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THE IRISHMAN, la Critica approva entusiasta ma io, da Principe Antonio de Curtis, in arte Totò, stronco gli uomini senza spirito… critico


28 Sep

The Irishman scorsese cast

E nel loro popò, ohibò, gliele suono, sentenzio e li stigmatizzo. Puntando loro il dito e assegnando alla loro esistenza un voto assolutamente insufficiente.

Posso permettermelo, in quanto so ironizzare su me stesso. Io sono un recensore che scrive anche romanzi erotici senza censura, io dinanzi ai loro pregiudizi non abiuro e li aborro.

Da loro già troppe fregature presi ma ora, con eloquio e mimica facciale degna d’un attore teatrale che recita monologhi ficcanti da David Mamet, corrosivi, taglienti, abrasivi e un po’ cattivi, da drammaturgo di me stesso, butto in commedia una mia vita che, indubbiamente, meritava l’Oscar ma comunque non finirà come quella di Ray Liotta di Quei bravi ragazzi.

Sì, vedo molta gente che delinque, poi si redime. Chiedendo perfino la protezione dei testimoni del loro matrimonio.

Sì, qual è il passato remoto della terza persona singolare del verbo delinquere di LEI che si fa dare del voi come esigono i Don?

Lei delinqué, delinquette, nel presente ancora delinque. Insomma è e sarà impunemente un delinquente eternamente. Inutile che provi a coniugare nel potrei, poveretto, lei è un criminale senza tempo. Senza tempie.

La finisca di darmi del deficiente.

Io invece le donne illanguidisco poiché so giocar di lingua. Da cui il gerundio illanguidendo. Di forma transitiva in lei attivo e lei con me passiva. Io illanguidisco, tu m’illanguidisci e, condividendo, compenetrando i nostri mali, assieme venendo la vita va guarendo, forse anche guaendo in quanto tu mula e io mugolo.

Eh sì, miei mongoli.

Dunque, do il voto in pagella e questi impostori che ebbero l’ardire di giudicare le scene della mia vita con troppa fretta poiché loro girano solo con le sceme.

Eh sì, ficco nel dizionario dei film delle pellicole trash da non vedere mai più.

No, non sono rivedibili. Li riformiamo subito. Anzi, questo dizionario formattiamo e li cancelliamo.

La seduta è tolta.

Adesso, andiamo a berci un altro caffè. Ovviamente macchiato caldo.

Perché ricordate…

Se date retta a chi si crede Marlon Brando ma in verità è Silvio Orlando, non avrete né Jolanda né un viso da Gioconda.

E su questa stronzata vi lascio, ammiccando.

di Stefano Falotico

 

Date quest’Oscar al Joker, anzi il Nobel e non ci pensiamo più


28 Sep

Robert+De+Niro+57th+New+York+Film+Festival+uxFWZzoJTU0l

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Ebbene, oramai la sfida per gli Oscar è circoscritta a tre pellicole, ovvero JokerThe Irishman e The Ballad of Richard Jewell di Clint Eastwood.

Eh sì, a sorpresa, Clint esce il 13 Dicembre nei cinema americani con la sua ultima opera. Spero non ultima in senso di definitiva.

Colpo di scena!

Ma io lo sapevo. Clint fa sempre così.

Intanto, ieri è stato presentato The Irishman. I critici ne parlano come di un capolavoro, esaltando soprattutto la prova di Pacino e sottolineando che Bob De Niro, negli ultimi trenta minuti, sfodera una classe melanconica da far piangere tutti.

Un film sulla vita, la mortalità, le amicizie tradite, le risse, gli sbagli, insomma sull’esistenza.

Eppure, nei sottoboschi felsinei, nella grotta dei suoi ricordi e delle sue emozioni mai sopite, vive un uomo spesso inconsapevole di esserlo. Che ammicca, vaneggia e volteggia. Ammiccando a man basta d’occhio lesto. In mezzo agli uomini funesti e a quelli oramai sperduti nella foresta, quest’uomo non ama molto le feste ma emana magnetismo a pelle. Sguscia, appare, scompare, si rintana e ancora non l’acchiappi. Forse lo inchiappetti ma lui se ne fotte, ah ah.

Dalla purezza intonsa, un uomo fantomatico che conosce il sapore falotico del tempo (in)esistente.

Un uomo dal camaleontico trasformismo capace di passare dal fascino intellettuale di Nanni Moretti a quello bestiale di Tom Cruise in due battiti di ciglia e un istante netto, forse in tre secondi eretto. Ah ah.

Rimanendo sempre, nonostante tante cazzate, eternamente pulito. Probabilmente solo esternamente o forse ancora fuori di mente.

Chissà.

 

di Stefano Falotico

THE IRISHMAN: vorrei ricordare a vossignoria che fra quattro giorni, cioè venerdì, verrà presentato in anteprima mondiale


23 Sep

irishman netflix ronin de niro mcelhone eddie murphy

Sì, pare che ve ne siate tutti scordati.

Fra l’altro, Netflix continua a rimandare l’uscita del trailer integrale. Vedemmo l’announcement e il teaser. Peraltro, non doppiato in italiano ma solamente coi sottotitoli. Pacino avrà la voce di Giannini? Mentre Joe Pesci?

Ma, ovviamente, noi stiamo aspettando con estrema trepidazione e cinefila eccitazione, quasi da bambini infoiati a scartare un regalo preziosissimo, il trailer definitivo.

Ebbene, venerdì prossimo, cioè il 27 Settembre 2019, The Irishman sarà presentato in anteprima mondiale al prestigioso New York Film Festival. Alla presenza del suo titanico regista, Martin Scorsese. Uno che certamente non abbisogna di presentazioni, e tutto il cast al gran completo. Diciamo, tirato a lucido.

Ce ne rendiamo conto? Un’epopea gangsteristica di 3h e trenta minuti, pronta a sbarcare in streaming il 27 Novembre. Vale a dire a distanza di due mesi esattissimi dalla sua presentazione ufficiale.

Nelle sale, poche ma buone, indipendenti e accuratissimamente selezionate, il primo Novembre, il giorno di Ognissanti. Cristo santissimo, dopo la notte di Halloween nella quale Michael Myers del capolavoro omonimo di John Carpenter, in una cittadina sonnolenta dell’America, seminò il panico.

Calmate gli animi. Alcuni appassionati di Cinema stanno impazzendo, non stanno più nella pelle. Chiamate Donald Pleasence in caso di crisi di gioia troppo incontenibili.

Telefonate anche a Jamie Lee Curtis. Donna che, nonostante il sequel non apocrifo di David Gordon Green, è oggi calma e matura, milf di ottima stagionatura, donna di sublime levatura. Donna che, onestamente, malgrado l’età, ancora un po’ a noi uomini lo fa diventare duro. Sì, son lontani i tempi in cui, in Una poltrona per due, mostrò un seno enorme, ma fidatevi… vale ancora il prezzo del biglietto…

E potrà dunque invitarvi a casa sua, in caso di vostri scompensi psicologici, servendovi una camomilla calda. Semmai prima eccitandovi ancora di più nel riproporvi, dal vivo, il suo spogliarello di True Lies.

Sì, siamo tutti scalmanati. The Irishman, rendiamocene conto.

Uno dei film più attesi della storia del Cinema, cazzo.

Manca pochissimo. Nella sera del 27 Settembre, avremo già inoltre i primi responsi critici della stampa internazionale. Oddio, ho lo sturbo!

