Posts Tagged ‘Joe Pesci’

Ho sempre amato ogni Sharon, preferisco Ludivine Sagnier a Emmanuelle Seigner, sono più bello di DiCaprio e Alain Delon in quanto più in gamba, eppur si campa


25 May

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Sì, la dovrebbe finire quel farabutto a prendervi per fessi e fesse. Racconta un sacco di balle sul mio conto perché sta morendo d’invidia. E voi poveretti abboccate alle sue maldicenze, alle sue calunnie e credete davvero che io sia un eunuco come Totò il turco napoletano.

Fumo solo più dei turchi.

Questo cacasotto che insulta solo da dietro un PC, è un piccino, un simpatico bimbino.

Ma stavolta ha incontrato uno più stronzo di lui. Può succedere, fenomeno.

Dietro i nostri esibizionismi su YouTube, io vi vedo solo slancio vitale, non vi vedo insicurezze, bisogno di conferme, depressioni, disagi, malessere, ansietà e patologie, abbasso i sociologi-psicologi

Circola voce che gli youtubers seguiti da milioni di fan o soltanto giudicati fanatici, forse come Falotico, seguito invece da una ristretta nicchia e forse, perché no, anche da qualche racchia, abbiano cercato pateticamente la via traversa dei 15 minuti di celebrità warholiana che qualche bacchettone sostiene esser addirittura deviante, un mo(n)do auto-ingannevole per trovare la luce del giorno svanita nei loro cuori pietrificatisi nella solitudine più triste.

Ma che falsità immonda, che bieca distorsione dello sguardo ipocrita di questa massa fintamente allegra e ridanciana. Festivaliera e amante dei baccan(al)i.

Io invece vedo nella finta contentezza di questa massa ruffiana e sempre apparentemente smagliante nei suoi sorrisi di plastica da manichini, da robot mercantili dell’edonismo collettivo che, ahinoi, ha preso il sopravvento e ha sopraffatto le menti più deboli, una felicità mortifera da morti viventi e, come dissi pochi giorni fa, da morti dementi.

Persone che si attorniano perennemente di compagnie coi drink in mano, fra risa sguaiate, volgarità smodate, balletti e vinelli, abbracci e osceni bacetti. Fra sorrisetti da mezze calzette e qualche cazzone al loro fianco che fa la guest star con l’occhiolino malandrino.

Donne eterosessuali ecco allora che posano non soltanto con l’uomo che hanno sposato, esibendo le loro composte pose da brave signore a modo, alternando queste images politicamente corrette a immagini raccapriccianti ove, per sentirsi trasgressive, emulano Charlotte Gainsbourg in accoppiamenti di dubbio gusto con femminone oramai scabrose solo a tua sorella, sì, donne superate come Jane Birkin e neppure in bikini, però con questi sguardi lasciavi, maliardi e un po’ da maiale assai birichine.

Delle bricconcelle, forse solo delle riccone che, parimenti ai cosiddetti ricchioni, categoria comunque rispettabilissima poiché io non sono omofobo ma stimo molto soprattutto quelli alla Greg Kinnear di Qualcosa è cambiato, al mattino recitano la parte delle brave secchione e di notte, avendo codeste una vita da frustrate, cioè ricevendo tante botte soprattutto in testa, se la montano… di amori saffici a cui non crederebbe neppure il barbone più rimbambito di Via Saffi.

Alcune di cognome fanno Laffi, altre Biffi come l’ex cardinale omonimo, ex grande uomo mai baffuto. A me sempre piaciuto. E, dopo queste pose orgiastiche in (s)mascherate da Eyes Wide Shut, dopo aver dapprima pontificato sul mondo, scrivendo didascalie santificatrici dei loro peccati ven(i)ali, scritte farisee ficcate sotto ogni loro foto in costumi discinti da grottesche ebree bruciate soltanto nel cervello, diventano come Joe Pesci se, al posto di Bruce Willis, avesse interpretato Trappola di cristallo.

Cioè sono credibili e attendibili come avvocatesse e donne di classe quanto Joe Pesci, sempre lui, sì, però di Mio cugino vincenzo.

Sì, Pesci in questo film è stato fenomenale. Grazie alla sua ruspante schiettezza, alla sua ingenua e imbranata scaltrezza, alla fine ha vinto pure la causa. Salvando quei due scornacchiati dalla forca di una società ingiusta. Formata perlopiù da fighette e da foche monache.

Queste invece sono solamente delle ignorantone cafonissime molto meno sexy di Marisa Tomei.

Vinceranno mai l’Oscar? No, il premio come belle statuine sul comò e come soprammobili da (im)mobilissime, leggasi oggetti sessuali per una vita comoda, forse sì.

Alcuni, guardando i miei video, hanno voluto intravedere in essi la necessità, da parte mia, di sfuggire alla solitudine, la voglia a dir loro addirittura pericolosa di estraniarmi dal mondo reale di ogni dì per buffoneggiare in un altrove delirante e visionario fra il mistico, il mitico in senso negativo, forse solo all’interno di un’apatia creativa da vero, velleitario indubbio fallito senza più vel(l)i. Senza pelle. Soprattutto senza palle.

Ah, ma che moralismo. Suvvia, non è da come si recita un sonetto di Shakespeare che si giudica un uomo con le vostre recensioni affrettate da chi non può comprendere le rabbie all’Al Pacino de Il mercante di Venezia.

Non è da una mia smorfia alla Massimo Troisi che potrete vincere al Lotto.

Sì, voi sognate da sempre. Vi fate i film sulla gente perché a voi basta dare alle persone una cattiva occhiata per nascondere i vostri scheletri nell’armadio e parlate retoricamente soltanto di corretta, noiosa ars amandi, coi vostri populismi, i vostri buonismi, i vostri classismi, i vostri fancazzisti che inneggiano al vogliamoci bene. Ma che state dicendo? Che farneticate? Ma che fornicate?!

Sì, perché qui quelli che non fanno nulla dal primo canto del gallo all’ultimo urletto della vostra gallina, siete voi.

Io, come tutti gli youtubers più giustamente gigioni, appunto paciniani e alla Pesci, so benissimo che il mondo è di per sé una schifezza.

E le sparo grossissime con un carisma da lasciare esterrefatta pure la fotocamera digitale che vorrebbe spegnersi e invece s’illumina radiosa, multicolorata, briosa e calorosa.

Sì, non mi sono mai fidato delle persone con troppe certezze, delle persone che puntano il dito, che vorrebbero evangelizzarti, frenarti e rabbonirti, immobilizzarti nella loro esistenza prevedibile, ripetitiva, scolastica, demagogica e banalmente appunto ipocrita.

Sono i primi che fingono di essere san(t)issimi e invece poi, attraverso account fake, vigliaccamente da dietro una tastiera offendono gratuitamente nella maniera più folle e insincera.

Perché sono invidiosi, perché tromberanno pure come delle scimmie ma rimarranno anche più stupidi della scimpanzé di Tarzan.

Lo so benissimo e sto benissimo, in tutta la mia vita non sono mai stato meglio.

Perché sono ora privo di ragazzini educati appunto alla falsità, sono lontano da ogni schema, da ogni precetto e ricetta, da ogni lutulente ricotta, da ogni vostra volgare flatulenza, da ogni vostro mal di pancia, da ogni stronzetta e da ogni pugnetta.

Io celebro la bellezza nella sua forma e nelle sue forme più armoniose, più ipnotiche, più suadenti, più poetiche.

Perché, a differenza di molti di voi, so che un giorno morirò. Questo potrebbe accadere anche da un secondo all’altro. Mi potrebbe prendere un infarto così come mi può pigliare subito pure un’infatuazione per una fata. E, con mani fatate, scrivo e parlo.

Anche stando muto come un pesce. Oppure infoiandomi troppo come Pesci. Infognandomi come quello di Casinò.

Questo è tutto per ora. Domani, sarà un’altra figona o figata, forse una faticata, forse sarò sfigato o ancora sfaticato… Certamente io vivo di faloticate.

Un mio amico mi dice:

– Ah, sei misantropo. Datti di più. Non da fare, datti per farti una come Sharon Stone.

– Sì, farò la fine di Pesci e De Niro.

– E se invece incontrassi quella di Basic Instinct?

– Ah, di male in peggio…

 

Eh già, voi ora di non me non state capendo più un Tubo, vero?

Allora, siete ridotti peggio di un uomo turbato spesso titubante, intubatevi.

Si prega di non disturbare. Mai più.

Grazie, miei uomini e donne turbate.

Io spingo di brutto o forse bellissimo, di turbo e indosso perfino i più svariati turbanti.

Io sono conturbante. Esitante ma comunque (in)esistente.

Un uomo a sé stante.

 

Ricordate: più mi prendete per il culo con batoste toste e ficcanti, più ve le do ben assestate e brillanti. Lo do alla mia lei da brillantone.

In quanto oggi son grande, domani ti spezzo il glande.

E posso permettermi di mettere in copertina una più bella di Ludivine Sagnier.

Come no?

