Posts Tagged ‘John Carpenter’

Auguri di buon Natale nel recitarvi L’infinito di Giacomo Leopardi


24 Dec

the fog

Ecco a voi i miei auguri parrocchiali, no, particolari, oh, miei parrucconi, da uomo ermetico che divenne eremitico e poi, mitico, s’insinuò ancora nel giorno con far baldanzoso da sapido pagliaccio ammiratore dell’immenso suo imperturbabile e imperscrutabile come il suo profondo sguardo che scruta le interiorità sue e del mondo con prospettive abissali senza pari.

Lo sguardo di un Joker che non abbisogna di scolastici scrutini e di lezioni di vita cretine poiché, al di sopra della media degli stolti e dei babbei, è forse Kurt Russell di Qualcuno salvi il Natale. Ovvero un giocoso Babbo Natale delizioso.

Il Joker visse notti infinite e inesauste da Jena Plissken e si bendò un occhio per non spalancare la vista all’orrore del mondo così infausto e immondo. Un mondo ove chiunque, pur di avere un soldo in più, venderebbe l’anima al demonio, eh sì, Faust!

Il Joker invece, vivendo da semi-cieco, d’apparente scemo e in uno stato di strafottente dormiveglia da principe nel suo castello di vetro, cioè il suo bellissimo eremo, sa ancora guardare lucidamente il cielo e non è giunto quindi il tempo di accendergli un cero.

Nella Fog della sua anima obnubilata, il Joker si corrose nella melanconia tetra e poco giovialmente rise con spontaneità sincera. Anzi, fu apertamente deriso e scambiato per una strega. Ma ora, con far arridente, non si può ancora dire che sia un uomo sorridente ma certamente è, rispetto alla maggior parte della gente, vale a dire i deficienti, un uomo sapiente che, anche nel dolce far niente, sa ammaliare, mai più di tristezza ammalandosi.

Il Joker fluttua candido anche se non fa affatto caldo o forse sì. Poiché, nella durezza di tal rigido inverno, sullo sfondo di tale società oramai irredimibile e bruciata all’inferno, il Joker riprende (in)fermo donne con le gambe accavallate che coprono le loro grazie sotto provocanti, oserei dire piccanti e anche fragranti jeans attillati e caviglie sensualmente basculanti che stimolano ardori sopiti eppur segretamente incandescenti. Che s’innevarono, sepolti sotto una coltre di soave pudore e letiziosa purezza non fremente il piacere più bollente, ma finì il tempo nevoso, no, nervoso e nebbioso e la vita, in tutti i sensi, è nuovamente armoniosa, solare e cremosa.

Come disse Jack Burton, basta adesso.

Il Joker non è né pazzo né triste.

Diciamocela, è solamente un grande.

Il Joker, in quanto jolly, viene corteggiato dai signori di corte più importanti e concupito, spesso anche non capito, dalle donne più sexy, conturbanti e seducenti.

Poiché non sono tanti coloro che possono giustamente vantarsi di aver scritto, a soli quarant’anni, circa cento romanzi e un importante saggio monografico su John Carpenter.

E questo è quanto.

Auguri e figli maschi. Auguri per un felice Natale ed evviva la notte di San Silvetro.

La notte interminabile in cui Silvestro cercò di fottere Titti, donna che mai lesse una sola poesia del Leopardi di Recanati in quanto modella soltanto da Isole Canarie.

E, in quella sterminata notte fonda, Joker/Silvestro non vide la sua bionda, bensì bevve solo una birra, suonando l’ocarina alle donne carine ma oche e suonandole a tutti i somarini poiché invincibile Joker Marino.

 

di Stefano Falotico

Percorsi d’individuazione – JOKER/DRIVE analizza Victorlaszlo88, Federico Frusciante e la società


09 Nov

padre-Loomis-Donald-Pleasence

Che dire? Da una vita la gente ritardata mi dice… erase and rewind.

Ma non ci penso proprio. Sono il feto galleggiante di 2001: Odissea nello spazio e, sinceramente, di tornare fra gli ominidi rachitici sortirebbe una mia regressione masturbatoria come nell’incipit de La pazza storia del mondo di Mel Brooks.

Il mio cosiddetto compiere forzatamente, controvoglia dietrofront, ingenerò soltanto la mia maggiore consapevolezza di essere indubbiamente un uomo superiore e coscienzioso, dunque non adatto a questo mondo spericolato di chiacchiere, di vacche scosciate e di scimmie arrapate, di meme, d’uomini che si mimetizzano e di donne che fanno le immacolate ma sono invero ben lungi dalla verginità consacrata.

Uomini e donne da marmellata, caramellosi, zuccherosi nei loro buonismi dolciastri e dunque falsissimi più di Giuda.

Ma non siamo carnali. Parlo della virginale loro purezza di cervelli oramai corrotti. Annacquati e infangatisi nella putrefazione di massa fecale. Da vomito bestiale.

La donna merda, no media, crede difatti di elevarsi, recitando la parte della santa ma io vi dico che oramai non è affatto sana, è rimasta solo nana.

Sì, le donne di quarant’anni biascicano nenie a tutt’andare. Appena le approcci per discorrere lungamente… di Cinema a tarda notte, si congedano da te, dicendo che il mattino dopo devono alzarsi presto e dunque debbono andare quanto prima a nanna.

Ma scopri che, dopo aver messo i figli a letto, coscienti che il marito non è rincasato perché sta pagando una raccattata sui viali che i loro stipendi sta incassando, si consola dall’inculata d’una vita matrimoniale andata a puttane, chattando con un ragazzo innocente per provocarlo a tamburo battente.

Da cui il termine battona o forse solo matrona.

Sì, sono sempre stanche. Più che altro sono acide e accidiose. Sono talmente stanche che, non sapendo che minchia fare da mattina a sera, dopo il loro lavoro da segretarie annoiate, posano davanti ai loro specchi in selfie oserei dire repulsivi, moralmente riprovevoli. In cui, pur di far sì che qualche gonzo del sesso opposto infil e ficchi un mi piace sotto le loro immagini eccitanti, corroborandolo e arredandolo di commenti velatamente romantici, più che altro da frustrati cronici, eseguono boccacce a briglia sciolta per tirarsela da simpatiche e brillanti. Vestite in maniera casual ché fa molto trendy e figa cazzuta, attillata e attizzante.

Sì, semi-pants su plastiche facciali e labbroni micidiali con l’aggiunta del sopracciglio sinistro rifatto e alzato su fronte aggrottata da burina de no’ a(l)tri.

Sì, poi esibiscono perfino tutto l’apparato gengivale per sembrare donne di bocca buona da otorinolaringoiatra.

Gli uomini sono pure peggio. Poiché se la tirano… da esperti di Politica e Sociologia, dissertano di ogni argomento e parlano per frasi più fatte di queste strafattssime.

Io vissi un’adolescenza in cui gli altri studiarono al Classico, giocando ai videogames nel tempo libero e poi aspettando il sabato sera per farsi du’ canne e limonare una minorata mentale adatta alla loro visione oscenamente minuscola, giocosa, ripetitiva e squallidamente focosa del porcile a me odioso.

Di solito, un ragazzo normale non vede l’ora di sverginarsi. Da allora, si animalizza e poi indossa la maschera di Daredevil. Cioè finge di essere cieco, coprendosi dietro un lavoro socialmente rispettabile per non dare nell’occhio se poi, in privato, combina porcate sottob(r)anco.

A me, questa tizia che ebbe l’immane (s)fortuna di farmi crescere, capì che io impazzii nell’attimo stesso in cui lei, essendomi corporalmente senziente, di gioia impazzì.

– Non capisco. Mi sembrava che ti fosse piaciuto.

– Può essere. Sì, ma ora che mi rimane da vivere? Sono come Alessandro Magno. Mi dai qualsiasi testo di letteratura, scienza, filosofia e matematica e, come Will Hunting/Matt Damon, lo imparo a una velocità supersonica.

Tu sostieni inoltre che non ti parve che fossi vergine.

 

Insomma, è finita.

No, non mi vedo proprio a cantare con Rocco Hunt, a realizzare video-recensioni a scopo educativo e maieutico, istruttivo, didattico e pedagogico.

Non mi vedo nei panni di un chirurgo del reparto di cardiologia che salva, poiché obbligato a livello deontologico a rispettare il Giuramento di Ippocrate, un assassino e/o stupratore malato di cuore. Più che altro di mente.

No, io lo lascerei morire infinitamente.

Non mi vedo a fare l’insegnante per aspettare la ricreazione e mangiare i cracker. Rigirandomi i pollici e osservando una gioventù già bruciata in partenza.

Non mi vedo nei panni del papa. Uno che pontifica ma che, a livello pratico, fa solo il viaggio del mondo in 80 giorni come il protagonista dell’omonimo libro di Giulio Verne.

Non mi vedo come papà. Anche perché cosa potrebbe pensare mio figlio se scoprisse che ho comprato tutti i dvd delle maggiori pornostar americane? E manco posso fare ‘na sega poiché sono sposato e poi mi sentirei in colpa?

Lo so, Jena Plissken in confronto a me è The Ward, il peggior film di John Carpenter.

