Posts Tagged ‘James Woods’

I Beatles mi hanno sempre debilitato, meglio i Rolling Stones, per una riabilitazione da stronzo alla James Woods


30 Jul

James Woods Vampires

 

Sì, mi son guardato allo specchio stamattina. Ho la stessa “cartola” di James Woods in Vampires.

Ora, il termine cartola non si riferisce a costui. Bensì, è un’espressione tipicamente bolognese, coniata da qualche zuzzurellone in vena di spiritosaggine che, dopo essersi specchiato, ha inventato tale cartola. Appunto.

A Bologna, uno vede uno che è un mezzo barbone, un drop out, un contestatore da figlio dei fiori. E dice: – Uè, visto che cartola ha quello?

Cartola, per i bolognesi, significa carisma. Un uomo che, nonostante viva costantemente nella merda, emana un savoirfaire da uomo che sa come va il mondo.

Sì, un termine del quale non ho mai capito il vero significato. L’anno scorso, Roberto Donadoni era l’allenatore del Bologna Calcio e tutti i tifosi, nonostante abbiamo rischiato la serie B, appena lo vedevano, urlavano: – Vai, Roberto, hai una gran cartola!

Sì, perché Donadoni, pur essendo un allenatore mediocrissimo, troppo impettito e ruffiano, leccaculo e finto gentleman, è stato talmente forte come calciatore negli anni ottanta/novanta che, oramai di diritto, è stato elevato presso la plebe a indiscutibile cartola.

Lo stesso dicasi per gli attori. L’altro giorno, ho postato su Facebook la foto di Mickey Rourke sfatto, gonfio, iper-tatuato, probabilmente con un carcinoma alla gola, e un mio amico ha esclamato… vai, Mickey, tu sì che hai la cartola.

Sì, Mickey Rourke può andare da tutti gli psichiatri del mondo, fare il puttanazzone in filmacci più brutti di tua madre, ma avrà sempre la cartola perché ai tempi d’oro era proprio uno “a cazzo duro”.

Ecco, sì, tornando a Woods, ora che sono nuovamente dimagrito, gli assomiglio. Stessa faccia macilenta, con ancora i segni dell’acne che fu, brufoli dissipati nella maturità di una pelle meno elastica ma grumosa, spugnosa, bastarda, da uno che conosce l’odore del suo sperma e non si fa fottere più tanto facilmente, nemmeno da un mostro come Valek.

Ora, James Woods in Vampires ha la pancetta o no? Secondo me un po’ sì. Come me. Una pancetta non pronunciatissima sorretta da due gambe sbilenche, storte, oserei dire “traviate”. Sì, in tanti onanismi e letti peccaminosi da cacciatore, più che di taglie, di altrui “quaglie”. Sì, lurido figlio di puttana, ti tira il pistolino? Se non ti tira, te lo tiro io.

Ecco, sì, non ho mai amato i Beatles. Questi quattro ebeti, capitanati da John Lennon, un mezzo matto, diciamocela. Poi c’era anche Ringo Starr, l’esemplificazione vivente della scimmia poco sapiente.

All’epoca, le ragazzine ne andavano matte. Si strappavano i capelli e ci davano dentro di brutto con questi semi-froci all’amarena.

Mamma mia, a me han sempre trasmesso una moscezza immensa. Sì, moscissimi. L’unica loro canzone decente è Yesterday, infatti in C’era una volta in America… James Woods era al suo Max storico, e io non ho mai voluto impararne le parole, come il grande Massimo Troisi di Non ci resta che piangere.

Sì, Massimo era onestissimo. E dovreste esserlo anche voi. Cerco in Italia uno che conosca le parole di Yesterday a memoria. Non trovo nessuno che le sappia. Tutti cantano… du du daradaradà, Yesterday!

Non sapete proprio una beneamata minchia!

Questo per dire, mentecatti, che io sono come Jack Crow. Uno che non sopporta puttanate melense come i film di Truffaut, roba come Jules e Jim e altre troiate false come Michelle, ma belle…

Questa gente paracula, che li ascolta, ha rotto i coglioni.

