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Provocazione di un cinefilo al deodorante, no, provocante: evviva Miami Vice, basta con le lagne di Paul Thomas Anderson e di quel rimbambito di Woody Allen
Ora, quando m’impegno e sono volenteroso, memore di essere un falotico, no, ancora un fanatico di quel tamarro di Jean-Claude Van Damme, che comunque definirei superbo dalle acrobatiche movenze assai eleganti in Senza esclusione di colpi, Kickboxer e Double Impact, muscolosamente molto amante di Mia Sara in Timecop, giustamente ricambiato da lei di amplesso avvinghiante in quanto Van Damme di brutto spingeva… in modo penetrante, oserei dire caliente gemellato non a suo fratello omozigote in uno degli eccitanti film sovreccitati, no, succitati… scusate, mi sono perso. Riprendiamo il filo di discorso o di Arianna? No, sfiliamo del tutto quello di Charlize Theron nella celeberrima, vecchia pubblicità famosa del Martini.
Dicevo, mi fate andare in bestia, zotici come Colin Farrell in Daredevil.
Ebbene, in forma e stato di grazia, sono Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani, più basso di 20 cm. Forse, però, più lungo di centimetri da un’altra parte. Questa è una battuta da ca(g)ne?
Fa… o sta che Daniel è un beniamino di Paul Thomas Anderson. Per cui girò Il petroliere e Il filo nascosto. Cioè quello della Theron?
Sì, dobbiamo essere sinceri, gli unici film notevoli durati nel tempo di Anderson e di Woody Allen sono rispettivamente Boogie Nights e Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere) al regista di Manhattan.
Anche perché non credo che Woody, con tutta la stima possibile per il suo essere sinceramente un tipo/topo che, al massimo, rimediò una bella tipa, no, una topona come Diane Keaton quando lei fu una dormigliona, sarà mai un Colin Farrell di Miami Vice con Gong Li. Per quanto riguarda un’altra sua ex famosa, vale a dire Mia Farrow, lasciate perdere. L’unico che la volle fu quel cornuto del diavolo in Rosemary’s Baby. Va detta senza peli sulla lingua. Polanski è un genio, Tarantino è or un cretino. Sì, s’è ammosciato in maniera horror. Comunque, se dovessi scegliere fra la Sharon Tate defunta, rinata bella come un tempo grazie a un miracolo divino, e la Sharon Stone dei tempi d’oro, la vedo dura. Diciamo che mi diventa duro. Sì, non posso mentire. Le scelgo entrambe. Per questa mia “scandalosa” e… ne, sì, esternazione e Bermuda Triangle, ah ah, vorreste sbattermi… in carcere come Charles Manson? Sì, lo so, non fatemene una colpa. Questo mio scritto è una mezza cazzata, una boiata. Però, diciamocela. Michael Mann spinge di più.
La dovremmo finire di essere dei sofisti come Allen. Ché, non essendo dotato di sex appeal, deve scrivere e dirigere un film per potergliela fare. Altrimenti, hai voglia a sognarsela di Midnight in Paris.
Esistono poche verità nel mondo, cioè queste due:
- Tutti i film del mondo più belli sono opinabili. Dunque a me. Anderson e Woody Allen appaiono meno attraenti di Pamela Anderson prima che arrivasse ai livelli di puttanesimo di Jennifer Lopez.
- Se non ti piace Jennifer Lopez, sei omosessuale.
Sinceramente, non ne vedo altre oltre alla mia lei. Non c’è mai due senza tre? Non ci provare… Assieme, io e lei guardiamo tutti i film di Mann, di Anderson e di Woody Allen. Se non vi sta bene e siete invidiosi, vi obbligherò a rivederli. Anzi, vi giudicherò rivedibili. Ci rivedremo. Intanto, non la vedrete, fidatevi. Secondo me, non avete capito niente del Cinema, della musica e anche di qualcos’altro. Insomma, vi vedo pallosi. Se non vi sta bene e non capite di essere pazzi, vi faccio strapazzare da Will Smith di Alì. Comunque, a parte gli scherzi, riguardatevi. Abbiate cura di voi. Non vi auguro però di avere culo perché tanto sarebbe un augurio inutile. Io vado dritto al sodo, non mi perdo in convenevoli del cavolo…
di Stefano Falotico
Come erano i tre uomini più belli del mondo, cioè Leo DiCaprio, Brad Pitt e Johnny Depp, come eravamo noi, chi ero e sono io
Ebbene, la prenderemo molto larga.