Sì, diciamo che il mondo reale m’interessa sempre meno.

Sono un metafisico.

Non vedo l’ora di trovare qualcuno che, libero da discotesche, fighe e figotte, cretini e scemotti, voglia girare con me il remake de Il signore del male.

Questo capolavoro ancestrale di portata sesquipedale, questo film enorme ove viene distrutta ogni regola teologica e confutata ogni teoria ontologica.

Questo masterpiece antologico.

Devastante.

 

di Stefano Falotico (fa pure rima e ficcatela in culo)

 

Dario Argento presenta i mostri di Stranger Things 3 ma nella vita come si sconfiggono i mostri veri? O forse fake? Di mio, sono un guerriero da Sol levante


13 Jul

Quanto hanno dato a Dario quelli di Netflix per recitare delle banalità in cui, con aria ieratica da monaco del Tibet, aplomb da lord un po’ rincitrullito e aura da regista altisonante di Suspiria e Inferno, con lentezza disinvolta snocciola sciocchezze a buon mercato, citando John Carpenter, Tobe Hooper e George Romero?

Dario Argento, un uomo, un mito.

Molti credono che Argento sia di Torino. Dario è romano al cento per cento. A Torino ha girato solo alcuni suoi capolavori. Perfino non integralmente.

Ma voi, italiani, ragionate per luoghi comuni. Accostate l’esoterico Cinema avanguardistico che fu di Dario alla città dei misteri per antonomasia, vale a dire appunto Torino.

Scambiando la Mole Antonelliana per una mula veneziana di nome Antonella.

Sì, leggo commenti su Facebook, sotto le foto delle belle donne, da raccapricciarmi. Poiché fingete di essere incapricciati di una donna riccia e le scrivete le solite frasi da ciarlatani con in mano la pizza e sulle maniglie dell’amore tanta bisunta ciccia.

Io posso essere capriccioso, in quanto malmostoso e anche, se voglio, bello e focoso.

Voi invece non sapete corteggiare le donne e ululate insonni le vostre scemenze sotto le immagini di quelle che si scalderanno, quest’estate, con uomini più alti di voi, poiché siete omuncoli che state sempre al livello del mare.

Cioè siete terra terra…

Ah, che lato b immortalato mentre il tramonto scandisce l’attimo della tua poesia in movimento.

Questo è il commento tipico del vostro italiano cafone che si crede Casanova e invero vive in una casa vetusta. In una catapecchia. Meglio allora il mio amico di Civitavecchia. Uomo senza peli sulla lingua.

Mentre voi siete pericolanti come un tugurio fatiscente pericoloso, in quanto presto crollerete e colerete a picco. Guardate, non vi picchio perché mi sporcherei le mani.

Sì, la dovreste davvero finire. Siete perfino imbarazzanti. Io invece posso permettermi di parlare con donne marine forse di Igea Marina, in quanto io affogai nell’oceano della depressione più nera, al cui confronto i thriller psicologici di Dario sono pellicole comiche da bagnomaria, sì, mi tuffai nella perdizione di me stesso e poche volte al sole steso, ma riemersi abbronzato e ancora amato. In una parola, fui teso e, miei tesori, con le donne tesissimo. Miei tenerissimi.

Vado infatti da una donna e l’approccio così…nadia

Se lo fate voi, lei vi annega in un fiume d’insulti.

Io invece posseggo il carisma dell’uomo che può tutto, in quanto galleggio a Viareggio con una donna carnevalesca e poi ancor non mi correggo, facendo l’amore anche con una di Correggio.

Fra le vostre mascherate, io non uso trucchi ma tutte le strucco, io ho il classico, magico tocco.

Sono insomma incorreggibile.

Adombrato nella notte più cupa che gorgogliò nel blu dipinto di blu dei miei pleniluni senz’apparente speranzosa luce diurna, uscii dalla mia catacombale urna e, come Dracula, non quello però di Dario, divenni ancora un uomo 3D.

Io sono io.

Mi spiace per voi, blob (non) viventi come il Mind Flayer.

Leggete anche questa.

Sì, ho molte persone che mi odiano. Mah, l’odio, lo iodio, il mar ionico.

Questi mi paragonano a Fantozzi. Non direi proprio.

Insomma, se uno è Bruce Lee, non può essere come quel panzone lì.

Scusate se sono successe cose strane…

Sì, sono anche come Takeshi Kitano.

Ieri, al bar cinese-giapponese-coreano-pechinese è successa una mezza rissa con me protagonista.


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Discussioni con la barista cinese #barcinese

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Chuck Norris le ha prese. Io, anche nel cesso, divento sempre più giovane. Voi rimanete dei cessi pure nei bagni di Rimini. E ho detto tutto.     di Stefano Falotico

 

 

 

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A domani #tonight #tomorrowland Un post condiviso da Stefano Falotico (@faloticostefano) in data:

 

 

I’ll Remember You: la situazione, diciamo, eufemisticamente romantica della nostra generazione giustamente sbandata ed Elvis sarò io


08 Jul

racconti historicaEcco, come già avevo detto e scritto, sto aspettando la copia personale del mio racconto, risultato fra i vincitori del concorso letterario RuleDesigner, edito in una raffinata, prestigiosa raccolta antologica della Historica Edizioni, intitolato Disturbo denirante.

No, non mi sono sbagliato a scrivere. Non è delirante bensì denirante.

È un piccolo racconto secondo me assai sopraffino. Anzi, finissimo. Alcuni miei amici l’hanno già letto integralmente e hanno paragonato la mia prosa a quella del miglior Edgar Allan Poe.

Ecco, se ricevo un complimento così, mi commuovo e mi scendono profonde lacrime così come perennemente m’accade quando ascolto le canzoni immortali di Elvis Presley.

Spesso, non riesco perfino ad ascoltarlo poiché reputo la maggior parte delle sue canzoni così emozionanti, malinconiche e sinceramente stupende che, a confronto, alcuni capolavori del regista Wong Kar-wai, sembrano spazzatura.

Sì, Angeli perdutiHappy Together e In the Mood for Love, film bellissimi, lievissimi, angelici e dolcissimi, dinanzi alla voce paradisiaca di Elvis, paiono la signorina Silvani/Anna Mazzamauro dirimpetto a Naomi Campbell degli anni novanta.

Ho detto tutto.

Ebbene amici, è con enorme schiettezza che vi confido di essere così triste in questo periodo che sublimo ogni melanconia in libere esibizioni canore, poi scrivo libri di tutto core, in quanto della mia anima cantore.

Non sono più un innocente ma nemmeno mi sono corrotto, a differenza di molti adulti oramai goderecci che si son dati al pecoreccio, alle battute di scarso gusto e di grana grossa. Ingrassando in maniera laida e lercia.

Eppure, malgrado le batoste devastanti da me subite in questo mio falotico, strambo percorso esistenziale, talvolta disastroso, altre volte da apatico noioso, poi romantico armonioso tendente al parsimonioso, dunque nuovamente nervoso da nevrotico spocchioso, no, della vita non mi son ancora rotto.

Ancora vi credo, come si suol dire, nonostante tutto. Nonostante i miei tanti emozionali lutti.

Insomma, questo libro arriva a casa mia o devo mandare un’epistola al Vaticano affinché il Papa Bergoglio possa intercedere perché me lo cedano?

Sì, sono un uomo che viaggia fra mille progetti ed elevazioni spirituali per sopperire al materialismo, oramai mi conosce anche Gesù Cristo.

Di me sa vita, morte ma non tutti i suoi miracoli.

Eh no.

Al signor Cristo che siede lassù alla destra del Padre, eh già, andrebbe spiegato che oggi come oggi io l’ho ampiamente superato.

Poiché, se lui moltiplicò i pani e i pesci, io morii come Lazzaro ma resuscitai senza il suo aiuto.

Eh sì, non ho mai chiesto favori a nessuno.

Non sono uno che, per salvarsi, prega la Divina Provvidenza a messa.

D’altronde, sono un ateo-agnostico dal carattere ostico che da anni non prende l’ostia eppur spesso finì come un pollo arrosto.

Devo incrementare gli introiti.

Qui io creo, produco romanzi, scrivo recensioni, allestisco sceneggiature per eventuali cortometraggi ma m’occorrono molti più soldi.

Un mio amico di Castel San Pietro Terme, amena cittadina dell’entroterra emiliano-romagnolo, a dispetto del mio dinastico retroterra meridionale forse campagnolo, m’ha suggerito di candidarmi come bibliotecario, appunto, per essere assunto in qualche comunale biblioteca di questa nostra regione ove la nebbia d’inverno obnubila la vista.

Così, davanti a te, può passare la donna più bella del mondo ma, trovandoti in una situazione da Fog di John Carpenter, pensi di aver visto Jena Pliskken.

Da cui il famoso detto: ma che hai la benda sugli occhi?

Ah ah.

Ecco, questa è stata la mia lettera di presentazione. Redatta con piglio, intraprendente voglia di cimentarsi in qualcosa di economicamente soddisfacente, posta e soprattutto interposta con la congenita classe che, distintamente, mi contraddistingue innatamente a prescindere dalle mie depressioni spesso auto-inculanti e in particolar modo cazzeggianti.