Metti Mick Jagger in radio. Vai, sii ficcante, davvero disarmonico eppur latin lover che avercene.

Via, spacca tutto.

Ecco, il cuore. Qui ci sta il paletto.

 

– Ehi, che fai? Carichi questa zoccola?

– Sì, è una zoccola che può tornarci utile.

– Utile a che?

– A essere mandata a quel paese.

 

Che cartola!

 

di Stefano Falotico

C’era una volta nella mia anima, il godimento della libertà


21 Oct

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Ogni uomo anela (al)la libertà eppur essa vien sempre messa in discussione da loschi personaggi che nel nostro (in)cedere incrociamo. Le dita, per non patire le (s)fighe da essi trasmessici, incroceremo sempre, “turlupinandoli” col nostro ingegno e le innate genialità che Dio ci concesse per grazia dei nostri t(r)atti somatici datici in non remissione dei peccati. Poiché, peccando, ci sentiamo più umani, liberi da giudizi coercitivi delle nostre individualità e restii ad adattarci al comune volgo che la fantasia non sa far volare e forse, nevvero, non ha mai saputo ove abita. Nel mio abitacolo, in macchina, mi rendo “gobbo” e faccio perdere il divenir loro macchine mentre, non robotizzato da quest’umanità “efficiente”, molto sulla deficienza, non mi sottometto alla catena di montaggio, ché i montati lasciai vincersi a divenir loro macchine mentre navigo internauta nei miei Mi piace, a piacer mio e mi faccia(n) il piacere se incontro qualcuno che non ama i pacieri. Talvolta, per via dei miei camaleontismi ingrassanti alla De Niro, uso la panciera e ascolto l’ex cantante Gatto Panceri, spegnendo la mia cicca, cioè il mio cervello bruciato, nel posacenere di colui che “adotta” il dopobarba solo dopo aver fatto mix col suo ero(t)ismo d’annata, dunque da uomo che non azzecca mai un an(n)o giusto. Eppur l’uccello mio si muove, “scodinzolando” con “ebetudine” che sa i cazzi suoi. Tu fatti i tuoi e io mi faccio gli affari tuoi, rubandoti oltre alla donna anche il dondolo. Nano che conosceva Dottolo, cioè me.
Ricordate: nella foll(i)a totale, il Genius sa.

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di Stefano Falotico

Fino a prova contraria di Clint Eastwood? Anche di Falotico


05 Jul

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Nel carcere di San Quentin (California), il giovane nero Frank (Washington) deve essere giustiziato un minuto dopo la mezzanotte per l’omicidio di una commessa bianca. Vecchio cronista di “nera” in chiusura di carriera all’“Oakland Tribune”, sobrio come un ex alcolizzato, fumatore, marito infedele, padre assente, puttaniere, Steve Everett (Eastwood) ha dodici ore di tempo per trovare la prova della sua innocenza. Da una calibratissima sceneggiatura di Larry Gross, Paul Brickman e Stephen Schiff, adattamento del romanzo The crime di Andrew Klavan, Eastwood al suo 21° film di regista-produttore (Malpaso) ha cavato un thriller a orologeria che soltanto critici e spettatori che guardano il dito invece che la luna hanno giudicato meccanico, effettistico, sentimentalmente demagogico. Oltre a divertirsi con il suo antieroico giornalista, politicamente scorretto a 360 gradi, e con i dialoghi scoppiettanti di irriverenza, gli altri apprezzano l’irridente lucidità con cui, senza mai salire sul pulpito, smonta la logica del sistema giudiziario USA, la macchina disumana della pena di morte, il latente razzismo della maggioranza silenziosa, il sistema formalistico della democrazia fittizia, il giornalismo che bada al “lato umano”, il clericalismo ipocrita e untuoso, il perbenismo familiare e persino Babbo Natale. Fedele al suo classicismo di scrittura e al suo ottimo direttore della fotografia Jack N. Green, Eastwood ha fatto un altro film minore perfetto. Gli dà voce il solito, bravo Michele Kalamera.

