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Qualcuno volò sul nido del cuculo – Wikipedia vi dà una mano a ribellarvi!


20 Jun

 

Sì, adesso, se vi sentite “istituzionalizzati” e venite trattati da “matti” da un Mondo ricattatorio e falso-fascista, pot(r)ete, voglio rendervi potenti, sì, sfogliate questo film capolavoro, assieme alla nostra enciclopedia online più famosa.

Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s Nest) è un film del 1975 diretto da Miloš Forman.

Ha segnato la storia del cinema nella trattazione innovativa di un argomento molto delicato come il disagio relativo agli ospedali psichiatrici, denunciando in maniera drammatica il trattamento inumano cui sono sottoposti i pazienti ospitati nelle strutture ospedaliere statali, verso cui vige un atteggiamento discriminatorio alimentato dalla paura dell’aggressività dell’alienato mentale.

È tratto dal romanzo omonimo di Ken Kesey, pubblicato nel 1962 e tradotto in italiano nel 1976 da Rizzoli Editore. L’autore scrisse il libro in seguito alla propria esperienza da volontario all’interno del Veterans Administration Hospital di Palo Alto, in California.

È uno dei pochi film nella storia del cinema (insieme a Accadde una notte di Frank Capra e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme) ad aver vinto tutti e cinque gli Oscar principali (miglior film, miglior regista, miglior attore, miglior attrice, migliore sceneggiatura non originale).

Nel 1993 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.[1]

 

 

Il titolo

 

Il titolo è altamente simbolico, ma la traduzione italiana limita la comprensione effettiva del suo significato. Letteralmente riprende il verso di una filastrocca: Three geese in a flock, one flew East, one flew West, one flew over the cuckoo’s nest (“Uno stormo di tre oche, una volò ad est, una volò ad ovest, una volò sul nido del cuculo”). Il termine inglese “cuckoo” indica propriamente il cuculo, ma in senso traslato significa anche “pazzo” e quindi il titolo potrebbe essere tradotto con “qualcuno diventò pazzo”. Il cuculo non costruisce un proprio nido ed è solito deporre le sue uova in quelli altrui. I piccoli di cuculo, una volta venuti al mondo, spingono fuori dal nido i figli degli uccelli che lo hanno costruito. Questa prole adottiva viene poi nutrita dai nuovi genitori che, guidati dall’istinto, continuano ad accudire i nuovi nati come se fossero i loro. Un ulteriore significato può essere dato dal fatto che, il protagonista, giunto nell’ospedale psichiatrico, porta gli altri pazienti ad interpretare la loro permanenza all’interno della struttura in modo innovativo, fuori dai canoni infermieristici e cambiando abitudini, stravolgendo cioè “il nido” e le sue precedenti regole.

 

Trama

 

La vicenda si svolge all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Stato (State Mental Hospital) di Salem (Oregon). Lì giunge, da un campo di lavoro carcerario americano, un uomo di nome Randle Patrick McMurphy a colloquio con il primario. Il Dottor Spivey spiega a McMurphy che dovrà essere trattenuto nell’ospedale psichiatrico per essere vagliato, cioè per determinare se la sua malattia mentale sia reale o simulata.

Il signor McMurphy apparentemente aderisce, ma pur sapendo di essere sotto osservazione in reparto tiene un comportamento anticonformista nei confronti delle regole che rigidamente disciplinano la vita dei degenti. Tanto per incominciare fa il verso ad un nativo americano gigantesco, imitando una danza tribale indiana, poi non prende la medicina e la sputa in faccia ad un altro paziente. Quando non gli viene concesso di vedere la partita di baseball in TV, propone dapprima di sfondare la finestra con un pesante lavabo, ma non riesce a sollevarlo. Poi si improvvisa radiocronista di una immaginaria partita, e sobilla i degenti a fare rumore, mettendosi contro la caporeparto, Signora Ratched. Un’altra volta organizza una fuga riuscita e conduce i degenti a pescare in una gita su una barca rubata, spacciando sé e gli altri per un club di scienziati. Giocando a poker vince tutte le sigarette dei suoi compagni di malattia, così la caporeparto, Signora Ratched è costretta a razionarle. Ne nasce un violento parapiglia e invece di tenersi fuori, come fanno tutti ad eccezione di un altro paziente e del Capo indiano, si scaglia a pugni contro un infermiere e perciò finisce nel reparto agitati, dove è sottoposto ad elettroshock.

