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JOKER, Il Principe della notte: non ho età, non sono né vecchio né giovane, non sono infantile, non sono adolescente, sono solo registrato all’anagrafe, non sono mai nato e dunque non morirò


25 Aug

Ra Stargate

Come no?

Sì, dopo appurate analisi, dopo indagini approfondite, dopo psicanalisi da me stesso inflittemi, dopo immani scavi, oserei dire, archeologici per rinvenire il reperto storico perfino di me che finii in un reparto da Spider di David Cronenberg, asserisco con totale onestà di non avere età.

Non ho talloni d’Achille, non mi sbriciolo di fronte alla criptonite, se estrarrete il carbonio 14 dalla mia scatola cranica, non riuscirete a misurare la mia età. Se invece estrapolerete, donne, dalla patta dei pantaloni il mio velociraptor, potrete misurare invece le dimensioni di qualcosa di bestiale che forse possedettero soltanto gli uomini di Neanderthal.

Ah ah.

Io non ho età, sono oltre ogni tempo e, se un giorno schiatterò, non dovete elevare in mia memoria nessun tempio.

Poiché celebrereste soltanto il sarcofago vivente d’una mummia comunque più viva di voi che amaste l’omonimo film con Tom Cruise. Una pellicola mortifera che non divertirebbe neppure Tutankhamon reincarnato in quel cazzone del re Ra di Stargate, ovvero Jaye Davidson. Un uomo o pseudo-tale che è un ibrido fra il compianto cantante Prince, la deceduta Whitney Hosuton e Michael Jackson prima della sua morte, ovviamente, ma soprattutto prima che volesse diventare Kevin Costner di Guardia del corpo.

Ah ah.

Sì, che attore della minchia questo Davidson.

Al suo attivo ha solo due lungometraggi, ovvero il già succitato Stargate e La moglie del soldato, più un mezzo tv movie e un corto che avrà visto solo lui.

Comunque, a proposito de La moglie del soldato, vi racconto questa…

Qualche mese fa, fui contattato su Facebook da uno, forse una, che mi ripescò:

– Stefano, mi riconosci? Ci siamo visti al meeting di FilmTv.it del 2006. Ti ricordi di me?

– Mah, di mio non mi ricordo neanche cos’ho mangiato a pranzo. No, non mi vieni in mente. Chi sei?

– Ecco, ci vedemmo (usa anche il passato remoto, stavolta) solo di sfuggita. A differenza tua, io mi ricordo eccome di te. Sebbene avessimo scambiato solo due parole. Tu sei indimenticabile. Ora, comunque posso capirti. Ho cambiato sesso. Adesso non mi chiamo più Federico ma Federica. Si nota dalle foto?

– Mah, se lo dici tu… Fammi ben vedere. Dammi due minuti ché devo sfogliare un paio di tuoi album. Aspettami.

– Fai pure, tanto ti ho aspettato, anzi, t’aspettai lungamente per 13 anni, 5 min. in più non sono importanti.

– Che vuoi dire?

– Niente. Tu intanto sfoglia. Poi, dimmi.

– Ecco, a esserti sincero, sì, noto che sei mezza svestita in quasi tutte le tue foto. Ma entro i limiti del consentito dalla censura di Facebook. Però, ci sono un paio di tue foto in cui ho ravvisato una certa protuberanza…

Dunque, non sei donna a tutti gli effetti, diciamo.

– Effettivamente, no, hai ragione. Sono un trans. Vuoi il mio numero WhatsApp?

– Va bene. Passamelo…

– Ti mando un messaggio così mi aggiungi subito ai contatti. Ti è arrivato?

– Sì.

– Ottimo, instauriamo immediatamente un certo contatto. Si è capito che mi piaci?

– Sì, me l’hai già detto mille volte. Dunque, che vuoi?

– Mi manderesti una tua foto proibita? Dai, scattatela ora.

– Va bene.

 

Gli mandai la foto, quindi gli scrissi:

– Soddisfatto, ora?

– Ancora no. Dammi tempo. Mi sto toccando. Ci vuole un po’…

– Va bene, intanto vado a mangiarmi un gelato.

– Fai, fai…

 

Finito che ebbi di leccare tutto il Cucciolone, riprese la nostra conversazione del cazzo:

– Sei venuto? Sei a posto, adesso?

– Felicissimo. Comunque, tu hai leccato, sì, leccasti tutto il gelato. Ho avvertito una certa freddezza da parte tua, nevvero?

Cosa c’è che non va in me? Mi hai appena inviato una tua foto “sputtanabile”. Sai che ti dico? Non mi piaci più. Ora, sai che faccio? Piglio la tua foto del cazzo e la spargo in rete, così ti rovino.

– Ah sì. E che cazzo hai in mano se non l’immagine di un cazzo? C’è la mia faccia, forse?

– No. No, non c’è. Ma perché non ti piaccio? Cazzo!

– Se mi piacessi, avendomi tu dato il tuo numero WhatsApp, ti avrei già chiamato, non credi?

– Chiariamoci, stronzo. Io ti ho appena rifiutato! Vattene a fanculo!

 

Sì, che dire? Un uomo che sa davvero che cazzo voglia dalla vita. Ah ah.

Di mio, ho un viso da sfinge, un volto talmente espressivo che non ho bisogno di cambiare, appunto, espressione poiché soltanto con l’aggrottare impercettibile della mia fronte comunico molte più emozioni di Buster Keaton.

No, non sono Batman come lo fu Michael Keaton e non sono Arthur Fleck. Non sono nessuno, detta onestamente.

Però, nel 2003 scoprii di aver perso tutta la mia vita, facendo il clown.

I pagliacci fanno ridere la gente, infatti la gente mi chiamava solo per scarrozzarla avanti e indietro per tutta Bologna. Insomma, le persone ti sfruttano per opportunismo.

Quando le accompagni a un discopub e, mentre loro tracannano birra e gozzovigliano di lingue nei bagni caldi, raccattando qualche Catwoman, insomma, quando fanno i loro porci comodi, tu resti acquattato e soprattutto acquietato, già immensamente lontano dai giochi triviali e tribali di un’adolescenza tua mai avuta, mai venuta…

Forse solo svenuta o di sapida, saggia melanconia imbevuta. Sì, tutti si fanno delle grandi bevute e, alle tue (s)palle, delle matte risate, invero scontate e risapute.

Credendoti pazzo oppure, appunto, pensando che non capisci un cazzo.

Ciò che di me è inquietante, io stesso l’ammetto in maniera disarmante, è che io pensai e penso a tutt’oggi la stessa cosa di costoro. Mentitori, impostori, vili e malfattori. Puttanieri e sfruttatori.

Sì, penso che furono, sono e saranno irrimediabilmente, eternamente persone malate di mente. Incurabili e irrecuperabili. Come dico io, nemmeno inculabili. Poiché, come detto, a me non piacciono manco per il cazzo. Questi qui si fottono da soli, fidatevi.

Ah ah.

Poiché, a mio avviso, non capiscono la realtà. Non la capirono, giammai la comprenderanno. Debbo solo, più che compatirli, biasimarli e disprezzarli per la loro abietta miseria morale, accettarli e comprenderli.

Poveretti.

Perlomeno, la maggioranza. Vivono di automatismi, cioè in modo meccanico, ragionando d’istinto o, al massimo, ripeto… per mero opportunismo, per volubilità ed estemporanee emozioni che, come un raptus momentaneo indomabile, fanno le cos(c)e senza pen(s)are. Senza meditare sulle conseguenze dei loro impulsivi gesti partoriti unicamente dai circostanziati istanti, appunto, figli di quel fugace, pericoloso, instabile istinto lor abrasivo, lurido e belluino.

In quell’attimo circoscritto, non so se conciso o circonciso, i loro gesti s’iscrivono e adempiono all’animalità delle loro viscerali, esecrabili passioni oscene non propriamente finissime, però finalizzate ad allettare la primitiva fame d’orgasmi, sessuali ma anche no… più miserrimi.

Agiscono per avarizia, per indolenza, per noia o addirittura per pigrizia. Sì, può apparire contradditorio il termine pigrizia se associato all’azione. Alle loro masturbazioni.

Non lo è. Le azioni di molta gente sono animalesche, dettate inconsciamente, soprattutto incoscientemente, da un innato spirito di conservazione, da un barbarico, sebbene imborghesito e apparentemente civilizzato, meccanismo di sopravvivenza atavico di natura scimmiesca, proteso ad aderenza di una volontà primaria, dunque da primati, fatta di repentini palpiti, di capricciose voglie assai fuggevoli di palpate e amplessi che svaniscono nel labile, impercettibile battito di ciglia che a sua volta, in un baleno, dopo il tintinnarsi ruggente, s’eclissa nella monotonia di un’esistenza già fuggente, già di mano sfuggita.

Appunto, giammai ca(r)pita nella sua vera essenza profonda come una pepita nel deserto delle loro aridità da uomini e donne scipite.

Sì, è per questo che molti miei coetanei sono tutti depressi cronici. E si scolano soltanto insipide bibite.

Esperirono già troppa vita porcellesca e ora precocemente si son condannati al supplizio delle nostalgie passatiste, ubicandosi nella calma omeostatica di emozioni placatesi, di umori collocati nel posto fisso della routine lavorativa delle loro giornate illimitatamente, ripetitivamente uguali a sé stesse. Trascinandosi nell’apatia mascherata da ruffianeria ove fingono di prodigarsi socialmente, prostrandosi ai buonismi più moralistici, semplicemente per non guardare allo specchio le anime dei loro spettri ambulanti già patiti, già nell’anima partiti.

Io chiamerei per loro un’ambulanza. Sono tutti matti ma non sanno di esserlo.

Aspettano il sabato sera per fare baldoria, poi si svegliano per immusonirsi nelle domeniche pomeriggio tediose, rattristandosi, prima di prendere sonno poiché consapevoli che da lunedì mattina, cioè il giorno dopo, la solita loro vita lavorativa, assai ipocrita e meschina, inevitabilmente si avvicina.

Sono la prole di questi padri rincoglioniti che educarono appunto tali lor figli debosciati e (de)generati all’etica della dignità maschilista, se parliamo di figli del cazzo col cazzo, di femminismi scassa-minchia se ci riferiamo a queste figlie che fanno tanto le fighe ma rompono solo le palle.

Ah ah.

Di mio, vado a ficcarmi in bocca un altro gelato.

 

di Stefano Falotico

VENEZIA 76: diramata la lista ufficiale della Giuria e, fra gli accreditati stampa di quest’anno, compare il JOKER MARINO, ovvero AL PACINO, vedere per credere


24 Aug

giuria venezia 76

pacino americaniVoi avete un brutto difetto. Non credete mai a quello che vi dico. Siete come San Tommaso. Colui che, se non ficcava il naso nei cazzi altrui, non era mai soddisfatto.

Io so soltanto, come sostiene Al Pacino di Scent of a Woman, che col naso bisogna odorare l’hostess in aereo che ti fa volare alto…

Sì, ve lo confesso. Sono molto emozionato. È la prima volta in assoluto che mi presenterò al Lido in veste di critico ufficiale e inviato di Daruma View Cinema, la rivista online per cui sempre più proficuamente scrivo.

Io e il mio amico Raffaele, del quale qui non posso svelarvi il cognome, sebbene possa dirvi che è un collega, vedremo probabilmente anche molti film assieme.

Io starò soltanto cinque giorni alla Mostra. La mia economia non mi permette di alloggiare in albergo per tutto il periodo festivaliero. Si fa quel che si può coi soldi che si hanno in tasca.

Ma, dopo cinquemila libri pubblicati, molti dei quali a tematica cinematografica, dopo il mio lodato e apprezzatissimo saggio monografico su John Carpenter, significa che qualcosa mi sono meritato.

O no? Sì, io non amo far sfoggio di me, sono una persona piuttosto umile poiché conosco assai bene la realtà.

Oggi avviene un successo, domani non si fa sesso e una nuova delusione è dietro l’angolo. Cosicché, si finisce nella merda e si diventa dei cessi.

Sì, non bisogna giammai vantarsi di niente. Mai! Ricordate quello che dice sempre il grande Al ne L’avvocato del diavolo a Keanu Reeves:

Milton: – Un po’ meno spocchia, figliolo, anche se sei bravo, non se ne devono accorgere che arrivi, sarebbe una gaffe, amico mio. Devi mantenere un profilo basso, innocuo, sembrare insignificante, uno stronzetto, emarginato, costantemente nella merda… Guarda me: sottovalutato dal giorno della nascita. Tu non mi crederesti mai un padrone dell’universo, non è vero? Tu hai un’unica debolezza a quanto posso vedere. 

Kevin: – E cioè?

Milton: – L’aspetto. La tua aria da stallone della Florida. “Pardon madame, ho dimenticato gli stivali sotto al suo letto”.

Mai avuto una giuria senza donne!

Ah ah!

Sì, nella giuria di quest’anno compare anche Rodrigo Pietro, il direttore della fotografia di The IrishmanChe te lo dico a fare?

Ovviamente, non sto scherzando. La Biennale di Venezia mi bombarda di mail, aggiornandomi su tutti gli sviluppi del programma ufficiale.

Dunque, come tutti gli accreditati stampa, ho ricevuto nel primo pomeriggio la notifica esclusiva della lista completa della giuria.

Sì, grande giuria. Lo sa il mitico John Cusack di The Runaway Jury. Ah ah.

John e Al recitarono assieme in City Hall. Ho detto tutto. Ah ah.

Sì, vivo ancora spesso pomeriggi da giorni da cani e son vivo per miracolo.

Io e Al Pacino de Lo spaventapasseri del finale, eh sì, abbiamo ricevuto la stessa diagnosi.

Però io non sono un personaggio da film tragici.

La vita va avanti…

E lasciate stare quella cantante del cazzo, Madame.

Qui si fa tutto un altro gioco come nel film Americani.

E, come dice Al Pacino di Heatè gente cazzuta, questa.

Sì, molti di voi, qui in Italia, pensano che arrivare a Hollywood sia un gioco da ragazzi.

Stare a Hollywood non è solamente questione di talento, culo, bellezza, fascino, presenza scenica e bravura.

A Hollywood bisogna avere il pelo sullo stomaco per resistervi.

È un posto di corrotti, di produttori truffaldini e furbissimi, di troiette che venderebbero la loro madre pur di recitare due secondi con Al Pacino, è un posto iper-competitivo e violento, soprattutto psicologicamente, ove Arthur Fleck/Joker finirebbe strapazzato in 30 secondi netti.

Dunque, non montatevi la testa.

Guardate come hanno combinato per le feste il povero Kevin Spacey, uno dei più grandi talenti di Hollywood degli ultimi trent’anni, emarginato, distrutto, incriminato, colpevolizzato da un’America falsa e puritana solo perché nudamente ha avuto il coraggio di non rinnegare d’aver sbagliato.