Partendo dalla mitica e coriacea, virulenta, pugnace e verace Sophia Loren. Che, nel mediocrissimo The Life Ahead, in barba a ogni recitazione da superato metodo Stanislavski, recita da napoletana senza fronzoli, conscia delle sue origini popolaresche, esibendosi con carisma immane che talvolta sconfina in espressioni pecorecce degne di una vergine, no, vertiginosa, non contraffatta ciociara vesuviana ecceziunale veramente a mo’ di Diego Abatantuono in versione diva d’altri tempi.
Super spoiler…
Mi ricordò le mie due nonne. Una non c’è più, ascesa in cielo come Sophia/Madame Rosa nel film di suo figlio nel finale assai commovente. L’altra, di nome Rita, prossima alla novantina, tira da sola la carretta, stando sempre sola nella sua modestissima abitazione, sì, casetta scavata nella roccia. Un tugurio fatiscente situato in un paesino sconosciuto della Lucania. Ove allevò, assieme al suo ex marito Pietro, due figli. Ovvero mio padre e mio zio.
Donna che abita a due passi da Matera. Ove svettano, ancora magnifici, oserei dire quasi inscalfibili, i Sassi di Matera. Immarcescibili. Durissimi. Meta prediletta da chi, come Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson, vuole girare un film su Cristo.
Trovando, in essi/a, il luogo più pittoresco e confacente alla natura ancestrale, oserei dire pittorica, della più bella, esaltante storia di tutti i temp(l)i. Quella di colui che si celebra a Natale. Natale, nome molto in voga peraltro nelle regioni meridionali.
La Basilicata è ora in zona rossa. La Puglia non mi ricordo, in Sicilia vi andai una volta. In Campania, due o tre.
Il detto vedi Napoli e poi muori è falso. Io la vidi. Non sono ancora morto.
Mi ricordo che, poco prima che uscisse il film Il talento di Mr. Ripley del compianto Anthony Minghella, pensavo che un giorno avrei superato le mie timidezze patologiche da Matt Damon, che sarei diventato bello e sicuro di me stesso come Jude Law e che avrei fatto all’amore con una come Gwyneth Paltrow. All’epoca era molto bella. Una reginetta. Adesso, sul suo sito per degenerate femministe “cazzute”, vende solo saponette e anche sex toys di discutibile gusto. Una donna, come si suol dire, involgaritasi e sputtanatosi totalmente.
A differenza della Loren che, malgrado il suo vivace, sanguigno accento vernacolare e il suo look stregonesco da donna forse rifatta più volte, non solo in viso, conserva un fascino (ig)nobile da signora d’alto bordo… da femmina del borgo che se ne fotte di quelle mentecatte borghesi ipocrite di malaffare grazie alla sua grinta profumata di eterna, inviolabile sensualità un po’ animale da essere ormonale di estrogeni che emanano una forza attrattiva di natura impressionante, dolcemente carnale.
Donna di altra categoria. Capisc’ a me, guaglion’!
Una donna che, quando fu premiata con l’Oscar alla carriera, riuscì a emozionare Geena Davis e l’ex storica, più che altro nevrotica e brutta come un debito di uno strozzino siculo, vale a dire la fascinosa Anjelica Huston, alias mrs. Morticia de La famiglia Addams nella versione di Barry Sonnenfeld.
La Paltrow stette con Pitt.
Geena David, forse. Susan Sarandon, sicuramente. Infatti, Thelma & Louise docet.
Un tempo, le donne con le palle piacevano agli uomini. Oggi, le lesbiche si definiscono pansessuali e la virilità è andata a farsi fottere, soppiantata da un retrivo sessismo medioevalistico.
Siamo precipitati in un nuovo periodo oscurantistico.
Il governo Conte ci ha segregato in casa. Va bene. Basta che non seghino… qualcos’altro.
Ne La vita davanti a sé, la Loren pare una strega più carismatica di Michelle Pfeiffer ne Le streghe di Eastwick. E il film vale solo per due scene, cioè queste.
Mi ricordo che, verso i sedici anni, fui scambiato per DiCaprio di Marvin’s Room e per quello di Buon compleanno Mr. Grape.
Sì, spesso e in effetti parvi anche Brad Pitt de L’esercito delle 12 scimmie e il Brad di Burn After Reading.
Sono invece sempre stato un poeta come William Blake di Dead Man…
Essendo stato spesso oltre la media dei comuni ebefrenici di massa, la gente pensò che fossi un criminale come Depp di Blow. E più rincoglionito di Al Pacino di Donnie Brasco.
Adesso, Depp è stato rovinato da Amber Heard. Lei volle stare assieme a un bell’uomo e lui abboccò come un pesce che, pur di amare della carne fresca più appetitosa del Parmacotto pubblicizzato dalla Loren, fece la figura del salame. Comunque, è sempre rimasto un uomo brillante, non perdendo un grammo del suo sex appeal piccante e dolcemente ammiccante.