Tratto dal dizionario dei film Morandini…

 

Pensieri alla rinfusa, ecco, sono molto stanco in questo periodo per me eterna-mente acerbo e fischietto nella natura mia creaturale come un “cieco”, no, un cervo. Quanti coacervi di presunzione e di “dotte” inquisizioni che debbo patire “a ragion (il)logica” d’una mia indole protesa all’illanguidimento lascivo, all’apatia stagna, all’apoteosi d’una danza ormonale quasi spenta, perché oggi ho tentato di masturbarmi, con esiti incerti, su una famosa pornoattrice americana, e quel che “n’è venuto” è stata spermatica, maggiore ansietà d’un uccello che (non) va. Quindi, lessi il giornale, cercando notizie più tristi di me, dunque di contraltare m’affannai a farmi riprendere al salir dell’umore e di un ormone appiattitosi, affievolito, “cereo” e sbiadito. Poco ne “venne” e pensai che molte donne “dabbene” son invero puttane e quindi Eastwood, nel film suddetto, (le) faceva bene a darsi da “fare” con alcune di “malaffare”. Tanto, ne prendi una “buona” ed è solo una racchia intellettuale che t’ammorberà con le sue mestizie pigre e genuflesse a una (r)esistenza ove per lei il lavoro “duro” è tutto e giudica gli uomini in base alla “cravatta”. Anche all’ovatta di vite “sterili”. Ha però il desiderio di farne tanti… di figli. Di mio, credo che passi le giornate nella tristizia, una tristizia tanto “matta” da “degenerare” nell’allegria sconsiderata, nell’euforia van(itos)a, nel girarmi i pollici per non far rotear di noia le pal(l)e… del vent(ilat)o(re), delle notti in cui insonne non piglio il mio “sommo”, giorni abulici (s)fatti di sigarette stiracchiate, sdrucite come una donna che non ha più da “dare” eppur, appunto, vuole solo ruffiani danari, di cappuccini cremosi in bomboloni alla crema e la mia panza che, (de)crescendo, borbotta nella fanfaronaggine che sa il “fallo” suo.

In verità vi dico che, per il mio stile di vita “pensionabile”, molti m’addebitano (in)giuste diagnosi di malattia mentale, ma il ver(b)o è che son lucido come un Clint d’ottima stagionatura e splendido come un bel film d’annata.

Di “ano” in anno, rimango così, nel dubbio che gli altri di me non abbian capito un cazzo. E me ne convinco da “pazzo”. Pubblicando un altro lib(e)ro…

di Stefano Falotico

Clint Eastwood, basta il nome per il titolo di grande, insomma lo siamo


29 Jul

 di Stefano Falotico

Se c’è un attore-regista per cui da anni vado matto, ecco, costui è Clint Eastwood.

Ah, so che questa mia spudorata dichiarazione d’amore, vi fa scompisciare dalle risate. Eh sì, oggi viviamo nell’epoca di Zack Snyder che, con la sua “parentela” di leccate fenomenali di culo a Nolan Christopher, eh già, “Superman”, gira blockbuster che a voi eccitano mentre a me fan venir il mal di mare, anzi, la voglia proprio di tuffarmi dagli scogli più “insidiosi”, (a)sino giù negli abissi insondabili da mia “cattiva” bile, non sfidando la forza di gravità ma nel librar suicida così “libero” come un gabbiano, ingabbiato da una società cinica, “fumettistica” e superficiale, prima del fatal schianto di me “sciolto” nell’affogarmi di (rim)pianti “incontinenti”, sì, incontinenti perché oramai, da un (in)continente all’altro, l’incontenibilissima idiozia sovrana regna in tal mondo bugiardo ove imperan le menzogne oceaniche. “Aperto”, sprofonderò (in)felice, morendo da nessuno ma forse rispu(n)tando, con l’acqua alla gola d’un orgoglio non espiato ma ancor respirante vita pura, come Nettuno, un Dio della letteratura greca che non cagano più, tranne i picc(i)oni della piazza omonima di Bologna, ove “campeggia” la sua Fontana, titanica ma cagata appunto di “striscio” anche dai teppisti che la raschiano nei “lineamenti ellenici” su “falce e martello” da naziskin felsinei di svastica, con tanto dell’adiacente, là sotto, immarcescibile “culturista” Beppe Maniglia, idolo cittadino, tanto “ignorante” che un tempo volle candidarsi come sindaco, presentando “in prima linea”, nel suo “programma elettorale”, lo spaccio impunito della marijuana nella piazzetta “universitaria” più tristemente famosa, Verdi, bazzicata da studenti molto “vogliosi” nel “tirarsele” a vicenda da figli di papà alla faccia dei poveri in canna…

