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Perché questa generazione aspetta in maniera febbricitante il Joker con Joaquin Phoenix?


19 Apr

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La risposta è facilissima.

Ora, sappiamo invero ancora poco, nei dettagli, della trama. Il Joker con Phoenix, diretto da Todd Phillips, è esplicitamente ispirato alla graphic novel The Killing Joke.

Molto vagamente però. In questa storia fumettistica, si narra che il Joker, prima di diventare tale, cioè il Principe del Crimine, era uno standup comedian di bassa categoria, costretto a esibirsi in bettole e locali di quart’ordine.

Ora, lo sceneggiatore Scott Silver è troppo in gamba perché possiamo pensare che abbia copiato alla lettera il fumetto.

Infatti, già dal trailer e, peraltro, come già anticipato da precedenti rivelazioni, siam venuti a sapere che il Joker si chiama Arthur Fleck e vive con la madre. Che lui cura da un brutto male. Almeno questo è ciò che abbiamo inteso.

Non abbiamo però compreso se la madre sia malata di tumore, di depressione grave oppure d’invalidanti turbe psichiche.

La madre è interpretata da Frances Conroy. Attrice notevole dai lineamenti inquietanti.

Già maniaca religiosa in Stone con De Niro.

Ed ecco che Silver inserisce proprio Travis Bickle di Taxi Driver, Rupert Pupkin di Re per una notte. Per omaggiare De Niro stesso e il suo anfitrione Martin Scorsese. Scorsese, che inizialmente veniva accreditato come producer di questo Joker, invece adesso è scomparso dai credits e non sappiamo se verrà annoverato come finanziatore della pellicola. Staremo a vedere.

Todd Phillips… uhm, è un autore? Troppi pochi film per poterne essere sicuri. Sicuramente è un regista abile e comunque di talento. Uno che in questo progetto vi crede molto. Fermamente.

Poi, abbiamo Murray Franklin/De Niro nei panni di un Mike Bongiorno misto al David Letterman più bastardo.

Per inciso, The Comedian di Taylor Hackford, appunto, con Bob De Niro perché nessuno lo distribuisce in Italia?

Guardate che, a dispetto della media recensoria assai bassina della Critica statunitense, è un signor film. Una commedia dolceamara in stile Woody Allen. Anche se meno acuta.

Voi mi chiederete… Dove l’hai visto? Io vedo tutto. Ho anche il Blu-ray acquistato da Amazon.

Ora, De Niro in questo film pare che incarnerà e rappresenterà, involontariamente, la causa scatenante della pazzia del Joker.

Insomma, un personaggio televisivo paragonabile al Jack Lucas/Jeff Bridges de La leggenda del re pescatore. Con una piccola, importantissima variante. Bridges, in preda al gigionismo, nel suddetto film di Terry Gilliam, aveva incitato un radioascoltatore a spararla grossa.

L’uomo, travisando (torniamo a Travis…) le sue parole scherzose, in una distorsione interpretativa assurda, compiva realmente una strage. Uccidendo a sangue freddo la moglie del professore interpretato da Robin Williams. Il quale, in seguito alla tragedia, impazziva.

Insomma, Bridges era stato l’indiretto responsabile della follia di Williams. Cioè aveva reso Williams un interdetto.

Franklin/De Niro, invece, chiama nel suo talk show Arthur Fleck. E, dopo averlo ripetutamente umiliato con battute sprezzanti di dubbio gusto, Arthur crolla.

Uhm, troppo presto per dire se De Niro sarà la sola causa della follia di Arthur. O se, invece, come quasi sempre accade in questi casi, sia stata solamente la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Se cioè, oserei dire invero, Arthur già soffriva di forti fragilità psicologiche e, dinanzi all’ennesima batosta potente, abbia perso il cervello completamente.

Un uomo buono, Arhur. Ma non credo affatto tonto. Premuroso e speranzoso, semmai.

Uno che, parafrasando Loredana Bertè, ci credeva, sì.

Credeva, nella sua utopia sognante da eterno adolescente, che davvero in questo mondo chiunque potesse e avrebbe potuto vivere felice, lontano da una realtà squallida, volgare, violenta e misera.

E poteva accontentarsi della sua forza fantasiosa, della sua poesia malinconicamente dolce e forse finanche romantica. Struggente e un po’ patetica, certamente, ma meravigliosa.

Il mondo invece è crudele. Non lascia scampo. Perseguita chi non sta ai patti sociali fatti di competizione, suprematismo e, diciamocelo, orribile edonismo.

Quelli della mia generazione ne sanno qualcosa.

Ha sempre impazzito, no, impazzato l’osceno termine sfigato.

Per sfigato, genericamente parlando, s’intendeva e ancor s’intende una persona iellata, di scarsa fortuna. A cui non ne va dritta una.

Secondo invece il modus ragionandi degli adolescenti, ahinoi anche di molti adulti deficienti, sfigato è colui che non possiede una vita sessuale e affettiva. O, se ce l’ha, è comunque molto esigua e frustrante.

Dunque, quest’appellativo, spesso tutt’ora lanciato a destra e a manca, soprattutto dai destrorsi, con bacata, arbitraria, scriteriata, microcefalica faciloneria balorda, con stoltezza incommensurabile e vanagloriosamente cretina, oserei dire ripugnante, già la dovrebbe dire molto lunga su che razza di società noi abbiamo vissuto e, purtroppo, continuiamo a vivere. Mi stupisco che anche voi, voi che vi dichiarate colti e intelligenti, ancora abbocchiate a questi idioti luoghi comuni.

Una società filonazista da Benvenuti a Marwen.

Una società senza valori.

Che basa i rapporti interpersonali, appunto, sul primato di grandezze superomistiche assai effimere.

Una società di primati, scimmiesca.

Una società bruciata come un fiammifero.

Porca, lercia, puttanesca.

Per questo le persone migliori di questa generazione aspettano con ansia, forse anche con attacchi di panico, eh eh, il Joker.

Perché, come Arthur Fleck, hanno capito che quasi tutto ciò che ci avevano insegnato, ovvero l’educazione civica, il reciproco e solidale rispetto, i valori come l’amicizia, l’amabile convivenza fraterna, l’amore e il romanticismo sono oramai concetti ridicoli e superati, anacronistici in questo mondo d’imbecilli stronzissimi.

E che la cultura non è niente se non è finalizzata ai soldi e al procacciarsi la carne da mangiare…

Un mondo ove tu puoi essere Dostoevskij ma devi sapere che un pornoattore analfabeta con un fisicone da toro se la gode da matti. Alla faccia tua. Tanto bellina.

Perché è nato ricco. Oppure semplicemente non gliene frega un beneamato c… o di nessuno.

Questa è la base del tradimento del comunismo. Il bacio di Giuda…

Dunque, in una società di farfalloni straviziati e viziosi che dicono agli altri pagliacci, mi pare giusto che, dirimpetto a tali sorrisi falsi, qualcuno non si sia adattato all’andazzo.

Che abbia avuto il coraggio di dire, no, non cresco… poiché sono io quello cresciuto, siete voi invece i nani buffoni. E andreste tutti internati in manicomio.

Sono personaggi come Balboa di Rocky V.

Uno che accetta tutto. Accetta ad esempio che dei bambagioni gli dicano fallito e coglione.

Ma non accetta che si vadano a toccare persone che non c’entrano niente con queste sozze bassezze.

E allora lì diventa una furia.

Sono personaggi come Viggo Mortensen di A History of Violence. Come si suol dire, teneroni, buoni e cari perché portano rispetto. Signorili e gentiluomini.

Ma tu, bifolco, sei entrato in questo bar per fare un macello, hai toccato la mia famiglia, e mio fratello non lo sarai più.

Mai più.

È una lezione di vita pesantissima, atroce.

Sacrosanta.

La lezione di vita che questa disturbata società ha prodotto. Una società schizofrenica, marcia, malata.

Dobbiamo riscoprire i nostalgici nostri sentimenti forse non del tutto perduti.

di Stefano Falotico

ll Joker Rosso Malpelo, forse Marino, dice il suo verismo


06 Apr

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Senza peli sulla lingua.

Un saggio critico riguardo il valore di alcuni miei libri mi ha reso molto felice, entusiasta di me stesso.

No, non mi piace auto-incensarmi. Peraltro, lo trovo sconveniente e inopportuno.

Poiché è gradevole ricevere dei complimenti ma si viene anche investiti di carature, di responsabilità che spesso non mi sento d’indossare. Non ho il carattere. Non per codardia, solo perché mi stancherei di essere una star.

Avrei sempre i riflettori puntati, gli occhi addosso. Se andassi, di prima mattina, a bere un caffè in un bar di periferia, coi capelli spettinati e la tuta mal stirata, qualche pazzo paparazzo venderebbe la mia foto a caro prezzo.

Deridendomi poi con la scritta falsissima: guardate come si è ridotto.

Però posso attestare che questo testo mi ha inorgoglito soprattutto perché è stata un’analisi lucida, anti-retorica dei miei lavori e probabilmente della mia anima.

