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TOM CRUISE a Cannes & Tracce di rosso da Falò, commissario anche del Cinema


20 May

Eh già, uomini e donne poco aggiornati e soprattutto scarsamente acculturati, se volete farvi il fisico, ok, siete dei culturisti. Ma, come dice il detto, mens sana in corpore sana. Quindi, se digita(s)te Stefano Falotico su Amazon, IBS e sulle altre maggiori catene librarie online, forse, oltre ai pettorali, ai glutei e ai bicipiti, svilupperete il vostro cervellino. Al momento assai piccino. Inoltre, pare che chi si nutra solamente di proteine e anabolizzanti, possegga, fra le gambe, un muscolino. O no? Secondo me, sì. Dunque, fatevi pur i muscoli (solo questi potete farvi, ah ah) ma non fate i ma(s)chi (se siete gay, fateveli, ih ih, non son omofobo) perché non mi avete convinto di avermi fottuto. Ahuahuah. Eh sì, siete rimasti indietro e lo avete preso nel didietro. Nevvero? Come no, ohibò. Come direbbero a Bologna: SOCCIA!

pgamento google falotico

In Tracce di rosso, Lorraine Bracco usò molto il rossetto e Tony Goldwin, dinanzi a lei, arrossì. Il tutto fu prodotto dalla Metro-Goldwyn Metro-Goldwyn-Mayer. Famosa major apparentata a Tony? Tony? Quale Tony? Così come chiese Al Pacino/Jimmy Hoffa in The Irishman. Tony, Tony Montana di Scarface? Ah ah. Un commissario, stavolta, à la Adriano Celentano.Tom Cruise Cannes

Traces of Red (1992) Directed by Andy Wolk Shown: Lorraine Bracco

Traces of Red (1992)
Directed by Andy Wolk
Shown: Lorraine Bracco

Giusto il premio da Tom ricevuto. E non voglio sentire ragioni. Meritatissima la standing ovation. Tom Cruise è un genio e un gigante, malgrado la sua altezza, non attoriale, bensì di statura, identica alla mia. Eh già, in effetti siamo dei nani. Come no. Ah ah. Sì, uomini che vi imbrodate e avete i piedi palmati come Kevin Costner di Waterworld, no, che da soli vi lodate. Non meritate nessuna lode. Palme d’Or sacrosanta e onoraria! Onore e gloria a Tom, lunga vita a Cruise. Non ne facciamo una crusade, ah ah, ve lo dice un uomo simile a Robinson Cruise, no, Crusoe. Ah ah. Voi, spesso, v’impantanate e v’impalmate. Ma, nel vostro carnet, non scorgo nulla, onestamente, da Palmarès. Ohibò!

Io non sono Tom Cruise, sono il commissario Falò, oh oh!

Ordino spesso una capricciosa alla pizzeria d’asporto, situata vicino casa mia, chiamata La Pantera (dei) Rosa (Rosa è il cognome dei proprietari, ah ah) e, se voglio, faccio un casino della madonna come Peter Sellers di Hollywood Party. Sono anche Clouseau, uh uh.

di Stefano Falotico

 

Allucinazione per nulla perversa, incubi alla Patrick Fischler di Mulholland Dr. ed erezioni da spada di Re “Arthur”/Joker


23 Jan

capodanno a new york

Parte prima: incubo peggiore della morte di Laura Palmer

Ieri notte, accade nuovamente. Erano oramai vari mesi che non mi succedeva.

Un incubo mostruoso, non sto scherzando. Mi svegliai di soprassalto verso le quattro e mezza di notte e, in preda a spasmi convulsi, avvertendo una fortissima, lancinante sensazione di strozzamento, mi precipitai in bagno. Prima singhiozzai con potenza feroce. Come se stessi cercando di espellere un demone interiore che da tempo immemorabile m’attanaglia in maniera atroce.

Quindi, mi sciacquai il viso. E, specchiandomi, umidamente avvolto che fu il mio viso da gocce cristalline scivolate delicatamente dal rubinetto sui miei polpastrelli, mi agghiacciai. Rabbrividii!

Pallidamente sconvolto dal prendere coscienza che ero ancora terribilmente vivo.

Sì, non so se possa interessarvi. Forse, oggi e anche domani avrete da organizzarvi per rimorchiare qualche pollastrella in giro per strada.

Dunque, dei miei deliri lynchiani, più che altro da linciato, non so quanto possa fregarvene. So io cosa volete sfregare.

Sì, in passato, in tanti vollero fottermi, cioè fregarmi.

Poiché, contravvenendo io a molti stupidi dettami della piccola borghesia bolognese amante degli pseudo programmi culturali condotti da Ilaria Bignardi e fanatica di quegli scemi dei fratelli Gallagher degli Oasis, non videro di buon occhio il mio essermi recluso nella mia oasi felice.