Perse alle “(e)lezioni” solo perché lo “spaccio” non aveva bisogno di essere “alimentato” dai gradi militareschi dei poliziotti, “uomini” di grandi “aspirazioni” e “fiuto” dal “sensibile” olfatto, tanto che chiudono sempre un occhio, tranne quando sono in caserma e picchiano i “tossici”, cioè gli allergici alla vita da “duri”, drogandosi di nepotismo sodomizzante ogni regola della buona e sana “Costituzione”.

Sono uno stronzo? Lo sono sempre fieramente stato e credo di non appartenere all’italiano “Stadio”, infatti sono “instabile” a differenza di voi (s)pos(s)a(n)ti di questo statuto ideologico ove il nazional-popolare pensa a come arricchire Balotelli, “incitandolo” a fottere tutte le veline più sventole, su suo “negro” poi “sventolato” razzisticamente quando ritorna la caudina, bifronte mentalità fascista che lo vuol mal trattare da “senza palle”, mentre la gente muore di fame al “grido” di “Forza Italia” nella “rete” sociale, con tanto di “punizioni” da “foglia morta” dei “fichi” che siete solo quando state dietro le trincee ma poi “bravi”-fighetti quando non avete il coraggio neppur di cacciar una piazzata da arrabbiati “pazzi” nelle ribelli piazze e ve la fate sotto davanti a uno che vi presenta un “titolo di studio” per suggestionarvi in modo tale da potervi ficcar sempre in culo a piacimento… delle Escort che lui s’incula di tanta carta “bianca”… “pulitissima”. Tanto, può fare… è “intoccabile”. Che società “toccante”.

Ciò per dire che Fino a prova contraria è un capolavoro.

E, come Clint Eastwood, invento una battuta, cari battoni, a mo’ di suo “stile” freddissimo…

I giornalisti in gamba devon star zitti perché son alle dipendenze del padronato che li sfrutta, pagando i loro articoli un cazzo, mentre i tizi, che non sanno leggere e scrivere, vanno con le tizie “più nelle gambe”. Così è sempre andato il mondo e sempre purtroppo andrà, cioè a puttane. Al “popolo” interessa la faccia(ta). Punto e finiamola qua.

Sono un fottuto liberale? No, bensì uno fra i pochi che non vi racconta balle ma vi racconta “questa”.
Da giorni, ci sto provando con una che non ci sta, fa la cameriera e gioca di carte a scopo(ne) di lucro coi ludri, affaristi ipocriti che cazzeggiano proprio nel senso allungato del cazzo in ano fra mani sporche.
Lei preferisce stare col padrone del locale, sempre “mantenuto/a” in perfetto “ordine”.
Sì, il padrone è il suo pappone. La paga affinché lei, la serva, serva (due volte servissima) i “clienti” più “seri”. Finito che ha di servirli, di giocarci, terminato che hanno loro di “ripulirsi”, il padrone la fa… pure appunto scopare “a terra”.
Sembra una battuta tratta da Ronin di Frankenheimer?
No, nessun David Mamet. È mia, essendo io un samurai senza padroni.
E soprattutto “matto”.
Ma me vanto nel vento!
Quella donna sa che io non la userei come battona. Ma è stata abituata a lavare solo i piatti e mi spaccherebbe la faccia perché vorrei si emancipasse, provocandola di “botte” per farla davvero godere.

