Posts Tagged ‘Jack Nicholson’

Buon compleanno Jack Nicholson


23 Apr

Happy Birthday Jack, il mio Joker, il mio clown con le sue opinioni!

 

 

Da tempi oramai non sospetti, quasi ritirato sei, accucciato nella tua pensione in panciolle a tifar i Lakers fra eccitate “ragazze” del coro sugli spalti che ti spalmano ancor un po’ di “linguette” con la trombetta in bocca tua irrefrenabile e ancor densa di salivar salire presto in Cielo, ché la vecchiaia è vicina alle coronarie in pericolo di crollo e nemmen per gli “immortali” c’è la salvezza della vita eterna.

Ma, anche se senile e “dispettoso” di panciona grassoccia e gozzo di gola sfegatata, io tiferò sempre per te, aspettando semmai un ultimo, strepitoso ruolo da consegnare ai posteri prima che il sarcofago si “deterga” in tuo corpo “imbalsamato”.

Tu, campione d’ogni smorfia, napoletano trasferito a Los Angeles, sei l’irriverenza gioconda che, beffarda, fu lesiva dei piccolo borghesi, all’inizio un po’ agghiacciati dal tuo viso “bottega degli orrori”.

Non ci(mi)terò i “tuoi” filmoni, imprescindibile Mr. Torrance, né vergherò per incensarti d’agiografia come si confà a ogni retorica dei “memoriali”. Ché ancor defunto non sei, e questi promemoria servono solo agli scribacchini per qualche “sfoggio” da onanisti ammorbanti, ombelicali, delle tue interpretazioni, invero inclassificabili, fuori categoria, tu a “raggiro” d’ogni schema convenzionale della recitazione.

Isterico, “deturpato”, “ladro” di mimesi in personaggio perennemente in te senza “Studio” di “mimetica”.

Sei la faccia di (cu)culo del tuo dentro, Oscar a parte sei un pirata del Piacere, cinefilo, consumato e anche carnale. Mai carnascialesco nonostante le tue “rughe” da maschera carnevalesca di tutt’espressioni “travestito” e mai in (ca)muffa da un’epoca bigger than life.

Buon compleanno Jack.

Detieni il record delle nomination maschili, ma a te cosa interessa se qualcuno considera Daniel Day-Lewis migliore d’un “terzetto” (im)pari?

Il campione sei tu.

Ti basta aggrottar le sopracciglia e non c’è Daniel che possa vincer(n)e di più.

Andiamo all’osteria a alziamo la sottana a tutte le “dam(igian)e”.

Ivi, sfilerò una serie di sette film impagabili del nostro impareggiabile Jack.

Film forse non tutti capolavori ma straordinariamente allineati alla sua mente, fuorviante, devianza dalla norma e dunque perciò immensi.

A mio modo di vedere, la vita non è un parere oggettivo.
C’è sempre il riscontro del tuo cervello collegato all’anima.

Sì, sono Jack il “matto” e mi adoro così, adornando la mia casa di Dvd che, rilegati accuratamente nel mio cimelio di cima ad apice d’ogni infinito trascendente, io -i-scrivo recensioni “incomprensibili” ad allettar la mia testa animatissima, fra bagni e schiume delicate e la mia mano che carezza, anche sol nell’orgasmo “fluttuante”, un’Amber Smith di seno “inondato”, ridondanti, ah come la dà virtuale, siam “bollicine” rilassate nell’idromassaggio col coton idrofilo d’una filantropia “malvagia”, lontano da tutti, fin dapprincipio quando fraintesero il mio tessuto “ottico”, distorcendomi in una dimensione “eccentrica” ma più normale nel suo consacrarsi a “puttana” meglio di te “beniamino” di scemotte che “insaponerei” mettendolo a “follia”, marcia/o ingranato d’occhio sgranato nel “bendarla” e lì “asciugare”, a peli rizzi e “volgari” in questa società ove ci si sporca, “puliti”, anche nell’ossimoro delle verità mai “pelle e ossa”, ché non voglion denudarsi ma dipingon le maschere a opportunismo.

Sono Jack il “cattivo”, tanti “trucchi” a Batman, più psicopatico di me, ch’è un Anthony Perkins con complessi di Edipo ribaltati causa trauma infantile dell’omicidio del padre, roba che le tragedie greche fan un baffo a ogni Tim Burton eNolan.

Son io, Jack il “leggiadro”, che sorvolo la città a pipì-rastrello da mietitrice fra voi che andate con una meretrice oggi, dietro facce intonse, ma “nuziali” nei bacetti con la moglie che “sbatterei” invece “al fresco”. Altro che i rinfreschi, va “affrescata” di puro calore in “gattabuia”. Lì odorerà il sapor “ciliegia” del secondino ad “assecondarla” e, di vasi dilatatori, “sbarrarla”.

Ah ah, me ne frego di voi lavoratori. Lavorar tutto il Giorno mi rende triste. Meglio mio figlio, un “cazzone” che gira coltriciclo a sfottò anche di chi l’ha messo al Mondo, cioè me.

Un po’ “orco” e un po’ “paternalistico”, sempre meglio di quel cesso da lavandino che interpreta la villana del villaggio deserto, qui all’Overlook… Sono stanco, ne ho le palle piene del suo full metal jacket da donnetta “casa e chiesa”. Ma a ogni Uomo capita una (con)sorte, non si può “estrar” il dardo a lavaggi d’Arancia meccanica. Che lavanda(ia) gastrica ad ascoltar e dar “retto” ai suoi moralismi giudeocristiani. Da me, la mentecatta, riceverà solo un’ascia “brividino”. Altro che “amorucolo” nel lettino per “riscaldarci” dalle intemperie. Il mio termosifone “abbatte” il “sereno” variabile più dei sifoni. Metti su Califano Franco, fa… afa, stimola la cagata.

Questo sono, Jack, e tu vai a rompere il cazzo a tua madre. Che, fra l’altro, ne abbisognerebbe per calmarla.

Sì, datemi una Donna e lo sarò Valium, valido a violarla nel rosa che lì si (s)posa.

Sono una merda?

Ma anche un genio.

Sono Jack. E tu una checca.

Cambio e ne cito tre.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Qualcosa è cambiato (1997)
    Lo inserisco al primo posto per questioni (an)affettive. Lo vidi, “alla rinfusa”, in un cinema ubicato in zona “losca” bolognese, quando ero lì a sbocciare nelle prime nostalgie “adulte”, quindi già necessità di qualche pastiglia antidepressione per ammortizzare i cavalcanti umori instabili.Mi rispecchio nel suo personaggio, misantropo invero amante della vita in ogni sfaccettatura.
    Un Uomo maiuscolo, letterato e coltissimo, di sensibilità prodigiosa che “assume” una forma antropomorfa di misantropie per sfuggire al suo troppo sentire.

    Così, inizia a ergere un muro, un fortilizio attorno a sé, fingendo (male) di disprezzare tutti.

