Forse, come si suol dire, fra i due litiganti, il terzo gode o godrà, ah ah. Cioè victorlaszlo88? Chissà, eh eh.
Forse il sottoscritto, essere straordinariamente autoironico e parodistico?
di Stefano Falotico
Miniatura da Oscar, diciamocela.
Non è tempo di morire
Sì, da oggi, alla fiera del libro di Roma, Più libri più liberi, allo stand D 05, se vorrete e voleste, pot(r)ete comprare I RACCONTI DI CULTORA 2019.
Sono tre volumi, ognuno dei quali raccoglie venti autori che hanno vinto il concorso letterario, indetto un paio di mesi fa da Cultora, per l’appunto.
In uno di questi volumi, vi è il mio Venezia, la città del Joker.
Questa la sinossi dei volumi:
la Sesta edizione del Concorso Letterario Cultora si conferma uno straordinario mezzo di aggregazione culturale capace di unire centinaia di scrittori, esordienti e non, di tutta Italia. Attraverso ognuno dei racconti inediti, gli autori selezionati offrono al lettore storie, sensazioni, esperienze che grazie al supporto cartaceo diventano eterne e condivisibili. In uno spazio limitato chi scrive riesce a svuotare il proprio spirito in forma espressa, diretta, e pertanto infinitamente entusiasmante.
Intanto, in questi giorni, sto editando assieme al mio correttore di bozze il mio prossimo libro, un noir erotico, una storia di detection macabra ma enormemente romantica con tinte fosche ma anche pulp da graphic novel, un trip di fumettistica immaginazione delirante ma squisitamente surreale e immerso nella metafisica ancestrale di un uomo, ovvero il sottoscritto, che oggi è davvero un uomo ma domani ancora regredirà all’infanzia, quindi esuberante si darà ad altri voli pindarici, sublimando ogni suo trauma e patita afflizione, psichica e non, sessuale e/o bestiale, grazie alla propulsiva energia della sua anima combattiva, giammai doma e ancor furente come il sole d’oriente ove un tempo, vicino persino a buddistici templi, il grande Bruce Lee dimostrò che la vita è un colpo tonitruante, una morte inaspettata e scioccante come la sua e quella di suo figlio Brandon, quindi può essere, perché no, anche rinascita folgorante.
Poiché, se non avrete sonno, anziché recarvi in cucina, mangiando Nutella o cioccolato bianco, accendete un falò e leggete, sotto il plenilunio, tutto Mishima Yukio.
Be’, sono più basso di Jude Law e, sinceramente, non ho il suo conto in banca. Tantomeno ho una casa che affacci sul Duomo di Prato come John Malkovich.
Prima, giravo in macchina. E, fra queste luci cittadine al Neon Demon, indossando il mio giubbotto di Drive, ho ascoltato due canzoni nostalgiche, una più bella dell’altra. Evocanti un tempo passato e dimenticato, forse scomparso ma che sempre, sino al giorno della mia morte, vibreranno acute ed emozionalmente acustiche nella mia memoria.
Innanzitutto, la controversa “canzonetta” di Alberto Fortis, Milano e Vincenzo.
Conoscete la storia, no? Alberto non voleva più essere trattato come Lupo Alberto, esatto, quello del fumetto, cioè come uno sfigato. Voleva diventare un artista ma il suo produttore discografico, Vincenzo Micocci, non si decideva a pubblicargli il suo primo album.
Alberto era incazzato.
– Cazzo, se mi fai aspettare ancora, sarò costretto a cercarmi un posto come impiegato del catasto!
Sì, se Louis Garrel non fosse figlio d’arte, non scoperebbe Laetitia Casta. Ma questo è un altro discorso.
E I Gatti di Vicolo Miracoli? Ne vogliamo parlare di Verona Beat?
Quattro amici liceali che misero su una piccola band.
Umberto Smaila, da allora, viene considerato un mezzo genio, Jerry Calà è a suo modo un idolo, Franco Oppini scopò Alba Parietti. Che poi… ma lasciamo stare, ah ah.
Nel frattempo, Francesco Nuti non sta bene.
Francesco piaceva molto a mio zio. Pratese, mentre Francesco è (non so per quanto potrò usare il presente…) fiorentino.
Mio zio è morto tanti anni fa, a soli cinquant’anni, dopo aver combinato un casino.
Il primo film di Francesco, come attore, è stato Ad ovest di Paperino del suo amico Alessandro Benvenuti.
Paperino esiste davvero, è un piccolissimo comune che mio zio mi mostrò quand’io ero piccolissimo.
Non è soltanto un personaggio celeberrimo della Disney.