Sull’esempio di McMurphy, i degenti imparano ad essere persone e a esprimere liberamente le proprie necessità, contro l’austera disciplina imposta dalla caporeparto Signora Ratched, usando il principio della votazione a maggioranza, che lei stessa ha usato in passato per imporre le regole istituzionali, facendo leva sullo stato di inferiorità nella quale si trovavano gli ammalati mentali. McMurphy, instaurata un’amicizia con Billy Bibit, un ragazzo introverso e affetto da balbuzie, e con il “Grande Capo” Bromden (un nativo sordomuto di gigantesche dimensioni), capisce quella che lui chiama: “la disonestà di fondo di Mildred” e assieme ai degenti cerca di smontarla. I degenti si rendono conto che malgrado la propria malattia sono comunque persone rispettabili e ammirano McMurphy per le sue aspirazioni libertarie. Ma McMurphy finalmente capisce che l’ospedale psichiatrico non è un luogo adatto a lui e pensa di potersene andare alla scadenza della pena, ma, dopo 68 giorni, un inserviente gli fa notare che non è così. Lui, adesso che è considerato un ammalato psichiatrico, rimarrà lì, finché non verrà ritenuto guarito, finché vogliono loro, senza una data precisa in cui uscirà e senza limiti di tempo, e allora McMurphy decide di scappare.

McMurphy scopre poi che Bromden si è, da sempre, finto sordomuto per sbarcare il lunario in ospedale, decidono di scappare insieme in Canada ma prima, corrompendo il custode notturno, organizza una festicciola notturna d’addio per i compagni con la partecipazione di due giovani donne benevolenti, fatte entrare di soppiatto da una finestra. L’ubriachezza vanifica la fuga e, invece di scappare, McMurphy si addormenta insieme a tutti. La mattina successiva la Caposala Ratched trova il reparto sottosopra, sporcizia, bottiglie vuote di superalcolici, cicche e gli avanzi della baldoria, la serratura della finestra forzata. In questo disordine inconcepibile in un distinto e ben gestito, quasi modello, reparto come il suo, la Signora Ratched coglie molti degenti addormentati per terra e Bibit a letto con una delle ragazze. Billy, di fronte all’ennesima violenza mentale subita (la minaccia della caposala di denunciare il suo operato alla madre), è sgomento, ha paura, perde la testa e si suicida per la vergogna. Di fronte all’evidente responsabilità della Signora Ratched, McMurphy ha un attacco violento e aggressivo, così le salta addosso tentando di strangolarla, ma un inserviente lo stordisce. Di fronte a quest’ultimo episodio la commissione medica si convince che McMurphy è un ammalato pericoloso e che questa sua aggressività vada curata con una lobotomia. Mentre tutti i degenti si chiedono dove sia finito, una notte McMurphy appena operato, instupidito, viene ricondotto in reparto. L’indiano, Capo Bromden, quando lo vede in queste condizioni, senza più forza di volontà, decide di non abbandonarlo al suo destino: lo uccide, soffocandolo con un cuscino. Poi strappa da terra il pesante lavabo di marmo (quello che lo stesso McMurphy, all’inizio, aveva cercato invano di staccare), lo scaglia contro una finestra e fugge dalla breccia, correndo lontano verso la libertà in Canada.

 

Cast

 

Kirk Douglas aveva inizialmente destinato a se stesso il ruolo del personaggio protagonista fin da quando acquistò i diritti per la produzione del film. Suo figlio Michael, dopo che il padre gli ebbe ceduto la produzione, decise che Kirk era troppo vecchio per quella parte. Il ruolo di McMurphy venne inizialmente offerto a James Caan, che rifiutò. Si pensò anche a Marlon Brando e a Gene Hackman, prima di assegnare definitivamente la parte a Jack Nicholson.

Il ruolo della protagonista femminile venne rifiutato da cinque attrici (Anne Bancroft, Colleen Dewhurst, Geraldine Page, Ellen Burstyn e Angela Lansbury) finché Louise Fletcher l’accettò appena una settimana prima dell’inizio delle riprese.

Ellen Burstyn rifiutò il ruolo poiché all’epoca doveva prendersi cura del marito malato mentalmente. Il ruolo, cucito per la Burstyn, ha portato gli inesperti a confondersi con le due attrici (Fletcher e Burstyn) tanto da elogiare in prima persona Ellen Burstyn per una parte appunto non interpretata. La stessa Fletcher dichiarò che fece del suo meglio in uno dei ruoli di Ellen Burstyn, tuttavia la Fletcher riuscì magnificamente nella prova recitativa.

