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Non si scherza con Jesus/Turturro, si scherza eh, poiché John è come il grande Guglielmo


29 Mar

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Eh sì, sono sempre più simile anche al mitico John.

Attore di una versatilità pazzesca. Capace di essere amico di Scorsese, di Spike Lee, dei fratelli Coen, il mitico Jesus Quintana, uno dei cammei più straordinari della storia del Cinema.

Ed è stato bravissimo in The Night Of, superandosi ancora con Il nome della rosa.

Sono molto simile a John, passo dalle monografie su John Carpenter ai libri erotici, vado di palo in frasca, mica come voi che vi nascondete tra le frasche, ah, state freschi, so giocare a bowling, in tutti i sensi, sono un po’ alla Johnny Depp e un po’ come Buster Scruggs.

Sparatevi questa video-recensione.

Come John, ho origini mezzo pugliesi e mezzo della Basilicata, son nato a Bologna e ho fatto l’amore da Trieste in giù.

Leggo Umberto Eco e anche James Ballard, guardo un film francese e poi amo una thailandese.

Insomma, non si scherza con il Genius.

Ah ah. Sono un trasformista.

Alla prossima, amici.

E fate meno i bastardini. Eh eh.

 


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Il Genius-Pop è come John Turturro/Jesus de Il grande Lebowski #joker #jesúsquintana #thebiglebowski #johnturturrofanclub #joelcoenandethancoen

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di Stefano Falotico

Il giardino dell’illuminato


30 Aug

01717702Lunga la mia vi(s)ta da peccatore, poiché io peccai e anche fui “sbeccato” come tutti, oggi, acceso da vitalità insospettabili, dopo aver dedicato di delicatezza delle ore mattutine alla scrittura dei miei libri, che vi ricordo di acquistare poiché salvifici e orientati verso il verismo della realtà, mai artefatti né sbrodolanti ruffianeria, puri e “putridi”, rimestai nella mia cas(s)a dei pensieri, trovando alle incognite della mia (r)esistenza un valore (in)certo. Così qui vi vergo, ah la verga, quel che pen(s)ai e quel che nel momento stesso in cui vi do le mie parole penso. Pene… lungo… la strada del peccare spesso mi (sov)viene… vengono venial di vene… e viene quest’idea venale. Il mio stato mentale, a differenza dei comuni mor(t)ali, peggiorò quando il mio organo genitale in figa si sverginò. Molti an(n)i fa, eppur rammemoro quell’attimo indelebile e (s)porco nel quale la mia “quaglia” funambolica, pimpante e così “galla” per la mia “gaia” s’inoltrò nel bosco fiorito, da me in modo sublime leccato, timidamente “annacquato”, furentemente arroventato dall’impeto di quegl’istanti caldi e b(r)uc(i)anti in cui in cul il mio “cu(cu)lo”, che “crebbe” ed ebbi in dote di gioia e “levigatezza”, fu forato e d’istinto non forbito lì nel “lilla” infilato. Incantato, incatenato. Messo alle (s)t(r)ette. Ella si moveva con altrettanta animalesca furia, mi teneva in grembo mentre esagitato spingevo all’impazzata, cavalcando… sogni di gloria e futuri spruzzi d’incontinenza. Sì, me la feci nelle mutande, ma ne venne la mia pazzia. Da allora in poi, io, erede di Poe, divenni davvero poeta, sublimando appunto il sesso nell’ira “funesta” dei miei giorni malinconici. Come per le mantidi religiose, il sesso per me combaciò con la perdita dell’innocenza e, anziché allev(i)armi per fruirne ancora, coincise, di mia circoncisione, con la chiara e tonda (s)chiappa dell’uomo che, da quel momento demente, non deve chiedere mai. Non mi sbarbai più dopo la Barbie e inseguii la selvaticheria sorvolante del mio essere al(a)to, da quell’amplesso “imbucato” così (in)castrato nel cor(po) di un innamoramento non fi(si)co ma metafisica-mente lindo come un uccello liscio che, da gabbiano, si fece gabbare il vol(t)o d’angelo.

Altre donne “vennero” e con tutte fu la stessa troia, scusate, la stessa storia.

Ora che, con sguardo da “vecchio”, penso alla mia giovinezza boccaccesca, mi ricordo che ancora son giovane e ho ancora, ahimè, ah ah come g(r)o(n)do, molti an(n)i ancora da passare prima del definitivo c(r)ol(l)are.

Questa è illuminazione. Uomini, date a Cesara quel che “ara”, e di “oro” sappiate “elevarlo” in modo spirituale, più che altro da mar di stomaco.

Alle volte vomito per me stes(s)o, ma è una digestione che sa il “fallo” suo.

Donne, peccate… con me e non con un alt(r)o.

Io l’Altissimo, io di alito…

 

E, come Jesus, ficco sempre le palle in buca.

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di Stefano Falotico

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