Durante il loro turbolento, manesco, drogato matrimonio più isterico d’una comare novantenne di Bari, Depp divenne bulimico e ingrassò quasi quanto DiCaprio. Il quale difatti, quando non gira un film, si dà alla pazza gioia e lascia crescersi la panza. Ordinando, fra una modella e l’altra acquistata forse al mercato, non ortofrutticolo, bensì al porcile di quegli ambientini più sporchi della Camorra, molti chili di fettuccine.
Oggi, Pitt è un sessantenne maturo. Tantissimi anni fa, ebbe anche una relazione con Juliette Lewis. Lei ora ha quasi cinquant’anni, è ancora carina ma, a livello di cervello, è divenuta più ingenua e scema del suo personaggio di Cape Fear.
Di mio, mi ricordo che mi piacquero i Guns. Knockin’ On Heaven’ Door, famosissima loro cover d’una delle tante mitiche canzoni di Bob Dylan, fu inserita come sigla dei film action di Italia 1. Ché, in prima serata, nel periodo in cui frequentai le scuole medie, potevi volteggiare di acrobazie sognanti più fighe delle piroette di Jean- Claude Van Damme in Bloodsport e Kickboxer.
Ecco, devo ammetterlo. Il mio prossimo libro, Bologna insanguinata, storia stand by me di liceali folli, di gente suicida, di quartieri bui come il Pilastro, di piscine Record, di maestrine adultere, di teatranti pessimi, di grandi attori sottovalutati come Andrea Roncato, di femminone del bolognese e del riminese assai (dis)gustose, di duri ex metallari divenuti malati mentali, di geometre divenute ingegneri, di lupi solitari come Filippo Timi di Quando la notte, di stronze come ne La doppia ora, di falliti che pensano di essere David Lynch, di pennivendoli che credono di scrivere gialli appassionanti come quelli di Carlo Lucarelli e invece sono più marchettari di Selvaggia, “autrice” di Dieci piccoli infami, sarà qualcosa che nessuno, prima della pubblicazione, legge e leggerà mai. Sì, un capolavoro. Lo leggerò solo io.
Robert De Niro è da sempre il mio attore preferito.
Se non vi sta bene, amate Luca Argentero e recitate in parrocchia come Ambra Angiolini.
di Stefano Falotico
TIMECOP: la dovremmo smettere con Marcel Proust e io non avrei mai immaginato che sarei ritornato in forma come Jean-Claude Van Damme
Sì, da ragazzino fui un fan sfegatato di Jean-Claude. Non mi persi neppure un film con lui protagonista. Da puberale e semi-adolescente, fui talmente innamorato di una mia compagna di classe tutta bionda come la magnifica Leah Ayres di Senza esclusione di colpi, da credere che sarei diventato il nuovo Bruce Lee.
Quando si è innamorati, si perde di vista la realtà. Si mugola e si fanno i gridolini alla Bruce.
Sì, Bruce fu sposato a una biondina mentre all’epoca, sognando la mia biondona tutta ignuda, avrei spaccato, al solo toccarmelo, un mattone in un colpo solo. Infatti, da allora divenni mattone io stesso, ovvero accrescitivo della parola matto.
In Dragon, Jason Scott Lee sposa Linda, ovvero Lauren Holly. Io mi tramutai nell’ex compagno vero di Lauren, ovvero Jim Carrey. Sì, di The Truman Show. Che viene preso per il culo pure da sua moglie irreale… Laura Linney.
Oddio, non si capisce nulla. Donne quasi omonime, omoni senza ormoni, donne senza un uomo. Basta!
Mentre, ne Il corvo, Brandon Lee stette per sposare la sua bella ma fu ucciso alla vigilia delle nozze. E che cazzo! Oppure, non ricordo, furono già in luna di miele? Mah, fuoco e fiamme…
Sì, Brandon, sul set di questo film, oh sì, morì. E ancora da lassù gli bruc’…
Ecco, a differenza di quello che si possa credere, Jason Scott Lee non fu e dunque non è il fratello di Brandon e nemmeno fu, è e sarà mai il figlio di Bruce.
Non so se sia un figlio di puttana ma girò il seguito di Timecop.
Di mio, mi girarono molto le palle quando vidi Mia Sara fare all’amore con Van Damme, no, mi saltarono per colpa di quella bionda che mi rifilò una delusione più atroce di un calcio ai testicoli, semmai proprio mentre stetti per farle la spaccata…
Insomma, mi partirono i cosiddetti “gemelli”. In Double Impact, Van Damme interpretò due fratelli al prezzo di uno. Uno dei due si ubriacò di brutto quando l’altro, identico a lui, se la spassò con Alonna Shaw.