 

 

 

Colonna sonora

 

Jack Nitzsche compose la notevole colonna sonora del film, che gli valse una nomination all’Oscar, premio che poi si aggiudicò John Williams per la colonna sonora de Lo squalo, di Steven Spielberg.

  1. One Flew Over The Cuckoo’s Nest (Opening Theme)
  2. Medication Valse
  3. Bus Ride To Paradise
  4. Cruising
  5. Trolling
  6. Aloha Los Pescadores
  7. Charmaine
  8. Play The Game
  9. Last Dance
  10. Act Of Love
  11. Jingle Bells
  12. One Flew Over The Cuckoo’s Nest (Closing Theme)

Notevole brano d’epoca intramontabile, Charmaine (quello che fa arrabbiare McMurphy perché suonato a volume troppo alto) suonato nel 1951 dall’orchestra Mantovani. La musica del brano Charmaine fu scritta nel 1926 da Erno Rapee, e le parole da Lew Pollack e pubblicata nel 1927 a San Francisco da Sherman, Clay & Co. Suonata alla fisarmonica da Gorni Kramer e cantata da Jula De Palma nel 1953 e da Frank Sinatra nel 1962.

Critica

La pellicola ha continuato a vincere un totale di ventotto premi.

Da parte dei critici ha ottenuto recensioni contrastanti. Roger Ebert (che vincerà successivamente il premio Pulitzer) ha sostenuto che Qualcuno volò sul nido del cuculo «è una pellicola così buona in tante sue parti che c’è la tentazione di perdonarla quando va male, cioè nei momenti in cui insiste sul fare più grandi certi punti di quel che la storia realmente dovrebbe trasmettere, di modo che alla fine le qualità umane dei personaggi si perdono nel significato dell’insieme.

Malgrado ciò ci sono dei momenti di luminosità[2]». Ebert successivamente metterà la pellicola sulla sua “lista di grandi film”[3].

Attualmente, la pellicola è considerata come uno dei migliori film americani ed è al 33º posto sulla lista dell’American Film Institute; l’infermiera Ratched è al 5º posto sulla lista dei 50 grandi cattivi e il film si pone al 8º posto nell’Internet Movie Database[4].

Dal 1975 al 1987, per dodici anni, la pellicola è stata proiettata nei cinematografi svedesi, ottenendo un ulteriore record.

Malgrado il film sia per la maggior parte svolto nel dormitorio/soggiorno di un reparto psichiatrico, vengono dibattuti temi universali e fondamentali della vita, come la contestazione, i diritti dell’individuo, la violenza sessuale sui minori, i Nativi Americani, le intolleranze etnico culturali, la letteratura americana, il disagio psichico, la follia, l’handicap e la malattia mentale in rapporto con la società.

La gita di pesca nella Baia Depoe (Oregon), è stata aggiunta alla fine e inserita a metà, forse per interrompere la ripetitività della descrizione delle sedute di psicoterapia di gruppo. Malgrado il rischio di essere noiose, queste sedute di psicoterapia non sono monotone. Ogni componente viene descritto e rappresentato con molto realismo e i personaggi sono fedeli al loro stato di malattia in ogni momento. La conduttrice delle sedute di psicoterapia di gruppo, la Signora Ratched, esprime lei stessa la propria sofferenza psichica, cercando di prendere le distanze dalla malattia mentale, che pretende di chiarificare, sforzandosi di inquadrarla in un insieme di rigide regole, come se la malattia psichiatrica si potesse curare con un insieme di imposizioni. Così, la Signora Ratched finisce per usare in modo autoritario la sua funzione terapeutica, rendendosi antipatica e disumana. Le fa da contraltare un paziente, McMurphy, abituato a infischiarsene di qualsiasi regola.

Ci viene presentato un ospedale psichiatrico modello, con campo di basket e piscina, una sala per l’idromassaggio, adiacente al dormitorio. Gli ammalati sono suddivisi per gravità di malattia, per cui i meno gravi non devono sopportare la malattia dei più gravi. Gli ammalati meno gravi, sono relativamente liberi e vengono condotti in città con l’autobus. I medici si vedono poco, ci vengono mostrati solo nei propri studi a dare disparati giudizi sulla salute mentale e sulla pericolosità di McMurphy. Ci viene mostrata una seduta di terapia della malattia mentale grave negli anni cinquanta, l’elettroshock.

Molti critici hanno visto nel romanzo da cui è stato tratto il film una metafora della vita che anticipa il 1968, l’anno della contestazione giovanile. Il Signor McMurphy e la Signora Ratched sarebbero le due facce della stessa medaglia, come McMurphy rappresenta lo scontro violento contro l’autorità, così Ratched rappresenta quell’autorità al potere che non si può scalzare.