    Per colpa, o per fortuna di eventi imprevisti, riscoprirà il Cuore che aveva gettato nella spazzatura dei suoi romanzetti mielosi in caccia di facili vendite pur non svendendosi a donne “(s)offerenti”.
    Maniacale, compulsivo, sempre sull’orlo di crisi di nervi, un flawless imperfettissimo, come tutti.

    A rivelargli la sua vera e “sedata” umanità, o “immunità” ai sentimenti adombrati, una Donna che lo stuzzicherà…, un omosessuale che odiava e a cui si lega amichevolmente dopo tante scaramucce, ma soprattutto un (in)fedele cane a fargli le “fusa”, in quanto Jack non è orso ma un gatto bisognoso di coccole.

    Capolavoro.

  2. Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)
    Di pazzi è pieno il Mondo. In Parlamento, eleggono i quorum ma dove son finiti i cuoricini dei folli?
    La folla inveisce e s’accapiglia. I sani vengon sbattuti alla neuro…, i cretini ballano e scherzano, coperti dall’apparenza che va di moda. Qui, Jack è onesto, non ama lavorare.
    Gli altri detestano l’ufficio, compromesso per i repressi che però serve per “asservire” le donne e poi invitarle a cenette “romantiche” dietro (f)lauti pagamenti ove possono esibire i “fruscianti” al fin che lei capitombolerà nella “Tomb(ol)a”.Egli, il Jack (vincente o perdente sta a voi…, non giudicatelo!) non sta alle regole ipocrite.
    A costo di lobotomizzarsi “(in)coscientemente”.

    Imbrogli, casini, puttane più pulite delle impiegatine statali, fughe, cerotti, barzellette sporche, spari nella Notte.

    Insomma, fottetevi ‘sto film e ficcatevelo tutti in culo.

    Jack sa.

    E se non lo ami, non vali un cazzo. Che cazzo vivi? A fare?

    Ma che facciamo? Sfacciato!

    Quella è fatta ma bisogna, subito, rifarsela.

    Ma vai a fartelo dare, dai dai.

  3. Shining (1980)
    Lui è senza bisogno di presentazioni e curriculum.

Il Cinema di Sean Penn mi tiene caldo


05 Jan

La promessa, tu servi messa? E chi apre ai messi? Hanno il permesso?
Toc toc, premesso che mi sembrate dei fessi, posso affossarvi?

A Facebook e ai social network prediligo non esser diligente ma lavorar di “nettare”

Analisi di Sean Penn, la prenderà larga. Perché, “al largo”, l’Uomo nell’oceano sa che, se ingrasserà, il lardo lo trascinerà nell’abisso dei lordi.
Lode a Dio nell’alto!

Sì, mi guardo allo specchio e Lui mi porge un affettuoso “Baciami dentro, di carta vetrata saremo ruggine e ossa, riflettendo dei nostri problemi, ansiosi nello scorticarci fra un’immagine repulsiva e un istinto abrasivo”.

Lo specchio non mente mai. Sa quando, di mattina, il tuo pene già eretto e “inaffrontabile” dovrà cimentarsi nel cemento armato delle amene quotidianità. Ove smonterai calce con voce “truzza” nello strozzarti sedimentato di tua fatiscenza.

Ah, la scienza è sempre inesatta. Come gli esattori dei conguagli. Bussano alla porta per riscuotere il debito ma non hanno calcolato le mie percosse. Su “bonifico” postale della spedizione al mittente. Con tanto di calci, appunto e francobollo.
Più un plateale pugno in faccia che sacramenta questo: “Non ci provare a estorcermi, altrimenti torcerò tua moglie che sa come attorcigliare le sue gambe, guarnendolo di torta con la ciliegina torrida, rossa e bollentissima, cotta fresca a puntino di ricotta”.

L’esattore fugge tumefatto, in preda a spaventosi oneri da oberare dopo che operai nel suo fegato orrendo con colpi a rinsecchirne i coglioni da rompiballe.

Ah, io e la vita. La amo… Ci sarebbe d’allestire un romanzo intitolato: “Ove c’è una bistecca al sangue, il mio contorno ama l’aceto spruzzato sui manzi”.

Di mio, son romantico ma, come i romani, afferro delle cosciotte di pollastrelle e le spolpo fin al midollo più spinale delle colonne di Ercole insuperabile nelle vertebre vertiginose dell’orgasmo con tanto d’origano e ricamo.

Sì, molti tentarono di spazzarmi via, ma li spiazzai dopo averli spiati. E, se non basterà la mia talpa, palperemo anche le loro donne, recapitandolo loro dei video “amatoriali” di quando, d’amanti, cornificarono il già traditor marito col bagnino delle maree depressive da ormoni mestruativi su un oceano in balia delle sue rotonde ciambelle col buco.

Me ne frego di tutto. M’accusaron di soffrir d’ansia e mi chiusero senz’aria. Invece, so che come “arieggia” il mio non è sfogo ma foga d’evacuazione. Non è fuggiasco ma guascon bomba di scoreggia a suonar un ritornello martellante su libera detonazion’ con tanto del pirotecnico fuoco artificiale nell’orifizio finale. Che botto, ah, tutto svuotato lo stomaco è adesso rilassato dopo che lo riempirono dei loro frustrati metabolismi.

Quanti ne ho visti. Ragazzi liceali con l’uccelletto d’una ragazza vergine, professori col flessore occhialuto nel guardar quelle nelle flessioni dei compagni di banco. Fra una gomma da masticare e qualcos’altro d’arcuare. Modulandolo a interezza del toccarlo per stimolarne la fornicazione “studentesca” dell’adescato sul leccarlo in tanto irrigidimento dai godimenti frivoli.

Metallari con complessi d’inferiorità, psicologi della mutua che non mutarono da retrograde manie d’egocentrismo non commutabile, tanto che il capo della psichiatria è sposato con una “patita” di Nostradamus nelle profezie messianiche del carabiniere a metterla a novanta con tanto di manette sadomaso.

“Maestri” che recitan a memoria la lezioncina dei loro disagi adolescenziali tardivi, citando sempre Leopardi ma sognando, con un pessimismo amaro, le leopardate docenti superiori e (a) posteriori del corso Garibaldi, la via delle prostitute di massa, inton(n)ate a tacchi lievi nell’accennarti un segnale di “fiamma”. Che femminaccione!

Ripetenti che, dopo innumerevoli bocciature, sono adesso dirigenti d’azienda per la rovina dei (tele)dipendenti del precario “Dipende se non m’appenderanno alla cassaintegrazione”.
Integralisti e moraliste tutti nel dogma dei fondamentalismi americani.
Terroristi camorristi nelle mafie delle politiche italici nello spago per il suicidio dei disoccupati senza neanche il gorgonzola nel frigo.

E soprattutto mignotte che voglion un lavoro “dignitoso” per la pagnotta ma, per lo più, un cazzo per il “pienotto”.

Quindi, guardate questi e, se tua sorella vuol farsi suora, rendete clausura la sua bocca.
Come ogni fratello deve “farsela” d’incesto con la fragola nel “cestino” della sua “merendina”.
Soono l’ossessione che non si vuol curare e, se un curato proverà a catechizzarmi, “verserò” il mio macabro gesto più blasfemo al suo lavabo di candelabro ad arderglielo.