In verità, fu tutto un suo trip da paranoico. Il personaggio di Alonna non scopò affatto l’altro fratellino mentre all’eventuale cornuto omozigote s’arrossarono solo le gotine poiché un’altra birra scolò e soltanto s’incazzò. Cosicché, tutto paonazzo in volto, più arrabbiato di Frank William Dux di Bloodsport, di brutto ogni cosa spaccò.
Sì, credo che presi una botta in testa a quei tempi. Forse solo alle tempie. Non so se sia stata colpa di Chong Li ma certamente divenni la versione maschile di Gong Li. Sì, quella di Lanterne rosse. Che non si sa che minchia stesse aspettando…, forse Colin Farrell di Miami Vice?
Insomma, divenni abbastanza picchiatello come Ray Jackson/Donald Gibb.
Con puri occhi da folle oppure semplicemente un po’ innatamente incurabili da strabismo di Venere.
Sì, ne soffro. Per questo, ora mi mancano due gradi a un occhio. Poiché, essendo il corrispettivo, oserei dire antitetico ma identico, sì, gemellare occhio leggermente, asimmetricamente allineato rispetto a quello di Christopher Lambert, crescendo, una pupilla si sforzò troppo.
Lambert, invece, dopo essere stato Greystoke- La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie, s’imbestialì più di King Kong con Alba Parietti.
Anche le mie palle si sforzarono troppo a furia di adulti che, reputandosi cresciuti, non capirono quanto fossero ciechi a non rendersi conto che non furono nient’affatto dei giganti come Abdel Qissi/Attila di Lionheart.
Ah, la gente confonde Michel Qissi di Lionheart, il quale interpretò Moustafa, col suddetto attore di Lionheart dal cognome uguale spiccicato, come si suol dire, che per l’appunto fu Attila.
Maronna! Viuulenza… Ci vorrebbe Attila, flagello di Dio, voleranno fulmine e saette, tuoni su voce da Abatantuono!
Invero, Michel Qissi fu Tong Po in Kickboxer. Mentre io scrissi pure il libro Kickboxing e La maschera di Edgar Allan Poe. Sì, fui trattato da miserabile come Jean Valjean ma, adesso, donne più sexy delle maggiori pornostar mondiali pensano che io sia più muscoloso… di Jean Val Jean. Vagin’!
Insomma, la mia vita fu una tragedia. Va detto, senza se e senza ma. Fui scambiato per Fantozzi quando invece, a quarant’anni, sono più agile di Uma Thurman di Kill Bill.
E ho detto tutto…
Anzi no.
Morale della fav(ol)a: gli uomini e le donne, crescendo, si corrompono e, se sei troppo puro, ti dicono di non rompere.
Anzi, ti urlano che te la racconti. Te la suoni e te la canti.
Per quanto mi concerne, per quanto sia fantasioso e bravo a inventarmi storie, posso giurarvi che è tutto vero…
Nella vita, non esiste che resista chi è/sia più colto, più bello e più in gamba. Resiste chi ha i soldi. Poi, può essere pure un demente, non importa.
Ha il potere per fare quello che vuole. Non ci sono altre verità. Il resto è una grande balla retorica.
E tutto ciò è più agghiacciante del Covid-19. Lo so, è abbastanza inquietante. Ma, se vogliamo essere sinceri, senza nascondermi e celarvi nelle menzogne, non sono proprio il tipo da poesiole tenerine. Le mie poesie sono bellissime in quanto sono durissimo. Ciò può inquietarvi e starvi sul cazzo. Non sono cazzi che vi riguardano.
Eh sì, credo che la versione reale della vera storia di Frank Dux, no, della mia, sia esattamente questa.
Altro che follia e stronzate varie. Le persone sono più cattive di Chong Li. Sono pochissimi, nella vita, i veri amici che non ti tradiscono mai. Per esempio, Bolo Yeung e Van Damme furono e sono da sempre grandi amici, sebbene Bolo, in Senza esclusione di colpi, abbia voluto appannare la vista a Jean-Claude in quanto, leggermente invidioso, seppe sin dapprincipio che Jean-Claude/Dux fu ed è molto più forte di lui.
Allora, dovette usare uno stratagemma scorretto per abbatterlo. Per batterlo. Ma perse lo stesso.
Anzi, perse, perdendo pure la faccia.
Comunque sia, finita questa quarantena pallosa, andremo tutti assieme a mangiare una focaccia.
Questa vita è stata una faticaccia.