I personaggi di Stefano Falotico corrono, vanno, cercano, si dimensionano diversamente, in base ai casi e alle circostanze, ma mai in qualità di vittime reali, bensì di protagonisti, anche impavidi e caparbi. Essi sono la volontà che incide nella loro vita. Quando i casi della vita vogliono che essi tornino al loro quotidiano essere, scoprono in se stessi una sorta di ambiguità, di plurivalenza, di crudeltà, di crudezza e nel loro cuore rinvengono un “cruciforme” destino. Essi non si deprimono mai: lottano, escono allo scoperto, vincono e perdono, ma non sono mai realmente sconfitti. In loro si legge: desiderio, brama, moto variamente accelerato, ricerca della vastità del creato, in una specie di sublimazione che consente loro di uscire dal greto del fiume della vita per cercare un’onnipotenza personale, in un “irreligioso” silenzio. Essi troveranno siepi e alberi, aspre montagne e fiumi agitati, alte maree e ripidi camminamenti, tunnel e altipiani lussureggianti. Essi troveranno estati, primavere, autunni e inverni. Ma non si arrenderanno al destino o al fato. In loro la lotta è un “classico essere” e un “azzardato divenire”. Incontro, scontro, conversazione, avversità, devozione, “dialogismo”, biasimo, amore, “disamore”, dolore, costanza, “endemica malattia”, catastrofe, polimorfismo e fallimento si aggrovigliano in un “enclitico” divenire, che fa sì che un’azione priva di tono ne assuma uno, avvalendosi di un “precedente soggetto”. Tutto l’insieme diviene in Stefano Falotico “filosofia vitale” e “naturale disfacimento” in vista di successive “grandezze”. Grandezze che egli non identifica, ma che lascia intuire o supporre, perché è cosciente che sia un cattivo scrittore colui che fornisca soluzioni o che faccia di ogni argomento una “tematica” per riduttive conversazioni.

No, non vi è mai piaggeria nei miei libri. Perfino in quelli all’apparenza patetici, lagnosi. Nemmeno nei miei scritti più infoiati, infervorati, ardimentosi.

V’è una sempre più profonda presa di coscienza ineludibile sulle molteplici sfaccettature del mondo. Un’impietosa consapevolezza, specie nei confronti di me stesso, del fatto che non esiste e non può in alcun modo esistere la verità assoluta, ognuno vive la sua realtà, ognuno ha il suo mondo.

Non vi è sconsolazione, chiamatela anche col sinonimo sconsolatezza, non sono dei piagnistei tristi e miserevoli, non sono ravvisabili in essi gracchianti, indisponenti lamenti. No, non sono delle lagne. Delle elegiache prese di posizione. Non sono radicali neppure quando mi esprimo su certi universali temi in maniera quasi dogmatica e assolutistica. In una parola, convinta.

Perché lascio continuamente spazio al dubbio. Do importanza alle incognite, agli esistenziali enigmi.

Anche quando tostamente parlo di rivoluzioni, mi riferisco in particolar modo ai moti dell’animo. Agli invisibili cambiamenti che lo sguardo esterno non vede, forse non vuol vedere, ma che in noi avvengono, son già avvenuti. Forse ci son sempre stati, dovevamo soltanto aspettare che il tempo facesse sì che potessero mostrarsi, liberi da ogni sovrastruttura e mascherata dura.

Mi soffermo sui nostri interiori mutamenti che si riflettono conseguentemente sulla nostra percezione del mondo, a sua volta in perenne, impercettibile metamorfosi furente.

Sono libri veri. So che il termine veri induce al sorriso.

Ma vi è una sottile, infinita diversità fra il verismo e la verità. La verità, come detto, è illusoria, in un certo senso perfino utopistica. Come dico spesso io, solipsistica.

Il verismo invece è un atteggiamento intellettuale, psichico e ragionativo che si esplicita nella schiettezza.

Appunto, nella purissima presa di coscienza.

Col tempo, ho imparato a ironizzare, a sdrammatizzare sulle mie sfighe. Prima, semmai abbozzavo, facendo la figura del coglione.

Adesso sono diventato un commediante della tragedia umana di noi tutti.

Scherzo su quelli della mia generazione. Persone, a cui io stesso m’annetto, oh povero inetto, oh me, misero e poveretto, che senza autorevolezza e credenziali formali dissertano di Cinema e sulla vita tutta, sentenziando con fare perentorio. Arrogante, superbo da sapientoni.

Persone con ampie competenze. Non lo discuto. Ma che di mestiere non fanno propriamente i critici. Ma critici, d’altronde, lo siamo tutti.

Giudicare è facile, è lo sport nazionale.

Molti poi sono insaziabili. I loro video ottengono trentamila visualizzazioni ma non si accontentano della loro già ampia, invidiabile fetta di pubblico. Vogliono arrivare a quota centomila. Guadagnando un milione di dollari l’anno.

Le modelle su Instagram non ci stanno. Sul non ci stanno, vi chiedo di riflettere. Avete i soldi? E come fanno allora a starci? Comunque, non ci stanno lo stesso. Eh sì.

Una loro foto ha ricevuto la bellezza di 3 milioni di LIKE ma ecco che stanno “lavorando” a un altro shooting.

E, in questo gioco competitivo assurdo, oserei dire baroque, farlocco, grottesco, allucinante, non vince nessuno. Anzi, diventate, ora dopo ora, quel che non siete più, figli di questa modaiola era di maschere di cera.

In questo mondo farlocco, appunto, solo il Falotico, sinonimo di stravagante, è un essere anomalo e non è mai nell’anima vacante. In quanto eterno, imperturbabile Joker contento della sua “pochezza” aitante. Giammai sbraitante.

Uomo buffo che dà i buffetti, non desidera carnali buffet, che non abbaia come i cani.

Sì, vergo qui, fratelli, sorelle, compaesani, concittadini, nazional-popolari, contro ogni fascismo nazionalista, contro ogni ideologia sessista, contro ogni razzistica mentalità bigotta, contro ogni suprematista che diagnostica il prossimo in quattro e quattr’otto, il mio alter ego Giovanni Verga, in quanto uomo che vorrebbe amare una donna Vera, di nome ma non so se di fatto perché, onestamente, deve ancora farsi, e cantare al plenilunio come un uomo lupo che non deve più vergognarsi di essere affetto da licantropia cupa.

Sì, son lupo, le donne mi allupano e bevo birra di ottimo luppolo. Non è ancora giunto il momento di pregare la divina Provvidenza a mani giunte, a braccia conserte, genuflettendomi in segno di discolpa dinanzi ai miei (s)confessati pudori. Non è ancora arrivato il momento di abdicare alla demenza e lanciarmi giù nel dirupo, no, non ho mai a nessuno chiesto aiuto, a differenza di molti di voi che elemosinano compassione all’assistenza sociale, pregate la Madonna affinché vi faccia la grazia di salvarvi dalla vostra ignoranza e vi possa donare in grembo una donna vergine e pure vertiginosa d’amare liberi da ogni diavolo tentatore. Vi avrebbe studiato il Lombroso.

Che squallore!

Dovete sudarvela, qui non si regala niente. Bisogna farselo, come si suol dire. Io, nonostante gli ammaccamenti, le botte solo in testa (di altre botte, lasciamo stare subito), non demordo e ancora, polemico, azzanno chi mente dinanzi al vero e abbranco il capo branco che non vuole riconoscere le sue colpe da volpone che ora, bastonato, arranca. Mi dilanio, mi sventro ma non mi svendo! Non mi arrabbio. Mi arrangio…

Sì, ammaccamenti a tutt’andare ho ricevuto durante il tremendo viaggio. Ma solo quando compresi che non ero un eroe e non sono un uomo-macchina bensì un uomo e basta, ho sentito e vivamente sento la vita adesso in ogni magnifica, giusta ansia che finge di non interessarsi al sesso ma fa solo la figura del fesso? No, questo è ciò che voi vorreste che io dicessi. Io invece dico che son enormemente senziente non al dolce far niente bensì al far quel che mi va. Sento ogni incanto dei miei turbamenti. E non mi dolgo se tu non mi vuoi, se una che amo non mi ama. Infatti, no, non ne soffro, praticamente in tale struggimento son completamente rotto e spappolato. Ma io lo ammetto! Questo è vero! Come tutto il resto.

Eppure, malgrado tanti ammiccamenti, io continuo a porgerle i miei ammiccamenti. No, non voglio che mi sia amica, dunque non compiaccio il suo rifiuto e continuo a spingere d’occhiolino che non vede di buon occhio una simpatica amicizia. Mentirei al mio cuore ma soprattutto cederei alle lusinghe del demonio poiché sarei bugiardo di fronte al mio desiderio focoso come le stritolanti fiamme virulentissime dell’inferno del mio cor(po) turbinoso, quasi a luci rosse, forse solo da ex Lucignolo.

Invero, Pinocchio mi fa un baffo.

Ma simpatica de che? Ma quale complicità amichevole? Ma che diciamo? Ma che facciamo?

Lei sta con un altro? E che me frega? Bisogna invece che l’altro resti fregato, fottuto. Sì, sì, sì.

Tutti siamo colpevoli. Sì, nessuno è esente dagli sbagli, scagliate la prima pietra se, talmente impavidamente mentitori, negate dirimpetto al mondo i vostri errori!

Siete dei sobillatori, dei solitari aizzatori, degli “spingitori” del suicidio indotto ai cosiddetti deboli da bastardi istigatori, lasciatevi andare invece alle vostre pure sensazioni, siate impuri nei vostri clamori, datevi con amore e incontrerete una stronza che vi maltratterà con spontaneo fetore. Allora non vi meritava e non andava maritata.

Questo è poco ma sicuro. Tranquilli, fidatevi. La vita è sempre una fregatura. Altro che buonismi di confettura.