Sì, film orgasmico, un film che provoca piaceri infiniti, qualcosa d’immenso più di mille masturbazioni eseguite all’unisono su Sharon Stone di Casinò. Figa incommensurabile, diciamocela. Basta! Mi serve un’ambulanza. So già che, alla fine della mia visione del trailer completo, urlerò come Lino Banfi de L’allenatore nel pallone dopo il secondo goal della salvezza di Aristoteles. Delirio, DE NIRO!  Il pubblico è visibilmente in visibilio. La folla inneggia, le tribune sussultano, in platea la maschera ha notato che c’è un uomo, il Joker, che non indossa le vostre maschere. Quell’uomo sono io. Autore dei libri Robert De Niro, l’intoccabile e Martin Scorsese, la strada dei sogni, regolarmente in vendita su Amazon, IBS.it e su tutte le altre maggiori catene librarie online nei formati Kindle, eBook e rinomato, intarsiato, finissimo cartaceo.

Intanto, ieri è uscito pure questo KINDLE con in copertina una delle donne più belle d’Italia. Ovviamente, l’ho scritto io.

Sono un Ronin, un mercenario senza padrone.

 

di Stefano Falotico

31 LUGLIO 2019: giornata memorabile, il mio viaggio a Firenze con Max, il trailer di THE IRISHMAN e la giacca di DRIVE da me indossata, super video epico


31 Jul

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Sì, dopo la serata fresca e avviluppata nell’involtino di un menù al ristorante cinese-giapponese Oishi, ubicato a Toscanella, cittadella del circondario imolese, in compagnia di Giovanni, dopo aver fatto le due di notte a montare il cortometraggio kitaniano, sì, alla Kitano di Takeshis’, pura follia visiva da gustare in maniera energetica più del migliore Bruce Lee che fu, ecco che nella mattinata di codesto dì antologico, eh sì, il Genius-Pop è salito, dalla Stazione Centrale di Bologna, in direzione di Firenze.

La città preferita dagli artisti rinascimentali, adorata da nientepopodimeno che Hannibal Lecter/Anthony Hopkins, il luogo della culla del Dolce Stil Novo che diede i natali a quel grand’uomo di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, uno che però morì a Careggi ma che comunque, ah ah, ebbe la fortuna di non ascoltare quel cretino di Correggio, Luciano Ligabue, detto il peggio. Un cantante da balera per donne balene e cannone col cannolo di tuo “babà”, autore della schifezza Radiofreccia, amarcordiana bischerata (classico termine toscano elargito alle cretinate più scimunite) tenuta poca in gloria da Stefano Accorsi, l’attore mediocre per eccellenza.

Uno che fece l’amore però con una delle donne più belle della storia, la sposò pure. Ovvero Laetitia Casta.

C’è un motivo. Laetitia è il francesismo di Letizia, classico nome campagnolo dato dalle famiglie più abbienti alle genite nate vistosamente, immantinente deficienti.

Sì, l’ostetrico prese in mano la neonata. Consegnandola fra le braccia della madre.

Lei, dinanzi a una bimba tanto letiziosa eppur già precocissimamente smorfiosa, esclamò come il celeberrimo natio di Asti morto, appunto, nella metropoli delle fiorentine al sangue:

– Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli dar alla nascitura il nome Tiziana, primo amore del Genius-Pop, in onore a quella che fu la sua pubertà già più romantica di un film di Michael Mann. Ma, dirimpetto a questa creatura sboccata e impresentabile, simile alla fantozziana Mariangela, ci vuole La pietà vaticana del Buonarroti che risiede a San Pietro, chiedo aiuto pure a San Gennaro, mia figlia è già una reliquia, un relitto, oh, dio mi maledica. Povera me che quella notte di nove mesi fa, cazzo, a letto fui inseminata da mio marito. Assieme generammo un orrido delitto. Costei, da me già scomunicata, diseredata e ripudiata, non sarà mai la Venere di Botticelli, più artisticamente nota come La nascita di Venere, nemmeno con un michelangiolesco scalpello. Anzi, dinanzi a tale obbrobrio irreparabile m’arrendo e darò lei il nome di Letizia. Letizia che fa rima con avarizia, con futura donna amante troppo della liquirizia, Letizia che puzza già di puttanesca malizia.

– Signora, lei offende sua figlia solo dopo due minuti dalla nascita.

– Pensi alla Casta. Donna bellissima che rovinò ogni residua, virginale castità, dandola al Maxibon per antonomasia delle donne fraudolente che si accontentano della besciamella di Mr.  Du gust is megl che uan. Quel felsineo dongiovanni dell’Accorsi, uno che a ogni donna di scarso gusto offre il suo gelato al limone da Antica Gelateria del Corso.

Sì, Accorsi, l’inettitudine (s)fatta persona, l’uomo adatto per ogni donna che odia le sofisticatezze di David Cronenberg e dunque la perfezione di una mente superiore alla Scanners. Accorsi, la nemesi d’ogni eroe biblico, vale a dire del David sempre del Michelangelo.

Che cosa? È il David di Donatello? Ma va… quello appunto lo danno ad Accorsi. Ah ah.

Misera Laetitia, adesso, come se non le fosse bastato l’Accorsi, s’è sposata con Garrel. Un altro che vorrebbe avere il carisma di Vincent Cassel, un attore bravissimo e un bellissimo uomo che perciò si meritò Monica Bellucci, ah, Laetitia, pessima star a stare con un attore grezzo che anche ad Alvaro Vitali fa ribrezzo.

 

Così, nelle gioie ritornate con prepotenza delle mie dimenticate ebbrezze, di vita ebbro, volai nell’estiva brezza per raggiungere Firenze.

Poiché non sono un mecenate come Lorenzo de’ Medici né un mentecatto, bensì son uguale a Jean Reno e Bob De Niro di Ronin, dei puri mercenari che se ne fregano del padrone.

Sì, sono un freelancer.

Non sottostò a nessuna regola editoriale in quanto uomo liberissimo e tostissimo.

Molte persone vollero attestare che fossi un cavaliere, anzi, un vivente cadavere senza testa. Mi trattarono da zombi e vegetale ma è testé che si vede chi ha avuto i testicoli e chi invece, dietro tante ipocrisie, è rimasto una capa di minchia.

Che giornata, ragazzi. Fra bar vicini a Firenze Santa Maria Novella senza mangiare il gelato al cioccolato di Pupo, bensì gustando lisci, vellutati caffè come il migliore sguardo torbido di un Al Pacino parzialmente scremato. Cioè il top. Pacino, quando rende la sua recitazione troppo caricata, eh già, rischia di stare sullo stomaco. Tranne in Scarface. Quando invece, come in Sea of Love, gioca di sguardi evocativi, allusivi, ammiccanti e carismatici, è dio. Va (d)ritto come l’olio. Un uomo ficcante.

Sì, ci siamo sbizzarriti, imbizzarriti, oramai robustamente corazzati dai gelosi, noi siamo sani malati soltanto di golosità spizzicate in pizzerie-ristoranti ubicati a Ponte Vecchio con le anime forgiate nella spericolata giovinezza torrida e sempre morbida. Giammai vetusta, dunque indomita.

La gente sgomitò per assistere a questi spettacoli della natura, il sottoscritto e il mio amico, unici nella loro mirabolante destrezza da far paura.