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di Stefano Falotico
Ben Affleck è stato, checché se ne dica, un bel Batman, tornare a vincere? Mah, ho i miei dubbi, basti vedere Van Damme coi suoi tutorial della m… a
Sì, Ben è un bravo guaglione e Tornare a vincere non è certamente un filmone ma neppure un filmetto.
Mentre le nonne insegnano alle giovani l’uncinetto, nella mia casa, pur non avendo un cucinotto, fui spesso Capitan Uncino. Cioè, mangiai poco, divenendo troppo presto adulto, forse solo anoressico e molto depresso. Cosicché non volli avere donne come Lorella Cuccarini, la più amata dagli italiani, non so però se da suo marito, oppure Maria Grazia Cucinotta. Vedo, per esempio, il povero Luca Zingaretti, ovvero Il commissario Montalbano, il quale inserisce foto su Instagram assieme a sua moglie, vale a dire Luisa Ranieri. Una che possiede un seno vellutato come la pesca ma recita peggio di Van Damme col fisico a pera. Cioè, Van Damme, se non avesse avuto il cosiddetto physique du rôle, avrebbe passato le sue giornate a vendere mele al mercato ortofrutticolo.
Eh sì, la testa di Van Damme non fiorisce certamente d’idee succose. Senza i suoi pettorali e i suoi addominali scolpiti, Van Damme avrebbe passato le serate a pestare l’uva. Sì, pura vendemmia da agricoltore. Un uomo vinaio, sì, che in una vigna, avvinazzato marcio e cioè ubriaco-alcolizzato, avrebbe poetizzato la mancanza di vulve, mangiando una banana come una scimmia, addolcendosi nel cantare al tramonto le peggiori canzoni dolciastre di Avril Lavigne. Invece, Jean-Claude può vantare un carnaio, no, carnet di donne sue amanti veramente rassodate… Mah, donne di malaffare, diciamocela, donne che fanno cagare. Da detergere nel bidet, da non invitare mai in un elegante bistrot al fine di non rimediare figure di merda. Donne che fanno venire i marroni glassati. Donne adatte solo ai gasati. Invece, io sono troppo dolce come un profiterole per le teste montate di questi e queste qua, amanti della panna anche sulla pasta più asciutta del loro cervello vuoto come una zucca.
Jean-Claude, però, a queste donne indigeste bagnò il biscotto nel latte, inzuppandolo con movimento pelvico da Double Impact. Per limonate a mo’ di preliminari in forma di antipasto e poi trombate, in ogni sen(s)o, servendole poi il benservito. Ah, che uomo da digestivo. Piuttosto che andare con queste sue ex compagne, sì, veramente mi darei alla campagna. Piuttosto che ingropparmi una di queste qui, strafatte non solo di anabolizzanti, berrei notte e dì soltanto della grappa.
Van Damme la dovrebbe finire di fare il bellimbusto. È patetico. Lo sanno tutti che fu “incidentato”, infartuato. Ma adesso dichiara che, con estrema flessibilità, ancora cammina a schiena dritta ed è sempre rizzo, no, un dritto, mica un loser da strapazzo. Mah, a me sembra solamente ridottosi come Big Jim su viso consumato da pornoattore del cazzo. Ma sì, la dovremmo finire con quest’esasperante edonismo glorificato da tali uomini muscolosi e da tali donne odiose. Nella Festa della Liberazione, mi alzai all’alba, cantando al sonar del gallo. Affacciandomi alla finestra, notai che, nel palazzo di fronte al mio, abita ancora la mia ex amica delle scuole medie, di cognome Galli. Ah, miei poveri polli, il Falò è uomo erudito che ai bifolchi punta il dito, è uomo dotto che ancora nel cuore non s’è rotto. E, fra video-recensioni sputtananti registi che meriterebbero la gogna come Zack Snyder, il quale in Batman v Superman non mostrò a noi nemmeno Amy Adams con la minigonna, ciambelle che non riescono col buco e persone che non riescono a fare nulla, se non bucarsi e ciucciarsi la Nutella, il Falò passeggia con disinvoltura in mezzo a un mondo pieno di fregature.
Poiché il Falò ama la marmellata ma non le riprese di Snyder, “smarmellate”, disserta di Cinema con fare sofisticato, dunque lecca un’altra confettura alla faccia di ogni strega cattiva che volle fotterlo, rifilandogli una fattura. Dopo tante catture, sfortune, dopo tanti iettatori, il Falò rimane il più grande attore del mondo. Poiché la sua fu Una storia vera e potrebbe, a novant’anni, essere più bravo di Richard Farnsworth col trattore. Basta con le trattorie, con le troie, con le fattorie e con le zie maialine.