Salve,
Laura…

Mi presento. Mi chiamo Stefano Falotico.

Probabilmente, si stupirà di questa mia mail.

Le spiego subito.

Sono da parecchi anni uno scrittore, dal 2013 selfpublishing. Le mie pubblicazioni sono tutte dotate di codice ISBN, di deposito legale e sono regolarmente in vendita nei vari formati cartaceo e digitale sulle maggiori catene librarie come Amazon e IBS.

E al mio saggio monografico sul regista John Carpenter è stato dedicato un ampio servizio alla pagina Spettacoli de Il Giornale:

http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/john-carpenter-genio-discusso-destinato-rinascere-1581202.html

Oltre dunque a scrivere romanzi, poesie, racconti e saggi sui cineasti, sono infatti un grande appassionato della Settima Arte.  E sto collaborando con due riviste online del settore.

Ovvero Daruma View e Ciao Cinema.

Questo, ad esempio, il mio archivio di recensioni, news e quant’altro pubblicati sin ad ora per Daruma:
http://darumaview.it/author/stefano-falotico

Detto ciò, arrivo al punto.

Sto cercando sinceramente un lavoro maggiormente retribuito perché, come saprà meglio di me, non si può vivere, almeno in Italia, di soli libri e piccole collaborazioni giornalistiche.

Parlando con un mio amico di Castel San Pietro Terme, lui mi ha detto che esistono molte biblioteche di rilievo, fra cui la sua della quale è responsabile, che sono sempre in cerca di nuovi bibliotecari o di persone addette al data entry dei libri. Ora, non penso che il mio amico mi abbia mentito. Non so se sia vero ma io le allego qui anche il mio c.v. nel caso aveste bisogno di qualcuno.

Se non fosse così e non v’interessasse la mia candidatura, nessun problema.

Grazie comunque.

Distinti saluti

 

Ho trepidato per una settimana, al che, poche ore fa ho ricevuto la risposta:

Gentile Dott. Falotico,

la ringrazio per l’invio del suo interessante curriculum.

Purtroppo al momento non abbiamo la necessità di attivare una collaborazione esterna nell’area di sua competenza.

Cordialmente,
Laura…

 

Il cognome ovviamente non posso rivelarvelo.

Quello che posso, senza peli sulla lingua, esplicitarvi con chiarezza inequivocabile è questo…

Ecco, tutti dicono che abbia una voce magnifica, che sappia perfino ballare e che sia piacevolmente pagliaccesco.

Dunque, la mia scelta definitiva è la seguente:

mi esibirò in qualche balera del bolognese, frequentata da delle donne balene, gironzolando fra il modenese e poi spostandomi al nord, amoreggiando semmai pure con una tirolese,
regalando gioie a gogò in pub ove impazzano le patatine con la maionese.

Sono o non sono il Genius-Pop?

Ovvio, no?

Comunque, l’esimia, oserei dire egregia capo-bibliotecaria di nome Laura, eh, non ha mica letto il mio curriculum vitae molto attentamente.

Essendo io uomo onesto, non ho scritto da nessuna parte che sono dottore.

Dottore di che?

Eh sì, so che questo può apparire incredibile, trovandovi al cospetto di colui ch’è, senz’ombra di alcun dubbio, uno dei più grandi geni di tutti i temp(l)i.

Eh sì, nella mia vita si è creata una condizione alquanto ambigua. Sono più intelligente e colto di Serena Dandini, la quale non è laureata, ma guadagno molto, molto meno di Checco Zalone. Non va bene. Eh no, eh?

Comunque, se volete il mio autografo, ve lo do subito.

Il libro comunque, dopo tanta spasmodica attesa, come si suol dire, è arrivato.

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 di Stefano Falotico

Il mistero del cartoncino di Twin Peaks stagione 3: il nostro valore non serve per la Gloria, neanche per la Laur(e)a


27 Apr

 

Ecco, non l’avevo ancora aperta sino a poche ore fa. Sto parlando della confezione in cofanetto di Twin Peaks 3. Che vidi su Sky Atlantic e di cui registrai, mi pare ovvio, ogni singola puntata.

Per godermela nelle mie notti da uomo di Atlantide. Sì, in un mondo sommerso tutto mio da Joker Marino.

Purtroppo, Sky esige un abbonamento annuale abbastanza consistente e io non posso pagare un canone di questa portata ove il servizio clienti si limita appunto a qualche lynchiata. Il palinsesto ripropone sempre gli stessi film a cicli continui. Con extra di partite di uomini in mutande e il collaterale canale a luci rosse improponibile anche all’uomo delle nevi.

Così come tu, d’altronde, cambi umore un tanto al mese ma poi ritorni sintonizzato sulle stesse frequenze mentali, in un noioso, oserei dire ad libitum e allibente stato depressivo talmente monotono e monolitico da renderti un must assoluto. Più che farti santo, in tuo onore non erigeranno nessun monumento. Peraltro, non susciti nessun interesse, arrechi solo stress e dunque non ti dedicheranno neppure un attimo di tempo, un brevissimo, impercettibile momento. Ah, che godimento!

Sei già marmoreo di tuo. L’estasi vivente. Forse il buddista più deficiente. Tu non vieni scalfito non solo dallo scalpello ma neppure da una che vorrebbe s… telo.

Sei un uomo imperdibile, un appuntamento irrinunciabile per chi, ipnotizzato dal tuo stato poco catodico ma catatonico, sa che buchi lo schermo dei nervi ottici e solo quello con la tua espressione immutabile nel tempo come una Gioconda eterna, oserei dire eterea. Sì, il tuo nome echeggia nell’etere mentre gli altri fanno l’amore in prati fioriti di edere, tu rimani come eri, il domani per te non esiste e ti sei pietrificato in un’era ove forse c’eri una volta e invece ora sei di cera come il volto levigato, stolido e d’argilla indurita del grande Kyle.

L’unico uomo capace di mantenere lo stesso carisma pur interpretando tre personaggi assai diversi fra loro, ovvero l’agente Dale Cooper, uomo sempre pettinatissimo, coi capelli corti e il fascino di colui che usa solo dopobarba di qualità senza ulteriori aggiunte di emollienti, profumi e additivi chimici, un serious man dalla moralità invincibile, quindi Dougie Jones, l’uomo più sexy del mondo pur essendo ancora più tonto di Forrest Gump, l’unico capace di essere a letto più dolcemente animalesco di King Kong per Naomi Watts, e la specie d’Innominato-uomo nero delle favole, un Doppelgänger posseduto dal fantasma di Bob col bulbo di una rockstar fuori tempo massimo e un po’ di piacente pancetta da colui che forse ascolta pure Vasco Rossi. Sì, uno col pelo allo stomaco, un lupo che non perde un solo capello ma ha il vizio di essere terribilmente aggressivo e spacca a braccio di ferro i tendini dei suoi avversari come Jeff Goldblum de La mosca.

Un Popeye che divelle vertebre e bicipiti, dunque, come se nulla fosse, col giubbotto di pelle cammina a mo’ di rettile viscidissimo fra covi segreti nel suo look da Brandon Lee sui generis de Il corvo, innestato su movenze robotiche da cyborg e una faccia da culo magnifica.

Sì, un attore poliedrico, un camaleonte il nostro signor Kyle MacLachlan. In Showgirls è un guardone a pagamento, in Twin Peaks suscita, anche negli uomini più eterosessuali, immani e contagiose ammirazioni da voyeur.

Un uomo irresistibile che fa il piacione senza però dare nell’occhio. Conservando intatta la sua integerrima classe esagerata da investigatore finissimo in pulitissima giacca e cravatta ultra-stirata.

Praticamente sono io, non fosse che i miei capi d’abbigliamento non sono gli stessi indossati da Kyle. Uno che, grazie a Lynch, si può avvalere d’una costumista coi fiocchi. Sì, una sarta che saprebbe impettirlo anche regalandogli un modesto, poco vistoso papillon.

Di mio, sono cupo nel vestire, vale a dire tinta unita tendente al blu su occhi castani quasi corvini e un pizzico di alopecia androgenetica su stempiatura curata con shampoo della Coop, senza coloranti e balsami.

Jeans casual presi a caso dall’armadio, scarpe da ginnastica da meccanico dell’officina a te più vicina.

Sono spesso però imbalsamato. Un’anguilla maniaca della pulizia intima e igienica.

Sì, non ho più Sky e quindi ho dovuto dare indietro pure il decoder con tutte le puntate archiviate di Twin Peaks 3.

Così, dalla mensola ho rinvenuto il cimelio da me precedentemente acquistato della suddetta stagione.

Sin ad ora mai scartata, conservata e sigillata in un’impenetrabile, ermetica teca di plastica come un’intoccabile reliquia di San Gennaro.

Al che strappo delicatamente il cellophane e mi si para dinanzi l’abisso e ancora oltre.

Questo non è uno Steelbook e nemmeno un consueto Blu-ray.

Trattasi di un cofanetto intarsiato stra-pregiato e deluxe con tanto di tasto speciale e “proibito” per accedere alla red room misteriosa.