Il mondo reale, fratelli della congrega, è come l’ufficio di Americani.

E, a proposito di Kevin Spacey che, in questo film, fa il bambino, combinando scherzetti cretini, è ora di smetterla con le prese per il culo e gli sfottò infantili.

Altrimenti, accadono le tragedie e, per venirne fuori, bisogna farsi un culo come una casa.

 

di Stefano Falotico

JOKER: Rated R… Joaquin Phoenix è superiore a Leonardo Di Caprio, sì, lo penso davvero, non è una bestemmia da “disturbing language”


23 Aug

phoenix padroni della notte

Sì, Joker ha finalmente ricevuto la censura. Era d’uopo. Bisognava aspettarselo.

Questa è una notizia esaltante. Pagliacci, jolly vari, uomini senza dignità, uomini spogliati del vostro amor proprio, uomini accusati di viltà, donne additate come irrimediabili sfigate irrecuperabili, donne deflorate della vostra innata innocenza purissima, uomini che ne passaste troppe, sì, mi riferisco sia figurativamente a quelli che, dopo troppo sesso e troppi flirt inutili, son divenuti nichilisti e persi, sia a quelli che invece non furono amati da nessuna, nemmeno dalle loro madri, dunque ricevettero dalla vita solamente dolori e tostissime batoste crudelissime.

Uomini amari, uomini che amate La Mer, uomini rammaricati che non volete più le maniche rimboccarvi perché tanto non servirebbe a un cazzo ripartire daccapo se non a pigliare altre sberle e pugni in faccia, non dovete assolutamente reagire dirimpetto a quest’immane delusione ch’è stata la nostra vita tragica.

Dobbiamo buttarla a ridere, ironizzarvi sopra e sdrammatizzare lo scempio compiutoci da una società ingrata e belluina, grazie alla stupenda, ilare virtù dei nostri blues brothers fintamente demenziali e sapidamente cretini. All’apparenza coglioncini, in verità vi dico assai svegli e volpini.

Uomini cioè che hanno il pelo sullo stomaco e, malgrado le cos(c)e siano andate malissimo, sì, dobbiamo essere realistici e oggettivi, senza poetizzare, romanzare nulla, poiché noi odiamo i consolatori buonismi e la retorica a buon mercato, detestando e pigliando a testate gli psicologi perché tanto c’imboccherebbero soltanto di caramelline zuccherose, rabbonendoci con psicofarmaci inibitori delle nostre, vivaddio, sanissime pulsioni non certamente santissime, meglio così, guardiamo in faccia la realtà per quella che è. Senza nasconderci in piagnistei superflui e patetici. Deleteri e controproducenti.

È stata una vita orribile, mostruosa, un horror continuo. Un percorso esistenziale talmente sfortunato d’averci illuminato nell’esistenzialismo più fantastico.

E, come Travis Bickle di Taxi Driver, camminiamo funerei nella notte più cerulea, donando baci bollenti a donne parimenti inculate da questa vita misera e puttana.

Ah ah.

Dunque, la smettessero quelli che cercano solidale compassione e la stima altrui attraverso false leccate di culo ignobili.

Noi riconosciamo, di onestissima Mea Culpa, che indubbiamente il nostro cervello andò a farsi fottere molti anni nel didietro, no, addietro.

Ma il nostro battagliero spirito guerrigliero inarrendevole, la nostra caparbia temerarietà da Armata Brancaleone di folli condottieri, eh sì, ci condurrà verso altre sfighe immani e disumane.

Non fatevi illusioni, ah ah.

Esiste la felicità? Ovviamente, sì.

Però, come giustamente asserì il mitico, imbattibile Totò, la felicità perpetua non esiste e non può esistere, a meno che voi non siate degli idioti.

Poiché la vita è oggi un petalo di rosa e una donna armoniosa forse tua leggiadra, romantica sposa, domani è il suo amante segreto che scoprirai troppo tardi quando lui l’ha messo sia a lei che a te in quel posto.

Non ci sono cazzi. È così. State in occhio. Non credete di essere arrivati e non fate dunque i gigioni come Leonardo DiCaprio.

Volete la verità?

A me Leo DiCaprio piacque molto in Voglia di ricominciare.

Sì, fu bravissimo in questo film. In Titanic fu invece bellissimo.

Sì, sono un uomo etero, non credo eterno, prima o poi creperò ma debbo constatare, senza vergogna, che se fossi stato una ragazzina ai tempi in cui il film di Cameron uscì, guardando Leo a prua e a poppa, eh già, avrei avuto in sala la fighella tutta bagnatina e avrei sognato di fargli un pompo.

Sì, è per questo che all’epoca le sale furono allagate, no, affollate. Ed è sempre per questa ragione che restaurarono Titanic in 3D. Per rendere l’orgasmo più oceanico, al fine di ottenere un affondamento totale di questo pubblico di borghesi sdolcinati che si emoziona(ro)no per du’ baci sulle note di Céline Dion.

Siamo uomini ghiacciati che succhiano un ghiacciolo, degli iceberg inaffondabili, probabilmente solo annacquati.

Ah ah.

Basta, questi non sanno nemmeno che cosa sia la vita dura. Leggessero piuttosto Louis-Ferdinand Céline. Sì, siamo uomini oramai offuscatisi nel Viaggio al termine della notte.

Ma quali yacht, motoscafi e varie mignotte. Questa realtà non c’appartiene e non c’apparterrà mai!

Dunque, prendete quel Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street e sbattetelo dentro.

Costui è solo un viziato, un nababbo, uno che va subito ridimensionato.

E la smettesse Leo DiCaprio con le storie di vendetta.

L’uomo vero perdona gli errori altrui, non è altrettanto punitivo come gli scellerati che gli commisero danni irreversibili e, oserei dire, irreparabili.

E che è quel film The Revenant?

E poi… in Gangs of New York, Leo fu un pirla mai visto.

Combinò un casino della madonna solo perché suo padre, Liam Neeson, combatté per lo spirito santo ma fu trucidato da un macellaio…

E a che servì? Tanto Leo fu/è credente come il padre ucciso. Perciò, Liam forse ascese a un mondo migliore.

Mentre l’omicidio, caro Leo, è un peccato capitale, un reato gravissimo. E si finisce all’inferno se si ammazza un Butcher sebbene possa comprenderti e capire che l’incazzatura sia stata fortissima.

Ci sarebbe anche da dire questo. Se fossi stato al tuo posto, Leo bello, avrei lasciato che, dal paradiso, Liam si fosse vendicato da solo. Dimostrò infatti innumerevoli volte che è capace, quando vuole, di resuscitare come in Io vi troverò, come ne La preda perfetta, cioè di risorgere dalla ceneri della sua walk among the tombstones.

Non sei credibile come uomo, Leo/Amsterdam Vallon. Torni a New York per innamorarti di Cameron Diaz? Ma è una zoccola.

È stata con tutti in quella città. Perfino con Day-Lewis. Cioè, fammi capire bene, tu accoltelli mortalmente il Butcher per poi sposare e avere figli maschi con una che gliela diede solo per due gioielli in più?

È una borseggiatrice, una meretrice, con tutta probabilità è come quella bionda di Alighieri Dante, vale a dire Beatrice, donna che a prima vista sembra che possa regalarti l’idillio, sì, la vedi e pensi… che figa di dio. Poi scopri che t’ha portato dritto all’inferno. E lì rimarrai conficcato per l’eternità a scervellarti, sbudellato dalle fiamme del tuo peccato. Sì, la vagheggiasti ma non la trombasti. E sei finito fottuto.

Ma che schifo! Vedi, Leo, poi non prendertela se lei, sconvolta e in stato confusionale, diventerà come Anna Maria Franzoni. Shutter Island docet.

Sì, non impazzisti dopo che tornasti dal lavoro e assistetti all’orrore commesso da tua moglie. Secondo me, fosti già prima da manicomio.

Io, una con la faccia di Michelle Williams, non l’avrei sposata manco se mi avessero dato i soldi che ti diedero per girare The Beach. Una gran porcata!

Sì, la Williams la prendono quasi sempre per parti da folle, schizofrenica, isterica, depressa cronica.

Obietterete qui, voi, volendomi correggere. Dicendomi che interpretò anche il ruolo di Marilyn Monroe.

E state sbagliando ancora. Secondo voi, la Monroe fu una donna felice?

Fu solo una poveretta in mano a omaccioni che sfruttarono la sua bellezza magnifica. Compreso quel puttanazzone di Kennedy.

Che donna disgraziata! Morì impasticcata per colpa di questi figli di troia! Diciamocela!

E ne vogliamo parlare del suo primo marito? Quel cazzone di Joe DiMaggio? Io avrei preso quella mazza e gliel’avrei data in testa. Sulla capa come De Niro/Al Capone!

Sì, Leonardo DiCaprio è sopravvalutato.

Meglio Phoenix.

Quest’uomo disagiato Da morire, questo ragazzo spaurito e timido da Innocenza infranta, questo Johnny Cash vivente, questo Cristo da Maria Maddalena!

Don’t Worry, figlioli! Mettiamo su Bob Marley… be happy…

We Own the Night!

 

di Stefano Falotico

JOKER e Festival di Venezia: amici e clown, ci vediamo tutti al lido col papillon, che annata storica da Neo(n) delle nostre avventure, che figata da Sharon Stone, sono il PRINCE, super video mai visto!


19 Aug

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Nella mia vita, ne ho viste tante: fui scambiato per Eminem e invece ero Michael Douglas di Wonder Boys

Innanzitutto, avete cliccato sul CAZZO di audio?

Ora, provate a recitare velocemente questo pazzo pezzo come se fosse del tosto rap. Senti che musica, maestro! Qui arriviamo a livelli di sublime estrosità per assoluti estrogeni. Sì, sono un uomo che sogna gli astri ma non crede negli oroscopi di Astra, talvolta dalla realtà mi astraggo ma che male c’è a essere uno che vuole masturbarsi dietro uno schermo, ammirando una virtuale cubista irreale senza la pretesa di essere a questa un pittore come Kandinskij oppure un surrealista metafisico come Giorgio de Chirico?

Allora, sarò uno che amerà a dismisura Franco Battiato e Cucurrucucú paloma?

Macché, sono un po’ come Il sarto di Panama di Geoffrey Rush, sì, alla fine molte donne che appaiono fighe a prima vista, cazzo, sono solo trash. Meglio la veterana Jamie Lee Curtis, adatta al mio uomo che si auto-inganna di True Lies.

No, in effetti i miei calunniatori sanno pochissimo della mia vita privata. Meglio così. Altrimenti capirebbero che sono forte come Schwarzenegger.

Avanti, donne, cantiamo di Zucchero:

Funky il gallo, come sono bello stamattina

non c’è più la mia morosa

e sono più leggero di una piuma

oh e intanto Zio Rufus sta

coi suoi pensieri in testa

portando in giro la vita a fare la pipì

per colpa di chi chi chi chi chicchirichì

Aveva ragione Robin Williams di Will Hunting.

Quel troione arricchito di Stellan Skarsgård voleva manipolare un genio come Will per poter lucrare sulla sua pelle, togliendogli le palle con la scusante che l’umanità non poteva perdersi un futuro Shakespeare.

Invece William detto il Bardo, no, Williams detto il saggio, disse a Stellan che a Will non interessava di diventare una stella.

Sì, inizialmente fra lo psicologo e il paziente, ovvero Will, non corse buon sangue. E Will forse v’andò troppo giù pesante. Ma Williams capì che le offese di Will, indubbiamente stronze e bastarde, furono soltanto il segno di reazione affinché avvenisse tra loro l’empatico transfert.

Sì, non v’era criminosità in quei suoi gesti da bulletto, bensì disperazione, solitudine e alienazione.

Cosicché Williams capì che per Will, nonostante le sue immani potenzialità spropositate, non fregava sostanzialmente di fare il professore dell’università di Harvard.

Infatti, che può farsene un ragazzo di una prestigiosissima cattedra accademica con tanto di cornice della lodevolissima laurea se poi, come sempre, gli manca la materia prima?

Cioè la poesia dell’anima del mitico cantante Michele della super-(s)cult Dite a Laura che l’amo?

Che canzone meravigliosa e purissima, profuma di romantica, autentica sincerità molto più stimabile di tanti laureati senz’anima.

Sì, questi miei ricordi affievolitisi nelle membra(ne) del mio appartamento, no, dissipamento, oh sì, dopo tanto scoramento, stanno ribalzando in gloria di tutta gola.

Tremano le pareti e io sono sempre più indiavolato, divorato dentro da un enorme abbattimento scatenato.

Molta gente, arrivata a livelli così atroci di sconforto e silente, inascoltato, tormentoso lamento, trova conforto nella solidarietà socialmente più penosa. In verità vi dico, eh sì, assai pericolosa e senile.

Molte persone, difatti, distrutte dalle loro rabbie e soffocate dalla loro allarmante solitudine disarmante, s’iscrivono a qualche partito comunista per alleviare in compagnia demagogica la mancanza di democrazia delle voci contradditorie dei loro interiori demoni voraci.

Al che, nelle loro ferite anime afflitte da incapaci e poco cresciuti, si alleano, dandosi manforte in leccate di culo impressionantemente incresciose e pietose.

Sì, mangiando assieme le crescentine, si fanno i pompini a vicenda per ottenere soltanto un po’ di “mi piace”.

Ma per piacere!

Piace invece la mia voce genuina, roca e rocciosa, oserei dire cavernosa, una voce sinuosa e armonica che, serpentesca, bacia carezzevolmente le corde dei cuori ancora speranzosi, spronandoli all’azione e al gusto dell’onestà morale che, malgrado le batoste ricevute e mai restituite, sa commuoversi dinanzi al vostro tramonto e a nessuno dei suoi cazzi trascorsi, forse da agnellino o da orso, deve più dar conto.

Non ho rimpianti se non due soltanto: quello di non aver mai spinto, quando potevo, dentro una che, durante una sera per lei fredda, rimase a pecora, cioè terra con le ruote, chiedendomi caritatevolmente… scusi, mi darebbe una spinta?

Mi fermai, le gonfiai la ruota sgonfia ma lei mi guardò con aria stronza. Poiché comprese che io non compresi la sua metafora. Sì, non abbisognava del mio meccanico fai da te, semplicemente a quell’ora tarda della notte, eh sì, desiderava solamente gonfiarmelo. Per consolare reciprocamente i nostri vuoti pneumatici. Quello mio emotivo e il suo oggettivamente ubicato sia davanti in mezzo alle gambe che, in maniera perpendicolarmente simmetrica, dall’altra parte, da cui la famosa espressione lato b.

Sì, lezione di matematica sessuale: lato per lato si ottiene l’area del quadrato, se a una donna lo dai prima in quel lato e poi nell’altro, lei ti avvolgerà di calore a sfera.

Un cerchio concentrico! Ah ah.

Ma io la spompai subito, fraintendendo che cazzo volesse.