Basta sinceramente tutto. Coi film action, con quelli retorici, coi finti dolori e coi falsi amori.
di Stefano Falotico
Nemici sul grande schermo, amici nella vita reale, cornuti al cinema e sposi nella realtà: Stallone, Dolph Lundgren, Brigitte Nielsen, Van-Damme, Bolo Yeung, Michel Qissi e la lettera di Hopper di Stranger Things
Ecco, partiamo dai due amici per antonomasia. Talmente amici che se lo danno in culo vicendevolmente, in senso metaforico, in C’era una volta in America. Ovvero Bob De Niro e James Woods.
Talmente amici, praticamente fratelli di sangue, platonicamente innamorati l’uno dell’altro, anche se non omosessuali, da fottersi reciprocamente in maniera epocale, oserei dire epica.
Chi dice donna dice danno. Fu tutta colpa di Deborah.
Poi, in Casinò, successe la stessa cos(ci)a.
Sam Rothstein/De Niro perde la testa per Sharon Stone/Ginger. Potete biasimarlo? Sharon era appena reduce da Basic Instinct. Parlavamo di una super figa che, quei tempi, non necessitava del cervello di Matt Damon di Rounders per battere quello stronzo di Teddy KGB/John Malkovich.
Sì, a Sharon sarebbe bastato aprire le gambe e te lo do io The New Pope. E te lo do io, Sharon, le tue nuove poppe di mastoplastica.
Comunque, se facevi l’amore con Stone di quei tempi d’oro, saresti impazzito. Saresti diventato Malkovich di Nel centro del mirino.
Sì, l’avresti mirata, ah, ammirabilissima, quindi lei ti avrebbe fatto volare lassù come in Con Air. E poi ti saresti schiantato a Las Vegas.
Ah, vedete che il discorso torna? Ah ah.
Non perdiamoci in Ginger e gingerini, torniamo a De Niro e James Woods.
In Casinò non sono amici. Ma mandano a puttane tutto non solo per colpa di Joe Pesci ma, appunto, a ca(u)sa di Sharon. Una puttanona.
Nella vita di tutti i giorni, De Niro e James Wood sono amici per la pelle. Si stimano tantissimo.
Vi basti vedere questo video:
Ecco, in Rocky IV, come tutti non sappiamo, Rocky Balboa/Sylvester Stallone e Dolph Lundgren/Ivan Drago si odiano a morte, anzi vogliono ammazzarsi, picchiandosi come bestie.
Ivan stava con Brigitte Nielsen nella finzione. Nella realtà, era la moglie di Stallone.
Comunque, cara BRIGITTA, te lo posso dire senza peli sulla lingua? Al signor Marion Cobretti, il Cobra, io se fossi stata in te, cazzo, avrei scelto Dolph.
Dolph Lundgren, alto un metro e novantasei!
Ora, Stallone in Rocky IV riesce a battere Dolph. Sì, perché è un film di fantascienza, diciamocela.
Stallone è alto 1,77 m.
Sinceramente, molto concretamente, a Dolph sarebbe bastato il mignolo sinistro del suo Golia per scaraventare per aria il Davide di turno.
Comunque, da allora Sly e Dolph sono amici. Invero, dobbiamo essere in questo caso un po’ più precisi.
Dolph Lundgren, caduto in disgrazia, contattò Stallone, leccandogli il culo affinché gli desse una particina nei Mercenari…
Le cose andarono così. Dolph era indebitato, doveva pagare il mutuo della sua villa. Al che telefonò a casa Stallone. Rispose la moglie di Stallone, Jennifer Flavin.
– Pronto?
– Ciao Jennifer, sono Dolph.
– Dolph chi?
– Come chi? Non mi riconosci?
– No, non so chi tu sia. Signore, perché chiama a quest’ora? Sono le due di notte. Mi sa che ha sbagliato numero.
– Guardi, signora, sono Lundgren. Io e suo marito siamo, diciamo, amici.
– Ne è sicuro? Conosco bene gli amici di mio marito. Non mi ha mai parlato di lei. Scusi, esattamente che desidera?
– Ecco, è lunga da spiegare. Onestamente, ho bisogno di lavorare.
– Ah, guardi, si rivolga all’ufficio di collocamento. Mio marito non è laureato in psicologia assistenzialistica. Ora, la prego di lasciarmi dormire. Altrimenti, la denuncio. Le sono stata chiara?
– Mi dia solo cinque minuti. Le spiego tutto.
All’improvviso, Stallone rincasò. Sì, era andato a ubriacarsi con Arnold Schwarzenegger al Planet Hollywood in compagnia anche di Bruce Willis.