Con cartoncino prelibato e scotchato da rimuovere come se tu avessi svolto praticantato per vent’anni presso il miglior chirurgo del mondo. Quello più navigato.

Sì, basta una minima mossa falsa dei polpastrelli e si rovina irreversibilmente la magia. Devi avere un sangue freddo da salamandra e non devi, nella maniera più assoluta, lasciarti cogliere dal panico di una fretta cattiva consigliera.

Altrimenti, poi, il cartoncino pregevole potrebbe lacerarsi e le alette potrebbero non più ricongiungersi alla perfetta simmetria di tale cubo rettangolare con tanto di arabesco intaglio da mosaico bizantino di Ravenna.

Alla fine, ce la faccio. Adesso però mi occorre un cardiologo. La pressione è scesa al minimo storico.

Il cartoncino è rimasto, cazzo, leggermente segnato e ammaccato da tale manesca, oserei dire poco maneggevole, non tanto leggiadra mia palpata su dita appena lavate col sapone detergente anche il demone sotto la pelle di Kyle.

Sì, Cronenberg e Lynch s’intrecciano in Twin Peaks 3. Infatti, non vi è solamente la citazione di The Fly ma si va a parare anche su Starman di Carpenter.

Con tanto di “alieno” Dougie Jones che, nella scena delle slotmachine, sembra Jeff Bridges.

Sì, in casa mia è conservato uno dei capolavori più alti della Settima Arte più raffinata. Una perla impareggiabile, una bellezza ancor più magnetica della mitica G. Guida.

Sì, la Guida fu un’icona erotica delle commedie da quattro soldi un po’ pecorecce degli anni settanta.

Una Guida poco spirituale, diciamo, ah ah.

Una bionda da lasciar stecchito ogni Dorelli in tre secondi netti.

Io, nel lontano 2012, la vedevo spesso. Abita nel bolognese e, soventemente, la domenica mattina andava a far colazione alla pasticceria di Casalecchio di Reno, La Dolce Lucia.

Lei vive ancora del suo “mito”. È stata la fantasia inaudita di milioni d’italiani arrapati e ignorantissimi in quegli anni per lei d’oro…

E, per non farsi riconoscere, inforcava puntualmente, impeccabilmente occhiali da sole anche alla vigilia di Natale.

Ora, che vi posso dire?

La gente è assai suggestionabile e molto sciocca. Mi trovavo in questa pasticceria ed ecco che vidi entrare una donna. Una donna normale come tutte le altre. Non più giovanissima ma di ottimo aspetto.

Al che, udii ronzare nell’aria le voci incuriosite dei presenti… un cicaleccio di parole confuse si frastagliarono nella morbida atmosfera calorosa. Ah ah:

avete visto chi è? È la Guida.

 

Gli uomini, dall’avvocato super commendatore al buttafuori della bettola più sgarrupata, incominciarono a pasticciarla di occhiatone da leccaculo, avvicinandosi a lei in segno di riverente cortesia ruffiana da marpioni.

Porgendole baciamano che anelavano, dietro la gentilezza da cioccolatai, il mascarpone di notti ancor ribalde e gloriose con questa G… a.

Notti golose da infimi peccatori alla Se7en.

E dire che non vidi nessun uomo, fra questi, bello come Brad Pitt e nemmeno saggio come Morgan Freeman.

Uomini semmai che, dopo aver assaggiato le diplomatiche, fecero i diplomatici, sperando in una reciproca cremosità da merde diarreiche.

E poi il matto sarei io? Sarei io il Kevin Spacey di turno?

Mah, a me parve e pare una donna normalissima. Né più né meno di tante altre donne carine. Poi ha ora la sua età. Per la madonna!

Ma l’Italia è sempre stata questa. Vive di miti assurdi, ha elevato in gloria… Pozzi Moana e invece ha spellato vivo Silvio Pellico.

In Italia, se stai male, ti dicono che basta comprare un flacone di penicillina. E, che se non ce la fai, sei come Pollicino e vai di pollici giù.

Sì, a proposito di Guida e Lino Banfi, ma quale belva umena! Sono solo un cinefilo mezzo disgrazieto!

Secondo voi che dice all’orecchio la signora Laura Palmer a Kyle?

Ci sono varie opzioni:

1) Kyle, hai risolto il mistero della scatola blu di Mulholland Drive? Il tuo Dougie Jones conosce bene la Watts. Ti ha spifferato qualcosa?

2) Kyle, sono Sheryl Lee. Se non era come sempre per Lynch, vivrei come Laura Palmer dell’episodio finale. Lo sai? Stesso discorso, amico, vale per te. Se non era per David, nessuno oramai ti cagava.

3) Mi indicheresti dov’è il bagno? Non si capisce niente in questa stanza. Ci son solo tende e piastrelle. Potevano mettere un cartello, no?

4) Finita questa scena, ce la facciamo una cenetta a lume di candela? Poi mi fai tutta la ceretta, ok?

5) Con questa serie noi abbiamo ottenuto la gloria. Sinceramente però, ah, non è che ci abbiano pagato benissimo.

 

Morale della favola: nella vita è importante amare Twin Peaks.

Ma non si fanno le cose soltanto per la Gloria…

Si fanno per campare un po’ più decorosamente?

Secondo me, sì.

Insomma, che te ne fai di una Laura, no, laurea se poi non capisci non solo Twin Peaks ma nemmeno, nel 2019(!), zuccone, come ordinare tramite Internet un dvd?

 

Sì, fratelli.

Nel 2019 inoltrato, sento gente che guadagna ventimila Euro al mese e non ha mai fatto un solo acquisto tramite Amazon.

Perché non sa come si fa.

E noi vogliamo farci giudicare da gente così misera? Sono dei taccagni, avari pure nei sentimenti più gratuiti.

In verità, vi dico che sanno benissimo come si fa! Eccome! Se devono pagare una su un sito e non starò a dirvi quale, dopo tre secondi ecco che ottengono uno spogliarello in Live Webcam.

Questo per dire quante seghe, no, quanto segue.

Molta gente dice che vorrebbe comprare un mio libro, invero non ha acquistato neppure l’anteprima.

– Ah, va bene. Mica sei obbligato. Se ne sei interessato, leggilo pure. Mi farebbe piacere.

– No, lo leggerei volentieri. Non vedo l’ora. Deve essere notevole. Un’ottima lettura. Ma sono poco pratico di acquisti online.

 

 

La verità che non gliene può fregar di meno.

Ci sta. Ma poi non mi venisse a dire che Twin Peaks 3 è una boiata.

– Ti è piaciuto?

– No, non tanto.

– Ah, come mai? M’interesserebbe il tuo punto di vista.

– Guarda, in realtà non l’ho visto.

– Non avevi voglia. Ci sta.

– No, non ho tempo.

– No, non ci credo.

 

Il tempo si trova sempre.

Benvenuti cioè nel Belpaese. Ove tutti sono poeti che ambiscono a… la Gloria (come dicono a Bologna, capoluogo ameno in cui mettono l’articolo determinativo davanti ai nomi propri femminili) senza aver mai letto un libro, ove tutti sono grandi attori dopo tre buone Polaroid, dove lo sport nazionale non è il Calcio, bensì il Rugby dei pugni in faccia e delle prese per il culo.

Purissima, nobilissima commediaccia all’italiana con un tocco di feste e santi, anche sani, patroni molto padrini…

 

di Stefano Falotico

Cooper Laura Palmer twin peaks

Dario Argento è tornato alla regia e io son tornato a essere quello per cui sono nato


17 Mar

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Ora, sento dire da voi di questa generazione che definire Maestro il signor Dario Argento significa peccare di generosità. Di troppa magnanimità. Perché Argento, al massimo, secondo voi, è un discreto artigiano e uno che da più di trent’anni non ha più girato un grande film.

In questo posso darvi ragione. In effetti, Dario, essendo figlio di un’altra epoca, così tanto è stato innovatore e rivoluzionario della stessa in ambito cinematografico, quanto, non sapendosi rinnovare nei suoi, diciamo, canovacci a loro volta passatisti e anacronistici, ha poltrito in un modo di fare Cinema forse sorpassato, senonché macellato da giovani resisti certamente più svegli. Come se fosse stato colto spaventosamente da un sortilegio stregonesco alla pari della sua eroina di Suspiria. E si fosse incantato, in senso lato.

Ma arrivare a dire che l’appellativo maestro bisogna adoperarlo soltanto per gente come Hitchcock, lui sì, oh, maestro vero della paura, delle ossessioni umane più profonde, perverse e recondite, mi pare alquanto irrispettoso.

Come disse, infervorato e adirato a morte, il giornalista calcistico Franco Ordine, quando a Controcampo, la platea a furor di popolo urlò che Figo era una scamorza, Ordine, con urla disordinate e molto arrabbiato, richiamò appunto all’ordine. E declamò, dico declamò, oserei dire sbraitò, gridò un…ma  sapete di chi state parlando? Di un pallone d’oro. PORTATE RISPETTO!

Quindi, si rivolse a Piccinini e gli disse: – Piccinini, ma perché io devo parlare con dei piccini?