Felice? Mah, mica tanto. A quei tempi, l’unica persona che, fra gli abissi e le sabbie mobili della mia atavica depressione, riuscì a risollevare qualche volta il mio umore, eh già, fu Teo Teocoli nella parte di Caccamo Felice.

Ho detto tutto.

Furono giornate inesistenti di puro, notturno esistenzialismo. Ove spesso m’identificai in Griffin Dunne di Fuori orario, patendo tremendi, imperterriti incubi kafkiani curati solamente dal credermi Michael Beck de I guerrieri della notte.

Sì, I guerrieri della notte finisce a Coney Island, patria dei barboni, degli emarginati, degli esclusi, degli sfregiati e adoratori dell’Asbury Park celebrata in molte canzoni da Bruce Springsteen.

Cazzo, roba che Jim Belushi de La ruota delle meraviglie mi fa un baffo.

Jim non è come il suo geniale, inarrivabile fratello compianto, John. Ma è simpatico comunque.

Nel film succitato, sa benissimo che sua moglie, interpretata da Kate Winslet, se la bagna con un bagnino. Ma lui continua a fare il giostraio, appunto, giostrandosi fra il perdonarla e non cornificarla.

Anzi, organizza pure una festa di compleanno con tanto di pasticcini cremosi, offrendo ai suoi amici i più croccanti cornuti, no, cornetti.

L’avete mai visto Capodanno a New York?

Jim recita, per pochissimi minuti, nel segmento intitolato Elevator. Sì, ripara gli ascensori.

A un certo punto, Ashton Kutcher e Lea Michele ne rimangono intrappolati dentro. Incastrati.

Insomma, Ashton mica tanto castrato. Ah ah. Sì, Lea Michele indossa collant su minigonna attizzante per l’uomo che deve subito spingere il tasto ALT, altrimenti so’ cazzi.

Jim libera Ashton dall’asfittica situazione imbarazzante, forse solo nascostamente rizzante.

Ashton, liberato che viene, anche se con Lea non viene, tira un sospiro di sollievo. Cioè, ansima come se fosse appena venuto al massimo tiro.

Jim la prende a ridere.

E ho detto tutto.

Ora, a parte gli scherzi, ieri notte sognai che degli ufficiali del quarto Reich sfondassero la mia porta di casa, m’imbavagliassero e, legandomi mani e piedi con la camicia di forza, mi ficcassero nello stesso manicomio ove alloggiò, non so se ancora alloggi, Arthur Fleck/Joker.

Sì, anni fa fui deportato, come Anna Frank, in una sorta di lager nazista solamente perché fui e sono ancora una persona libera.

Poiché non m’attenni alle rigide regole fasciste di genitori cretini. I quali, se i figli non si laureano, li diseredano. Cosicché incontrai i loro figli idioti, appunto.

Che mi ricattarono psicologicamente e sessualmente affinché, abdicando, anzi abiurando al loro infimo credo alla Celentano, della serie chi non lavora non fa l’amore, desiderarono farmi credere che avessi il cervello piccolo e anche qualcos’altro ancora più minuscolo. Detestando infatti il fallo, no, il fatto che, piuttosto che farmi storie con delle ochette, usassi la mia oca per un vero onanismo fottuto, mi trattarono da nano.

Fui preso d’assedio dalle loro offese invereconde e orrende.

Del tipo:

– Hai preso le medicine prescritteti dal tuo specialista, cocchino? Hai capito come si sta al mondo? Non è che indossi pure gli orecchini?

 

No, non ho ancora capito come si sta al mondo. Anzi, ho appena pubblicato il mio nuovo libro, scrivo di Cinema e mi sa che oggi pomeriggio m’armerò di videocamera per riprendere i migliori fondoschiena femminili dell’entroterra felsineo.

Se tale gentaglia volesse frenare la mia libido, li accontento subito.

Ho appena ordinato il dvd Miss Tushy col primo rapporto a… le di Kendra Lust.

Se volete che ve lo masterizzi, so anche essere Philip Seymour Hoffman di The Master.

 

Parte seconda: la vita di molte madri, ex insegnanti di Italiano, è come quella di Isabella Rossellini di Velluto Blu, cioè un soufflé

Sì, la vita di molte queste qua è come quella di Dorothy Vallens/Isabella Rossellini del capolavoro di Lynch sopra menzionato. Anche se, a essere sinceri, trovatemi un film di Lynch che non sia un capolavoro e, se mi citate Dune, vi affosso.

Ora, passiamo a un pezzo alla Chuck Palahniuk.

Dovete immaginarvi questa povera frustrata, la quale sognò di diventare una cantante di night club a Beverly Hills, che trascorse tutta l’adolescenza a vivere una paurosissima competizione col fratello. Essendo suo fratello, non so se sia, ecco, un maschio.