Uomini che se ne fottono delle cattive streghe con le loro assurde, maligne congetture. E di quelle stupide che ti danno solo, sì, la dolce confettura ma anche, diciamocela, la stronza fregatura.

Voi siete invecchiati, (non) mi spiace, perché siete stati dei bugiardi. Avete offeso gli altri per far carriera molto disonestamente. Imputridendo!

Ma noi, eh no, non ci fregate.

Abbiamo le corna da angeli diabolici, miei cornuti.

Sgranocchiamo dei buonissimi cornetti e non siamo mai scaramantici.

Ci sono quelli che mi chiamano pazzo ma tale epiteto orrendo è partorito da superstiziosi, arretrati, assai lenti-malatissimi di mente, ovvero la maggior parte della gente

Ché si crede chissà chi e non avrà mai l’anima di Martin Scorsese, la forza di Bob De Niro, la classe di Pacino, appunto, la simpatia a pelle del mitico Joe Pesci.

Ma soprattutto, eh sì, se in Caro Diario il nostro Nanni Moretti indossò in piena estate la mantellina invernale-autunnale, fregandosene del giudizio proprio della gente, perché mai io non posso indossare il giaccone di Drive con sex appeal bestiale?

Sì, per colpa delle vostre fasciste, farisee regole da bacati che siete nel cervello, stavo incancrenendo nella malinconia e nella mestizia più sconsolata. Nella più agghiacciante inerzia.

Da quando ho deciso di vivere a modo mio, è cambiata la musica.

Son un astrattista come Kandinskij, un cubista surrealista come Picasso, mie teste di caz’, ficco a tutto volume una delle più strepitose canzoni di sempre, Nightcall firmata Kavinsky.

Ora, versate a me e al mio vero amico del superbo whisky.

Ricordate:

solamente chi non rischia non vince e rosica, chi spinge, a costo d’impazzire del tutto, è già un neoclassico come il genio Igor’ Fëdorovič Stravinskij.

E dire che venero anche Dostoevskij.

So che volete dirmelo ma siete troppo vigliacchi per ammetterlo, sì, potrei essere davvero un grandissimo ma voi siete, appunto, troppo falsi e patetici per certificarlo.

Ora, detto ciò.

Federico Frusciante sostiene che Scarface di De Palma sia solo un ottimo film ma non un capolavoro come l’originale.

Mi spiace, dovrebbe rivederlo. In questo do ragione a Paolo Mereghetti che gli ha assegnato 4 stellette piene.

Io gliene do oltre ogni indicibile.

– Pacino è un uomo volgare. Sempre più basso…

– Sì, Moretti mi sta simpatico ma secondo me dovrebbe lasciare stare Aprile e amare il 31 Luglio.

 

Ah ah.

Sono un uomo heat!

Non mi butta giù nemmeno un drago perché io sono un drugo, ah ah.

No, non ho il fisico di Stallone ma sono un “pazzo” autistico, no, strepitoso autista della mia anima come il magnetico Ryan Gosling di Drive.

Non fatemi incazzare. Sennò, come diceva Lino Banfi, saranno volatili per diabetici.

Cioè i vostri cazzi amari.

Calmissimo, ascetico, romanticissimo, notturno, una furia.

Be’, amici, vi avevo detto che sarebbe stata una delle estati più belle della mia vita. Io non mento mai, neanche quando dico le bugie.

Incarno il paradiso, no, il paradosso del mentitore fatto persona ma non scherzo mai quando sono me stesso. Se vi dissi, appunto, che sarebbe stata un’estate rinascimentale, non vi mentii.

Sapete, la mia vita non so quando finirà, se mai finirà. Mi riserverà ancora batoste e inchiappettate a raffica, statene certi. Se pensate che sempre filerà… liscio, state freschi.

La vita è dolore e gioia, poveri illusi. Dunque prevedo molte soddisfazioni, almeno vi spero, ma anche terribili, nuove prese per il culo.

È la vita, non ce ne si può sottrarre.

Comunque, se Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato riferì ad Helen Hunt quel complimento un po’ “strano” e lei gli rispose, quando capì cosa voleva dirle, che aveva ricevuto il più bel complimento della sua vita, sebbene le fosse stato, appunto, sussurrato in maniera un po’ ermetica ed equivocabile, be’, posso dirvi che il migliore complimento da me ricevuto, sin ad ora, mi fu fatto da una donna nel 2013 circa.

Non scherzo, sono serissimo. Lei era totalmente presa da me. Non so perché. Si comprò tutti i miei libri e, su Facebook, ogni notte me ne recitava dei passi.

Fra me e lei non accadde niente. Io ne ero indubbiamente molto attratto, non lo nego. Era ed è ancora molto bella. Ma era troppo grande per me.

Lei, dinanzi al mio rifiuto, ci rimase molto male ma capì che avevo ancora molte esperienze importanti da fare prima di mettermi con una come lei.

Prendetemi pure per coglione. So che, forse, all’inizio, sarebbe stato stupendo ma poi?

Avevo ancora bisogno di carburare.

Siamo ora solo amici. Lei si congedò da ogni altro corteggiamento, bisbigliandomi impercettibilmente questo al telefono, pochi istanti prima di mettere giù la cornetta.

– Stefano, era quella la tua ex ragazza?

– Sì, perché?

– Ha avuto un gran culo.

 

Ora, in effetti, quella mia ex aveva un lato b piuttosto sexy ma lei voleva dire che era stata lei, ovviamente, quella molto fortunata.

Le risposi che io sono di statura bassino e campo con du’ lire.

Lei aggiunse:

– Non c’entra niente…

 

Quindi, lasciò sfilare le sue melliflue, carezzevoli parole impercettibili nel silenzio di una serata che mi stordì alquanto.

Io penso spesso di non valere un cazzo.

 

di Stefano Falotico

SCORSESE vs JAMES CAMERON: un irredento umanista geniale e rockettaro contro un megalomane sesquipedale


29 Jul

IRISHMAN_UNIT_FIRSTLOOK

scorsese instagram

THE ABYSS, screenwriter and director James Cameron, 1989, TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

THE ABYSS, screenwriter and director James Cameron, 1989, TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

terminatorEcco, questo Scorsese non sta fermo un attimo.

Sono contento che, nel pomeriggio di ieri, io sia stato fra i primi a dare la notizia secondo cui il tanto atteso, sospirato, bramatissimo dal pubblico di cinefili di mezzo mondo, The Irishman, finalmente abbia ora una data precisa di release.

Per meglio dire, dopo l’assurdo forfait dal Concorso del Festival di Venezia, The Irishman aprirà le danze, come si suol dire, del prossimo New York Film Festival, inaugurando la serata di gala del 27 Settembre.

Ora però, scusate.

C’è stato detto da Alberto Barbera, la scorsa settimana, che lui e il suo staff avrebbero voluto fortemente inserire, appunto, The Irishman nella kermesse da lui diretta ma il film non è risultato pronto per fine agosto.

Il Festival di Venezia dura, come sempre, undici giorni. Si terrà infatti dal 28 Agosto al 7 Settembre.

Ora, essendo io un habitué veneziano, sebbene l’ultimo film da me visto al Lido sia stato Birdman, datato 2014, dunque son cinque anni che non me ne reco, avendo avuti gravi problemi personali protrattisi sin allo sfinimento dei quali non mi pare la sede opportuna riferirvene, all’ultimo giorno del festival non sono proiettati più né i film in Concorso né quelli Fuori Concorso. È una giornata nel quale sfilano solo gli omaggi delle retrospezioni dei classici e il giorno nel quale, prima dell’ora di cena, vengono assegnati i premi.