 

Ah ah. Invero, questo non lo disse ma lo dico io. Ah ah.

Un momento comunque, oserei dire, epico.

Dunque, a chi, con ignoranza abissale dice che Dario Argento è un semi-cazzaro, io dovrei suonargliele.

Ma lo perdono perché è incosciente. Sì, non ha coscienza di chi Argento è stato negli anni settanta. E di cosa ha rappresentato, non soltanto a livello cinematografico.

L’unico, insuperabile “folle” che ha avuto il coraggio spropositato, dunque ammirevole allo spasmo, di scardinare totalmente i canoni vetusti del Cinema italiano. Fregandosene di quel Cinema amarcordiano, dunque bolso e felliniano, ripiegato su patetici ricordi di gioventù, sul farlocco concepir la Settima Arte come un diario di memorie personali a magnificazione del proprio piccolo mondo sempliciotto e provinciale sin all’osso. Sì, Fellini aveva rotto.

Non fraintendetemi. A Federico riconosco meriti immani, oserei dire disumani. Ma il Cinema italiano, parimenti alla statunitense New Hollywood, appunto, dei seventies, doveva fare il salto di qualità.

Ovvero emanciparsi da storie, sì, belle, lodevolissime del neorealismo, dalle tragedie del dopoguerra ed esplodere, oserei dire, fiammeggiare turbolento in maniera artisticamente invereconda e potente.

E allora ecco che Dario fa una cosa che nessuno, perlomeno quasi nessuno, aveva fatto sin a quel momento.

“Parlare” di storie dell’orrore, aprirci gli occhi sull’incubo chiamato vita.

Se negli States, il grande John Carpenter inventava e tirava fuori dal cilindro il suo archetipico psicopatico per eccellenza, cioè Michael Myers, con Halloween, datato 1978, il signor cazzaro Argento, come dite voi, aveva già girato “filmetti” come L’uccello dalle piume di cristallo4 mosche di velluto grigioProfondo rosso e, appunto, Suspiria, datato 1977.

Vero? Ora io che dovrei farvi? Spaccarvi la capa e accoltellarvi alla mannaia, no, maniera di Myers?

No, sono clemente e vi scagiono da ogni colpa, figlia della vostra smemoratezza, della vostra avventatezza, della vostra impavida, diciamocelo, scemenza. Ah ah.

Sì, Dario Argento, peraltro, sta preparando, a essere precisi, una serie. Ancora le riprese non sono iniziate.

E in streaming, forse su Netflix, la vedremo.

Se dite che Netflix non è il futuro, pigliatevi il drivein. E smettetela.

Sì, dovreste veramente finirla. Andare al cinema è bello, è bello gustarsi i grandi film sul grande schermo.

Ma lo ribadisco, senza vergogna. Le sale d’essai son sempre meno, soppiantate oramai da un ventennio abbondante dalle multisale. Che hanno un parcheggio spazioso e poltroncine confortevoli. Ma devi sorbirti mezz’ora di pubblicità, la folla che, mangiando patatine e popcorn, non capisce niente del film e ti distrae con la sua sguaiatezza.

Poi, la sala, diciamocelo, ha perso oggigiorno valore. Sì, non sto bestemmiando. Un tempo le coppiette andavano al cinema per potersi baciare, lontane dagli sguardi malevoli dei genitori e del film se ne fregavano. I ragazzi marinavano e, quando ancora c’erano gli spettacoli mattutini, s’infilavano in una sala per passare due ore in compagnia dei loro eroi.

Il Cinema, non scordiamolo mai, è nato come intrattenimento popolare. Le sale erano un luogo di ritrovo, di aggregazione. Questo valore le sale l’hanno perso per tante ragioni.

Quindi, è inutile che vi ostiniate, duri come delle capre a combattere Netflix e Amazon.

E ripeto: portate rispetto per il signor Argento.

di Stefano Falotico

Ho terminato il mio libro in inglese su John Carpenter per la distribuzione globale, che dio me la mandi buona, che fa(lo)ticata!


13 Mar

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Ah, son morto di fatica. Stavo collassando. È stato un lavoro improbo, immane, oserei dire universale anche se la distribuzione sarà soltanto globale. Soltanto? Be’, sì, su Marte credo che non ci siano degli uomini. O invece sì? Atto di forza docet!

Ecco, come sapete, amici carissimi, da qualche mese è disponibile alla vendita sulle maggiori catene librarie online il mio libro monografico in italiano, John Carpenter – Prince of Darkness.

Un libro che ognuno di voi dovrebbe avere vicino al comodino. Per una lettura profonda in notti insonni. Ove, divorati dai vostri demoni interiori, contorcendovi in spasmi d’amore per una ragazza che vi piace a morte ma che continuamente vi manda a quel paese, facendo infuriare le vostre budella, ah ah, potrete immergervi in questa lettura illuminante. Consolandovi nel navigar fra le stelle della fantasia pura, perdendovi nella notte interminabile del grande Jena Plissken e nella prode virtù ribelle del mitico Roddy Piper di Essi vivono. Un personaggio leggendario. Uno che non sapeva recitare, peraltro nel mio libro lo dico senza peli sulla lingua, ma aveva il suo perché.

CAPOLAVORO!

Sì, lo è, posso vantarmi almeno di questo? È stata un’opera frutto di una personale ricerca infinita, più e più volte riveduta, corretta, passata al setaccio dal mio correttore di bozze. E alla fine ne è venuto fuori un gioiellino sopraffino. Bando alle ciance e alle invidie. È un libro straordinario che non sbaglia una virgola. Concepito, realizzato in maniera indiscutibilmente portentosa, figlia del mio lirismo, del mio enorme romanticismo e anche di quel pizzico di follia che non guasta affatto, anzi, dà pepe alle nostre giornate stanche.

Vero masterpiece intagliato nei capolavori di John.

Un libro altamente poetico elevato a divinazione di Carpenter. Sì! Ma che non si perde in agiografie insulse o santificanti e si permette lo schietto coraggio di affermare che Christine e The Ward non sono grandi film. Sì, non lo sono. Ciò non toglie valore al Maestro par excellence della Settima Arte. E non potete immaginare quanto mi dispiaccia sapere che oramai non voglia più girare film, preferendo guardare le partite di basket dell’NBA. Su, John, non mi faccia la fine di Homer Simpson. Dai dai.

Il Cinema e l’Arte tutta ne risentono gravissimamente. Perché avremmo invece assolutamente bisogno che il il signor John, anche a settant’anni suonati, ci sfoderasse un altro capolavoro. Secco, ruvido, tosto.

Fatto di streghe, di babau, di semi della follia…

E dunque, dopo la parentesi di Il diavolo è un giocattolaio, del quale sto scrivendo il seguito, mi son buttato a capofitto nella traduzione fai da te, appunto, del mio libro sul grandioso John.

Ecco, il mio inglese è buono, sì, sì, affinato da anni e anni di studi autodidatti da topo della mia biblioteca. Fra libri di grammatica, Blu-ray in originale e canzoni rock degli States migliori.

Ma io sono un uomo che non se la tira. E altresì dunque asserisce che il suo inglese non è propriamente oxfordiano. È stata veramente dura.

Sì, mi ero informato. Intendevo inizialmente farmelo tradurre da un professionista, da un madrelingua.

Ma tutti coloro a cui mi sono rivolto mi hanno chiesto delle cifre astronomiche, come si suol dire.
Addirittura uno mi ha proposto, per la traduzione, cinquemila Euro!

Ma che è? Mi ci compro la macchina con quei soldi. Ma manco quella. Mi sta bene quella che ho.

Allora, mi son detto… ah, qui tocca farmelo da solo. Sì, un’altra sfida.

Anche perché i miei libri, pieni di anacoluti, di periodi lunghissimi, di voli pindarici, non sono facilmente traducibili. Neanche David Foster Wallace usava frasi così.

E poi i modi di dire inglesi sono diversi dai nostri.

Quando ad esempio, a proposito de Il signore del male, dico testualmente che il cameo di Alice Cooper ci sta da Dio. Ecco, voi come ve lo tradurreste? Is to die for…? Può andare.

E invece questo è un film che ha fatto scuola? Non mi venite a dire che tradurreste con… has made school.

Quindi, aggiusti una frase e si perde il senso. Oltre al senno.

Ma alla fine gliel’ho fatta. Ho appena dato il VISTO SI STAMPI alla versione international.

Chissà che non me lo compri proprio John!

Non vi fidate delle mie doti?

Questa è la sinossi. Cuccatevela!

His name is John Carpenter, prince of my invincible, stupendous, virulent darkness…

John Carpenter who now, proud and haughty, walks as a giant in the bare today’s cinematographic landscape, still sowing the titanic daintiness of his elegant, poetic beauty. In front of the undisputed master of a possibly lost Seventh Art, I prostrate myself, adoring him, genuflected as a sign of boundless, sacred admiration, drawing on every single frame to carve and inlay my monographic work that is not hagiographic or sanctifying his monumental, renowned greatness, eternally thundering, but it is a portrait objectively analyzing each his immortal and infinitely shining film. Film after film, I dwell in front of every work with surgical precision, at first maliciously to challenge so much magniloquence delicately adamantine, and be able to find possible flaws but then, although I dare to want to find in his works incongruities, director inaccuracies and stylistic rudeness, despite I am tempted by the desire to make corrections to his radical, very high vision, I remain enchanted by his lucid, prophetic, graceful and balanced solemnity untouchable, powerful and irresistible. Because he is John Carpenter and I can only rightly venerate him. I can only give my vivid homage to the prince of darkness, living the ecstatic light of his revealing and magnificent Cinema.