Poi, il mio più forte secondo rimpianto fu quello d’essere stato zitto e troppo signorile per troppo tempo. Cosicché, i miei coetanei non poterono mai appurare la scrittura creativa della mia anima che apparve poco reattiva. Facilmente addussero che io fossi un disagiato e mi cacciarono vari mancini tiri.

In parole povere, scambiarono Michael Douglas di Wonder Boys per Eminem.

Mi diedero del mammone, così com’è infatti Eminem in 8 Mile, ma in verità vi dico che ho tutta la collezione privatissima dei migliori nudi di Kim Basinger.

Kim anticipò molti ani, no, anni addietro le milf più fighe dei porno americani che ora lo prendono nel didietro.

Sì, Brandi Love, Brianna Love, Brianna Beach, entrambe peraltro ritiratesi ma che ancor me lo tirano, non potranno mai competere con la Kim di Getaway.

Lo so, voi mi farete la fine di quel porcellino di Michael Madsen del film suddetto ove l’ex di Kim, il grande Alec Baldwin, dovette sudarsela… per fotterlo.

Voi, uomini oramai corrotti e persivi (persivi è da Nobel, ah ah) nell’olezzo di un’umanità porcellesca che spesso mi fa ribrezzo, smarriste nel vostro percepire la vita oramai senza più stile e ogni pudore vostro senziente è adesso stato abbattuto dal sopraggiungere mendace della vita adulta più volgarmente pugnace o solo puttanesca, quella purezza che un tempo scalpitò giustamente tormentata nelle vostre anime linde, oh sì, non c’è più. Né rinascerà giammai!

In quanto, angariati da genitori pressanti e da vostri coetanei ripugnanti, soltanto nei sogni inviolabili del Cinema più elevato, nella musica sanamente arrabbiata, eh già, trovaste la quiete e il porto felice, lontani da ogni male e, appunto, da ogni squallida bidonata.

Poi, col passare degli anni, col subentrare delle prime passerine e il vostro furbetto entrare in qualche ano con l’uccellino, le vostre depressioni scomparirono, la carnalità prese il sopravvento, l’animalesco barbarismo consumò ogni vostro pulito sentire.

V’adagiaste al compromesso più meschino. Sì, anche voi che una volta andaste puntualmente a messa, oh sì, so io ove ora andate, inchinandovi alla dea del piacere più genuflessa al vostro dio danaro, oh sì, sbandati, sbavate in giro con un solo pensiero in testa e soprattutto nei testicoli. Non passa infatti, oserei dire in fallo, un solo minuto in culo, no, in cui… in mezzo a queste strade bagnate dall’ipocrisia battente dei vostri peccati sempre più fetenti, la vostra mente non pensi ad altro, sì, in verità vi dico, se non a trovare qualcuna da raccattare per le vie del vostro viale non più vitale, in realtà così aridamente bestiale, da ricattare e pagare affinché possiate sfogare con lei ogni vostra giornaliera inchiappettata.

Andate dai ragazzi non ancora toccati dalle vostre perdizioni insanabili e urlate loro, con protervia e presunzione altera, che le loro emozionalità diverse, dette altresì vive, vivaddio, sentimentali alterità immacolate, debbano essere quanto prima sanate.

Fate i santi e i sani ma invero siete appunto, da tempo, andati. Andate solo ora sputtanati!

Oddio, mi stanno bombardando di messaggi tutti i miei contatti su WhatsApp.

Mi sto “orgasmizzando” per il Festival di Venezia.

Le donne mi mandano richieste (im)proponibili, hanno avvistato da qualche parte la mia bellezza magnifica, le ragazze mi corteggiano, è un’esplosione sensoriale che non sentivo da immemorabile tempo.

Mi stanno scoppiando le tempie, sono divenuto il re d’ogni tempio. Sta deflagrando la mia mente e anche qualcos’altro…

Non posso soddisfarvi tutte. Non posso rispondere a ogni amico. Ritirate il biglietto e fate la fila. C’è una figa che m’aspetta. Finito che avrò, sarò da voi.

Le persone malvagie vollero sputtanarmi, gettandomi addosso del fango e sputandomi, ma invece spuntano come funghi amici dimenticati e recuperati. È tutto un pullulare!

Ora, ho pure messo zizzania nel rapporto lesbico fra due tipe assai tope di vent’anni. Anzi, la mia prescelta ne ha 18. Va benissimo. Sono come Miles Teller di Too Old to Die Young. Sì, io non ho età, abbatto ogni regola! Quel Marcel Proust lì non serve a nulla!

Sì, c’è una tizia che m’arrapa non poco. A lei piaccio molto. C’è però un piccolo problema.

Le inviai, qualche giorno fa, un messaggio inequivocabile. Mi rispose, infuocatamente, la sua ragazza:

– E tu chi sei, scusa? – chiesi io.

– Sono la fidanzata di Alice.

– Ah, quindi Alice è…

– Già, sta con me e me la scopo io.

– Be’, suvvia, il verbo scopare fra donne un po’ stona. Non c’è la penetrazione. Diciamo che è tutto un leccalecca. Sì, prendete quel Mahmood e company con Calypso… basta, mette angoscia.

Donne, ecco a voi invece il mio gelato Calippo, sono simpatico come lo fu Claudio Lippi. Uno che sapeva cosa volle da Ravegnini Luana, sì, lei era mora ma lui le offrì la sua “birra” bionda di luppolo…

– Sì, comunque lei sta con me.

 

Intervenne Alice dopo che la sua ragazza, ingelosita a morte, prese su il telefono, appunto, per suonarmele:

– Stefano, ho provato a spiegarle che io e te siamo solo amici ma ora è incazzata e mi sta facendo il culo.

 

Al che, ritornò a parlare la sua ragazza:

– Allora, bello. Guarda, io ho appena ascoltato per sbaglio il messaggio che hai da poco mandato ad Alice.

– Sì, era per lei.

– Lo so, appunto!

– E allora come mai l’hai sentito tu?

– Vedi, è arrivato questo messaggio. Alice ha dovuto assentarsi per un po’. Le ho detto… c’è un vocale per te, Alice. Lei mi ha risposto…  di chi è?

E io… di un certo Falotico. E lei… sì, ascoltalo pure, è un mio amico.

Amico un par de palle! Ora, Stefano, mi devi rendere coito, no, scusa. Secondo te, a un’amica si manda un messaggio di questo tipo?

Peraltro, Alice, devi stare zitta. Zitta, ho detto! Con me te la vedi dopo! Tu lo chiami amico, questo qui? Un amico, diciamo, un po’ troppo intimo. O no?!

Allora, adesso esigo delle spiegazioni da entrambi!

– Senti, io sono solamente amico di Alice.

– Cazzo! Ad Alice non piacciono gli uomini. Lo capisci o no?

– Mah, ne sei sicura? Comunque, a me piacciono le donne. Anzi, stavo pensando a questo. Avete mai visto Vicky Cristina Barcelona? No, per chiedere, a voi garba Javier Bardem?

– Alice! Hai sentito che ha detto? Allora è proprio uno stronzo.

 

Riprese a parlare Alice:

– Lo so, è fatto così.

. Alice, come fai a sapere che è uno stronzo?

– Ho appurato.

– Hai appurato? Che significa che hai appurato?

– Ho constatato con mano, diciamo.

– Con mano?

 

A quel punto, successe il finimondo.

A parte gli scherzi, no, fra me e Alice non c’è niente.

Sì, questa è la versione con la quale la ragazza di Alice si mise l’anima a posto.

Ah ah. Sì, che volete che possa esserci? Al massimo, qualche confezione di detergente.

Fallo sta, fatto sta che fervono i preparativi per Venezia. Sono fervido, effervescente! Cazzo, la mia vita è stata davvero strana. Son passato dal mutismo a corteggiare una molto più figa di Ornella Muti.

In passato fui taciturno, come si suol dire, non spiccicai parola. Adesso sono appiccicoso. E se mi scassi la minchia, ti avverto, al muro ti spiaccico.

Una volta che mi attacco a una, non mi stacco più. Le offro tutto il mio gelato al pistacchio.

Ma non nel senso che non mi levo più dalle palle poiché sono un moroso morboso, nel “seno” che diventa più denso e cremoso.

Che gigione! E sono anche amico di Stanzione!

Ancora devo districarmi fra mille hater. Ma chi se ne frega dei calunniatori se posso essere un dongiovanni? Un pazzo mi dà del vecchio ma Giovanna sa che io sono più giovane di lui e con me lei ha imparato anche a usare meglio la lingua italiana…

Sì, sono un linguista. Oggi con una dea greca gioco di latinismi, donandole ogni declinazione di rosa rosae, da cui il famoso dato, no, detto, rosso di sera bel tempo si spera, domani con una rossa la rendo viola, ai cattivi faccio le linguacce in quanto son più bravo a scrivere del Boccaccio.

Sono proprio un insanabile diavolaccio. Voi, uomini freddi e tristi, ah, poveri cristi, dormite alla diaccio e da me non meritate nessun abbraccio.

Tu, donna, come ti chiami? Cristina? Dammi un altro bacio e annodami il fiocchettino. Dai, forza, struccami, rendimi il tuo pagliaccio.

Sì, odio i tipi in giacca e cravatta, spesso in casa io sto in ciabatte ma eccome se mi arrabatto, poiché nessuno mi batte.

Le tentarono tutte per incularmi. Ma io sempre sgattaiolai, le donne con me miagolano, gli stronzi mi pungolano ma rimango perennemente intatto e, con enorme charme, cammino tutto ritto e compunto.

Che cazzo volete da me?

Sono un uomo che mette pepe a questo mondo di pendolari che fanno pena. Hanno delle vite orribili. Persero il treno della vita ma ogni mattina prendono quello per lavorare come schiavi negri.

Della serie: dopo la vita non c’è il paradiso, bensì la speranza per la tredicesima. Una volta v’era il Tredici, adesso manco quello.

E quello che autobus prende? Il 18? Ma il 18 non porta alla stazione. Ah ah.

Gli sbirri arrestano gli innocenti, Vincenzo s’è comprato un’auto d’epoca dell’Innocenti, Innocenzo fa l’amore con Vincenza, un altro sta con una di Vicenza, la vicina di casa se la fa con i topi delle cantine, tua sorella invece sta come una gatta morta ma so che a lei piace da morire Joaquin Phoenix.

Si dichiara pudica, virtuosa e virginale ma in verità le dico che, avendo costei trentacinque anni, se avesse voluto farsi monaca, l’avrebbe già fatto.

Dunque, bugiardi, non ci provate mai più.

Mille ne penso, duemila ne peno, tre mi faccio ma così va per tutti.

Se pensate di fare i furbi, credendo che la vita sia solo rose, appunto, e fiori, ricordate che io son un oratore da foro. Sì, tutti i mondiali più prestigiosi fori sono miei. Ah ah.

Dall’Arena di Verona a una di Cremona, dal tramonto sin all’aurora, prendo per il culo te, tonto con una faccia da mona, come dicono a Padova, mentre bagno il mio Pavesino anche a una d’un piccolo paesino.

Se sei invidioso, il primo centro di salute mentale t’aspetta.

Sì, uomini grigi, pensate alla salute.

Intanto, vi saluto.

Voi siete ingrigiti, non vi posso aiutare. Siete oramai andati. Già troppo tempo mi faceste perdere con le vostre stronzate. Stasera devo irrigidirlo a una assai meno rigida della vostra mentalità da idioti.

Mi spiace.

Ho vinto io. Ora vi prendete tutte le vostre bugie e ve le ficcate in culo con tanto d’iniezione intramuscolare.

Sì, capisco, ho il cervello piccolo.

Sì, col vostro modo di ragionare stava diventando davvero piccolo.

Invece è molto grosso.

Ammazza, come v’ho preso un’altra volta pel culo. Ah ah.

Già, qual è la frase finale di Robin Williams in Will Hunting?

Ah ah. Ora, sì, devo andare a confessarmi in chiesa come un bravo bambino, poi vi farò di nuovo la catechesi. Poveri malati di mente.

 

 

di Stefano Falotico

 

alice

KILL BULLY -Un cortometraggio cattivissimo conto ogni forma di violenza fisica, psicologica e non


15 Aug

killbully

Diciamocelo, questo mio video, apparentemente senza senso, è un capolavoro.

Qui recito quello che già scrissi e dissi poche ore fa.

No, mi spiace non ha funzionato.

È una tragedia.

Ma non buttiamola in burla con delle banalità.

 

 

di Stefano Falotico

JOKER Origins: al festival di Venezia vedrò davvero e dal vivo Joaquin Phoenix e De Niro – La mia vita ha rivisto la luce dopo il tunnel di un viaggio al termine della notte


15 Aug

Joker poster

Tutti quelli di cui avete sentito parlare, ogni essere umano mai esistito… ha vissuto la sua vita su un granello di polvere sospeso in un raggio di Sole. E vostro figlio ha cavalcato quel raggio… e voi due gli avete dato una vita che gli ha permesso di vivere quel sogno.

(Sean Penn, The First)

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti, purtroppo o per fortuna, è terribilmente vero

Ora, la situazione si fa merdosa.

Vi spiego bene, con molta calma. Datemi tempo. È quello che vi chiesi anni fa quando invece, standomi col fiato sul collo, mi faceste impazzire.

Dispongo già dell’accredito stampa per la 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ove, come sappiamo, uno dei titoli di punta, sarà Joker di Todd Phillips.

Invero, ancora non ce l’ho. Ho pagato 60 Euro a Banca Sella, attenendomi alle oculate prescrizioni comunicatemi dalla direttrice dell’ufficio stampa, appunto, della Biennale.

Sì, chiariamoci. A meno che voi non siate uno del New York Times, vale a dire il critico pagato a peso d’oro più del cachet miliardario ricevuto da Phoenix e De Niro per essere rispettivamente il protagonista e il suo antagonista nella succitata pellicola su Joker, non potete permettervi di avere l’accredito gratis.

Sempre 60 Euro dovete e sino alla fine dei vostri giorni dovrete sborsare. Comunque, è un bel risparmio.

Anzi, pure di più. Il prezzo della benzina aumenta a ogni ora, ci vorrebbe Adriano Celentano di Svalutation per non farci credere che esista l’inflazione. Come dice Totò a Peppino ne La malafemmina… ah ah.

60 Euro comunque non sono, a ben pen(s)arci, una gran cifra, infatti senza… sarebbero circa 500 Euro, bonus permettendo.

Col mio accredito potrò, innanzitutto, sedere a fianco di critici di spicco ma soprattutto loro avranno l’opportunità di avere accanto a essi un uomo che forse non è un uomo. Sì, sono un essere anomalo, la peculiarità esistenziale fa parte della mia natura tanto fascinosamente abissale, in virtù del mio carisma a pelle bestiale, quanto rompiballe in modo insostenibile.