Dunque, sostanzialmente, la Mostra dura dieci giorni. L’undicesimo sta lì come il cazzo di quel mostro che mangia popcorn e aspetta che qualche donna lo premi. Dubito fortemente che sarà valutato come Leone d’oro.

Ah ah.

Detto ciò, continuo a non capire. Scorsese e Netflix lasciarono detto a Barbera che The Irishman necessitasse ancora di molti ritocchi e non poteva essere perciò completato per fine agosto-settembre.

Ma per il 27 Settembre, a quanto pare, invece sarà prontissimo.

Scorsese ha fatto un po’ il furbetto. Anche Martin è un paraculo. Chissà, forse il direttore del New York Film Festival deve essere fra i produttori di Killers of the Flower Moon.

Della serie tu fai pubblicità a me e io ti passo du’ soldi. Dai, dai.

Comunque, The Irishman è bello già che impacchettato, montato dall’inizio alla fine più di Lena Paul. Milf fatta e strafatta ch’è diventata la mia nuova attrice porno preferita.

Sì, parliamo di un capolavoro sotto ogni punto di vista. Lena può venir… fotografata anche dal signor Gennaro Calluzzo, celeberrimo guappo dei Quartieri Spagnoli che confonde una Nikon per Nicol senza e, famosa entraîneuse del suo rione, e c’apparirebbe lo stesso meravigliosa come i panorami suggestivi filmati dal cinematographer Rodrigo Prieto.

Sì, Lena Paul è una donna che si mangia Avatar e Titanic in un sol boccone.

Una che non ha bisogno degli effetti speciali per incassare più di Avengers: Endgame.

Sì, una vera Vedova nera, infatti è praticamente identica a Scarlett Johansson, soprattutto nello sguardo.

Sguardo eroticamente killerTerminator nuda e cruda, senza se e senza ma.

Sì, un tempo per essere una grande attrice dovevi sostenere i corsi di Lee Strasberg e farti il culo.

Adesso, basta che hai la faccia da coniglietta e guadagni a patate, no, a palate.

Ci siamo evoluti molto, no?

Sì, come in Terminator 2, siamo dominati dalle macchine.

Come no? Prendere la foto da me scattata circa un’ora fa. Macchine parcheggiate in doppia fila dinanzi a un baretto di periferia.

Come fece John Connor, cioè il sottoscritto, a bere un caffè? Parcheggiai a duecento metri di distanza.

Vicino a un vicolo ove incontrai una simile a Linda Hamilton:

– Ehi, bel ragazzo, vuoi che ti faccia da mamma, stasera?

– Non ci penso neppure. Lei è pazza più di Sarah Connor. Non turbi le sessualità pure dei giovani, si rivolga a Robert Patrick. Sì, vada dal T-1000.

Quello lì, eh già, anche se lo squagli, torna sempre intatto.

Guardi, signora. Se io e lei stanotte facessimo sesso, lei mi brucerebbe più di Arnold Schwarzenegger.

– No hay problema.

– Hasta la vista, baby.

 

Ecco, il paragone fra Scorsese e Cameron non sussiste.

Scorsese sta facendo i sopralluoghi, appunto, per Killers of the Flower Moon.

Storia noir d’indiani arricchiti, di poliziotti corrotti, di troie a briglia sciolta, della tribù Osage che vuole fare lo scalpo al capo dell’FBI. Cioè J. Edgar /DiCaprio del film omonimo di Clint Eastwood?

No, DiCaprio sarà Tom White.

Chi sarà allora J. Edgar Hoover? Billy Crudup di Nemico pubblico?

No, ma Scorsese batte James Cameron trenta film a uno. Sì, James ha girato un solo capolavoro assoluto, Terminator, appunto.

Eppur DiCaprio fece il botto con Titanic.

Che vi devo dire? Hollywood è un losco giro ove Joe Pesci di Occhio indiscreto fa sempre la sua porca figura.

 

di Stefano Falotico
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THE PUBLIC EYE, Joe Pesci, 1992, (c) Universal

THE PUBLIC EYE, Joe Pesci, 1992, (c) Universal

Stranger Things 3, è arrivata l’estate, periodo per me sempre malinconico come se poi tutta la mia vita non lo fosse stata ma non lo fu, infatti


06 Jul

undici stranger things

Ho visto per ora soltanto l’episodio uno, da me opportunamente recensito. M’ha lasciato con l’amaro in bocca. Quel senso di studiata, sì, calcolatissima, sì, magia, altresì purissima, quell’alchimia reminiscente della nostra indole nostalgica da figli d’una generazione senza tempo, collocati nell’atemporalità, appunto, di una dimora evanescente, fluttuante in una sorta d’inter-zona neuronale ed emozionale non ben definibile, non l’ho captato, introiettato, sentito stavolta romanticamente battere nella mia anima.

Ora, i bambini di Hawkins sono cresciuti o, perlomeno, sono in piena fase teen da ragazzi irrequieti e già colmi, nei loro animi in via di growing up eppur ancora non corrotti dalla società adulta, di quelle pulsanti, inquiete e inquietanti, esistenziali incognite frementi per godere la vita pienamente.

Tant’è che i fratelli Duffer sembrano sempre più seguire una linea narrativa ispirata alle stagioni della vita da libro di Hermann Hesse. Sono dei Siddharta.

Ragazzi semi-uomini, semi-scemi che stanno seminando per il futuro a venire, che hanno superato la fase puberale e stanno iniziando a battibeccare coi loro conflitti emotivo-psicologici tipici della loro età acerba. Sono degli ibridi, feti adolescenziali che, dopo la pubescenza, si barcamenano alla bell’è meglio per sbarcare il lunario, osservando i pleniluni per ululare con qualche ragazza timidamente ignuda, per emanciparsi dai genitori, cercando la propria strada. Tant’è che il giovane Steve si è fatto assumere come improbabile gelataio forse perché nutre intimamente il sogno di comprarsi una Toyota Hybrid.

Di mio, mi ricordo che appena partì la mia adolescenza, m’immedesimai in De Niro di Taxi Driver.

De Niro che ora pubblicizza la Kia Niro.

Sì, di nome faccio Stefano e l’attore Joe Keery interpreta in Stranger Things la parte di Steve Harrington.

Quando la prima stagione uscì nel 2016, pensai che Joe fosse più vecchio di me. Solo ieri, andando a controllare su IMDb, ho scoperto che io sono più vecchio, in confronto a Joe, di tredici anni.

Cazzo. A 13 anni ero già un sexy beast come Billy Hargrove/Dacre Montgomery. Con una leggera differenza rispetto a Billy/Dacre. Lui è un burino che ascolta il metallo pesante, io invece a 13 anni ero già l’incarnazione di Montgomery Clift. E non ascoltavo musica, essendo un batterista afono eppur rumoroso delle mie apatie, delle mie afasie, delle mie ipocondrie.

Comunque, che afa qui a Bologna in questi giorni. Fa un caldo micidiale. Sì, gli uomini e le donne hanno molto caldo anche d’inverno comunque quando, dopo settimane lavorative durissime, il sabato sera danno vita a tutti i loro ardori castigati nei giorni feriali.