 

“Vampires” – Recensione


23 Oct


Vamp
-“(t)iro” messicano

Fra tutti i miracoli viventi, scaturiti in mezzo alla “malvivente” e omertosa America, un Esso vive di “regione” carpenteriana. John Howard, classe, e che classe… 1948, un anno in più di mio padre, che veste, soprattutto dentro, dello stesso abito che non è monaco. E non lo fa(i) fesso.

Mio padre indossa jeans-western col cinturon “a palle”, qualche volta è palloso, straparla a iosa, invertendo la sua tendenza giovanile al viversi solo dell'”animistico”.
Oggi, pare un “animale”, la pensione ha rinnovato la brada, luciferina “morte” rinata nella libertà dalle impellenze della “pelle” in giacca e cravatta. Va a letto presto, come Eastwood De Niro di Sergio Leone, perché alla mattina dev’esser già guardingo e reattivo come Al Pacino. Quando si sveglia di prima alba, si rade ogni “grammo” delle guance di tanti suoi guanciali non più sognanti ma veri perché disillusi da uno sporco Mondo, lacera la lametta per “sghignazzare” allo specchio contro i lerci, e poi tossisce, nervoso e di gola nervica. Si “rassetta”, si “reset-ta”, va in cucina, mescola il caffè nelle papille, controlla lo stato erogeno del “cavallo” dei pantaloni, e poi scorazza per la metropoli, adocchiando le donne sposate a cui “lo” appaierebbe volentieri di corna da “montone”. Come quei “teschi” che penzolan a mo’ di “cornice” sulle pareti dei cacciatori del Nebraska.

Mio padre è un grande, perché desidera solo la mia felicità e non m’incita alle ambizioni che non serviranno al “cazzo”. Infatti, s’è sempre prodigato per educarmi al giusto “menefreghismo” affinché me “le” sfreg(i)assi di godimento dei “quintali di coglioni miei.”
L’altra sera m’ha pure consigliato questo: – Guarda, a me non interessa la fottuta Laurea, ti condurrà solo al suicidio annunciato. La vita è una, unica e bisogna godersele, finché si può arraffare e “arruffare”. Questo è il segreto. Per quanto (non) mi “riguarda”, puoi anche aprire una casa d’appuntamenti, con l’intestazione di tale “evidenziatore”, “La casa dell’orrore del maschio in calore”.

Ecco, mio padre è uguale a Carpenter. Si ficca dentro l’autoradio, come James Woods di Videodrome e si “sballa”… a tutto volume, grattandosi finché c’è “benzina”.
Dando fuoco a tutte le oscenità di chi non dice la verità. Punta un sempliciotto e gli porge un “Vivi pure come ti pare, tanto arriverai a spararti”.

Vampires è un capolavoro incompreso.
D’apice sopraffino. Alla sua uscita, diedero a John del “rincoglionito”. Ecco, rincoglionito sarà quel critico che, anziché “zuccherare” la moglie di “filato”, riempie la carta igienica, “stampata”, della sua gastrite.

Già la scelta del casting vale l’applauso. Sì, John “ripesca” il James Woods più “cocainomane” del suo “esagerare” di cazzate, e gli “cuce” un ruolo da “cardiopalmissima”. Bello magro, rude, ruvido, un “ciarlatano” religiosamente “nietzschiano”, anche se “lavora” per il Vaticano.

Poi, il peggiore della famiglia Baldwin, Daniel. Un grassottello porcello che, appena vede l’icona di David Lynch, Sheryl Lee mai così “ignuda”, aspetta l’attimo “propizio” per stimolare il suo “prepuzio”, legandola a letto e “sadisticamente” umiliandola a “colpo d’occhio”.

James Woods è Jack Crow, proprio il corvo. La sua “missione” è scovare i vampiri ancora vivi e ammazzarli. E se non basta il paletto, bisogna bruciarli vivi.