– Cara, che sta succedendo?
– Caro, c’è un povero cazzone che sostiene di conoscerti. Te lo passo.
– Pronto?
– Ehi, vecchio filibustiere, come stai? Da quanto tempo…
– Sei Dolph?
– Eh certo. Chi sennò? Sly, sono nella merda. Mi devi dare una mano.
Adesso, dopo il secondo capitolo di Creed, Sly e Dolph stanno pensando a una serie televisiva da produrre…
Ho detto tutto.
Passiamo invece ora ad altri tipi muscolosi, presieduti da Muscles from Bruxelles, il Jean-Claude più famoso, forse di tutti i tempi, da non confondere con quel troione di Jean Val Jean. Pornoattore che guadagna un milione di volte di più di una persona normale.
Lui ha capito tutto. Mentre voi state a sbattervi su un libro di filosofia orientale per cercare di risolvere i vostri problemi psicologici dinanzi alle sempre più stressanti, impellenti richieste della società occidentale così massacrante, Jean se le sbatte tutte. Si va da quelle francesi a quelle tedesche, dalle asiatiche alle americane, dalle canadesi perfino alle piemontesi, dalle campagnole a quelle della Campania.
Sì, si va da Kendra Lust a Valentina Nappi in un batter d’occhio e anche di qualcos’altro.
Valentina è di Scafati, in provincia di Salerno, mentre Jean è un uomo (di che?) che ha dieci motoscafi grazie al fallo, no, fatto che ha sciacquato la sua “lingua” nell’Arno.
Ah, lui se ne fotte, scialacqua…
Come no? Se vi dico che è così è così. Sì, Jean è un poliglotta, conosce tutte le lingue del mondo. Approfondisce anche con studi e ricerche minuziose.
Sì, passa le sue giornate a connettersi ai siti delle Escort internazionali. Legge attentamente tutti i loro profili:
– Hi, Samantha, where are you from? JE VOUDRAIS ficcart’! Se po’ fa’?
E va pure a mangiare, ogni sera, alle migliori trattorie ove cucinano il vostro pesce fritto con tanto di linguine e inguine allo scoglio, forse pure allo scolo. Senza sconti.
Come fanno, peraltro, Van Damme e Bolo Yeung. Dunque, poveri stronzi, finitela con le rivalità, i pettegolezzi, le invidie e le gelosie.
Sembrate delle donnette da circolo del cucito.
Se ci si fotte pure fra amici, Senza esclusione di colpi, farete la stessa fine di Edward Norton di The Score.
Se vi dico che è così…
Comunque, alle lettere di San Paolo ai Corinzi, preferirò sempre quella di David Harbour di Stranger Things 3.
Dissi che era troppo mielosa.
Ma io sono un bugiardo conclamato.
Dopo averla vista, ho dovuto spendere tremila Euro per i Kleenex.
di Stefano Falotico
Le memorie ottenebrate scalpitano dalla languidezza del tuo Kickboxer
Vi ricordate la scena in cui Jean-Claude Van Damme rimembra il tempo eterno della terra delle aquile ove quei cavalieri, come dei saraceni pupi siciliani, spadroneggiavano da ronin spadaccini?
Scena meravigliosa che, nella mia classifica cinematografica, fa sì che Kickboxer ascenda a inamovibile cult appunto personale.
Il cult non è un capolavoro. Obiettivamente, Kickboxer è un film puerile e alquanto stupido col super cattivone che non vedi l’ora che venga pestato a sangue, come infatti puntigliosamente, oserei dire chirurgicamente avviene nel finale rombante di calci piroettanti.
Ma, nel Cinema, anche in quello basso e infantile, esistono scene memorabili.
Che tempi erano quelli in cui in tv passò in prima visione questo film con Jean-Claude?
Andavano di moda i cicli delle martial arts. Introdotti dalla sigla iper-visionaria inframmezzata dai corpi taurini dei protagonisti di questo genere di pellicole. Sull’indimenticabile Knockin’ on Heaven’s Door. Di Bob Dylan?
Eh no. Dei Guns N’ Roses.
Una cover che da sola valeva la grinta di quegli anni per noi d’oro.
Ma che tipo di società era?
Lo so io. E, se volete che ve lo/a riferisca, prima offritemi un caffè.
Non c’è niente da fare.
La psichiatria è materica, è fallimentare con uno come me. Praticante dell’occultismo della sua anima tenebrosa, dunque solare come il mattino più ardente.
Uno dei miei film preferiti in assoluto è Il signore del male di Carpenter. Ho detto tutto.
Sì, ci sono i capolavori e ci sono quelle persone irremovibili che adoreranno sempre alla follia i loro nostalgici infantilismi infrangibili.