Sì, m’impunto contro l’idiozia e contro chi non tollera le scelte. Vi potranno apparire, sempre questa fissazione dell’apparenza, disgustose, io adoro provocare per tastar con mano… che ho ragione io a non tollerarvi.

Proletari sempre in cerca di trombate, tromboni che si fottono di filosofie, zie che fan le madri su uno che sverginano per scoparsi la vita che non s’ubriacò, gentucola d’amorucoli svestiti di vestito lindo come le macchie del prete pedofilo.

Allora, viva la rucola!

E ti brucio la casa se scasserai. Sì, tu scassini e io faccio casino.
Diamoci alle cascine!

Forza, tutto la “viuuulenza” d’Abatantuono, tuoni, fulmini, saette e la mia setta. Voglio una con l’ottava di “DO” maggiore nei pentagrammi del suo diaframma. La infiammo, che puttana!

Ficcatelo in culo, bagascia!
Ecco, se rompete, giungerò con le asce e vi disgiungerò, untori!

Ecco il marchio che ammacca, ti divelle come il petrolio di mio martello bombardante nel tuo ano inseminando.

Il panico…

Ne soffrirà quella scema di tua madre, signora alta e piccolina di borghesuccia con la sportina.

Con uno sportivo mai mettersi, perché te lo mise senza Miss.

Sparati il videone e stai zitta. Se no, ti dissenno. Io dissento, poiché sono il sentire!

E ricordate: ogni genio ama mangiar gli spaghetti alla carbonara in questo locale, “Ristorante La Fenice”,

Via della Beverara, 95  40131 Bologna
051 634 5313

ove tutti siam felici nel lieto fine da carbonari col carbone nella stufa e, di stantuffo, in una “cotoletta” su cui tuffarci con tanto di “capperi”, acciughe e alici. E spruzzatona di peperoncino!

Applauso!

Sean Penn è come me, oltre.
Tanto che può permettersi tutte le porcate che desidera, in quanto meravigliose e acquose, così:

1) Son un fanatico del guilty pleasure delle caviglie femminili. Registro i tuffi della grande Tania Cagnotto, e zoomo sul suo costumino nell’inguine più sublime d’un pelo bagnato.

2) Federica Pellegrini è triste, brava e anche fallace. Non sa parlare e balbetta, ma le sue tette non sono tanto “peregrine”. Sanno che hanno la mia cittadinanza.

3) Tutte le tenniste e le pallavoliste. Perché le tenniste giocan di palle nel “dritto” sul “rovescio” e “schiacciata”, le pallavoliste san come fartelo volare di gambe a rete.

Da quindici anni sogno di scoparmi una gnoccolona che fa, se li fa tutti, Prampolini di cognome. Ah, sarò la sua nomea, enumerandole tutti i trampolini nel letto dei suoi pannolini.

La folla è in visibilio!

Anche la follia!

E la troia? Chissà dove sta? Voi la conoscete.

 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Lupo solitario (1991)
    Cinema di compagni di sbronzebukowskiani, cazzari, menefreghisti del fottere, dello sfottersi, del “fanculo” a tutto,  fratelli di sangue springsteeniani, di tragedie annunciate evitate, di calme che scoppiano, di nevrotiche scopatrici, anche a terra, di Viggo Mortensen disfatto, strafatto, fottuto, macilento, prima di Cronenberg, di David Morse nella morsa del ragno, dell’Arquette già da spalmare nonostante sia matta. Meglio, la matta ne va “in folle”, si sospende per il pen che penzola rombante. La matta sa che l’Uomo vero desidera la lingua e non le casalinghe. E, in macchina, non tira il freno a mano. Ma spinge.Sì, fra Patricia e Rosamund Pike, però scelgo quest’ultima. Una di prima… ah, me la immagino seduta di gambe accavallate su scarpe già d’ammorbidire, da trangugiar aprendomi dentro nello “scompisciarsi” fra un biondo su(g)o e tutta mia nell’onda.
  2. 3 giorni per la verità (1995)
    Due poveri Cristi. Sempre Morse che sconta una pena ingiusta, d’omicidio (in)volontario per colpa del volante, e di Nicholson violato dell’affetto paterno per un’autostrada maledetta.
    La Huston, anziché alleviare, se la spassa con un minorato impiegatino, e Jack s’incazza, vuol farsi giustizia, poi comprende l’elaborazione del lutto e del missing, una perdita incolmabile, da entrar in coma. Va da David, gli punta la pistola, poi dice fra sé e sé “Ma che son impazzito?”. Lo abbraccia, si recano al cimitero e piangono.Un capolavoro, tutto penniano. D’altronde, uno che si sbatteva Madonna, ha più spine nel Cuore di questi qui. Sì, Madonna rende subito maturo chi, “duro”, “la” intenerì. Perché lei sempre tradirà.
    Sean lo sa, e tradì Robin Wright, ma la Johansson lo lasciò al “palo” della cuccagna.
    Ripiegò su Shannon Costello, una figa pazzesca. Ma stronza pure Shannon. Prima volle il castello, poi capì che Sean ha un uccellin’ da villetta.
    Meglio, Sean dev’essere villano senz’anali fedi nuziali.
  3. La promessa (2001)
    Già.
  4. Into the Wild. Nelle terre selvagge (2007)
    Chi contesta tal film, merita una stelletta sulle palle.
    Sì, sono così. Mi diagnosticarono un Cancro ai testicoli perché non m’ero sverginato, il Giorno dopo mi trovaron spompato nell’harem dell’Arte.Per me la vita è curiosità. Le certezze le lascio ai “grandi”.
    Anche Sergio Leone, sebbene lo adori, e ne abbiam celebrato la scomparsa, la sputò sbagliata. Secondo Sergio, non si può invertire la rotta della vita e neanche accelerare.Una grande puttanesca! Io rappresento il non luogo comune, perché mi distinguo.
    E so tingere più di quando avevo tredici anni. All’epoca mi masturbavo su Valeria Cavalli, adesso le donne mi fan bere delle valeriane perché altrimenti patirebbero di troppe mie “infusioni” da cavallo nel purosangue!

“La promessa”, recensione


03 Jan

Notte d’un licantropo nell’ispida marcescenza d’un Mondo bavoso e sbavato

Sean Penn assomiglia, anche fisicamente, al sottoscritto. In molti posson appurarlo, perché ne constataron il visibile viso di naso sprezzante alle ingiustizie e “tetrissimo” con sfumatura rabbuiata ad abbaiar silente quando si sconfina di deduzioni perspicaci come psicobioetiche etichettanti da iettatori.

Sì, gironzolo anche scalzo, ma sempre scafato fra i camuffati e gufi che sonnecchiosi giaccion già in tenebre lor “assolte” nel bestial pudore tanto sventolato quanto, di vendita, prostituita alla fiera dei ferali, attanaglianti denti voraci, ghiotta fame dei patti(ni) a un Mefistofele che offrì loro le “savie” chiavi del godimento brado. Forse un branco, all’erta per divorarti e poi allarmato, d'”uscite di sicurezza” nella lucina “arrossita” quando affinerai le armi per sbranar tal cannibalistico, orgiastico (s)lavarsi.