Le ragazze adolescenti, così come le donne adulte, invidiano a livello inconscio la virilità del sangue del proprio sangue. Per cui si aprono molte possibilità interpretative all’interno del loro porsi nei riguardi del fratello amato e al contempo odiato poiché, non solo sessualmente, lui rappresenta antiteticamente l’opposto umanamente vivente della propria immagine allo specchio.

Sì, in maniera caleidoscopica, la sorella visse profondi conflitti psicologici. Tutti speculari seppur apparentemente antitetici. Parimenti a un nastro di Moebius.

Dovete pensare che sia una donna che visse la sua giovinezza, ammesso che codesta sia mai stata giovane, durante gli scalpitanti anni sessantottini. Dunque, ammaliata, oserei dire precocemente rimbambita dalle canzoni patetiche e utopistiche, eppur ecumenicamente allegoriche, diciamo, e quasi umanistiche di quella compagnia di decerebrati de Beatles, immaginò tutta le gente festante a celebrare l’amore libero.

Idealizzando John Lennon, il quale altri non fu che un uomo da curare subito, e sognando una vita da maestra intellettuale a capo del reggimento solipsistico di ogni sua frustrazione, appunto, sedata nella contenzione di qualche libro che potesse frenare le sue represse voglie da donnetta casa e chiesa, invero assai moralistica, ipocrita e castigata.

Cioè, la moglie di Dustin Hoffman di Cane di Paglia.

A ciò aggiungiamoci il fatto che tutti suoi sogni da diva di Hollywood fallita, ecco, andarono in frantumi poiché si accorse, al terzo due di picche, che poté solamente avere come marito uno più brutto di Woody Allen e mille volte però più scemo e grasso, insomma un ubriacone ignorantone super fradicio che lei iscrisse tardivamente a una scuola magistrale per avere accanto a sé almeno uno con un pezzo di carta da spazzarsi il culo, ed eccovi servita la donna perennemente nevrotica e afflosciata che visse estemporaneamente di fuggevolissime gioie brillanti nel tirarsela da professoressa del cazzo, correggendo gli altri per sentire qualcuno/a o, almeno, con quattro babbee alle sue direttive, un po’ cagata.

Avrete il perfetto ritratto d’una torta di mele già bella che squagliata.

Insomma, l’emblema dell’educanda dalla vita sempre inculata, oggettivamente ritardata a cui Emma Bonino fa un baffo.

Ma almeno Emma, per quanto innatamente racchia, è elevata.

E mi sa che ora la sua vita insignificante e ignominiosa sia arrivata all’ultima fermata.

Affidatela a una potentissima cura psichiatrica nell’elaborazione del suo lutto imperituro e sterminato.

Mamma mia come sono cattivo e lucky bastard.

Sono proprio una testa di cazzo nata. Sanamente insanabile, fottutamente godibile.

Oh, che tristezza. Oh, eccome se è rizzo.

Io, sì, schizzo!

di Stefano Falotico

Sono un giostraio di Woody Allen, un po’ goofy, mentre Fofi non è meno trombone dei Nolan che “ammazza”


20 Sep

Sì, sta per uscire il nuovo film di Woody Allen, e ci è stata mostrata la prima locandina incantatoria, anzi, incatenata alla giostra delle nostre emozioni più nostalgiche, più “asciugate” laddove Coney Island fa l’amore coi gabbiani nei cieli tersi di una New York da cartolina. E io andrò a vederlo, non credo vi rinuncerò, sebbene non abbia amato l’Allen recente, troppo macchiettistico, superficiale e persino “cartoonistico”. Penso che quando riesce a bilanciare le serietà bergmaniane all’umorismo ebraico da uomo che ne ha passate tante, e dunque può ironizzare con gusto sulla vita, faccia centro. Ma si vedrà, ah ah, come già detto. Poi ho voglia di rifarmi la “bocca” con questo Belushi panzone, che pare stia vivendo una seconda giovinezza.

Ma, adesso, mi concentrerei sulla recensione di Fofi, apparsa nell’Internazionale (che potrete “raccattare” andando in giro su Google, non mi perito a linkarla perché spesso il web fa strani scherzi e poi cancella tutto…), inerente o, meglio, distorcente… (a) Nolan.

Fofi non ha torto su tutta la linea e che il film non fosse un capolavoro lo si sapeva già… noi europei, più esigenti, meno trionfalistici e amanti della pomposità degli americani che l’hanno “strombazzato”. Fofi però non lesina sulle parole cattive e alla fine addirittura lo classifica come filmaccio.