Mi hanno detto di salvare la ricevuta fiscale allegatami in mail, di stamparne il PDF e di presentarmi al Palazzo del Casinò con in mano tutta la documentazione.

Ora, sorge però più che un casino, ecco, un Casinò. Si potrebbe ovviare a questa sfumatura non da poco se io fossi l’incarnazione del capolavoro di Martin Scorsese del 1995, appunto, con De Niro, Sharon Stone e Joe Pesci.

Non è da una o accentata o no che la sostanza cambia. Casino in originale, Casinò in italiano, rimane pur sempre un tragedia di persone che, incasinatesi a vicenda, fanno scoppiare le loro vite che perdono tutto più di un incosciente alla John Malkovich di Rounders. Il quale, sopravvalutando le sue mosse, ritenendosi imbattibile, provetto gambler, ah che poveretto, scommette tutto al tavolo da gioco, convintissimo di avere in mano la carta vincente, ma scopre che il suo avversario ha la stessa mente di Will Hunting – genio ribelle.

Piovono soldi… sì, bisogna vedere da che parte, caro Teddy KGB.

Da circa vent’anni, forse di più, invero esattamente dall’anno successivo a quello in cui crollarono le Torri Gemelle (sì, le Twin Towers precipitarono l’11 Settembre, a festival già finito del 2001), l’intera zona attorno alla Mostra del Cinema, durante il periodo festivaliero, viene perimetrata neanche se fossimo in 1997: Fuga da New York.

Dunque, per poter accedere al Casinò, essendo quest’ultimo ubicato nella zona nevralgica e protetta da eventuali attacchi terroristici, prima bisogna consegnare la carta d’identità agli uffici della detectionreception.

Perciò, come farò a dimostrare, una volta che sarò dinanzi alla bigliettaia della baracchina della biglietteria del Casinò, che sono Stefano Falotico se, come dettovi, avrò appena lasciato in deposito le mie generalità al di fuori del “ghetto?”.

Sì, la Mostra è piena di gente che si dichiara appassionata di Cinema. Ma di che?

Alcuni hanno delle facce da criminali mai visti. Sì, vanno al festival solo per imbucarsi a qualche festino. Fra giri di prostitute e droga a tutt’andare. Sì, ne ho visto cose che voi non umani non potreste immaginare.

Critici che criticano solo i film dei sogni che s’erano fatti prima di diventare critici o pseudo tali.

Sì, il critico odierno, soventemente affiliato a giornali il cui caporedattore è ammanicato col produttore del film da recensire, sono dei falsi, dei corrotti e dunque, ça va sans dire, dei falsari della Settima Arte.

Scrivono che il film è bello soltanto perché altrimenti la loro vita non sarebbe più tanto bella. Eh certo, sennò li licenziano.

Ah, ne ho viste, vidi e spero di vederne tante… critici cinematografici che obiettarono sulle cosce della passerona Gwyneth Paltrow in passerella, sputtanandosi poi nei bagni dei parties con “reginette” decisamente meno belle di questa principessina sul pisello.

Sì, a Venezia v’è un giro di mignottelle e troioni pazzeschi. Indossano la maschera degli uomini irreprensibili e moralmente retti. Camminano tutti ritti. Tant’è vero che la prima mondiale di Eyes Wide Shut si tenne, appunto, a Venezia. E quest’anno riproporranno il capolavoro postumo di Kubrick…

Ho detto tutto.

Fatto sta che riuscirò a ficcarmi… per ottenere il pass.

Sì, per me, a dire il vero, questo problema non sussiste. Oramai mi conoscono tutti. Sono un personaggio sulla bocca di chiunque. Come si suol dire, un attore che non abbisogna di presentazioni.

Già, immagino la scena:

– Buongiorno. Guardi, dovrei ritirare la tessera, munita perfino di mia foto profilo, già precedentemente inviatavi nell’apposito formulario, da me pagata un mese fa. Son stato però costretto a lasciare i documenti fuori dalla Mostra.

– Ah, ma lei è il Joker Marino, alias Stefano Falotico.

– Sì, è vero. Come fa a conoscermi?

– Suvvia, bambagione. Lei è riconoscibilissimo anche a un miglio di distanza. La sua faccia da culo la conosce mezzo mondo.

Pigli questa tessera e buon Festival. Ah no, scusi solo un secondo. Lei, stasera, dopo aver visto il film, sarebbe disponibile per giocare un po’ con me? Lei è proprio un pagliaccio, sa? Poi, starmene chiusa qua dentro tutto il giorno con tutto questo caldo, vede, a notte tarda mi rende una monella.

Insomma, fra clown tristi la vita è più felice. Sì, io e lei, anzi tu, ti do del tu e poi te la darò tutta, siamo carcerati psicologicamente. Siamo un po’ come Steve McQueen e Dustin Hoffman di Papillon. Qui a Venezia c’è il mare, stasera che ne dici?

Andremo al ristorante, ordineremo delle vongole, faremo un giro in gondola, poi in albergo tu mi sfilerai la gonna e, tuffandoci nei sensi più profondi, prenderemo il largo a prua e a poppa.

Il mattino dopo, mi servirai la colazione con tanto di cornetto alla crema.

– Sì, ok cornuta. Ciao. Fottiti. Al massimo, posso invitarti a prendere assieme un caffè senza zucchero. Ci stai? Offro io, non ti preoccupare.

 

Invero, questa qua non era male. Però il mio albergo prenotato a Venezia è impresentabile. Non posso portare una bella donna in un tugurio fatiscente e diroccato. Perderei tutto il mio fascino alla Tom Cruise.

Sì, torniamo alla questione iniziale. Detta come va detta, non trovo un buco mango a pagarla, no, pagarlo.

Tutti gli alberghi del Lido, anche quelli più scalcagnati, sono già tutti occupatissimi.

Detto ciò, la tessera mi darà l’esclusivo diritto di poter vedere tutti, dico tutti, i film in Concorso e Fuori Concorso, quelli delle sezioni collaterali, i classici delle retrospettive e anche quelli senza una cinematografica prospettiva.

Sì, fra tanti film belli selezionati, ci saranno come al solito anche delle stronzate micidiali senza capo né coda, senza poetica e senza neppure una bella figa che valga, come si dice in gergo goliardico, il prezzo del biglietto. Insomma, i cosiddetti film improponibili. Oggettivamente da voltastomaco, messi lì per riempire gli spazi vacanti.

Sì, è praticamente impossibile assistere a un Festival qualitativamente omogeneo e perfetto. Ogni anno, su dieci film di grande livello, ce ne sono trenta che, se fossi stato il regista, non avrei mai mostrato, appunto, nemmeno a mia moglie.

Ora, Todd Phillips è sposato?

Ecco, credo che sua moglie abbia già visto, assieme a quelli della Warner Bros, il Joker.

Dunque, probabilmente la pratica di divorzio fra Phillips e la consorte è già in atto. Ah ah. Come no?

Se invece così non fosse…

Sala Grande, prima internazionale di Joker.

In verità vi dico che al pubblico sarà presentato il 31 ma la stampa lo vedrà il 30.

Finisce comunque la proiezione.

La follia, no, la folla è in visibilio, Phoenix è paonazzo dalla commozione, il neo di De Niro, da nero che è, diventa rosso per via del flash dei fotografi. Il pubblico sovreccitato si scalmana, una ragazza, fanatica di Phoenix gli urla: la tua interpretazione in Quando l’amore brucia l’anima è niente in confronto al mio calore per te, sto bruciando!

La gente applaude, insomma un’ovazione. Con tanto, appunto, di esaltati che, in barba a ogni pudore, hanno in diretta delle incontinenti eiaculazioni e donne ninfomani iper-appassionate di Joaquin in stato fermentante di febbricitante ovulazione.

Insomma, un delirio collettivo!

La moglie di Phillips però è sconvolta e, fra sé e sé, pensa… cazzo, è il film di mio marito.

Io pensavo che fosse un brav’uomo e invece ha realizzato la pellicola su un matto ma forse la pazza son stata io a sposarlo. Oppure siamo tutti impazziti.

In verità vi dico che dubito riguardo il fatto che De Niro possa presentarsi al Lido.

Innanzitutto, il suo ruolo è minore. Poi, per quanto io ne sia fan sfegatato, De Niro è uno stronzo.

Io e tutti gli altri stemmo ad aspettarlo dietro le transenne per Shark Tale.

Lui passò e non cagò nessuno.

In tanti anni di Festival è l’unico attore che non si è fermato a firmare gli autografi.

È il mio attore preferito. Sono uguale a lui.

Ho varie ammiratrici che mi scrivono su Facebook, sinceramente vogliono scoparmi.

Al che, mi decido a incontrarle dal vivo. Loro, alla mia vista, rimangono estasiate.

Io dinanzi a loro, manco per il cazzo.

E sparisco di nuovo nella notte come Travis Bickle di Taxi Driver.

Detto ciò, caro Travis, Cybill Shepherd ci rimase di merda.

La lasciasti in mezzo alla strada come una puttana qualsiasi.

E dire che, poco prima, combinasti un macello per rendere questo mondo più pulito.

Ma poi a che sarebbe servito? Jodie Foster, una volta salva(ta) dal pappone, comunque rimase fottuta. Perciò, per non farsi pappare dagli uomini lupo, non riuscendo a superare il suo trauma, studiò psicologia con il master in criminologia.

Da cui la sua Clarice Starling de Il silenzio degli innocenti.

Be’, che vi debbo dire? O meglio che volete che vi dica?

D’adolescente, mi opacizzai nella notte più fosca. Smarrendomi come lo straniero Travis nei dedali della mia solitudine nera.

Mi consolai dallo stress nell’orgasmizzarmi. Sì, calato ogni sole, mi resi solare, registrando tutte le più grandi fighe che passavano, a luci rosse, via cavo.

E ora vi racconto questa…

Nel 2003, nonostante già fossi più colto di ventimila laureati a Oxford, m’iscrissi a una scuola di recupero.

Lì conobbi un certo Enrico col quale ci recammo a Chieti. Per diplomarci privatamente.

Nei giorni antecedenti il nostro viaggio, Enrico, nonostante io a quei tempi avessi già incontrato Roberta di Trieste, notando che ero molto triste, a inoltrata sera suonò a sorpresa a casa mia.

Svegliando i miei genitori.

– Ehi, che ci fai a quest’ora?

– Stefano, facciamoci un giro. Sono in palla.

– Ma è tardissimo.

– Appunto. La notte è lunga e io voglio renderla calda.

 

Indossai il giubbotto, afferrai le chiavi di casa, aspettai l’ascensore e, uscito che ebbi dal mio stabile, trovai Enrico nel mio cortile. Piuttosto instabile. Con una faccia arrapatissima:

– Stefano, stanotte ho voglia di darci!

– Ma tu non sei fidanzato con Micol?  (sì, la sua ragazza si chiamava Micol e non Nicole).

– Sì, ma ho voglia di qualcosa di più. Accompagnami. Anzi, sono talmente in tiro che voglio farti un regalo. Dai, seguirmi, entriamo in macchina.

 

Al che, spedito a tutta velocità, si fermò al Bancomat più vicino e io gli chiesi:

– Dove cazzo vai?

– Vado a ritirare i soldi che m’occorreranno per la donna che sceglierò, girando per istrada. Anzi, ritirerò anche qualche soldo in più poiché desidero che pure tu possa godertela. In poche parole, te la pago io.

 

A quel punto, salutai Enrico e chiamai un taxi.

Non sono mai andato a zoccole in vita mia e giammai vi andrò.

Andare con una donna di malaffare significa dichiararsi più che falotici, no, fallici, eh sì, falliti.

È un’umiliazione mortificante che non potrei sostenere. Cioè, fatemi capire bene. Voi pagate una purché vi renda contenti? E vi rende contenti dietro i contanti?

Io, al massimo, ho cinquemila film pornografici in casa mia. Ma sono un romantico.

Fatto sta che, pochi giorni dopo, salii nuovamente in macchina di Enrico. Che caricò me e due donne, una ragazza più piccola di noi e una signora di una certa età, per recarci nel luogo ove avremmo effettuato l’esame di maturità.

Anzi, ora che ricordo bene, in macchina con noi c’era anche Armando. Uno che in quel periodo cantava sempre ad alta voce il ritornello Anvedi come balla Nando di Teo Mammuccari, tormentone del 2004.

Enrico, come avrete capito bene, aveva quel vizietto lì. La sera prima degli orali, ecco, s’ubriacò e ancora con una puttana, segretamente, andò.

Gli telefonò la sua ragazza per sincerarsi se stesse bene e se fosse pronto per l’interrogazione del giorno dopo.

Al che, Enrico il telefono mi passò:

– Stefano, sono Micol. Enrico è impazzito? Che fa? Si sbronza la sera prima dell’esame?

– Sì, in effetti è un po’ brillo. Ma ora lo mettiamo a dormire.

– Stefano, tu sei molto sincero. Dimmi la verità. Enrico s’è solo ubriacato?

– Sì, certo. Perché?

– Ora, io credo che mi tradisca. Sai com’è… lontano da me potrebbe… ora, mi garantisci che ha solo bevuto?

– Vuoi la verità, Micol? La sai già.

 

Partì un urlo immane.

Be’, Enrico e Micol si lasciarono.

Ma non fu per colpa mia. Lei invero era già cosciente che Enrico amava molto incoscientemente le altrui cosce.

 

Ho trovato finalmente la sistemazione. Circa 500 Euro per sole 4 notti.

Ora, per molto tempo la gente pensò che io fossi Tom Hardy di Warrior.

Invece, ha scoperto che sono Joel Edgerton.

Sì, un tipo apparentemente fantozziano che non ha nessuna possibilità di vincere.

E invece, a differenza degli idioti, io faccio funzionare la testa.

Sono colui che ha ribaltato ogni prospettiva.

Dunque, mi spiace per il demente che continua a offendermi su YouTube perché non ci sta.

Che posso dirgli? Andasse a Lourdes.

Sì, davvero. Certe offese puerili sono accettabili se hai 16 anni. Alla mia età, fanno i ridere i polli come lui.

Capito? Questo s’è sparato un trip sulla mia persona mai visto. Se non appunto nella sua mente.

Adesso, vi spiego bene come vi vede lui. Sì, lui capisce tutto, non lo sapevate?

Mi grida che sono pazzo, solo, senza amici e una vita sociale. Che sono un disagiato, un mostro, un repellente abominio, come dice lui… un aborto.

Be’, in effetti un mostro ha bisogno della sua altra metà identica a lui di sola diversa desinenza femminile.

Mi pare dunque ovvio che il mostro vada alla Mostra. O no? Ah ah.

Credo che costui abbia sempre delirato su di me.

Trattasi di ragazzino gravemente disturbato.

Va a dire in giro… ma come fate a dar retta a quel Joker Marino? Ma non lo vedete che si filma sempre da solo? Non ha un cane. È un cretino.