Come un lavico “borbottio”, appena “auscultato”, d’incupiti, profondi meandri resuscitati, nervici alla neve d’odorarla in tutto orgoglioso esibirsene per non plasma-re le argille già scricchiolanti del gorilla nelle sue insospettabili, cruente, unte brutalità.

Una storia che profuma d’orrore, orripilante come la beffa “scherzosa” della cena dei cretini.

L’intuito da tartufo, oh oh com’annusa il più lesto, inconfutabile, uno che non arresta mai prima che l’onta probatoria dimostri il mostro d’inequivocabili fatti accusatori.

Un Nevada di nome Black, nero come l’acutezza delle sommità vertiginose d’un Nicholson nella sua penombra recitativa più sottile, smorzata di palpebre nelle sopracciglia dense d’amarezze, a riflettere la paura agli angoli d’una “bianca”, tranquilla cittadina ove è stato commesso un infanticidio che urla vendetta, squama la pelle della spietata ricerca.

Nel trambusto sconvolgente, un povero muto, incapace di difendersi per “interdetto” pregiudizio forse dei superficiali al suo capro espiatorio di facile smacchiamento alle cattive coscienze, viene colpevolizzato.

Ma Black non ci sta, e non crolla perché l’evidenza s’annida invece nel dubbio. Latente, a ergerlo sveglio perché esperisce che, invece, l’assassino vero è ancora in libertà, e colpirà, in modo forse più efferato.
Quindi, va fermato anche se il caso è momentaneamente “chiuso”. L’archivio degli scheletri che pulsano dal tombal dissotterrare la voce che ti sussurra, appena percettibile e così tonante e fastidiosa, l’urlo della battaglia alle anime innocenti… e ti sprona a non mollare nulla. Proprio nulla. Eh no. Non puoi.

Black, quasi pensionato, perché t’interessa “cacciarti” in un guaio? Nel tuo guaito ancor escoriar la tua grinta e raggrinzirti per il dolore da tacere per sempre?

Perch’è biblico, come le tragedie, come la salvezza che s’immola in Lui stesso a giudice inappellabile.
Sacrilegio nella blasfemia collettiva omertosa che bisbiglia ma sta zitta e copre “legalmente”, forse deturpando solo l’immondo scellerarsene e non sbraitare all’arbitrio che, anche se illusorio, ripristinerebbe i torti intollerabili.

Ma che scherzo. Chi più ti dà credito, chi segue la tua antica vi(t)a da combattente? Corron tutti alla ritirata per “rimboccar le maniche” solo alla paciosa bugia assopita e “assottigliata” d’occhietti-simbiosi al Diavolo stesso. Sanno che non è chi vorrebbero che fosse, ma preferiscono esser più muti di quello preso… alla (s)provvista. Alle (s)palle.

Black insiste, sfugge dalla certezza “approvata”, s’ossessiona.
Il mostro è fuori, lo sente, ne capta il cardiaco respiro.
Questa è una sfida, un duello fra un gigante buono e un “mago” nano cattivo.

Ma ci siamo, ci siamo quasi. Ecco che lo stai catturando, “piccola” frettolosità, una mossa troppo svelta proprio tu che l’hai pensata così veloce. Più avanti degli altri.

E il pazzo appari tu.

Forse (non) sei il Kevin Costner “intoccabile” che guarda il criminale, lo afferra e lo getta in pasto al “Cielo” del Dio dei giusti.

Forza, mostro!
Fatti vedere!

Dai, t’abbiamo scoperto.

Forse si mostrerà. Eccoti.

Piangi. Hai incontrato uno che (non) hai fregato.

Il film non va così, la vita invece si dimostra, appunto col Tempo e temprarla, una ragione troppo forte rispetto al folle.

(Stefano Falotico)

Evviva i grossi guai a Chinatown, Polanski e Carpenter!


19 Dec

Spensieratezza, brindiamo, giochicchiando coi fluidi capelli d’una Donna a noi intinta nella brace, cortesemente sdraiata nei nostri orgasmi “sfilacciati”, affiliati, affinatissimi di miei denti che suggon il miele del seno suo ribaldo, e di baldacchino “giocondeggian” nell’onda di lussurie incastigabili.
Di quando, bimbo, spargevi i sassolini da Pollicino, orchidea già selvaggia per il tuo cammino “deviato” per non imboccare la retta via del nazista orco. Per sbeffeggiarlo di shining e “labirintizzarlo” nel suo freddo da “orsacchiotto” polarissimo. Sì, quell’orco t’accusò di depressione bipolare e sintomi che fan sinonimo con “pazzia”. Ma è lui il vile scellerato che brandì solo la carne più godereccia per bruciar i suoi figli, “allattandoli” alla protervia classista della sua “pedagogia” che disprezzava le musulmane sinagoghe e singhiozzò, ingozzandosi, di tutto fregio a sfregiar chi non s’appaiò ai suoi “paletti”. Da conficcargli vampiristici, donandogli sangue avido contro il suo venereo, destrorso AIDS da imbonitore dell’Avis, da “avo” anche delle sessualità, quando, nel suo mattin “florido”, già spalancava la bocca maialesca per altre macellerie inton(n)ate suo “intonso” abito da garzone, spadaccino di tenzoni stizziti per duellare, sbudellando, contro chi non s’esibì prosciuttesco come il suo vorace viso laido e grassissimo d’antropomorfa mortadella. Egli gridò imperiosamente “Morte!” a tutti coloro d’aff(l)iggere se non mercanteggiavano come la sua insanissima bottega per la (s)vendita delle anime da bovini. E “suineggiava”, “asinando” chi non s’accoccolò al suo presepino di statue di cera. Da posizionar a piacimento del suo “giocattolarle” nel suo “adulto” infantilismo solipsista. Sì, il demiurgo della “chirurgia” cucita a pelle, ad addobbarti di un’etichetta per ingobbirti se, a petto in fuori, non marciavi marcio come lui.
Sì, sbottonò le “cerniere” a ogni Gesù puro per “donargli” le “palle” e “salvarlo” dalla sua speciale unicità, per domarlo con “dominabile” bastone d’una vecchiaia davvero da “pastore”. E ammansì il gregge, ché non bestemmiasse inferocito se deturpato della sua verginità, con quella “gradita” simpatia degli “svezzamenti” inconcepibili, alteri contro ogni immacolata altra Concezione. Della vita, delle virtuose pudicizie, ché tutti si prostrassero come le prostituite al muschio “maschissimo” delle sue “pecorine”.