Sì, peccai come peccaste voi ma io sono sincero. Dunque, lo accetto, io eccedo, sbando, ancor lì lo prendo, un po’ come tutti, chi più chi meno, ma non so se perdonerò più.  Però, figlioli, d’ora in poi da me non avrete altri doni se farete nuovamente gli st… i.

Basta coi vostri trucchi, ho sfoderato il mio jolly e quindi non combiniamo più casini.

Or dunque io esigo di lasciarci andare a un casino pazzesco. Tiriamo fuori i denti e le unghie!

Finitela, pietistici, di buttarla in tragedia. Questa vita è una pagliacciata, si sa, ed è questo il bello!

Vince chi ha il coraggio di dire: questa è la mia vita, questa è la città della mia anima!

E non è Bon Jovi.

Io sono Il Principe. Non dei crimini vostri, della mia libertà! Delle mie tragedie, della mia ilarità, della mia idiozia, perché no, della mia sapienza, della mia sincerità.

Ah ah! Scendo le scale, cado in basso ma brindo. Perché, su questa scalinata, O’Sole Mio, Sta ‘nfronte a te!

Scusate, ora devo scolarmi un buon tè.

Sono un gigione. Sì, io gigioneggio alla grandissima.

 

Sono Lupo de’ Lupis.

 

di Stefano Falotico

Joker, reazioni al trailer: tutte le banalità e le idiozie scriteriate che ho sentito


05 Apr

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Innanzitutto, chiariamoci una volta per tutte definitivamente. Non si dice Giacchin’ bensì IOACHIN. Di mio indosso un giacchino. Non voglio apparire pedante ma sono più puntiglioso di Giovanni Storti in Tre uomini e una gamba.

Ah, che storture, che torture. Che rotture, che brutture.

Sì, io della precisione e della meticolosità son maestro leziosissimo. E ci tengo a esserlo. Mi mantiene disciplinato. Addomesticato nelle mie sane manie di composta formalità impeccabile, di forma psicofisica imbattibile.

Mi preserva dal caos, dallo sconquasso, dall’entropia di un mondo sull’orlo perennemente di un collasso nervoso. Di un traviamento oscenamente libidinoso e ferocemente morboso.

Impazza l’arroganza, spuntano come funghi nuovi pazzi che pazzi non sono, i centri di salute mentale son presi d’assalto da una mandria di “malati” che, in fila indiana, ricevono farmaci da psichiatri che, anziché curare le loro anime, li comprimono nei loro slanci vitali più veri, sopprimendo i loro cuori, anestetizzando, rattrappendo e anchilosando i loro sentiti respiri, paralizzandoli in lobotomie non solo cerebrali bensì fisiche a furia di somministrare coattamente ai pazienti droghe contenitive, neurolettici che acquietano soltanto a livello comportamentale le loro presunte aggressività maligne. Sintomi benigni, diagnosi di schizofrenia un tanto al chilo come fossero noccioline, tranquillanti e analgesici rifilati con superficialità immonda. Malinconia bellissima scambiata per pericolosa depressione, disturbi bipolari faciloni e poi trattamenti in prognosi non tanto riservata.

Perché, se entri in cura, lo sanno perfino in capo al mondo. La gente parla, ti schiva, ti emargina come se fossi un lebbroso, un contagioso, pernicioso freak untore.

Circuizioni, occipitali evirazioni dei sentimenti in castrazioni non solo sessuali.

Gente savia ingannata da medici con le salviette che medici non sono, pseudo-curatori di un pacato, falso quieto vivere ipocrita.

Tutori ed educatori che invero son bifolchi maleducati che si prendono licenze assurde (oltre a essersi pigliati lauree comprate e ridicole) la briga arbitraria di legiferare sulle scelte, persino lavorative, addirittura sentimentali dei pazienti da erudire e livellare a una visione formato cloro, da ricattare in una visione insipida e insapore di ogni vitale calore. Affinché nessuno canti o urli fuori dal coro. E chiunque al conformismo più becero, menzognero e politicamente corretto si affili in adattamenti illusori.

Quanti scandali abbiamo sentito, quanti orrori e mostruosità son state taciute dall’omertà malavitosa di queste gerarchiche, nazistiche istituzioni. Che vorrebbero professarsi portatrici di valori, di benessere e vita felice, invece son soltanto una burocratica ramificazione del più umano squallore, del più disarmante grigiore, dell’asettico fetore che appiattisce ogni candore. Ogni magnifico pudore, ogni libertà troppo esuberante accusata ingiustamente d’esser demente, disturbata, disturbante.

Gente diluita, liquidata, obnubilata, obliata nell’ablatore d’ogni vulcanica esplosione gioiosa.

Gente nervosa che diventa nevosa perché troppo calorosa.

Sì, son cattivo e intransigente contro questo sistema viscido e bugiardo di abbindolatori, di buonismi consolatori, di queste taumaturgie schematiche all’acqua di rose, di questi abbreviatori della complessa, perciò inquieta varietà stupenda d’ogni vita che non si attiene ai binari imposti della sociale ordinazione.

Ah, evviva la follia dei poeti, degli esistenzialisti, degli ascetici, la contemplativa acquiescenza dei mistici e la forza immaginifica dei visionari. Che splendore!

Ne ho sentite tante su questo trailer.

Partiamo da Lorenzo Signore, youtuber che stimo ma che, in tal caso, s’è lasciato andare alle solite frasi fatte.

Al che il Joker diventa un ragazzo buono e, a detta di lui, perfino tardo e tonto che, dopo aver subito mille beffe, all’ennesimo scherzaccio di troppo, perde la bussola e la testa.

No, la questione è molto delicata, non generalizziamo con dell’esegesi fumettistiche così semplicistiche.

Ora, Todd Phillips, dopo solo due minuti e mezzo di filmato, è diventato un grande regista.

Potrebbe anche esserlo e questo Joker, perché no, non vedo l’ora che sia davvero un capolavoro.

Sarà una notte da leoni quella dell’agnellino Phoenix.

Ma, ricollegandomi al discorso sui giudizi troppo affrettati, andiamoci calmi, non esagitiamoci, non lanciamoci in supposizioni e diagnostiche verità ancora non appurate.

Acclareremo a visione avvenuta.

Questo è tutto.

Come diceva Mr. Wolf: non è ancora il momento di farci i pompini a vicenda.

Sapete cosa mi sembrate?

A proposito di Pulp Fiction?

Dei cazzoni, molto più di un paio di cazzoni.

Aspettiamo Ottobre prima di festeggiare da vincitori di gran folclore.

Perché, altrimenti, facciamo la figura dei pagliacci.

O no?

 

 

di Stefano Falotico

I fratelli Sisters, i Blues Brothers, basta coi Bundy, coi banditi, con le storie di serial killer, dobbiamo darci alla follia buona, non a Bonnie e Clyde, bensì alle balle, alla musicale banda


05 Apr

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Alle donne b… di cl… e.

Sì, donne belle, non stupide, stupende, donne per cui diventi buono, sì, ti doni alla grandissima, diventi clemente.

Cavolo.

Finalmente, a 39 anni di età, a pochi mesi dal compirne quaranta, ho finalmente compreso una verità sconvolgente. Sì, non assomiglio molto a De Niro, bensì a Joaquin Phoenix.

Questa è bella, è bellissima.

Invece è così.

A causa di farmaci appesantenti il mio bellimbusto, un anno fa ero diventato quasi tarchiato. Parecchio robusto, quasi onestamente un uomo come quello lì, Augusto, uomo di ottimo gusto che però non piace al sesso muliebre. Questo è ingiusto. Augusto non è un bovaro ma un bue di taglia, uomo che, se cammina per strada, provoca un bel trambusto. Sì, oltre a spaccare il marciapiede per via del suo peso piuttosto spacca-tutto, Augusto, uomo cannone, induce le donne magre come i grissini integrali che lor mangiano con l’aceto del loro cinismi, ah sì, a deriderlo come un cane bastonato, a non desiderare il suo latrante, lupesco affusto. Donne cagne, sì, irriverenti e screanzate, donne rudimentali e non educate all’uomo sovrappeso però peso massimo di testa enorme che spinge di suoi neuroni spesso fraintesi. Uomo teso, Augusto, reso quasi cerebroleso per colpa di donne coese a fargli il culo poiché è grasso e non grosso…

Sì, Augusto è un genio ma le donne badano soltanto all’apparenza. E, a forza di pesanti rifiuti, Augusto diventa sempre più chiuso, un uomo angusto. Tutta la sua scienza va a farsi fottere e lui, depresso a morte, esplode in crisi di rabbia partorite dalla sua scarsa immunodeficienza di fronte a queste donne piene di scemenza.

Di mio, assomiglio a Joaquin Phoenix. A proposito, che fine ha fatto la pornoattrice Lauren Phoenix?

Ah, faccia da scema come poche, culo invece che nemmeno le più porche.

Culo che comunque puoi avere solo se hai una Porsche. Eh sì, questa vuole i soldi. Solo allora sa farti sgommare. Sa rendere un uomo afflitto dal vuoto pneumatico, sì, un derelitto che non sa più cosa sia il suo manubrio ritto, un uomo che scivola sulle curve pericolose più bagnate. Donna che ama il pesce frittissimo… schizzante in pa(de)lle caldissime.

Al pari di Gioacchino in alcuni film, io vivo a cazzo mio. Trascurato, con la barba incolta, faccio le smorfie alle smorfiose con un doppio mento alquanto evidente e alcune espressioni da imbambolato-demente.

Sì, il fascino di Phoenix consiste in questa faccia magnetica. Ché non sai se è Ted Bundy o Bugs Bunny.