Vendimi una penna. Avanti…candoresvelato

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Che io mi ricordi ho sempre voluto essere Joe Pesci e non Good Will Hunting


22 May

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Pezzo obiettivo come la fotografia di Michael Ballhaus di Goodfellas e di Robert Richardson di Casinò su andatura verace da rapper alla Joe Pesci

Sì, su Netflix hanno ficcato di nuovo uno dei film più brutti e sconsideratamente retorici di Gus Van Sant. Un cineasta a cui dovrebbero elevare un monumento in Piazza San Marco a Venezia per Elephant ma che, con l’insopportabile Scoprendo Forrester, invero un remake sui generis di Scent of a Woman che cita Salinger e inserisce pure Salieri/F. Murray Abraham per un confronto semi-teologico-ideologico sul growing up e sulla scolastica istruzione con tanto di Guglielmo da Baskerville/Sean Connery mezzo rincoglionito, roba melensa, aria fritta buona solo per i biechi ministri della cultura dei nostri stivali, e con questo film ampolloso, falsissimo a iosa, nell’anno di Titanic, creò l’anti-DiCaprio, ovvero Matt Damon.

Una pellicola iper-sopravvalutata che vinse la statuetta imbalsamata per la migliore sceneggiatura originale, scritta proprio da Damon assieme al Batman peggiore della storia, ovvero Ben Affleck, consentendo al povero Robin Williams di agguantare l’Oscar come migliore attore non protagonista dopo che lo prese in culo varie volte.

Sì, per far sì che Robin, in seguito alle forti delusioni precedenti, non impazzisse come ne La leggenda del re pescatore e non si suicidasse, tanto si ammazzò lo stesso, scipparono il tanto agognato Oscar ad Anthony Hopkins di Amistad, a Greg Kinnear di Qualcosa è cambiato, a Burt Reynolds di Boogie Nights e a Robert Forster di Jackie Brown. I quali, senz’ombra di dubbio, sebbene anch’essi non avessero fornito interpretazioni eccelse e al top, avrebbero comunque meritato di vincere, dunque impugnare cadauno, dico ciascuno, la bella statuina.

Donata, stra-regalata appunto a Williams nella sua prova più mosciamente, appunto, retorica. Roba che ne L’Attimo fuggente sembra invece il compianto Marco Pannella di Radio Radicale.

Sì, vogliono chiudere l’emittente radiofonica più sincera della nostra povera Italia. Rabbonita dai discorsi populistici di Di Maio. Un’Italietta di balletti e canti stolti che si consola dalla totale disfatta e dall’irreparabile frittata socio-economica con le pezze al culo degl’infimi, controproducenti redditi di cittadinanza. Parafrasando in maniera falotica Ethan Hawke e Williams di Dead Poets Society…, sì, tiri il lenzuolo da una parte e si scoprono le gambe, lo tiri ma invece lei non svela le gambe e preferisce coprirsi le vergogne con la sottana.

Ah, non va bene. Stavi già pregustando di soddisfarla, immaginando rovente una notte di sesso bollente come il più infoiato Antonio Banderas di Mai con uno sconosciuto e invece ecco che lei, ancor prima dei preliminari, ti castra peggio di un farmaco neurolettico pesantissimo.

Neppure godi di coitus interruptus, praticamente devi fare come Robert De Niro di Toro scatenato con Cathy Moriarty. Cioè gelarti le palle per frenare la voglia irrefrenabile di montarla invece da lei freddissimamente smontata.

Sì, Will Hunting – Genio ribelle è un film fake. Un film ove lo psicologo-psichiatra della mutua Robin Williams prima dice a Will/Damon che suo padre era muratore e poi è come se gli dicesse che è meglio un film di Michael Bay al Cinema di Ken Loach.

Cioè lo incita a cambiare la sua indole rabbiosa da ragazzo pasoliniano per prostituirla a mo’ di coriaceo, indistruttibile Transformer uomo molto The Rock. Ah, adesso capisco perché andate tutti in palestra. Siete tutti uguali e fatti con lo stampino.

Quindi, ecco che il Williams vuole rendere Matt Damon, uno che appena vede Minnie Driver non ha sinceramente pensieri da libri di Moccia, bensì vorrebbe solo scoparla e spremerla come il Vileda, sì, il mocio che usa da servo delle pulizie, un uomo rispettabile come Nicolas Cage nel rifacimento osceno di Brett Ratner de La vita è meravigliosa. Ma come?

Qui, lì nel capolavoro di Frank Capra, James Stewart aveva avuto una sfiga pazzesca. In The Family Man, Nic Cage si scopava solo delle fighe pazzesche, delle vallette. Sì, Amber Valletta.

Onestamente, siamo uomini di mondo. Vecchi lupi, suvvia. Avete mai visto un Silvio Berlusconi che si sarebbe sposato con Téa Leoni quando invece poteva fare il premier con tanto di villone coi suoi troioni?

Che leone! E gli servivano pure il caldo tè.

Io la verità la so, figlioli e cocchi di mamma. Basta, avete finito di rompere i coglioni…

E se uno preferisce Shakespeare e il pensiero kantiano a una fidanzata da Diabolik, cioè Eva Kant, ladri e doppiogiochisti quale siete, me, oh no, non m’incantate.

Rimarrò solo come un cane?

Perché non mi trovo una bella ragazza?

Ah, a tutti rispondo come Joe Pesci di Quei bravi ragazzi a sua madre, in verità la madre di Scorsese:

– Ma tu perché non ti trovi una brava ragazza?

– Io ne trovo di bravissime tutte le sere, mamma.

– Io dicevo una ragazza che ti ci puoi sistemare.

– Io mi sistemo benissimo tutte le notti e la mattina dopo sono libero. Ti voglio bene, mamma.

Sì, solo quando il sottoscritto è sé stesso è forse un genio, un poeta, un artista, probabilmente anche un futuro, enorme regista. Quando si piega alle pressioni dell’omologazione di massa, diventa un povero ritardato come voi. E questo è tutto.

Sì, per tanti anni, a causa dei buonismi consolatori di gente chiesastica invero più criminosa della mafia, venni snaturato nella mia essenza. E manco venni in quel seno, no, senso. Persi pure il senno. Sono riemerso come lava vulcanica. Perché io sono che guida meglio di Steve McQueen, che ama il tramonto della sera e soprattutto adora cavalcarla di sella nel rosso di sera bel tempo con me non si spera.

Tanto poi la lascio. Ah ah. Sono un grande compagno. Se andate dal mio amico Asso/De Niro e gli dite oscenità, attenti, divento come Nicky Santoro. E vi dico: la senti la femminuccia del cazzo? Che fine ha fatto il maschione del cazzo che ha detto al mio amico di ficcarsi la penna su per il culo?

Il mio amico è uno scrittore. E quella è la sua vita!

Ecco, quello che molti non capiscono di me è quanto segue: be’, ora hai realizzato il tuo sogno Dicono tutti i critici e i lettori più fini che tu sia un grande scrittore. Allora perché ora non esci, ti ubriachi e scopi come una scimmia?

Perché poi farei la fine di Elvis Presley. E vi garantisco che non è bello crepare strafatti. Meglio una strada da 8 Mile rispetto alla vi(t)a delle puttane, fidatevi.

Ogni tipo di pseudo-terapia della minchia con me non funziona. No, manco per il cazzo, poveri cazzoni.

Ricordatevi: a Las Vegas lo prendono quasi tutti in quel posto.

La vita reale, se non avete botte di culo e se non avete casini, è uno spaventoso deserto. Ci sono un fottio di buche.

Che vanno riempite.

 

Pezzo realistico, anzi da cinéma vérité della vostra situazione sbandata da sbadati e spostati che si credono Brad Pitt

Guardate, non voglio più darvi retta. Avete stufato. Soltanto perché oramai reputate Tarantino un maestro, a causa del vostro timore reverenziale verso questo conclamato baggiano spara-puttanate, scrivete che C’era una volta a Hollywood è un capolavoro.

Non vedo niente di tutto questo così come molti di voi, pensandosi dotti, maggiormente istruiti di me e sapientoni, hanno sempre presunto di vedere nella mia cosiddetta invisibilità un’immaturità erettiva da uomo che non camminava a testa alta, ah, ma si capisce, siete gente esperta e navigata in questa vita che voi chiamate viaggio, richiamandovi alle peggiori canzoni di Nick Cave, come se voi, personcine a modo, foste nati in una highway sterminata del Texas e invece siete stati partoriti in un polveroso ospedale con le pareti ammuffite di qualche scalcagnato quartiere popolare con vostro padre che, appunto alla vostra nascita, urlò di gioia, mentre Marco Tardelli in contemporanea ficcò il suo fendente contro la Germania nella finale di Coppa del Mondo di Calcio dell’82.

Ma voi vi siete meritati Sandro Pertini e Mattarella, uno che è imbalsamato più di Tutankhamon.

Sì, l’Italia è veramente un Paese che, come disse Pasolini, non cambierà mai per colpa delle sue cicliche, ripetitive, oramai anacronistiche abitudini.

Un Paese lentissimo. Con le sue inflessioni dialettali, le strascicate in romanesco stretto, il pigliarla come viene ed evviva du’ spaghi. Che vuoi di più dalla vita? Oh, abbiamo ancora Ferilli Sabrina. Che desideri? Un piatto di fusilli?

Per anni fui tormentato da piccolo borghesi fissati con John Lennon e la loro smodata retorica da Imagine.