Un patetico mascalzonissimo, un Balanzon’ di grasso panzone. Che or “commedieggia” la sua tragedia (dis)umana, reinventandosi “attore” in recite parrocchiali ancor più oscene.
Sì, tanto sputò nel piatto dell’Ultima Cena quanto, prima di spegner la sua ultima candelina, vien “benedetto” da altri suoi vegliardoni vecchiacci malefici a “teatro”, ove tutti applaudono tal Giuda, onorandolo della sua “san(t)ità”. Sì, prima dell’unzione finale, d’estrema confessioncina alle sue porcate, crede di discolparsi per un Paradiso che gli sia “benefico”.
Tanto di “fica” era ossessionato che proprio infilzato, invece, dal Diavolo nell’Inferno sarà.
Ed eternamente, “infiammato”, espierà di “grande freddo”.
Sì, tanto spiò chi sospettò di pregiudizio che, così universalmente giudicato, sarà per sempre inculato.
Tanto “lottò” per uccidere gli “ossi buchi” che, da uno con “le corna in testa” e con più cornee di sua moglie, la cornutissima, “piacevolmente” l’ha ricevuto nel buchino.
Ah, che “serratura”. Ora, terrorizzato, chiude le serrande.
Perché vuol esser lasciato in pace. E viver sereno, consapevole di quanto (si) macchiò.
Io direi che, solo nel seder, tanto lo pigliò.
Sono come Jack Burton, svecchio gli stregoni. Odio la caccia, però, alle streghe.

Ora, mettete su un po’ di musica bambocci!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Chinatown (1974)
  2. Grosso guaio a Chinatown (1986)
  3. Teste di cono (1993)

Filogamo, l’alano, amò la fede di lana


08 Nov

Le donne sono le “colonne”.
Sì, del “colon”.
E dell’idrofilo cotone dopo le “ferite”

Ieri sera, dopo essermi bevuto, a casa d’un mio amico, tutto d’un (senza) fiato il primo Tempo d’un “lapidario” Bayern Monaco, che in 45 minuti ne infilò già cinque, rincasai tutto “strapazzato”.

Al che, aprii Facebook per gli “aggiornamenti”.
Durante il pomeriggio uggioso, inviai l’amicizia a “una” che stimolò subito il mio “apparato” visivo, comparendo semi-ignuda di “vulva” nel “Trova amici” da mia “fava” di fuca, di mia fame da foca…
Chi trova un amico, trova un tesoro, chi trova una troia, non trova la “chiave” di una senza castità ma, di forziere “scassinato”, nel “casino” dei forzuti della sua “gloria” da Umberto Tozzi.

Scoprii ch’ella accettò, una bella da “belare”, e subito “la” colsi in chat. Per un’immediata colite. Più che una scopata, fu una “trombata”.
E un’accolita di “decollarmelo” d'”impatto imminente”. No, non era mattino, ma quasi Mezzanotte.
Infatti, me “lo” spezzò di Luna sua di “traversa”.

Il suo cognome (ché si sappia per “evirare” altri “birbanti” poi impagliati…) è Filogamo.
Ma mi par più doveroso elidere il “lo” e il “mo” e lasciar solo “Fi-ga” (sì, “sciamoci” dentro, “inneviamoci” d'”innervosimento” da cavernicoli sui nostri eretti-li corpi cavernosi…). Fi-ga!  Ah ah, come Pacino bisogna pronunciare  e ben scandire il “candito” piccantissimo di tali due sillabe pro-fumanti.
Palpabili alle labbra e d’arrossire di “rossetto”. Eh eh.
Filogamo non è fica di legno ma da uno di “mogano”. “Rettifichiamo”. Ficchiamola, miei finocchi!
Non so se abita in “quel” Milano, di certo bisogna “darle di mani”.

Mi spingo oltre? No, volevo solo “spingere” un po’. Non prendetemelo… per “uno” che esagera.
Al massimo, son Troisi vestito da Arcangelo Gabriele con Lello Arena, per il mio “pollo” che mi “svergina” al grido “Annunciazione! Annunciazione!”.

Se Nunzio fu conduttore, Filu-o-mena Marturano fu la prostituta dei “maturandi”, poi maturò e si convertì ai monologhi col caffè di Eduardo De Filippo.
E Berta filava, filava davvero… sulla “bocca di rosa” di Rino Gaetano.

Sì, De André era un poeta, Troisi ricominciò da tre, ma Rino, bando alle ciance, sapeva la verità: di Notte c’è un Mondo diverso… fatto di sesso, chi vivrà vedrà.
Infatti, Stanley Kubrick s’ispirò a tal ritornello per Eyes Wide Shut.

Tornando alla Filogamo, mi rifilò uno “sfilettarmelo”. E il “mio” non si “sfregò”, perché m’inculò di “fregatura”.
Sì, ove le “confetture” son di fragole, anche il “duro” s’”intenerisce”. Ammosciatellissimo senza più “pisello”.

Io volevo solo “intascarmela” strappandole il “tanga”, coi miei amici a “stappar” il brindisi d’applauso!

Finìi di  schiena e di spada nella mia chiappa “finemente” sfinita. Altro che clap clap da lieti fini…

Altro che felino e ferino. Questo è un Inferno, oh mio Dio!

Lo so, non disperiamo d’uccello, Caronte il traghettatore recitava la nostra nave al mot(t)oNon isperate mai veder lo ciel.

Troisi lo sapeva. Al pelo… E anche Pasolini d’”uccellini” alla Ninetto D(i)avoli.

Questa è la verità, mentecatti e mendicanti, accattoni e minchioni!

Non ne esiste un’altra  al di fuori di “quella”.

Sono un provocatore, aizzo la mia mente alla “demenza” solo per non patire le depressioni ma, nel “buttarlo” a ridere e non nelle “buttane“, scarabocchio le vostre teste, anche perché poche donne amano che “schizzi” fra le “loro”.

Così è, così sarà.
Parola del “sudore”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. No!… Sono vergine (1970)
  2. Shining (1980)
  3. Whore – Puttana (1991)
  4. Gloria. Una notte d’estate (1980)
  5. Pensavo fosse amore invece era un calesse (1991)
  6. Uccellacci e uccellini (1966)
  7. Nottataccia (1991)
    Doccia fredda…

“Shining” – Recensione


21 Oct

Shining

La casa del fantasma fra le nevi d’un albergo maledetto



Grey luccicchii o Mr. Grady, “compassato cameriere” nella “vacanza” dai soliti incubi degli spettri di Jack Torrance, enigma “torreggiante” nell’orrorifica memoria “assopita” d’una labirintica mostruosità gelidamente “sepolta viva”.

Quale aberrazione si nasconde nella room 237? Red ascia del lupo affamato, macchiata di sangue “rabbonito” nell’identità celata d’un signore fin troppo ligio al dovere?