 

 

Firmato il Genius

Volai sul nido del c… o! Anche nel Lido


24 Oct

 

Ah, bofonchian di rabbie, col “ciangottarle” vivrete insaccati, “addobbati” con la gobba nel mar che si fregerà d’altre avventurelle a Fregene, con una Ferillona dal sorriso virago a cui “stender” un sorriso “ardente”, ben “basculato” nell’ormone calduccio che sgranocchia i propri “cantucci” senza ardimentose, toscanacce “Maremme…”.
Eh sì, vi conosco, come vi crogiolate al Sole, sparanzandovela col “limoncello” d’un “plenilunio” col vento “in poppa”.
Beati voi, che v’eccitate per le ciabatte e sempre v’arrabattate, poi battete le mani alla vostra immagine allo specchio per non abbattervi.
Sì, ne vidi di “oblunghi”, meglio il mio “nasoneggiar”, tarzaniamente (in)civile che “sorvola” e ha svoltato nell’umorale fra immorali visioni senza “gentil” visoni e amoral gaudio al Ciel che ho in grembo e batte al tonar della mia Madonna senza amari Ramazzotti.
Sì, vidi vergini “accoccolarsi” al cioccolatone, e il platino “pattineggiò” sulla “stecca” mandinga, vidi fiamminghe “detergersi” in un film di Bergman, e Woody Allen gustar “al mascarpone” un film di Vin Diesel, elucubrando che Eva Mendes è sicuramente più gasata a letto di Diane Keaton & Mia Farrow. Donne “mestruative”.
Vidi la piattaforma celeste “ozonizzarsi” nel MySQL, e Harrison Ford rimbambirsi dietro una “bambina” che lo mantiene “ben tenuto”. Visto che fisico? Ha settant’anni e ne dimostra venti di meno, togliendo le rughe… sì, la “tartaruga” ancora c’è, è uno sveglio il Ford e guida la Porschettina sulle scogliere di Dover suonando il clacson a tutti i trogloditi con la Land Rover.

 

Vidi “presidenti” pagar bene per una cena “al caviale”, più “al cavallo” direi, e far i moralizzatori con la Sinistra, e Giorgio Gaber mordere il seno di Lilli Gruber prima d’espirare.
Vidi Tim Roth fottersi Uma Thurman alla garson, e Sylvester Stallone combattere un Wolf a Garrison.

Vidi Gerry Scotti tastar il culetto di Jo Squillo, e sentii gli squilli di “tromba” quando passa il Papa.
Sì, Rita Pavone non ha mai pavoneggiato, “gianburrescava” con “Viva la pappa al pomodoro”, sposando poi un Teddy Reno, così come volevano i fratelli (e zii) Caponi de La malafemmina…

 

Monty Brogan, recitava così:

Sì, vaffanculo anche tu.
Affanculo io? Vacci tu! Tu e tutta questa merda di città e di chi ci abita.
In culo ai mendicanti che mi chiedono soldi e che mi ridono alle spalle.
In culo ai lavavetri che mi sporcano il vetro pulito della macchina.
In culo ai Sikh e ai Pakistani, che vanno per le strade a palla con i loro taxi decrepiti! Puzzano di curry da tutti i pori; mi mandano in paranoia le narici! Aspiranti terroristi, e rallentate, cazzo!
In culo ai ragazzi di Chelsea, con il torace depilato e i bicipiti pompati, che se lo succhiano a vicenda nei miei parchi e te lo sbattono in faccia sul Gay Channel.
In culo ai bottegai Coreani, con le loro piramidi di frutta troppo cara, con i loro fiori avvolti nella plastica: sono qui da 10 anni e non sanno ancora mettere due parole insieme.
In culo ai Russi di Brighton Beach, mafiosi e violenti, seduti nei bar a sorseggiare il loro the con una zolletta di zucchero tra i denti; rubano, imbrogliano e cospirano. Tornatevene da dove cazzo siete venuti!
In culo agli Ebrei Ortodossi, che vanno su e giù per la 47a nei loro soprabiti imbiancati di forfora a vendere diamanti del Sudafrica dell’apartheid.
In culo agli agenti di borsa di Wall Street, che pensano di essere i padroni dell’universo; quei figli di puttana si sentono come Michael Douglas/Gordon Gekko[1] e pensano a nuovi modi per derubare la povera gente che lavora. Sbattete dentro quegli stronzi della Enron a marcire per tutta la vita!!! E Bush e Cheney non sapevano niente di quel casino?! Ma fatemi il cazzo di piacere! In culo alla Tyco, alla ImClone, all’Adelphia, alla WorldCom…
In culo ai Portoricani: venti in una macchina, e fanno crescere le spese dell’assistenza sociale. E non fatemi parlare di quei pipponi dei Dominicani: al loro confronto i Portoricani sono proprio dei fenomeni.
In culo agli italiani di Benson Hurst con i loro capelli impomatati, le loro tute di nylon, le loro medagliette di Sant’Antonio, che agitano la loro mazza da baseball firmata Jason Giambi, sperando in un’audizione per I Soprano.
In culo alle signore dell’Upper East Side, con i loro foulard di Hermès e i loro carciofi di Balducci da 50 dollari: con le loro facce pompate di silicone e truccate, laccate e liftate. Non riuscite a ingannare nessuno, vecchie befane!
In culo ai negri di Harlem. Non passano mai la palla, non vogliono giocare in difesa, fanno cinque passi per arrivare sotto canestro, poi si girano e danno la colpa al razzismo dei bianchi. La schiavitù è finita centotrentasette anni fa. E muovete le chiappe, è ora!
In culo ai poliziotti corrotti che impalano i poveri cristi e li crivellano con quarantuno proiettili, nascosti dietro il loro muro di omertà. Avete tradito la nostra fiducia!
In culo ai preti che mettono le mani nei pantaloni di bambini innocenti. In culo alla Chiesa che li protegge, non liberandoci dal male. E dato che ci siamo, ci metto anche Gesù Cristo. Se l’è cavata con poco: un giorno sulla croce, un weekend all’inferno, e poi gli alleluia degli angeli per il resto dell’eternità. Provi a passare sette anni nel carcere di Otisville.
In culo a Osama Bin Laden, a Al Qaeda e a quei cavernicoli retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo. In nome delle migliaia di innocenti assassinati, vi auguro di passare il resto dell’eternità con le vostre settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all’inferno. Stronzi cammellieri con l’asciugamano in testa, baciate le mie nobili palle irlandesi!
In culo a Jackob Elinsky, lamentoso e scontento. In culo a Francis Slaughtery, il mio migliore amico, che mi giudica con gli occhi incollati sulle chiappe della mia ragazza. In culo a Naturelle Riviera: le ho dato la mia fiducia e mi ha pugnalato alla schiena, mi ha venduto alla polizia, maledetta puttana!
In culo a mio padre, con il suo insanabile dolore, che beve acqua minerale dietro il banco del suo bar, vendendo whisky ai pompieri inneggiando ai Bronx Bombers.
In culo a questa città e a chi ci abita. Dalle casette a schiera di Astoria agli attici di Park Avenue, dalle case popolari del Bronx ai loft di Soho, dai palazzoni di Alphabet City alle case di pietra di Park Slope e a quelle a due piani di Staten Island. Che un terremoto la faccia crollare, che gli incendi la distruggano, che bruci fino a diventare cenere, e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna infestata dai topi.
Monty: No… No, in culo a te, Montgomery Brogan. Avevi tutto e l’hai buttato via, brutto testa di cazzo!

 

Datemi, datemela… Lea Michele e vedrete, Lei soprattutto “lo” vedrà! Altro che Uomo della Michelin!

 

 

Sì, dai Jack, il nostro Nicholsone… non giri più film e ti fai crescere la panza ai “palazzetti dello sport” a magnarti i Lakers con la tua risatona!
Ricordati, Jack! Son state le zoccole a fregarti… adesso, quel bamboccione di Clooney fa lo smargiasso, ma tu hai recitato con Marlon Brando e, a conti fatti, sei molto più simpatico di tutti.

Here I go out to see again
the sunshine fills my hair
and dreams hang in the air…

 

… No need to run and hide
it’s a wonderful, wonderful life
No need to laugh and cry
it’s a wonderful, wonderful life

No need to run and hide
it’s a wonderful, wonderful life
No need to run and hide
it’s a wonderful, wonderful life
wonderful life, wonderful life

 

D’altra parte, quando “gironzolo” su un sito porno, ho sempre tre opzioni che mi “scervellano”: se scegliere di guardarlo in streaming, se far il download, o comprarlo allo stesso prezzo delle prime due “possibilità”, per onanismi a gogò e al déjà vu.

 

Firmato il Genius
(che qui, vi ha anche “wikipedizzato“)

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)