Però, fra questi non morti rammolliti, ne spunta uno.. dalle tenebre. Fortissimo, una maledizione di Dio, l’incubo peggiore d’ogni casalingua che “confeziona” i “budini”. Il suo nome valoroso è Valek, e sbudella tutti. Scopandosele da matti.
Un highlander.

Stavolta, sarà davvero durissima.

Ma James Woods è tosto come mio padre. A costo di macerarsi, stai pur tranquillo, scommettici… che ti macellerà.

Il film finisce appunto nel “carnaio”. Con tanto di prete “impotente” che si beccherà la “sacra unzione” di James. Con battutella satirica a completare la “goliardia”.

Il vampiro è stato inculato a sangue!

(Stefano Falotico)

 

Le “iraconde” lezioni agli “studentelli” dell’anaconda falotica – Io impongo la mia Legge e, quando scrivo sulla lavagna, son lavico


20 Oct

 

Sono un Fonzie, e mi lecco le dita

Un mio amico, l’altro Giorno, s’è “adolescentizzato”, regredendo in un Liceo “Classicuccio” ove le ragazzine “imparano” a pappardella le loro “ballerine” suonate di pessimo rock “strizzaorecchie” e di tamarri con voglie “formose” di scibile “sibilante” alla compagn(i)a dei “branchi” con “dolce merendeggiar” per una “culturella” mnemonica da “sviare” nel Sabato sera “imbottigliato” coi drink “montanti” su pub(i) ancor in zona “infantile” e “brillanti” alterigie “sensuali” c(i)occolati nei “bei”-belati scosciamenti al “pogo” e il “Pongo” del pompin’ nel bagnetto tutto tutto “bagnatina”.

Il mio amico gestisce una videoteca carpenteriana, ove “smista” il traffico dei Dvd a “famelici” piccolo borghesi con “proletaria” a carico, ai teppisti della zona lmitrofa malfamata e “insudiciata” nelle vite di merda, ma anche agli eletti che non guardan le tribune elettorali, se non quando la conduttrice accavalla l’ormone dei loro “intellettuali”, “aggiustando” la “mira” del cinefilo che, repentino, diventa “cinofilo” e per “Lei” tutto filante-“filantropo” con zucchero di “canna”.

Su Facebook, ho ironizzato sulla sua incursione nelle “escursioni termiche” di tal gioventù bruciata, e ho “arguito” di “commenti” alle sue foto, che lo vedono giganteggiare fra nani da imboccare, con tanto di biondine a “pender dalle labbra” di “quello” accanto alle loro gonnelle-“margheritine” da “gomme” su seno già “al gommone”. Nella “comunella” che “sgomita” per il maschietto più “belloccio” d'”accartocciar” nella loro “saccoccia”.

Mi son catapultato sulle sue foto e ho (supp)post-scritto: “Qui, Federico insegna a questi bonaccioni il Goodfellas, qui invece mima il gesto rotondo-rotolino del Tinto Brass, alzando il dito medio in segno di ditalino. Infine, su maglietta sdrucita, elargisce Rob Zombie di metallo inkazzato”.

Lui ha riso, e ora ne “faccio” le “veci”, ereditando la sua “discesa” in quell'”inferno” chiamato “scuola”.

Mi presento in aula, come un gonzo. Con la patta aperta e la cintura Levi Strauss da Jerry Lewis di smorfie.
Quindi, esigo subito il silenzio. E inizio la lezione, salutando “all’inglese” del mio “good morning” formato filastrocca “sollazzante-solare”:

oggi, l’alba è desta e l’uccell’ di sera non s’arresta. Quando cala il tramonto, l’Uomo senza dopobarba usa e abus(s)a della sua temperatura di profumo Fahrenheit, con scarmigliata rasatura nelle aiuole da spelar-spellar’, pizzicandole come le corde vocali dei gridolini femminili su chitarrina del mandolino.
Dunque, come si suol fare, strimpella di pelo e pialla di palle
.

La classe scatta nel primo adorante applauso!