L’Incipit si (s)taglia delle sequenze “finali” del Blade Runner davvero “director’s cut”, “evirate” dai limiti imposti dalla produzione, qui inanellate negli stupefacenti, “lacustri”, ghiacciati panorami “floridi” d’un nightmare già “flemmaticamente” scandito di brivido denso, endemico, “corrucciato” nelle vertigini d’altopiani a planarvi foschi(a) nel bosco sperduto. Ove, come nitido bagliore d’“arredati” misteri, s’“inarca” l’Overlook Hotel, “nevralgia” d’ogni pericoloso esaurimento ne(r)voso, solido e granitico in mezzo alla grandine, alle piogge invernali, alla “valanga” terrificante d’una perversa mente lì lì a “squagliarsi”, a sgelare appunto l’orco ch’era scomparso.
Attività paranormali come scossa tellurica a svelar la visione, ad allucinarla d’occhi spaventati, tremolanti e rabbrividiti da lugubri riemersioni d’un assassinio che mangiò l’innocenza, divorandola nella “beatitudine” (ri)composta di Jack, del chi è Jack?
Un triste figuro da mattino con l’oro in bocca?

Jack Torrance, “inebriato” nel sobrio Jack Nicholson più “arricciato” di “controllo” mimico, scrittore fallito in cerca di “serenità” e di un lavoro tranquillo che possa “illuminarlo” dai “blocchi” dell’ispirazione smarrita.
Sostiene, di beffarda “irrisione” forse già rivelatrice, il classico, “incravattato” colloquio per l’“assunzione”. Per “assolversi?”.

Forse già la soluzione degli arcani? O dissolvenze, kubrickiane “maschere” eyes wide shut d’uno Stephen King “traslato” e qui livido di traslucida detection-“detentiva-intuitiva?”.

Jack vorrebbe farsi assumere come “guardiano” di un albergo, proprio l’Overlook.
Il direttore lo prende subito “in simpatia”, con tanto di firma (faustiana-nefasta?) al cont(r)atto.
Sì, prima d’apporre la “calce”, Jack è stato avvertito dalla “vocina” del direttore.

Il lavoro è “semplicissimo”. La “manutenzione” appunto di un albergo nei mesi di chiusura, cinque “tondi tondi”. Ma…, in questi cinque mesi, il clima “lassù” è rigidissimo e costringe all’isolamento perché tutte le strade (i collegamenti col Mondo esterno) sono “intasate” a causa, o per cagione (cacciatrice?), della “sventura termica”.
Anni fa, un altro signore con una situazione “identica”, accettò l’incarico, un “tale” Delbert Grady, che si trasferì nell’aspro eremitaggio con moglie e due figlie gemelle.
Ma, per colpa della solitudine, impazzì e massacrò la sua famiglia.

Jack, dapprima un po’ “impaurito” dal macabro “racconto dell’ orrore”, poi giovialmente “ridacchia” che, per quanto gli concerne, questa sorte è davvero poco avverabile. Si dichiara un Uomo stabilissimo, imperturbabile. Desidera solo “staccare un po’ la spina” dalle frenesie cittadine, sgombrare la mente dall’ansia asmatica dei turbinii chiassosi, solo perché possa riscaturire la “limpidezza” appannata del suo fervore creativo, momentaneamente spento. La “pace” d’una vita estemporaneamente lontana dalle “oculatezze” d’una “normale” esistenza, ché sarebbe facile a “distrarsi” per via degli “attriti” sociali, e la tranquillità potrebbe essere ciò che cerca per finire il suo romanzo “interrotto”.

Così, la famiglia Torrance va a vivere, appunto, all’Overlook.
Il figlio di Jack si chiama Danny. Danny è in effetti dotato dello shining, il sensitivo potere, dunque sesto senso, di vedere i “morti”, oppure è un bambino “disturbato?”.

No, forse Danny possiede davvero questo dono “speciale”.
A rivelarglielo è Mr. Halloran, il cuoco dell’albergo che, all’arrivo dei Torrance, fa i suoi “onori di casa”, “porgendo” a Torrance le “chiavi” delle “camere”… segretissime.
Mr. Halloran ha visto in Danny qualcosa che lo turba, lo spaventa. Ma Danny è un bambino, e deve essere protetto dal Male che si annida nei “nascondigli” del “castello”, ove potrebbe imbattersi in una vera “cella frigorifera”, scoprendo un mistero raccapricciante, che non va, per nessuna ragione, “sprigionato”…
Danny invece scorrazzerà liberamente, “abbandonato” a se stesso lungo i cunicoli della magione. E, inabissandosi col suo triciclo, dedalicamente “a zonzo”, riporterà alla Luce la fiaba, nerissima, di Charles Perrault, “Le Petit Poucet”.
Il nostro piccolo Danny trasmuta quindi in Pollicino nel gioco degli inganni e degli incastri.

Il resto è Storia consolidata del Cinema, “ossidata”, anzi… pelle e ossa.

Jack Torrance lo sa…
(Stefano Falotico)

 

 

 

 

Marilyn Monroe – 50Th Anniversary


05 Aug

 

Scocca il 5 Agosto, ed è il cinquantesimo anniversario di Marilyn Monroe.

La rear window End User, il nostro gestore, mi contatta privatamente perché diffonda l’esclusiva “certezza”, attestata da People, secondo cui, sarebbe proprio vero, con tanto di prove, che la Monroe si suicidò.

Dobbiamo credere a People?

 

The story made headlines around the globe: Marilyn Monroe, the world’s most celebrated starlet, had apparently committed suicide. 

 

But many who knew her didn’t believe she’d take her own life, and as the 50th anniversary of her death at age 36 approaches, her tragic end remains shrouded in mystery.

 

In the new issue of PEOPLE, guest writer J.I. Baker – author of The Empty Glass, a new murder thriller based on her death – uses his research and fresh reporting to explore the truth.

A Mysterious Death

On August 5, 1962, Monroe was found dead in the bedroom of her Brentwood hacienda.

 

Toxicology reports showed high levels of Nembutal and chloral hydrate in her bloodstream, and her death was ruled a “probable suicide.” But why wasn’t her body turned over to medical examiners for more than five hours after it was discovered?

 

Forensic pathologist Cyril Wecht tells PEOPLE he has “a strong suspicion she might have been injected,” given the lack of pill residue found in her stomach – but by whom?

 

Why did not-yet-tested tissue samples go missing, along with Monroe’s phone records? And were Jack and Bobby Kennedy, with whom she was rumored to have had affairs, involved?

 

For more questions and answers surrounding Monroe’s mysterious death, pick up the latest issue of PEOPLE, on newsstands Friday.

 

Quale occasione migliore per questo “diario?”.

 

Marilyn, mito inossidabile d’immarcescibili “ossigeni” anche metacinematografici.

A imbiondarci, come la platinata sua chioma schiumosa, di fiammeggiante eternità.

Eterea, perché solo e mai più Lei.

 

 

5 Agosto 1962, uno dei giorni più scioccanti per il Mondo, la sua morte.

 

Oramai, ci siamo tutti “wikipediazzati”, e quindi ne estrarremo proprio tal “memoriale”:

 

Le circostanze della sua prematura morte, dovuta a un’overdose di barbiturici, sono state oggetto di numerose congetture, sebbene il suo decesso sia ufficialmente classificato come “probabile suicidio”. La successiva sparizione di tracce e documenti dalla casa dell’attrice, dove sembra fosse stato anche Bob Kennedy la sera della morte, nonché innumerevoli omissioni e varie incongruenze nelle dichiarazioni dei testimoni e nel referto autoptico, hanno dato adito a molteplici dubbi sugli eventi di quella notte. Tra le varie versioni formulate, la più plausibile vede ipotizzata la complicità dei Kennedy, che vedevano in Monroe, dettasi pronta a dichiarare pubblicamente le loro relazioni con lei, una minaccia per la loro carriera politica.