A me urlavano: oh, questo ragazzo non gliela fa…

 

Il Clift, da non confondere con Eastwood Clint. Clint ha 89 primavere portate da dio e sta girando il nuovo film. Montgomery invece…

Attore morto troppo presto, specializzato in ruoli melanconici. Cioè Falotico.

A 13 anni ero indubbiamente molto piacente. Tutte le Cara Buono, cioè le mie insegnanti borghesi più maledettamente frustrate ma milf altolocate, un po’ nel cervello tocche e forse dal marito non tanto più toccate, mi facevano l’occhiolino. Poi, facevano cadere apposta la matita dalla cattedra. Per chinarsi e lasciar intravedere qualcosa come quella cosa misteriosa di Sharon Stone in Basic Instinct.

Più volte chiesi loro, parimenti a Billy, se volevano prendere lezioni orali di tutte le lingue del mondo, essendo io già un precoce poliglotta. Amante di Babele e con un’indole da Lupo Ezechiele.

Invero, i porcellini erano gli altri. Io conoscevo l’arcaico, pure l’arabo, cioè un mio compagno extracomunitario di banco, e un portoricano, sì, uno della classe accanto, fratello di Benicio Del Toro di Escobar. Futuro capo pusher del quartiere extracomunitario della bassa Bologna.

No, non sono razzista né odio la società multietnica. Ho solo una forte etica. E chi spaccia non è, a mio avviso, un uomo degno di nota.

Non so perché, comunque, la mia insegnante alla Cara Buono, quando interrogava questo portoricano, lui le rispondeva alla buona e lei gli dava tante note. Forse di notte, lui le dava una dose di eroina per non frasi bocciare e lei, dopo aver trascorso la mattina a parlare dell’eroe dei due mondi, ovvero il Garibaldi, faceva la garibaldina appunto, sniffandoselo…

Il giorno dopo insegnava a noi studenti la Rivoluzione francese.

S, questo portoricano non era molto dotato mentalmente parlando, da altri punti di vista doveva essere un premio Nobel come Hermann Hesse.

Ah ah.

Il regista di Escobar della pellicola con Benicio fa di cognome… di Stefano. Io di nome faccio Stefano. Il massimo del vizio che mi concedo è una cioccolata calda della Ciobar.

Sì, ho commesso molti errori nella mia vita. Ma sono un criminale da strapazzo come Woody Allen.

Sì, criminale non lo sono proprio. Forse, a causa di troppi bullismi, persi la testa e, dopo essere stato strapazzato, impazzii e spaccai tutto, soprattutto il mio cervello.

Fui sedato, sin troppo calmato e acquietato. La libido andò a puttane in senso figurato, venni sfigurato e non solo il cervello fu compresso. Anche qualcos’altro.

Insomma, fui incompreso e compromisero il mio futuro. Comprimendo quel che non compresero.

Comprendete?

Vari psichiatri cercarono di capire come avessi fatto a perdere la testa a mo’ di Will Byers della stagione 2.

Fui fermato, per via delle mie escandescenze irrefrenabili, quasi da ebefrenico, perfino da un poliziotto giunto a casa mia per placarmi. Un tipo con una faccia da schizofrenico come David Harbour.

In verità, da adolescente ero amato da ogni Winona Ryder del quartiere. Ero il Johnny Depp della situazione.

Sì, ma mi chiusi sempre in casa. Anche le mie possibili amanti, comunque, non è che uscissero molto, anche se facevano entrare tutti dentro di loro. Le uniche volte che uscivano, per appartarsi e anche arraparsi nei parcheggi coi loro veri amanti, non lo sapevano neppure i loro genitori.

Figurarsi che cazzo ne potessi sapere io.

Sì, fui risucchiato dal Nightmare come il Johnny Depp. Mentre, nel profondo della notte, le mie coetanee praticavano i succhiotti.

Il massimo vizio che mi concedetti, a tarde ore, era un succhino di frutta.

Tornando invece a Stephen King, i suoi migliori libri sono quelli alla Stranger Things. Vedi Cuori in Atlantide e Joyland.

Sì, di me non è stato capito molto. Nemmeno da me stesso. Pensate che ho un tizio che mi odia da tempo immemorabile.

Per lui, sono sia Macaulay Culkin di Mamma, ho perso l’aereo che il vecchio visto da Macaulay, nel suddetto film, come un mostro.

Sì, per questo mio hater, sono il pagliaccio di Pennywise.

Mah, di mio so solo che il sole in questi giorni sta battendo troppo forte.

Va detto: nonostante tutto, sono sempre il numero uno.

 

di Stefano Falotico

macacaulay mamma aereo nighmare johnny depp David-Harbour-Stranger-Things-3

I morti non muoiono, i dementi per fortuna sì


08 Jun

robert mitchum night of the hunter

Ora, a quanto pare, già l’avevamo capito dalle prime recensioni arrivateci direttamente dal Festival di Cannes, The Dead Don’t Die pare essere davvero il film, non dico più brutto, ma più irrisorio, irrilevante e soprattutto irrisolto di Jim Jarmusch.

Regista che tengo in auge e che, a mio avviso, sino a oggi non ha mai sbagliato un solo colpo. Ancora stupendamente infatti m’immalinconisco, silentemente gemo nello specchio languido d’una bellezza soave e inaudita soltanto rammemorando alcuni frame di Dead Man.

Emozionandomi al solo scoccare nei titoli di testa della musica di Neil Young, incantato dalla prodigiosa, turbinosa, rugginosa fotografia in b/n oserei dire morbida e ondosa del compianto Robby Müller.

Opera capitale di Jarmusch. Assai incompresa e non poco ostracizzata dalla cosiddetta intellighenzia, ah ah, ai tempi della sua uscita. In pochi infatti immantinente s’accorsero di essere di fronte a un film stratosferico e accusarono Jarmusch di essere stato troppo meditativo e lento.

Sono le stesse critiche, espresse nei medesimi termini, peraltro che vengono scaraventate addosso adesso a I morti non muoiono. Accusato, oserei dire imputato da più parti di essere una pellicola, appunto, soporifera che affastella troppi temi senza riuscire a centrarne efficacemente nessuno.

Staremo a vedere.

Ma torniamo a Dead Man.

Un film che, per le sue abbaglianti, funeree, cimiteriali e tristi atmosfere mortifere, eh sì, ricorda La morte corre sul fiume.

Lo stesso Jarmusch fu molto chiaro a riguardo. Dicendo espressamente che The Night of the Hunter è stato per lui un film imprescindibile nella sua formazione artistica.

Non solo per lui, anche per me. La morte corre sul fiume è uno dei più grandi film di tutti i tempi. Un film che, in un sol boccone come il lupo cattivo Harry Powell/Mitchum, si mangia vivo ogni Elephant Man lynchiano e tutti i possibili Twin Peaks.

L’aggregatore di medie recensorie metacritic.com, sito comunque alquanto inattendibile date le cantonate tremende che spesso, tuttora piglia, gli assegna un incredibile, insuperabile, imbattuto 99%.

Cioè, inutile evidenziarlo e peccare di pleonastico trionfalismo, La morte corre sul fiume è forse il film, permettetemi sfrontatamente di dirlo, più bello di sempre.

Sì, non lo sapevate? Assieme a Taxi DriverRusty il selvaggioL’infernale Quinlan e forse Mulholland Drive, ah ah, secondo il mio modesto dunque superbo parere insindacabile, è uno di quei film che m’ha cambiato la vita e, nella fattispecie, diciamo, ha positivamente sconvolto e stravolto la mia percezione della realtà.