Un orsacchiotto oppure un Joker. Un giocherellone, uno iellato, un coglione o un volpone.

Io invece la smetterei subito con questi film sugli assassini seriali.

Se parliamo di Manhunter e Il silenzio degli innocenti, di serie come Mindhunter o True Detective, di disamine psicologiche affatto banali, ci stanno eccome.

Ma è oramai una brutta moda imperare, monopolizzare tutto con queste pellicole psicologicamente alla buona. Un campionario di truci nefandezze, di sbudellamenti da Robert Rodriguez, visivamente ineccepibili ma contenutisticamente vuote più di una persona dissanguata.

Sì, film senz’anima, senza cuore, esangui. Come se i registi di questi abomini avessero donato i globuli rossi della loro cineastica celluloide smorta e mortifera a qualche AVIS.

Basta anche coi film pietistici sull’AIDS, sui concerti Aid, sulla CGIL, sulla USL, sulle follie mentali e quelle cerebrali, su quelle sessuali e su quelle transgender.

Ci vuole il Cinema di genere di una volta, Cinema di superba genetica realizzato da geni coi coglioni, mica questo Cinema sterile, questo Cinema malato, psicopatico, amorfo. Seminale soltanto di altre cazzate.

Ci vuole un tipo alla John Landis su faccia da culo alla Gioacchino.

Un Cinema che t’inculi.

Un Cinema che non abbia bisogno di presentazioni, di spiegazioni, di perifrasi diegetiche, un Cinema dallo sguardo folle ma al contempo profondo come quello di Phoenix e soprattutto del Falotico.

Uomo che non si buca, buca lo schermo ma forse solo quello.

Ah ah.Joaquin-Phoenix-Joker

 

di Stefano Falotico

JOKER Trailer, first impressions


03 Apr

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Ebbene, è uscito sfolgorante questo trailer devastante. Sì, nell’accezione di devastante più entusiasmante.

E lo sapevo sì… come canta Loredana…

Questo è un breve video in cui, far molto serio ai limiti dell’insopportabile più altezzoso, con gamba accavallata sul divano e jeans morbidi, però non inquadrati, discetto in merito a questo filmato che m’ha stupito ed esaltato.

Gustatevelo e assaggiate il mio scandire ogni parola con distinta signorilità amabile e altolocata.

Al che un dubbio, oserei dire nervoso come il volto tirato di Gioacchino, all’improvviso m’ha assalito in maniera morbosa e portentosa.

Rileggo la frase di lancio della locandina originale: Put On A Happy Face.

Non mi soffermo sul put on anche se so che molti di voi si fermano con le putten’…, è su a happy face che, da sorridente che ero per aver realizzato il mio libro in inglese su Carpenter (in attesa che venga distribuito anche in Corea, lo trovate qui), vengo mangiato, divorato, spellato da un dubbio amletico quasi da saggio ieratico.

E il mio sorriso si squaglia in un’espressione perplessa e pensierosa da pagliaccio sconsiderato, da uomo da nessuno cagato.

Sì, so bene che vi è molta confusione per l’articolo indeterminativo a/an nella lingua, appunto, inglese.

Se ad esempio si scrive, come ho scritto io, il film dura un’ora e…, si deve scrivere an hour.

Si usa invece A davanti alle parole che iniziano con una consonante o con “h” aspirata.

Vi è anche la h muta di parole, pochissime, come hotel. No, HOTEL è aspiratissima.

Ma io avevo, anzi ho scritto nel testo, an hallucinatory way.

Cazzo, ora devo chiedere la riedizione per una n di troppo. La forma corretta è infatti a hallucination e, di conseguenza, si dice a hallucinatory…

Oh Signore benedetto, comincio ad avere le allucinazioni. M’informo su Yahoo Answers e su Google.

Al che una risposta mi tranquillizza più del Valium:

Meilleure réponse:  the general rule is to use ‘an’ before a word that begins with a vowel sound, and ‘a’ before a word that begins with a consonant sound 

HOWEVER, there is sometimes variation in how people who speak different varieties of English tend to classify words beginning with the letter H, with people who speak British English showing more of a tendency to classify it as a vowel sound.

Bene, risolta questa cosmica, comica diatriba e peraltro so che molti di voi non sanno che sia DIÀTRIBA e DIATRÌBA sono corrette lo stesso, vado a lavarmi i denti, risollevato.

E mi guardo allo specchio come Gioacchino.

Sì, sono odioso, soprattutto permaloso. Se qualcuno mi offende, no, figuratevi (non sfiguratevi come Gioacchino) non me la prendo. Faccio molto peggio. Ah ah.

A tal proposito, essendo io un intrattenitore clownesco, un jolly per gli spettacoli di corte ove, coi miei istrionismi, rendo allegre vite noiose di borghesi annacquati, ossessionati solo dai soldi e dal sesso, vi voglio far ridere.

Vi ho già narrato delle mie scorribande scapestrate, delle mie peripezie intrepide e anche bellamente incoscienti?

Certo, ma voglio ancora allettarvi e indurvi al sorriso.

Sì, con le ragazze sono un campione delle figuracce. E me le vado spesso a cercare con far balzano perché azzardo troppo di mano, no, scusate, sono troppo sincero e un pessimo attore, altro che questo magnifico Phoenix, quando loro si accorgono che sto mentendo con una spudoratezza immonda e mi rifilano sberle e insulti a raffica.

Molti anni fa, per colpa della mia avventatezza, della mia scarsa esperienza in materia, conobbi una e lei mi aspettò alla stazione.

Avevamo chattato per mesi e lei, a quanto pare, incantata dalla mia indifferenza assoluta, mi aveva trovato irresistibile.

Credo che in quei mesi avesse pensato… ma questo è umano? Qualsiasi ragazzo farebbe carte false per avermi, sfoderando il suo Joker come in una partita di poker, e invece guarda qua tal bellimbusto. È insensibile a ogni mia spudorata avance. Voglio appurare se ci è o ci fa. Secondo me, è un gambler.

Mi propose un incontro. Dapprima declinai la gentile offerta, dicendole che dovevo andare a comprare delle gomme da masticare.

Ma la sua insistenza fu talmente ostinata che alla fine abdicai, sebbene mi fossi premunito, furbescamente, con rimmel simil-Johnny Depp di Cry Baby, onde evitare suoi pensieri malsani.

Sì, con le donne bisogna esporre una faccia dolce e un po’ lagnosa alla Johnny Depp per apparire un bravo ragazzo.

Sì, semmai lo sei ma, se ti presenti a una di queste col giubbotto di Al Pacino di Cruising, be’, ci siamo capiti.

Ci vuole la faccia da Corvo alla Brandon Lee che dia un tocco di dolce maledettismo peperino. Sì, sì, sì. Evviva Paperino!

Bisogna dar loro l’impressione che la tua vita sia stata una tragedia sul set dell’esistenza e che sei oramai un fantasma nelle notti brucianti. Sì, sin da quando uscisti dall’utero materno, ti spararono a sangue freddo, ledendo il tuo orgoglio con freddure lancinanti che divelsero la tua anima pura e mansueta.

Insomma, eri già spacciato. Affranto, un’innocenza infranta ancora prima che tu potessi controbattere questi vili truccatori delle regole con del makeup formato scaltrezza. E sana, intelligente irriverenza.

Ah, misero me, più che altro risero di me, un povero derelitto, un genio forse scambiato per inetto da questi omaccioni stronzoni, abbisognante di baci per dimenticare l’orrore d’un trapasso già avvenuto. Eh già, forse da quando nacqui, da quando anche tu, amico, nascesti, è stato tutto un horror maudit di ascesi per non soffrire ma soprattutto di ascessi e nessun piacere gengivale.

Che cesso.

Delusioni su delusioni, insomma una schifezza. Qualche barlume di gioia, qualche istante di requiem for a dream e poi un taxi driver smarritosi nella malinconia più vera.

Hai vagato nottambulo fra lune pallide e il tuo volto cianotico, visto che la luce del giorno non più hai visto ma, malato di depressione invincibile, hai assunto farmaci e antibiotici. Perdendoti, da unicorno alato, in una cupezza quasi malfamata.

La gente festante, attorno a te, mangiava maccheroni e ti trattava da coglione, uomini macrobiotici, forse soltanto bionici.

Macchine carnascialesche senz’alcun sentimento che ambiscono soltanto al tuo spossamento. Al tuo illanguidimento, al tuo deperimento, al tuo, diciamocelo, esistenziale impoverimento. Al tuo rimbambimento.

Alla tua totale disfatta in preda a patetici lamenti, gioendo dei tuoi piagnistei da “malato di mente” mentre loro ballano con qualche gallina allegramente.

Ah, che bellezza, eh?

Comunque, per farla breve, incontrai questa sciroccata. Entrò in macchina e, su due piedi, mi saltò addosso:

– Ehi, che stai facendo? Sei una poco di buono! Via da qui, mentecatta!

– Stai scherzando, spero. Dai, su, fattiti baciare. Ora, adesso!

– No, vuoi la verità?

– Sì, hai ragione. Qui c’è troppa gente sospettosa.

– Sì, infatti. Tornatene fra questa gente. Addio.

 

Sono indubbiamente un personaggio. Una marionetta melanconica.

Meglio di tanti idioti che ascoltano scemenze e canzonette.

Scendo le scale e me la rido da solo. Di tutto quanto.

Perché sono il Principe. E come tale so che la condizione umana è una tragicommedia per gli uomini di belle speranze e invece un film demenziale per quelli di panza con la loro arroganza.