Sì, credo che John Lennon sia stato un bell’uomo intellettuale sposato a una indubbiamente più racchia di Katsuni, famosa pornoattrice oramai appartenente a un mio Yesterday ove, come Noodles/Bob De Niro, sognai di farmela anche violentemente così come fece, da uomo merdoso, appunto il nostro lucky bastard Robert nel capolavoro di Sergio Leone con Deborah. Una che comunque peggiorò di brutto.

Capisco l’infatuazione di Noodles per Jennifer Connelly, cazzo, ci stava. Già da bambina, Jennifer era protesa, diciamo, a sgambettare sensuale, stimolando tutte le fantasie pre-adolescenziali da Tutto può accadere con Frank Whaley. Uno che in Pulp Fiction capì subito che fu un colpo di culo averla di cavalluccio perché battersela contro un nero come Samuel L. Jackson, un vero mandingo, no, non sarebbe andata affatto liscia.

Eh sì, torniamo dunque a Quei bravi ragazzi e al Pesci. Quando Joe entra da farabutto nella casupola di L. Jackson e gli dice che è uomo schifoso che correda la sua biblioteca piena di cimici con riviste porno e allieta le sue notti con delle baldracche.

Dunque, gli spara appunto a bruciapelo.

Tornando alla Connelly, sì, era bona una volta. Adesso è più magra di una mini-sigaretta elettronica. Insomma, anche se volesse incenerirmi, bruciandomi e aspirandomi tutto, non me la fumerei. Preferendo un caffè macchiato caldo al suo visino imbruttito in maniera peggiore di quello di Elizabeth McGovern.

Sì, Elizabeth secondo me non valeva il pene, la pena di fare quel casino della madonna. Ma sì, con questa che avresti fatto, Noodles? Sarebbe stata la tua dolce metà? Ti avrebbe pungolato come dice proprio Robin Williams? Meglio che fosse andata a pasturare con qualche capo mandria che l’avrebbe messa a pecorina.

Sì, meglio mangiarsi da soli un pecorino piuttosto che incartapecorirsi con questa donnetta. Una che ti avrebbe rotto le palle quando eri giovane poiché troppo ambiziosa. E non avrebbe mai accettato che tu avessi fatto il muratore nonostante gliela spatolassi con tanto di calcestruzzo.

No, questa avrebbe voluto mettere su mattoni alla sua carriera da signora di classe, ti avrebbe reso matto, costringendoti a portarla alle feste e a diventare governatore. E avrebbe pure voluto una villa costruita da muratori per murarsi viva ad ascoltare musica classica.

No, meglio non essere il bastone della sua vecchiaia.

Sì, a me fanno ribrezzo i giovinastri già rimbambiti a vent’anni. Dopo adolescenze castrate da genitori che li vollero indirizzare alla borghesia più avvocatesca e burocratica, adesso passano il tempo ad amare Once Upon a Time in America ancora prima di essersi innamorati per la prima volta.

Una generazione d’idioti, di esaltatati, di Giovani Marmotte che, oltre a guardare film super malinconici, oltre a celebrare Non si sevizia un paperino e quel povero cazzone appunto del Tarantino, ah ah, ancora non sanno cosa sia un’ottima passerina.

E poi fanno gli uccelli migratori dal PC, collegandosi a un sito per adulti di milf da simpatici bambinoni.

Dunque, moralisti e catto-borghesi qual sono, essendo nati nella patria delle prediche papali, pontificano sulla Settima Arte quando invece non hanno neppure trovato una prima ragazza con la seconda.

No, sinceramente non credo che camperò molto a lungo.

Sono disgustato da tutto.

Vivo ancora per guardare The Irishman.

Perché, non giriamoci attorno, io non saprò mai cosa voglio davvero nella vita.

Anche perché la vita cosiddetta reale la trovo estremamente banale, prevedibile, volgare. Piena di pettegolezzi, corna, invidie, tradimenti fratricidi, assassini e morti bianche.

Di persone che reputi amiche e invece ti baciano come Giuda. Di donne come la Vergine che poi scopri essere Maddalena.

Fa bene allora Matt Damon a fottersene dei consigli. E a continuare a fare quel cazzo che gli pare da mattina a sera.

Lasciamo ai moralizzatori, agli educatori di questo paio de’ coglioni, la loro retorica, il loro spaventarti e inibirti coi sensi di colpa.

Come quel pistolotto assurdo di Williams su sua moglie.

Ah, mi dispiace.

Preferisco leggere Shakespeare. Tanto non avrò di questi problemi. Sarà qualcun altro ad assisterla prima di morire.

Questo significa ESSERE. Il resto è solo furbo Cinema hollywoodiano, belle parole ma vita poco vera.

 

di Stefano Falotico

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Chi dorme non piglia Joe Pesci, aspettando The Irishman, navigo sott’acqua da vero squalo


13 May

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Talvolta squallido e anche pallido, io sono comunque impavido.

Sì, abbiamo visto l’annuncio con le voci off di De Niro e Pacino ma siamo oramai a metà maggio e ancora non abbiamo avuto un filmato vero e proprio, appunto, di The Irishman, con gli attori in carne e ossa e flashback inclusi in CGI.

Che sta succedendo? Ah, non lo so, da molto tempo le nostre strade non c’incrociano più e io ho cambiato decisamente rotta. Perché della maggior parte di voi mi sono rotto.

Prima, ogni rabbia repressa eruttai come un vulcano esploso dopo tanti soffocamenti ingiusti al mio craterico detonare maestoso da voi reputato così odioso e troppo focoso tanto da volerlo sedare con tranquillanti che vi farei detonare, a mo’ di candelotto di dinamite, nel vostro vigliacco sfintere, capace solo di emettere puzzolenti sozzerie nello scoraggiare il prossimo. Siete delle scoregge. Sputiamola!

Ah, ringrazio iddio per avermi sanificato in un ribollente fiume di lava illuminante a sommergere tanta insulsa balordaggine, tanti luoghi comuni appioppatimi per puro, sfregiante dileggio da screanzati assai poco magnanimi.

Ah, meschinità degne d’un plotone di esecuzione. Sì, dopo tanti sfregi, mi fregio. E di voi giustamente me ne frego. Provate a fregarmi di nuovo e vi rifaccio nuovi. Sono esperto di carrozzerie, mie ultime ruote del carro.

Gente infida, estremamente malvagia. Persone ch’è meglio non incrocino neppure il mio sguardo perché altrimenti incenerirei, soltanto con un’alzata sopraccigliare torvamente minacciosa, ogni altro vile, pusillanime lor affronto bastardo. Squadrandoli dalla testa in giù perché a me i Frank Vincent di turno di Quei bravi ragazzi son sempre stati molto antipatici.

Sì, Joe Pesci è un grande, un apparente nanerottolo, un lustrascarpe che non gli daresti una lira, capace invece di sfoderare una grinta, un savoirfaire carismatico da Mio cugino Vincenzo tale, mica da tal dei tali, d’annichilire col suo ruspante sex appeal da testa di cazzo ogni Marisa Tomei di The Wrestler, cioè una che sa come stimolare Mickey Rourke, mica roba da ridere, soltanto con l’arringa della sua parlantina confusionaria, sconnessa eppur più eccitante di Gemma Arterton. Da mettere i brividi e schienare chiunque con la sua terrona capacità istrionica talmente poderosa d’arrossarle tutto solamente col giubbotto di pelle e una palandrana comprata al mercato rionale.

Sì, parliamone di questi Billy Batts alla Vincent. Dei vincenti, per modo di dire, dei deficienti ultra-raccomandati che si sono comprati la carriera e pure slacciati la cerniera pur di promuovere qualche loro amichetta megera. La classica spintarella…

Dei cafoni ingrati, degli irriconoscenti boriosi che meritano un pestaggio smodato con tanto di scarpe insanguinate, un furioso Bob De Niro mattante, un Ray Liotta ammattitosi e appunto un Pesci mattoide di origine controllata che, dinanzi all’ennesima, gratuita offesa, non transige e severissimo punisce come suo fratello scalmanato, ovvero un Toro scatenato davvero imbufalito.

Mostruoso nella sua ira devastante, infermabile. Una testa calda, un Nicky Santoro esagitato, esagerato, da applauso a scena aperta e una matrona che lo serve, caldamente acconsente rovente ogni suo capriccio da folle demente. Scaldando ancor di più le sue escandescenze con baci di lingua delicati e ardenti. Piluccanti e sacrosanti. Ah, che magnifico fetente.

Un genio il Pesci. Infatti, Scorsese ha dichiarato che, se Pesci non avesse accettato di recitare, dopo il suo semi-ritiro pensionistico, in The Irishman, sinceramente non avrebbe trovato mai un rimpiazzo adatto, un “pazzo” così simpatico per la parte di Russell Bufalino.

Pesci, uno che pare buffo e invece è stato con Angie Everhart. Mica un coglioncino, miei bimbini da canzoni degli Oasis e qualche vostra donna amante di John Lennon. A quei due fratelli, Liam e Noel Gallagher, ho sempre preferito Callaghan.

Basta con Gabriele Muccino e quel ritardato di Silvio, con Berlusconi e tutta questa gente apparentemente sana e bella che non può amare Martin Scorsese perché, appunto, non sente scorrere nelle vene la furia di Joe. Anche di Nicolas Cage omonimo del film di David Gordon Green.