Stefano Falotico was born on September 13th, 1979. Author of fiction and non-fiction, he has published many books…

 

Insomma, come dicono a Roma, ce può sta’? O no? Forse sono davvero Sean Penn de Il professore e il pazzo. O forse il più sano di tutti.

Sì, c’è solo un uomo nel mondo che può fare una cosa del genere.

Anni fa, un mio amico mi disse:

– Che ti sei messo in testa? Di ributtarti nel mondo di tutti i giorni? A te è successa una cosa molto, molto pesante. La gente non capirà. Ti distruggeranno. E morirai suicida.

Hai una sola possibilità. Non rinnegare la tua “follia”. Allevala, amala e portala in gloria.

Questo mio amico forse era Christian Bale di The Fighter.

Credo che avesse ragione. Il mondo è popolato perlopiù da animali, da gente cattivissima, da mostri piccolo borghesi a cui interessa solo che tu lavori, incassi e stia zitto. E io non sono fatto per questo mondo lercio. Può essere bello ed euforizzante all’inizio, ti diverti, ti ubriachi, conosci una ma poi, se non sei stronzo nell’anima, vai giù.

E alla fine prendi troppi pugni, barcolli, svieni e crepi. Massacrato.

Se invece, oltre a essere un fighter, cambi marcia come Stallone in Over the Top, a quel punto, il braccio glielo “spezzi” tu.

C’è poi una differenza sostanziale fra un cinefilo e un Falotico. Io sono pure cinofilo. Sì, i cani mi piacciono.

Il cinefilo medio, altezzoso, borioso, snob, vi dirà che Over the Top è un film di merda.

Abbastanza, lo è.

Ma io dico che è un grandissimo film.

Perché io sono io. E mi emoziona sempre.

Cioè, è un po’ come la scena di 1997: Fuga da New York.

Quando Jena/Snake è nell’arena e ha tutti contro… lo prendono tutti per il culo.

E Jena parte con la mazzata che non ti aspetti.

Sono solo un sognatore?

Sì, certamente. È vietato dalla legge?

Vi è sempre tempo per essere un uomo qualunque. Sai che noia.

Meglio essere Starman.

 

di Stefano Falotico

Lars von Trier non è un genio, Brian De Palma, sì, anche questo Starman…


02 Mar

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Ecco, come sappiamo è uscito ieri, in tutte le sale italiane, La casa di Jack di Lars von Trier.

E, sempre ieri, io mi son pronunciato in merito a questa “boiata pazzesca”. Geniale “nefandezza”, genialità pura o tronfia, manieristica immoralità sconcia spacciata per adamantina Arte assoluta?

È sempre la domanda che ci si pone dinanzi a un’opera di Lars.

Che, personalmente, non reputo un genio. No, non gli sono severo e impietoso come Paolo Mereghetti che, nel suo Dizionario dei Film, eccezion fatta per un paio di film, lo stronca puntualmente a man bassa, come in uno slasher movie, martoriandolo di offese forse un po’ troppo tagliate con l’accetta, definendo boiate i suoi film, sì, ma nel senso di cagate. A proposito di fantozziane sparate e La corazzata Potemkin

Eisenstein non era Einstein, per fortuna. Ché i geni troppo raziocinanti e matematici mi han sempre stufato e dato allo stomaco. Sì, Einstein ha inventato la teoria della relatività. Un’intuizione a dir poco sovrumana. Ma cosa ce ne facciamo della teoria se, in pratica, ancora non abbiamo messo piede su Marte?

Allora, meglio i geni veri come De Palma. Che ci hanno illuminato di viaggi nel tempo oniricamente cinematografici, citazionisti, omaggiando il capolavoro di Eisenstein nel suo magnifico Gli intoccabili.

No, non ho ancora visto il film di von Trier e credo, sinceramente, che non lo guarderò in sala. Perché la vedo dura… sorbirmi due ore e trentadue minuti di un film così, bello, stupendo o orribile che sia, assieme a spettatori schizzinosi, facili alle grida scandalizzate da piccolo-borghesi spastici, i quali potrebbero mal influenzarmi con le loro inopportune risatine più sadiche del sadismo del macellaio Jack.

Penso piuttosto che lo aspetterò in home video, per gustarmelo, lodarlo o aspramente criticarlo dopo averlo visionato, con estrema calma, nell’intimità delle mie mura domestiche, a mo’ di Sean Connery/Malone.

Ma comunque, premesso ciò, no, credo indissolubilmente, irrevocabilmente che Lars non sia un genio.

I geni sono altri. Lars è, tutt’al più, come ha scritto The Telegraph, uno che adora provocare, squartando la vita e il Cinema a volte indubbiamente in maniera fortemente perturbante che colpisce nel segno. Altre volte, invece, in modo gratuitamente sciocco e “idiota”.

Ho visto alcune clip e già queste comunque non mi hanno convinto. Poi, ovviamente, dovrei appunto vedere il film nella sua interezza e contestualizzarle all’amalgama. Sanguinaria, sanguigna od oscenamente anti-perbenistica che sia.

Jack ci dice che è un ingegnere che voleva fare l’architetto. Perché gli architetti sono artisti, gli ingegneri no. E c’è per lui una profonda, importantissima differenza fra chi fa musica e chi legge la musica…

Quindi, ci dice che lui i problemi li ha sempre avuti. E che ha sofferto e soffre ancora del DOC, ovvero di un grave, debilitante, “asociale” disturbo ossessivo-compulsivo. E che questa sua chiusura sarebbe stata già l’anticamera delle sue sepolture.

Prima banalità. Ahia, Lars. Anche Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato, secondo questo balzano assunto, sarebbe un potenziale omicida della povera Helen Hunt?

Poi, chiariamoci. Perché, visto che non sapete un cazzo di “malattie psichiche”, fate molta confusione tra l’hitleriana psicopatia e la junghiana psicosi.

Di solito, lo psicopatico, qual è Jack, è una persona altamente menefreghista, senza coscienza, a cui non sbatte un cazzo degli altri. E fa male per il piacere di farlo e trarne momentaneo giovamento. Uccidendo, esorcizza il suo incurabile mal di vivere. E continua ad ammazzare, secondo la classica, metodica procedura di un serial killer, nelle stesse pressoché identiche modalità perché, quando ammazza, per un po’ placa i suoi demoni interiori. Poi, ritorna ad ammazzare quando la sua ansia e i suoi disagi incontrollabilmente aumentano.

Lo psicotico, invece, fa esattamente il contrario. Soffre talmente tanto da uccidere sé stesso. E, ogni volta che sta “male”, si fa del male.

Allora, può succedere che, per colpa di un mondo superficiale, cafone, ignorantone, si becchi anche un gravissimo, irreversibile TSO.

L’aberrazione del TSO

Ebbene in Italia vi è davvero poca informazione su tutto. Soprattutto su argomenti scottanti che, ancor ammantati di vivida scabrosità, suscitano pruriginosi pensieri scherzosi e tristemente demonizzanti presso i benpensanti.

Quante volte, ad esempio, sentiamo per radio o alla tv, dinanzi a una persona evidentemente eccentrica, semmai stralunata o sopra le righe, speaker o commentatori che, in modo certamente burlesco o spiritoso, cialtronescamente canzonatorio, si rivolgono con toni irridenti verso questa persona, a volte usando epiteti strafottenti o semplicemente goliardici, lanciandole contro frasi come… be’, fratello e amico carissimo, non ti hanno ancora prescritto un TSO? Guarda, se fossi in te chiamerei la neuro, oppure, io direi di farti vedere da uno bravo o ancora ah, ma tu sei matto da legare.

Questa brutta usanza e questo bieco modo di dire sempre abbastanza in voga, alquanto infamante anche se pronunciato con toni chiaramente, oserei dire, scaramantici o vaporosamente dolci, lo reputo davvero orripilante. Innanzitutto perché, pur dietro una esorcizzante risata diciamo spensieratamente allegrona e sbeffeggiante, si cela uno spauracchio assai potente della nostra società. Cioè l’ombra della temuta, schivata pazzia che potrebbe colpire chiunque. Dunque questo modo di dire, apparentemente innocuo, suona più che altro come un monito scacciapensieri rispetto a qualcosa che, ancora, terribilmente spaventa e inquieta le coscienze borghesi, rimbomba tetramente come uno spettro aleggiante e albergante nelle nostre viscere profonde di esseri umani, perciò anche di persone, come tutti, emotivamente fragili e perennemente preoccupate del contorto, difficile futuro, così com’è infausto il terrore sibillino, inconscio e beffeggiato che un giorno il morbo o il seme della follia possa piombarci giù dal cielo, contagiarci e condurci appunto alla follia più nera.