Tale idiota di ciò n’è veramente sicuro?

Bene, se l’è andata a cercare… rendiamolo felice. Diamogli il contentino come si fa con gli scemini.

Dal 2003, costui non sa niente della mia via intima e privata, diciamo personalissima.

Nell’anno appena succitato, uscì il capitolo 1 di Kill Bill. Che costui mi creda o no, non chiedetemi, vi prego, come riuscii ad uscirne, ecco, uscii con una tizia che abitava in un paesino di Bologna.

Che si fa con una ragazza? La si porta a vedere un film.

Durante tutta la proiezione, questa ragazza rimase impressionata.

Non tanto dal film. Questa qui di Cinema non sapeva un cazzo. Rimase scioccata, più che altro, da me che non la cagai. Un altro, al mio posto, anziché concentrarsi su Uma Thurman, avrebbe pensato a qualcosa, diciamo, di più tangibile e corporeo.

Ora, questa qui non era bionda come Uma. Anzi, era mora. Ma non era male. No, no, no. Un bel bocconcino.

Lei, finito che avemmo di vedere il film, mi fissò negli occhi e, accortasi del mio turbamento, mi domandò un po’ allarmata:

– C’è qualcosa che non va, Stefano?

– Un po’ tutto non va. Ma sto bene. Non ti preoccupare.

 

In verità, la scena finale del film m’aveva pietrificato.

Lei m’invitò a casa sua. I suoi erano a letto. Ah, fra l’altro, non era la prima volta che io e questa qui c’eravamo incontrati. Il nostro primo appuntamento era avvenuto… in una zona losca del paese in cui abitava.

Lei mi portò in un pube, no, in pub.

Dopo dieci minuti, seduti al tavolo, uno di fronte all’altro/a, lei mi sospirò:

– Non hai caldo? Fa caldo, cazzo, fa molto caldo.

– Sì, in effetti questo è un pub di provincia. Ma non hanno i soldi per un ventilatore?

 

Lei scoppiò a ridere. Anzi, sogghignò…

In verità, s’era accorta che io non avevo per niente capito a cosa volesse alludere per alluparmi.

Ma uscì con me, come detto, ugualmente la seconda volta. Anzi, credo che le piacesse la mia ingenuità.

Che culo, infatti. Trovarsi di fronte a un ragazzo completamente vergine da ammaestrare a proprio volere.

Ma io avevo la testa da un’altra parte. Volevo vendicarmi, sì, volevo vendicarmi perché, a differenza di quello che questa qui poteva aver creduto, dopo aver visto Kill Bill avevo compreso tutto…

Cosa voglio dire con questo?

Facciamo un passo indietro. Torniamo al Joker.

Secondo voi chi è Arthur Fleck?

Io me l’immagino così. Dev’essere uno oscuratosi nella notte. Anche delle Stelle. Cioè degli Oscar.

Sì, durante l’adolescenza deve aver sofferto di disturbo ossessivo-compulsivo e, prima della serata di premiazione degli Academy Award, cazzo, questo qui si faceva pure il bagno come se dovesse essere lui il premiato con la statuetta.

Amici, quello che vi posso dire è di non assumere mai questi psicofarmaci:

1) Depakin: uno stabilizzatore dell’umore. I suoi effetti collaterali sono devastanti.

2) Risperdal: un neurolettico, adesso sostituito dal più “moderno” Invega. Gli effetti collaterali, se assunto in forti dosi, sono l’alterazione del metabolismo, una forte stipsi, un ingrossamento del fegato e un enorme calo della libido.

3) Fluoxeren: antidepressivo e antipsicotico terribile. Può provocare addirittura shock anafilattico, vomito, nausea e profonda sonnolenza.

Ragazzi, non assumeteli mai, per nessuna ragione al mondo. In ciò, ha ragione Eros Ramazzotti di Parla con me:

non si uccide un dolore, anestetizzando il cuore…

Ora, in caso di violenta sofferenza psicologica, i farmaci e i tranquillanti bloccano il dolore. Sì, ma fermano anche il piacere.

La persona può allora ammalarsi di catatonia, eccessiva rigidezza muscolare, fissità esagerata dello sguardo, oppure sconfinata apatia.

Mettiamo anche che si ammali in un’età troppo giovane in cui non possa autodeterminarsi e, intorno a sé, gli ruotino solo adulti superficiali e ragazzi indifferenti che preferirono appioppargli un’etichetta. Non volendo mai appurare…

Ma che appuraste? Più puro di Fleck non ce n’è!

Era ovvio che Arthur Fleck, una volta marchiato e stigmatizzato, sarebbe andato incontro, poi ripresosi, all’incomprensione degli ottusi.

Che, anziché stringergli la mano nel momento del bisogno, lo incriminarono persino per il semplice fatto di avergli rotto il cazzo.

Ecco, con questa ragazza non andò proprio benissimo. Con Roberta, sì. Anche troppo.

– Stefano, toglimi una curiosità. Tu e Roberta come vi siete conosciuti?

– Attraverso una chat.

– No, fammi capire bene. Questa qua è scesa da Trieste a Bologna per conoscere te? E tu chi sei Superman?

IO SONO IO.

 

Morale della favola: il mio calunniatore è rimasto molto, molto indietro. Quando mi scrive cose come… esci dal guscio…

Ah, il famosissimo guscio dello struzzo o del suo fare lo stronzo?

Comunque, l’assolvo. Lo compatisco. Trattasi di persona, oltre che a dismisura inconsapevole, gravemente sospettosa e diffidente.

Dovrebbe aggiornarsi. Invero, vergognarsi. Sì, a volte mi sembra un ignorante come Totò della famosa scena della lettera de… La malafemmina.

Dice a me che devo studiare e prendermi la LAURA…

Costui, il quale parla tanto di vita sociale, non è che sia un venditore del suo culo?

No, per chiedere, eh. Sembra, a sentirlo parlare, un maniaco sessuale. Non è che domani lo vedrò fra i protagonisti negativi della seconda stagione di Mindhunter?

Sì, questo qui non è mai sicuro che io dica la verità. Mi scrive sempre:

– Dov’è che sono queste donne? Fammi vedere.

 

Cioè, vuole che gli realizzi un porno. Più maniaco di questo guitto d’avanspettacolo, manco Charles Manson.

 

Finale: sì, ma Joker chi è?

Certamente, non io. Come ha detto il canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA, che qui ancora ringrazio infinitamente, Joker è un archetipo che noi tutti amiamo.

Simbolizza tutta la bontà più pura nella sua forma più splendidamente angelica ma allo stesso tempo è l’incarnazione di Satana.

Sì, ma perché lo amiamo?

Ora, il film di Todd Phillips, stando alle premesse e alla trama fornitaci, guardando il suo teaser, è impostato su un canovaccio scritto da Scott Silver, a prima vista, perfino piuttosto canonico da Bignami della psicopatologia.

Arthur Fleck, a quanto pare, è affetto da complesso di Edipo. Vorrebbe la sua vita ma, a livello inconscio, un po’ come fa Jason Miller de L’esorcista, non riesce mai davvero a staccarsi dal cosiddetto, a livello metaforico, cordone ombelicale. Per di più che sua madre è adesso malata e necessita con la vecchiaia di assistenza.

Forse, in un certo qual modo, è simile proprio a Travis Bickle. È uno “schizofrenico” esistenzialista.

Molti della mia generazione vissero parecchi stati di coscienza definiti vuoti a perdere. La generazione a cui io appartengo veniva infatti definita, oltre che generation x, quella del vuoto…

Ma poi siamo sicuri che questi ragazzi sognassero davvero di essere Re per una notte?

O questo invece fu il sogno dei loro genitori? I quali, non riuscendo a concretizzare le loro ambizioni, scaricarono le loro frustrazioni, idealizzando distortamente la vita futura dei figli? Pianificandone le scelte?

Sì, perché se Joker avesse voluto diventare un personaggio dello spettacolo, se ne sarebbe fregato della batosta ricevuta da De Niro. E avrebbe insistito come se nulla fosse stato.

Per quanto possa apparire, appunto, folle e insensato, grottesco e assurdo agli occhi della gente “normale”, Joker non vuole mettere su famiglia, non vuole nascondersi dietro la maschera della dignità sociale volgarmente intesa. Cioè non crede che il valore di una persona dipenda dal valore stesso che gli altri possano più o meno attribuirgli in misura del suo reddito e dei suoi trionfi.

Una tipica, retrograda, sbrigativa frase che viene rivolta ai “malati di mente” è la seguente: me non mi freghi, coglione. A cui vuoi darla a bere? Vedi di rimboccarti le maniche come tutti e ora ti becchi un sacrosanto calcio in culo.

Oppure: non fare il furbo.

Che poi è sostanzialmente la stessa cosa.

Quando invece stetti assieme a un’altra ragazza, mi ricordo di questo mio rapporto assai strano.

In quel periodo ero davvero un saltimbanco un po’ patetico. Come Sean Penn di This Must Be the Place. Un film a mio avviso concettualmente sbagliato nell’ultima mezz’ora.

Innanzitutto, caro Paolo Sorrentino, la vendetta non serve. Non si vendica un padre con la legge del Taglione. Il nazista ha già condannato la sua anima al demonio. Cioè è già morto.

Poi, Sean Penn/Cheyenne, ottenuta la catarsi vendicativa, torna da sua madre. Sua madre è pazza. Sean si presenta a lei con un taglio di capelli da perfetto uomo normalizzato.

Ah, che brutta caduta di stile, Paolo.

Cioè, fammi capire bene. Cheyenne ha rinunciato alla sua unicità, al suo magico candore per essere uno stronzo come tutti?

No, non ci siamo.

Peraltro, Sean Penn è uno degli uomini più affascinanti, misteriosi ed enigmatici di sempre, secondo me.

Cioè, fatemi capire bene. Questo qui ha un fisico da palestrato, è stato con Madonna, con Charlize Theron e chi più fighe ha più ne metta, ed è però amico di Terrence Malick, ha vinto l’Oscar per Milk e Mystic River, ha girato un film con Woody Allen?

Uhm, c’è qualcosa che non va.

Sì, Sean Penn non è l’omaccione che lui stesso, forse, vorrebbe far credere di essere.

The First è stata una serie televisiva piuttosto mediocre. Ma appartengono proprio a Sean Penn/Tom Hagerty le parole forse più belle di quest’anno di Cinema e tv.

Quando, dinanzi ai genitori distrutti per la tragedia occorsa al figlio, il quale doveva essere uno dei primi uomini a mettere piede su Marte, Sean Penn, con infinita saggezza, li consola, dicendo loro quella che è la verità.

Ecco amici e, come dico io, (a)nemici, s’è fatto tardi. Spero di aver detto delle cose sui cui io stesso possa riflettere.

Mi aspettano 5 giorni di Festival in compagnia.

Non mi credete?

Perdonatemi solo per l’audio molto basso. Ma ho registrato da WhatsApp. Potete scusarmi?

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di Stefano Falotico

GRACELAND: un mio cortometraggio, tanti anticipati auguri a Bob De Niro ed evviva il JOKER Jim Carrey, eh sì!


13 Aug

GRACELAND

Per molti anni fui scambiato per Sylvester Stallone di Cop Land, invece sono stallone e basta?

Di mio, sono romantico.

Be’, questo non è un cortometraggio nel senso più cinematografico del termine. E apparentemente non ha senso. Pare più che altro una mia vanitosa, esibizionistica gigionata. La solita incomprensibile faloticata.

Infatti, è nato per caso. Son stato di nuovo ad Anzola dell’Emilia.

Al che ho cominciato a filmare e a filmarmi. Quindi, cambiando stazione radio, è passata una canzone che sino a oggi m’era sconosciuta, ovvero Miracle of the Rosary.

È una canzone paradisiaca. Sì, ci sono e ci furono molte rockstar grandissime ma Elvis non si batte. Lui è il re eterno di tutti i sognatori, la purezza incarnata in una voce divina.

Ecco, puoi essere un carceriere, un carcerato reo di aver commesso dei crimini mostruosi, puoi essere un gerarca nazista pluriomicida o puoi essere invece il papa, un missionario in Africa, oppure una persona qualsiasi coi tuoi pregi e i tuoi difetti.

Nessun uomo, che sia credente o no, che sia pure il più pazzo del mondo, non può… non può assolutamente non commuoversi dinanzi a questa canzone. E inchinarsi a dio.

In questo pomeriggio, è avvenuto qualcosa simile al racconto di Natale del film Smoke.

Ho sostato e parcheggiato la mia macchina vicino alla chiesa principale di Anzola.

Al che mi s’è avvicinato un ragazzo di colore. M’ero un attimo distratto. Appunto, per estrarre la sigaretta e per accendermela.

Vedo questo ragazzone nero a trenta centimetri da me. E lo guardo, un po’ spaurito, dal finestrino.

Oh, a prima vista m’era sembrato uno di quei neri con una calibro venti, anche quaranta, per le specialiste…

Ma sì, un mandingo per film, diciamo, non da Denzel Washington. Anche se poi… Denzel è stato il protagonista di He Got Game. In questo film, suo figlio si chiama Jesus.

Questo Jesus però, a differenza del vero Gesù, il quale secondo Denzel Washington è negro, perlomeno mulatto come lui, lo dice in Malcolm X, distruggendo in un nanosecondo ogni falsa iconografia cattolica, ecco… tale Jesus comincia a corrompersi. Inizia ad avere successo come star del basket di una squadra allenata fra l’altro da John Turturro, un suo omonimo nel film Il Grande Lebowski. Sì, il celeberrimo figlio di puttana Jesus Quintana. Uno che deve conoscere bene cosa succede, diciamo, negli spogliatoi delle docce del carcere di San Quintino. Sì, i giochi poco puliti da saponette vanno forte lì. Se poi becchi uno più dotato di Denzel, cazzo…

Torniamo a suo figlio Jesus. Sì, è uno che sa infilare le palle in buca. Tant’è che un bel giorno mette piede in una stanza nella quale non sarebbe mai dovuto entrare. Diciamo che fa, come si suol dire, il passo più lungo… della gamba. E davanti a lui, semi-ignude, gli si presentano Chasey Lain e Jill Kelly.

Dunque, nel giro di un triangolo con due espertissime e navigate pornoattrici che sanno il fallo, no, fatto loro, da possibile Michael Jordan e Scottie Pippen, rischia di diventare Rob Piper e il protagonista assoluto dei film per adulti di Jules Jordan.

Vedi come può cambiare la vita in un istante? Basta una botta, una spinta. Meglio se due spinte…

Parlo per esperienza personale. Io sono ancora Roddy Piper di Essi vivono, lui però è purtroppo morto mentre io ora guardo, lucidissimo, chiaramente tutti questi stronzi destrorsi che se la spassano in maniera vivissima.

Be’, devo esservi sincero. Io sono stato iniziato al sesso, diciamo, un po’ più mature proprio da Jill Kelly.