Intanto, lasciando stare Ed Sheeran, no, Frank Sheeran, i vostri Justin Bieber e le notizie tristi, son sempre più futurista.

Dio vi benedica e io volteggio fra le lune vive del mio avido livore. In quanto uomo dai freddi sudori ma anche luminescente di notte in ogni suo amabile candore. Sebbene non ci metterei la mano sul fuoco… son uomo imprevedibile e appunto di calore.

Mentre voi seminate coi vostri oltraggi soltanto terrore, io mangio carne e pochi ortaggi e non mi sta simpatica Virginia Raggi.

Sì, son tutti da abolire. Quelli del PD sono dei paraculi, Salvini è un burino, Di Maio un trimone, Sgarbi un uomo a cui far lo sgarbo.

E io la barba non mi taglio.

In quanto posso permettermi questo e altro.

Sono un gigione come il Pesciolone, miei pesciolini.

Ah, anch’io abboccai come un Pesci, no scusate, come un pesce quando mi diedero dello schizofrenico alla Spider, sì, di Cronenberg, e sparai all’impazzata. Mi ero stancato di essere trattato da “bravo ragazzo” che si fa mettere però i piedi in testa perfino dai camerieri.

Ma sì, facciamo del cameratismo! Goliardia!

E ricordate: sono l’unico uomo che racchiude nei suoi lineamenti il fascino di Bob De Niro, la forza di Al Pacino e la simpatia appunto di Joe.

Se non mi credete, amen.

Sempre a indagare su di me state? Indagate sul vostro cervello, piuttosto. Sì, ci vuole un Joe Pesci da Oscar in questi casi, come in Goodfellas:

Mi portano dentro, mi fanno le solite domande, sennò quello mi comincia a dire allora che ci dici di bello?

E io il solito, zero, niente. Che cazzo vi devo dire? E lui dice no, me la devi dire qualche cosa signor bulletto. E io d’accordo te la dico qualche cosa, vaffanculo a mamm’t’.60334660_10213639829412902_3073064673839415296_n

 

 

di Stefano Falotico

Che Casinò: il primo Maggio è la festa dei lavoratori, forse negli altri Stati, non solo lavorativi, evviva Iron Man!


01 May

casino pesci

Sì, il primo maggio. Festa dei lavoratori. Ma lavoratori di che?

I lavoratori sono pochissimi oramai, la classe operaia è stata asfaltata dalle officine d’una borghesia metalmeccanica. Gente robotica che, più che umana, è diventata un Android.

Come Rutger Hauer di Blade Runner? No come i loro cellulari della Huawei, protesi cronenberghiane di (s)collegati cervelli vuoti.

Almeno Hauer/Roy Batty scaricò preste le batterie vitali poiché sentiva troppo il fuoco dell’esistenza. E il suo cuore elettronico bruciò in fretta come quello di Jim Morrison.

Questi invece sono eterni. Sì, immortalano le loro facce da culo in tremila selfie al giorno in memoria dei loro poster edonistici.

Che modello hai comprato? Il nuovo della Samsung? No, me stesso con tanto di optional.

Sì, una società di manichini, di gente senz’anima, di gente che ha proprio una bella faccia da culo, appunto. Sì, le modelle di Instagram lavorano parecchio coi glutei in palestra per ottenere tre ville al mare.

Quando si dice: ah, per arrivare lì, te lo sei fatto!

Gli unici che lavorano sono quelli che non hanno mai lavorato. Cioè gli impiegati statali. Il cui stress maggiore, durante la giornata, è il traffico cittadino di prima mattina. Poi, una volta in ufficio, quando timbrano il cartellino alle nove, aspettano otto ore per smettere di lavorare.

Come diceva Rocco Barbaro, sì, è un ottimo lavoro. Mi pagano per mettere due timbri. Non capisco però perché fra un timbro e l’altro devo aspettare otto ore.

Ah, ci sono anche alcuni dipendenti eccezionali che fanno gli straordinari, cioè fanno passare un’altra ora, leggendo la gazzetta sportiva per cui s’è consumata carta e disboscato dunque alberi dell’Amazzonia per stampare le prodezze dei miliardari dell’Ajax, squadra che forse arriverà in finale di Champions League.

La Coppa dei Campioni! Dico, mica pizza e fichi. Ammazza! E i giocatori giocano pure con le palle assieme alle loro amazzoni.

Sulle pizze presto qui vi dirò, sui fichi vi go già parlato.

Sì, poi questi adocchiano la nuova foto scabrosa, si fa per dire, della Belena Rodriguez. Una che so io dove ha lavorato duro.

Già, questa è la tipologia di lavoro medio. Lavoro che davvero nobilita l’uomo e non lo rende Jack Torrance di Shining. Vero?

I pizzaioli, artigiani della pastella ben infornata e lievitata, condita con prelibatezze gustose, si pigliano pure le pizze in faccia da parte di una cliente capricciosa di nome Margherita.

Lei voleva un kebab e invece si è accorta di vivere nel calzone italiano che premia a Sanremo la canzone di un cazzone.

Altri uomini sono alla Marinara, non pagano alla Romana, aspettano che siano sempre gli altri a pagarli. Non la pagano mai!

Come quei farabutti che si dichiarano invalidi psichici e invero sono più dotati, in ogni senso, di un coglione qualunque.

Sì, tempo fa frequentai, per bislacche, sciagurate circostanze di questa mia vita imprevedibile e contorta, un topo, no, un tipo che si lamentava di essere perennemente senza soldi.

Lo Stato gli passava la pensione d’invalidità, altri danari li prendeva dai genitori divorziati, costretti a elargirgli 300 Euro cadauno, a testa cioè, in totale 600 mensili, più otteneva quegli spiccioli grossi che racimolava assai con le scommesse, appunto, calcistiche.

Un uomo balistico, non c’è che dire. Un ballista, più che altro.

Cioè, fra una cosa e l’altra, senza fare un cazzo da mattina a sera, questo guadagnava, credo guadagni ancora, forse anche di più, eh sì, gli avranno alzato la percentuale d’invalidità viste le sue assillanti richieste d’asilo, più di mia madre in un mese ai tempi nei quali insegnava. Che doveva fare la spola da una città all’altra quando non era di ruolo. Più di centochilometri al giorno, anzi duecento, considerando il pendolarismo andata e ritorno. Più i biglietti del treno.

Questo invece, fumando canne dai primi canti del gallo a notte fonda, stando spaparanzato sul divano a masturbarsi sulle galline della tv, incassa lautamente una cifra non indifferente. Tirandosele, no, tirandosela da povero malato di mente con tanto di macchina, autonomia completa, casa perfino compratagli dai genitori, seratine in campagna e compagnia allegra con birra, vinello e poi puliamo il tinello ché abbiamo fatto, in casina, un gran casino!

No, certamente non un riccone ma un bel furbacchione, questo sì.

Insomma, con 1000 Euro e passa al mese, anzi, passati dallo Stato, io sarei andato a donne ventiquattr’ore su 24, invece questo schiamazzava pure perché si riteneva un santo ed era sessuofobo.

Adesso come sarà? Ah, avrà chiesto, oltre alla pensione, pure i voti religiosi. Ah ah!

Ma cose da matti!

Infatti, per pazzo passa, anzi per tale si spaccia quando gli fa comodo e invece inneggia alla guerra civile quando gli torna utile far il profeta mistico e rivoluzionario poiché nessuno lo caga, giustamente.

Charles Bukowski detestava il lavoro ma almeno era un gran poeta. Sì, lo era.

Disse… ci vuole cervello per cavarsela senza lavorare.

Eh, mica travestirsi da dementi soltanto perché idioti del genere in vita loro hanno letto solamente Io speriamo che me la cavo di Marcello D’Orta.

Ah, insegnanti buoni come Paolo Villaggio dell’omonimo film di Lina Wertmüller?

No, nemmeno fantozziani. Sono gli scemi del Villaggio de Il volpone.

Bukowski non è mai andato in giro a elemosinare compassione in atteggiamenti pietistici. Questi non sanno che cos’è manco La Pietà di Michelangelo!

Nino D’Angelo aveva dignità. Questi invece fanno la parte dei finti angeli e si fanno mantenere dai nonni.

Bukowski era una testa di cazzo, sì, ma sapeva di non essere tanto a posto, si vezzeggiava e imbrodava nel suo dolce far nulla. Di questo però ne era totalmente consapevole, anzi davvero sofferente.

Il suo era un modo fintamente strafottente per ridere e sdrammatizzare delle sue quotidiane sfighe con acume e autoironia immensa. E tra una sfiga e l’altra, eh sì, s’ingroppava pure qualche figotta. Ho detto figotta, non figona. La figotta è una che sta a mezza via, mentre vedo molte super gnocche che stanno in quella strada lì.

Un beone gran bevitore, mica un beota farfallone e porcone. Che rigira le frittate a piacimento quando s’accorge che non piace agli altri e allora, da cretino di guerra, da coniglio fugge dinanzi ai suoi limiti e sta in trincea. Distillando consigli da papa? Da pappone, no?