Al che, il più “colto” studente alza la mano.
– Sì, mi dica.
– Lei è un ciarlatano. Non conosce Seneca. Le sue son solo ridondanti frasi sentenziose.
– Sì, è vero. E tu uno che “semina” di seghe. Osserva ora la moretta vicino a te, “strabuzzala” d’occhi languidi, e si “scioglierà” nelle mutande di melodici “Roxette” su rossetto sbavato. Ora, lasciami andare avanti, pisel’ mio pischello.

Il più grande regista del Mondo è Scorsese Martin, e chi obietterà sarà un abietto.

– Io obietto. Lei non è obiettivo. Il più grande è Coppola.
– Sì, di tua sorella. Una che con Sofia “la” vedo bene nel prossimo film di tal “figliaccia”: Lo snob padrino della sicula insicura.

Dunque, vado a parare su Lynch.
E il solito “secchione” mi contraddice:

– Lei distorce David. I suoi capolavori non appartengono al suo delirio.
– Ah sì? Le vedi le “gambe” della cattedra? Si posson “estorcer'” e ficcare a mo’ di paletto nel tuo Cuore “selvaggio“.
Oppure, ti torco il braccio, strappandoti il “lobo” come Michael Madsen de Le iene in zona Velluto blu.

Per metter fine al “contenzioso”, la più gnocca, “disgustata” dalla mia prosopopea, si “solleva” e mi sputa in viso quest’insulto:

– Lei è un mostro!
– Sì, e non hai visto ancora “niente”. Secondo te, perché sono entrato qui dentro con la patta aperta?

Applausone!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Vampires (1998)
  2. Happy Days – La banda dei fiori di pesco (1974)
  3. The Elephant Man (1980)
  4. Casinò (1995)
  5. Somewhere (2010)
  6. Anaconda (1997)
  7. Il falò delle vanità (1990)

“C’era una volta in America” – La recensione


09 Oct

 

Once Upon a Time in America

 

 

Il Tempo nell’once upon un’altra (s)volta

Rinomate torsioni della memoria, “drogata”, sbiancata di ceruleo, denso liquore fra le “palpebre” dell’anima, d’occhiolini (mai) smaltiti, “ammattiti” da una tempesta emotiva che, d’effluvi sonanti nel ricordo, carezza torbida, tortuosa, “torreggiante” i propri giardini labirintici, “sbuffando” la “noia” delle lancette, lo scandir “mesto” d’imbrunite emozioni, svagate, cogitabonde, “ammanettate” al malinconico urlo e indocilite da acchetata brezza dei dolori e degli amori.
Come un treno “a vapore” che s’“inerpica” lungo la via solitaria di se stessi, “eremiti” in una città mitica in cui ricompari come diamanti “grezzi” d’una fantasmatica (ri)emersione dalle foglie autunnali, “invecchiate” o ringiovanite del tuo “vampiro”, assetato di nostalgico fumo nelle iridi dell’erta “pavidità” che (non) fu e delle altre coscienze “svanite”, imborghesite, morte dentro o forse ancora a morsicare le vanità degli attimi cancellati d’indelebile ma(i) erosa reminiscenza.
A riscoccare della magia che, intrepidi, stupidi, “inetti”, “perdenti”, reinventati o “rivinti”, intraprendemmo nel lontano, lontanissimo, remoto ammiccarci da “anziani” amici. Come ieri, come oggi, come l’eterno inamovibile.
Criminalotti “bambini” o già troppo uomini in questo Mondo di duri, che già scalfì al primo vagito “extrauterino”, incarnato in respiri ribelli “troppo” vivaci da “tacere” nei “silenziatori” delle pistole, a chiuder la bocca a un balordo sistema già epi(dermi)camente, all’epoca, grigio e “solare” di nerezza. Del “gironzolare” da oziosi e “scioperandi” disoccupati dall’obbligo “morale” a un’esistenza irresistibilissima per non viverla al massimo, dunque “fallita” per gli impiegati del “catasto”, sempre lì a tastarli, ad “arrestarli”, a perseguitarli, a (s)cacciarli… questi incalliti nelle loro candide, incandescentissime “innocenze” da angeli sporchi, macchiati nel sangue e negli zampilli “variopinti” della “marea”. A ballare sotto il ponte di Brooklyn, nel leitmotiv di Ennio Morricone, fischiettato di “ritornello” che non tornerà più, anzi, i tornanti delle alterazioni, del cambiamento, del growing up, della fiabesca “depravazione”, delle perdizioni appunto del “loser” Noodles.
Noodles, che “violenta” il piacere d’un invaghimento dell’infanzia. Che sbaglia le mosse o le azzeccherà tutte, nella “zecca” della banca dei sogni, ove la cassaforte è senza più un soldo.
Svuotato, infatuato di un ideale di Bellezza smarrita. Chissà dove. Chissà quando.
Chissà in quali anfratti, in quali angoli delle forti fragilità, delle “limpide” brume, di quali tramonti, di quale scor(d)ata, illusoriamente indimenticata “era”.