Adoro il suo tatuaggio situato in una zona che già di suo è incisiva, adoro le sue forme che, in modo circonciso, ah ah, no, conciso si potrebbero definire estasianti.

Sì, è sempre stata comunque rifatta. Ah, per forza. Più rifatta di lei.

Non facciamo più frittate!

Comprai in dvd il suo film cul’, no, cult100% Jill.

Sì, qualche giorno fa v’ho detto che sono un ammiratore sconfinato di Shannon Tweed. Be’, adesso molto meno, Shannon ha la sua età.

Così come Jill. Ma all’epoca non ce n’era per nessuna. Tutti loro erano.

Ma non smarriamoci in cazzi miei che non v’interessano.

Torniamo ad Anzola e a questo nero. Mica un Jesus, solo un povero cristo.

Lui mi ha fatto un gesto. Non riusciva a parlare. Poi, ha avvicinato la sua sigaretta… per farmi capire che voleva che gliel’accendessi.

Gli ho dato un Euro, dopo avergli acceso la sigaretta. Lui me l’ha ridato indietro, come per dirmi… no, non voglio soldi.

Io ho insistito.

Lui è rimasto piacevolmente scioccato. Sì, dietro di me c’erano altre due macchine. Una piccola come la mia senza nessuno al sedile del guidatore. Un’altra invece molto grossa, una BMW. L’uomo dentro questa BMW aveva da poco trattato male il nero, urlandogli contro parole raccapriccianti.

Per cui, questo ragazzo nero dev’essersi sorpreso che un comunissimo sfigato come me, non certamente ricco come quello nella BMW, gli abbia voluto fortemente regalare un Euro. È stato felicissimo come se gli avessi donato una Ferrari.

Sì, a me onestamente non interessa una vita da Manuel Ferrara. Nemmeno a lui.

Si fottano questi porci.

Tutti credettero che io fossi De Niro di Lettere d’amore, invece scoprirono che ho pure i dvd degli esercizi pilates della Jane Fonda che fu

Fra qualche giorno, compirà 76 anni Robert De Niro.

Lui ha rappresentato molto nella mia vita. Adesso leggermente meno.

Ma vi garantisco che è stato così.

Voi metteste lingua alla mia esistenza. Sputandomi addosso sentenze dalla cattiveria inaudita ma me ne fotto. Sono un linguista e letterato che va avanti di resilienza e non me ne sbatte più delle vostre maldicenze.

JOKER poteva essere interpretato da Jim Carrey? La filosofia di JIM

Ecco, secondo me sì.

In verità, Jim è stato già protagonista di un personaggio assai simile al Joker. Ovvero Edward Nigma / Enigmista in Batman Forever.

Ma se il grande Joaquin Phoenix avesse rifiutato il suddetto ruolo assegnatogli nella pellicola di Todd Phillips, avrei visto molto bene Jim Carrey al posto suo.

Jim è stato, adesso molto meno, il re della demenzialità. Ereditando la tradizione insegnatagli e da lui presa a modello dagli indimenticabili maestri di questo tipo di comicità, ovvero Jerry Lewis, Mel Brooks e John Belushi, che invero è una vera e propria filosofia di vita, sì, la demenzialità non è propriamente demenza.

Anzi, è il contrario. Essersi straordinariamente elevati per sopperire a quella ch’è la vita col suo inevitabile carico di delusioni e amarezze. La vita col suo carico di spine.

Be’, tutti noi sognammo a tredici anni che avremmo avuto un futuro roseo, splendente, pieno di gratificazioni e perenni godimenti floridi. Poi, arrivarono i libretti di giustificazione, eh eh, le scuse delle indisposizioni.

In verità vi dico che io sognai di deflorare la mia compagna di banco, bellissima, ma lei era ancora ferma ad ascoltare Fiorello al Karaoke. Così, dissi addio per molto tempo alla mia oca.

Ho detto tutto. Ah, con quella lì, avrei buttato ogni Rosario dell’infantile catechismo e l’avrei messa a Katia Noventa.

Di mio, posso dirvi comunque che già sognai, invece, di alienarmi. Ah ah. Sì, m’iscrissi al Liceo Scientifico perché il mio sogno era quello di fare l’astronauta. Che mi crediate o no.

La mia casa infatti è colma di libri d’astrofisica, di opuscoli, manuali e tomi da Star Trek. E sono stato sempre ossessionato dal significato della parola vita.

Una volta, su un numero di Focus, da me conservato gelosamente ma, nel marasma di tutti questi miei libri accatastati, ficcato chissà dove, forse in mezzo all’entropia di quella ch’è tutt’ora la mia vita molto caotica, lessi le varie definizioni che la scienza oggettivistica dà, per meglio dire dava, appunto, alla parola vita.

Sì, uso l’imperfetto perché adesso la vita, mia ma anche quella degli altri miei coetanei, non è più tanto perfetta. Ce n’è sempre una. Giorno dopo giorno, è una gara dura.

È davvero un rebus. Mio padre era abbonato a La settimana enigmistica ma, sinceramente, non è mai riuscito a risolvere il cruciverba delle sue esistenziali scelte confusionarie. Riesce a riempire a tutt’oggi, malgrado la cavalcante demenza senile, molte caselle, sì, ma odia Giucas Casella.

Infatti, secondo lui i maghi sono dei ciarlatani. Mio padre è un uomo da romanzi di Charles Dickens. E ha sempre pensato che il mago David Copperfield fosse solo uno che riusciva a fare il prestigiatore con Claudia Schiffer.

Sì, Claudia credette che David fosse Edward Norton di The Illusionist ma invero fu solo una donna molto illusa.

A David interessò soltanto di far sparire l’arnese dei suo “magheggi” nella sua figa delle meraviglie che, detta come va detta, senza trucchi e senz’inganni, era magicamente fantasmagorica. Ah, una fata Turchina che lo rendeva, più che turchese, assai cremoso e cremisi per amplessi anche a garrese.

Ma ritorniamo alla vita vera, non perdiamoci in (s)fighe mai viste. Ah ah.

Secondo Focus, la vita è tutto ciò che nasce, aumenta in complessità, decade e muore.

Vale a dire il membro di David Copperfield quando Claudia davanti a lui si spogliava. Una volta terminato l’orgasmo, David infatti si sentiva morto. Ah ah.

Vita è ogni sistema capace di riprodursi, moltiplicarsi e tramandare i propri codici genetici alle generazioni a venire. Ah, per forza, che vuoi che venga se non è venuto?

Ah ah.

Secondo la teoria di Charles Darwin, il figlio partorito da una notte d’amore fra David e Claudia sarebbe un uomo superiore. È anche un supereroe? Mah, chissà.

Sì, David mica era brutto. Claudia, che ve lo dico a fare?

È per questa ragione che sono misantropo. Quasi sempre, infatti, la madre è brutta, il padre non degno di chiamarsi tale. Non è che questo mondo abbia un gran futuro, diciamocela. No, manco per il cazzo, ah ah.

Vita è anche un fenomeno basato sulla combinazione d’acidi nucleici, soprattutto il DNA, il desossiribonucleico, altre molecole e l’uccello, no, la cellulite, no, le cellule.

Sì, ma questa legge biochimica è applicabile alle forme di vita del nostro ecosistema. Già, altrove come già dissi…

Ecco, nel mondo ci sono moltissimi organismi pluricellulari. Adesso, peraltro, una persona è dotata di più di un Android cadauno, sì, tutti hanno almeno un cellulare.

Ce l’aveva pure il nero di Anzola di cui v’ho sopra parlato.

Che ne sai? In un altro posto, la gente ne potrebbe avere solo una a testa. Sì, quindi gli alieni sono tutti monocellulari.

Questo nostro mondo fa schifo. C’è una disparità fra chi ha tutto e chi non ha proprio un cazzo. Sì, ci sono anche gli eunuchi, no?

Roberto Benigni, davanti a Raffaella Carrà, una volta disse che gli uomini primitivi avevano tre uccelli da cui il famoso detto… che cazzo vuoi?

Meglio fare l’astronauta e involarsi alla volta d’un pianeta ove non ci sia una sola Claudia Schiffer. Sì, Claudia ora è invecchiata, forse in uno sperduto pianeta della galassia lontana, però vi saranno molte Claudie super fighe e giovanissime con cinque buchi neri. Che ne puoi sapere?

Ci sei stato? Macché. Tu al massimo stai ficcato in quel buco-tugurio a bucarti. Fidati.

Vita, nell’accezione del termine più teologico, è amare dio e basta.

Ah, bell’inculata. Scusi, dio, io volevo amare solamente Claudia. Per la madonna!

Questa è demenzialità da Balle spaziali!

Cioè averla buttata in vacca, prendendola terribilmente, impietosamente a ridere, altrimenti sarebbe un continuo, ineludibile piagnisteo. Probabilmente veritiero e, appunto, assai sincero, nient’affatto menzognero.

D’altronde, la frase di lancio di Joker con Phoenix sintetizza perfettamente e in brevissima, inquietante, lapidaria schiettezza il concetto da me appena espresso:

Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia.

Ecco, molta gente mi dice che io mi auto-inganni. Ah, ma sono proprio dei bambini. Devo tirare… a campare.

Se fossi Yes Man, sì, sarei una persona estremamente trasparente. Mi denuderei. Ma, se dicessi sempre quello che penso, ma soprattutto peno, sarei sul lastrico.

Per esempio, a volte la figlia di quello che abita al settimo piano, adesso sposata e con dei figli, torna a trovare suo padre. Il quale abita nel mio palazzo.

Spesso prendiamo l’ascensore assieme. Ora, malgrado la maternità, questa qui è più bona di vent’anni fa.

Secondo voi, potrei dirle quello che penso e non auto-ingannarmi? Sì, davanti a questa Krista Allen, dovrei spingere il pulsante ALT? Quello rosso?

Potrebbe pure starci… sì, poi però dovrei vedermela col marito. Krista stette (eh che tette) con George Clooney, uno a cui i soldi uscivano già dalle orecchie e ora escono pure dal culo. Il marito di questa qui non è ricco come George però, diciamo, che è molto potente. Potrebbe incularmi di brutto.

Sì, volete che mi licenzino e castrino? Semmai, tutte le volte che prendo l’ascensore con questa, sale, no salgo al quarto. Sì, scendo prima di lei. Lei va al settimo cielo, no, piano.

Dunque, quei venti/trenta secondi sono per me insostenibili. E mi debbo castrare.

È la classica situazione in cui non sai che cazzo dire e fare. Figurarsi se provi ad allentare l’Alta tensione, tergiversando sul tempo che fa fuori e lei ti risponde così.

– Ah, piove oggi. Che tempaccio!

– Sì, hai ragione, Stefano. Sono tutta bagnata.

 

Ah ah.

Sì, più volte nella vita, davanti a me s’è presentata una come Cameron Diaz di The Mask.

Situazione davvero imbarazzante.

Sapete che vi dico?

È meglio rimanere un Man on the Moon, anche un mammon’. Sì, erano meglio i tempi in cui spopolavano i proboscidati, cioè i mammut. Adesso la gente è troppo viziata. Vuole pure la pizza alla farina Kamut.

Sì, poi sono tutti egoisti. Appena qualcuno ottiene più successo dell’altro, sospettano che non sia merito di quella del suo sacco.

In realtà, un po’ di verità c’è.

Per esempio, conosco uno che è diventato premio Nobel della Letteratura. E dire che aveva solo un’infarinatura. Sì, però scopò la selezionatrice del Nobel. E dunque, se è arrivato lì, cazzo, è stato in virtù della sua scrotale sacca.

Prendete Re Artù. Lo reputavano tutti un demente e nessuno gli dava un soldo. Le ragazze, peraltro, non gliela davano mai neppure se avesse comprato l’armatura di Batman per fare il pipistrello figo.

Al che, miracolosamente estrasse la spada Excalibur dalla roccia. Guarda un po’, Ginevra, a quel punto, si trombò. La donna più bella del reame. Anche se quella Ginevra lì, diciamocelo, era solamente una zoccolin’.

Lancillotto lo sa. Sì, puoi essere anche uno degli uomini più sexy del pianeta così come lo fu Sean Connery de Il primo cavaliere. Sono cazzi amari però se Lancillotto ha la faccia di Richard Gere.

Sì, se ci provassi con quella, vi dirò, potrebbe andare pure bene. E vivrei Una settimana da dio.

Sì, io m’innamoro perdutamente, sempre. Lei però mi lascerebbe presto perché non ho i soldi a sufficienza per poterle garantire un futuro soddisfacente…

Distrutto dalla gelosia nel saperla assieme a uno stronzo, diventerei Scemo & più scemo.

Oppure, dopo troppe delusioni, odierei del tutto l’umanità e farei, come fanno purtroppo molti di voi, l’animalista alla Ace Ventura.

Sì, veramente. Non vi si sopporta più. Solamente perché quella non ve l’ha data, vi comprate gli animali domestici e fate i vegetariani sotto ogni punto di vista.

Siete diventati talmente cinici, dunque animaleschi nel vostro odio sociale, che io se fossi al vostro posto avrei già chiamato il WWF.

Di mio, che cazzo posso dirvi?

Sono Jim Carrey di The Majestic e anche di A Christmas Carol.

È un film magnifico… The Majestic.

La storia di un uomo che subisce una disgrazia e perde la memoria.

Dunque, una volta rinsavito, pensa a godersela…

Sì, ma neppure tanto.

Il suo sogno più sentito è il Cinema.

Sì, nella mia vita, sino a questo momento… ho avuto due ragazze vere, forse tre e mezzo, chissà, molte trasognate ma mai veramente toccate, altre molto idealizzate che si son rivelate delle puttane.

– Stefano, come mai è finita con le tue ex? Hanno, alla lunga, scoperto che sei pazzo?

– No, non credo. È finita poiché non esistevano le condizioni affinché durasse…

– Ah, solo per questo motivo? Che stupide. Ora, c’è il Viagra.

 

Al solito, il mio amico non ha capito una minchia.

Lui lo chiama mio AUTO-INGANNO.

Sì, di sua sorella.

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di Stefano Falotico

La mia profezia s’è avverata: è davvero l’estate più bella della mia vita, ringrazio tutti, soprattutto il canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA


12 Aug

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Sì, io e Matthew McConaughey di Dallas Buyers Club siamo la stessa persona. Lui si beccò una diagnosi, se non erronea, poiché l’AIDS ce l’aveva davvero, perlomeno molto superficiale. E, se avesse dato retta ai medici, sarebbe stato martoriato da farmaci sbagliati.

Lui, contrariato, imbestialito contro tutto e tutti, testardo come un mulo, disconobbe la diagnosi che gli fu effettuata con troppa superficialità e cavalcò la sua battaglia, in modo indomabile come un cowboy sul suo toro inferocito inarrendevole.