Sapete, io sto antipatico a tante persone. Antipaticissimo.
Per demoralizzarmi e buttarmi giù, le hanno tentate tutte. Sono stato ingiuriato, calunniato, mi sono beccato anche dei ricoveri psichiatrici per colpa delle violenze psicologiche inaudite e immoderate da me subite semplicemente perché non mi sono mai attenuto alle fottute regole istituzionali assai fasciste.
Ove, se a sedici anni, non frequenti un cazzo di liceo di merda, devi essere meno dotato e avere il cervello e il cazzo di un nano.
Il mio lavoro è fare l’artista, dare emozioni a chi ne ha bisogno. A chi pensa che la vita non sia un campionato. Anche perché, se dinanzi a me, si presenta uno stronzo come Robert Loggia di Over the Top, io non accetto i suoi ricatti.
Avrei potuto perdere e rimediare una figura da idiota storico. Purtroppo, per voi, ho vinto. Dunque, non ho da chiedere scusa a nessuno di quelli che, se fosse stato per loro, mi avrebbero internato.
Non ho da redimermi della loro svista con tanto di offertami, superba, stupidissima svastica.
Non ho da abbassarmi al loro mendace concetto di “dignità” piccolo borghese, limitante, nauseante e ripugnante. Questa è la mia risposta. Devastante. Ed è giusto così. Poiché mi ricordo un tempo in cui divenni quasi muto e chiesi soltanto, avendo già tale mio difficile momento superato, di bere una birra in compagnia. Ma l’ottusità fu assurda, mostruosa. L’indifferenza, ah, qualcosa di scandaloso. Mi sentii solo dire… cresci, coglione.
Mi pare doveroso che i dementi imparino a stare al mondo e che i poeti vivano, perdonando gli abietti e gli inetti, laddove Michelangelo diede al Papa la sua terrazza, mie tenerezze, miei poveri peccatori irredenti. Nella soavità del temp(i)o senza fissa dimora della sua anima angelica o forse stupendamente diabolica.
Comunque, a dirla tutta, Daniel Craig non è un contadino ma Sean Connery rimane di un altro pianeta.
di Stefano Falotico
Ma che film! L’ho rivisto e ieri l’ho recensito.
Sì, nella mia vita mi è successa una cosa simile a quella che accade allo Schwarzy di questo film.
Ovvero mi piovvero addosso, per sfrontato gusto sadico e invidioso, delle accuse infamanti. Soltanto perché non sono mai stato un uomo comune.
E ho voluto crescere a modo mio. Vederla coi miei occhi.
Durante la mia adolescenza, mi son beccato le patenti più discriminatorie.
Così, l’elevatezza poetica diveniva, agli occhi dei superficiali burini cafoni, un mio cammino da Il mondo secondo Garp.
La mia gentilezza veniva scelleratamente paragonata a quella idiota di Forrest Gump. Il mio gentleman veniva travisato con estrema malevolenza e apparivo, anziché come James Bond, come Lando Buzzanca di James Tont operazione U.N.O.
Il mio percepirla, introiettarla, filtrarla, scandagliarla, inocularla in maniera portentosamente sofisticata indusse molta gente miope e, appunto, ottenebrata dalla sua ottusa visione limitata, a trattarmi come Al Pacino di Scent of a Woman.
La mia cinefila passione per Robert De Niro fu associata alla “schizofrenia” di Travis Bickle e, di conseguenza, fui visto come lo stesso De Niro. Sì, però quello de Il clan dei Barker.
Cosicché molta gente, farisea e stupidamente burlona, oscenamente pagliaccesca al pari di Killian/Richard Dawson, pensò bene di tirarmi uno scherzo immondamente crudele, brutale, truculento e asfissiantemente, ostinatamente menzognero e capzioso.
Sottoponendomi a estenuazioni sconsiderate per soddisfare lo psicopatico lor gioco ricattatorio del volermi indottrinare secondo fallaci, distorsive regole sociali, prudenziali e stolte.
Scaraventandomi, con superbo, sprezzante, ripugnante sberleffo, davvero nel mondo dei “folli”.
Al fine che capissi che non potevo fare la vita del bell’uomo.
Soltanto dopo aver esperito davvero la disumana animalità della società, come tutti loro avrei normalmente abiurato. Questo almeno è ciò che banalmente pensarono.
Insomma, vollero sporcarmi l’anima e la faccia per dimostrare che, in questa vita, non esistono fuggitive vie alternative.
Io non sono mai scappato da nulla. Andate a controllare agli atti. Mi pare che la mia patente di guida non l’abbia ottenuta con un concorso a premi. Che il servizio civile certamente non l’abbia svolto la mia controfigura. E certamente in quel posto non stavo assieme a delle scimmie. Ma in compagnia di gente con tanto di cultura, belli miei.