Unico film da regista del grandioso Charles Laughton, perla fra le perle d’incomparabile, mastodontica, immane bellezza suprema.

Dominato dalla spettrale figura gigantesca d’un Mitchum da incorniciare, oserei dire titanico.

Ecco, a mio avviso, inoltre sono davvero pochissime le interpretazioni che possono, se prese singolarmente, elevare un attore a mito immortale.

L’interpretazione di Mitchum è una di queste così come quella di Marlon Brando in Fronte del porto, quella appunto di De Niro in Taxi Driver, quella di Matthew McConaughey, eh sì, in True Detective, quella perfino di Christoph Waltz in Bastardi senza gloria.

Attori che, trasfondendosi illimitatamente nei loro rispettivi personaggi iconici, sono ascesi in un batter d’occhio a monumentali anfitrioni della Settima Arte tutta più ribalda. True Detective, così come Twin Peaks stagione 3, infatti non è una semplice, ordinaria serie televisiva.  Così come non lo è The Night Of.

Ah, scusate, avevo dimenticato di citare nel sopraccitato, succitato, super eccitante, ah ah, listino anche Scarface e dunque Al Pacino.

E ora permettetemi di essere maschilista, forse femminista, misantropo e un po’ De Niro di Cape Fear.

Sì, Johnny Depp in Dead Man si chiama esattamente come uno dei poeti più maledetti della storia, ovvero William Blake.

Bene, cazzoni e cazzoncelli, cazzari e bovari, se avete quarant’anni e non avete mai letto integralmente Songs of Innocence and of Experience, ecco prevedo per voi una vita da falliti come Steven Bauer di Scarface, appunto.

È inutile che v’impomatiate alla vostra età per una febbre del sabato sera da John Travolta della riviera romagnola. Siete oramai andati a puttane. Diciamocela.

Io non ho letto, nella loro interezza, i due masterpiece umanistici par excellence sopra menzionativi del Blake ma io so, sono io e io posso. Voi no, ah ah. Perché avete solo sonno.

Così come posso gigioneggiare al pari di Max Cady/De Niro di Cape Fear, stuzzicando le voglie peccaminose e, ahinoi, ancora illibate di giovani ninfee come Juliette Lewis.

Per provocarle, cito loro Henry Miller e il suo Sexus – Plexus – Nexus.

Non ho mai letto questa roba ma sogno anche una notte da motherfucker con la Jessica Lange dei bei tempi, parlandole tutte le lingue di Babele e salvandola dal cancro della sua privata vita piatta, regalandole fantasie erotiche da Tropico del Capricorno.

Con me Jessica Rabbit, no, scusate, Jessica Lange capisce che il King Kong di John Guillermin non è nulla in confronto alla potenza da gorilla del mio sexy beast da mandrillo. Io non ho bisogno di stupirla con effetti animatronici e speciali da Carlo Rambaldi ma so che, con Nick Nolte, lei fa la brava signora imborghesita, mentre con me capisce di essere Jane poiché Tarzan è solo una scimmia in confronto al sottoscritto, sopra di lei ritto.

Non dovete ridere come scimpanzé dinanzi alle stronzate che puntualmente vi dico, io ho carisma e dunque basta che mi diate sventole in faccia.

Sì, le prendiamo tutte. Quella sberlona lì di nome Giovannona e anche quell’altra figona di nome Susannina.

In verità, io e le donne non leghiamo molto. No, altro che liane da amori selvaggi nella giungla. Le donne mi fanno girare solamente i coglioni e le mando sovente a farsi fottere. Stanno sempre a cucire le maglie di lana d’estate e d’inverno hanno caldo, sessualmente parlando.

Sono cioè delle ipocrite.

Sì, le donne sono falsissime. Noi uomini invece siamo più alla bona.

Vi racconto questa.

Una scrittrice-poetessa-attrice teatrale scespiriana con cinque lauree in Letteratura Arcaica, specializzata nell’arabo, soprattutto in quello odiato da Salvini ma da lei (a)dorato, in sanscrito, esperanto, francese della Papuasia e celtico di Bombay, ha esibito la sua magnifica minigonna su Facebook:

– Complimenti, sei una donna molto bella.

– Grazie. Guarda però che oltre alle gambe c’è di più. Non mi fanno piacere certi complimenti. Io voglio essere apprezzata, venerata per il mio intelletto.
Insomma, questa qui era mezza smutandata. Se voleva essere ammirata per il suo cervello, dico io, perché mai s’è mostrata a ogni u… lo spensierato con tale posa sbracata e forse svaccata?

Insomma, non ci crede nessuno.

Sì, le donne sono come Michelle Pfeiffer di Scarface. Consapevoli di essere molto belle, capiscono altresì che Robert Loggia è oramai un rincoglionito sputtanatosi e allora sposano Al Pacino. Un tipo losco e alla Fabrizio Corona con cui hanno ancora molto tempo per divertirsi e spassarsela.

Le donne non sanno che farsene di Dante Alighieri, vogliono il macho volgare che le riempia, soprattutto di soldi, che le porti a ballare e a cui non devono dimostrare di essere Rita Levi Montalcini o di avere la mente di Margherita Hack.

Che se ne fanno queste super patonze dell’astrofisica e della neurologia quando invero desiderano solo un nuovo, brillantissimo orologio e uno yacht ove esporre nudamente la propria merce e tutta la pregiata bigiotteria stronza?

Oggi, nessuna donna vuole diventare astrofisica. Vanno tutte in palestra per divenire fighe galattiche.

E di quell’altro povero cristo di Bob De Niro di Casinò ne vogliamo parlare?

Un genio dall’intuito infallibile la cui unica, vera colpa è stata quella di essersi affiliato alla mafia.

Per il resto, è intoccabile quasi quanto Kevin Costner di The Untouchables.

Ah, che testa il Sam Rothstein/De Niro ma finisce peggio di Al Capone. Uh uh.

S’innamora pure perdutamente della troia per antonomasia del locale, Ginger/Sharon Stone, ed è emotivamente legato a quel matto scriteriato di Nicky Santoro/Joe Pesci.

Ginger lo tradisce platealmente col figlio di bagascia Lester Diamond/James Woods ma ogni volta Sam chiude un occhio anche se, su queste scopatelle-scappatelle, non ci dorme la notte.

Alla fine, Ginger va pure con quel nano del suo amico del cazzo. Roba che, in confronto a Pesci, il grande, deceduto Verne Troyer di Io, me & Irene è elevatissimo, non solo di statura. Sì, Verne fu decisamente più alto di André René Roussimoff, ex lottatore artisticamente, si fa per dire, conosciuto col soprannome The Giant.

Gli uomini, comunque, sono peggio. Ci sono gli operai disperati che non sanno che Joe Pesci, no, pesce pigliare e allora vendono lo squalo al mercato. Ci sono dunque gli intellettuali della minchia che, avendo molto tempo per cazzeggiare, parlano di film che manco hanno capito.

Mentre io sto sempre più diventando Mel Brooks, John Belushi e pure Bill Murray. Io so benissimo chi sono. Io non sono. Voi invece, oltre che pazzi, siete idioti. Pensate di essere vivi ma siete già nell’anima da una vita morti.

Ma davvero vogliono fare lo scambio fra Ancelotti e Conte? E quella veramente è una scambista?