Con la grinta possente di un uomo in fin di vita che giammai però s’arrese.

Morì ugualmente ma riuscì a resistere più del tempo che gli previdero, non assumendo quella robaccia che gli prescrissero.

Sì, ragazzi, non prestate fede neanche alle previsioni del tempo. Tanto, semmai dicono che domani pioverà e invece vi sarà il sole.

Sì, ma sostanzialmente non frega un cazzo a nessuno se pioverà domani o stasera. Se pioverà fra un mese o fra un anno. Serve solo ai contadini che odiano la siccità.

Di mio, è una vita che il tempo atmosferico della mia anima viene e va come il sole che ora sta là e fra due secondi chissà. In fronte a te, no, stanne sicuro. Ah ah.

Ron Woodroof è uguale a me? Abbastanza. A me comunque fu commesso un pari errore diagnostico però di altra natura. Ho dovuto lottare con tutta la mia forza per dimostrare che avevo ragione io. E alla fine ho vinto la mia guerra.

Stanno accadendo davvero cose strane, assurde, ai confini della realtà. Cose allucinanti a cui non credono nemmeno i miei occhi ché, opacizzatisi per anni cupissimi negl’interstizi più tetri d’una mia dolorosa notte senza fine, stanno sempre più meravigliosamente rivedendo la luce. Come se dio, dall’alto dei cieli, m’abbia graziato, m’abbia perfino perdonato dei miei tanti sbagli e, come dico io, sbadigli, sì, assolvendo ogni mia distrazione, ogni mio trascorso essermi assopito in un narcotico, obnubilante incubo che adesso sta assumendo la grazia e l’armonia sconfinata di un sogno, appunto, falotico. Falotico è sinonimo di stravagante e bizzarro. Cercate sul vocabolario Treccani e ne troverete conferma.

Pochi giorni fa, son stato a Firenze in compagnia del mio amico Massimiliano Sperduti. Che bella giornata. Erano anni che non rimettevo piede a Firenze, la città rinascimentale per antonomasia, culla di poeti, santi e navigatori. Proverbio incarnato nei suoi dedali architettonici, raffinati quanto la sua Cattedrale del Duomo, e nella forza viscerale delle mie artistiche passioni invincibili.

Come il Cinema e la sua poesia immaginifica, come il romanticismo di un orgasmo trasognato, fantasticato e, semmai, non (av)venuto. Ma chi se ne frega. Gironzolo così, un po’ a vuoto e un po’ con la testa fra le nuvole ad Anzola, frazioncina di Bologna, riscoprendo e filmando antiche piazze e respirando nella mia anima la calma d’un pomeriggio assolato stupendamente malinconico, forse presto destinato a oscurarsi nello scroscio piovigginoso di altri miei dilemmi interiori, oppure illuminato nel frastagliato, soave malincuore ridestatosi, dopo tanto torpore, in una magica aurora.

Adesso, Andrea Bruno del canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA mi dedica un video.

Sono commosso davvero di cuore. Ogni altra parola di ringraziamento ho ad Andrea rivolto doverosamente in privato.

Ora, dopo tanto essere provato, sono solo… sinceramente stupefatto e incantato. Grazie mille!

 

di Stefano Falotico

JOKER o jolly: la vita è una partita a poker, uno scacco matto, una mossa vincente per vincere un Cartier, giocandosela appunto a carte o è Get Carter?


11 Aug
380717 14: Sylvester Stallone (as Jack Carter) and Rhona Mitra (as Geraldine) act in a scene in the remake of the 70's original, "Get Carter." (Photo by Joe Lederer/2000 Franchise Pictures, LLC/Newsmakers)

380717 14: Sylvester Stallone (as Jack Carter) and Rhona Mitra (as Geraldine) act in a scene in the remake of the 70’s original, “Get Carter.” (Photo by Joe Lederer/2000 Franchise Pictures, LLC/Newsmakers)

Fratelli e sorelle della congrega, cinti in raccoglimento, noi non siamo stati accolti da quest’accolita di deficienti che gironzolano, ridendo come matti. Vollero che soffrissimo di coliti poiché ci considerarono spastici.

Loro cattivamente con noi non furono elastici e noi invece continuiamo a vivere liberi, lontani da ogni fascista Maciste e da questo abbruttente mastice.

Ecco a voi il video da me realizzato di quel che già io ieri dissi. E ivi ridico con la mia imperiosa voce strafottente.

Sì, s’è attuato oramai da circa vent’anni, anche di più, un progressivo mutamento sociale che, purtroppo, il potere vuole oscurare. Quello, apparentemente invisibile di Internet e dei social, appunto. Ammazza che paradosso non solo temporale, oserei dire da rivoluzione industriale.

Poiché, come nella leggenda del vaso di Pandora, il potere desidera nuovamente celare le oscure macchinazioni che dominano i giochi classistici e, di conseguenza, regolano l’abietto schiavismo, spesso opportunista, che dagli albori dei nostri umani primordi, gerarchizzano il mondo in suddivisioni arbitrarie di caste.

Anche di case. Visto che chi ha più soldi, dunque è più potente, ha di solito una casa migliore del debole angariato dal signorotto tutto tronfio e di sé pienotto. Sì, il signorotto prende di mira il malcapitato di turno e fa sì che venga ad libitum sfruttato, castigato, (in)castrato, relegato a servo della gleba assai mortificato, svilito ma soprattutto spompato. Sul quale esercita fieramente il suo prosopopeico, filisteo diritto, dipingerlo come bella statuina del presepio.

Ah, questa è una prosapia che continua all’infinito. Poiché il potente dice al suo pulcino di non alzare la cresta, narcotizzandolo e dannandolo, nanizzandolo sempre perentoriamente con fottute reprimende. Ah, è davvero tremendo. Non vuole che il pulcino cresca ma che, cristallizzato nella sua bassa statura, come Calimero si senta brutto e diverso. Appena il suo pio pio assume una voce un po’ più forte, ecco che il potente lo vuole far tornare infante e demente, indottrinandolo di consigli pedagogici da Montessori, ah, donna pia, ma intanto il potente si tuffa nel suo tesoro. E lì vi sguazza con tante discinte, bombastiche ragazze, false suore.

Che ipocrisia, alla faccia del cazzo.

Sì, lo fa vivere nel muschio, lo getta nel rusco una volta che son finite le feste. Cosicché, il povero pastorello aspetta la notte di San Lorenzo e quella di San Silvetro, augurandosi che qualche re mago possa da benefattore elargirgli attimi, invero oramai persi e irreversibili, di bagliori inattingibili, donandogli l’attimo fuggente di speranze lucenti come una fugace, veloce e appunto imprendibile stella cometa decadente. E poi ottenebrandolo ancora nella poesia di Quasimodo:

ognuno sta solo sul cuor della terra,

trafitto da un raggio di sole

ed è subito sera.

Appena al poveretto ricala la notte, il potente gli dice che è penoso e che gli fa calar le brache mentre lui cola ridente e frizzante, con tanto di spumante, nella prostituta pagata a peso doratissimo dopo che ai suoi dipendenti ha tolto pure le mutande.

È uno scostumato, giudica gli altri, da lui reputati appunto inetti e incapaci. S’è pure buttato in politica, sostenendo che combatte la mafia affinché non avvengano più stragi come quella di Capaci.

Ah, è un rapace, esprime giudizi a vanvera e vive in contumacia. Mentre agli altri toglie pure i soldi per una soda arancia. Ah, questo qui tutti mangia.

È il classico trombone che ricatta i giovani senza lavoro, urlando loro che si dovrebbero vergognare. Che, anziché amoreggiare e sognare in grande, quanto prima debbano coprirsi di dignità.

È un dovere! Un richiamo all’ordine e alle armi!

Per lui sono tutti inferiori, soldatini e cervelli piccoli. Sì, essendo statista e stronzo mai visto, ce l’ha pure con gli stagisti. Non solo coi fancazzisti.

Maltratta chiunque come se fosse Fantozzi ma è lui quello che pappa i maritozzi…altrui, rubando le mogli più bone grazie al fascino del suo adamantino carisma di risma splendente da compratore delle più belle signore in virtù del suo sorriso a trentadue denti placcati d’oro suadente.

Egli vive di allori. Sì, non è mica un incolto. S’è preso, eccome, onestamente una laurea.

Fa come il principe Carlo e i suoi figli. Questi qua hanno frequentato le scuole più prestigiose per non fare un cazzo tutto il dì. Andando a ricevimenti e party, facendosi solo belli per i flash dei paparazzi.

E noi saremmo i pazzi? Dico, stiamo impazzendo? Che follia è mai questa ove la sottomessa folla acclama la regina quando invero, come in un film giustissimo di Ken Loach, non ha più neanche in campagna la sua vecchia, già arrugginita cascina poiché ora non può pagare nemmeno le bollette di una miserissima cantina? Ah, ma le persone che credono all’idiozia della monarchia, eh già, si fanno trattare da squallide pedine. Campano a stento nella merda di una latrina e non hanno un soldo bucato neanche per potersi comprare una lattina di birra e poter brindare allegramente con un amico a lor umanamente vicino con dello scaduto vino.

È veramente uno schifo.

Sono qui tutti porci come quel maiale di Mickey Rourke ne La vendetta di Carter.

E io invece sono sufficiente stupido per farmi massacrare di botte (ah, la botte è piena e tua moglie ubriaca) e ritornare ancora a ridartele e a suonartele anche se, caro ipocrita, volesti rovinarmi la faccia.

Sono il più cattivo di tutti. Come Joe Pesci di Casinò. Quando al banchiere che vuole fotterlo, eh sì, lui dice quello che sapete…

Con me non attacca. Sono come Bud Spencer di Bomber. Entra nella bottega del barbiere, un tizio gli dice che lui è un duro e Bud lo appende al muro.

Che potete farmi? Bruciarmi la casa con la vostra casta? Ah sì, con voi quella è castissima, con me è invece orgasmica e, da castana, diventa ariana. Un vero Stallone italiano. Sì, sono fuori come un cavallo. E non lascerò mai vincere i criminali. Non si era capito? Davvero speravano di mettermi a tacere e insabbiare tutto con quattro sberle?

La vendetta di Carter, un film da me ritenuto cult, un film che in quel lontano 2003 non avrei mai dovuto vedere.

Sì, sarei rimasto castigato nell’etichetta appioppatami da un demente. E invece io per te, idiota, tornerò sempre. Quando meno te l’aspetti. Quando pensi di averla fatta franca e avermi fatto scemo. Quando pensi che te la puoi ridere e cantare, ballando, mio bello.


di Stefano Falotico

TOO OLD TO DIE YOUNG: ne vogliamo parlare della recensione apparsa su Rolling Stone della serie di Nicolas Winding Refn? E del JOKER?


10 Aug

joker

Guardate, ogni altra parola sarebbe superflua, oserei dire pleonastica.

Colui che ha scritto tale recensione, secondo me, vista la figuraccia, non si salverà nemmeno con mille facciali plastiche.

E questo è pus underground da Nanni Moretti di Caro diario!

Copiamo-incolliamo qui tale recensione assurda in maniera integrale, senza dunque apportare editing alle virgole di cui questo recensore abusa più del minutaggio lunghissimo della suddetta serie di Refn, senza correggergli alcun errore di battitura.

Una recensione cult, più che altro scritta col culo, contro la quale anche il mitico Pino Farinotti di C’era una volta il West si deve arrendere.

Sì, dinanzi a questo campione dell’esegesi cinematografica, non possono esistere al momento rivali.

Speriamo che la maggior parte delle persone si stia approcciando a Too Old to Die Young, la serie televisiva fottutamente pulp del regista danese per Amazon Prime Video, in quanto fan o qualcosa di simile. O, per lo meno, come spettatori semi-consapevoli della sua filmografia. In bocca al lupo nel caso invece questo sia il vostro debutto nel mondo di Refn – è la peggiore introduzione possibile al suo marchio di fabbrica di noir al neon stilizzato e sotto steroidi, o la “migliore” introduzione nel peggiore dei modi possibili. Buona fortuna a chiunque sia caduto nel suo paesaggio di anti eroi stoici, violenza e ritmo lento e doloroso come la tortura dell’acqua senza una mappa.

Ma torniamo alla domanda iniziale: il vostro film preferito fa parte della trilogia di Pusher, il racconto in tre parti e a tre prospettive, che ha contribuito a lanciare Refn a livello internazionale e ha introdotto il futuro criminale Hannibal Lecter / cattivo di Bond / Mads Mikkelsen nel mondo? Oppure è Bronson, biopic incredibilmente brillante del condannato britannico Charles Bronson che vede Tom Hardy raggiungere i livelli di teatralità del kabuki? Con tutta probabilità è Drive, il riff stellare guidato da Ryan Gosling sugli autisti per la fuga; quasi sicuramente non è il film successivo del duo, Solo Dio perdona (anche se questo thriller ambientato in Thailandia è migliore di quanto la sua reputazione suggerisca). O forse è The Neon Demon, il suo benvenuto all’Inferno, una parabola sulle modelle che si mangiano da sole.

Ok, ora immaginate che il vostro film preferito duri 13 ore. Con la stessa trama però. Potrebbe essere diviso in narrazioni parallele, forse qualche deviazione extra qua e là. Ma lo stesso materiale narrativo di base. Stiracchiato. Su. 13. Ore.

A meno che non ti chiami Ken Burns o David Lynch, forse devi pensare bene se quel tempo, suddiviso in più di 10 puntate con una durata media di un’ora e 15 minuti, sia una necessità o semplicemente un’indulgenza. (Alcuni episodi durano fino a 90 minuti, l’ultimo una mezz’ora, chiamatelo coda). Specialmente se il motivo principale per lavorare a un prodotto serializzato più lungo è: “Sembra che tutti stiano facendo roba in streaming, dovrei farlo anch’io!”. Questa è stata più o meno la scusa che Refn ha accampato a Cannes, dove ha mostrato due episodi centrali, per dare uno sguardo esteso ed esistenziale sia nell’abisso che nel proprio ombelico, dove ci sono poliziotti, truffatori, cartelli e modi creativi di torturare forme di vita basate sul carbonio. Ha anche detto che questa non era tv – un mezzo che definisce “tutto reality show e notizie” – ma un lunghissimo film. Ovvio. Certo, sua maestà. La sensazione di guardare qualcosa di un autore che in qualche modo crede virtualmente di abbassare i propri standard proviene dal tuo schermo.

Cosa dipinge il nostro uomo su questa grande tela? Iniziamo con un poliziotto di nome Martin (Miles Teller), un tipo forte e silenzioso che suggerisce un blocco da sofferenza post-traumatica o una lavagna intenzionalmente vuota. Il suo partner (Lance Gross) ha la capacità di trasformare un controllo del traffico di routine in una situazione alla Cattivo tenente in un batter d’occhio. In ogni caso è sorprendente quando qualcuno si avvicina semplicemente a lui e gli spara una pallottola in testa. La tragedia fa guadagnare a Martin una promozione a detective, ma non la libertà da un gangster locale (Babs Olusanmokun), che lo costringe a ricoprire il ruolo del suo defunto partner come sicario. Né vi impedisce di essere scettici sul fatto che il protagonista frequenti una studentessa delle superiori di 17 anni (Nell Tiger Free).