Vi estraggo i pezzi più “esaustivi”, tralasciando la parte ove cita film del passato, che credo sia poco interessante per il nostro “discorso” ed è soltanto sfoggio “decorativo” delle sue conoscenze:

Dunkirk è un film brutto e detestabile per molti motivi, un fallimento anche spettacolare e anche per lo standard ruffiano ma solitamente efficiente del suo autore-demiurgo, un divo del jet set anglostatunitense come quelli di cui tratta Hanif Kureishi nel suo ultimo e splendido romanzo-farsa. So di irritare i suoi fan e gli pseudocritici del web, vittime consenzienti della stupidità programmata dai poteri (web = ragnatela, in cui il capitale contemporaneo cattura e divora o, al meglio, castra i moscerini che siamo), ma la perdita di senso dell’esperienza, e in questo caso dell’esperienza estetica e prima ancora morale, va combattuta con tutte le (poche) armi che si hanno a disposizione.

Partiamo dal titolo, che i distributori italiani, genìa ipercolonizzata, hanno lasciato in inglese, fingendo di ignorare che la città di cui si parla sta in Francia e si chiama Dunkerque. È legittimo che gli inglesi la ribattezzino, come noi ribattezziamo, per esempio, London in Londra, Paris in Parigi. Ma non siamo nel Regno Unito e lasciare il titolo inglese è un atto di sudditanza altrettanto imbecille che se si ridistribuisse in Italia, che so, L’oro di Napoli chiamandolo L’oro di Naples.

Questo, ovviamente, non è imputabile a Nolan. Il cui film, tronfio e meccanico e noioso, sta in piedi per la musica roboante e invasiva, ossessiva, di Hans Zimmer, più sound che musica. E un regista che si serve della musica per dare unità e pathos a una storia che altrimenti non regge, è, da sempre, un regista che non sa come emozionare, e che di emozioni vere non si intende. Effetti sonori più che effetti speciali, e comunque effetti, trucchi, tecnica, non un linguaggio autonomo e creativo. E siccome è più facile in laboratorio produrre effetti speciali con gli aerei (il cielo) che con le navi (il mare), dagli con le picchiate e con i primi piani degli aviatori, inespressivi perché il loro volto è nascosto da caschi e occhialoni.

S’intuisce che Nolan, in assenza di ispirazione perché in assenza di convinzione, e avendo ben presenti le bravate del maestro numero uno tra i registi tromboni, Steven Spielberg (ben più astuto di Nolan) in Salvate il soldato Ryan, pensasse al suo film come a un oggetto compatto, come a una sorta di sinfonia sonoro-visiva circuente e stordente, dove il flusso dell’azione fosse appena interrotto da personaggi-guida che scandiscono la buriana senza però spezzarla, senza cioè che l’umano riesca a prevalere, sia pure per poco, sul dominio della macchina.

… film di Nolan, la cui maggiore odiosità sta nel cosciente o incosciente progetto di abituare i giovani spettatori a una visione della guerra imbecille e retorica e disumana. Quei giovani spettatori che ben potrebbero, in mano a governanti mascalzoni e a un capitalismo guerrafondaio che domina i mezzi di comunicazione e finanzia i Dunkirk, trovarsi a fungere da carne da macello per le guerre future, come già accade in molte parti del pianeta. E che oggi applaudono i filmacci kolossal che li abituano all’idea del massacro, pensando però che non saranno loro a crepare.

 

Parole come sempre esposte con enorme padronanza del linguaggio e cultura indubitabile, che quasi quasi ci persuadono al cento per cento che sia una boiata. Ma Fofi, oramai ottantenne stagionato della disillusione più pericolosa, talmente idealista da sfiorare il ridicolo più allarmante, lo conosciamo. Da oramai tre decenni almeno, stronca per “partito preso”, è il caso di dirlo, vista la sua militanza comunista sino al parossismo più paradossale, i registi che gli stanno antipatici, a maggior ragione se sono gli esponenti di un Cinema “grandioso” e spettacolare. E quindi pollice giù all’oramai rincoglionito Goffredo (mi perdoni, “esimio”), che prende fischi per fiaschi e va “avanti”, anzi di “Unità!”, coi paraocchi più tristi. Ma che il film di Nolan non sia la mastodontica opera che, comunque, certamente si aggiudicherà molte nomination agli Oscar… io l’avevo già detto, meglio di lui, con toni canzonatori ben più leggeri e dissacranti, senza la sua seriosità da trombone, non migliore dello Spielberg che lui tanto vorrebbe veder morto e crocefisso.

Nella vita, caro Fofi, bisogna essere obiettivi, e lei lo è, glielo riconosco, senza sfociare nella Critica troppo cinica e talmente assurda da sconfinare nell’idiozia. Comunque, le stringo la mano per il coraggio. Lei il suo tempo l’ha fatto e non comprende la “modernità” frenetica ed effettistica di Nolan, capisco, nemmeno io “ci arrivo” più di tanto, ma sparare così a zero sa di fascismo peggiore del più bieco e ottuso comunismo.

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