Vi saluto.

 

di Stefano Falotico

 

JOKER: “Character Study of a Mentally Ill Person”: Joaquin Phoenix will be Jack Nicholson or Travis Bickle?


30 Mar

joker phoenixjokertaxi

Quando pensi di essere brutto, pazzo e coglione, invece il problema è il contrario, ah, bella roba…

Sì, questo lo sa anche il cane Jack della ragazza condomina del terzo piano del mio palazzo.

Pensate che stia scherzando? Vorreste alludere che… il cane non si chiami Jack ma ho scelto questo nome per richiamare, visto il titolo di questo scritto, uno dei pazzi per antonomasia del Cinema di tutti i tempi?

Ovvero mr. Jack Nicholson?

Già lo dissi e lo ripeto. Innanzitutto, sfatiamo questo luogo comune. Invero, Jack Nicholson ha interpretato pochissime volte la parte del pazzo.

Il suo McMurphy di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ad esempio, non è propriamente pazzo.

È una persona che, non essendo mai soddisfatta, va con le donne e parla sempre di sesso ma invero questo suo atteggiamento, all’apparenza irriverente da bon vivant e pirata delle eleganti regole conviviali, questo pagliaccio triviale, nasconde intimamente una fragilità enorme di una sua anima all’addiaccio. Da diavolaccio.

Infatti, lo internano perché è uno sbandato. Non perché sia un folle nel senso letterale del termine.

Nemmeno il suo Jack Torrance di Shining lo è. Pazzo lo diventa. Assalito dalla solitudine, incancrenito dalla freddissima monotonia di una vita asfittica, priva oramai di ogni stimolo appunto puramente vitale. Anzi, vitalistico. Inaridito nella consuetudine d’una ripetitività stantia. Oppresso dalle pareti di quella sala spoglia, soprattutto del suo cuore, di quella gelida stanza senza più energiche, reattive istanze.

E dovrei anche dare colpi d’ascia a Kubrick. Ché ci ha fatto sempre credere che l’estrema solitudine, detta solitude o meglio loneliness dagli anglosassoni, sia arrecatrice di turbe psichiche piuttosto rilevanti.

Grande balla. Meglio stare soli che frequentare gente fuori di testa che, con le sue idee bacate, potrebbe davvero traviarti, distorcere la perfezione compositamente, oserei dire, simmetricamente architettonica dei tuoi neuroni, disordinando il mobilio del tuo arredamento psicofisico.

Meglio non essere intaccati da questi attaccabrighe toccati…

Eh sì. Parlo almeno per me. Più sto solo e più sono felice. Più la gente mi cerca e più mi stresso. E m’isolo in me stesso.

La gente angoscia con le sue richieste, ti vuole omologare ai loro canoni percettivi della realtà e, appunto, plasmarti a un modus vivendi da loro/essa reputato corretto e retto. È gente inetta che t’infetta.

La gente è solipsista, ti vuole plagiare secondo le sue metriche ideologiche, modellarti a immagine e somiglianza di un sembiante di te che tu sei/sai, quindi io so, che non appartiene a me.

È soltanto una parvenza, effimera, mera appariscenza, simpatica, carnascialesca, collettiva, spersonalizzata, sopravvenuta scemenza attenutasi ai dettami (dis)informativi di una massa in verità senza senziente coscienza.

Cosicché gli altri potranno dire: ah, bravo, ora mi piaci, sei anche più simpatico.

Sì, ma tu non piaci a te, quindi al sottoscritto.

Ti sei corrotto per compiacere, tutt’al più, un’idea (s)piacevole di conformità, di apparente, ben accetta normalità così triste e disdicevole.

Per farti accettare, ti sei accettato. “Accettato” nel senso adattato e (s)figurato, in tal caso, del verbo accettare. Ti sei reciso con l’accetta per non farti tagliare fuori da chi, se fossi rimasto integro, soprattutto nella tua moralità integerrima, ti avrebbe spaccato il morale con cattiverie miserrime. Ti avrebbe pure estratto un molare con sadismo pusillanime. Gente infima e infame.

E ti avrebbe incitato a mollare.

Ecco, così diventi misantropo come il Jack di Qualcosa è cambiato. Assalito da manie compulsive per compensare l’atrocità del comune vivere e del viversi di patti sociali per la maggioranza comuni.

A proposito, conosco uno che non vive comune-mente. Vive provincialmente.

Sì, adesso il suo comune è diventato provincia.

Ah ah.

E se la provincia in cui abita, un giorno, diventasse capitale?

A quel punto, diciamo demografico-topografico, vivrebbe capitalmente da fico?

Eh sì, per vivere in una metropoli ci vuole un certo capitale. Il prezzo della vita frenetica costa parecchio.

Altrimenti, se non vai alle feste, ti dicono che sei un provinciale e un uomo poco comune.

È un bel guaio, cazzo.

Tornando a Jack, no, non il cane della mia coinquilina, possiamo dire che l’unico pazzo puro che ha interpretato è stato il Joker. Gli altri suoi personaggi, compresi quelli da me poc’anzi menzionati, sono al massimo dei dropout, degli easy rider.

Delle persone che non si accontentano della conoscenza carnale, persone complicate che si vanno a mettere nei casini perché a loro paiono troppo banali cinque pezzi facili.

Sono persone che si dilaniano dentro, persone a cui non basterebbero mille vite per essere sereni. Altro che Tre giorni per la verità.

Persone incurabili, altro che idiozie da Terapia d’urto.

Persone profondamente inquiete, perennemente alla ricerca di omeostasi emozionali che non troveranno mai.

Persone a loro volta smembrate come un’anonima persona smarritasi nel traffico tentacolare delle sue ansie secolari. Millenarie.

Non certo dei folli che anelano alla guerra civile. Non certamente dei sobillatori, dei mitomani, dei patetici losers che, dato che non sono stati capaci di fare nulla, s’augurano che dall’alto dei cieli arrivi finalmente l’Apocalisse, bestemmiando nei loro fanatici deliri insensati da malati con auto-distruttive chimere e stelle comete, diciamo, millenaristiche. Persone affette da deliri mistici. Persone non tanto mitiche. Eremitiche, probabilmente solamente delle teste di minchia.

“Pazzi” come il Joker sono le persone più vere e sincere. Come dico io, veraci. Ed è per questo che non stanno più bene. Perché tutto è andato in malora, son crollati, dalla società si son scollati, di tutto sono scocciati, la gente dice loro che sono degli sci(r)occati ma loro vedono le macerie crollare persino in mare e, quando spengono le cicche di sigarette nel posacenere, il lor sogno di amare una donna come Venere è sfumato nel vento doloroso di troppe bruciature.

Persone che erano ilari e ora sono buffoneschi giullari.

Rimane allora solo, sola-mente la “follia”, l’onnipotenza del buttarla in demenza perché esser stati valorosi e aver creduto agli ideali si è rivelata soltanto una stupida utopia.

Nonostante ciò, il Joker è il Principe del Crimine.

Io invece rimango il PRINCIPE.

God’s lonely man. Ringrazio iddio.

joker nicholson taxi driver

 

di Stefano Falotico

JOKER-Landia: nel mio mondo si fa tutto un altro gioco ed è un gioco molto doloroso per me e per voi, soprattutto


15 Mar

Eh sì.jokerdeniro

mde

Oramai, credo che vi siate accorti tutti che il mondo odierno, se ancora si può parlare di mondo, è finito pazzo da un pezzo. Perde i pezzi. Tutt’al più ruota attorno alle solite cantilene, un caravanserraglio di moine, sguaiatezze, d’immoralità di bassa lega spacciate per trasgressione. Un mondo di pazzi. E pupazzi. Appunto. Ma questo non mi turberebbe. Il mondo è sempre stato dominato dalla pazzia. La pazzia dei potenti, dei regimi totalitaristici, ipocriti e fascisti è stata, sin dalla notte dei tempi, alla base di ogni ingiustizia, quindi di quella reputata una società giusta. Invero cafona e irruenta se non assai scelleratamente violenta. Perché, sulla pelle di chi combatteva per ideali di eguaglianza e illimitata libertà, son stati commessi imperterriti, impuniti abomini. Al fine che prevalesse perennemente l’egemonia del pensiero più conformista, aderente ai parametri, appunto basali e basici, di una società falsa, superficiale. Ridanciana e reazionaria. All’apparenza puritana invece consacrata all’animalesco puttanesimo.

Ove chi ha i soldi, volenti o nolenti, decreta legge e perfino accomoda la legge a suo piacimento, a ragione arbitraria dei suoi interessi se si è concesso il lusso, ah ah, di trasgredire le stesse regole ingannevoli che lui al prossimo ha prescritto. Traviando non solo la robustezza o la comunque labile debolezza della sua discutibile morale mai avuta, bensì mentendo dinanzi allo specchio e a dio stesso, spesso creatolo a immagine e somiglianza del suo solipsistico simulacro profano.

Allora, in questo mondo di verità ribaltate, il gigante, nell’anima, nella mente e nel cuore, schiacciato dall’alterigia intransigente di chi gli sta istituzionalmente, gerarchicamente sopra, è soffocato dalla mendacia di chi, che ve lo dico a fare, comanda e vien trattato puntualmente a pesci in faccia.

Disconosciuto non solo del suo intimo e prezioso valore, cioè appunto la sua anima, ma trucidato nella viva essenza della sua fiera, adamantina spontaneità. E vien reso inane a favore dei ragionamenti banali e unanimi.