Seguiamo poi chi ha sparato, Jesus (Augusto Aguilera), a sud del confine. Il poliziotto aveva ucciso sua madre, una famigerata signora della droga. Suo zio (Emiliano Díez) lo accoglie e lo introduce al cartello. Quando c’è uno slittamento di potere, Jesus e la pupilla del vecchio – una giovane di nome Yaritza (Cristina Rodlo) che ha salvato dal deserto e cresciuto come sua figlia, non senza alcune implicazioni spiacevoli – sono sposati. La coppia viene quindi mandata in America, con l’intenzione di proteggere gli interessi dell’organizzazione. Ci sono anche questioni incompiute riguardo a quell’omicidio per vendetta. Ci sono sempre. Ah, abbiamo detto che Yaritza potrebbe essere l’incarnazione di un’antica leggenda folcloristica / pilastro dei tarocchi conosciuta come l’Alta Sacerdotessa della Morte?

Altri personaggi vengono buttati nella mischia, in particolare un ex agente dell’FBI con un occhio solo (John Hawkes di Deadwood) che diventa mentore di Martin e una guaritrice New Age (Jena Malone) che assume l’ex federale per dare la caccia a criminali sessuali particolarmente efferati. Ci sono anche magnati fissati con il rape-porn, pedofili, tossici, casi di molestie da studio del #MeToo, più controfigure di Trump di quante non ne riescano a far entrare in una registrazione di Access Hollywood e, qua e là, solo ordinari stronzi. In altre parole, un sacco di mascolinità tossica – e il punto è questo. La galleria di parassiti della malavita, molestatori seriali di bambini e misogini violenti che Refn e il suo co-creatore, il fumettista fuoriclasse Ed Brubaker, hanno inventato non rappresentano solo il peggio di quella società quanto della Società del 2019, un “chi è chi” quotidiano di degenerati e miserabili. E come per il mondo in cui viviamo, molto di ciò si riduce al male che fanno gli uomini. ‘Bravi ragazzi’ qui è un ossimoro.

Ci vorrà un angelo della morte per ripulire il mondo dai maschi abusivi, ed è per questo che la serie e l’attenzione continuano a tornare a Yaritza. È il veicolo per le inclinazioni più soprannaturali e surreali del regista, che sono cresciute dai tempi di Solo Dio perdona e la sua decisione che preferirebbe essere una nuova versione di Alejandro Jodorowsky piuttosto che un povero Michael Mann. Aiuta anche che a interpretare Yaritza sia Rodlo, un’attrice che sa come tenere uno schermo, indipendentemente dalle dimensioni. È una grande osservatrice con un occhio killer per i dettagli, un’artista che sa come far sì che la calma e il tocco minimalista contino in un pasticcio splatter massimalista. Va da sé che Refn, un cineasta che non ha mai incontrato una luce colorata che non abbia amato biblicamente, e il leggendario direttore della fotografia Darius Khondji (La città perduta, Seven) immergono tutto in colori allucinogeni, ombre da notte oscurissima e atmosfera infernale da night club. Vale anche la pena sottolineare che il personaggio di Rodlo è l’unico che sembra davvero adatto al tono e alla visione dello show; nemmeno Teller, che offre la migliore imitazione di un Robert Mitchum del XXI secolo, può sincronizzare il piglio alla Raymond Chandler del suo protagonista alla narrazione. Un giorno, qualcuno realizzerà un super-montaggio delle scene di Rodlo e ci regalerà un incubo cromosomico XY di tre ore.

Nel frattempo, abbiamo questa lagna zoppicante e sgraziata che non giustifica la sua durata da maratona come qualcosa di più di una follia autocompiaciuta e durissima senza giustificazioni. Naturalmente puoi trasformare una crime story pulp in qualcosa di immoralmente magnifico dal punto di vista visivo, ammucchiando varie cose, dal costume da narco chic agli schemi visivi della Pop Art. Puoi dare al tuo gangster un tocco di stranezza facendolo diventare un fanatico dello ska vintage e puoi inscenare un inseguimento in auto ridicolmente lungo sulle note di Mandy di Barry Manilow, l’action-flick dito medio del giorno. Puoi ingaggiare Morgan Fairchild come White Privilege e dare a William Baldwin un pasto da sette portate da masticare, completo di mosse onanistiche di potere. Puoi usare l’immaginario misogino in nome dell’innalzamento della vendetta e dell’empowerment femminile, anche se ogni singola persona sulla faccia della terra vorrebbe davvero che non lo facessi. Puoi perfino usare la violenza estrema come esercizio di carneficina feticizzata. Chi non ama un cinemassacro ben fatto? O guardare un Nazista farsi sparare nel cazzo?

Ma quando ti viene data la possibilità di impegnarti in uno storytelling di lunga durata e lo traduci nel nulla, in scene che si estendano all’infinito semplicemente perché puoi farlo, o scambi il concetto di lentezza al cinema con quello di istantanea profondità, o non riesci a capire che forse “meno è meglio” quando si tratta della tua estetica art-to-grindhouse, potresti essere chiamato a risponderne. Refn ha ragione: questa non è tv. È auto-parodia. E non ci vuole una mezza giornata di visione per capire che forse stiamo diventando troppo vecchi per questa merda.

In attesa del trailer 2 di JOKER, immaginiamo Arthur Fleck al Murray Franklin Show con tutti gli altri ospiti della società (im)bandita

Sì, ecco che Robert De Niro, cotonato come Mike Bongiorno, invita in trasmissione il mezzo disgraziato, sciagurato, completamente devastato e rovinato, handicappato, scalognato, super sfigato mai visto, schizofrenico irreprimibile e not responder incallito Arthur Fleck. Sottoponendolo a delle domande da terzo grado derisorio per far ridere di gusto la platea gozzovigliante di applausi purtroppo spontanei e non telecomandati.

Sì, gente che ride dinanzi a ogni più sconcia, stolta provocazione di cattivo gusto, si scompiscia e sganascia di fronte alle sentenzianti stereotipie dei luoghi comuni espulsi malvagiamente dall’infernale orco catodico incarnato da Murray, inquisitore da Il nome della rosa con Connery, impomatato e in giacca e cravatta, in smoking impeccabile abbigliato. La gente va matta per tale tremendo mega-direttore, no, solo presentatore galattico del network di massa sparato negli occhi e nelle orecchie dei telespettatori paganti, ovvero l’uomo medio italiano, filoamericano che si beve tutte le stronzate della Rai, pagando anche il canone. Crepando di risate quando parte la donna cannone, mangiando nel frattempo, stravaccato sul divano, un cannolo.

– Ecco a voi, ladies and gentleman, signore e signori, un fenomeno della natura. Un ragazzo apparentemente anche di discreto aspetto fisico che però, ah ah, quando apre bocca pare afflitto da dislessia, epilessia, catatonia espressiva perché non si capisce un cazzo di quello che dice. Tartaglia, mugugna, si esprime come Benicio Del Toro de La promessa.

Questa sua deformità lessicale lo rende simile agli occhi della gente, oh sì, perché noi amiamo le apparenze, vero, a Joseph Merrick, elephant man, colui che soffrì della distrofica malattia muscolare denominata sindrome di Proteo. E non basterà il dottor Frankenstein per rigenerare questo Fleck, per garantirgli nell’anima una protesi, in quanto lui non è Prometeo, in verità è solo uno che si crede un poeta ermetico ma è sinceramente, obiettivamente, senza falsi inganni, senza consolatori buonismi ipocriti, senza velare nulla, un coglione plurimo. No, non dobbiamo usare con lui una piuma, se vuole però gli rimbocchiamo le lenzuola del piumino perché è paragonabile a Tom Hanks di Forrest Gump.

E io, parimenti al demone del trash contro ogni ottava meraviglia del mondo improponibile, appunto impresentabile ma strepitosamente impressionante, ah ah, ovvero Demon Killian di The Running Man, gli sarò implacabile.

Oh oh. Ah ah.

Applause!

Ma non perdiamoci in chiacchiere. Diamo subito il benvenuto al demente per antonomasia, a questo mezzo uomo auto-flagellatosi ridicolmente nella rupe, anzi nel dirupo del suo esistenziale buio ai confini del mondo? No, nel suo pozzo senza fondo da confinato, ghettizzato, emarginato ma soprattutto immoralmente linciato da noi, figli dei giganti. I quali demoralizzeranno imperituramente ogni suo ardore vitalistico. Spegnendo ogni sua ribellione che, da essere piccolo e nano qual è, s’azzarderà, vanamente e pateticamente, a scagliare contro il nostro indomito potere forzuto da fascisti rocciosi, ferrei e duri stronzi.

Ah ah.

Sì, se questo Fleck spererà di avere una seconda chance nella vita, speronandoci, gliel’arderemo… ancor prima che possa solamente sperare di rivedere una pur minima, debolissima fiammella.

Sì, se dai sepolcri della sua malinconia tristissima s’illuderà di captare un fievole eppur speranzoso bagliore della luce del giorno, anneriremo questo suo rinascente, dolcissimo, chimerico fulgore, soffocandogli anche ogni alba e tutti i crepuscoli e, più che Ugo Foscolo, lo renderemo del tutto fosco. Buttandolo ancora nel fosso.

Sì, Fleck è un fesso e noi sempre lo affosseremo. Forza. Ora lo distruggerò. Mi raccomando, coi vostri clap clap, datemi manforte. Ah ah.

Questo qui non è Prometeo di niente, non ha neanche mai visto il film Prometeus. Stasera, crede che sarà Re per una notte ma, al solo tintinnare delle sue iridi accesesi estemporaneamente dal flash dei fotografi, ah ah, io lo tratterò da straniero della società. Vivrà la sua eterna, tetrissima vita nella scura agonia dei suoi tormenti da Travis Bickle di Taxi Driver dei poveretti!

Ok, partiamo con la distruzione.

Buonasera, signor Fleck. Si accomodi. È di suo gradimento la poltroncina o forse desiderava essere al posto di quella ove è seduto a dieci metri da lei, qui sul palcoscenico, quel gran culo della modella che può vedere vicino a noi?

Scusi, riesce a vederla? Ah ah.

Partiamo con le domande. Si sente pronto? Ah, a proposito, lei qualche volta ha coscienza di essere tonto? Ah ah.

Aspetti solo un secondo. Riesce a pazientare? D’altronde, lei è dalla nascita addormentato, in un centro di salute mentale ben sedato. Dunque, sì, lei è un paziente che ha molta pazienza.

Mi lasci riflettere. Oh, ecco la domanda. Risponda, mi raccomando, solo dopo una profonda, lenta riflessione ponderata.

Lei è solo come un cane, nessuno e nessuna la ama, nemmeno sua madre, mio mammone, poiché sua madre ora è fortemente malata. Dato che nessuno la ama, lei qualche volta riesce ad apprezzare il film Paura d’amare o perlomeno sé stesso? Insomma, detta come va detta, pratica l’autoerotismo? Si fa qualche sega?

– Sì, qualche volta me la tiro.

– Avete sentito? Se la tira pure di brutto. Sei veramente il mio idolo. Ecco, tutti noi ti amiamo. Non odiarmi per questo ma, vedi, ti beatifichiamo e glorifichiamo qui tutti da morire. Vero, pubblico? Un bell’applauso caloroso per incitare un po’ il nostro Fleck.

E tutti assieme appassionatamente, al mio via, urlategli: bravissimo, sei un grandissimo!

Ha sentito, Fleck, che roba? Sono tutti qua in platea e anche in galleria per lei. Non è quello che voleva? Scusi, non mi mandi a fanculo, le ricordo che mi mandò piuttosto anche una lettera di auto-invito come fece Valerio Mastandrea, quando ancora non era famoso, per partecipare al Maurizio Costanzo Show…

Che vuole di più dalla vita? Ah, capisco. Il suono degli applausi non sono musica per le sue orecchie.

Perfetto. Maestro, dedichi al nostro Fleck il celeberrimo ritornello di Jovanotti:

sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno. Sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno e quando viene sera e tornerò da te… è andata com’è andata, la fortuna è d’incontrarci ancora. Sei bella come il sole. A me mi fai impazzire…

all’inferno delle verità,

io mento col sorriso…

Sentito, mio bel giovanotto?

Mi tolga una curiosità. Riesce a vedere almeno, seduta al suo fianco, Eleonora Giorgi? La saluti, forza. Che fa? Le pare il modo di starsene impalato vicino a una signora?

Lei usa come Carlo Verdone il Borotalco? Non è che mi farà la fine invece, coi suoi auto-inganni, di Paolo Villaggio de Il volpone?

No, sa, è per chiedere. Lei è davvero Troppo forteUn sacco bello.

– Signor Franklin/De Niro. Potrei cortesemente farle io una domanda, adesso?

– Ma certo. Non vedevo l’ora. Voleva chiedermi se potessi essere il suo unico amico come il ragioniere Filini? Ah ah. Mi dichi! Ah ah.

– No, se gentilmente mi permette, vorrei farle una domanda alla Tom Cruise di Collateral.

– Ah be’. Mi pare ovvio che lei s’identifichi con Tom Cruise. Visto che, da tempo immemorabile, sogna la sua Mission: Impossible. Ah ah, comunque chieda pure.

– Da giovane, la soprannominavano Bobby Milk per via della sua carnagione molto chiara, per via del suo pallore latteo. Giusto?

– Sì, è vero. Quindi?

– Lei ha dichiarato, nelle sue interviste, che è sempre stata una persona molto timida nella vita di tutti i giorni. Tant’è che, appunto, da giovane, l’affibbiatole nomignolo Milk forse si riferiva anche al fatto che qualche bullo, lì, nel Bronx o a Little Italy, deve avergliele suonate molte volte, cantandole pure… fatti mandare dalla mamma a prendere il latte di Gianni Morandi.

– Non capisco, signor Fleck. Che razza di domanda è mai questa?

– Infatti, questa era solo l’introduzione. La domanda è:

come mai lei nella sua vita sentimentale-sessuale ha sempre avuto una predilezione per le donne nere, per anni considerate diverse in base alla segregazione razziale che imperò negli Stati Uniti dai tempi di Amistad e non si è invece mai accorto che il suo famoso neo nero sulla guancia la rende unico?

Ecco, se ora io glielo strappassi, lei rimarrebbe sempre Robert De Niro, uno dei più grandi attori della storia.

Ma avrebbe perso la sua unicità. E sarebbe uguale a tutte le facce di merda omologate e fatte con lo stampino.

L’è piaciuta la domanda?

 

di Stefano Falotico

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