Perché io, in un certo senso, sono come Stephen King.
Sì, l’unico scrittore vivente, altro che Bambini nel tempo di Ian McEwan, capace di essere grande e grosso ma di ricordarsi uno Stand by Me – Ricordo di un’estate come se fosse oggi.
Il tempo non esiste.
Io con la mia anima e la mia mente pratico il relativismo di ogni teoria da abbattere a monumento del mio sacrale tempio.
Sì, forse stavolta sto davvero morendo. E sto bussando alle porte del paradiso, fuori da ogni epoca, da ogni realtà relativistica, sconfiggendo ogni relatività quantistica.
Buonanotte.
A proposito di Dylan, cosa ne pensate di Hurricane?
Sì, io posso soprattutto dirvi che società oscenamente giovanile era quella degli anni di Tarantino.
Ove idioti andavano matti per riviste come The Games Machine, tripudio di scemenze nerd e si sparavano tutti i peggiori film americani, stronzate come Indipendence Day, Stargate e idiozie di sorta.
di Stefano Falotico
Attori bolliti: Jean-Claude Van Damme, un’espressività rozza ma decisamente simpatica
Continua il nostro gioco, spero divertente, un po’ sardonicamente irriverente e pungente su quegli attori che, inevitabilmente, invecchiando hanno perso l’allure e lo smalto dei tempi d’oro.
Ora, possiamo innanzitutto considerare Van Damme un attore, visto che, a parte qualche eccezione, ha lavorato quasi esclusivamente in filmacci indignitosi? Sì, lo è a tutti gli effetti, che piaccia o meno, e devo ammettere che, se si superano i pregiudizi iniziali, Van Damme non è affatto un attore da buttare, possiede un’espressività rozza ma decisamente simpatica, cazzuta, naturalissima da bulletto dal cuore d’oro, da tamarro col suo perché, e quindi non è per niente disprezzabile.
Che poi abbia lavorato, come detto, spesso in film di cassetta usa e getta, è un altro discorso. E comunque non sono pochi i registi di genere validissimi, come Hark Tsui, che ha incrociato con esiti inaspettatamente efficaci.
Il suo vero nome all’anagrafe è Jean-Claude Camille François Van Varenberg, ed è nato il 18 Ottobre del 1960 a Berchem-Sainte-Agathe, cittadina di appena ventimila abitanti della Regione di Bruxelles-Capitale, un belga muscolosissimo, campione di arti marziali che, infatti, si fa subito soprannominare Muscles from Bruxelles. Come i suoi fan ben sanno.
La leggenda narra che si era pensato a lui per il ruolo della creatura aliena in Predator di John McTiernan con Arnold Schwarzenegger, e alcuni sostengono che, sebbene non accreditato, nello scontro del combattimento finale tra l’alieno e Schwarzenegger, sia stato proprio lui, come stuntman, a interpretare il mostro.
Non sapremo mai forse la verità, ma è un aneddoto interessante.
Fatto sta che Van Damme inizia a sfondare nei film di “kickboxing”, ove la sua rilucente massa muscolare ha un ruolo predominante.
Ed ecco che agguanta il successo fra i giovanissimi, esaltati dal suo atletismo mastodontico e dalle sue movenze ginnastiche spettacolari.
Diventa un idolo incontrastato, la versione occidentale e più culturista di Bruce Lee.
E con una manciata di titoli fa breccia appunto presso il pubblico giovanile che, davanti alle sue imprese da lottatore indomito, si carica…
Senza esclusione di colpi, Kickboxer, Lionheart, Double Impact, I nuovi eroi e Van Damme diviene immediatamente un must.
Al che comincia a lavorare anche con registi di più alta scuola, maestri come con John Woo per Senza tregua, od ottimi mestieranti come Peter Hyams per Timecop e A rischio della vita, il già citato Hark Tsui per Double Team e Hong Kong colpo su colpo, e Ringo Lam per Maximum Risk e il bellissimo The Replicant.
Nel 2008 inoltre interpreta efficacissimamente un film molto amato perfino dalla Critica, JCVD – Nessuna giustizia di Mabrouk El Mechri.
Nel 2016-2017 è protagonista della serie Jean-Claude Van Johnson, ma si rivela un mezzo flop.
Nelle scorse ore, è stato diffuso il primo trailer di Lukas di un regista forse non eccelso ma specialista di crime movie a base di scazzottate e inseguimenti, Julien Leclercq.
A cinquantasette anni, Van Damme, nonostante le rughe evidenti, appare comunque ancora molto in forma per essere uno che si avvicina alla sessantina.
di Stefano Falotico