È una cubista? Nel senso che ama Picasso? O s’è ritoccata il culo con Picasa?

Che tragedia mostruosa.

Terrificante, agghiacciante.

Non importava quanto uno fosse grosso, Nicky partiva alla carica. Se lo attacchi con i pugni, Nicky torna con una mazza. Se lo attacchi con un coltello, lui torna con una pistola. E se lo attacchi con una pistola, ti conviene ucciderlo, perché continuerà a tornare e tornare fino a quando uno di voi due non è morto.

(Robert De Niro con la voce di Gigi Proietti)

di Stefano Falotico

bill murray lost in translation dead man johnny depp de niro cape fear

 

 

Joe Pesci di Casinò è il mio idolo


04 Jun

pesci casino

Joe Pesci nella parte del manigoldo, folle, scriteriato gangster Nicky Santoro di Casinò, l’ultimo, vero capolavoro assoluto di Scorsese, è qualcosa di veramente impressionante sotto ogni punto di vista.

Il film è già magnifico di suo, con un De Niro al top, egregiamente doppiato da Gigi Proietti, una Sharon Stone mai così brava, infatti candidata all’Oscar, e un James Woods da prendere a schiaffi per quanto è schifoso e lercio.

Ma, onestamente, se non ci fosse stato Pesci, Casinò avrebbe perso qualche punto. Qualche? Io direi tantissimi.

E ora capisco, dopo averlo visto per la milionesima volta l’altra sera, perché Scorsese non abbia demorso quando Pesci, rifiutando più e più volte di tornare a recitare per The Irishman, dopo il suo ritiro ufficioso e dunque, nonostante tutto, mai ufficializzato, non voleva esservi e alla fine Marty sia riuscito ad avere il suo sì per la parte assegnatagli di Russell Bufalino.

Perché un film di mafia di Scorsese senza Pesci accoppiato con De Niro, cazzo, è come un piatto di maccheroni senza il Grana Padano.

Pesci e De Niro assieme fanno faville. Le loro scene in Toro scatenato… oh, ne vogliamo parlare?

Puri fratelli coltelli, come si suol dire, Caino e Abele.

Ed è stato proprio Pesci, di cammeo indimenticabile, a condividere con De Niro la celeberrima scena dell’assicurazione…, ecco, ci siamo capiti, in C’era una volta in America del Sergio Leone.

È Pesci lo spettacolo vivente di Quei bravi ragazzi. L’unico attore forse della storia del Cinema così tanto gigione ed esuberante sul set quanto timidissimo nella vita reale. Talmente timido che, alla notte degli Oscar nella quale fu premiato come migliore attore non protagonista, appunto, per Goodfellas, gli tremarono le gambe sul palco e seppe bisbigliare solamente un appena impercettibile thanks. Visibilmente emozionato e sopraffatto da un battito cardiaco vicino all’infarto in diretta.

Nicky Santoro, da non confondere, peraltro, con Rick Santoro/Nicolas Cage di Snake Eyes, Omicidio in diretta. Appunto.

Né con Michele Santoro, tele-giornalista famosissimo che ama le tribune elettorali ma non so, sinceramente, se ami Richie Sambora dei/l Bon Jovi.

Sì, è devastante in Casinò, Pesci…

Uno psicopatico mai visto a cui piacciono da morire le ballerine, amante della fellatio sopra ogni cos(ci)a.

E poi che genio è quando prima tradisce il suo amico, trombandosi sua moglie Ginger/Sharon Stone, assicurandole che ucciderà, appunto, suo marito Sam/De Niro in cambio di favori, diciamo, sessuali e poi, uh uh, quando lei, arrabbiatissima e assalita appunto da voglie omicide nei confronti del suo consorte mai davvero amato, gli chiede di ucciderlo, oh oh, ecco che Pesci la piglia a sberle, l’afferra per i capelli, la butta giù dalle scale e le urla in faccia pure platealmente… troia.

E fa il botto!

Prima di ricevere tante botte.

 

 

di Stefano Falotico

Il Cinema e la Musica italiana ci deludono sempre, platealmente, anche la Settima Arte americana sta andando assai male, per fortuna esiste Scorsese


01 Jun

rambo 5 poster

Italoamericano doc con la sua compianta madre che gigioneggiava sempre di cammei strepitosi, preparando le polpette come il piombo che fanno bum bum in Quei bravi ragazzi e arrabbiandosi dinanzi alle bestemmie di suo marito in Casinò. Donna che sapeva far di conto non solo alla cassa bensì nella sua famiglia. Non quella dei Corleone, però, istruendo Martin alla giustezza. Poiché Martin, come Harvey Keitel di Mean Streets, era combattuto se associarsi alla piccola manovalanza del crimine di Little Italy oppure se farsi fariseo prete. Seguendo la tradizione ipocrita di molti figli d’emigrati che, non trovando una buona sistemazione, finirono col pontificare da quale pulpito…

Donna che educò zio Marty a sacri, inscindibili valori veri e veraci. Martin comprese, come in The Departed, che non possedeva, nel bene e nel male, il fisico e la cattiveria per superare i test attitudinali d’una polizia fascista, ma non aveva neppure i requisiti genealogici e caratteriali per diventare un gangster cinico e cattivissimo. Traviato e debosciato, soltanto in riga irreggimentato.

Un uomo, il Martino, sempre dubbioso. Anche se bere un Martini o un’Oransoda. Un uomo sodo che forse voleva assurgere a moderno Gesù precipitato nell’inferno di Hell’s Kitchen come il suo paramedico di Al di là della vita. Ma comunque amava troppo le donne per santificarsi e si concesse il lusso dell’Ultima tentazione di Cristo con Rossellini Isabella. Una che all’epoca era bellissima. Più figa di Barbara Hershey.

E divenne appunto un cineasta di risma, non un teppistello da squallide risse né un predicatore dei poveri…

È per questo che adoro, venero, idolatro più di una comare palermitana nei confronti del sacro rosario, il suo Cinema violento, cazzuto, religiosamente arrabbiato e viscerale, corporeo e al contempo intriso di pura metafisica incendiaria come Toro scatenato, il suo romanticismo sfrenato come quello di Sam Ace Rothstein per la sua Ginger/Sharon Stone. Un uomo talmente innamorato, il Sam, da regalare la chiave non solo del suo cuore, bensì quella patrimoniale, alla protagonista di Basic Instinct. Una a cui io darei solo quello… e basta. Capace che poi, come in Casinò, lega nostra figlia a letto mentre lei se la spassa col tuo amico d’infanzia, un povero cazzone, e con un pappone di bieca ordinanza, un James Woods di nome Lester Diamond. Un uomo poco adamantino, un puttaniere incallito, un viscido truffaldino.

Che capolavoro Casinò. Un film peraltro doppiato da Dio, con un Manlio De Angelis al suo massimo storico, un Gigi Proietti migliore di tutti gli Stefano De Sando e i Ferruccio Amendola possibili, e quella figa pazzesca…

Ah, Sharon, già il nome m’accende e volo/a alto. Profuma di stronza di classe, di provocatrice d’alto bordo. Mica come queste popolane attricette che stanno in Italia. Paese che, come giustamente asserì Pier Paolo Pasolini, finge di essere progressista e culturalmente avanzato, invece rimane puntualmente, ciclicamente, ciecamente fermo ai suoi bassi rituali, al suo raccapricciante, scandaloso classismo sociale, alle sue varicose vene e alle sue vane, effimere lotte operaie dinanzi a gente come Berlusconi e suo figlio. No, non Pier Paolo, Pier Silvio. Uno che sa come accontentare il popolino, riempiendo le tasche di quell’ipocrita di J-Ax. Il quale a sua volta, con gli anelloni al dito e i miliardi che gli escono pure dalle orecchie, continua ad ammorbarci coi suoi tormentoni, adesso con Tormento.