E i miei libri che stanno sulle maggiori catene librarie online non sono stati scritti da Ewan McGregor de L’uomo nell’ombra.
Quante idiozie che ho dovuto sentire. Quanti appellativi ignobili: castrato, Farinelli, fenomeno da baraccone, scemo del villaggio.
Solamente perché non ero e non sarò mai, appunto, un imbecille qualsiasi.
Sin da quando nasci, vogliono farti capire che si soccombe, si vien sbudellati, macellati, distrutti a livello psicofisico se non ci si attiene a precetti istruttivi, appunto distruttivi, di falsità e ipocrisia generale.
Come Ben Richards, fortunatamente, incontrai gente che mi sorresse, mi diede manforte, gente notturna, gente cazzuta, mica babbei, gente giustamente ribelle quando bisogna esserlo, gente che sa che non ci si può accontentare di essere uomini “normali” e “simpatici” con un lavoretto da due soldi e la ragazzina T.V.B. se la tua natura è quella del pensatore libero, del combattivo running man.
Di uno, diciamocelo senza vergogna e senza più gogne, indubbiamente sopra la media.
Credo davvero che ora la festicciola dei giochini sia finita.
E tu, sì, dico a te, non metti più paura a nessuno, ebete. Azzardati a dirmi un’altra volta demente e a ridermi in faccia da deficiente.
Te la senti adesso di giocare con uno con la mia forza e la mia mente?
Avanti…
Morale della favola: ragazzi, non abdicate mai. Inseguite i vostri sogni.
Ed evviva il Cinema!
Che spettacolo!
di Stefano Falotico
Finalmente, dopo una lunga ricerca, è stato trovato il regista del prossimo James Bond, il numero venticinque della serie. Si tratta di Cari Joji Fukunaga, autore della bellissima, prima stagione di True Detective e dell’imminente Maniac di Netflix con Jonah Hill ed Emma Stone.
L’annuncio è stato dato direttamente dalla MGM.
Già stabilita la data d’inizio riprese, a Marzo del prossimo anno. E il film uscirà nelle sale mondiali il 14 Febbraio del 2020.
L’accordo è stato raggiunto dopo un lungo corteggiamento e dopo il forfait di Danny Boyle, che inizialmente era stato designato come director.
James Bond, ovvero 007, l’agente segreto più famoso del mondo, sarà nuovamente interpretato da Daniel Craig.
Fukunaga, ricordiamolo, ha anche diretto l’acclamato Beasts of No Nation.
La MGM, prima del sì di Fukunaga, aveva vagliato anche altri registi, fra cui Yann Demange, David Mackenzie (Hell or High Water) e Edgar Wright (Baby Driver).
Fonte: Deadline.
di Stefano Falotico
E non si rimarginano.
Ferite aperte, stigmatizzazioni sociali, reclusioni della mia anima che riaffiora in rabbie inesauste che però, a lungo trascinarle, si stan stancando e le emozioni si sterilizzano dietro una patina dolciastra del mio sguardo nel vuoto che finge, per cheto vivere, d’essere in “stadio” di relax. Le relazioni, ah, me ne son sempre distaccato, preferendo una vita ai mar(gin)i, eclissata nelle mie meningi pen(s)anti e nel viver(mi) non appieno, in pena, col mio “turbante” pene a mollo mentre tante ne mollerò. Fanatico della misantropia e del disprezzo che non ha prezzo dell’amore così da voi vivandato, “vivacizzato” dietro fantasticherie “dolci” del vostro perenne, intramontabile (dis)illudervi. Tutta una stronzata, una messa in scena di cenette e cerniere, di leccate di culo, d’ipocrite ruffianerie per accaparrarvi una falsa felicità fat(u)a. Scontento e al contempo contentissimo di esser me stes(s)o mentre De Niro riceve un altro premio e festeggerà da grandpa la sua pancia debordante, in Corsica, a bordo del suo yacht con Grace che gli ha dato un figlio autistico. Le mie volontà non collimano né coincidono con la massa che m’incide, persevera nell’essermi severa ma a questa lor seriosità oppongo il mio menestrello che usa da contadino il rastrello e le mie ansie (dis)sotterrate non più conto, vivendo vampirizzato come Dracula il Conte, leccando il gelato di cono e di corna messemi dalle mess(al)ine di questa società chiesastica e “ordinata”, no, son fuori dall’urinato normale, dall’ordinario del mio mental disordine. E vado a Udine.
di Stefano Falotico
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