Ecco, io non scherzerei più su certi argomenti con tanta superficiale faciloneria, nemmeno con tanta spensierata ilarità.

Perché, purtroppo, il TSO è qualcosa di veramente nefasto e orrendamente deprimente.

Che cos’è un TSO? Forse lo sapete ma è meglio puntualizzare con precisione. Il TSO non è altro che la sigla di trattamento sanitario obbligatorio.

Cioè tutta quella serie di disposizioni che vengono prese urgentemente nei confronti della persona a cui è stato, appunto, rifilato il TSO stesso, al fine che, in seguito a suoi comportamenti palesemente lesivi dell’incolumità personale sua o del prossimo suo, non possa più essere di cagione e danno alcuno verso i suoi simili.

La persona spesso, in seguito al generarsi e degenerarsi di una crisi psicotica, viene quindi fermata con la forza e trascinata in ricovero coatto. A intervenire sovente sono addirittura le forze dell’ordine che, allertate del possibile pericolo già avvenuto o messo in atto dalla persona che ha manifestato una psicosi, giungono violentemente a casa sua, nei casi più gravi, e coercitivamente la conducono in clinica o in un ospedale psichiatrico.

Fin qui, seguitemi bene, tutto ciò non avrebbe, almeno in linea teorica e propedeutica per la tutela del bene della nostra comunità sociale, niente di allarmante. Mi pare infatti alquanto normale che, se una persona si mostri aggressiva nei suoi stessi riguardi o nociva nei confronti degli altri, s’intervenga il prima possibile per evitare degenerazioni nella medesima e per frenare, con prontezza, lo scatenarsi di altre azioni gravemente dannose.

Ora, che cosa può aver ingenerato una crisi psicotica in una persona? Be’, le ragioni sono molteplici e disparate. Una persona può crollare e rompersi, fratturarsi nella psiche se è stata vittima, in tempi recenti, di particolari e problematiche, difficoltose condizioni di stress protrattosi troppo a lungo. Una persona può “ammalarsi” se, che ne so, è stata licenziata arbitrariamente e senza una giusta causa dal suo lavoro e di conseguenza, disperata e in preda al più tremebondo e furibondo panico, non ha retto all’accaduto e rovinosamente si è psicologicamente schiantata. Se una persona, in seguito a un lutto inaspettato quanto scioccante, è rimasta devastata e dunque, squassata nell’animo distrutto, è precipitata in qualche agitata, preoccupante crisi.

Oppure se una persona, dopo una fortissima delusione affettiva, non avendo saputo gestire le sue turbolente e confuse emozioni, si è spaccata in due. Tanto affranta da non resistere all’urto tonante e devastante indottogli in modo prorompente dalla delusione da lui vissuta in maniera, paradossalmente, sin troppo umana e tanto senziente da portarla a uno sfogo clamorosamente allucinante.

Ok, sin qui ci siamo. E, ribadisco, non vi è nulla di anomalo.

È il dopo che è veramente osceno, un obbrobrio.

Alla persona a cui è stato prescritto il TSO spesso si fa una diagnosi. Che, nel novantanove per cento dei casi, è pressoché schiacciante e impietosa. Ma soprattutto altamente discriminatoria perché l’analisi psichiatrica del soggetto viene eseguita in un momento di enorme sua criticità psicologica. La persona, infatti, come da me già evidenziato, secondo voi in che stato psicologico può trovarsi se ha avuto una psicosi? Certamente, non en pleine forme. Intensamente turbata e alterata.

Quindi, la diagnosi che la persona riceve potrebbe essere (uso il condizionale perché, ahinoi, non è raro che sia invece sbagliata e distorsiva) tutto sommato anche giusta.

Spesso invece, attenzione, è una diagnosi affrettata, senza criterio, molto grossolana e approssimativa che valuta solo e soltanto la condizione patologica del soggetto preso in esame nelle ore e nei momenti susseguenti la crisi da lui manifestata o che, in modo del tutto sbrigativo, ha la presunzione di voler inquadrare un quadro clinico psicologico sulla base di confessate reminiscenze del soggetto stesso (come detto, già profondamente alterato, dunque assai poco lucido), addivenendo a facili, lapidarie conclusioni molto indelicate e soprattutto fallaci.

Non è mia intenzione generalizzare e, a volte, ancor prima di un TSO, è stata eseguita la diagnosi. Se la persona aveva già accennato a qualcosa di pericolosamente minaccioso.

Evidenziato ciò, passiamo oltre.

Quello che non molti sanno, anzi quasi nessuno, vista la diffusa disinformazione e ignoranza in materia, è che una persona che si è presa un TSO; ahinoi, quasi sempre, per non dire sempre, è segnata a vita. Intrappolata dalla diagnosi che ha ricevuto e obbligata, giocoforza, a tutto un martirizzante, abbruttente, penoso e demoralizzante percorso di fantomatica “cura”. Cura che, anziché essere cura nell’accezione positiva del significato della sua parola, diventa più che altro uno sfiancante, svilente, angosciante percorso pseudo-terapeutico spesso ingannevole quanto, se non inutile, sicuramente evitabile e soffocantemente infinito.

La persona, paralizzata e bloccata nell’autodeterminazione, coattamente ricattata nell’obbedire a belluine prescrizioni farmacologiche, anziché riprendersi dal suo momento critico e negativo, viene per così dire “zombificata”.

Lentamente ma progressivamente, spietatamente viene erosa nell’animo, spenta e smorzata nella volontà, spogliata della sua intima, pulsante identità, spersonalizzata, psicologicamente oppressa da dittatoriali, ulteriori obblighi agghiaccianti, repressa chimicamente, oltremodo danneggiata, inibita scelleratamente attraverso l’uso di neurolettici o tranquillanti assai cagionevoli e debilitanti a livello psichico e cognitivo.

E costretta a un calvario mortificante eterno quanto stigmatizzante, fatto d’infermieri impreparati che sono a loro volta il più delle volte dei robotici burocrati, insensibili mandanti di ordini medici autoritari e dispotici. Cosicché, comandati da chi sta sopra di loro, imboccano meccanicamente i pazienti “malati” nel rilasciar loro assunzioni di farmaci dei quali, forse, in molti casi, non conoscono nemmanco essi stessi gli effetti.

Perché si attengono solamente alle disposizioni ricevute loro dai superiori e i pazienti, ai loro occhi, divengono compassionevolmente, soltanto dei casi umani da “laboratori” biologico-chimici. A cui dare e rifilare “medicine”.

Nel caso in cui infermieri e/o operatori sanitari siano invece molto preparati, non hanno comunque facoltà decisionali e, sine qua non, devono agire secondo imperiosi, irrinunciabili ordini impartiti loro.

Come se non bastasse questo abominevole, fascistico “sistema”, aggiungiamoci anche l’altrettanto “anormale” (a proposito di normalità e immaginaria, assurda “sanità”) corollario di educatori poco professionali e di assistenti sociali più “penosi” dei “malati” o presunti tali.

E potete presto immaginare il patibolare percorso di “terapia” falsa, vergognosa e avvilente a cui è sottoposta, senza che possa benché minimamente ribellarsi, una persona che ha avuto solo la sfortuna di essere momentaneamente “impazzita”.

È stata marchiata e annichilita a vita.

Ora perché, nel 2019, accade ancora questo sconcertante orrore?

La risposta è molto semplice quanto molto sconfortante.

Se la persona affetta dalla patologia per cui spesso si è emessa contro una diagnosi sfavorevole venisse liberata, permettetemi di dire scarcerata, da quest’opprimente schiavismo psicologico a cui è stata costretta ad abdicare, gli psichiatri (non tutti per fortuna nostra) credono invero che questa stessa persona, prima o poi, tornata alla sua piena, fluida e non raffrenata coscienza, ripristinata nelle sue efficienti funzioni psicomotorie, a causa dei sintomi e delle “debolezze” di cui ha già sofferto in passato, possa ricommettere un “crimine” per sé stessa o a danno degli altri.

Insomma, siamo dalle parti della più stupefacente, mostruosa fantascienza da Minority Report. Una persona viene “curata” a vita in quanto colpevolizzata di un suo “errore” trascorso, già semmai ampiamente superato da tempo immemorabile, perché si pensa che il “crimine” possa commetterlo nuovamente.

E in virtù di questo debba essere continuamente controllata a vita, anzi, a vista. Sorvegliata permanentemente.

Tutto quello che ho appena scritto corrisponde al vero? Sì, certamente, anzi, mi sono limitato a una panoramica ben più rosea della vera e ancor più terrificante realtà.

Perché permettiamo che nel 2019 esista ancora il TSO? E soprattutto per quale motivo lo si continua ad applicare attraverso questi termini disumani?

È scandaloso che tutti stiano zitti, è quanto mai raccapricciante che nessuno muova un dito per cambiare le cose.

E invece si persevera nell’omertà, questa sì, pericolosissima, bugiarda. Nell’ipocrisia più sleale e mendace.

 

DETTO QUESTO…

A Lars piace scherzare su argomenti delicati e fare il citazionista di William Blake.