 

“Sfogliacchiando” questo raggelante “reportage“, mi balza alla mente, angosciandomi, la Dalia Nera, fonte d’ispirazione letteraria, in primis James Ellroy col suo capolavoro macabrissimo, e l’omonimo film d’un incompreso Brian De Palma.

 

Come Dalia, forse, una “vergine” santa ma prostituita alla seduzione del Potere, ch’ella stessa seduceva in ammalianti pose ammiccanti d’impudiche esibizioni sensuali di dolcezza.

 

Il suo cadavere, un terrificante mistero che continua ad affascinare, irrisolto, su cui fantasticare e inventarsi più e più storie. Stessa sorte ingrata affiliata a molti eterni, leggendari, immortalati d’icona ancor più maliarda e invincibilissima nella forza evocatrice, appunto, dell’immortalità di chi è asceso nel Paradiso degli dei.

 

Marilyn, forse non so, non una grande attrice, ma perfetta per la società puritana dell’America sull’orlo delle rivoluzioni sessuali, mangiauomini che ossessionava sol sbirciando di occhi pittati, d’uno Sguardo malizioso travestito da ingenuità bambina. Di svolazzanti gonne per un vedo-non vedo ipocrita, accaldato, guardone, “mansueto” e incantato dalla sua pelle di pesco.

 

Culto infinito d’intere generazioni, pietra di paragone, tutt’ora, per qualsiasi Donna che voglia varcar la soglia della reggia splendente ove aleggiano le divinità intoccabili.

Incarnazione femminea d’ogni podio conturbantemente enigmatico. Impercettibile come un fantasma erotico d’abbagliante splendore, di suo sangue bianco e lucente nelle nostre vene.

 

Così, immagino lo scrupoloso, maniacale e perfezionista J. Edgar, in un’apparizione contemporanea del suo fiuto da tartufo, a gironzolar in macchina per Los Angeles, salire su Mulholland Drive, toccare, timido, le scale del desiderio, entrar “di sottecchi” nella proprietà privatissima della limpida villa di Marilyn, e ammirarla, con gli occhi languidi, perdutamente innamorati, mentre “danza” delfina nella sua ultima doccia.

 

Nuda, si avvicina a J. Edgar, lo bacia e gli consegna la “dinamica”-dinamite della sua morte.

 

Edgar annota sul taccuino l’allucinante, inconcepibile retroscena, spaventoso, glacialissimo.

Poi, la saluta, porgendole un occhiolino color benedizione.

Sale sulla sua cabrio, ingrana malinconicamente la marcia, si ferma vicino al “dirupo” della collina dei sogni, brucia una sigaretta amara tra i bagliori ardenti del sottostante panorama liquido di gorgoglii brillantemente artificiali, e “lancia” al vento la verità.

 

Incamminandosi nel noir omertoso di chi troppo ama la Bellezza per sporcarla…

 

E, con una smorfia corrugantemente (ir)ridente, svanisce nel traffico del Mondo, come Lei.

 

 

A 50 anni dalla misteriosa morte, Stefano Falotico “formula”, non solo le ipotesi, ma un suo lynchiano video inquietante “dietro le quinte”.

 

E sbirciamo anche un “Noir Nightmare…”.

 

(Stefano Falotico)

“Into the wild” di Sean Penn secondo Stefano Falotico


26 Jul

 

Questa è la strada…

Ecco, questa è una recensione particolare che merita tutto il suo ampio spazio. Dunque, non la (re)legheremo in un compartimento “opinionistico”. Di sfolgorante “prima pagina”, la incorniceremo per i posteri, quando un Giorno, un bambino lentigginoso vorrà svezzarsi da tanto sconcio farneticare e approderà, miracolosamente, ai bordi incandescenti della mia Luce, illuminante come un falco notturno che “stuzzica” gli avvoltoi e poi “evade” nel Cielo con la refurtiva, a “ormeggiar”, nel suo canto omerico, sulle rive del Giordano, con la folla ad aspettarlo e “intonar” balli e “baccanali” fin al mattino, con l’ombelico della mia preda prediletta a “sciorinar” tutto il suo furore “sanguinario” nel nostro covo privato.

Sì, lo riprogrammano, la prossima settimana, su Cult, qual è.
Categoria a sé. La redazione di “FilmTv.it”, m’accorgo or ora che lo “ridimensiona”. Siam passati dalle incensanti, per tal capolavoro incessante, cinque, fulgidissime stellette, a un  “mediocre”.
Mah, qualcuno avrà manomesso il database in un “Gli ha dato di volta il cervello”. Una decisione, sì, rivoltante, inaccettabile.
Pretendo il ripristino.

Opere così nascono ogni dieci anni, non “mozziamole”, il valore non va mai, nemmeno per cause di forza maggiore, dimezzato, va eternamente apprezzato. Nella brezza.

Per circostanze diverse dalla mia “(in)solita” stanza, mi ritrovai in un posto ove ebbi accesso ai Dvd solo attraverso un lettore portatile di pochi pollici.
Quindi, ne ho ricordo (im)memorabile, in quanto incastonato nella sua “miniatura”, cesellato come i bassorilievi di San Petronio, ove potrete “leggere” la Bibbia senza comprarla al market del nostro consumismo pagano.

Il cavaliere oscuro è qui, fra voi, sorelle alzate le gonne, fratelli porgetemi un abbraccio, ho fatto breccia nei vostri biechi becchi, sì, ho “sbeccato” le vostre “perfezioni”. Le ho “discusse”, le ho affondate, dunque rifondate.

Sono qui, “esimi”, non mi biasimate più, eh?
Sono un Santo, sono Cristo con le corna in testa. Così va, così si “alza”.

Sulle note metafisiche dell’ipnotica “ballata” di Eddie Vedder (un Uomo che dovreste studiare a “Messa”), nella mia colonna sonora, vengo Io col mio Verbo.

Un ragazzo abbandona la società borghese alla ricerca dell’ignoto, del contatto con la Natura a sé “confortevole”. Una fuga, una trappola, un’utopia, una meravigliosa ode al lodarla.
Andrà malissimo ma avrà scoperto l’esplorazione, la coscienza. Senza i compromessi delle condizioni “disumane“.

Sì, bacio una ragazza, mi racconta di Lei, di come non ci sopporta più, di come l’ipocrisia s’è impossessata dei nostri vizi, dei nostri rituali “agiati”, di come sia “libertina” per non essere imprigionata.
E mi ricordo di quando gli antichi druidi immolavano il vitello nel regno del loro Dio barbaro. Scolpendo le loro facce di fango nella pietra grezza m’ancor tonantissima del Mondo contemporaneo, vera come ieri.
Di come Sean Penn era più Uomo di Marlon Brando perché aveva sposato, giovanissimo, Madonna.
Di come, la nostra religione si è rammaricata troppo presto e di come il Diavolo alberghi, malandrinissimo, nei vostri uccelli.