Canzone furbissima ascoltata da una generazione disperata di ragazzi, ahinoi sprovveduti e troppo ingenui, che non sanno come scaricare le loro benedette ire se non scaricando la musica di uno che, dietro la facciata dell’underground da centri sociali, invero solamente /vili prende per il culo. Assolutamente.

Così come fa il Cinema italiano. Nanni Moretti lo definiva e definisce tuttora Cinema ricattatorio e ruffiano.

Cioè quel Cinema che pare ammantarsi di un’aura impegnata e pedagogicamente inappuntabile, in realtà compiace soltanto i malumori della gente frustrata, consolandola con quello che la gente vuole sentirsi dire. Suonandosela e cantandosela, appunto.

Uguale alle canzoni di Vasco Rossi. Uno che ancora riempie gli stadi perché l’uomo medio, rappresentante della maggioranza, s’identifica in questo asino che raglia e che parla, declama la libertà con più soldi di Bono Vox degli U2. E fu lanciato perfino dagli Stadio…

Sono stanco perfino di Marco Bellocchio e Gianni Amelio. Un tempo erano forti, Così ridevano, schierati davvero contro un sistema corrotto. M’hanno anche loro rotto.

Col loro Cinema a metà strada tra una fiction con Giorgio Tirabassi di Pietro Valsecchi e un programma elettorale, un Cinema falsamente politico che va perennemente, noiosamente a parare sui capi dei capi, su Cosa Nostra, sulla malavita organizzata, su Tangentopoli e gli intrallazzi perfino dell’ex papa Ratzinger, dei paparazzi e gli strafalcioni lessicali di Antonio Razzi.

Anche The Irishman sarà un film di mafia, come si suol dire.

Ma qui viaggeremo su alti livelli, a grandi velocità come in Ford v Ferrari del grande James Mangold.

Ecco, siamo stanchi di questo vecchiume italico, di questi bellocci e di questi sterili, deprimenti balletti.

Di questi vecchietti a vent’anni e di questi tromboni in verità solo emeriti coglioni.

È arrivato Rambo.

Anche se il trailer del quinto è una bella porcata…

rambo-last-blood

woods stone casinodi Stefano Faloticode niro stone casino

A proposito di The Italian Stallion, ovvero Sly: un tempo non mi risparmiavo e sognavo di essere Rocky Balboa…


27 May

saga rocky blu rayAdesso devo centellinare ogni spesa, anche quella del dentifricio della Coop, per risparmiare e potermi permettere, oserei dire, il lusso di comprarmi il Blu-ray di Rocky – La Saga Completa a prezzo scontatissimo di 13 Euro e 38, salvo… spese postali eventualmente gratis se mi abbono ad Amazon Prime.

Ho detto tutto. La mia vita è stata un franchise di sfighe a ripetizione, di spinoff e reboot ricalcati sulla solita trama con poche variazioni tematiche. Ovvero, ogni qualvolta credetti che si fosse accesa in me la spina, ogni volta che pensai d’aver imboccato la via della svolta, ecco che la gente noiosa e spenta, volendomi imboccare con le sue buoniste rose, adattandomi alla sua visione falsa, melensa e retorica, mi ha urlato che sono eternamente un brocco che nessuna ne imbrocca e imbroccherà, mi ha tolto pure le brocche d’acqua naturale, gridandomi che non sono e non sarò mai dotato di sufficienti, robuste spine dorsali (sì, non ce n’è solo una) per poter resistere in un mondo di bestie e dementi.

Sì, non ho mai preso ripetizioni da nessun insegnante. Però io posso dar lezioni a tutti.

Mi do, malgrado quest’inutile eppur lodevole virtù, solamente un altro paio di anni. Al cui scadere, no, non sarò miracolato come Re Artù, estraendo la spada nella e dalla roccia, bensì sarò in modo truculente infilzato dalla caudina forca di questa società medioevalistica e fetente. A partire dalla mezzanotte scoccata di quest’ultimatum datomi, altro che Cenerentola, avrò solo due scelte esistenziali e lavorative a cui abiurare come Andrew Garfield di Silence:

o andrò a elemosinare ai semafori oppure, essendo oramai fuori tempo massimo per insegnare, fuori dalla mia porta sgarrupata di casa, metterò su l’insegna con la scritta epocale e stoica come il celeberrimo underdog di Philadelphia interpretato da Sylvester:

stallone italiano sfiancato per colpa della crisi incombente, più che morto di figa, sta morendo di fame.

Per ovviare a un probabile suicidio immediato, diciamo coming soon, invisibile non soltanto sul grande schermo bensì pure alla tv locale, visto (da nessuno…) che se morirò non mi dedicheranno certamente un servizio tele-giornalistico ma mi daranno e regaleranno la patente di loser mai nato, sì, potrò salvarmi, reinventandomi come Rocco Siffredi delle periferie del sottobosco bolognese.

Uomo totalmente a pecora riceve gentili signori abbienti per luculliane carnalità abbondanti dalle 9 e mezza del mattino sino alle 20.00 di sera, da cui i film di Paul Schrader, American Gigolo, The Walker, eccetera, eccetera, previo almeno mezz’ora di pausa pranzo ove deve nutrirsi. Non di arrosto alla griglia bensì d’insalata rancida.

Sì, do merito a Sylvester, come ho più volte scritto, di aver tirato fuori dal cilindro questi due personaggi meravigliosi del Balboa e del Rambo.

Ma, a settantatré primavere, la dovrebbe finire di camminare sulla montée des Marches del Festival di Cannes, tirando in dentro lo stomaco certamente muscoloso e prominente, altresì grassottello, con tanto di toupet e quella finta topa di sua moglie, Jennifer Flavin.

Il machismo, caro Silvestro, è finito non all’ultimo giorno dell’anno scorso ma da quando il rambismo è passato di moda anche per Carlo Verdone di Troppo forte.

Aggiornati, suvvia.

Va sempre così per tutti. I giovani si ribellano alla generazione dei loro padri, alcuni si credono fichissimi, altri Tom Cruise di Fuori i vecchi… i figli ballano.

Quelli che si sono trovati meglio nella vita son stati quegli analfabeti che sono andati a lavorare a 14 anni e ora, a 35, sono dei puttanieri incalliti che se la godono da matti. E pigliano anche Kenneth Branagh per coglione.

Come scrisse il grande Allen Ginsberg:

(EN)

«I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked, dragging themselves through the negro streets at dawn looking for an angry fix, Angel-headed hipsters burning for the ancient heavenly connection to the starry dynamo in the machinery of night […].»

 

(IT)

«Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte […].»

 

Stasera, comunque trasmetteranno ancora per l’ennesima volta Momenti di gloria.

Musiche di Vangelis.

La mia vita non varrà forse una sega, no, saga. La vostra è veramente invece una mostruosità oscena.

Sì, la vostra esistenza è un Porno proibito.61110106_10213737070203861_5222764241496309760_n

di Stefano Falotico

porno proibito

 

Genius-Pop

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