E la gente abbocca a ogni sua superficialità perché, semmai, snocciolataci con riprese a mano che fanno “arty”, con spargimenti di sangue che fanno “figo”, con tutta una serie di barocchismi ed esagerazioni che fanno gridare al capolavoro mai visto!

Poveri idioti!

Riguardate i primi film di Dario Argento, i migliori film di Carpenter e soprattutto Vestito per uccidere, Blow Out e Omicidio a luci rosse.

Brian De Palma, un genio vero.

Mica uno da chiacchiere e distintivo!

Ora, riguardate la scena degli Intoccabili quando gli stronzi trucidano Malone.

E poi ditemi se non vi siete commossi.

Questo è grande Cinema, non quello di Lars.

Mi spiace.

E qui c’è tutta la vita di un genio, sulle note di Morricone.

An extraordinary genius… able to transform himself…

 

STARMAN

di Stefano Falotico

Possibile che non sudi? Possibile che non studi? Possibile che non scopi? Sì, sono Starman, avevate dei dubbi?


01 Mar

bridges starman

Sì, sto editando la versione internazionale del mio libro su Carpenter. Attualmente sui maggiori mercati librari in italiano, presto nella lingua più parlata del nostro pianeta, ovvero l’inglese.

Prometto, e io ho sempre mantenuto le promesse, essendo anche Jack Nicholson de La promessa, sì, un uomo talmente oltre da esser considerato pazzo perché nessuno crede alla sua versione assurda dei (mis)fatti, che dopo Pasqua il libro sarà sui migliori stores della Terra.

Per la cover non vi è da apportare nessuna modifica. Il titolo è già in originale, Prince of Darkness.

Per il resto, mi sto facendo un discreto culo. E, nel penare di quest’immane, universale fatica, mi prendo solo alcune pause in cui penso, fumando col caffè, a una gran figa dal fondoschiena turgido, rotondo come il globo terrestre, a cui esserle nell’equatore un magma trivellante al fine di limare ogni stretto di Gibilterra e unire la mia penisola con la sua donna sola.

Sì, per molto tempo son stato scambiato per Haley Joel Osment. Reputato uno schizofrenico semi-autistico dotato di sesto senso e di A.I.

Più che altro, fui trattato da lebbroso come se avessi l’AIDS.

Un uomo temuto, soprattutto da sé stesso. Infatti, mi alienai per molto tempo, leggasi anche mi arenai.

Per via del mio prenderla con filosofia, fui tacciato d’essere un grande Lebowski.

In verità vi dico che sono, sì, Jeff Bridges, ma quello di Starman. Appunto. Mamma mia, ripeto, sto rileggendo per la traduzione il mio libro su Carpenter. Ma è roba stellare, cazzo. Di un altro mondo.

Sì, mi piglio per i fondelli da solo quando indubbiamente faccio la figura del pirla ma so anche complimentarmi con la mia anima, compiacendomene, quando senza dubbio ho scritto qualcosa che voi, poveri deficienti, non scriverete mai.

Di primo acchito, posso apparire come Dougie Jones di Twin Peaks. La mia prima ragazza ebbe un ottimo fiuto nonostante già fossi molto accasciato, e non “accosciato”, ah ah, a causa di molti rifiuti. Tanto da rischiare di diventare un umano rifiuto.

E lei capì, eccome se lo carpì, che dietro quell’espressione da tonto, da uno senza cervello, si nascondeva invero un grandioso uccello.

Io rimasi interdetto anche quando finimmo l’accoppiamento e lei, estasiata, mi volle, fortissimamente volle ancora dentro. Sì, come Alfieri e io le fui con piacere ancora fieramente alfiere.

Son scherzi che si fanno? No, devi riprendere (f)iato ed elevarti dalle squallide scopate.

Portare la mente a un livello concettuale della realtà molto sofisticato.

Devi ascendere a Starman.

Sì, a me nella vita è successo questo. Prima pensavo di non essere molto adatto al porcile volgare di massa(ie). Ma dovevo appurare, in maniera come ho detto impura, se era vero o se la mia era solo un’incapace verga. Ero un impotente matterello o solo un potente mattarello? Io direi un menestrello. E fu sol un minestrone non tanto bello.

Adesso, anzi, da an(n)i a questa parte, ho tristemente compreso che questo mondo mi debilita. Questo mondo capitalista, edonista, marcio, burocratizzato. Ove, se non ti attieni alle trombate collettive, vieni presto… sì, lobotomizzato.

No, non è il mio habitat. Non mi do affatto delle arie, credendomi chissà chi. Espongo i falli, no, i fatti come stanno.

Il mio habitat naturale è il firmamento.

Insomma, pensavo di essere caduto dalle stelle alle stalle e di essere un coglione stallone e invece, ahimè, ho capito di essere realmente un “extra-terrone”, come dice Lino Banfi.

Un uomo malinconico non inseribile, nonostante l’abbia inserito…, ai parametri efficienti di questa società ad alto tasso di produttiva coefficienza e, come detto, di notevole scemenza.

Appena prendo aria, uscendo dal guscio, mi sento soffocare, le palpitazioni cardiache crescono e davvero sudo… freddo. C’è una bomboletta di ossigeno? In mancanza di quella, è gradito anche un bombolone alla crema.

Sì, essendo il mondo popolato da animali, essendo io geneticamente superiore, dovete credermi. Quando giocavo a Calcio, non sudavo mai.

E molta gente si chiedeva: ma questo come fa a sapere tutto e non ha mai studiato?

Siamo anche sicuri che abbia scopato?

Fidatevi, io ho molto sgobbato.

Essendo genio innato eppur mai nato.

Un bel problema, cazzo. Ora, come lo mettiamo? No, la mettiamo?

Mi son di nuovo superato. Tutti quanti questo risultato, perfino gli psichiatri, avevano sperato.

Io no, invece. Perché sapevo che sarei stato soltanto nella purezza speronato.

Sì, a questo mondo di puttanesimi e troiate, è meglio una sana peperonata. Rivoglio il mio battesimo!

Sì, pur di tornare lindo, son disposto perfino a un periodo di quaresima.

Infinito!

di Stefano Falotico

Non mi par vero, 1997: Fuga da New York e Fog del mio maestro Carpenter finalmente in Blu-ray it


28 Dec

71iEaMGAe-L._SL1500_618qrPFR4LL._SL1500_Sogno o son desto? Questo 2019, a quanto pare, per noi cinefili e adoratori del maestro inizierà col piglio giusto, nascerà sotto la buona stella.

Ecco, innanzitutto, se non avete comprato il mio libro John Carpenter – Prince of Darkness, un testo che mi sta dando molte soddisfazioni, scritto con straordinaria competenza e amore sentito, rimediate quanto prima. Vi ricordo che lo trovate sulle maggiori catene librarie online, comprese Amazon e IBS.it, nei vari formati. Scegliete voi quello che più vi aggrada e vi stupirete di come, assieme al mio fidatissimo correttore di bozze, puntiglioso e impeccabile, abbiamo svolto un lavoro, oserei dire, eccelso.

Un libro che insomma non può mancare nella vostra libreria. Da sfogliare con dolcezza, parola per parola, da gustare alla follia. Nel seme della follia!

Detto ciò, mi pareva quantomeno doveroso pubblicizzarlo, ché la promozione non fa mai male, anche quando è un po’ spam, ah ah, dicevo… sì, la promozione serve, che volete essere bocciati? Ah, diamine!

Oggi, alla mia mail, è arrivata una missiva piacevolissima quasi quanto l’orgasmo che potreste avere con la vostra donna bramata da anni. Oh, semmai sarà una delusione e lei, dal vivo, v ammoscerà, ma sognare è lecito e immaginare l’attimo nel quale, delicatamente corposi, verrete… affusolati in lei calorosa, lo so, vi mantiene gagliardi, sempre reattivi, onestamente cazzuti. Ritti ed eretti.

Ebbene, in questa epistole elettronica, mi son stati segnalati due Blu-ray che certamente acquisterò, anzi, ho già accattato di prenotazione. E sono questi.

Vedete di guardare il Cinema di John, non annebbiatevi il cervello con puttanate dolciastre e immergetevi, come Jena il bastardo grandioso, nella notte dei vostri trip migliori.

Questo è grande Cinema, altro che le idiozie che, oggigiorno, acclamate. Basta con questa befana vien di notte (ma cosa volete che venga, a me sinceramente non farebbe venire neanche con la pompa…) della Cortellesi. Datele il carbone e ditele che l’attrice celeberrima di Pretty Woman è più figa ed è per questo che Paola non fa la pubblicità della Calzedonia. Ché poi io ho una pelle sensibile e preferisco il bagnoschiuma Neutro Roberts.

Sì, ora capisco perché, a forza di vedere film merdosi, caramellosi, sciocchi e vanagloriosi, quel vostro sogno di scoparvi la vostra donna dei sogni è rimasto, appunto, un sogno andato a puttane…

E ho detto tutto.

Guardate che se non comprerete questi Blu-ray, vi maledirò e, al buio, vedrete i fantasmi che vi fotteranno in culo. Non vi basterà farvi preti. E, se avete visto Fog, sapete perché. Ah ah.

Fidatevi.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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