Questo film non va commentato, va ascoltato.
Incantatevi.

 

 
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. 3 giorni per la verità (1995)
    C’è più verità in questo film che nelle teorie di Freud.
    Che era un frocio, nel senso pessimo della parola.
  2. La promessa (2001)
    E se, invece, la ragione venisse dimostrata?
  3. Into the Wild. Nelle terre selvagge (2007)
    Fidatevi, siete quasi tutti pazzi.
    Io, verso le tre postmeridiane, mi alzo dal letto e mi “masturbo” il frigorifero.

Walt Kowalski versione Jack Torrance


28 Jun

 

Il ghigno “buono” potrebbe incattivirsi per i cattivi, e non lasciarli stare, ma di asce “sciarvi” dentro, “innevandoli” un po’ nella “bufera” dell’imbufalito

Gente irriverente che, sanguisuga ed, “esanguemente”, già (s)morta, il cui massimo, sadico divertimento, “al sugo” e sanguinolento, è insudiciare le coscienze altrui, macchiandole di (pre)giudizio e villani assedi alle loro scelte di vita, a cui “arbitrariamente” lesero il libero arbitrio, “arbitrandole” per “abitarne” l’anima.
Ah, io son liscio ma non m’eliderete, no, non sono Linus né liso. Il “villain” sono io!

Gente che, stavolta, ha incontrato il cosiddetto, e non ossidabile, osso troppo duro, che non si spezza neanche se mi “piegheranno”, per un po’, con le loro “spiegazioni” per arrostirmi come uno spiedino.
Tali predoni saran appiedati dopo avermi “appestato” e aver calpestato, di poche “strisce pedonali bianche”, ma d'”investiture” calunniose nel turbinio frenetico della loro corsa impazzita all’oro e al loro “orto”.
Eh sì, gli orchi potrebbero incontrar un “fior fiore” d'”oca”, il cui malocchio si sta ritorcendo contro ancheggiando loro intorno, dopo il loro “torchio”.

Di come la folle strega fu distrutta da un “folletto”

Sì, ho sempre sospettato delle sicule, tanto “sicure” di sé quanto sempre nelle chimere e nelle “chiome”, soprattutto della loro “erogena” genetica frigidissima.
Molti “millenni” fa, un esemplare di questa specie rivoltante, volle rivoltarmi come un calzino, per pur diletto che “la” allietava nel prendersi “giogo” d’uno che non amava i “letti” con le tette ma era depresso sul “materassino” del mare burrascoso.
E ne voleva incasinar il cervello, per poi “sollazzarsela” col bordello del marito lordetto, di “budini” da “cioccolato” anche nei tinelli.
“Lei” che, di mattina “insegna(ntucola)” alla lavagna, e “lui” alcolista fra le vigne con una pancia sbudellata da troppi bignè.
Sì, è un pasticciere, che osò con me di troppo “(r)osé“, ossessionato, piccin qual è, dal sesso con la sua “piccioncina”, e voleva appiccarmi fuoco perché io, invece, ero tipo da rose rosse.
Eh caro flatulentone, sei stato “pasticcione” con la persona che volevi “guarire” con dei “forni crematori”, e invece ti (s)cremerà la faccia proprio dei tuoi “pasticcini”.

Consigliamo a tale famiglia di recarsi in libreria fra un mese, e di precautelarsi se si “oseranno”, appunto, a “denunciare” le persone di “schizofrenia”, solo perché non sono dei maiali come loro.

Sentiti “in bocca al lupo!”, dunque!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Shining (1980)
  2. La vendetta di Carter (2000)
  3.  Gran Torino (2008)

Il cucù


20 Jun

 

Il loro consiglio, “nobile”, fu: se sei un vergine nubile, prendi una “donna” e “dalle” una botta, altrimenti ti picchierem di botte. Invece, la bomba esplose, sentite che botto!
Il cuculo è l’uccello che si “annida” per slegare i nodi…

Col passare degli anni, il mio volto asciutto si sta “prosciugando” in un “nicholsonando” sempre più somigliante al Jack, di pelle e giacchetta, più ribelle.
Oltre a una leggera, “lieta” stempiatura e sfibrati capelli, ex cotonati e ora “balsamici”, gli occhi, “torvamente”, si stan strabuzzando in una “pazza” espressione fra il commosso (cerebrale) e il “beato” malinconico con schizzi imprevisti d’euforico candore “comico” e sprizzante vitalità nel mio effervescentissimo frizzantino d’un cervello “bizantino” e una sessualità “fantina”.

Ah, avrei da raccontarvene sulle “istituzioni” psichiatriche, ove gli infermieri, di Notte, dopo aver sedato i pazienti che non hanno pazienza, “pazziano” nel “bucato” delle colleghe, “collegatissime”, pazzerelle, fra un orgasmo poco “mozzarella” e una zazzera spettinata, molto petting, “slanciato” nel petto, delle farfalline fra cosce e zanzare…

Sì, la mia storia è identica al “cuculo” McMurphy, un Uomo sanissimo ma (in)cosciamente “inculabile” perché non aveva un “ruolo” sociale, dunque facilmente “schedabile” per calmare la sua bile infervorata nei confronti d’un Mondo che non “lo” soddisfava e con “il quale”… “giogaron” a biliardo…

Così, fui “internato” perché non avevo neanche un lavoro interinale, e posso ora narrarvi, “dispiaciuto” da tutto ciò che vidi e, su cui, in ogni (det)taglio, non sarò affatto “affettato” né mansueto.

Vidi “medici” ordinare che “legassero” ai piedi del letto degli epilettici, solo perché la loro crisi era “scalmanata”, e poi manescamente, animalescamente, torturarli “a fin di bene”.
Vidi apprendiste “prenderlo” molto bene dal direttore della “clinica”, che ben “analizzò”, “a fondo”, tutta l'”igiene”.

Vidi gente minacciare il suicidio, venir somministrata d’una minestra “fredda”, e vidi geni accusati di “deformità genetica” solo perché la loro mente è sproporzionata rispetto alla demenza d’una società in cui, i “valori”, son farsi valere da “volenterosi”, volenti o nolenti, con la “violenza”.
Ove chi vince in questo schifo, è l'”uomo” con le palle da toro, che spacca il culo.
“Complimenti”.

Vidi analfabeti a capo(rali) dei “capi”, e “capoccioni” lobotomizzare i sognatori, perché “deniravano”.

Vidi questi psichiatri accoppiarsi fra un accoppare “una” e “coppe al gelato” di suzione mammaria al seno più “latteo”.

E, come McMurphy, io (e)levo un grido, e stimolo l’indiano a defenestrarli e a purificarli nel lavabo!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Shining (1980)
  2.  Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)
  3.  3 giorni per la verità (1995)

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)