 

Un capolavoro assoluto che è nel genio Sergio Leone. La misoginia, il tradimento, i “valori”, le controversie, le “variegate versioni”, le cuciture, le aggiunte, i “restauri”, l’“appannato” rispolverarlo, le rivalità, le competizioni di nessun Oscar “agguantato”, i torti, gli errori, i rimpianti, tutto ciò non m’interessa. E non ce ne frega niente.

Un’opera maestosa lo è, di nascita. Non si può analizzarla di “riassuntini”, di “stilografiche” e di stilemi.

Piomba dal nulla e ti sorride col neo beffardo di De Niro.

Yesterday…

(Stefano Falotico)

 

“C’era una volta in America”, versione restaurata, il Trailer italiano


27 Sep

 

Non perdetevelo…

 

Illustrazioni carpenteriane


17 Sep

 

Il Maestro è ammalato, il Maestro è (redi)vivo, il Maestro “sfornerà?”.
Dov’è scomparso? Nelle grinfie della sua New York “millenaristica” e apocalittica, o fra i vampiri del Messico?

Jena, se ci sei, batti un colpo.

Cannes, “C’era una volta…”, una scena tagliata


19 May

 

 

 

Stasera, sarà presentata la versione integralissima del capolavoro assoluto di Sergio Leone.

Non necessita presentazioni.

 

Da “TrovaCinema”, affiggo questo pezzo, estratto che fu davvero estratto, e ora è tornato, magnificentissimo:

Cannes, ‘C’era una volta’ con 26 minuti

in più — Scena tagliata

 

Ventotto anni dopo la première, il film di Sergio Leone nuovamente sulla Croisette in una nuova versione che riporta alcuni dei tagli più dolorosi per il regista tra cui quello che vide scomparire l’attrice Louise Fletcher, direttrice del cimitero, dove De Niro va a visitare le tombe degli amici. Il restauro e il reintegro sono stati possibili grazie al lavoro della Cineteca di Bologna, della Fondazione di Scorsese, della famiglia Leone e dei collaboratori del regista.

 

Ringrazio Spaggy per la collaborazione, ecco l’esclusiva Fletcher, in questa “cimiteriale”, plumbeissima clip:

 


 

 

Ecco che spunta Noodles…

 

 

I due “acerrimi rivali”, per tutta la vita…

 

 

Noodles è, oggi, davvero in “età senile”, ma in ottima forma, smagrita.

 

 

S’è “sistemato” con Grace, e non con Deborah…

 

 

Onestamente, però, Deborah/Jennifer mi sembra di un’altra categoria.

 

 

Grace prova a convincerlo che ha scelto giusto, e Bob, beffardamente-amarognolo, “ridacchia”.

 

 

 

 

Più tardi, Sean lo invita a un party, e se “la” bevono.

 

 

Perché Bob è malinconico, ma anche un commediante…

 

 


 

Ma, secondo voi, le amicizie virili si tradiscono per una così?

A me, è sempre parsa bruttina.

 

 

(Stefano Falotico)

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