Continuamente vilipeso, condannato senza fine a una pena detentiva, che ve lo dico a fare, straziante e disumana.

In questo mondo di finte equidistanze, di lotte di classe oramai svanite poiché tutto s’è imborghesito e appiattito, pesantemente alleggerito, vane e flebili son state né han valso, son valse le urla di rabbia già svanite. Contrite… Sempre più rare e peraltro presto taciute, inaridite, avvizzite, coattamente imbrigliate con l’unzione ricattatoria della presunzione che fa della squallida, deprimente, falsissima punizione la virtù bislacca e portante di questo mondo a cui dell’altro, in fondo, nessun importa.

Importa che tu abbia un ottimo portamento e che sia disposto a socializzare amabilmente in un patto filisteo di massa, ammazzato nel tuo simbiotico invece esser nato per pochi capaci di accogliere il tuo spirito falotico.

Castrato nel tuo slancio per colpa dell’omologazione più mortifera, reputata invece allegra da chi questi disvalori deleteri e pestiferi, sventolando orgogliosamente la sua prosopopeica bandiera che in grembo porta, issa vanitosamente in gloria.

No, è stato un fallimento. Totale, persino imbarazzante, oserei dire umiliante se non fossi stato io, con estremo, virtuoso, intrepido coraggio inaudito, a gridare, ad adirarmi che hanno sbagliato il trattamento e frainteso ogni cosa con ottusità e uno squallido, brutale volermi fregare dietro il menzognero ottundimento illusorio. Ah, che storia.

Oh, Il nome della rosa. È un libro che verte sull’universale verità intrinseca del mondo che, dietro capziose tonache, si professa san(t)o, e invero pecca nel buio nauseabondo della notte efferatamente immonda.

È un libro sulla purissima, bellissima conoscenza sopraffina e angelicata dell’amore nella sua forma meno corrotta, libera e selvaggia.

E soprattutto accentra ogni filosofico, sofista discorso esistenzialista su un’altra verità parimenti antropocentrica e non so se idealistica.

La liceità del riso. Un tempo, o meglio a quei tempi, oscurantistici e stregoneschi, superstiziosi e macabramente ottenebranti ogni forte (co)scienza pensante, ridere era considerato quasi un delitto. Un reato diabolico perpetrato da spregevoli lestofanti tanto sgargianti.

Perché la risata spesso fa il paio con la più volgare derisione maleducata. Con l’impudicizia dell’anima stronza nella sua bestiale, appunto fascista, sguaiata idiozia qualunquista.

Non si deve mai ridere delle persone malate, delle disgrazie altrui, non si deve ridere delle sfortune di chi ci accompagna in questo balzano viaggio ch’è la vita nostra, di noi tutti tanto strana.

Non si deve mai eccedere di riso, non si deve mai trasgredire, appunto, il patto solidale di reciproco rispetto e di buona creanza, non si deve mai offendere il buon senso con la scostumatezza e i vigliacchi colpi in pancia.

In questi casi, sì, il riso è malevolo, brutto, becero, buzzurro, orribile.

E perciò punibile. Da mettere al rogo e alla gogna. Poiché rappresenta la degenerazione dell’armoniosa, umana concordia. Una vergogna! Simboleggia l’atrocità del male più (s)porco ed è come se il maligno, ordendo e obnubilandoci con la sua malizia, annerendo ogni limpidezza in un’oscena allegrezza che invero è solamente agghiacciante tristezza, avesse assurdamente vinto con la sua immondizia.

È come se avesse trionfato l’idiozia.

No, la mia non è pazzia e non è nemmeno saggezza. È la visione di chi, dopo mille delusioni inflittemi, dopo tanta cattiveria gratuitamente figlia della stupidità più imbrattante, con le sue porcherie, fatte di risate partorite soltanto dalla più pusillanime sudiceria matta e mattante, non teme più nessuno e dunque imbratta e macchia il suo volto come fosse quello di un clown che a chicchessia non deve dar più conto. Tantomeno alla Chiesa.

Perché mi coglieste in un attimo di fragilità immenso e profondo. E, anziché sostentarmi nei miei sogni, nei miei ingenui, sì, ma stupendi romanticismi, affinché con la mia lucentezza potessi non arrecar disturbo al vostro mondo di malsano lerciume e di sozzo porcile tanto lordo, stupraste il mio cuore con violenti, imperdonabili affronti.

Invogliandomi a snaturarmi per farvi felici a sanità del vostro intoccabile orgoglio. A rinnegare ogni mia, vivaddio, straordinaria, sacrosanta melanconia per obbligarmi a crescere secondo le vostre ambigue, inique istruzioni bastarde e sconce, senza scorciatoie né sconti.

E anche io dovevo andare con la prima che mi fosse capitata a tiro… per sverginarmi. Voi direste svezzarmi. Che termine mostruoso e medioevale. Che scontro

Così, rendendomi un uomo normale, ah ah, carnale, meno mi sarei lamentato e non avrei più pianto l’umana, miserabile condizione di questo mondo ruffiano.

E pensate che indecenza! Abdicai e vi accontentai. Ributtandomi nella mischia della più sciocca miseria inetta e ripugnantemente netta.

Fatta di balli e risa, d’invereconde arroganze e di meschine trivialità malvage.

Sì, anche io volevate che fossi uno qualsiasi. Oh, se fossi stato una donna ancora peggio. Semmai una bella donna sexy.

Con la fissa del sesso un tre per due… a postare su Facebook foto provocanti e aspettar che qualche coglione mi corteggiasse per poi insultarlo dall’alto, ah ah, della mia presunta superiorità di classe. Ah ah.

Tante oggigiorno fan così. I maschi più cretini a queste van dietro e tutti salgono a bordo del carrozzone troione. Lanciando sassi e poi scomparendo nel traffico, tra burla immonde che nell’omertà vilmente si dileguano e celano, rompendo i vetri e quindi nascondendo la mano, porgendoti semmai pure un sorriso tanto, tanto simpatico. E insincero.

Ma sì, è stato uno scherzo. E io l’ho presa troppo, troppo male, tanto da ammalarmi. Davvero.

Sì, io sono malato.

Come Travis Bickle, come un Joker che fa di tutto per ridere alla merce e mercé di tutti gli altri, compiacendo la frivolezza andante di questo mondo a puttane andato. Ma dentro di sé sta sempre più male. E più… di stare male più stai male. Perché, in fondo, puoi provarci a essere uno come tanti, ma starai solo che malissimo. Tanto.

Non è filosofismo, non è orgasmizzarsi, è avere le palle per dire che tanta imbecillità non ha prodotto una curata umanità, ma solo un fallace entusiasmo di finta ilarità.

Ben sta a me per esserci cascato, ben vi sta.

Come un vestito rosa.

Auguri, in bocca al lupo e sogni d’oro.

Idioti.

Siamo tutti fregati, chi più chi meno.

Tu ti barcameni?

Sì, con effetto boomerang attraente, demente nel senso de L’idiota di Dostoevskij, certamente non da comune deficiente.

Oh, Cristo.

 

Parola di Robert De Niro & Joaquin Phoenix.

di Stefano Falotico

Zack Snyder dice addio al Cavaliere oscuro di Arthur Fleck/Joker: «Sei stato il miglior Batman di sempre»


18 Feb

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Ciao,
amici.

È Arthur Fleck/Joaquin Phoenix, alias JOKER… Marino, invero Stefano Falotico, che vuole confidarsi con voi e farvi leggere questa mia lettera commossa in risposta a quella, altrettanto commovente, del mio amico Zack Snyder. Regista che devo ringraziare perché mi ha fatto capire davvero che Clint Eastwood è un genio e, quando girerà un film come Batman v Superman: Dawn of Justice, sì, Clint forse sarà davvero morto.

Rendo grazie al suo Cinema perché, guardando i film di questo carissimo amico, inseparabile compagno di merende quando ero talmente depresso che mi ero tanto rimbambito da perdere la testa per Kate Beckinsale di Pearl Harbor e stavo impazzendo di Amore estremo per Jennifer Lopez, ho capito cosa mi piace davvero nella vita.

Sì, qualsiasi maschio normodotato, eterosessuale di sana e robusta costituzione, credo che per la Beckinsale o per il culo di J. Lo, soprattutto, possa davvero non solo perdere la testa ma i testicoli.

Ma, finita la scopata storica con queste due gnocche micidiali, che cosa ti rimane? È capace poi che chiedono di sposarti e ce l’hai i soldi per regalare loro una vita spensierata da To the Wonder? Sì, una vita meravigliosa, idilliaca, ove fai l’amore da mattina a sera e non sei invece Al vertice della tensione perché devi pagare troppe bollette di “Paycheck?”.

No, queste sono patonze che esigono una vita lussuosa, stracolma di felicità e belle cose.

È capace che se poi le trascuri, ecco, ti scappano di casa come quell’altra super figa ciclopica di Rosamund Pike de L’amore bugiardo – Gone Girl. 

Sì, la tua donna è impazzita perché non te ne sei preso sufficiente cura. Eri ridotto talmente sul lastrico che ti sei dato, pur di sbarcare il lunario, a una vita da The Town.

È colpa di questo sistema marcio da State of Play se sognavi di essere Superman in una Hollywoodland e invece hai scoperto che sei stato solo preso per il culo come nel Joker di Todd Phillips. Appunto.