Almeno, ci scherzasse sopra, sarebbe quantomeno accettabile e credibile. No, ripeto, gente/persone così vuole anche che si dedichi loro un monumento in piazza con la scritta oserei dire lungamente epigrafica e graffiante:

qui giace il nobile condottiero della sua battaglia da Don Chisciotte, uomo stoico, soprattutto a prendersi per il culo da solo, storico perché fuori dal tempo, in particolar mondo, no, modo da sé stesso, rinnegato alla nascita nonostante l’anagrafe attesti che sia esistito. Un uomo che ha combattuto la Resistenza, da lui chiamata cialtronescamente psicologica resilienza, in quanto capace di far niente, rimanendo deficiente malgrado lo Stato gli regalò da vivere gratis in modo più che sufficiente.

Ecco, per il primo Maggio, Netflix ha fatto un regalo a tutti i suoi abbonati. Ha messo su dei gran film tutti in una volta. Fra cui The Judge col grande Robert Downey Jr. Filmone.

Robert Downey Jr. è un genio. Sino a vent’anni fa lo davano per morto. Non soltanto a livello cinematografico.

Era cascato in brutti giri, lo arrestarono varie volte e finì in clinica.

È ringiovanito, oggi è Iron Man e rimane uno degli attori più bravi di sempre.

D’altronde, se a soli ventisette anni vieni candidato all’Oscar per Charlot e sei battuto per un soffio soltanto da Al Pacino di Scent of a Woman, devi essere un monello che sa il fallo, no, fatto suo.

Come il mitico Monsieur Verdoux.

Uno che era rimasto al verde e poi invece… ho detto tutto.

Insomma, andate a pigliarvelo tutti in culo. Sì, questa vita è fottuta, è tutto un gran fottio. Dunque, fottetevene.

E qua sono anche come Carlo Verdone.

 

di Stefano Falotico

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Gli 80 anni del grande Francis Ford Coppola, i quasi quarant’anni del Genius


29 Mar

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Sì, oramai ci siamo. Il prossimo 7 Aprile, Francis Ford Coppola taglierà il traguardo di ottanta primavere.

Onestamente non indossate benissimo. Visto che, dalle sue ultime foto da me rinvenute, debbo ammettere, un po’ sconcertato, che si è appesantito davvero notevolmente più di quanto, leggermente obeso, fosse già da giovane.

Obeso significa semplicemente sovrappeso, non è un ‘offesa, è una constatazione oggettiva del suo aspetto fisico.

Qui in Italia si fa molta confusione con le parole. Se dici a qualcuno obeso, il “malcapitato” a cui hai rivolto quest’epiteto, ti si scaglia contro, ti s’avventa, oserei dire, con avventatezza. Coprendoti a sua volta degli appellativi peggiori e più infamanti.

Non c’è niente di male, dunque, a definire obeso il signor Francis Ford.

Il suo aspetto esteriore, diciamo, non è mai stato propriamente quello di un modello di Dolce & Gabbana.

E quindi?

Io nutro invece stima immane per quest’uomo dall’eleganza inaudita, un regista sempre finissimo anche quando s’è cimentato con film violentissimi come il suo epocale Il padrino.

Film che, in men che non si dica, oltre a fregiarlo di Oscar a iosa, con tanto di seguito egualmente oscarizzato, l’ha elevato di colpo fra i maestri quando, prima di allora, veniva solamente considerato un buon regista e uno sceneggiatore dal discreto intuito.

Il padrino fu un colpo colossale, un colossal enorme che avrebbe generato, in maniera seminale e sesquipedale, tutta una serie di film “mafiosi” e gangsteristici emulatori del suo stile. Più o meno riusciti, variazioni sul tema dimenticabili o geniali rielaborazioni scorsesiane come Quei bravi ragazzi.

E chiariamoci una volta per tutte. C’è una profonda differenza tra Goodfellas e The Godfather.

Quest’ultimo è incentrato sulla genesi della famiglia mafiosa più potente del mondo, i Corleone. Dunque, per quanto esecrabile e orrenda, la “famigghia” (come diceva Marlon Brando) che stava al vertice piramidale della scala gerarchica di Cosa Nostra.

Quei bravi ragazzi invece è un amarissimo divertissement, guascone, irriverente, molto divertente, geniale e forse persino uno studio antropologico della mentalità e degli ambienti criminosi.

Ma parliamo della piccola manovalanza del crimine per antonomasia. Di teppistelli da quattro soldi asserviti a poteri molto più forti.

Parliamo di “buffoni” come il Tommy di Joe Pesci e del “playboy” dei poveri Ray Liotta. E di un De Niro/Jimmy lontano anni luce dal suo spettrale Don Vito.

Fra l’altro, Joe Pesci in questo film di cognome fa DeVito. Ah ah. Sì, come il tutt’ora in vita ex cantante dei Four Seasons e il bassotto Danny DeVito de L’uomo della pioggia.

Per caso, quando avete visto il trailer di Jersey Boys di Clint Eastwood, vi è venuto alla mente Goodfellas?

Ecco, ora sapete perché.

Detto ciò, eh eh, Il padrino e Quei bravi ragazzi sono due film completamente diversi l’uno dall’altro.

Lasciando stare invece DeVito, in C’era una volta in America di Sergio Leone, be’, sappiamo tutti che il protagonista è stato De Niro.

Anche nel caso dell’opera magna di Leone, il paragone col Padrino però non c’azzecca per nulla, tanto per dirla all’Antonio/Tonino Di Pietro.

Eppure, a ben vedere, tutto il Cinema del mitico Coppola… sì, del Coppola, non della coppola, famoso berretto da mafiosetti ben diverso dalle pellicole minimalistiche di Sofia, uh uh, dicevo… tutto il Cinema di Coppola è una Once Upon a Time in America. Una continua, eccezionale, infinita rielaborazione proustiana sul tempo perduto.

Cos’è Apocalypse Now infatti? Col pretesto del film bellico, di guerra, Coppola aveva elaborato un incubo a occhi aperti sui sogni smarriti di una generazione di americani distrutti dal Vietnam.

E non sto scherzando quando qui ora affermo che Kurtz altri non è altri che Cobain Kurt se l’ex leader dei Nirvana non si fosse suicidato.

Questa sarebbe stata la sua fine. Nella giungla delle sue ossessioni, della sua totale perdizione, ai piedi d’un fiume biblico e profetico, messianica incarnazione-mystic river della sua impossibile salvazione irraggiungibile.

Un asceta maledetto, un buddista nichilista, un uomo oramai totalmente congiunto al(la) this is the end del suo fratello “gemello” Jim Morrison in un continuum spazio-tempo rigeneratosi non solo in maniera rock. Un grunge man che, se fosse sopravvissuto, oggigiorno… nell’era edonistica d’Instagram, avrebbe preferito fare l’eremita nella sua isola selvaggia da Dr. Moreau.

Puro pasto nudo d’un musicista annichilito dai tempi bui di questa modernità che ha cancellato ogni poesia jazz, ogni Cotton Club.

Un ex Rusty il selvaggio, un ragazzo della 56ª strada a cui dedicherebbero retrospettive televisive introdotte dalla super malinconica colonna sonora di Carmine Coppola.

Sì, la sua storica ex Courtney Love chi è, ora come ora, se non Kathleen Turner di Peggy Sue si è sposata?

Una pazzerella che disdegnava tutti i ragazzi seri, i secchioni, i timidoni e ha avuto una cotta bestiale per lo “scemo del villaggio”.

Per il suo Elvis, per il suo Cuore selvaggio. Per il suo Charlie/Nicolas Cage col ciuffo da banana, per il suo biondino, un amante da Love Me Tender, un amico da Come As You Are.

Che film, ragazzi. Peggy Sue…

La prima volta che lo vidi, sì, sarà stato nel 2001. Alla fine del film mi commossi.

Che splendida storia. E lei si risveglia dal coma. Attorno a lei tutti i suoi parenti. Ma soprattutto il più grande Nicolas Cage degli anni ottanta.

È stato bravissimo, qui, Nic. Ha recitato come un cane da nipote raccomandatissimo, appunto, da suo zio. Ma ci ha messo l’anima.

Guarda la sua donna, è stato un miracolo, la sua donna, quella che per lui sarà sempre sino alla morte Peggy Sue, quella ragazza un po’ matta che gli ha fatto perdere la testa. Rimane immobile con le lacrime agli occhi.

Pare che le sussurri… siamo ancora tutti vivi, Peggy, più vecchi, più tristi, non siamo più quegli adolescenti cretini, quei nerd stolti. Io non sono diventato quello che volevo essere. Vendo solo lavatrici. Alcuni sono morti, quel ragazzo invece che era innamorato di te, quel genietto occhialuto, morirà e non verrà ricordato come Einstein.

È andata male a tutti noi. Ma siamo vivi.

È stato tutto un sogno. Magnifico. Un sogno lungo un giorno.

Quanto mi ha fatto piangere Peggy Sue…

Quanto ancora vorrei superare le barriere del tempo e rinascere come Dracula di Bram Stoker.

Eppure, devo essere realista. L’amore della mia vita è oggi sposata con uno stronzo.

Sono spesso solo nei mei giardini di pietra…

Sogno un’altra giovinezza e un ultimo sogno “pazzo” come Tucker.

