. Voi non solo non vedeste mai questa pellicola di Franklin J. Schaffner ma nemmeno il remake di due anni fa con Rami Malek. Avete fatto bene, fa cagare.

Chi invece sostiene che il rifacimento sia meglio dell’originale, ecco, lo andiamo a prelevare da casa subito, lo carichiamo in macchina, lo leghiamo al sedile con tre cinture di sicurezza e cinque camicie di forza, dunque arriviamo tutti insieme appassionatamente a Riccione e lo gettiamo, senza sciogliergli nessun nodo, in aperto mare.

Sì, tale malfattore stroncò l’originale e noi lo lasciamo affogare col peso delle sue stronzate micidiali. Si dice che gli stronzi galleggino. Certo, ma lui no. Lui appartiene a una categoria rara, speriamo in via d’estinzione. Ovvero lo stronzus deficientis, catalogabile anche al genere, degenerato qual è, dei Phylum Plathelminthes, cioè ai vermi piatti.

I vermi si distinguono in due categorie: i vermi innocui, la cui vita libera, sebbene da imbecilli, ci risulta innocua, e i vermi parassiti. Quei vermi solitari che attentano al nostro fegato poiché malati d’invidia. E divorano ogni felicità altrui in quanto esseri profondamente infelici. I quali sono talmente poveretti che, augurandosi con le loro cattiverie di farti male, esultano poi del mal comune mezzo gaudio.

Ah, sai che allegria.

Ci sono. Impazzano. Si chiamano stalker. Sono coloro che, se tu ti rassereni un po’, vivi semmai solo estemporaneamente un istante felice di leggero successo o di normale sesso, cazzo, ti ricordano che loro sono nascosti nel vapore della nuvoletta di Fantozzi, pronti a rovinare te, appunto, che ti stai facendo il viaggio. Cosicché, ogni sogno evapora e ascolti poi Fiorella Mannoia, I treni a vapore, cavallo di battaglia anche di Ivano Fossati. Insomma, questo losco individuo vuol farti credere che tu sia solo un sognatore che cade dalle nubi. E desidera la tua mente annuvolare. Ah, fuori è nuvolo. Evviva Lucio Dalla e Nuvolari!

Ora, Malek invece a mio avviso, come ampiamente da me già scritto, ha meritato l’Oscar. Bohemian Rhapsody è un film dichiaratamente agiografico, un biopic all’acqua di rose, innestato sul buonismo e l’elegia poetica più caramellosa, ma Malek ha saputo ricreare Freddie Mercury con originalità e affascinante personalità.

Ecco, ci sono poi le persone che, distrutte da una vita che bruciò ogni loro speranza melodiosa, adesso s’identificano nel babau Freddy Krueger e attentano alle giovinezze altrui poiché ingorde delle loro purezze.

Ci sono anche quegli adulti tromboni che però, al posto degli artigli di Freddy/Robert Englund, hanno solamente le unghie lunghe poiché, non essendo amati oramai più nemmeno dalla loro donna, hanno trascurato perfino la manicure. Sbatteteli in cura.

Costoro, possiamo senza dubbio annetterli invece al folclorismo della loro rabbia verde. Sì, essendo incazzati a morte in quanto, appunto, hanno la panza piena e sono sovrappeso, si sono trasformati nella versione negativa dell’Incredibile Hulk.

Vogliamo bene a trogloditi così. Uomini che oramai non tanto chiavano ma usano la clava contro le gioventù da loro mal sopportate.

A me invece, in questa vita da rinato, da ex meno(a)mato, menomale è successa la metamorfosi inversa. Prima ero timido, ora sono Lou Ferrigno.

L’altra sera, ad esempio, m’ha contattato anche Chiara Ferragni. Donna che però mi fa venire… il latte alle ginocchia, emblema incarnato della scema arricchita senza un grammo di cervello e, secondo me, senza neppure un milligrammo di qualcos’altro. Visto che suo marito, Fedez, non vale un cazzo.

Ah ah.

Sì, il mondo si divide fra uomini con le palle come Steve McQueen e gente che preferisce isolarsi come Hoffman.

Fra uomini che sono illusoriamente contenti e felici nel loro porto apparentemente cheto, uomini che si proteggono negli alibi e nelle scuse perché hanno paura di prendere il largo, uomini cioè che si barricano nelle consolazioni utopistiche delle loro esistenze da nudisti, in quanto hanno perso tutto ma non vogliono rivestirsi, preferendo sbandierare pateticamente ai quattro venti le loro sfighe, cercando dunque solidarietà miserevole e pietistica, e uomini che l’hanno preso in culo come più non potevano, appartenenti, possiamo dirlo, al sottoscritto.

Cioè un uomo che non ama molto i cinecomic ma, al Lido di Venezia, famosa isola dell’unica, vera città sul mare, in quanto Amsterdam invece ha solo i canali e le canne fumarie dei libertini drogati bestiali, senza dimenticare ovviamente Comacchio, località peraltro piena di donne racchie più disgustose delle alghe, ecco… al Lido sarò forse pure incravattato. Con tanto di abito firmato, griffato in tua sorella.

Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi.

L’ultima volta che andai al Festival fu qualche anno fa. Vidi Birdman.

La storia della mia (non) vita.

Da quando ebbi il mio colpo di Genius, l’imprevedibile virtù dell’ignoranza, sì, molti mi spaccarono il setto nasale, mi suicidai molte volte ma continuo a volare alto.

Perché, sostanzialmente, sono sia Michael Keaton, ovvero Batman, che Edward Norton, Hulk.

Mi spiace per gli stronzi farabutti che continuano ad accusarmi di doppia personalità. No, non sono schizofrenico, quello lo è Norton di Schegge di paura.

Sono, diciamocela, solamente un coglione cazzoncello dal fascino pagliaccesco che mette i brividi. Soprattutto alle donne. Brividi di calore. Perché, appena mi vedono, allagano tutta Venezia.

Guardate, sì, non è colpa dello scioglimento delle calotte polari se Venezia soffre dell’alta marea.

È colpa mia. Mi assumo ogni responsabilità di quest’inondazione alluvionale e vi penso, orsù, sempre io a riscaldare l’ambiente.

Sì, vi lascio con una battuta da clown:

– Ah, secondo me, Falotico ha un solo problema. Non crede al suo cervello.

– No, non è vero. Non crede invero a quello suo che fa rima con ottimo cervello. E, da questo scollegamento, parte tutto il resto.

– Dici che sia così? Come fai a saperlo?

– Ho appurato ieri notte la mia teoria. In pratica, io e Falotico abbiamo trombato.

– E quindi?

– Mettiamola così. Birdman è un brutto film in confronto al Fallo…

 

Morale della fav(ol)a: sono un uccello libero come un gabbiano su Venezia. Nessuno mai più riuscirà a ingabbiarmi. Forse a farmi incavolare, questo sì. Ci sta. E io, incazzato, dimenticherò ancora il cervello nel credermi un supereroe.

Ora, scusate, devo pulire il tinello.birdman keaton invito veneziabirdman

di Stefano Falotico

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