Sei stato troppo fuori dalla realtà comune di tutti i giorni per poter ripartire daccapo con entusiasmo. Ora, dopo tutte queste vere o presunte Ipotesi di reato, è davvero dura, amici cari.

Una resilienza enorme. E con immane forza cerco, sì, di resistere giorno dopo giorno. A volte buttandola a ridere per non pensarci, a volte praticando meditazione trascendentale per non trascendere e dar di matto sul serio.

Difficile rivederla con occhi giusti dopo tanto buio, sì, funambolico, estroso e geniale come Daredevil…, ma anche tanto cupo e sofferente.

Adesso sono arrivato a quasi 200 Cigarettes al giorno. Non va bene per il portafogli e nemmeno per la salute, cazzo.

Non voglio dire che molta gente sia stata più fortunata di me e che la loro fortuna sia Piovuta dal cielo, ma è inutile piangere sul latte versato, su tanti equivoci evitabili che hanno fatto sì che non potessi Vivere fino in fondo.

Devo esservi sincero, non posso più tergiversare e girarci attorno. Mi aspetta soltanto un Armageddon – Giudizio finale. 

La vita è un Dogma, non esistono alibi o scappatoie da Runner Runner.

I critici letterari sostengono che i miei libri siano bellissimi, molto romantici in stile Shakespeare in Love ma Gwyneth Paltrow non verrà mai con me. E ci sta. Sarei pazzo a credere il contrario.

Per lo stesso discorso fattovi all’inizio. Gwyneth è una riccona viziatissima. Che se ne fa di uno scrittore squattrinato?

Non le posso garantire nessun futuro. Non sono uno stronzo da 1 km da Wall Street.

E non sono neppure Matt Damon ma rimango pur sempre anch’io un Will Hunting – Genio ribelle.

Nonostante tutto, non mi sono mai arreso.

Mi conoscete.

Sono spiritoso, totoiano, ho secondo molti un talento smisurato nella scrittura. Come vi ho detto.

E le donne dicono che abbia perfino un gigantesco pipistrello. 

A differenza di Michael Keaton del Batman di Tim Burton, no, credo che non scoperò però nessuna Kim Basinger.

Ma non mi suiciderò neppure come in Birdman.

« […] Le cose sulla terra cadono. E quel che cade… è caduto. Nel sogno, questo mi ha portato alla luce. Una meravigliosa bugia… Il miglior Batman di sempre. Grazie amico mio per avermi fatto dono di quel momento fottutamente glorioso e di un cuore così stupefacente».

 

Sì, la gente è pazza e demente. Non voglio vantarmi, non spetta a me giudicare il mio talento, dovessi mai averlo o meno, ma la gente aveva di fronte una persona diversa senza il chiodo fisso delle passerine e ambizioni cretine come quella di far soldi, fregando gli altri in squallide competizioni da bambini e asilo nido.

Ma secondo questi qua tal persona doveva “normalizzarsi” e diventare un troione qualsiasi. Che va a vedere Checco Zalone, ha un lavoretto in cui legge Il Corriere dello Sport, torna a casa e si organizza per portarsi a letto qualche sciocchina. Ballando con le stelle!

Cosicché, anziché dar manforte a un cuore selvaggio, preferì e preferisce credere ancora e ancora e ancora che io sia un supereroe fanatico dei personaggi televisivi come un vecchio rimbambito.

Ebbene, a qualsiasi villain figlio di troia che abbia voluto sfidarmi, sono qui.

Sono più veloce di te, più intelligente, bello come Ben Affleck e ora preparati davvero.

Alla prossima mossa falsa, idiota, ti sbatto in manicomio.

– Chi, tu? Povero fantozziano schizofrenico, paranoico maniaco-compulsivo cacasotto di merda?

– Tu sei convinto davvero che dall’altra parte della barricata, fenomeno, ci sia la persona che pensi ci sia?

 

Sto scherzando? Certamente. Ma non fate più le merde.

 

di Stefano Falotico

Il Joker con Joaquin Phoenix sarà un monito contro la società odierna?


09 Feb

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Giunto alla mia età ho compreso che la vita migliore è quella immaginaria. Il resto è una zoccola

(Stefano Falotico, frase coniata ieri sera, 8 Febbraio 2019, da tramandare ai posteri).

Non lo so. In effetti, nonostante le mille voci che si sono rincorse, quel che in verità sappiamo, stando alle brevi ma incisive dichiarazioni di Todd Phillips, è che il film sarà appunto un pugno allo stomaco.

Non so se Phillips possieda la caratura necessaria per un pamphlet alla Arancia meccanica.

Quel che so, e sapete tutti, è che il film sarà ambientato negli anni ottanta, quando impazzò il rampante edonismo reaganiano. E che le atmosfere attingeranno al crepuscolarismo dark di Taxi Driver con echi potenti di Re per una notte.

E che vi sarà anche, appunto, Robert De Niro. Omaggiato, visti i due scorsesiani, illustri, succitati precedenti, dalla produzione. Non sappiamo ancora se Scorsese, così come inizialmente era stato annunciato, sarà accreditato come produttore o meno. Fatto sta che De Niro interpreta la parte di Murray Franklin, il conduttore di un talkshow notturno, frequentato da standup comedian di belle speranze.

Una sera come tante viene invitato in trasmissione lo sfigato Arthur Fleck. Giovane che crede di possedere un talento comico esorbitante. Ma Franklin lo deriderà pubblicamente. Lo distruggerà in diretta, infliggendogli un’umiliazione colossale.

Al che, il bravo ragazzo Fleck, macellato da quest’affronto ignobile, anziché frequentare uno psicologo, ché tanto non gli servirebbe a nulla, appunto, diverrà il Principe del crimine.

Capendo forse che i criminali non hanno tutti i torti a essersi schierati dalla parte del male.

Perché la società contemporanea, improntata sul culto dell’apparenza, della facile, marchettara maschera sociale, non fa sconti a chi non si adegua ai propri sballati, distorsivi canoni “educativi”. Anzi, infierisce colpo su colpo, continuando imperterrita a ridere di “gusto”.

Perpetrando emarginazioni a man bassa con scriteriata superficialità immonda.

In effetti, riflettiamo bene. Ponderiamo.

Fleck, scalognato, con un sacco di traumi alle spalle, con enorme ingenuità si dà al mondo dello spettacolo. Per cercare candidamente la sua collocazione.

Ma riceve un’altra punizione tonante.

A quel punto, quali altre scelte poteva avere, essendogli state precluse tutte le oneste strade?

Poteva, come detto, entrare in qualche cura riabilitativa e farsi prendere per il culo da psichiatri che hanno cinque attici a New York, i quali l’avrebbero trattato con compassionevole, finta creanza, consigliandogli di leggere filosofia orientale e brindare, nel miserere, alla vita quotidiana. E prenderla così!

Wow! Che vita ecceziunale veramente!

Semmai facendosi assistere da una di queste losche figure chiamate tutor che l’avrebbero indirizzato, oddio sto morendo, a un inserimento lavorativo squallidissimo. Ove il nostro Fleck si sarebbe svegliato al canto del gallo, avrebbe fatto colazione col Mulino Bianco, avrebbe timbrato il cartellino da sottopagato, avrebbe poi rincasato totalmente annichilito nell’amor proprio, si sarebbe collegato a un sito porno e avrebbe smanettato di brutto su Chanel Preston e compagnia bella! Vai, uomo duro!

Dimenticando l’arte, la poesia perché la società ora l’ha istruito a parametri sanissimi, serissimi, certamente, di “normalità” e produttività! Di efficienza, probabilmente solo di deficienza!

Questo è il mondo che avete creato, d’altronde.

Anche se onestamente devo confessarvi che ho vari Blu-ray con Chanel Preston. Tutti di ottima fattura e confettura. Sì, un culo notevole. Da prendere a schiaffi. Da inchiappettare senza badare a spese!

Come la batosta immane che vi siete meritati.

Cosa voglio dire con questo? Che dovremmo diventare criminali per combattere un sistema ottuso e ipocrita?

No, ma non possiamo neanche accettare un sistema idiota e ridere e ballare, facendo finta che il mondo sia davvero un posto meraviglioso.

Perché non lo è.

Io l’avevo già capito a tredici anni.

Infatti, nonostante tutto, Taxi Driver rimane il mio film preferito.

Sì, tanto la gente non cambia. Se ha fatto una porcata una volta, la rifarà ancora. E ancora e ancora, ad libitum. Perché si diverte da matti nel sadismo più trito e ritrito. E si sbellica.

Soltanto quando implacabile gli casca addosso un macigno, ci arriva…

Sì, dovete immaginare uno di questi tipi tronfi. Che se n’è sempre fregato altezzosamente di tutti. Pigliava per il culo i muti, gli omosessuali, i neri, i barboni, persino i professori.

Perché tanto per lui l’importante era il fine che giustificava il mezzo. Soprattutto quello che aveva in mezzo alle cosce! Giungere cioè a una certa età coi requisiti formali per sistemarsi e fare quel cazzo che voleva da mattina a sera.

Ma a un certo punto, ops, il piano regolatore ha subito un tragico collasso.

E dovete ora vederlo senza più amici poiché li ha traditi tutti, con genitori vecchi che non lo possono più difendere e nessuno che gli presti fede.

Che tristezza, vero, campione?

Come dicevi? Because you’re a mistake, drown, believe me.

Appunto.

L’unica cosa che ti rimane son tre zoccole che ancora leccano…, ammazza che schifezza, e uno scimunito più cretino di te che t’asseconda in ogni altra tua residua nefandezza.