Ma che posso fare? Ricominciare daccapo?

Ah, farei la figura di Jack.

Pensate che nella mia vita mi son/ho pure dovuto subire falsità sulla mia persona.

Io non ho mai delirato su nessuno. Ero solo molto incazzato. Non sono certamente Gene Hackman de La conversazione.

Al massimo, posso essere Edgar Allan Poe di Twixt. Anche se al Twix ho sempre preferito il Mars e a Marte un rapporto venereo.

Sì, sto coi piedi per terra, io. Sì. E se invece mi sposavo con l’amore della mia vita e lei mi trasmetteva qualche malattia venerea?

Già. È stata sempre bellissima. E già all’epoca sapevo che andava con tutti.

Che vi devo dire?

Probabilmente sono l’incarnazione della prima sceneggiatura di rilievo di Francis Ford Coppola, Il grande Gatsby.

Non giudicate la mia vita così come io non giudico la vostra:

ogni volta che ti sentirai di criticare qualcuno, ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i tuoi stessi vantaggi.

Ce la vogliamo dire?

E diciamocela!

Francis Ford Coppola è un Genius!

Già, ieri pomeriggio son stato dal cardiologo:

– Falotico, non andiamo molto bene, sa?

– Ho problemi al cuore?

– No, il cuore è a posto. Lei innanzitutto deve fumare meno sigarette, respirare di più, dare più ampio respiro alla sua vita.

Sennò, potrebbero accentuarsi i problemi. Chiusure non solo alle arterie, al sangue delle vene, bensì claustrofobie all’anima.

Lei è troppo sentimentale. E, ogni volta che riceve una delusione, si soffoca.

– Quindi il problema è solo questo?

– Sì, le ho fatto anche l’elettroencefalogramma. La testa va benissimo. Anzi, va troppo bene. Dovrebbe avere una testa più semplice. È molto cerebrale. Non stia sempre a rimuginare.

Se ne fotta.

– Ma sono un sentimentale.

– Anche questo è vero. Lei è un uomo da Megalopolis, il più grande dream mai realizzato della storia di tutti i temp(l)i.

Sa che le dico? Lei mi è molto simpatico.

– Grazie, dottore.

– Ce lo spariamo assieme, quando uscirà, il nuovo film di Sofia?

– Ci sarà ancora una volta Bill Murray.

– Eh sì.

 

Insomma, Francis Ford Coppola è un genio strabiliante.

Quando incontri uno così, tutti gli altri rimangono in mutande.

Con la sua poesia, i suoi sogni, la sua immaginazione, la sua forza distrugge in un nanosecondo tutti i nani.

Perché è un gigante!

Uno davvero emozionante!

 

di Stefano Falotico

Di mio, credo di essere totalmente Liam Neeson de L’uomo sul treno


02 Jan

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Sì, un uomo ricattato da una donna che si crede furba e invece fa figura del cazzo.

La Farmiga, una che sceglie Neeson la formica per fotterlo col ricatto inculante. E invece, alla fine, Neeson glielo piazza con tanto di Frecciarossa e sguardo da duro… che sogghigna sotto i baffi un… mia dolce bambina, pensavi di aver trovato il coglionazzone e invece hai fatto la figura del troione.

Sì, adoro Liam Neeson, un uomo cinico, sprezzante, uno che salva gli ebrei da puro Schindler ma non salva lo storpio di Buster Scruggs. Sì, un grandissimo. Che supera di gran lunga Al Pacino/Kevorkian. Pacino, il dottor Morte, praticava l’eutanasia ai malati terminali, Neeson placa le sofferenze immani di quel povero ragazzo scalognato. Sì, tanto era una vita di dolori atroci intercostali. Un monco che recitava la pappardella a memoria per farsi mantenere ma che, realisticamente, era già predestinato ad annegare…

A dilaniarsi in desideri carnali inappagati. Ché anche se avesse pagato una prostituta non poteva farsela.

Nato sfortunato.

Quelli della mia generazione, ad esempio, son quasi tutti degli handicappati. Questo va detto, bando alle ciance.

A tredici anni ascoltavano gli Oasis e le puttanate dolciastre di Liam Gallagher. Altro che Neeson Liam, appunto. Roba per bimbetti col ciuccio in bocca che speravano di sverginarsi precoci con ragazzine più illuse di loro, delle ciucce che ciucciavano. Ah ah.

Poi, si diedero a tutti quei giochi per dementi da riviste come The Games Machine. “Sparatutto” alla Doom, Duke Nukem, giochi di ruolo avventurosi come Broken Sword. Ma fin qui ci poteva stare.

Il peggio era quando, distrutti da genitori bigotti, frustrati come non mai nello sfogliare margherite e sognando di deflorare qualche fiorellino delle loro palindrome compagne di scuola, già invero aridissime, sfogavano tutta la loro indole repressa, da vere “bestie”, spappolando la gente in oscenità come Carmageddon.

Non avevano neanche la patente e immaginavano di essere Nic Cage di Fuori in 60 secondi, guidando come dei matti in Grand Theft Auto. Scontrandosi in frontali paurosi con la loro professoressa d’italiano delle superiori che arrestava subito il loro aver rubato la promozione, rimandandoli nella strada senza via d’uscita di una vita già stoppata in partenza. Sì, adoravano film come Non aprite quella porta, riconoscendosi nello schizofrenico-psicopatico di turno soltanto perché quella lì… non apriva a lor le gambe. Tornavano a casa, dopo questo netto rifiuto, spaccando tutto e mettendo su musica metallara di merda. E via di altre frustrazioni incredibili, ascoltando i Nirvana, bevendosi tutta la merda di MTV, odiando tutti.

Ce la vogliamo dire? Lenny Kravitz è un genio. Ah ah.

– Stefano, toglimi una curiosità. Ma come ha fatto un cesso come te a scoparsi quella lì che ha un culo come Marisa Tomei?

– Le ho detto… cara, se dovessi morire domani e mi venisse… data l’opportunità di scegliere a piacimento una qualsiasi donna per fare l’amore l’ultima volta in vita mia, ecco, avrei una scelta ampissima. Fra modelle della biancheria intima, pornostar incredibili e via (di)scorrendo.

Ma sai, sceglierei te.

– E lei c’è stata?

– Sì, perché no? Non aveva un cazzo da fare quella sera. E ha scelto il mio.

 

 

di Stefano Falotico

Le nuove z… e del web, un delirio da Non aprite quella porta della psicopati(c)a erotica di massa, evviva i Pesci!


01 Jan

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Coi puntini di sospensione volevo dire zotiche? No, avete capito benissimo cosa volessi dire.

Sì, quelle topolone che stanno nelle cantine, lerce, sporche, putride, che campano su poveri disgraziati che sbavano per attimi “calorosi” e guadagnano soldi a palate e patate nel grufolare nelle notti più escorianti, ove la pelle, mista a soldi, bustarelle, droghe pesanti e sniffate di ogni genere, si squama in amplessi goderecci di una vita andata, appunto, a puttane.

Oggi, siamo invase da questa topologia, no, tipologia di donna.

Ella espone le sue grazie, indubbiamente armoniche, fatturate in culi prelibati e pose discinte ottimamente distillate in foto ai limiti del pornografico. Con tanto di contatto mail e la scritta CHIAMA.

Delle megere che, camuffate da modelle, son invero delle Escort di bassa lega, forse solo per basse seghe. Sì, dev’essere stato il nuovo fascismo culturale odierno, questa mentalità imbarbarita e tribale ad averle generate.

Oggi, la donna in carriera non è più quella che prende, da pendolare, la corriera. Bensì è una che, in tal nostra peninsulare Italia di pene, guadagna con servizietti vari. Stando in casa a ballare nel far una minchia. No, a farsene tante.

Sì, stabilisce il presto della “prestazione straordinaria” a priori. Non è una donna certamente benedetta dal priore ma una che, appunto, mostra tutto il suo tornito, sodo e tonificato posteriore.

Per lavoretti… dietro un bel favore. Ah ah.

Ora, con questo cazzo di movimento MeToo, ché oggi Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio sarebbe in un manicomio perché accusato di essere troppo aggressivamente sexy e socialmente “pericoloso”, ah ah, queste femministe in calore, davvero accaloratissime, stanno sfruttando l’onda, cavalcando… il momento giusto per insaccare… quella scrotale? No, i soldoni della querela falsissima rifilata ai danni del fesso che abboccò alle loro capziose provocazioni libidinose.

Sì, attenti. Statevi accorti! Con queste vi diventerà cortissimo! Non allungate… la mano e non allargatevi.

Prima, vi bombarderanno di foto strepitose delle loro forme ignude e sfiziose, voi ci cascherete e direte loro un semplice… cara, sei tanto bella, voglio fare l’amore con te.

E due giorni dopo vi beccherete, con tanto di “timbro” della mittente, un’inculata fetente.

Sì, siete stati denunciati per molestia sessuale!

Sì, cazzo, mica avete minacciato loro di violentarle, non vi erano nelle vostre parole allusioni o espressioni intimidatorie, ma la denunciatrice del cazzo vi ha querelato perché non eravate suo marito e dunque non dovevate permettervi di dirle un romantico… voglio far con te l’amore.

Ah, una gatta da pelare questa z… ona. Senza dubbio. Bene, fatevi l’assicurazione du caz’ alla Burt Young di C’era una volta in America per evitare di essere evirati. Soprattutto nel portafogli.

Con queste meretrici ipocrite dovete tirar fuori le palle… se non vorrete venir inchiappettati a sangue.

Sì, se da una di queste va uno con la Ferrari, parente di Ferrero, a porgerle una dichiarazione d’amore, state tranquilli che costei ha subito trovato il coglione, a cui poi farà le corna, trombandolo di brutto, col quale sistemarsi. Se invece da una di queste andate voi, uomini figli d’Ivanhoe, potreste trovarvi fra le sbarre. Assieme A Ferrero. Certamente… quello della barretta di cioccolato che il secondino vi dà come premio fra un negro e l’altro. Uno di questi è il super dotato Eddie Murphy di Una poltrona per due. Uno che entra, eccome se entra, senza chiedere permesso col suo Bel(l)o an(n)o a Lei!

Per salvarvi, dovrete chiamare mio cugino Vincenzo…

Sì, con le donne C’era una volta. In America?

No, c’era una volta e basta. Adesso sei fottuto e misogino, come Sergio Leone.

 

di Stefano Falotico

Per un vero change, il cambiamento parte dalla leggenda di Changeling. Tu conosci il cuore selvaggio di Vincenzo?


28 Dec


MY COUSIN VINNY, Marisa Tomei, Joe Pesci, Fred Gwynne, 1992. TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

MY COUSIN VINNY, Marisa Tomei, Joe Pesci, Fred Gwynne, 1992. TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

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FALOTICO! Quando pensate di me una certa cosa, io non penso a quella cosa a cui voi pensate sempre.

Sì, non mentite! Io so la verità. Voi pensate sempre a quella cosa. Sì, uomini malati di sesso, a me potete dirla.

E voi, finte suore, a me potete darla.

Perché io, bigotti,  non lo do a vedere e non ve la bevete. Ma le donne che mi amano, sì, se la bevono.

E ho dato tutto. No, detto tutto. Ah ah.

Falotico, un uomo travolgente.

Warriors cari, non invecchiate mai, evviva Hill, Scorsese, Friedkin, abbasso il nuovo, dunque vecchio Bellocchio


03 Nov

 

Un Friedkin identico al Falò

Un Friedkin identico al Falò

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Bellocchio era uno con le palle, un tempo, un uomo cazzuto, arrabbiato, delirante, sanamente aggressivo. Anche se non li avete visti, basta leggere i titoli dei suoi film per rendersene conto: I pugni in tascaDiavolo in corpoLa visione del sabba. Poi, negli ultimi trent’anni la Critica sussiegosa, la stessa che aveva snobbato i suoi film pazzi sui folli, sulle streghe, sui dolori della carne, il suo Cinema duro e controcorrente, da quell’obbrobrio de L’ora di religione ha cominciato a considerarlo un genio. Peccato mortale!

Da quel momento terribile, Marco, premiato dappertutto, insignito in ogni dove, ha dovuto dimostrare di meritarsi la nomea di regista “serio”. Ed è stata tutta una sfilza di film sopravvalutati, formalmente molto belli, da dibattiti per talkshow con le zoccolone sinistroidi e l’applauso del pubblico di ritardati, ma privi del pathos viscerale del Marco che fu. Film “educati”, accademici, di una noia micidiale.

Prima ci ha ammorbato con Buongiorno, notte sul caso Moro. Ci mancava solo una canzone dell’omonimo Fabrizio per fracassarci i marroni con la retorica facile.

Dunque, Vincere. Ovviamente su Mussolini e sulla sua porcata commessa ai danni della povera Ida Dalser, sbattuta a letto dal fascistone-porcone e poi ficcata… in manicomio assieme al figlio.

Perciò, come se non bastasse, ci ha propinato La bella addormentata sull’eutanasia e un altro caso fenomenale, quello di Eluana Englaro. Menomale che nel film c’è Maya Sansa, una bella patonzona sul cui seno scatenerei il samba con un po’ di salsa.

E ora, come se con questi biopic tematicamente importanti non ci avesse trivellato la minchia, il film su Tommaso Buscetta, interpretato dall’uomo di Sanremo e della pubblicità della Barilla. Favino! Sì, non l’hanno chiamato ancora per fare la parte di Padre Pio? A me vengono le stigmate appena lo vedo.

Mah, come diceva Checco Zalone… chi è che sopra Barbara Buscetta non si è fatto una pugnetta? D’altronde, chi non conosce la Bouchet, aggiungo io, di suo “bianchetto?”.

Eh sì, cazzo, su YouTube, sino a qualche anno fa andavano forte i video per segaioli di Lorena Bianchetti. Ottima donna questa Bianchetti. Di cosce prelibate e succulente. Faccia da suora ma corpo da burro…

Di mio, sia la Bouchet che la Bianchetti, comunque, mi son sempre state sul cazzo. Barbara molto meno perché, quando iniziò la mia pubertà, lei era già un’anziana gallinella e non serviva al mio “brodo”. Ah ah.

Sì, non ne avevamo abbastanza di fiction abominevoli come Il capo dei capi, adesso anche Bellocchio fa parte della… Squadra… antimafia?

Sì, tutta colpa di quell’imbecille di Pietro Valsecchi con Giorgio Tirabassi. Ma chi è che guarda ’sta roba?

Gli adoratori di queste merdate appartengono a due categorie sociali: le casalinghe che, fra un tortellino, la besciamella e le polpette al sugo, amano strapazzare la maionese con qualche sparo in sottofondo per meglio mescolare la pietanza di “suspense” e dare un tocco siculo-piccante al tutto, così il marito, rincasato dall’ufficetto, si leccherà i baffi da Don Vito Corleone, oppure i super sbandati da Ragazzi di vita del Pasolini. Giovinastri scapestrati con la morosa tamarissima e in cuffia un rapper storpio da hip pop. No, meglio il popper che inala Al Pacino in Cruising. Un vero poliziesco crudele al massimo, che spoglia ogni certezza. Notturno, bastardo, psicopatico e geniale.

Anche Scorsese ha girato molti film “mafiosi”. Ma non sono bischerate da Canale 5 in prima serata! Sono film goliardicamente sporchi, cinici, perfino spassosissimi che uniscono al documentarismo di fondo una poetica pazzesca. Film anarcoidi, sgangherati eppur tecnicamente impeccabili. Recitati da Dio, con colonne sonore da brivido e pezzi giusti nei momenti topici della tensione.

Infine, vado a parare su Walter Hill. Sì, I guerrieri della notte è il suo masterpiece supremo. Purissimo come puri son i ragazzi che lo rendono vivissimo. Ove Michael Beck fa il gallo sessualmente forte da branco di mammalucchi nel quale i deboli scelgono come leader quello che pare abbia il cazzo più pronto e con più esperienze all’attivo, il più fighetto, e un James Remar omofobo a bicipiti nudi, in cui si respira l’atmosfera della mia adolescenza.

Che cos’è questa sbirraglia in giro? Che sono questi centri di salute mentale che avete messo su?

Questa cultura da carabinieri, da tutori dell’ordine, da donne che stirano e asciugano le forchette da pasti in famiglia?!

Ragazzi, avete mai letto Il cuore rivelatore di Poe?

Sì, la storia di uno il quale non è che non sopporti la vecchiaia, non tollera semmai quel rumorino rancido che gli dà fastidio, figlio di un cuore arrugginito.

Perché è giovane, non vuole rincoglionirsi, non vuole adattarsi a un lavoretto borghese, non vuole una donna che lo porti a Teatro a guardare pochade tristissime, una donna ipocondriaca che adora Il misantropo di Molière e che manco sa scopare come Dio comanda. Intendo il pavimento, sul sen(s)o dello scopare sessuale, credo che tal bagascia rinnegata sia andata avanti di toccatine e leccate di culo. Battutine e una passerotta acida e molto secca. Che allegria! Che simpatica!

Sì, io sono un ribelle. Lo sono sempre stato. E lo sarò fino al giorno della mia morte. Appena sento puzza di vecchiume, di gente paracula, di donnette isteriche, insomma di caga-cazzi, scendo nella mia notte.

Come in Taxi Driver.

Scorsese, Hill e Friedkin li stimo. Perché pur essendo delle cariatidi hanno ancora un cuore che batte dinamico, gagliardo, innovativo, forte. Vigoroso. Come piace a me.

Invece, gente come Bellocchio, oramai pedante, scolastica, da compitini… si deve levare dai coglioni.

E, assieme a lui, tutti questi stronzi bugiardi.

 

Sapete. Ieri notte, pensavo… be’, ho ancora quarant’anni per ridurmi ad aspettare la nuova “prodezza” di Ronaldo su Sky, e sono ancora troppo giovine, come direbbe Joe Pesci di Mio cugino Vincenzo, per attendere il sabato sera e incontrare una troia commessa della Coop annoiata, raccattata in chat. Capace che dopo un bacio troppo lungo ti chiede il Bancomat per leccartelo, prosciugartelo, sostanzialmente incularti. E tu esplodi!