Sai che bellezza…

Davvero una “rockstar”.

Potremmo candidarlo come re di Roma. No?

Benvenuto nel mondo reale, nostro principe “regale”.

Fa male? Povero ritardato?

di Stefano Falotico

Once Upon a Time in Hollywood nel 2019


01 Jan

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Buon anno di Cinema, i film da me più attesi di questo 2019

Ebbene, siamo nel 2019.

Basta!

Ieri avete festeggiato, stappando lo spumante con quegli ignorantoni della RAI e i loro balletti.

Basta con queste festicciole, con questi trenini, con questa gente borghese che aspetta la mezzanotte per celebrare la ripetizione dei loro patetismi e le loro lasagne alla bolognese. Che lagna!

Questi microcefali che, dopo un anno di un lavoro da loro odiato, di frustrazioni mal digerite, di pasticche contro la depressione, di angosce piccolo-borghesi, di futilità e canzonette da mezze calzette, dopo i loro buonismi consolatori, le loro ipocrisie dolciastre, i loro assistenzialismi, le stampelle di psicologi che hanno tentato di sanarli dal loro disfacimento e imputridimento esistenziale, spronandoli a svuotarli di più e a raggirarli con menzogne del tipo… sì, sei disoccupato, non hai un soldo in tasca ma, dai, balla, la vita è bella, vedrai che il peggio è già passato, ora goditela. Finito il ballo da paese dei balocchi, stai comunque in occhio. Su, pinocchietto.

Come no… e dal 2 Gennaio, dopo l’euforia del cenone, il panone classico, lo zampone e altre frivolezze porcellesche, si riparte con la cantilena dei loro casi umani agghiaccianti. Urlatori morti di figa che, pur di ricevere un po’ di affetto e calore, si fanno “amiche” donne di dubbio gusto, donne di malaffare che allevieranno per quindici minuti di eiaculazione precoce i loro patemi da uomini arrivati… al capolinea.

Basta con le retoriche di quelli di Sinistra. Che fanno la guerra a quelli di Destra, definendoli fascisti solo perché sono indubbiamente più sexy di loro.

Basta col novanta per cento del Cinema italiano. Non è esterofilia di accatto la mia, bensì la presa sempre più maggiore di coscienza che, dopo i fasti di Sergio Leone e di qualche altro coraggioso con le palle, il nostro Cinema è sempre imprigionato, schiacciato, asfissiato da storie di amori insulsi da C’è posta per te, da isterici, patetici piagnistei, da storie di papa re e omosessuali col loro orgoglio del cazzo.

Basta, vivete la vostra sessualità senza sbandierarla ai quattro venti. Abbiamo capito. Basta che vi facciate i cazzi vostri e io me ne sto a gustarmi un film di Bergman. Accoppiatevi, trombate, fatevi trombare, basta… che non mi scassiate i coglioni.

Basta con De Sica e Boldi, con Pieraccioni e altri vari cazzoni, con Paola Cortellesi e con le finte cortesie, con Amendola e figli d’arte che di artistico hanno solo il cognome. Come Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi che io vedrei bene all’ippodromo.

Basta con Genovese e anche con la menata del ponte di Genova. È crollato, è stata una tragedia. Va ricostruito ma non nascondetevi, sampdoriani, dietro questo alibi per celare la verità. Siete invidiosi delle gran fighe che si scopa Fabio Quagliarella e allora, spacciandovi per ingegneri sociali, dimenticate le vostre impotenze dietro le sovrastrutture del ponte… soprattutto della vostra arcata gengivale oramai corrosa da troppi cibi avariati.

Basta anche con Sorrentino Paolo. Del quale, quest’anno, vedremo The New Pope. Per fortuna c’è John Malkovich, uno dei pochi uomini che stimo assieme al mio edicolante. Entrambi hanno la faccia da pazzo, John non è affatto pazzo, è un genio, il mio edicolante invece mi fa risparmiare e mi regala anche alcune riviste “proibite”.

 

 

Sì, in Italia, appena non riuscite a fronteggiare il vostro soccombere quotidiano, ecco che vi affidate alla religione cristiana da voi distorta, ove Dio lo modellate a immagine e somiglianza delle vostre disgrazie giornaliere. Sì, mia moglie non me la dà più, il lavoro scarseggia, hanno aumentato il prezzo della benzina ma Papa Francesco com’è umano!

Bene, mandata a fanculo quest’Italietta con le sue piaggerie, mando pure a fanculo la solita stronza a cui ieri sera ho mandato una poesia d’amore e lei, come quasi tutti voi, involgariti da questo cinismo osceno, mi ha risposto in questi esatti termini da donna di “classe”: Da donna “moderna”.

Grazie Stefano.

Davvero bella e lodabile, pura e non lordabile la tua poesia godibile. Comprendo che hai subito una certa fascinazione nei riguardi della sottoscritta. Ne sono lusingata. A quale donna non farebbe piacere essere corteggiata come in un romanzo bretone?

Sei un ragazzo di valore che crede ancora nei valori, un romantico amabile, ti ho pensato quando, appena scoccata la mezzanotte, un troione, che ho incontrato tre minuti prima dello champagne, ha brindato frizzante nella mia figa già euforicamente artificiale che, come un fuoco scoppiato, ha adorato che lui, al pari di una bomba napoletana, facesse il botto vulcanico nella mia castagnetta pirotecnica.

Sì, Stefano, ti ho pensato quando, ubriaca fradicia e sciupata in questa notte cazzeggiante appena trascorsa, molto da orsa, mi son bagnata come una spugna e, drogata marcia, ho vomitato tutta la mia vita da troietta lercia. Sì, la mia vita è andata un po’ a puttane ma mi faccio quattro risate con Lercio…

Ti ringrazio, ti amo.

Adesso devo tornare a cagare.

 

Ho detto tutto…

Dopo questa introduzione… soprattutto in tal donna discutibile che tanti ne introduce, passiamo a cosce, no, cose serie.

Ecco i film da me più attesi del 2019.

The Mule di Clint Eastwood. Il canto del cigno attoriale di Clint doveva rimanere Gran Torino. The Mule non credo che sia un capolavoro. Un buon film, almeno lo spero.

Comunque, Clint è stato il re dei film ambientati nel vecchio West. Adesso, scopriamo che la sua ex moglie era Dianne Wiest.

Nel film c’è anche Andy Garcia. Uno che fu un mezzo sex symbol latinoamericano da Black Rain e Affari sporchi e ha girato poi la pubblicità dell’Amaro Averna.

Ho detto tutto.

Quindi, rimanendo in atmosfere eastwoodiane e leoniane, Once Upon a Time in Hollywood. Secondo me, dopo quella cagata di The Hateful Eight, Tarantino non deve farsi più vedere. Adesso Quentin rischia grosso. Con una storia che vorrebbe essere appunto un omaggio a Leone ma col sotto-testo di Charles Manson e Margot Robbie che assomiglia a Sharon Tate quanto io sono Brad Pitt che vorrebbe scoparsi Sharon Stone.

Mah, vedremo. Mi auguro che sia un capolavoro. Anche se l’ombra della pacchianata è dietro l’angolo.

Joker di Todd Phillips. Praticamente Taxi Driver e Re per una notte che incontrano quel matto di Joaquin Phoenix che, a causa di De Niro, diventa il principe del crimine.

Io, invece, a causa del mio amore per De Niro, gli ho dedicato un libro monografico. Ognuno fa delle sue esperienze, belle o brutte, quello che vuole a seconda della sua intelligenza.

The Irishman di Martin Scorsese. Sapete che mi stanno sorgendo dei dubbi? De Niro, sempre a proposito di lui, mi pare veramente bolso, considerando le immagini scattategli sul set. Insomma, non ha più forse lo stesso carisma che sfoderava in Cape Fear.

Ma, tornando ancora a Leone, il grande Marty potrebbe aver girato il suo C’era una volta in America ai tempi di Jimmy Hoffa, col coppoliano Al Pacino.

Ad Astra di James Gray. Sì, Sara, la mia ex amica delle scuole medie, commessa ora della Coop orgogliosa di amare Vasco Rossi e la sua Jenny è pazza, amava I Cavalieri dello Zodiaco sognando il principe azzurro, cioè Brad Pitt di Vento di passioni. Ogni mattina, leggeva l’oroscopo. Una Vergine adoratrice dei maschi nati nel segno del capricorno ma, da Brad Pitt, passò al suo emulo corvino, Benicio Del Toro.

Ogni mattina, leggeva cose di questo tipo, consolatrici della sua frustrata topa: credici, il futuro sarà stellare, questa è la settimana della svolta. Sì, svolterai per un’altra vi(t)a e sarà un vicolo cieco.

Basta fare retromarcia e andare avanti…

Comunque, chi si accontenta gode, cara. Perché pretendere un uomo inarrivabile come Brad Pitt quando puoi avere, a proposito di James Gray e del Joker, Joaquin Phoenix di Two Lovers?

Insomma, scendi dalle nuvole e pigliati uno sfigato medio.

 

Chi credo di essere? Io non sono nessuno.

Forse, sono Matt Damon di Rounders.

Gli stronzi alla Teddy KGB si fanno delle gran risate, pensando di avermi coglionato, io aspetto, aspetto, non dico una PAROLA e alla fine ci rimangono con un palmo di naso.

O forse sono Ralph Macchio di questa scena. Il Cinema è Momenti di gloria.

Sì, m’infantilizzo spesso, sono un Joker-ellone.

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di Stefano Falotico

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