Se a voi questo mondo piace e volete continuare così di alti e bassi, prego. Tanto pregate già abbastanza di messe false. Avrete il rimpianto di non essere mai stati artisti ma solo copia-incollatori di recensioni altrui. Uff. Che palle!

Se volete aspettare la nuova posa del culo magnifico della modella strepitosa dal cervello zero su Instagram, fate pure. Ricordatevi però di telefonare al becchino della Certosa per prenotare il posto al cimitero e alle pompe funebri, oltre ai funerei pompini, per una cassa di legno. Tanto, mi sa che siete già andati…

Non fatemi perdere altro tempo in puttanate.

 

 

di Stefano Falotico

Bronx di De Niro, che torna in limited edition, è un grande film, checché se ne dica: leggete tutto ciò che non avreste mai pensato potessi dire sul Cinema e sulla vita


26 Jun

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Sì, sino al 20 Luglio è possibile pre-ordinare la propria copia personale di Bronx. La CG Entertainment, che altri non è che la decaduta Cecchi Gori, adesso restauratasi almeno nel mercato home video, propone finalmente la versione Blu-ray dell’esordio alla regia del grande Bob. Un’opera tanto amata alla sua uscita, quanto poi ingiustamente bistrattata e ricoperta dei peggiori insulti, considerata enormemente sopravvalutata, un filmetto da quattro soldi, insomma.

La verità sta nel mezzo. Bronx non è un capolavoro ma un racconto, a tale appunto, di formazione alla vita di un ragazzo di strada nel quartiere più violento del mondo. O almeno degli States.

Il Bronx si trova a New York ed è antitetico, diametralmente opposto, anche come ubicazione geografico-topografica, rispetto al quartiere dell’alta borghesia della Big Apple, ovvero Manhattan, il luogo ove l’annoiato e frustrato Woody Allen ha ambientato la maggior parte delle sue pellicole.

Nel Bronx non viveva e non vive gente la cui massima disgrazia nella giornata è stata la rottura delle unghie smaltate, non c’è uno col culo parato che ombelicale si piange addosso perché l’insegnante di Filosofia, altezzosa e sempre con la borsetta a tracolla, ieri sera non gli ha fatto un pompino “elegante”. Non c’è gente che si preoccupa di “steccare” e fare brutte figure. Vive e non sa neppure perché vive (no, il congiuntivo viva non ci vuole), s’incazza e ci sta male, s’innamora e lo prende lì, ma la vita va avanti.

C’è gente che vive i giorni come fossero gli ultimi, fra rabbie, litigi interminabili, grida e sceneggiate inesauste, lacrime e sudore come nei migliori, disperati film di Abel Ferrara. Infatti il suo protagonista, Lillo Brancato, non a caso è stato scelto da Abel per Il nostro Natale. Puro meta-cinema sopraffino. Diegetica della fisiognomica lombrosiana, incarnazione della celluloide fattasi vita nei tratti somatici del growing up esistenziale di Lillo, nato per essere un “perdente”. Drogato fradicio, incasinato, i cui lineamenti smunti e inquieti della più acerba e tumultuosa ma romantica giovinezza si son imbolsiti nella presa di coscienza di essere davvero un mezzo gangster. Magrolino ma ora col pancino, e dire che poteva essere il nuovo Pacino, un po’ emaciato quando non si fa ma comunque, come gli italoamericani mangiaspaghetti, quasi adesso pelato. O, meglio, dalla vita dura spellato.

La vita che, nella sua cruda verità, i suoi limiti in faccia, faccia da schiaffi e batoste nette, gli ha spiattellato. Senza fare sconti, trivellandolo e sbudellandogli il fegato. Cazzo.

Brancato, un uomo da branco, dalla giustizia braccato, nonostante per discolparsi dalle molteplici accuse si sia fortemente, ferocemente sbracciato e tenacemente si sia sgolato, uno finito in carcere, ove tentò di suicidarsi ma fu fermato dai medici, che lo soccorsero e placarono il suo folle gesto in extremis. Giusto un istante prima che quella dose di eroina che voleva iniettarsi gli fosse letalmente mortale. Un farabutto, tutto fuorché un eroe! Uno che forse desiderava decollare e invece rischiò di finire decollato. O col collare da sorvegliato speciale, controllato a vista. E sedato.

Ripudiato da Chazz Palminteri che ora non vuole più averci a che fare, e lo considera soltanto un ignobile talento sprecato. Un lestofante e un impresentabile sfigato.

Bronx è un signor film, un film “in giacca e cravatta”. La messa in scena è paurosamente minimalista, intimista, coccola Lillo e lo carezza teneramente come farebbe un padre premuroso con suo figlio, figlio unico, sangue del suo sangue. Perché teme che, essendo appunto uno scavezzacollo, possa mettersi nei guai e imboccare strade pericolose, affiliarsi a cattive compagnie. Meglio una vita da anonimo conducente d’autobus che una vita da ricco boss ché poi ci rimetti le penne e finisci trucidato come Sonny. Stai attento a chi t’innamorerai, sceglila con oculatezza, sii ponderoso e anche ponderato, non fare il passo più grande della gamba, a quei tipi loschi non fare mai sgambetti, non legarti a una da una botta e via, perché ti prenderai la cotta, poi le ti mollerà come un coglione, e rimarrai scottato. Non bruciarti… cogli l’attimo ma aspettalo con trepidazione, senza angustiarti se fallirai, domani ritenterai. La vita è una e una sola, tienilo ben a mente, non rovinarti da povero demente.

Ecco, questi sono i consigli di Lorenzo, i suoi affettuosi, benevolenti insegnamenti!

Super rima baciata con tanto di rientro…, perché rientro fa assonanza con insegnamenti e tu non devi essere sbattuto dentro!

Ah ah.

No, non possiamo permetterlo. Ci sono tanti stronzi in giro che in vita loro avranno letto solo due libri e guadagnano fighe come se nulla fosse, che son tanto abbienti ma non valgono nemmeno il loro decrepito, putrefatto, svenduto cazzo da deficienti. Porca puttana! Impestata!

Tratto da una pièce teatrale dello stesso Palminteri, cari pezzenti. Oh, sto scrivendo un gran pezzo. Sì, più rileggo quanto da me sin ad ora scritto e più me la tiro come un gagà. Ah ah. Elargisco genialità a gogò. E gongolo, mangiando le vongole, baciando una dama a Venezia sulla gondola. Magari…

Sì, molta gente di Cinema non capisce un cazzo. Ecco che uno vede Bronx e gli piace da morire perché, come avviene con tutti i film che vede, che fraintende e strumentalizza secondo il suo solipsismo, ha avuto un’adolescenza turbolenta e difficile quanto quella di Calogero. E questo racconto, tutto sommato, è specularmente vicinissimo alle sue esperienze. Sì, e a ben vedere, se ripesca le foto di quando aveva sedici anni, nota una somiglianza pazzesca e impressionante con Calogero. Viso italiano, di chiare origini meridionali, inesperto, da bastardo però non ancor segnato dalla corruzione adulta, un puro che sogna un bel, fottuto futuro. E chi di noi non ha mai invidiato il Sonny di turno del quartiere? Quello moralmente discutibile ma che va in giro sulle macchine rosse fiammanti? E che sa il fatto suo, nonostante le sue bassezze ripugnanti cammina a testa alta e petto in fuori, veste forse Armani come un goodfella e tutti lo rispettano.

Perché Sonny è una merda ma non meno di chi crede di essere una brava persona e poi combina porcate mostruose solo perché qualcuno è invidioso e fa finta di non capire, perché gli conviene non capire e passare dalla parte della ragione con la diplomazia ipocrita del figlio di puttana “pulitissimo”.

Bronx non può essere capito, appunto, da quelli che amavano la filosofia grunge, che idolatravano robaccia come Salton Sea e altre puttanate videoclippate. Perché Bronx è un film “stupido”, didattico, palloso e girato in maniera troppo semplice. Non estetizza, non dogmatizza, non comunica niente, è asciutto, pieno di primi piani senza fotografie “sporche”, sature e “pregnanti”, è solo un’altra storia…

Un racconto di vita, come lo è la vita stessa. Non ha bisogno di dire chissà cosa, dice la sua, in maniera schietta come te la direbbe tua zia siciliana.

Di una semplicità lancinante, davvero emozionante.

Bronx non è, ripeto, un capolavoro. Un film da sei e mezzo/7.

Sì, perché la sceneggiatura di un film così facile facile ed edificante, eppur ficcante da rasentare la pochezza più disarmante, io lo scriverei in otto ore seduta/o stante. Con tanto di pausa caffè-sigaretta intervallante.

Ma è uno di quei film che dobbiamo tutti avere in casa.

Perché, soprattutto in Italia, patria di esaltati che si fanno shooting manco fossero Alain Delon, ove le matte isteriche si mettono in posa come fossero Greta Garbo, un film così bisogna averlo, miei bravi ragazzi…

Chi lavora è un fesso? No, ma deve fare ciò che gli piace.

E io sono nato per scrivere di Cinema.

Il resto è una grande stronzata.

Adesso, per piacere, versami del Cognac, caro amico scalognato, no, volevo dire cognato.

Metti su della musica jazz. Questo mio pezzo è quasi rap.

E che Chazz!

 

 

Bronx Chazz De Niro

 

 

di Stefano Falotico

 

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